notiziario 1/2016
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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6DESIDERIO DI
INFINITO 32
37
LA “MONTAGNA
IMPOSSIBILE”
SABBIA
VERTICALE
54TRENTATRE
ANNI INSIEME64NELLA PANCIA
DELLE
FILIPPINE/2
40ATTRAVERSO
LE ALPI
26QUARANTA
VOLTE
QUATTROMILA
14STREGATO DAL
BIANCO
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TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
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NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE
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AGEVOLAZIONI E BENEFICI PER I SOCI
Agli associati è garantita la copertura assicurativa per infortuni che si verifi-chino nell’ambito di iniziative organizzate dal Sodalizio, ivi compresi i corsi e le scuole, oltre alla copertura assicurativa del Soccorso Alpino per attività sia sociali che personali.I soci possono essere assicurati per gli infortuni in attività personale richie-dendo la copertura assicurativa presso la sezione di appartenenza.Il socio ordinario riceverà al proprio domicilio la rivista mensile del Cai “Mon-tagne 360” e la rivista quadrimestrale sezionale ”CAI Lecco 1874”.Tutti gli associati, con la presentazione della tessera riportante il bollino relati-vo al 2016, potranno usufruire degli sconti previsti dalle convenzioni indicate nell’apposito riquadro.Tutti gli associati potranno usufruire gratuitamente dei servizi offerti dal-la sezione: accesso alla documentazione presente nella biblioteca sezionale, utilizzo di internet, lettura dei periodici e delle riviste presenti in sede.Tutti gli associati otterranno sconti sull’acquisto di libri o pubblicazioni del CAI.
IL RINNOVO DELLA TESSERA PUÒ ESSERE EFFETTUATO:
In sede:Tutti i martedì non festivi dalle ore 20:30 alle 22:00.Tutti i venerdì non festivi dalle ore 18:00 alle 20:00 con pagamento in con-tanti, con assegno o con BancomatIn alternativa, il pagamento potrà essere effettuato a mezzo:a) Bollettino c/c Postale n. 12049227 intestato a C.A.I. Sezione di Lecco.b) BANCA POPOLARE DI SONDRIO, Agenzia di Piazza XX Settembre a Lecco, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco, Codice IBAN IT07J0569622902000002154X06.c) DEUTSCHE BANK, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco, IBAN IT74I0310422901000000024150.d) Modello MAV che verrà inviato ai soci ritardatari dalla BANCA POPOLARE DI SONDRIO
Ricordiamo che il bollino può essere spedito per posta a domicilio, con un contributo, per socio o per nucleo familiare, di € 2,00 per spese postali e di segreteria. Con il bollino verrà inviato il bollettino di c/c postale pre-com-pilato per il pagamento. I soci interessati dovranno contattare la Segreteria telefonicamente o per lettera.
CALENDARIO CHIUSURA SEDE
La sede rimarrà chiusa dal 1 al 25 agosto
INFORMAZIONI DALLA SEGRETERIA - TESSERAMENTO
78Informazioni
QUOTE SOCIALI 2016
Riportiamo qui di seguito le quote sociali per il 2016.
Socio Ordinario € 46,00Socio Ordinario* € 24,00(nati dal 1990 al 1998)Socio Familiare € 24,00Socio Giovane** € 16,00(nati nel 1999 e anni seguenti)Socio Vitalizio € 20,00Tessera per i nuovi Soci € 5,00Duplicato Tessera € 2,00
*Al Socio ordinario di età compresa tra i 18 e i 25 anni viene applicata automaticamente la quota dei soci familiari. Tale Socio godrà di tutti i diritti del socio ordinario.
**Socio giovane: a partire dal secondo figlio giova-ne in poi, il socio giovane verserà la quota di € 9,00. Si precisa che per poter usufruire dell’agevolazione prevista, il socio giovane dovrà avere un socio or-dinario di riferimento (capo nucleo) in regola con il tesseramento dell’anno in corso ed appartenere ad un nucleo familiare con due o più figli giovani iscritti alla Sezione.
DIMISSIONI E MOROSITA’
Il socio può dimettersi dal Club Alpino Italiano in qualsiasi momento; le dimissioni devono essere presentate per iscritto al Consiglio Direttivo della Sezione, sono irrevocabili ed hanno effetto im-mediato, senza restituzione dei ratei della quota sociale versata.
Il socio è considerato moroso se non rinnova la propria adesione versando la quota associativa annuale entro il 31 marzo di ciascun anno sociale; l’accertamento della morosità è di competenza del Consiglio Direttivo della Sezione; non si può riac-quistare la qualifica di socio, mantenendo l’anzianità di adesione, se non previo pagamento alla Sezione alla quale si era iscritti delle quote associative an-nuali arretrate. Il socio di cui sia stata accertata la morosità perde tutti i diritti spettanti ai soci.
LUTTI
CONVENZIONI
Notiziario quadrimestrale della sezione di Lecco “Riccardo Cassin”del Club Alpino Italiano
N° 1/2016
Redazione:Adriana Baruffini, Angelo Faccinetto
Direttore responsabile:Angelo Faccinetto
Impaginazione e Grafica:BitVark - Pavia
Tipografia:A.G.BellaviteMissaglia - Lecco
Testata di proprietà del Club Alpino Italiano sezione di Lecco “Riccardo Cassin”Sede:via Papa Giovanni XXIII, 1123900 LeccoTel: 0341363588 Fax: 0341284717 www.cai.lecco.it sezione@cai.lecco.it
Autorizzazione Tribunale di Lecco N. 5/78 del 20/06/1978Spedizione in A.P. -45%- Art. 2 Comma 20/b legge 662/96
Tiratura 2500 copieChiuso in redazione 30/04/2016
Matteo Della Bordella sulla headwall del Cerro Torre durante la salita dello spigolo Sud-est per la via del Compressore, ef-fettuata insieme a Silvan Schupbach a fine gennaio 2016. Foto di Silvan Schupbach.
IN QUESTO NUMERO
EDITORIALE
4 UN FUTURO DA VOLONTARI La nuova presidenza e le trasformazioni (in discussione) nel sodalizio
di Alberto Pirovano, presidente CAI Lecco SENTIERI E PAROLE
6 DESIDERIO DI INFINITO La passione per la montagna nel diario alpinistico di padre Augusto Gianola
di Angelo Faccinetto
14 STREGATO DAL BIANCO La cresta sud dell’Aiguille Noire col Det, il Bigio e la “comptesse”
di Gigi Alippi
18 MONTAGNA IN LUTTO PER GIGI ALIPPI E’ stato uno dei Ragni che hanno fatto la storia dell’alpinismo lecchese
di Renato Frigerio
20 CAVALCATA NELL’ARTE Alla scoperta del “museo naturale” della Val Sella
di Sergio Poli
23 CENTRALE MOTO GUZZI Archeologia industriale tra lago e Valsassina
di Annibale Rota L’INTERVISTA
26 QUARANTA VOLTE QUATTROMILA Giancarlo Valsecchi, una vita tra vie nuove sulle Alpi e l’impegno al
CAI Leccodi Matteo Manente
ALPINISMO e ARRAMPICATA
32 LA “MONTAGNA IMPOSSIBILE” Scalare il Cerro Torre resta una sfida pura tra l’uomo e una delle
più belle vette della Terradi Matteo Della Bordella
37 SABBIA VERTICALE Quattro nuove vie in Etiopia, terra dalle buone potenzialità
alpinistichedi Matteo Colico
ESCURSIONISMO
40 ATTRAVERSO LE ALPI A piedi in 80 giorni da Muggia a Montecarlo, andando per
passi e non per vettedi Ivan Peri
45 HIMALAYA IN MOUNTAINBIKE Su fino a 5600 m, la gara a tappe più “alta” al mondo
di Stefania Valsecchi
49 A PASSO DI BIMBO Il Family CAI si rinnova e vara il programma per il 2016
di Alberto Pirovano e Andrea Spreafico
51 OBIETTIVO PALLA BIANCA Sulle Alpi Venoste la gita sociale 2016 con meta alpinistica
di Andrea Spreafico
52 CAMMINARE INSIEME I dodici appuntamenti con le gite sociali
di Giuseppe Ferrario SCI DI FONDO
54 TRENTATRE ANNI INSIEME L’inverno 2015-2016 del Gruppo sci di fondo escursionismo
di Stefano Vimercati
58 ALLA RICERCA DELLA NEVE PERDUTA Dalla Val Mustair a Lavazè inseguendo il manto bianco
di Franco Defilippi
59 LA NEVE, FINALMENTE A fine febbraio la tre giorni in Alto Adige
di Giusi Negri GEO
62 QUATTRO GIORNI SULL’ALTIPIANO La mancanza di neve non ha scoraggiato il Gruppo Età d’Oro
in gita ad Asiagodi Claudio Santoro
SPELEOLOGIA
64 NELLA PANCIA DELLE FILIPPINE/2 Alla ricerca della congiunzione tra Sulpan e Male-ho
di Gigi Casati APPUNTAMENTI
70 ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA Club Alpino Italiano Sezione di Lecco “Riccardo Cassin”
73 SEI ANNI IN VETTA La relazione del presidente uscente all’assemblea del 18 marzo
di Emilio Aldeghi
75 L’ALPINISMO E’ QUI L’appuntamento di maggio con “Monti Sorgenti”
76 RECENSIONI
78 INFORMAZIONI DALLA SEGRETERIA
SABBIA
VERTICALE
Stampato secondo la filosofia GreenPrinting® volta
alla salvaguardia dell’ambiente attraverso l’uso di materiali (lastre, carta, inchiostri
e imballi) a basso impatto ambientale, oltre all’utilizzo di energia rinnovabile
e automezzi a metano.
ZeroEmissionProduct®.A.G. Bellavite ha azzerato totalmente
le emissioni di Gas a effetto Serra prodotte direttamente o indirettamenteper la realizzazione di questo prodotto.
Finito di stampare nel mese di maggio 2016
GreenPrinting®
A.G.BELLAVITE srl, Missaglia (Lc)
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
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L’ANELLO INTORNO AL NANGA PARBAT
di Adriana Baruffini
Nanga Parbat, ”la montagna nuda” o Diamir, “la regina delle montagne”, sono i due nomi con i quali le popolazioni locali di lingua urdu chiamano questo imponen-te ottomila, situato interamente in territorio pakistano al limite occidentale della catena himalayana. Le sue tre grandi pareti, Rupal, Diamir e Rakhiot, sono tra le più imponenti del mondo, superando i 3000 metri di sviluppo che diventano 4500 nel caso del Rupal.
Paola Favero, alpinista appassionata, scrittrice di montagna e forestale, ha percorso un trekking che, unico tra tanti,”gira attorno al Nanga Parbat quasi chiudendo un cerchio, passando sotto le grandi pareti che ne hanno raccontato la storia alpinisti-ca, ma incontrando anche villaggi, foreste, fiumi, ghiacciai, campi … e poi alberi, fiori, occhi di bambini, canti, fuochi, leggende…”.
Il libro è una narrazione di questo viaggio, condotta su un registro essenzialmente poetico, dove a parlare sono soprattutto le immagini, con solo brevi commenti per comunicare impressioni, sensazioni, sentimenti, elementi appartenenti alla sfera del sogno. Ci sono fotografie che alternano visioni di pareti, ghiacciai, passi, villaggi, ambienti naturali ricchi di fiori e di alberi, a ritratti di persone e soprattutto di volti.
E poi ci sono i disegni realizzati con mine e matite nere e colorate dalla mano sapiente di Luisa Rota Sperti, qualche volta in con-nubio con le fotografie. Nella prefazione scritta da Kurt Diemberger si legge in proposito: I disegni e le pitture di Luisa Rota Sperti svelano un mondo non classificabile ed è questo che rende così affascinante il mondo del Nanga Parbat…Leggendo e osservando pagina dopo pagina del libro si capisce che il Nanga Parbat non è semplicemente “la montagna nuda” limata dalle valanghe oppure “il re delle montagne”- ma che nel significato della parola “Diamir” ci sono anche gli spiriti e le fate del monte.
Nell’ultima parte del libro trovano spazio la storia alpinistica della montagna, a cura di Carlo Caccia e le interviste ad alcuni per-sonaggi le cui vicende di vita sono indissolubilmente legate al Nanga Parbat (Eugenie Buhl, Reinhold Messner, Nives Meroi, Silke Unterkircher, Simone Moro)
Paola FaveroDiamir. La montagna delle fateDisegni di Luisa Rota SpertiPresentazione di Kurt DiembergerEdizioni DBS, gennaio 2016
LA FLORA DEL MONTE BARRO
di Adriana Baruffini
La ricchezza floristica del Monte Barro è stata oggetto di numerose pubblicazioni specialistiche
(ricordiamo fra queste il volume di Giovanni Fornaciari pubblicato nel 1986 e giunto alla terza edi-zione nel 1994), che ne hanno illustrato le specie endemiche, i relitti glaciali, l’eccezionale biodiversità e tutte le caratteristiche grazie alle quali il parco del Monte Barro è stato incluso dall’Unione Europea fra i Siti di importanza comunitaria per le emergenze botaniche.
L’ultimo lavoro sull’argomento è questo libretto che si distingue per il suo carattere divulgativo, pur non rinunciando al rigore scientifico, con il pregio di poter essere portato nello zaino durante le escursioni e utilizzato come guida al sentiero botanico “Giovanni Fornaciari” al quale è dedicato un capitolo.
Dopo alcune pagine introduttive di inquadramento territoriale, la parte più corposa del libro è costituita dalle schede delle specie classificate in base all’ambiente che ciascuna di esse predilige: vegetazioni rupestri, prati, arbusteti, boschi. A ciascun ambiente è associato un colore. Le schede, corredate da fotografie, sono organizzate in ordine alfabetico, secondo il nome scientifico della
specie, e informano su famiglia di appartenenza, distribuzione, periodo di fioritura, forma della pianta. La corrispondenza fra nome scientifico e nome volgare è reperibile in un elenco alfabetico esaustivo che occupa le ultime pagine del libro, appena prima di una ricca bibliografia di approfondimento.
Federico Bonifacio, Guido Brusa, Mauro VillaAlla scoperta della flora del Monte Barro. Un parco da vivere
A.G. Bellavite editore, Missaglia, dicembre 2015
77Appuntamenti
Cari soci, vi ringrazio per l’o-
nore di avermi voluto consi-
gliere e ringrazio i consiglieri
per l’importante carica a cui mi hanno
chiamato. Sedere al tavolo che fu di
Cermenati e Cassin alla guida di un
sodalizio così prestigioso come la no-
stra sezione del CAI è un impegno
non da poco, ma da cui, sono certo,
potranno venire grandi soddisfazioni.
All’inizio del mandato mi dicono che
dovrei tracciare la rotta verso cui gui-
derò l’associazione. Cosa non semplice
vista la quantità di iniziative già avvia-
te dal mio predecessore, Emilio, a cui
va un sentito ringraziamento anche a
nome di tutta la sezione.
Già continuare quanto in essere
rappresenterà una bella sfida eppure,
sono convinto, c’è spazio per molto
altro ancora. Non voglio tediarvi da
subito con progetti e proposte. Le ve-
dremo insieme mano a mano, e spero,
soprattutto di ricevere da voi proposte
e desideri da condividere.
Il Club Alpino Italiano è ad una
svolta, forse più imposta che volu-
ta, e le prossime assemblee nazionali
disegneranno un nuova associazio-
ne (forse). Il CAI Lecco vuole essere
protagonista di queste mutazioni, ma
soprattutto vuole che sia comunque
mantenuta quella base forte e, per me,
imprescindibile chiamata volontariato.
Sappiamo come ci siano spinte ver-
so una professionalizzazione dei ruoli
apicali con l’intendimento, non dichia-
rato seppur lampante, di trasformare
il nostro CAI in una società di servizi.
Non è questo lo spirito che mosse i
fondatori oltre 150 anni fa, né quello
dei padri nobili della sezione lecchese.
Sono convinto che la forza e il pre-
stigio di un’associazione non siano la
somma algebrica del contributo dei
singoli. Se così fosse basterebbero un
presidente autorevole e pochi ele-
menti di spicco. La forza ed il prestigio
del nostro club stanno nella misura di
quanto ognuno di noi soci è disposto
a condividere mettendoci del proprio.
Tempo, idee, passioni: ognuno è
chiamato a dare il proprio apporto
secondo le proprie capacità ed i propri
interessi. Non svuotiamo il CAI della
propria natura volontaristica volta ad
impegnare le persone accomunate
dall’amore per la montagna in tutte
le declinazioni possibili, insomma non
trasformiamo le nostre passioni in un
secondo lavoro, ma piuttosto mante-
niamo la leggerezza nella vita sociale
(che non significa far venir meno la
serietà negli impegni presi) dando il
giusto peso ad un’attività da tempo
libero.
Questo è l’auspicio che rivolgo ai
soci. Un CAI Lecco sede comune del-
le diverse passioni accomunate dalla
montagna e tenuto vivo dall’apporto
di tutti. Dai più piccoli del Family CAI
ai Seniores del GEO.
Da parte mia vi è la certezza di un
impegno costante e condiviso con i
consiglieri e con chiunque vorrà im-
pegnarsi con me per realizzare quelle
idee, quei progetti e quelle sfide che ci
verranno sottoposte.
Buon lavoro.
*Presidente CAI Lecco
di Alberto Pirovano*
UN FUTURO DA VOLONTARILa nuova presidenza e le trasformazioni (in discussione) nel sodalizio
4Editoriale
Il neoeletto consiglio direttivo alla prima convocazione
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RIENTRI: SI NO
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PRESTAMPA
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RECENSIONI
76Recensioni
LA CREATIVITA’ DELLA GENTE DELLA VALSASSINA
di Renato Frigerio
È di conforto in questi tempi prendere atto dello sforzo editoriale dell’editrice A.G. Bellavite di Missaglia, che è riuscita a portare a termine brillantemente un progetto grandioso e ambizioso, nell’intento di riportare alla memoria, soprattutto per le ultime generazioni, le origini dell’inventiva e dell’attitudine manifatturiera della gente che ha creato i presupposti del benessere riscontrabile nel territorio lecchese. Questo progetto, coordinato da Giacomo Camozzini, è stato realizzato attraverso la produzione di una corposa quadrilogia che, per poter offrire un quadro completo del tema così come è stato concepito, dovrebbe essere presa in considerazione nel suo insieme, anche se ogni singolo volume dell’opera può riuscire a soddisfare pienamente chi è invece in-
teressato semplicemente all’approfondimento di uno specifico argomento. Quattro volumi annunciati come “un itinerario delle mani, della mente, del cuore, con immagini inedite e storie antiche”, redatti, a cura di autori particolarmente competenti e appassionati negli specifici settori, con il medesimo impegno di offrire ai lettori i sorprendenti risultati di un’approfondita ricerca storica, che si è spinta fino al punto dove le diverse vicende sono state colte nella valida documentazione cui si fa riferimento, e che viene accreditata dalla ricchezza delle immagini riprodotte a corredo.
Angelo Sala, Giacomo Camozzini, Domenico Flavio RonzoniCento anni di sci in Valsassina – Quando la Lombardia ha messo gli ski
Pierfranco Invernizzi, Matteo Lambrugo, Marco TizzoniMemorie dal sottosuolo – Per una storia mineraria valsassinese
Pietro Buzzoni, Giacomo Camozzini, Ruggero MelesAlpinismo pioneristico – Tra Lecco e Valsassina
Pietro Buzzoni, Giacomo Camozzini, Michele CortiArte casearia e zootecnica – Tradizioni da leggenda in Valsassina
A.G. Bellavite, Missaglia, dicembre 2015-2016
RICORDANDO MARCO ANGHILERI
di Renato Frigerio
L’autore, un giornalista che, oltre a saper tutto dell’alpinismo, se ne è anche follemente innamorato, traccia il cammino alpinistico del giovane lecchese che ha perso recentemente la vita precipitando da una parete del Monte Bianco, proprio quando si trovava a poche bracciate dal raggiungere la presti-giosa conquista della prima solitaria invernale della via “Bardill” al Pilone Centrale del Freney, che aveva lungamente sognato.
È forse indispensabile, prima di accingersi alla lettura del suo corposo volume, percepire qualcosa dello scrittore e dello stesso protagonista, dedicando un po’ di tempo alla consultazione riflessiva del capitolo conclusivo. Anzi, è proprio necessario partire da lì, dove viene espressa magnificamente la concezione profonda che alberga nel cuore e nella mente di Giorgio Spreafico riguardo all’alpinismo e alla montagna, e dove viene pure messa a fuoco la reale personalità di Marco Anghileri. Fatto questo, si potrà chiaramente comprendere come l’avvincente particolarità che prende risalto nel lungo racconto abbia origine in gran parte dall’armonioso rapporto di amicizia che ha legato entrambi i personaggi.
L’autore ha ritenuto importante e decisivo anche inquadrare la storia del quarantunenne alpinista, dal tratto giovanile sia nel suo aspetto fisico come nelle sue espressioni caratteriali, nell’ambito dell’ec-
cezionale tradizione alpinistica dell’ambiente dove è nato e cresciuto, tanto nel riferimento familiare che in quello notoriamente im-portante del territorio lecchese. Sono tutti elementi che vengono trattati con rara competenza e con una partecipazione che risulta palpabile ad ogni pagina, grazie ai quali il volume riesce a catturare l’interesse del lettore lungo un percorso esistenziale costituito da episodi avvincenti, spesso emozionanti e toccanti, pur nella semplicità di un ragazzo straordinario che non si dava mai nessuna importanza.
Ognuno dei cinquanta capitoli prosegue con una logica continuità biografica, ma nello stesso tempo risulta esaustivamente completo in se stesso, quasi fosse un articolo che può venire letto indipendentemente dal resto. Potrebbe sembrare un indovinato accorgimento per alleggerire una lettura di ben cinquecento pagine, consentendo di farle scorrere a più riprese: a condizione di non esserne stati prima contagiati, al punto tanto coinvolgente da non resistere al fascino di continuare a seguire immediatamente le vicende che si susseguono.
Giorgio SpreaficoLa scala dei sogniTeka Edizioni, Lecco, 2015
Il neoeletto consiglio direttivo alla prima convocazione
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regista lecchese Nicoletta Favaron e
prodotta dal Cai Lecco.
In tema di storia dell’alpinismo non
poteva mancare l’ormai tradiziona-
le mostra itinerante che questa volta,
curata da Matteo Manente, racconta
l’amicizia fra Esposito, Tizzoni e Cas-
sin attraverso le loro scalate più si-
gnificative e importanti, mentre stralci
delle mostre storiche realizzate per le
precedenti edizioni di Monti Sorgenti
sono ospitate da alcuni bar del centro,
nell’ambito dell’iniziativa “Aperitivo on
the rocks”.
Riproposti per il secondo anno i due
concorsi nazionali “Grignetta d’Oro”,
riservato ai migliori protagonisti del
panorama verticale italiano, e “Lec-
co eXtra-Corti Contest”, dedicato ai
nuovi linguaggi cinematografici che
caratterizzano il mondo del web.
Da ricordare anche il convegno su
attualità e prospettive dei rifugi alpi-
ni e il momento letterario dedicato
al libro Montecristo-Dentro i segreti
della natura selvaggia di Marco Albino
Ferrari.
In chiusura, la giornata riservata ai
più giovani sulle pendici del Resegone,
nei pressi della baita del gruppo se-
zionale di Alpinismo Giovanile.
Un cenno infine alla musica che
accompagna alcuni eventi: l’orche-
stra del liceo musicale G.Grassi, per la
proiezione del film “Prima il dovere”, la
musica dal vivo del pianista jazz Mar-
co Detto al Teatro della Società, e il
duo Luca Pedeferri – Lello Colombo
che, come da tradizione, ravviva l’i-
naugurazione della mostra storica.
www.montisorgenti.it
“Monti Sorgenti” è una
rassegna nazionale de-
dicata alla montagna
organizzata dal Club Alpino Italiano,
sezione di Lecco, e dalla Fondazione
Riccardo Cassin. Ogni anno propone in
città una settimana di eventi, mostre,
serate e incontri.
Il tema innovativo del 2016 è la
creatività, interpretata da atleti e clim-
ber (fra questi il trail runner spagno-
lo Pablo Criado Toca e l’esploratore
Danilo Callegari), protagonisti a livello
internazionale, le cui imprese al limite
dell’estremo hanno saputo coniugare
l’alpinismo con altre discipline o decli-
narlo in ambienti inusuali.
Ma creatività anche nell’arte della
fotografia, con gli emozionanti ritratti
di alpinisti del celebre fotografo Giu-
lio Malfer, e dei film con la storia di
Dino Piazza, protagonista di un’inedita
pellicola, “Prima il dovere”, firmata dalla
L’ALPINISMO E’ QUIL’appuntamento di maggio con “Monti Sorgenti”
Il Fitz Roy di Bruno Biffi
23 febbraio 1976: Casimiro Ferrari e Vittorio Meles raggiungono
la vetta del Pilastro Est del Fitz Roy, in Patagonia. Al confine fra
Cile e Argentina. Gli altri componenti della spedizione sono Floria-
no Castelnuovo, Gianluigi Lanfranchi, Guerrino Cariboni, Gianni
Stefanon, Amabile Valsecchi, Franco Baravalle, Giacomo Pattarini
e Giovanni Arrigoni. Una scalata di 1500 metri su roccia granitica
che “per Casimiro è la salita più bella, la più difficile”(CAI LECCO,
120 anni).
A quarant’anni di distanza, il 19 gennaio 2016, i Ragni Matteo del-
la Bordella e David Bacci effettuano la prima ripetizione.
Alla via dei Ragni al Fitz Roy, Bruno Biffi dedica l’incisione rea-
lizzata per la sesta edizione di Monti Sorgenti e stampata in un
numero limitato di copie.
L’artista conferma con questo lavoro il suo impegno a favore di
Monti Sorgenti, iniziato già con la prima edizione della rassegna.
Anno dopo anno, le sue montagne incise, riprodotte sulla copertina
della brochure, sono diventate una sorta di simbolo, di icona della
manifestazione.
Il Fitz Roy nell’incisione realizzata da Bruno Biffi per Monti Sorgenti 2016
DESIDERIO DI INFINITOLa passione per la montagna nel diario alpinistico di padre Augusto Gianola
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“I ricordi sono tristi perché non
appartengono alla vita, ma alla
morte. E’ per questo che, per
continuare a vivere, stiamo già cer-
cando nel futuro”. Scrive così, nell’ul-
tima pagina del suo diario di alpinista,
padre Augusto Gianola. Due frasi brevi,
il senso di una vita.
La sua vita, in quei mesi, sta cam-
biando. Di lì a poco, giovane curato
di Angelo Faccinetto
Padr
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padre Augusto. La montagna è ricerca,
è sacrificio. E’ dedizione, tentazione,
liberazione, leggerezza, avventura. E’
timore. A volte è paura. E’ metafora,
insieme, dell’infinito e della vita.
“Essa divide alla base: l’appunta-
mento è quindi lassù, ognuno con la
sua lunga cordata di anime” – ebbe
a dire, in partenza per la missione, ai
confratelli del Pime. Mentre in cuor
suo, anziché in Brasile, aveva sperato
di essere inviato in Birmania, per le sue
favolose montagne tutte da scoprire.
Ma la montagna non la si abbandona,
anche se la vita ti porta in Amazzonia
(anzi, vice), avrebbe lasciato gli spazi
stretti della parrocchia e preso la via
delle missioni. Per trent’anni ai suoi
occhi e al suo cuore si sarebbero
schiusi orizzonti inimmaginati. Nuove
esperienze straordinarie lo avrebbero
rinsaldato e fatto vacillare. Ma quell’in-
quietudine vitale di chi cerca lascian-
dosi cercare, di chi, la notte, scruta in
solitudine la via sulla montagna tra le
ombre incerte disegnate dalla luna,
non l’avrebbe mai persa. Non avrebbe
mai perso il desiderio di infinito.
E’ forte il nesso tra passione per la
montagna e desiderio di infinito, in
con il piatto orizzonte dell’immenso
fiume davanti agli occhi. La monta-
gna la si porta dentro, sempre. E lui
l’avrebbe portata con sé fino alla mor-
te, il 24 luglio 1990, sopraggiunta nella
casa del fratello a Laorca, sotto la pro-
tezione materna del Medale. La “sua”
parete.
“Quanto andare!”
E’ il 30 giugno 1962 quando padre
Augusto decide di smettere di arram-
picare. Scrive nel suo diario: “Con la
scalata della via Comici al Corno del
Nibbio, ai Piani Resinelli (percorsa in
Sentieri e Parole8
vo viene inviato come vice parroco a
Locate Varesino.
Fin dalla prima giovinezza inizia a
coltivare la passione per la montagna,
passione che continuerà durante gli
anni varesini quando fonderà il grup-
po alpinistico dei Centpè. Nel 1948 si
iscrive alla sezione di Lecco del CAI,
tessera n. 184094. Inanella una serie
impressionante di ascensioni su tutto
l’arco alpino: alla fine, nel giugno 1962,
le scalate saranno 180, di ogni genere
e difficoltà.
Augusto Gianola nasce a Laorca
di Lecco, il 5 novembre 1930. E’ “un
bambino sveglio, allegro e buono”. Ma
anche determinato. Frequenta il gin-
nasio quando, a quindici anni, annun-
cia di voler entrare in seminario. Due
anni dopo, nel 1947, vinte le resistenze
del padre, entra a Venegono. Ne uscirà
nel 1953, sacerdote. L’anno successi-
Nel 1961 viene nominato vice par-
roco a Verano Brianza. Ci resta meno
di un anno: il 15 settembre 1963 riceve
il crocefisso di “missionario partente”
e il 5 novembre parte per l’Amazzonia.
Dopo aver detto definitivamente ad-
dio alla montagna.
In Amazzonia ci resterà, salvo brevi
periodi di vacanza in Italia, per il resto
della vita. Qui tra l’altro, accanto all’e-
ducazione religiosa, darà vita a colo-
nie agricole affiancate da una Scuola
per l’agricoltura, attraverso le quali i
DON AUGUSTO, TESSERA CAI N. 184094
Padre Augusto con Enzo BiagiIn cima al Medale padre Augusto con il suo gruppo alpinistico
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RIENTRI: SI NO
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un’ora e quindici minuti, ndr) ho com-
piuto la 123° ascensione con i Centpè.
In tutto ho compiuto 180 scalate di
ogni livello e difficoltà. Qui finisce la
mia attività alpinistica, ma non il mio
amore per la montagna. Lasciare lei è
uno dei sacrifici più grandi che im-
pongo al mio cuore. Grazie, monta-
gna”.
Sono stati anni intensi quelli vissuti
su e giù per i monti. Il diario d’alpinista
di “Gianola don Augusto”, classe 1930,
di Laorca, tessera CAI n. 184094 se-
zione di Lecco, anno 1948, è fitto di
date, di pareti, di considerazioni, di vie.
Dalla Grigna al Bianco, dal Cervino al
Bernina, dal Brenta a Lavaredo al Badi-
le. Ci sono tutte le Alpi che contano lì
dentro: diario da grande accademico.
Soprattutto, però, è un diario ricco
di “relazioni” che poco hanno a che
vedere con i rapporti di carattere tec-
nico cui siamo abituati. Sono rifles-
sioni, emozioni, racconti di incontri e
di scherzi giocati ai compagni (e ai
superiori), momenti di meditazione,
gioie, delusioni, allegria. Momenti di
vita. Sfogliamolo.
Ecco. Racconti di volate in due, in
sella al Galletto sotto un diluvio senza
fine, per essere a Misurina in tempo
per la via Comici alla Cima Grande di
Lavaredo - che il “don” (sotto ogni
relazione si firma così) considererà
poi l’impresa più importante tra quelle
fino ad allora portate a termine - e
tornare subito la notte a Locate Va-
resino, ancora sotto il diluvio, perché il
mattino dopo c’è da esser pronti per
la prima messa e il “capo” (il parroco)
non fa sconti. (Da Locate Varesino a
Misurina in Galletto, andata e ritorno,
nell’arco di 30 ore o poco più: Cima
Grande a parte, non è un impresa an-
che questa?) “Quanto andare!” – an-
nota lui nel diario.
Racconti di un incontro inquietante,
9Sentieri e Parole
caboclos, il popolo del fiume affidato
alle sue cure, scontrandosi con l’ostili-
tà dei fazendeiros, si affrancherà dalla
dipendenza dalla foresta e dalla pesca
ed entrerà in una dimensione econo-
mica moderna.
In questi anni supererà quella che
definisce “una tentazione sentimen-
tale”, intraprenderà un viaggio verso
l’Italia discendendo da solo in canoa
il Rio delle Amazzoni per 1.400 km e
vivrà un periodo di isolamento di tre
anni nell’eremo di Paratucù, nel cuore
della foresta. Qui, nella più completa
solitudine, vive quella che definisce
“l’avventura più bella: quella di ama-
re Dio e di rispondere con amore a
un Dio che da 56 anni mi chiama con
amore”.
La fama di padre Augusto si dif-
fonde e viene raggiunto da numerose
persone, specie dall’Italia e dal Nord
Europa, affascinate e incuriosite dal-
la sua esperienza di vita. Proprio da
questa esperienza di profonda solitu-
dine matura una nuova consapevo-
lezza dell’importanza del contatto con
la gente. Durante una celebre intervi-
sta a Enzo Biagi, andata in onda il 27
novembre 1989, spiegherà: “A un cer-
to momento ho deciso di uscire dalla
foresta perché mi mancava il prossimo,
questo mio prossimo che si è imposto
come un amore nuovo, come la nuova
avventura della mia vita”.
Il 24 marzo 1990, malato di can-
cro al cervello, farà rientro in Italia per
sottoporsi alle cure. Morirà a Laorca, in
casa del fratello Alberto, il 24 luglio di
quello stesso anno. Sotto lo sguardo
del Medale.
(Informazioni tratte da: La più bella delle avventure, Padre Augusto Gianola, missio-nario del PIME in Amazzonia)
Tessera di iscrizione al CAI LeccoPadre Augusto pescatore in Amazzonia
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dalle parti di Auronzo, con una “suora
fetadura”, “scandalosamente enorme”
che, armata di un gran coltello, affetta
(di qui - scoprirà in seguito - il so-
prannome di fetadura) e domina la
cucina di un albergo dove altre suore
fanno saltare bistecche dalle dimen-
sioni mai viste. Non sarà un incontro
glorioso. Nonostante la fame pode-
rosa, Don ne uscirà digiuno per una
questione di dignità. Si aspettava una
cortese e ferma insistenza prima di
accettare l’agognato cibo. Ma l’insi-
stenza non c’è stata: avrebbe dovuto
accontentarsi dell’offerta. Così torna
a insellarsi affamato sul Galletto, rim-
brottato dal compagno di incursione.
A secco anche lui.
O racconti di una scappata a Cam-
piglio in un ritaglio di fine settimana,
con un amico e “il Guzzi del Bure-
la”, dove arrivano fradici di pioggia,
dopo aver sbagliato parecchie strade,
per fare lo spigolo nord al Crozzon di
Brenta. Il racconto prosegue con l’in-
contro al rifugio con il burbero Detas-
sis e “la sua barba da brigante”, con un
tempo da paura e con il “furto invo-
lontario” di due tazze di tè fumante,
trovate su un tavolo alle tre del matti-
no, che costerà ai legittimi destinatari
la possibilità dell’ascensione (vedendo
le tazze vuote, le ragazze del rifugio
li credono già partiti e non salgono in
camera a svegliarli: quelli apriranno gli
occhi, in modo spontaneo, alle undi-
ci passate e ciao). E poi il racconto
dell’attacco, avvenuto “di malavoglia
alle 4.30”. Della strizza alla Cima Tosa
inghiottita dalla nebbia.
“Ho paura. Veramente paura – scri-
ve nel diario -. Ma non mi faccio ac-
corgere. Credo che avrò detto qualche
preghiera. Nella nebbia non si vede
nulla, gli ometti scompaiono. Anche
Luciano ha paura, ma non parla: sia-
mo associati dal terrore; le montagne
sono deserte, siamo soli e sperduti, su
precipizi di roccia e di ghiaccio. Una
folata di vento ci libera la Cima della
Tosa e vediamo tre puntini sulla cima
bianca. Chiamiamo, ma inutilmente;
i tre puntini scompaiono, scendo-
no dal versante opposto. Ringhiottiti
dalla nebbia procediamo senza sosta.
Luciano si sente male, ma finalmente
dopo un’ora e mezza ci accorgiamo
di essere in cima. La discesa è una
passeggiata (…) Al Brentei ci sorbiamo
gli elogi di Detassis e un pranzetto”.
Subito dopo Augusto e Luciano, coi
loro zaini pesantissimi, si insellano di
nuovo sulla Guzzi del Burela e par-
tono per Locate. “Rispetto all’anda-
ta, più sonno più sbagli più acqua”. E
anche un bel “dritto” sulla strada del
lago d’Idro, dove vengono salvati da
un provvidenziale parapetto. “Si ripara
la moto, si riassestano le ossa e via”.
Il resto è noia - avrebbe cantato poi
qualcuno.
Padre Augusto accompagna un numeroso gruppo di escursionisti. A fianco: due pagine del diario
10Sentieri e Parole
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dimensioni di una decina di metri di
diametro per tre-quattro metri di al-
tezza. L’acqua trasparente dopo una
settantina di metri inizia a intorbidir-
si. Le due gallerie potrebbero essere
comunicanti ma al momento non tro-
vo il passaggio. Torno. Uscendo dalla
grotta, di comune accordo, a parte le
bombole che vanno ricaricate, lascia-
mo tutto il resto.
Tentativi
Il giorno seguente, la pioggia tor-
renziale mi fa temere per le attrez-
zature lasciate al sifone: un’eventua-
le piena significherebbe perderle. La
pioggia che ci bagna però ci aiuta a
sopportare meglio la calura del sole,
mentre le gocce d’acqua scorrono
mescolandosi alle gocce di sudore.
Verificato che non ci sono forti cor-
renti, per l’immersione stavolta uso il
filo d’Arianna, ma la sacca con la corda
la porto ugualmente. Dopo 200 metri
totali di galleria, alla profondità massi-
ma -13 m, non trovo né un passaggio
che risale in superficie né il collega-
mento fra le due gallerie.
I giorni rimasti sono pochi e il de-
siderio di non lasciare nulla in sospeso
mi spinge a provare tutto il possibile,
così, con l’aria che ancora mi è rimasta
nelle bombole, faccio una prova nel si-
fone del lago nero. Ingresso non facile
ma con l’aiuto degli amici, possibile.
Una sessantina di metri di percorren-
za e un’uscita poi in una sala aerea,
non quella che cerco che chissà dove
si trova. Continuo ancora un po’ in un
secondo sifone ma stavolta l’aria delle
bombole al limite della ragionevolez-
za e la corda che finisce chiudono il
capitolo esplorativo. Con sacche che
pesano non meno di 15 kg e in fret-
ta e furia usciamo dalla grotta dove
alla luce del giorno, i portatori che ci
aspettavano ci offrono noci di cocco
per dissetarci.
Le grotte, i sifoni, il fango, le piogge
fanno parte dell’essenza della natu-
ra che può apparire ostile ma rimane
neutra nella sostanza, anche se a noi,
che vogliamo sfidarla per conoscerla
meglio, a volte può apparire nemica.
Diverso è per la condizione umana
che non perde occasione per dimo-
strare crudeltà in molte occasioni.
Nella piccolissima barangay Camo-
noan sorta vicino all’ingresso della
grotta, dove riposiamo prima di ri-
prendere il cammino verso la “civiltà”,
sentiamo degli spari. Verremo a sa-
pere che un ragazzo è stato preso a
fucilate e poi finito a colpi di machete
perché ritenuto spia dell’esercito.
Il viaggio del ritorno per raggiun-
gere il volo Manila-Milano è pieno
d’inconvenienti provocati dai mezzi di
trasporto scalcinati o inesistenti che
fanno temere di non riuscire a rien-
trare nei giorni previsti, ma tutto perde
d’importanza davanti al dramma an-
goscioso di vedere un bimbo, sul lato
opposto della carreggiata che stiamo
percorrendo, investito da un’auto, con
il fratellino sopra di lui che cerca di
proteggerlo, nell’indifferenza totale.
Quando siamo a casa rimane l’or-
goglio delle esplorazioni impegnative
compiute, accompagnato dai ricordi
dell’amicizia fra noi compagni di av-
ventura, delle proficue esperienze nate
incontrando persone nuove e dalle
emozioni che ci hanno ora esaltato
ora turbato e che, speriamo, ci diano
una marcia in più per crescere.70
Speleologia
Sentiero in direzione di Camonoan. . Foto di Matteo Rivadossi Lago nero al fondo di Male-ho. Foto di Matteo Rivadossi
Le gioie di chi sa osare
Sognava fin da bambino di scalare le
montagne, padre Augusto. Lo sogna-
va quando ancora non sapeva che per
farlo ci volevano dei compagni e de-
gli attrezzi. E sognava di farlo da solo.
Voleva salire il Medale anzitutto. La
parete che sovrastava casa, che aveva
sempre negli occhi e che gli proteg-
geva le spalle. E che dopo un tempo-
rale “era come un quadro di Picasso”.
Quella Medale “gioia, tristezza, slancio
del mattino, raccoglimento della sera,
trionfo di luce, sogno delle notti chia-
re, tormento … era mia, era qualcosa di
mio, qualcosa di me”.
Quel sogno di salir le montagne
ha cominciato a realizzarlo presto. E’
ancora liceale quando con un amico
apre una nuova via al Pizzo dei Tre
Signori. La via viene ufficialmente ri-
conosciuta; il grande Cassin dedicherà
all’impresa un articolo su il Resegone.
E’ il la che dà il via a una ricca car-
riera alpinistica e dà una nuova forma
al suo eterno cercare.
E’ difficile scegliere tra le pagine del
diario.
Il 23 aprile ’57 è in parete con un
paio di amici. Non è un’ascensione
qualunque. E’ una notturna su quel
Medale che è già stato e sarà meta di
innumerevoli altre ascensioni. L’inten-
zione è di passare la notte in parete,
provare e far provare l’emozione del
bivacco e intanto riflettere. Osserva-
re le luci di Lecco che lottano contro
l’oscurità e intanto pregare. “La me-
raviglia di una città – annota nel dia-
rio – adagiata sotto di noi con quelle
migliaia di luci che si rincorrono, si
scontrano, si raggruppano è qualcosa
che ripaga i nostri disagi. Non a tutti
è concesso di gustare certe gioie, ma
solo a chi sa osare”.
Ci tornerà altre volte
in notturna. Anche da
solo. Per lui è un ri-
trovarsi. “Un giorno –
scrive – vi portai su la
Madonnina. Con questo
gesto mi parve di aver
posto un’ipoteca sulla
parete. Era mia, mia più
che di altri. Un giorno,
se fossi diventato una
persona importante, si
sarebbe detto: la pare-
te di …, come si diceva
la parete di Comici, di
Cassin”.
Il 3 luglio di quello
stesso 1957 don Au-
gusto compie in Gri-
gnetta quella che de-
finisce “l’impresa delle
10 cime”. Scrive: “Già
da tempo era maturata
in me un’idea: passare
come un dominatore
sui sentieri e sulle vette
più importanti della mia
montagna, la Grigna.
Passare solo, come l’u-
nico dominatore. Go-
dermi una giornata da
leone. Sentire, ascoltare
quanto quella mon-
tagna madre diceva
a me solo, senza che
nessuno interrompesse
il colloquio. Così io ho
parlato alla mia mon-
tagna, l’ho accarezzata,
l’ho sentita mia, tutta
mia e solo mia, perché
quel giorno Ella si era
riservata solo per me.
(…) Io piccolo uomo
che scompariva ne-
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RIENTRI: SI NO
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PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
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che perdere il contatto con la parete
alla mia destra, ho la strana sensazio-
ne di essere trasportato dalla corrente.
Non sono in grado di capire in qua-
le direzione questo fluido fangoso e
buio che mi circonda stia scorrendo
perciò la saggezza della rinuncia e la
percezione alta del pericolo, m’impon-
gono il dietro front.
Per realizzare la tanto agognata
giunzione delle due grotte non resta
altro che cambiare strategia esplora-
tiva, abbandonando i più “sicuri” sifoni
a monte di Sulpan e saggiare quelli a
valle di Male-ho.
I giorni passano e ormai ne man-
cano solo tre per completare il nostro
sogno.
Per raggiungere l’ingresso di Male-
ho, il sentiero nella giungla è lungo il
doppio, circa un paio di ore di tempo
per arrivare. La pioggia ha trasformato
il fango che ricopre tutto il terreno in
una patina ghiacciata e noi, non es-
sendo attrezzati con ramponi, siamo
in difficoltà non solo a camminare ma
anche a rimanere fermi in piedi. La
grotta di Male-ho, termina al fondo
con tre sifoni: uno attivo nel quale non
si può accedere perché una notevole
massa d’acqua vi penetra con corren-
te in favore, un secondo più a valle che
inizia sul fondo di un lago nero, e un
terzo, ancora più a valle che chiude
definitivamente i passaggi aerei.
Scelgo l’ultimo, ma adotto per pre-
cauzione, contro una eventuale cor-
rente in favore, una tecnica diversa
rispetto alle altre immersioni. Utilizzo,
al posto del filo d’Arianna da 2 mm,
una corda speleo da 8 mm, lunga 100
m e sopra la muta aggiungo la mia
imbracatura con gli attrezzi di risalita
della speleologia: nel caso mi trovas-
si trascinato via dalla corrente, avrei
la possibilità di contrastarla risalendo
sulla corda con la maniglia autobloc-
cante. Entro in acqua e non credo ai
miei occhi: la visibilità è finalmente
buona, 7-8 m. Scendo il pozzetto ini-
ziale verticale fino a -7 m poi, a un
bivio, scelgo ovviamente la galleria più
ampia; finalmente posso vedere dove
dirigermi e la galleria che percorro, è
per dimensioni, degna di tutte quel-
le aeree che ho percorso prima, cioè
larga oltre dieci metri e alta almeno
cinque. Niente corrente e mentre i
miei 100 metri di corda terminano, la
galleria continua. Nasce il dilemma se
andare avanti usando il filo d’Arianna,
o tornare. Calcolando il gas residuo
nelle bombole, è più sicuro rientrare.
Non sono del tutto solo: mi fanno
compagnia alcuni pesci bianchi depig-
mentati e una grossa anguilla. All’im-
bocco della galleria più piccola non
resisto alla voglia e mi ci infilo: dopo
un breve tratto anche lei si allarga alle
Laghetto iniziale a Sulpan . Foto di Matteo RivadossiGallerie a valle di Sulpan. Foto di Matteo Rivadossi
gli anfratti della roccia
per ricomparire a testa
alta più su, sempre più
in alto, in cima, vinci-
tore per 10 volte”. Poi
aggiunge: ”No, non vale
nulla un sesto grado
che non ti lascia fia-
to per cantare, non ti
lascia mani per acca-
rezzare ma solo per
afferrare, non ti lascia
occhi per spaziare ma
solo per scrutare, non
ti lascia ali al cuore, ma
te lo opprime in uno
sforzo teso come un
incubo. (…) La monta-
gna è bella per chi la sa
godere, ma per goderla
ci vuole molta umiltà
e delicatezza più che
forza e prepotenza”.
Parole di un domina-
tore certo, visto che le
10 cime – dalla Lancia
al Fungo, dal Campani-
letto alla Segantini - se
le è messe tutte in fila
dietro le spalle, ma un
dominatore gentile.
D’altra parte è questo
il senso del suo andare
in montagna. Scriverà
qualche tempo dopo,
rivolgendosi ai suoi
Centpé in occasione
di un periodo di ferie
in Dolomiti: “Ci adden-
treremo sempre più in
questo campo alpini-
stico non con pretese e
presunzioni, ma col solo
scopo di coltivare una
veranda di sole accanto
al grigiore della nostra vita giornalie-
ra. (…) Questa nostra attività alpinistica
deve essere qualcosa di vitale per noi:
deve essere come qualcosa di am-
pio e di immenso e inondato di luce”.
Perché l’obiettivo in fondo è uno: fare
in modo che “tutto il nostro essere
trovi ogni tanto, nel logorante lavoro
di sempre, la sua posizione eretta al
cospetto di questi abissi della natura”.
Un concetto semplice, ma a pensarci,
non è poco.
Il dominatore gentile
E’ un elenco importante quello delle
ascensioni di padre Augusto Gianola.
Ancor più se rapportato all’epoca e al
tempo, inteso come tempo a dispo-
sizione. Le sue relazioni sono spesso
il racconto di una corsa. In Galletto o
sulla Guzzi del Burela o col Leoncino,
quando si tratta di portare in monta-
gna Centpè e simpatizzanti al comple-
to. E dentro l’elenco ci sono racconti
di grandi imprese scritti con modestia.
Ci sono le solitarie al Medale e su
quasi tutte le guglie della Grigna e c’è
la solitaria al Cervino. E’ il 28 agosto
del ’58. “Una specie di vendetta” –
spiega. La montagna lo aveva respinto
tre anni prima, nel corso di un tenta-
tivo di scalata in compagnia dell’amico
Luciano. Ora “l’avrei vinto da solo” -
scrive. E più o meno ce la fa. Nono-
stante la gran neve inaspettata (vista
la stagione), e una gran bufera che si
scatena “quando ormai la vetta è as-
sicurata”.
“Sono solo, non sono pratico e ho
paura – annota nel diario -. Vorrei
salire di corsa per raggiungere le cor-
date in vetta arrivate dalla Svizzera,
ma proprio in quel momento le cor-
date dalla cima, prese alla sprovvista,
iniziano urlando la discesa sulle corde
La benedizione al termine di una messa per i morti in GrignettaSotto: Padre Augusto con un gruppo di giovani alpinisti
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CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
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NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE
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un po’ di apprensione per il rientro c’è
sempre, e rimango vigile a ogni sen-
sazione finché riemergo finalmente
dal lago dove tutto è iniziato. La de-
scrizione del salone con la cascata si
conclude con la decisione di mandare
il giorno dopo una squadra al fondo
di Male-ho per vedere se c’è traccia
del mio filo.
Gallerie e dietro front
I chilometri esplorati e topografati
aumentano: ogni sera, a tavolino ag-
giungiamo i nuovi risultati. La grot-
ta di Sulpan supera i 13 km e quella
di Male-ho raggiunge i 10 km: una
giunzione porterebbe questo sistema
al secondo posto tra le grotte più lun-
ghe delle Filippine.
Purtroppo la squadra incaricata della
verifica, constata che la sala finale da
me raggiunta, non è quella del fon-
do di Male-ho: dobbiamo provare la
congiunzione in altri punti. Se Simon
fosse ancora con me, insieme avrem-
mo potuto affrontare la cascata, ma in
solitaria, il rischio è troppo alto.
Dopo avere attentamente osservato
la cartina topografica, con la relativa
idrografia, concludiamo che l’opzione
più promettente sia entrare nel sifo-
ne a monte di Sulpan. La galleria che
s’inoltra in direzione, è agevole solo
nel tratto iniziale poi, oltre una serie
di laghetti, il cammino diventa note-
volmente fangoso e l’ambiente tetro.
Al sifone non c’è un posticino dove
appoggiare gli erogatori, le bombole
e il resto dell’attrezzatura che non sia
disastrosamente coperto da una mas-
sa fangosa, per cui metto al riparo per
quanto possibile il tutto appoggiando
le cose sui sacchi speleo del trasporto.
Quando mi avvicino all’acqua, spro-
fondo nella fanghiglia fin oltre il gi-
nocchio e, appena posso, mi allungo
cautamente nello specchio d’acqua.
Appena la testa è sotto la superficie
non vedo più niente: cinquanta centi-
metri di visibilità sono utopia. Procedo
in avanti tenendomi come consuetu-
dine, vicino a una parete molto liscia
e la sensazione di girare in tondo mi
preoccupa: non essendoci appigli sui
quali fissare il filo, la condizione è al
limite. Dopo avere svolto il filo dallo
svolgi sagola per una quarantina di
metri, raggiungo un posto dove, oltre
68Speleologia
Laghetto iniziale a Sulpan . Foto di Matteo RivadossiGallerie a valle di Sulpan. Foto di Matteo Rivadossi
e io non posso salire. Allora decido di
scendere di corsa. E’ l’unica. Ce l’ho
fatta”. A Cervinia perde il pullman e si
fa la strada a piedi fino a Valtournen-
che. Chiosa sul diario: “Il Cervino non
è una scalata; è una vetta. Devo quindi
dire di non aver fatto il Cervino perché
non ne ho toccato la vetta. Il Cervino
non è una difficoltà, è una paura”.
C’è l’assalto alla Torre Venezia al Ci-
vetta, raggiunta per la via Andrich –
Faè, durante la settimana di ferie dei
Centpè. E poi alla torre delle torri, la
Torre Trieste. Da fare senza bivacco,
perché così aveva detto giù al rifugio.
E’ un bel resoconto, ricco di humor più
che di pathos. Come sempre. Alle 6
Don e l’amico Caruso sono all’attacco.
Caruso invoca la pioggia. Don cerca
una scusa più leale per non andare. Ma
tutti e due finiscono delusi. Di scuse
non ce n’è, inutile invocarle e si deve
attaccare. Sbagliano strada, devono
scendere a corda doppia alle 7 del
mattino, riattaccano la via giusta e il
cielo è sempre sereno. A mezzogior-
no sono in cima, nonostante un masso
abbia tranciato la loro corda più bella.
Così la tragedia diventa la discesa. Le
12 doppie della Torre vengono affron-
tate con una corda sola. Nella nebbia.
Sei ore. Ma quando alle 9 della sera
tornano al rifugio sono accolti con
ammirazione. Avevano mantenuto la
promessa: senza bivacco. Anche l’a-
sciutto Da Roit sorride. “E’ stato il pre-
mio più ambito”.
Lo scalatore e la Nordest del Badile
E c’è la Nordest del Badile, per noi
lecchesi forse la più classica delle
classiche (difficili). La via Cassin. E’ in
cordata con Lucio, 95 kg d’uomo. Le
prime acrobazie, nel rispetto della tra-
dizione, le fanno per salire in Topolino
(proprietà della parrocchia) in cima
alla Val Bondasca, ma il resoconto del-
la scalata è un saggio di psicologia
dell’alpinismo. Qualche passo.
“Puntiamo la sveglia alle tre. Inizia il
lungo e strano periodo che solo chi
si è impegnato in grandi scalate ha
provato: la notte”. Appena gettati sui
pagliericci del rifugio del Sass Furà ar-
rivano due tedeschi, Augusto e Lucio
fingono di non sentirli. “Così passano
le ore più tormentate della scalata. Sì,
della scalata, perché la scalata si inizia
molto prima dell’attacco. La parete ci
impegna dal primo momento che ci
ha tentati, quando è ancora solo una
tentazione. E’ all’inizio una piccola idea
che sorge come velleità e rimane tale
finché non accade qualcosa che ti ri-
vela una possibilità di riuscita: una re-
lazione che si legge, un confronto con
altre scalate, la riuscita di qualcuno che
è sul nostro stesso piano (…). Allora si
comincia a studiarla, si fanno progetti,
ci si prepara: tutto il nostro spirito è
preso dalla parete, ci si pensa di giorno
e di notte, è iniziato il tormento della
scalata. Spesso i passaggi più duri, an-
che se non hanno grado, si trovano in
questa fase di preparazione”.
“Dapprima è un desiderio soltanto
– continua – una compiacenza senza
paura e senza entusiasmi. Quando l’i-
dea comincia a prender corpo sorgono
la paura e l’entusiasmo: ma il secondo
ha la parte maggiore. In fase di studio
l’entusiasmo e la paura fanno l’altale-
na, ma alla fine l’entusiasmo respinge a
gomitate la paura, ha la meglio e allora
si parte”. Poi c’è la fase di approccio,
“la più varia”. Per i due sentimenti –
paura ed entusiasmo – è un tour de
force. “L’entusiasmo sembra diventato
così debole da non saper rintuzzare
la paura. Se non fosse una questione
d’onore e perché ormai si è già fatto il
viaggio, la scalata certamente non la si
attaccherebbe mai …”
E così la si attacca. Anzi, si comincia
con un approccio soft, consolatorio:
cominciamo ad andare a vedere. Ma
ormai è fatta. Sei lì. Arriva “l’ora livi-
da”, l’ora dell’alba in cui tutto è gri-
gio e dove l’aggettivo livido, più che
lo sfondo, esprime il sentimento della
paura senza entusiasmo. Ma alla fine
si attacca e di colpo la paura scom-
pare. “Ci si immerge nell’azione e c’è
posto solo per quella”. Quel mattino al
Badile padre Augusto in partenza sba-
glia strada. Così torna sui suoi passi,
riparte. Con Luciano affronta “diedri e
traversi formidabili”. Quando giungono
al nevaio pensile, dà uno sguardo alle
difficoltà che ancora li attendono poi
schiaccia un pisolino. Una mezzoretta
per recuperare. E recupera. Superata la
chiave della salita torna l’entusiasmo.
E’ il momento più bello, “si sente odor
di vittoria”. Hanno attaccato la via
giusta alle 8.30, sono in vetta alle 19,
poco prima del buio. Scrive: “Bisogna
precipitarsi giù; non scriviamo neppu-
re il nostro nome sul libro della vetta.
E’ in questa discesa che subentra di
nuovo lo sgomento; la salvezza non
sta quasi mai in cima, ma ai piedi della
montagna”.
E ai piedi della montagna alla fine
ci arrivano. La scalata, anche questa
scalata, comincia a diventare un ri-
cordo. E i ricordi sono tristi. Si deve
ricominciare a cercare il futuro.
Questo ricordo di Padre Augusto alpinista è stato reso possibile dalla famiglia Gianola che ci ha messo a disposizione copia del diario e le fotografie qui pubblicate.
13Sentieri e Parole
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questa terrificante idea; sulla sinistra,
trovo un fiume largo cinque metri e
alto più o meno cinquanta centimetri
che scorre impetuoso su una rapida
fino a ritorcersi verso il sifone da dove
arrivo. Fortuna vuole che quest’anno
le piogge siano state scarse e il regi-
me di secca, ha lasciato che arrivassi
fino a qui senza dovere lottare contro
una corrente impetuosa e vogliosa di
ghermirmi. Guadato il fiume e risalito
qualche metro di dislivello, raggiungo
un secondo sifone. Tornerò a prende-
re le attrezzature per continuare. La
galleria asciutta è di circa 50 metri di
sviluppo e, in breve, sono pronto per la
seconda immersione.
Compagna solitudine
La solitudine è una compagna silen-
ziosa che mi aiuta a osservare den-
tro e fuori di me senza distrazioni, mi
aiuta a guidare i pensieri e le paure
infondendomi la tranquillità di avere
solo me stesso cui badare, consape-
vole dei limiti.
Sott’acqua mi tengo vicino alla pa-
rete di destra e, avanzando, arrivo
dove la corrente è molto forte: sem-
bra fuoriuscire da fessure; spostan-
domi a sinistra senza vedere oltre i
50 centimetri perdo la sensazione
della corrente, per cui non posso es-
sere nella direzione giusta. Torno un
po’ indietro, risolvendomi a passare in
quella che sembra la fessura più gran-
de. La corrente, veramente forte, vuo-
le respingere il mio attacco ma, con
cocciutaggine, tirandomi appigliato
alla roccia viva, vinco l’uscita dalla fes-
sura. Facendo attenzione di non es-
sere aspirato in altri più angusti pas-
saggi, mantenendomi contro corrente,
proseguo fino a percepire un rumore
di cascata, che significa vicina la fine
del sifone.
Riemergo, non senza difficoltà ma
con sollievo, alla base di una casca-
ta alta un paio di metri, che versa
un’impressionante massa d’acqua: il
filo d’Arianna che fisso sulla parete, mi
dice che ho percorso 90 metri. Nel la-
ghetto dove sono giunto, non ci sono
né spiaggette né massi dove accomo-
dare le bombole per provare ad ar-
rampicarmi sulle pareti scoscese. Per-
dere l’attrezzatura o parte di essa qui
significherebbe, se va bene, aspettare
non meno di dieci giorni che qualcu-
no si organizzi per venirmi a cercare,
con i rischi altissimi, nell’attesa, di piene
causate dalle piogge. Dunque rinuncio
a proseguire e, allungando il collo, in-
travedo, sopra la cascata, un cono de-
tritico e un salone che mi piacerebbe
credere siano il posto descrittomi dal
Pota.
Sistemo lo svolgi sagola e vedo la
mia pinna galleggiare per un attimo
in preda al movimento della corrente,
la afferro al volo e mi accorgo che il
lacciolo si è rotto: la terrò in mano al-
meno fino alla galleria asciutta dove in
tutta comodità potrò sistemarla. Testa
sott’acqua seguo con molta attenzio-
ne il mio benedetto filo, alle fessure mi
attacco alla lama di roccia che divide
il mio passaggio da non so cosa, e mi
lascio trascinare dalla corrente fino a
quando non sono dentro la galleria da
me sagolata. Seguo il filo tenendolo
in mano, perché è l’unico, solo rife-
rimento che mi può far tornare dai
miei amici in superficie. Nella zona
aerea, aggiusto il lacciolo della pinna
e riprendo il percorso nel primo sifo-
ne. Anche se all’andata non ho avuto
problemi nel contrastare la corrente,
Barangay Camanoan. Foto di Matteo Rivadossi Barruz quartier generale. Foto di Joni Bonifacio
67Speleologia
14Sentieri e Parole
di Gigi AlippiPubblichiamo uno degli ultimi testi
di Gigi Alippi. Da parecchio tempo Gigi,
che si è spento il 28 marzo, era un
collaboratore della nostra rivista sulla
quale scriveva articoli che, ripercor-
rendo le tappe della sua vita di sca-
latore, hanno contribuito a ricostruire
pezzi di storia dell’alpinismo lecchese.
Nei prossimi due numeri pubblichere-
mo gli ultimi due contributi.
Non so con quale criterio un
giovane di questi giorni, ap-
passionato di montagna,
possa ambire a sentirsi e ad essere
riconosciuto con la gratificante qua-
lifica di alpinista. Ai miei tempi, almeno
nell’ambiente sociale in cui ero cre-
sciuto, la cosa era abbastanza sem-
plice: uno si sentiva pienamente alpi-
nista non appena aveva messo piede
su una delle pareti del Monte Bianco.
Arrivare lì era l’aspirazione più forte
ed eccitante per chi aveva cominciato
ad avere una certa dimestichezza con
l’arrampicata. E dopo la prima volta
al Monte Bianco, non è che l’appetito
venisse ad affievolirsi: lì continuavano
ad alimentarsi i sogni, le ambizioni ed
il massimo del piacere per chi si era
innamorato della montagna.
E sazio non mi ritrovai mai nemme-
no io che, pur non ancora trentenne,
al Bianco c’ero già stato una decina
di volte. Si può capire perciò perché
non ci furono tentennamenti né esi-
tazioni quella sera, sul finire dell’ago-
sto del 1959, quando, considerando
che l’impegno lavorativo non era più
tanto intenso per me, come pure per
mio cugino, il “Det” Giuseppe Alippi,
che nella sua attività di contadino si
trovava in un periodo di relativo relax,
prendemmo di comune accordo una
decisione piacevolissima: “Ci pigliamo
un po’ di tempo tutto per noi e pren-
diamo il volo per la cresta Sud dell’Ai-
guille Noire?”
Sappiamo entrambi che si tratta di
una salita appetibile, che ha molto da
raccontare, perché qui è stata scrit-
ta la storia di molti alpinisti afferma-
ti. Percorrere la cresta Sud significa
affrontare una salita lunga e faticosa,
ma altrettanto stupenda e varia per le
cinque torri che incontreremo, anche
se ci limiteremo a raggiungere la vet-
ta soltanto della quarta e soprattut-
to della quinta, la più alta, che segna i
3.773 m di quota.
L’Aiguille Noire de Peuterey è la più
complessa struttura a guglie dell’intero
massiccio, e tutte le vie per arrivare
in vetta sono molto lunghe e impe-
gnative. L’aspetto di questa montagna
mi aveva colpito già al tempo in cui
ero poco più di un bambino. Qui in-
fatti nel 1939 i lecchesi Vittorio Ratti
e Gigi Vitali erano riusciti a compiere
un’impresa straordinaria sul versante
occidentale superando tutti gli osta-
coli rappresentati nella parete Nordo-
vest dell’Aiguille Noire, dove un lun-
go passaggio poté essere vinto solo
attraverso una faticosa arrampicata
artificiale.
L’importanza alpinistica costituita
dal superamento di quel passaggio
venne riconosciuta dal grande Gaston
Rébuffat, che lo battezzò “il debito
della sofferenza”, quale primo esempio
di progressione sistematica su chiodi,
su un tratto di parete strapiomban-
te in modo sensibile e non breve, nel
gruppo del Bianco. In effetti si trattava
di una tra le più dure salite delle Alpi,
e in quelle tre giornate, dal 18 al 20
agosto del 1939, i due alpinisti lecchesi
dovettero impiegare ben 50 chiodi, di
cui 12 furono lasciati in parete. L’eco
dell’impresa risuonò con comprensibile
forza in una città alpinistica per an-
tonomasia, ed anche i ragazzini come
me ne furono coinvolti per l’entusia-
smo con cui fu accolta ed enfatizzata.
Irresistibile attrattiva
A determinare la nostra scelta per
l’Aiguille Noire credo ebbe la sua im-
portanza pure il ricordo di quella lon-
tana conquista, ma devo ammettere
che a quel tempo, tutte le vie che
vantavano una storia straordinaria che
le rendevano rinomate, esercitavano
su di me un’attrattiva irresistibile. La
nostra intenzione era di percorrere
integralmente la cresta Sud, seguendo
la via tracciata dai primi salitori nell’a-
gosto del 1930, Karl Brendel e Her-
mann Schaller: anzi proprio le relazioni
e le impressioni di questi alpinisti ci
hanno resi perfettamente consapevoli
delle forti difficoltà che avremmo do-
vuto superare per arrivare in cima.
Per quanto riguardava quel poco
di organizzazione logistica di cui
avremmo avuto bisogno, non ci vol-
le granché per trovarci d’accordo.
STREGATO DAL BIANCOLa cresta sud dell’Aiguille Noire col Det, il Bigio e la “comptesse”
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RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
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CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE
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LEGATORIA
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“La facciamo da tedeschi, portiamo
la nostra tendina, e ultima spesa a
Courmayeur: da qui si va decisi verso
la cresta. Piazzeremo la nostra tendina
prima del buio e l’indomani prosegui-
remo con la nostra salita”. A proposi-
to di tendina, occorre subito precisare
di che cosa si trattava: niente a che
vedere con quelle classiche, quanto
piuttosto un budello da appendere ai
chiodi, per potercisi infilare dentro in
qualche modo.
Quante emozioni riescono a susci-
tare le semplici località che tocchiamo
una volta superato il bivio per Cogne:
Villeneuve, Arnier, Avise, le gallerie e
poi la vista del Bianco! Dopo il buio
dell’ultima galleria, i miei occhi vanno
a posarsi, ancora una volta soddisfatti,
sugli immensi contrafforti della mon-
tagna. Ancora una volta mi sentivo
più intimamente vivo, pronto a farmi
accompagnare dai sogni più belli, lon-
tano dalla routine dei giorni lavorativi.
Sentirò riemergere il mio vero carat-
tere, ingenuo e sognatore e mi rifuge-
rò nel mondo semplice, ma concreto,
che vorrei tanto avere per ritrovare
il piacere intenso di sentirmi esistere
come mi piace: con la testa tra le nu-
vole, sopra ogni cosa ed ogni essere,
avendo come compagna l’illusione di
mai più distaccarmi.
Ma adesso siamo già giunti ai 1224
m di Courmayeur e, dopo una breve
sosta, imbocchiamo sulla sinistra la
carrozzabile della Val Vèny. Passia-
mo dal Santuario di Notre Dame de
la Guèrison e superiamo La Visaille, e
nel punto in cui la strada diventa pia-
neggiante, sento strombazzare fasti-
diosamente dietro la mia Guzzi 500.
Penso che qualcuno mi chieda di ce-
dere il passo e mi sposto gentilmente
fino al ciglio della strada: ma questo
non basta a quel prepotente, che non
cessa di battere sul suo clacson. Urlo
al Det: “Prova a vedere cosa vuole
quel disgraziato, che forse ha bisogno
di una lezione”.
“Toh, è il Bigio!”. È una piacevole
sorpresa per lui e per noi: ci scam-
biamo sbrigativamente spiegazioni e
intenzioni e nell’apprendere che ab-
biamo tutti la stessa meta, è ovvio
decidere subito di effettuare l’ascen-
sione insieme. Carlo Mauri ci invita a
seguirlo nell’albergo dove aveva fis-
sato l’appuntamento con una signora
che dovrà accompagnare nella scalata
che ci attende. Ci presenta così a ma-
dame Regine, comptesse de Faleton
Sentieri e Parole15
Madame Regine con Gigi Alippi e il Det davanti al rifugio Lorenzo Borelli. Foto archivio Giuseppe Alippi
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RIENTRI: SI NO
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INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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(1): una donna che non
potrebbe mai passare
inosservata e che ci
colpisce fino al pun-
to di farci intimidire. È
una signora sulla cin-
quantina, dotata di un
fisico bello e atletico,
solo poche tracce sul
viso hanno il difficile
compito di denunciare
la sua età. Il Det fati-
ca non poco a strin-
gere una mano tanto
delicata, che contrasta
vistosamente con le
sue martoriate dal duro
lavoro nei campi. Uno
stridente contrasto
che risulta ancora più
evidente sullo sfondo
bianco della tovaglia
apparecchiata sul tavo-
lo, dove ci siamo acco-
modati insieme per la
cena. Il suo disagio lo
costringe a usare po-
chissimo le mani, tan-
to che alla fine si alza
da tavola ancora con
una abbondante dose
di fame. Cerca di spie-
garsi con me: “Ognuno
ha le sue, ma siamo
nella stessa barca: ve-
drai che domani le mie
mani potranno servire
a madame!”
Giunti in camera però
non potrà resistere alla
voglia di aprire una
scatoletta di Simmen-
thal, prima di uscire
per chiudere la sera-
ta a casa di Roberto
Gallieni, uno dei grandi
del nostro alpinismo. Qui ci troviamo
ad affrontare una difficile scelta tra la
varietà delle bottiglie di liquore che ci
vengono offerte. Il Det propende per
l’whisky, asserendo di non averlo mai
assaggiato in vita sua. La smorfia che
gli si stampa sul viso potrebbe benis-
simo far le veci del suo brusco com-
mento: “L’è minga bun!” Come non
ridere?
Partenza prima dell’alba
Sono le prime ore del mattino a
promettere già in partenza una bella
giornata di pieno sole, e con questa
certezza ci è più facile iniziare la no-
stra fatica nel risalire la valle sul sen-
tiero che porta sopra i ghiaioni del
Fauteauil des Allemands, dove a quo-
ta 2325 m sorge il bivacco Lorenzo
Borelli, collocato sul lato destro della
grande poltrona, in un posto molto ri-
parato. Nel buio della notte sgattaio-
liamo verso il Pic Gamba, la prima delle
cinque torri, che però saliremo solo
parzialmente, abbandonandola presto
per una traversata orizzontale. Qui
Carlo Mauri interviene per dispor-
re le cordate: viene affidato a me il
compito di partire davanti: seguirà poi
lui e di seguito il Det, con l’incarico di
aiutare la contessa. La sequenza viene
però modificata già dopo poche filate
di corda, con il Bigio che così giustifica
con me questa decisione: “L’è mei che
te ste de dre te, che te parlet fran-
ces”. Mauri mi attribuisce evidente-
mente una dote che non ho, perché il
francese io lo balbetto soltanto. Sono
comunque in grado di capire intanto
quello che ci sta dicendo la signora,
con una semplicità che non mi può
lasciare indifferente: “Gigi, Det: je suis
seulement Regine, pas madame, pas
comptesse”.
Mi rendo subito conto che Regine
Aiguille Noire de Peuterey vista dalla Val Vény. Francofranco56 ope-ra propria da WikipediaSotto: Vittorio Ratti e Gigi Vitali incontrano Vittorio Varale, al cen-tro, in occasione della salita alla Ovest della Noire, ricordata all’inizio dell’articolo, 1939. Foto archivio G. Comi-Cai Lecco
16a0550cai-rivista--2/16°-""FOGLIO STAMPA FB 002""---2016-06-01T14:11:33+02:00
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non sa arrampicare con disinvoltura,
tuttavia è molto forte e atletica: quan-
do branca una presa, non la molla più…
e Gigi fa il resto. Mi muovo infatti alle
calcagna di madame senza avverti-
re nessuna difficoltà, mentre un cielo
meravigliosamente bello mi consente
il piacere di gustare a fondo il grani-
to della Noire. L’ambiente è davvero
entusiasmante: sotto il ghiacciaio del
Freney, si scorgono l’Aiguille Croux, il
vecchio rifugio Cesare Gamba, che ora
non c’è più, la cresta dell’Innominata,
su su verso la cima del Bianco. Come
non innamorarsi di fronte a questo
spettacolo che viene generosamente
offerto dalla natura?
Siamo andati avanti abbastan-
za tranquilli fino alla base della Punta
Welzenbach, che abbiamo aggirato per
attaccare una scalata più impegnativa
sulla sua ripida guglia.
È mio cugino che continua a gui-
dare la cordata senza problemi e io lo
guardo con piacere e ammirazione,
convinto che lui sia il più forte roc-
ciatore che abbia mai avuto l’alpinismo
lecchese. Si prosegue a scalare, prima
lungo la Punta Brendel e di seguito
lungo la Punta Ottoz, che indiscutibil-
mente presenta le maggiori difficoltà
dell’intera cresta, mettendoci a dura
prova. Qui affrontiamo un bellissimo
diedro, che termina con una delicata
traversata, strapiombante, sulla destra.
Siamo così ritornati sul versante che
avevamo aggredito in partenza e ci
troviamo quasi inaspettatamente alla
base della Punta Bich.
Ci troviamo in un bel posto piano,
ideale per bivaccare, come decidiamo
di fare.
C’è anche abbondanza di neve, la
qual cosa ci fa pregustare il refrigerio
dell’acqua che tra poco scenderà nelle
nostre gole riarse. Con Det mi dedico a
piantare alcuni chiodi, dove appendia-
mo subito la nostra casa. Carlo Mauri
decide di bivaccare fuori, e io osservo
con ammirazione e invidia il glorioso
maglione che indossa, lo stesso che
ha portato quando l’anno precedente
aveva vinto con Walter Bonatti, in Ka-
rakorum, quel superlativo Gasherbrum
IV. Det ed io ci infiliamo finalmen-
te nella nostra tendina e sistemiamo
il fornello: benedetto fornello dalla
fiamma azzurrina, che consente dol-
cemente alla neve di liquefarsi nell’ac-
qua a lungo desiderata, mentre i nostri
occhi brillano e la bocca esulta. Sono
piccoli particolari che fanno parte delle
esaltanti sensazioni della montagna e
che si possono vivere solo nell’intimi-
tà, senza possibilità di essere descritti
nella loro essenza.
“Tic toc, tic toc”: sono piccoli gra-
nelli ghiacciati che cominciano a ru-
moreggiare sulla tenda. Quasi subito
sopraggiunge il Bigio a metterci il naso
e con un “Che bel calduccio!” si infi-
la dentro pure lui, per non uscirne più
fino al mattino.
Comunione di animi
Il sonno tranquillo ci ha ristorato
più ancora di quanto ci serva ora per
proseguire nella nostra ascensione.
Prendiamo di mira la Punta Bich, di cui
raggiungiamo la vetta quasi d’un fia-
to, tutto nell’ansia di raggiungere al più
presto la nostra meta finale. Arrivare
in cima all’Aiguille Noire de Peuterey,
inondati dalla luce solare che arriva da
Est, inebriandoci con il suo calore, è
stata un’ascesa gioiosa che ci ripagava
pienamente della nostra precedente
fatica e dei nostri comprensibili sforzi.
Eravamo consci che nessuno di noi
quattro avrebbe mai potuto dimen-
ticare la gioia e la commozione con
cui ci abbracciammo su questa magi-
ca vetta, come per condividere in una
inscindibile comunione degli animi la
soddisfazione che si era impossessata
di noi partendo da un’impresa picco-
la, ma che per noi aveva acquistato
una dimensione considerevole, cer-
tamente ben oltre il suo reale valore.
E a dare una significativa ragione a
questo nostro convincimento erano
evidentemente venuti in soccorso gli
immensi e impenetrabili panorami da
cui eravamo circondati e che saziava-
no la sete dei nostri occhi: dall’Aiguille
Croux che spiccava più sotto, alla cre-
sta dell’Innominata che ci rapiva verso
il cielo, come i Pilastri del Brouillard, i
Piloni del Freney, la cresta di Peutèrey,
il bacino del versante della Brenva con
le sue classiche vie e i suoi seracchi,
il Mont Maudit, il Dente del Gigante, e
perfino la sagoma del rifugio Torino al
Colle del Gigante.
Mai avrei potuto dare un addio de-
finitivo a queste incantevoli meravi-
glie. Il distacco dal mio Monte Bianco
questa volta diventava meno penoso
perché nel cuore albergava la certezza
che mi faceva sussurrare “arrivederci,
a presto”.
(1) Racconta il Det che con la “comptes-se” Regine si stabilì un vero rapporto di amicizia. Due anni dopo la salita alla Noir, venuta a sapere attraverso la stampa alpi-nistica francese che il Det, con Pierlorenzo Acquistapace e Giuseppe Lafranconi, ave-va salito la Ovest di Lavaredo, Regine si presentò a Lecco con la sua auto e portò i tre alpinisti a Lione, ospitandoli a casa pro-pria, per compiere con loro delle scalate in Francia (ndr)
17Sentieri e Parole
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di Renato Frigerio
Lecco ha perso uno dei suoi Ra-
gni, conosciuto semplicemente
come Gigi Alippi, uno dei per-
sonaggi che hanno fatto la storia alpi-
nistica e turistica del Novecento della
Grignetta, e non solo.
Gigi Alippi era nato ad Abbadia La-
riana il 26 febbraio del 1936. Dopo l’al-
pinismo ha amato tantissimo la cac-
cia. Era uno di quei montanari che si
definiscono di vecchio stampo. Che
amava prendere per mano un ragazzo
alle prime armi, spiegandogli con fin-
ta severità, con toni burberi soltanto
all’apparenza, i segreti della montagna.
Fu alpinista di spicco, con moltissime
arrampicate, ripetizioni di vie classiche,
prime salite, prime invernali, nuove vie
aperte sulle Grigne, sulle Dolomiti e
sulle Alpi, ma pure in Africa, Nord e
Sud America, Asia, ai Poli.
Condusse il rifugio di famiglia ai
Piani Resinelli e fu guida alpina per ol-
tre cinquant’anni. Per molte edizioni fu
istruttore alla scuola nazionale di roc-
cia dei Ragni, formando un’intera ge-
nerazione di alpinisti prevalentemente
lombardi.
Ha arrampicato con i nomi più si-
gnificativi tra i personaggi lecchesi,
alpinisti per eccellenza, come Riccardo
Cassin, Carlo Mauri, Casimiro Ferrari,
Giulio Bartesaghi, Cesare Giudici, An-
nibale Zucchi, Det Alippi, Giuseppe La-
franconi, Giorgio Redaelli, Jack Canali,
Romano Perego, Benvenuto Laritti, ma
anche con monzesi, milanesi e ber-
gamaschi, quali Romano Merendi, Lu-
ciano Tenderini, Walter Bonatti, Bruno
Ferrario, Gianni Arcari, Giuseppe Piro-
vano.
Notevole l’attività svolta in campo
extra-europeo.
Nel 1961 con la spedizione “Città di
Lecco” gli arride la storica conquista
della parete Sud del McKinley in Ala-
ska;
nel 1966 vince il Monte Buckland
nella Terra del Fuoco in Cile;
nel 1969 vince il Nevado Jirishanca
per il versante Ovest nella Cordillera di
Huayhaush in Perù;
nel 1972, sempre sulle Ande Peru-
viane, nella Cordillera Blanca, conqui-
sta il Nevado Huantsan Ovest (si tratta
della cima che appare nel logo della
Paramount Pictures);
nel 1974 partecipa alla storica con-
quista dell’impossibile versante Ovest
del Cerro Torre, in Argentina, la più
ambita vetta patagonica;
MONTAGNA IN LUTTO PER GIGI ALIPPIE’ stato uno dei Ragni che hanno fatto la storia dell’alpinismo lecchese
Gigi Alippi, a destra, con Giuseppe Alippi Det alla fine degli anni ‘50. Foto archivio Giuseppe Alippi
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QUATTRO GIORNI SULL’ALTIPIANOLa mancanza di neve non ha scoraggiato il Gruppo Età d’Oro in gita ad Asiago
L’Altipiano di Asiago e le sue
splendide montagne sono state
per quattro giorni, dal 27 al 30
gennaio, la meta di un gruppo di qua-
rantacinque soci del GEO (Gruppo Età
d’Oro) che coordina i Seniores della
sezione lecchese del CAI.
Non è stata certamente la caren-
za di neve, caratteristica dominante
di questo strano inverno 2015/2016,
a intimidire il gruppo capitanato dal
presidente Marcello Sellari e da Te-
renzio Castelli che, grazie anche al
valido contributo degli alpini di Asia-
go e della guida locale Massimiliano,
ha utilizzato appieno le belle giornate
per calpestare il suolo così sacro per
le vicende e il sangue versato durante
la Prima Guerra Mondiale, narrate con
maestria da Emilio Lussu nel suo ca-
polavoro Un anno sull’altipiano, non-
ché dall’asiaghese Mario Rigoni Stern.
Il primo giorno è stato dedicato alla
visita al maestoso Sacrario Militare,
situato sul colle del Leiten, nei pressi
della cittadina; si tratta di uno dei più
importanti ossari militari, inaugura-
to nel 1936 e dove riposano i resti di
oltre 54mila caduti, di cui ben 33mila
ignoti.
Sotto la guida energica degli alpini
Enzo Biasia e Amerigo Baù della lo-
cale seziona dell’ANA, in fila per tre i
soci del GEO hanno raggiunto l’altare
dove la nostra Pinuccia ha deposto un
mazzo di fiori in memoria delle gio-
vani vite stroncate dall’assurdità della
guerra e dove è stato osservato un
toccante minuto di raccoglimento e di
preghiera.
La successiva tappa è stata il Museo
delle Carceri, dove sono esposte delle
bellissime fotografie dedicate agli anni
della Prima Guerra mondiale e che il-
lustrano momenti di vita quotidiana
delle popolazioni locali, insieme a foto
militari.
Al Verena e al Manderiolo
Poi, favoriti dal bel tempo e con-
dotti dalla guida Massimiliano, sono
iniziate le scarpinate che in due di-
stinte giornate hanno avuto come
meta il Rifugio Verena (2020 m) e il
Monte Manderiolo (2070 m); la fati-
ca è stata ampiamente ripagata dagli
62GEO
di Claudio Santoro
Sul Manderiolo - foto di Claudio Santoro
Il gruppo al Sacrario - foto di Claudio Santoro
nel 1975 partecipa alla spedizione
del CAI nazionale con obiettivo l’in-
violata parete Sud del Lhotse. Il tenta-
tivo, guidato da Riccardo Cassin, si ar-
resta a 1000 metri dalla vetta a causa
di una serie di catastrofiche valanghe;
nel 1976 partecipa alla spedizione
scientifica e alpinistica, organizzata da
Renato Cepparo, nei dintorni dell’arci-
pelago delle Shetland australi;
nel 1983 partecipa alla spedizione
del CAI, sezione di Lecco, che ha per
obiettivo la Cima Est del Lhotse Shar,
respinta a circa 1200 metri dalla vetta
per le condizioni climatiche partico-
larmente avverse;
nel 1985 prende parte, con un grup-
po composto da bergamaschi e lec-
chesi, alla spedizione diretta alle Iso-
le Svalbard, nei territori artici, ai limiti
della banchisa polare;
nel 1986 ricopre il ruolo di capospe-
dizione, conseguendo un altro suc-
cesso, nella conquista del Sarmiento
Nordovest, in Terra del Fuoco, ai con-
fini con la Cordillera di Darwin.
A settembre 2014, di Gigi Alippi, è
uscito il libro “Il profumo delle mie
montagne”, edito da Alpine Studio,
dove sono pubblicati suoi brevi articoli
riguardanti la ricostruzione dei diversi
periodi storici in cui vanno inquadra-
te le sue imprese. Questi racconti ci
consentono di conservare un ricordo
di Gigi Alippi che vale un patrimonio,
un’autentica e preziosa lezione di vita.
Ammalatosi il 14 febbraio scorso, è
morto il 28 marzo all’ospedale di Lec-
co. Resta il vuoto.
Gigi ci ha lasciati, non è più con noi,
mancherà a tutti. Non è riuscito a vin-
cere la partita più dura.
Adesso vogliamo ricordare Gigi così,
nel nostro affettuoso ricordo.
Per questo lo piangiamo e lo rin-
graziamo al tempo stesso, nell’attesa
di rivivere poi con i suoi cari e i suoi
amici, quei momenti che non dimenti-
cheremo mai più e che mai più, senza
di lui, sarà possibile gustare.
Abbiamo avuto più volte Gigi Alippi
al nostro fianco. Ma ci sarà sempre.
In questo profondo e triste mo-
mento siamo vicini con un abbrac-
cio ai figli Moira e Stefano, alla sorella
Ornella. Un abbraccio da parte di tutti
quelli che hanno goduto della stima ed
amicizia di Gigi.
Sentieri e Parole19
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serti di legno, una profusione di og-
getti di grande effetto estetico, belli,
strani, esotici, esercita sui visitatori un
impatto che nell’immediato è soprat-
tutto di tipo emotivo. La curiosità e
l’interesse storico ed antropologico
arrivano in un secondo tempo, e tro-
vano risposta fondamentalmente negli
stessi oggetti, perché l’unico supporto
didattico è costituito da scarne dida-
scalie e da piccoli pannelli esplicativi
appena visibili all’ingresso delle va-
rie sezioni, suggerimenti per conte-
stualizzare i materiali esposti, più che
spiegazioni. E tutto ciò in armonia con
l’idea che Messner pone alla base di
questa realizzazione: “Mi preme ri-
velare un’opera di insieme che nasce
dalla relazione tra il luogo storico, la
situazione geografica e i singoli re-
perti raccolti. I reperti devono comu-
nicare tra loro ed essere in grado di
trasmettere informazioni allo spetta-
tore, senza il bisogno di essere spie-
gati”.
Il percorso espositivo inizia al piano
interrato in uno spazio allestito se-
condo la tradizione della casa rurale
dell’Alto Adige. Uno spazio confina-
to, familiare, statico, lasciato il quale
il visitatore si trova proiettato nella
cultura dei nomadi delle montagne;
qui tende, accessori, manufatti dei
popoli nomadi del Tibet, del Medio
Oriente, della Mongolia vengono ac-
costati in un’associazione ideale alle
attrezzature dei pionieri dell’alpini-
smo, a modo loro anch’essi nomadi.
Le cantine del castello sono invece
il punto di partenza di un fantasti-
co viaggio che si conclude al primo
piano attraverso la cultura dei tanti
popoli residenti nelle zone montuo-
se di tutti i continenti, ciascuno con
le proprie tradizioni e i propri costumi,
documentati da una ricca collezione
di oggetti di uso quotidiano e artistici.
La religione nelle montagne è il tema
del secondo piano, e qui, accanto ai
reperti riguardanti le grandi religioni
dell’Asia e la cultura Inca del Suda-
merica, si possono visitare le stanze
dei principi vescovi, le uniche dove il
castello conserva il suo arredamento
originario.
Se, durante la visita al museo, ci si
sofferma nella sala dedicata alle espo-
sizioni temporanee e alle proiezioni, si
ha l’opportunità di leggere un breve
testo al quale Messner consegna la
propria idea di conservazione della
montagna, un sintetico contributo al
dibattito sul destino delle terre alte,
sempre in bilico fra le opposte tenta-
zioni di rifugiarsi nostalgicamente nel
passato o lanciarsi in modo acritico
verso la modernità: “Si parla spesso
oggi del carattere genuino della cul-
tura di montagna, della sua autentici-
tà e delle sue tradizioni, dalle lontane
aree urbane gli ambientalisti e i pro-
tezionisti mettono in guardia contro
la svendita delle montagne. Ma loro
stessi usano questo paesaggio cultu-
rale come fondale su cui proiettare la
loro concezione di mondo ideale.
Il “ritorno alla natura” nella “ter-
ra natia” viene paragonato alla vita
prima della rivoluzione industriale. Ai
loro occhi le regioni montuose devo-
no rimanere “vere, genuine” “come ai
vecchi tempi”.
Le regioni montuose come musei,
però, non possono sopravvivere. La
cultura di montagna può essere svi-
luppata in maniera slegata dal presen-
te, ma tenendosi solo aggrappata al
passato diventa sterile.”
Nell’incanto della Val Fiscalina Sguardo su Brunico dalla collina del castello - foto di Massimo Di Stefano L’ingresso al castello foto di Massimo Di Stefano
di Sergio PoliComplesso di inferiorità
Ammettiamolo: anche noi lom-
bardi abbiamo un complesso
di inferiorità nei confronti dei
trentini. Quando si vuole portare un
esempio di buona organizzazione, di
senso civico, di uso del territorio nel
rispetto dell’ambiente si cita sempre il
Trentino o l’Alto Adige. E qualche ra-
gione c’è.
Questa differenza rispetto al resto
del Bel Paese si nota soprattutto nelle
valli, nei paesi anche piccoli, che hanno
saputo mantenere una loro identità e
decoro pur vivendo soprattutto, se non
esclusivamente, di turismo. Com’è pos-
sibile questo? Non si tratta di reddito
più alto – la solita questione delle tasse
che rimangono in loco…; si tratta piut-
tosto di cura, di rispetto per il proprio
luogo di vita, cosa questa che c’entra
più con l’educazione che con il reddito.
Qualche anno fa era stata proposta
all’Unesco la candidatura dei vigneti
terrazzati della Valtellina (le “rupi del
vino”) come Patrimonio dell’Umanità;
quei vigneti sono un vero monumen-
to al lavoro, testimonianza tangibile
di come l’ingegno umano ha saputo
utilizzare a proprio vantaggio un am-
biente naturale aspro e difficile. Ebbene,
nonostante l’indubbio valore di quel sito
la candidatura è stata rifiutata… perché
il fondovalle era tutt’altro che preser-
vato. Insomma, sopra nulla da dire, ma
appena sotto era meglio non guardare!
Semplificando un po’, in Trentino la
montagna ha saputo invece vivere del-
le proprie risorse, favorita certo anche
da una Natura generosa – le Dolomiti
ci sono solo lì…- ma senza svendersi
completamente allo sfruttamento turi-
stico.
Una meraviglia alla portata di tutti
Un esempio tangibile di questo uso
oculato e rispettoso della montagna si
trova in una piccola valle laterale della
Valsugana che si chiama Val Sella. Vi si
giunge da Borgo Valsugana prendendo
verso sud e risalendo qualche chilo-
metro lungo una stradina a tornanti
che porta in quota. Di per sé la valle
non ha nulla di particolare, se non offri-
re una certa suggestione storico-am-
bientale: a sud incombono infatti le ri-
pide pareti dell’Ortigara, di Cima Undici,
Cima Dodici e così via, e lì dietro c’è
l’Altopiano di Asiago, tutti nomi legati
alla tragedia della Grande Guerra. Già,
sembra impossibile che quel che oggi
è un bucolico angolo di pace, un secolo
fa sia stato teatro di terribili battaglie.
Davvero, dal fondovalle non se ne ha
nessuna percezione: si vedono solo
prati, boschi e una stradina che sale
ombreggiata dai tigli.
Ma cosa c’è allora di eccezionale da
vedere, per cui vale la pena fare diverse
ore di viaggio per arrivarci? Semplice-
mente, c’è una delle più interessanti e
affascinanti mostre d’arte contempo-
ranea che sia possibile visitare in Italia.
Il percorso si divide in due parti:
prima c’è ArteNatura, a libero acces-
so (cioè gratis…) nel bosco, poi si trova
Malga Costa, a pagamento (5 euro ben
spesi!) poco più avanti. La cosa affa-
scinante è che tutte le opere sono sta-
te fatte dagli artisti con materiali natu-
rali reperiti in loco: legno anzitutto, ma
anche pietra e corde, con pochissimi
fronzoli a “disturbare” la visita. Solo un
piccolo cartellino col nome dell’opera,
dell’autore e l’anno di creazione. Ogni
anno se ne aggiunge qualcuna, mentre
qualche altra viene lasciata… “tornare
alla natura”, cioè decomporsi. Questa
è la filosofia dell’Associazione che ha
creato questa meraviglia, e che con i
suoi volontari ne assicura la sopravvi-
venza.
Lungo la stradina nel bosco , in un
paio di chilometri si trovano sparse una
ventina di opere, e a Malga Costa una
quarantina: una vera cavalcata nell’ar-
te! La maggior parte sono classiche
sculture nel legno, alcune sono geniali
composizioni create intrecciando rami
di nocciolo, altre ancora sono fatte con
elementi geometrici in cui si può anche
entrare… Insomma, un mondo a parte
ma perfettamente integrato nel bosco
in cui sono inserite.
L’opera più famosa, simbolo di Arte
Sella, è la Cattedrale vegetale, creata da
Giuliano Mauri nel 2001: un inseguir-
si di colonne verdi, giovani faggi che
negli anni andranno a sostituire le im-
palcature di legno in cui sono inseriti, e
diverranno una vera “selva”, ma con un
ordine architettonico gotico. Il geniale
Autore (lombardo: era di Lodi) ha poi
replicato questa meraviglia vicino a noi:
alle falde del Pizzo Arera, fra Val Seria-
na e Val Brembana, su un poggio che
domina Zambla e Oltre il Colle, svet-
ta questo piccolo gioiello in crescita.
CAVALCATA NELL’ARTEAlla scoperta del “museo naturale” della Val Sella
20Sentieri e Parole
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poco battuta, i pattinatori fanno un
po’di fatica; un gruppetto sulla via
del ritorno raggiunge il centro di
Dobbiaco percorrendo la pista cicla-
bile con un pallido sole alle spalle.
Alcuni di noi durante i tre giorni
hanno camminato su sentieri inne-
vati godendosi la vita all’aria aperta
in paesaggi incantati.
Durante il viaggio di ritorno ci
fermiamo per due soste degustando
torte e vino.
Arriviamo a Lecco alle ore 20.30.
Questa tre giorni è stata molto
bella: sciate in compagnia, luoghi
montani fantastici, le nevicate final-
mente ci hanno fatto vivere in ritar-
do un po’d’inverno.
Un ringraziamento particolare ai
nostri accompagnatori: Pina (Art Di-
rector), Giovanni, Daniele e Clorindo
che hanno organizzato alla perfe-
zione questa tre giorni, e a tutti noi
sciatori e camminatori.
Alle prossime uscite sulla neve: vi
aspettiamo numerosi.
60Sci di Fondo
lo sorse a breve distanza di tempo la
città di Brunico che al vescovo fon-
datore deve il suo nome. Nel 1825 i
locali del castello vennero ceduti alla
città e a lungo adibiti ad alloggia-
mento per le truppe e a prigione, nel
1969 incominciarono ad ospitare aule
scolastiche. Con le più recenti opere di
ristrutturazione (2009-2011) il ca-
stello è diventato un museo e ospita
attualmente il penultimo dei cinque
musei dedicati da Reinhold Messner
alla montagna.
Si tratta del Museo Ripa la cui mis-
La cittadina di Brunico, cuore della
Val Pusteria, è dominata a sud dal-
la mole imponente del castello fat-
to erigere in cima a una collina nel-
la seconda metà del XIII secolo dal
principe vescovo di Bressanone Bruno
von Kirchberg per proteggere gli ulti-
mi possedimenti della valle rimasti in
mano ai vescovi. Ai piedi del castel-
sione è sintetizzata nel nome: ri-pa
in lingua tibetana significa uomo di
montagna, e il percorso museale vuole
essere un racconto della vita e del-
la cultura dei popoli che abitano le
regioni montane più importanti del
mondo, dalle Alpi all’Himalaya, dalle
Ande all’Africa e all’Oceania.
L’allestimento sottintende una con-
cezione museale diversa da quel-
la a cui siamo abituati: all’interno di
spazi espositivi ottenuti coniugando
in modo sobrio la struttura in pietra
dell’edificio storico con moderni in-
IL CASTELLO DI BRUNICO E IL MESSNER MOUNTAIN MUSEUM RIPA
di Adriana Baruffini
Nell’incanto della Val FiscalinaSe non si ha tempo di andare fino in
Trentino può valer la pena di vedere
almeno questo.
Tornando ad Arte Sella, finita la visita
– che impegna tre ore in tutta calma
– si può tornare a piedi al punto dove
si è lasciata l’auto, chiudendo l’anello
e godendo la pace assoluta di questa
verdissima valle. Prima però c’è un’altra
piccola sorpresa: accanto ad una linda
chiesetta, un pannello ricorda che lì vi-
cino si trova la casa di vacanze di Alci-
de de Gasperi, uno dei padri della no-
stra Repubblica, che sotto il suo “Albero
della Saggezza” veniva a meditare e a
riposarsi dalle fatiche della politica. Non
si sa se davvero l’Albero lo ispirasse
alla giustizia e gli desse lungimiranza,
come suggerisce la targa, ma senz’altro
in questo ambiente così sereno ven-
gono pensieri di pace, di armonia e ci
si ricarica tornando migliori.
Fame di Arte nella Natura
Arte Sella forse è il miglior esem-
pio in Italia di questa congiunzione fra
Arte e Natura, ma anche vicino a noi
stanno fiorendo diverse iniziative simili.
Oltre alla Cattedrale vegetale dell’Are-
ra si possono visitare il Sentiero dello
Spirito del Bosco, nella Foresta regio-
nale Corni di Canzo, e il Sentiero delle
Espressioni nella Foresta regionale Valle
Intelvi, sopra Schignano, entrambi in
provincia di Como.
Il primo sentiero, creato quasi un
decennio fa, viene percorso da una
media di 15.000 visitatori l’anno, mol-
ti dei quali lasciano i loro entusiasti-
ci commenti su un libro-firme a loro
disposizione. Il tracciato è semplice e
può essere perciò percorso da fami-
glie, scuole, bambini che evidentemen-
te lo apprezzano molto; infatti non vi
sono opere concettuali ma sculture di
animali, gnomi, draghi, labirinti di legno,
passerelle, che colpiscono con imme-
diatezza la fantasia dei visitatori. Molte
La Cattedrale Verde sull’Arera
Arte Sella, La Cattedrale VegetaleArte Sella, il sole
Arte Sella - Alveare
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Anche quest’anno attendo
con impazienza la tre gior-
ni: un momento di sport,
svago, lasciando la routine quotidia-
na per vivere nuove avventure con
persone amiche in posti meravigliosi.
La partenza è alle 6 di sabato 27
febbraio, saliamo sull’autobus, autista
signor Giuseppe, ancora un po’as-
sonnati ma contenti di stare insieme,
il viaggio è lungo, dopo una sosta
arriviamo alla prima meta: Val di
Vizze - Loc. Fossa (1450 m).
Iniziamo a sciare divisi in due
gruppi: percorriamo un anello abba-
stanza innevato, il tempo è nuvoloso
ma non nevica.
Alla fine della sciata in compa-
gnia riprendiamo il nostro autobus
per raggiungere l’Hotel Kindertraum
Flotsherhof a Naz - Sciaves, nei
pressi di Bressanone.
Ognuno di noi si reca nella pro-
pria camera, nella parte principale
dell’Hotel o nella dependance, edi-
ficio attiguo recentemente ristrut-
turato.
Dopo un meritato riposino o una
veloce sauna-bagno turco prendia-
mo l’autobus che ci porta a Bres-
sanone: qui qualcuno partecipa alla
messa, altri visitano il duomo e il
chiostro o passeggiano per il bellis-
simo centro.
Alla fine di questo primo giorno ci
attende la meritata cena, tipica del
luogo: zuppa, canederli, gulasch e
frittelle di mele, buon cibo e ben gu-
stato; il dopo cena scorre fra un giro
all’esterno nel meleto, una partita a
carte e chiacchierate varie.
La mattina successiva, dopo la co-
lazione, riprendiamo l’autobus, meta
la Val Fiscalina; durante il percorso
incomincia a nevicare e capiamo
subito che il nostro secondo giorno
di sci sarà sotto la neve.
Arriviamo a Sesto, partiamo dalle
piste e a gruppetti raggiungiamo il
rifugio Fondo Valle (1548 m) in Val
Fiscalina; continua a nevicare, sia
pure in modo lieve, e così ripartia-
mo subito per raggiungere il nostro
autobus. Bella sciata in una valle stu-
penda, con un paesaggio invernale
che ci era mancato finora; a tratti
intravvediamo anche emergere dalle
nuvole qualche cima. La pista prose-
gue per S. Candido, ma la percorre-
remo un’altra volta.
Nel viaggio di ritorno ci fermiamo
a Brunico per visitare il centro e il
castello dominante la città da un’al-
tura boscosa; il tempo migliora, ha
smesso di nevicare.
Ritorniamo in hotel e ci riposiamo
nella zona sauna, questa sera anche
nella piccola vasca idromassaggio
all’esterno; la seconda cena ci at-
tende: zuppa, risotto, carne o pesce,
tanta verdura, gelato e lamponi, piatti
deliziosi e graditi.
Al mattino di lunedì 29 febbraio,
dopo una lauta colazione, preparia-
mo i bagagli e raggiungiamo l’ultima
meta: Lago di Landro.
La neve è fitta ma gli sciatori si
preparano per raggiungere il Pas-
so Cimabanche (1529 m), la pista è
59Sci di Fondo
LA NEVE, FINALMENTEA fine febbraio la tre giorni in Alto Adige
Sommersi dalla neve a Cimabanche
di Giusi Negri
delle opere sono di Sandro Cortinovis,
Maestro bergamasco che ha tenuto a
battesimo il percorso, ma anche qui
ogni anno diversi artisti lasciano opere
nuove, così che il sentiero cambia, cre-
sce e si arricchisce.
Il Sentiero delle Espressioni è sta-
to invece creato da un paio d’anni, e
sta perciò facendo i suoi primi passi.
Si sviluppa fra pascoli e boschi attor-
no all’Alpe Comana, e le sculture sono
tutte opera dei Mascherai di Schigna-
no, il paese intelvese dove si tramanda
la tradizione di scolpire le maschere in
legno. Infatti in questo piccolo borgo si
tiene il più famoso e sentito Carnevale
di tutta la Provincia, ma ora gli artisti
stanno creando qualcosa di ancor più
radicato nel proprio territorio, che ri-
mane tutto l’anno.
A quanto pare sta maturando un
nuovo modo di godere la montagna:
non solo camminandoci sopra ma…
camminandoci dentro, facendosi av-
volgere dall’ambiente e dalla sua “ma-
gia”, senza avere più solo la cima o il
rifugio come meta ma il sentiero stes-
so, il bosco, i prati.
Dai giudizi favorevoli espressi dai
visitatori sembra dunque che oggi ci
sia fame di queste cose: c’è una nuova
sensibilità nei confronti della Natura in
generale, e della Montagna in partico-
lare.
Iniziative come quelle descritte più
sopra possono offrire nuove opportu-
nità di fruizione per chi va in montagna
per turismo, e quindi anche di reddi-
to per chi in montagna ci vive. Senza
necessariamente aprire piste da sci (e
quando non nevica?) o costruire an-
cora, e ancora, e ancora, come nella
nostra Valsassina negli scorsi decenni.
E così magari ci passa il complesso
di inferiorità nei confronti dei trentini…
Sentiero delle Espressioni, una scultura - Foresta regionale Valle Intelvi.Sotto: sentiero Spirito del Bosco, la libellula - Foresta regionale Corni di Calzo
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Andando da Lecco verso
Sondrio, poco prima dell’u-
scita di Abbadia si vede sulla
sinistra, in margine alla superstrada, il
fabbricato tuttora conosciuto come
“la Centrale della Moto Guzzi”, anche
se qualche tempo fa tutto l’impianto
è stato ceduto ad un’altra azienda di
Mandello. La centrale è alimentata da
un invaso di raccolta realizzato all’Alpe
Campelli poco sotto i Piani Resinelli. Il
“laghetto dei Campelli”, come è soli-
tamente chiamato, è abbastanza co-
nosciuto nel lecchese, e non solo, sia
dai frequentatori abituali dei Resinelli,
che dagli escursionisti che vi salgo-
no a piedi da Abbadia Lariana o da
Mandello.
Il bacino è alimentato da un con-
dotto in cemento, che inizia ai Colon-
ghei, dove prende parte dell’acqua del
torrente Zerbo, e raggiunge i Cam-
pelli con un percorso praticamente
pianeggiante di quasi due chilometri.
Alcune piccole vallette sono supera-
te con manufatti in cemento, mentre
il profondo solco della Val dei Ratti è
attraversato con un grosso tubo so-
stenuto da una struttura metallica. Il
condotto è poi tutto coperto da un
migliaio di piastroni in cemento nu-
merati. Dall’invaso dei Campelli una
condotta forzata, completamente ri-
fatta di recente, porta l’acqua, con un
salto di circa 750 metri, al locale delle
turbine della centrale di Abbadia La-
riana.
Va poi detto che, anche se il tran-
sito sul canale è ufficialmente vietato
e appositi cartelli sono stati posti in
loco, alcuni siti su internet segnalano il
condotto come comodo e facile per-
corso escursionistico.
L’impianto di Maggio
Se l’impianto dei Resinelli, che risa-
le agli anni trenta, è abbastanza noto,
molto meno conosciuto è quello re-
alizzato, sempre dalla Moto Guzzi, nel
primo dopoguerra in Valsassina fra
Maggio e Moggio. Per sopperire alle
ridotte forniture di energia elettrica
a seguito delle distruzioni belliche, la
Moto Guzzi, per non limitare la sua
produzione in costante crescita, deci-
se di affiancare a quello dei Resinelli
un altro impianto simile, utilizzando le
acque del bacino di utenza noto come
“Pioverna Orientale”.
Per motivi logistici l’invaso di rac-
colta, più piccolo di quello dei Cam-
pelli, venne ubicato in località Tonalli
di Maggio, all’incirca al centro dei
due condotti di adduzione dell’acqua,
identici come esecuzione al condot-
to Colonghei-Campelli. Il condotto del
lato di Maggio iniziava dalla Val Don-
goli, dove raccoglieva parte dell’acqua
del torrente che scende dall’Alpe De-
sio, e correva tra radi boschi e lungo
il margine superiore di declivi prativi.
Il condotto proveniente da Moggio
iniziava dal Vallone di Artavaggio, su-
perava le valli di Bongio e di Frera e,
passando a monte delle case di Mez-
zacca, proseguiva tra boschi abba-
stanza fitti.
di Annibale Rota
CENTRALE MOTO GUZZIArcheologia industriale tra lago e Valsassina.
Stazione turbineUn particolare del condotto Colonghei-Campelli
16a0550cai-rivista--FB 003-Volta -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]
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TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
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RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
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NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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alle prese d’acqua dei condotti, mentre
il fabbricato delle turbine venne ce-
duto a una ditta locale e attualmente
ospita una segheria, che ha mantenu-
to il colore verde tipico de fabbricati
della Moto Guzzi. Della condotta for-
zata è visibile un pilone di sostegno
in muratura, sormontato da un arco di
cerchio metallico dove appoggiava il
tubo, sul lato destro della provinciale
Balisio-Barzio poco prima del Ponte
della Vittoria..
Sono tuttora esistenti le due co-
struzioni in margine al terreno dove
era ubicato il bacino di raccolta.
Facili escursioni
Decisamente differenti sono le con-
dizioni dei due rami dei condotti. Il
ramo di Maggio è in buone condizioni
e, ripulito nel 2012 da un gruppo di
volontari, è percorribile senza alcun
pericolo fino alla casetta del custode:
un’escursione facile e comoda con
belle viste sulla Grigna e sulla valle
sottostante. E’ poi possibile procedere
con qualche difficoltà per la vegeta-
zione esistente e con molta cautela,
In margine all’invaso di raccolta
vennero costruite la casetta del cu-
stode e la cabina di controllo e di re-
golazione dell’’impianto.
Dal bacino, situato a quota 836 me-
tri una condotta forzata portava l’ac-
qua con un salto di 210 metri al lo-
cale turbine situato in località “la Folla”,
poco a monte del torrente Pioverna.
L’energia elettrica prodotta veniva
portata alla Moto Guzzi da una linea
che saliva ai Piani Resinelli e quindi
scendeva a Mandello.
L’impianto, entrato in funzione nel
dicembre del 1948 dopo circa due
anni dall’inizio dei lavori, è stato poi
dismesso all’inizio degli anni settanta,
quando le forniture “ufficiali” di ener-
gia elettrica erano ritornate alla nor-
malità e risultavano più convenienti
dei costi di gestione dell’impianto val-
sassinese.
La condotta forzata e la linea elet-
trica furono smantellate, unitamente
perché la copertura del condotto è
a tratti inesistente, fino alla vecchia
strada sterrata che da Mezzacca sa-
liva alla Culmine di San Pietro. Andare
oltre è praticamente impossibile, per-
ché il bosco ha inglobato un lungo
tratto del condotto.
Coloro che fossero arrivati fino alla
sterrata, cosa decisamente sconsiglia-
bile con bambini al seguito, possono
scendere a Mezzacca e poi a Moggio,
se con mezzi pubblici, oppure, aven-
do l’auto a Maggio, prendere a sinistra
in discesa in direzione praticamen-
te opposta a quella di arrivo lungo
il condotto. Alla fine della sterrata si
prosegue per un sentiero abbastanza
evidente, che corre in mezzo ai prati
fino a raggiungere una strada asfal-
tata, con la quale si prosegue fino a
Maggio.
Il modo più semplice per raggiun-
gere l’inizio del condotto è quello di
parcheggiare l’auto nei pressi del fab-
bricato, ormai cadente, delle vecchie
“casere” e quindi proseguire lungo la
strada asfaltata, alla fine della quale,
superata una stanga, si imbocca una
sterrata che porta alla Val Dongoli
dove inizia il condotto. Dall’auto circa
20 minuti.
I tempi (comodi) di percorrenza
sono: circa mezzora fino alla casa del
custode; un’altra mezzora per rag-
giungere la sterrata e poco meno di
un’ora per ritornare alla macchina.
Segnalo, come curiosità, che una
società di Sanremo, la SEAM (Società
Energetica Alpi del Mare), ha avanza-
to domanda al Comune di Cremeno
di poter riattivare parte di questo im-
pianto. Sembra però che, almeno per il
momento, non siano previsti possibili
sviluppi.
Le foto sono di Annibale Rota
Sentieri e Parole24
Il bacino dei Campelli
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TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
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RIENTRI: SI NO
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PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
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RIENTRI: SI NO
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PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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QUARANTA VOLTE QUATTROMILAGiancarlo Valsecchi, una vita tra vie nuove sulle Alpi e l’impegno al CAI Lecco
1967
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
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PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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TRENTATRE ANNI INSIEMEL’inverno 2015-2016 del Gruppo sci di fondo escursionismo
Due
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Un’intensa attività alpinistica
“Da lassù dove l’occhio si perde negli
orizzonti di Dio: pensa, ricorda e ama
i profondi ricordi incancellabili, perché
ciò sopra ogni cosa ci è caro: cercare
là in alto; non è la gloria né l’orgoglio,
ma la bellezza e la gioia”. Poche ri-
ghe, scritte di proprio pugno all’inizio
di un grande album dei ricordi, spie-
gano meglio di qualsiasi altra parola
possibile lo spirito che da sempre ha
accompagnato e contraddistinto l’ap-
proccio alla montagna di Giancarlo
Valsecchi, lecchese classe 1936, che
dall’inizio degli anni ’50 e per oltre
quarant’anni ha svolto un’intensa atti-
vità alpinistica, con innumerevoli ripe-
tizioni di itinerari classici lungo tutto
l’arco alpino e altrettante aperture di
vie nuove. Una passione, quella di Val-
secchi per la montagna, che come ha
raccontato lui stesso, arriva da mol-
to lontano: “ho iniziato ad andare in
montagna tra il 1952 e il 1953, insieme
di Matteo Manente
16a0550cai-rivista--FB 004-Volta -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]
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16a0550cai-rivista--FB 004-Volta-Black-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 004-Volta-Cyan-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 004-Volta-Magenta-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 004-Volta-Yellow-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]PLATE: BlackPLATE: CyanPLATE: MagentaPLATE: Yellow
FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
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PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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esempio: la caduta di massi, alberi e/o
fulmini, frane, il mutamento delle con-
dizioni metereologiche, le condizioni
psico-fisiche personali, le cadute o
le scivolate involontarie, la presenza
di malattie e/o patologie anche non
manifeste) non sono mai completa-
mente eliminabili; neppure con una
corretta condotta dei partecipanti e/o
degli organizzatori.
Ogni iscritto alle singole iniziative
e/o escursioni è tenuto prima dell’i-
scrizione e dell’effettiva partecipazio-
ne ad una completa e corretta auto-
valutazione in merito al percorso, alla
quota prevista, alle difficoltà tecniche
e fisiche nonché alle attrezzature ed
all’abbigliamento necessari.
Coloro che intendono partecipare,
sulla base della loro preparazione fi-
sica e tecnica e degli eventuali chia-
rimenti avuti, decideranno di aderire
e di iscriversi o meno all’escursione.
I dislivelli riportati nel programma si
riferiscono alla sola salita e sono cal-
colati sulla base di rilevazioni carto-
grafiche; quindi, una volta sul terreno,
è possibile imbattersi anche in va-
riazioni sensibili. Le ore di cammino
vengono calcolate senza tener conto
delle soste; i tempi di percorrenza e
le difficoltà dichiarate nel program-
ma devono intendersi come indicativi;
gli itinerari descritti potranno essere
modificati sul momento in relazione
alle condizioni metereologiche.
Il programma di ogni escursione con
i relativi orari è esposto nell’albo so-
ciale e riportato sul sito internet della
sezione. Nel programma sono indicate
le difficoltà tecniche e l’attrezzatura
necessaria per la partecipazione all’e-
scursione; chiarimenti possono essere
chiesti ai membri del Gruppo e ai re-
sponsabili di ogni singola gita.
*Commissione Gite Sociali
Liguria: Moneglia – Deiva Marina.
Val Leventina, Ticino orientale, CH: Osco – Anzonico
Liguria: al mare in collaborazione con SEL Lecco
Raduno Sezionale sui Piani di Bobbio, presso il nostro Rifugio Lecco
Monte Baldo
Palla Bianca, 3738 metri, terza montagna più alta del Trentino Alto Adige
L’Anello dei Passit dal San Bernardino nell’alta Valle Mesolcina
Grigioni: Flüela Pass - Schwarzhorn 3146 m montagna delle Alpi dell’Abula nelle Alpi Retiche
In collaborazione con la SEL Lecco Monte Rosa Walser
Passo Lucomagno – Capanna Bovarina – Campo Blenio.
Tradizionale “Castagnata Sociale” presso la nostra Capanna Antonio Stoppani località Costa.
Appennino parmense: Itinerario interessante, in bell’ambiente boschivo.
Il calendario per la stagione 2016
ai
ad alcuni amici; all’inizio
andavamo soprattutto
sulle nostre montagne
della Valsassina, tra la
Grigna e il Resegone.
Poi abbiamo battuto
tanto la Valle Spluga,
allargandoci e stando
in giro in tutte le Alpi.
Personalmente anda-
vo soprattutto per la
passione nei confronti
della montagna e dei
minerali, che mi è sem-
pre piaciuto cercare”.
L’interesse maggiore
di Giancarlo Valsecchi
è sempre stato quello
delle salite alpinistiche
sulle principali vet-
te delle Alpi: fra i tra-
guardi più prestigiosi
raggiunti dal lecchese,
c’è quello di esser sta-
to per quaranta volte
in vetta a montagne
di altezza superiore ai
4000 metri e contare
quasi altre 400 ascen-
sioni su vette che su-
perano i 3000 metri di
altezza. Un palmares di
tutto rispetto, quello di
Valsecchi, che anno-
vera ripetizioni di vie
classiche e aperture
di nuove salite mol-
to impegnative. Tanto
per fare qualche nome,
Valsecchi, quasi sempre
in compagnia di Oscar
Crimella e altri amici
scelti di volta in volta, ha
raggiunto cime quali
Corno dei Tre Signori,
Punta Pedranzini, San Matteo, Ceve-
dale, Cima di Pejo, Monte Pasquale,
Vioz, Palon de la Mare e Monte delle
Rosole nel gruppo dei Forni; ha fatto
la Biancograt al Bernina, la Cresta delle
Rondini e quella del Coston; e ancora
la Cima della Bondasca, le Tredici Cime
sempre in Valfurva, la traversata dal-
lo Stelvio al Piccolo Zebrù, così come
tutte le punte del Monte Rosa, la Cima
di Val Fontana, il Piz Zupò e il Pizzo
d’Argento. E’ salito in vetta al Monte
Bianco e sulla Cima Busazza nel grup-
po della Presanella in occasione del
trentennale dell’U.G.E., così come tante
altre ascensioni effettuate nei gruppi
del Brenta, del Bianco e dell’Adamello.
“L’unico rimpianto – ammette Valsec-
chi – è stato non essere riuscito a fare
anche il Cervino finché ho potuto an-
dare in montagna”; un rammarico che
però scompare quasi subito di fronte
alla lunga serie di prime ascensioni ef-
fettuate lungo tutto l’arco alpino e in
special modo nel gruppo del Ghiac-
ciaio dei Forni, in Alta Valfurva.
Tutte le “prime”
“Ho girato tutte le Alpi – racconta
ancora Valsecchi, quando lo abbiamo
incontrato a casa sua – e in linea di
massima in tutte le Alpi ho fatto qua-
ranta volte delle cime sopra i 4000
metri, oltre a 360 salite oltre i 3000
metri”. La scelta di quali vette salire
per Valsecchi non avveniva assoluta-
mente in modo casuale: “prima di an-
dare a fare una cima, c’era un attento
lavoro di ricerca e poi, tempo permet-
tendo, individuato l’obiettivo andava-
mo e via”.
Tra le principali prime ascensioni
effettuate con successo da Giancarlo
Valsecchi e compagni, ecco riaffiorare
dall’album dei ricordi la parete nord-
est della Cima Busazza (28 luglio 1985),
1958-Giancarlo, al centro, sulla vedretta del Rosole, gruppo Ortles-CevedaleSotto: 1986- Sulla parete nord-est del Corno dei Tre Signori
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RIENTRI: SI NO
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NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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I monti sono maestri muti e fanno
discepoli silenziosi (Goethe).
Lo scopo della Commissione
Gruppo Gite Sociali è creare,
mantenere la fiducia tra i soci e
valorizzare lo spirito con il quale si va
in montagna per godere, in gruppo e
in amicizia, delle meraviglie che la na-
tura ci concede, ma solo a coloro che
hanno occhi attenti e sensibili. E a noi
del gruppo escursioni la sensibilità non
manca. Dobbiamo gradualmente ri-
conquistare la frequentazione dei soci,
non tralasciando di promuovere l’in-
teresse per la pratica escursionistica
trasferendola anche a persone esterne
alla sezione.
La preoccupazione per la respon-
sabilità di accompagnare un gruppo
c’è sempre. Ma tutto svanisce in fretta
quando ti accorgi che tra gli amici con
i quali cammini c’è consenso e sod-
disfazione per l’escursione proposta.
Lo spirito di gruppo che si crea, infatti,
l’accertata disponibilità di tutti ad as-
sicurare ogni supporto eventualmen-
te necessario al capo gruppo ed agli
amici di percorso, la gioia della condi-
visione dei luoghi, il pasto consuma-
to, magari anche frugalmente, i sorrisi,
costituiscono carburante prodigioso
che sa animare e rigenerare l’animo.
Il Gruppo escursionisti intende ri-
volgersi a soci con capacità diverse,
proponendo programmi ed attività in
grado di soddisfare e coinvolgere an-
che i più esigenti. L’attenzione viene
riposta a coloro che amano macina-
re ore e ore di cammino, ma anche a
coloro che non possono camminare a
lungo; a quelli che considerano i disli-
velli primizie da divorare con avidità,
come a quelli che guardano con so-
spetto una salita o una serie di gra-
dini che inopinatamente si presenta-
no lungo la mulattiera; a coloro che
programmano arrampicate attrezza-
te e il cui obiettivo sono le vette e i
4000, come a quelli che desiderano
trascorrere una giornata all’aria aperta
percorrendo sentieri a strapiombo sul
mare attraversando vigneti nobili, uli-
veti pregiati, la macchia mediterranea.
L’intento è di soddisfare quanti più
soci possibile cercando di aderire alle
diverse esigenze di tutti, anche i meno
esperti, fornendo a tutti la possibilità di
appassionarsi alla montagna con per-
corsi alternativi e adatti anche a colo-
ro che si vogliono avvicinare gradual-
mente all’escursionismo. Lo sforzo è
teso al coinvolgimento di una diffusa
base di soci che non trova collocazio-
ne nei gruppi specialistici della sezione,
per ragioni diverse. Gruppi che obiet-
tivamente costituiscono le eccellenze
della sezione ma che anche, per la loro
specificità, richiedono risorse fisiche o
forti motivazioni proprie o comunque
peculiarità molto marcate.
Condividere l’esperienza
Non dimentichiamo che la no-
stra sezione è profondamente legata
all’escursionismo, ad una pratica della
montagna e del territorio non “indivi-
duale” ma di ambito associativo. Cam-
minare insieme non è solo un vuoto
slogan, ma è un profondo convinci-
mento. Camminare insieme significa
“condividere” un’esperienza che coin-
volge i nostri sensi profondamente e
che, proprio attraverso questa con-
divisione, assume un valore sociale e
umano di massimo livello: condividere
le fatiche, la visione di splendidi pae-
saggi, i profumi della natura e il silen-
zio delle vette!
Sono sensazioni che l’associazioni-
smo può “moltiplicare” e consolidare.
La maggior parte delle gite vie-
ne organizzata, tenendo conto dello
spirito di condivisione associativa del
CAI e della comodità logistica, con
l’utilizzo dell’autobus, con partenza dal
Piazzale Eurospin – Galli Ezio – tra Via
Caduti Lecchesi a Fossoli e Via Be-
sonda Inferiore.
Alle escursioni possono partecipare
anche non soci, previa comunicazione
dei propri dati anagrafici, ai fini della
copertura assicurativa, entro il venerdì
precedente l’effettuazione della gita.
Il ritrovo per la partenza avviene
con qualsiasi tempo, salvo comuni-
cazione contraria agli iscritti. I tra-
sferimenti verranno iniziati con un
ritardo massimo di 15 minuti rispetto
agli orari prestabiliti qualunque sia il
numero dei partecipanti presenti. Per
tutte le escursioni il pranzo è al sacco,
salva diversa comunicazione all’atto
dell’iscrizione.
La Commissione inoltre vuole ricor-
dare che:
La frequentazione dell’ambiente
montano e/o naturale è per se stes-
sa potenzialmente pericolosa. I rischi
che ne derivano, di natura oggettiva
e/o soggettiva (quali a solo titolo di 52
Escursionismo
CAMMINARE INSIEMEI dodici appuntamenti con le gite sociali
di Giuseppe Ferrario*
la parete nord-est del Corno dei Tre
Signori (28 giugno 1986), la sud-ovest
della Punta di Pejo (5 luglio 1987), la
parete ovest del San Matteo (24 lu-
glio 1988), lo spigolo est della Punta
Pedranzini (14 agosto 1988), lo spe-
rone nord-ovest del Monte Pasquale
(2 luglio 1989), la nord-ovest alla Cima
Villacorna (29 agosto 1990), la parete
nord-ovest del Monte Rosole, la via di
sinistra sulla parete nord dell’Aiguille
de Trélatete (3 luglio 1994), la nord-
ovest del Palon de la Mare (26 giu-
gno 1999) e la via diretta sulla parete
nord-ovest del Monte Sissone (17
giugno 2000). Un elenco importante
per qualità e quantità delle ascensioni
compiute, che ben riflette il carattere e
lo spirito con cui Valsecchi ha sempre
affrontato la sfida con la montagna:
“era sempre in casa – ironizza con
un sottile sorriso la moglie – soffriva
davvero a stare fermo al chiuso!”.
Scrittore di montagna
Un amore, quello per le cime, che
Valsecchi ha riversato anche nella
scrittura di parecchi articoli, pubblicati
sia sul notiziario del CAI Lecco, sia su
quello della S.E.L.: “mi è sempre pia-
ciuto scrivere, mi sentivo un po’ come
uno scrittore di montagna; la passione
per la scrittura è derivata soprattut-
to dalla lettura delle guide alpinistiche.
Quello che mi piaceva trasmettere con
la scrittura, oltre ai dati tecnici delle
varie salite, erano le sensazioni prova-
te in montagna, l’insieme delle impres-
sioni che ti lascia ogni volta la mon-
tagna”. Ecco, a testimonianza di tutto
questo, un breve passaggio scritto nel
1965 da Giancarlo Valsecchi che ben
rappresenta il suo modo di scrivere
e di vedere l’amicizia che si instaura
tra gli escursionisti: “...chi è stato una
volta amico in montagna lo resta per
sempre. In molte ascensioni percor-
se assieme, ci si conosce il cuore: le
qualità dei sentimenti di ognuno di
noi, sino alle cavità più profonde. As-
sieme si sceglie l’itinerario con l’ansia
di nuove mete; una via, un modo di
salire arrampicandosi, e a difendersi
dall’imprevisto. E tutto questo sotto
l’occhio di Dio, in una tensione di so-
lidarietà con la quale ci si crea la più
29L’intervista
1962-Sulla Piramide Vincent, gruppo del Monte Rosa
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Torna anche per quest’anno la
gita sociale con meta alpinistica,
in collaborazione con il Corso di
Perfezionamento dell’Alpinismo Giova-
nile.
Dopo alcuni anni sulle principali vet-
te della Alpi occidentali ed una puntata
al Gruppo del Bernina, la scelta per la
gita del 2016 è caduta sulla Palla Bian-
ca (3.738 mt.), la cima più alta delle Alpi
Venoste, al confine con l’Austria. Da tutti
i suoi versanti partono immensi ghiac-
ciai e la sua forma arrotondata è all’ori-
gine del suo nome.
L’escursione si terrà il 2 ed il 3 lu-
glio, con partenza da Melago (Bz) in
Vallelunga, che i partecipanti raggiun-
geranno con le proprie auto, e per-
nottamento con trattamento di mezza
pensione presso il Rifugio Pio X (2.542
mt.). La via di salita sarà la normale dal
versante ovest per la Vedretta del Val-
lunga e la Sella della Palla Bianca, le cui
caratteristiche non presentano partico-
lari difficoltà tecniche, pur richiedendo il
possesso di capacità nella progressione
su ghiacciaio e su cresta sia nevosa che
rocciosa.
Come di consueto, l’attività sarà ri-
servata ad un numero massimo di 15
partecipanti per consentire la corretta
formazione delle cordate e sarà aper-
ta ai soci in possesso dell’attrezzatura
necessaria alla progressione su ghiac-
ciaio (imbrago, ramponi e piccozza), in
buona forma fisica e con comprovata
esperienza alpinistica su ghiacciaio.
L’iscrizione potrà essere effettuata
contattando la segreteria sezionale sino
ad esaurimento dei posti ed è sogget-
ta a conferma da parte dei responsabili
dell’attività.
OBIETTIVO PALLA BIANCASulle Alpi Venoste la gita sociale 2016 con meta alpinistica
La Palla Bianca, 3738 m, nelle Alpi Venoste
di Andrea Spreafico
passione che ho sempre avuto, ero un
incosciente cercatore di minerali, per-
ché andavo sempre in giro da solo e la
mia meta privilegiata era la Valmalen-
co. Però avevo un buon orientamen-
to e tornavo sempre integro”. Quanto
alle miniere, “sono entrato in tutte le
principali miniere del nostro territo-
rio, soprattutto quelle ai Resinelli, e ho
accompagnato dentro tutti i ragazzi
dell’alpinismo giovanile e delle scuole,
prima ancora che ci fosse l’illumina-
zione e che fossero tutte sistemate
come adesso”.
vera e degna amicizia...”.
Miniere e minerali
Esperto soprattutto di ghiaccio e
misto, anche se in caso di bisogno
era un buon arrampicatore, ha pra-
ticato per diversi anni anche lo sci-
alpinismo: “Ne ho fatto tanto di scial-
pinismo, spesso insieme a Roberto
Longhi e altri pionieri della specialità”.
Sempre in ambito montano, Giancarlo
Valsecchi si è dedicato alla ricerca dei
minerali, oltre che all’individuazione e
perlustrazione delle principali miniere
dislocate nel lecchese, specialmente in
Valsassina: “quella dei minerali è una
L’impegno in sezione
Infine, a completare il profilo di un
uomo che per tanti anni s’è dedicato
in modo profondo alla montagna, non
poteva mancare l’impegno sezionale
presso il CAI Lecco: un impegno pri-
ma come consigliere sezionale duran-
te gli anni della presidenza di Annibale
Rota, poi come responsabile delle gite
sociali tra il 1986 e il 2001: “Per se-
dici anni ho partecipato attivamente
alle gite sociali del CAI, con parec-
chie belle escursioni; ne ricordo con
piacere diverse effettuate nel gruppo
del Brenta, ma anche alla Presanella, in
Adamello o alla Pietra di Bismantova.
1961-Dal pizzo Canciano la cima di Val Fontana e il Pizzo Scalino
1959-In vetta al pizzo Bernina1963-In vetta alla Punta Zumstein, gruppo del Monte Rosa. 1997-Gita sociale all’Adamello.
1961-Sulla cresta est del pizzo Scalino
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Il clima di quelle gite, più di duecento
in tanti anni, era molto bello e alle-
gro: anche se diluviava, ci si trovava
comunque tutti al punto di partenza,
poi si decideva cosa fare. Non bisogna
demoralizzare le persone in partenza
e infatti non siamo mai tornati indietro
una volta: al massimo, se il tempo era
troppo brutto, si finiva con le gambe
sotto al tavolo di un rifugio o di un
ristorante”. Quella delle gite sociali è
stata per Giancarlo Valsecchi un’espe-
rienza davvero importante e non è un
caso se quando ne parla gli occhi gli
si illuminano di una luce diversa: il suo
ruolo nella programmazione e nell’or-
ganizzazione di queste uscite sezio-
nali è stato particolarmente rilevante,
dal momento che ne è stato ideatore
e organizzatore per una quindicina
d’anni; anni decisivi, in cui anche Val-
secchi ha contribuito a portare questa
attività a un livello piuttosto alto per
qualità e impegno, unendo alla bellez-
za delle uscite proposte la creazione
di uno “zoccolo duro” di partecipanti
sempre presenti e disposti a seguirlo
ovunque – anche con condizioni me-
teo non eccellenti, come ha racconta-
to lui stesso – in un clima di festosa
amicizia e reciproca stima.
“Delizia dei forti e dei sognatori”
Una vita per la montagna, insomma,
che alla soglia degli ottant’anni val la
pena di ricordare e ripercorrere: l’al-
bum dei ricordi di Giancarlo Valsec-
chi è vastissimo, la copertina rossa
racchiude centinaia di fotografie che
a loro volta celano storie di uomi-
ni e montagne, emozioni riassumibili
ancora una volta con le parole che lo
stesso Giancarlo ha scritto in apertura
del proprio diario personale: “Bianchi
deserti ondulanti di neve: silenzi e so-
litudini, immenso stupore della Natura!
Delizia dei forti e dei sognatori”.
Foto Archivio Giancarlo Valsecchi
Giancarlo Valsecchi in un’immagine recente1999-Giancarlo cercatore di minerali sotto la cima di Corna Rossa
1997-Sul ghiacciaio dei Forni1997-Gita sociale all’Adamello.
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
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LEGATORIA
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LA “MONTAGNA IMPOSSIBILE”Scalare il Cerro Torre resta una sfida pura tra l’uomo e una delle più belle vette della Terra
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PIEGA A: 16°
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INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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“Per un essere umano il Tor-
re può sembrare il simbolo
dell’inaccessibile, ma per
chiunque si senta in grado di affron-
tarlo rappresenta una sfida” Marco
Pedrini dal Film “Cumbre”, 1986
Avendo già parlato e scritto molto
della salita della via dei Ragni al Fitz
Roy, in questo articolo ho deciso, in
seguito alla salita del Cerro Torre per
di Matteo Della Bordella
lo spigolo Sud-Est - ovvero la via
del Compressore - insieme a Silvan
Schupbach, di raccogliere un po’ di
fatti e riflessioni personali su questa
via e su questa mitica montagna.
Il Cerro Torre è stata definita, da
molti alpinisti e appassionati, la mon-
tagna - o una delle montagne - più
difficili da salire al mondo, in quanto
non offre una via “normale” di salita
con difficoltà tecniche contenute, ma,
da qualsiasi lato la si affronti, ogni linea
di salita è difficile, spesso verticale o
strapiombante, su roccia e su ghiac-
cio e presenta difficoltà tecniche ele-
vate e continue, sempre ovviamente,
nel severo ambiente patagonico, dove
meteo e condizioni spesso mettono i
bastoni tra le ruote.
Sul Cerro Torre sono stati scritti
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TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
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INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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innumerevoli libri, sono stati fatti pa-
recchi film, si è parlato, si è discus-
so per decine e decine di anni, tutti
conoscono la sua storia: da Maestri a
Lama, passando per i Ragni di Lecco,
Salvaterra, Orlandi, gli Sloveni, Kenne-
dy e Kruk e tanti altri ancora. “Il gri-
do di pietra”, quella che fu definita la
“montagna impossibile”.
Ma cosa significa davvero nel 2016
scalare il Cerro Torre?
Le vie del Torre non sono infinite
Un primo dato di fatto è che anche
oggi nel 2016, mentre per esempio
sul Monte Fitz Roy ci sono una qua-
rantina di vie, sul Cerro Torre le vie si
contano sulle dita di due mani, e tra
di esse quelle che arrivano in cima e
hanno avuto almeno una ripetizione si
contano sulle dita di una mano.
Questo vuol dire che effettivamen-
te, questa montagna, anche con l’at-
trezzatura odierna non offre poi mol-
te possibilità di salita, anche nel 2016
da qualunque lato la si affronti resta
senza dubbio una delle montagne più
difficili del mondo da scalare.
Ci sono fondamentalmente due vie
“preferenziali” (con possibili varianti) e
una terza via per lo più indipendente,
salita assai di rado, tutte le altre vie
non contano ripetizioni.
Fino all’anno 2012 la via preferen-
ziale di salita del Cerro Torre era per lo
spigolo Sud Est, lunga la via del Com-
pressore, aperta nel 1970 da Cesare
Maestri e completata a tutti gli effetti
fino in cima da Jim Bridwell nel 1979.
Il motivo della popolarità di questa
via era, oltre all’eleganza e alla logici-
tà della linea di salita, la gran quanti-
tà di chiodi a pressione presenti, che
permetteva di superare in artificiale i
tratti più difficili, permetteva di salire
anche con la parete in condizioni non
perfette, consentiva una progressione
veloce e una ritirata relativamente ve-
loce. Insomma, pur trovandosi in Pata-
gonia e pur trovandosi sul Cerro Torre,
le file di chiodi senza dubbio addol-
civano un poco il carattere severo di
questa montagna e semplificavano la
vita ai molti ripetitori.
In seguito alla schiodatura della
via nel 2012 da parte degli ameri-
cani Kennedy e Kruk, non sono stati
poi molti quelli che hanno provato ad
avventurarsi su questa via negli anni
a seguire: i chiodi da tirare non c’era-
no più e lo spigolo Sud-Est del Cerro
Torre tornava ad essere avvolto da
quell’alone di mistero.
L’anno successivo, nel 2013, la via
aperta dai Ragni di Lecco nel 1974,
che affronta la parete Ovest del Cer-
ro Torre, le cui ripetizioni fino a quel
momento (in quasi 40 anni) erano
decisamente sporadiche, venne salita
da circa una cinquantina di cordate
(in realtà il conteggio preciso è sta-
to perso) e si affermò a pieno titolo
come la via “preferenziale” per salire
il Cerro Torre. Un titolo che venne poi
confermato dalle numerose ripetizioni
nei quattro anni successivi.34
Alpinismo e arrampicata
Al Campo Norvegesi, Silvan Schupbach cena la sera prima della salita - foto Matteo Della Bordella
La headwall del Cerro Torre, con evidenziati gli scalatori Matteo Della Bordella e Silvan Schupbach - foto Elio Orlandi
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
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NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
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LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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Cevedale, Gran Zebrù, Piz Palù,
Monte Rosa, scandiscono le amma-
lianti sci-alpinistiche nei fine setti-
mana; chilometri e dislivelli peda-
lando su sterrati e non solo danno
ritmo al dopo lavoro in settimana:
con questo elettrizzante brio la par-
tenza per l’Himalaya arriva.
La meta è il distretto del Ladakh,
estremo nord ovest dell’India, al con-
fine con Cina, Pakistan, Kashmir, re-
gione in cui confluiscono i sogni al-
pinistici del globo terracqueo poiché
lassù la catena dell’Himalaya cede il
passo alle altezze del Karakorum. Il
30 giugno sono in volo verso l’o-
riente io sola con la mia bici impac-
chettata nella stiva, e il primo luglio,
sorvolando l’Himalaya, energia pura
attraversa corpo e mente rapita da
quell’immensità bianca sotto di me.
Atterro a Leh, capitale del Ladakh, e
siamo già a 3600 m di quota: for-
tunatamente io non ne soffro, ma tra
gli altri partecipanti all’evento c’è chi
ha subito i “balordoni” non facili da
sbaragliare.
I tre giorni successivi son d’obbli-
go per l’acclimatamento e con la bici
si sale e scende su strade che in un
amen ti portano a lambire i 5000 m:
un antipasto di quel che ci attende
che mette un appetito da coccodril-
lo, perché a farla da padrone non è
affatto la fatica, ma il particolare fa-
scino dei luoghi di cui attendo solo
di fare una grande abbuffata.
La sintonia con gli altri partecipanti
- atleti ed organizzatori - è imme-
diata, calda: chi ha obiettivi di vittoria
e chi invece se la vive light, macchina
fotografica pronta a immortalare at-
timi di infinito, ma tutti convinti della
propria fortuna sfacciata d’essere lì
dove siamo a fare ciò che facciamo.
Partita da quota 3500 m, Stefania ha finalmente raggiunto il Khardung La, il valico più alto del mondo, 5602 m, nella cronoscalata finale
Il cartello all’inizio del Khardung La avvisa che si tratta della strada carroz-zabile più alta del mondo
Incontri himalayani. Guado non pericoloso, anzi divertente
Accanto ad esse, la tanto discussa
parete Nord, con l’ipotetica via trac-
ciata da Maestri ed Egger nel 1959 e
la salita di Garibotti, Salvaterra e Bel-
trami nel 2005. Una parete ed una li-
nea ambite da molti, ma sulle quali in
pochi sono riusciti a mettere le mani
ed ancora meno sono quelli che sono
riusciti ad arrivare fino in cima al Cer-
ro Torre passando da lì.
Per me la scelta tra queste vie era
chiara: non sono un grande aman-
te del ghiaccio e salire per la pare-
te Ovest dalla via dei Ragni non mi è
mai interessato, tanto più che dopo le
numerose ripetizioni avevo visto foto,
sentito racconti, e sentito tutti parlare
di questa salita. E’ una grande via, non
fraintendiamoci, semplicemente non
era quella che volevo fare, sapevo che
personalmente fare una salita così, con
qualcuno più forte di me su ghiaccio
davanti, non mi avrebbe dato gran-
de soddisfazione e non sarebbe stata
una grande avventura. Ecco perché
quando l’anno scorso i miei compa-
gni andarono alla Ovest del Torre io
rinunciai.
La via del Compressore
Dentro di me sapevo di voler salire
questa montagna e volevo farlo se-
guendo il mio stile e la mia filosofia
di scalare le montagne, o dalla famo-
sa via del Compressore o dalla mitica
parete Nord. Dentro di me ero anche
fiducioso del fatto che prima o poi
il momento di tentare una di queste
due vie e salire il Torre sarebbe arri-
vato, dovevo solo aspettare (e ormai
la Patagonia mi ha abituato abbastanza
bene a questo).
La via del Compressore, è proprio
grazie alla schiodatura di Kennedy e
Kruk, che ha acquisito interesse per
me. Prima, non mi sarebbe mai inte-
ressato fare questa via, tirandomi su
da un chiodo all’altro. Semplicemente
non sarebbe stata una cosa naturale,
per me non è un modo naturale di
andare in montagna quello di tirare
una fila di chiodi già in posto, sarebbe
stata una sfida impari su un montagna
che seppur sempre severa e diffici-
le era stata addomesticata dall’uomo,
una cosa poco interessante. Ora, in-
vece, dopo il 2012, avevo la possibilità
di provare a scalare questa montagna
così come madre natura l’aveva creata,
una sfida ad armi pari, “by fair means”.
Si può discutere quanto si vuole sulla
schiodatura, io non voglio dire né che
sia stato giusta né sbagliata. Esiste un
giusto e uno sbagliato? Non lo so. Chi
sono io per giudicare?!
Io mi limito in questo articolo a ri-
portare i dati di fatto dicendo che per
me, mentre prima era una via total-
mente priva di interesse, ora è una
delle linee più attraenti al mondo. Altri
alpinisti sicuramente la penseranno in
modo diverso e rispetto i loro senti-
menti e le loro posizioni.
Ma cosa significa davvero nel 2016
salire questa via? Innanzi tutto biso-
gna fare la premessa, che spesso vie-
ne dimenticata o data per scontata
che comunque ogni salita in Patagonia
(anche quelle sulla carta più facili), ed
Silvan Schupbach sui primi tiri della via del Compressore - foto Matteo Della Bordella
La headwall del Cerro Torre, con evidenziati gli scalatori Matteo Della Bordella e Silvan Schupbach - foto Elio Orlandi
Della Bordella, al risveglio, dopo un comodo bivacco nella zona delle Tor-rette - foto S. Schupbach
35Alpinismo e arrampicata
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NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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45Escursionismo
L’amico Mimmo: “Steppina mi
è arrivata una mail dal nostro
gruppo podistico, ma parla di
una gara a tappe in mountain bike:
te la giro”.
Steppina: “Grazie Mimmo, do un
occhio!”
Himalayan Highest Mountainbike
Race: la gara a tappe in MTB più alta
al mondo
USTI! Si va. Su queste cose ho la
fortuna di poter non “sdondinare”
ma dire decisa “ci sarò” e due giorni
dopo sono iscritta. Mancano sei mesi
a questa competizione in Himalaya
che sarà a luglio, ma immediata parte
la preparazione e inizia la frizzante
avventura.
Chi mi conosce sa che sono in al-
lenamento every day, non ci sono
giornate di ozio fisico durante l’an-
no (a meno che non sia fratturata...
sigh!): bici, corsa, sci d’alpinismo e di
fondo, nuoto, un po’ di canoa, alpini-
smo. Non c’è stagione in cui modero
il movimento. Ma se nel mirino entra
una gara a tappe in MTB e se questa
si disputa sull’Himalaya fino a quota
5600, l’euforia scatta a manetta e le
pedalate partono a raffica: quando
sai bene dove andare, cammini drit-
to. Spalle larghe, polmoni aperti, ogni
sforzo convogliato in quell’unica di-
rezione e l’energia diventa atomica
polverizzando ogni dubbio.
Ho la fortuna di abitare a Lec-
co abbracciata dai monti, affacciata
sul lago quindi con un aitante “su e
giù per le montagne, di qua e di là
si sente, la bici allegramente” son già
nel cuore pulsante dell’esperienza
per allenarmi a pedalare 6 giorni alle
quote più alte del mondo per cen-
to km al giorno. E’ ancora inverno
quando mi iscrivo alla gara: niente di
meglio perché il training alla quota
non me lo faccio sulla ciclabile lun-
go-lago. Ho bisogno di altitudine e
non c’è esercizio migliore che salire
in alta montagna, pelli di foca sotto
gli sci, immersi nel silenzio, lontano
da qualunque impianto per giungere
in cima e tracciare scodinzoli polve-
rosi in cotonate discese.
Stefania felice all’arrivo della prima tappa, 108 Km lungo l’Indo a 4700 m di quota, con alle spalle le vette himalayane
HIMALAYA IN MOUNTAINBIKESu fino a 5600 m, la gara a tappe più “alta” al mondo
di Stefania Valsecchi
ancora di più sul Cerro Torre, è una
grande salita - sembra banale dirlo,
ma chi ha scalato queste montagne sa
perfettamente cosa intendo - e che le
condizioni della parete possono cam-
biare e rivoluzionare in modo drastico,
difficoltà, sensazioni e percezioni che
noi alpinisti andiamo ad affrontare.
Tra le tante vie della Patagonia, si-
curamente lo spigolo Sud Est del Tor-
re è una di quelle in cui le condizioni
giuste fanno una differenza abissa-
le. Prendiamo la Headwall: se la trovi
ghiacciata e piena di neve penso sia
semplicemente impossibile salirla, se la
trovi un po’ bagnata – come la abbia-
mo trovata noi - è impegnativa ma si
fa, se la trovi asciutta penso sia ancora
un’altra cosa.
Parliamo sempre della Headwall:
quando ci arrivi davanti ti trovi di fron-
te una piastra di roccia perfettamente
verticale, di qualità piuttosto mediocre,
piena di lame staccate e traballanti, un
oceano di roccia che non lascia tra-
pelare grandi indizi su dove sia me-
glio passare. Anche qui se sei il primo,
come Kennedy e Kruk o come Lama,
ti metti veramente in gioco, a ogni
passo non hai idea di dove andrai a
finire e se si potrà andare avanti o ti
stai infilando in un vicolo cieco; se sei
il secondo o il terzo – come noi – hai
già un enorme vantaggio: sai che “di
là si passa”, sai per lo meno che salire
“è possibile”, anche se nel nostro caso,
oltre alla relazione non avevamo tante
altre informazioni; più aumentano le
ripetizioni e più chiaramente la salita
diventa “più facile”, chi è venuto dopo
di noi non solo sapeva che era possi-
bile, ma aveva avuto da noi informa-
zioni su dove dormire, sul materiale da
usare, su dove andare nei punti più in-
gannevoli e magari aveva anche visto
qualche segno della nostra magnesite
sugli appigli…
Insomma, si potrebbe parlare per
ore delle condizioni, delle vie e della
storia di questo monolite di granito.
Ma secondo me alla fine la verità
ancora oggi, nel 2016, sta in quel-
la frase di Marco Pedrini di 30 anni
fa: “Per un essere umano il Torre può
sembrare il simbolo dell’inaccessibile,
ma per chiunque si senta in grado di
affrontarlo rappresenta una sfida”.
Una sfida che ogni alpinista può
vivere a suo modo e secondo il
suo stile. Una sfida non più al limite
dell’impossibile o ai limiti dell’alpini-
smo mondiale. Ma pur sempre una
sfida pura, tra l’uomo e una delle
montagne più belle che la madre Ter-
ra ci ha donato.
36Alpinismo e arrampicata
Silvan e Matteo in cima al Cerro Torre - foto Matteo Della Bordella
16a0550cai-rivista--5/16°-""FOGLIO STAMPA FB 005""---2016-06-01T14:11:33+02:00
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PRESTAMPA
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ore ed ore per 80 giorni senza pau-
se e così ha viaggiato anche la mia
mente.
Con queste righe, invece, non pos-
so far altro che confermare quello che
penso da tempo, che la vera natura
dell’uomo è quella del cammino, la sua
dimensione più consona è il cammi-
nare, l’uomo si è evoluto per cammi-
nare e il camminare ha fatto evolvere
l’uomo.
E questa dimensione del camminare
è il modo migliore, il più vero e più di-
retto per osservare, conoscere, entra-
re in contatto ed in sintonia con tutto
ciò che ci circonda.
E’ così che mi sono sentito dopo
una settimana. Non ero più solo un
osservatore, un contemplatore, ma
una parte integrante dell’ambiente in
cui ero immerso e in cui mi muovevo.
Non è possibile riassumere in bre-
ve ciò che ho visto in un’estate at-
traverso le Alpi. Un mondo magico ed
unico dal punto di vista ambientale e
paesaggistico, ma questo è risaputo,
le Alpi sono tutte belle, bellissime. Gli
scenari sempre diversi, ma con delle
caratteristiche simili ed elementi co-
muni che si possono ritrovare lungo
tutto l’arco alpino, tolgono il fiato. Im-
magini che stupiscono, emozionano.
E poi ci sarebbe ancora da rac-
contare un altro mondo, quello degli
incontri con le “genti” delle Alpi e le
esperienze, le piccole avventure, i di-
sagi, il tempo purtroppo non troppo
benevolo in quella piovosa estate e
anche qualche piccolo pericolo e le
preoccupazioni. Concludendo posso
dire che il mio cammino è cominciato
dal mare ed è terminato al mare. Un
po’ come le Alpi stesse che, originatesi
dall’acqua emergendo una novantina
di milioni di anni fa dal mar Piemon-
tese-Ligure hanno l’inevitabile destino
di finire in mare soggette alla lenta ed
inesorabile erosione.
Un cammino che, come il giorno,
nasce a oriente e finisce ad occidente,
così è stata la mia “grande avventura”,
“la mia esperienza indimenticabile”, “il
mio viaggio della vita”.
44Escursionismo
In senso orario: ghiacciai della Valle d’Aosta; suggerimenti da un locale; pernottamenti a molte stelle; uno dei 1000 laghi incontrati lungo il cammino
SABBIA VERTICALEQuattro nuove vie in Etiopia, terra dalle buone potenzialità alpinistiche
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Quando si pensa all’arrampi-
cata in Africa la prima cosa
che viene in mente sono il
Kilimanjaro, il monte Kenya oppure
i blocchi di Rocklands, di sicuro non
di Matteo Colico
sarà mai l’Etiopia. Tuttavia negli ulti-
mi anni questo paese si è creato la
reputazione di destinazione dal gran
potenziale alpinistico grazie alla pub-
blicazione della prima guida di scalata,
nonché per le recenti ascensioni fatte
da alcuni alpinisti europei.
Con qualche riserva su quanto ef-
fettivamente saremmo riusciti a sca-
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
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LEGATORIA
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43Escursionismo
anzi, ma non potevo rinunciare ad un
GPS che disegnasse una linea netta e
continua che taglia l’intero arco alpino
e che mi aiuterà a ricordare per sem-
pre ogni giorno e ogni luogo di questa
avventura fantastica.
Per il viaggio ero equipaggiato con
tenda e sacco a pelo nel mio pesan-
te zaino, per poter essere sempre e
comunque autonomo. Avevo pensato
infatti di approfittare dei rifugi solo di
tanto in tanto e all’occorrenza. Oc-
correnza che si è rivelata poi essere
più che altro quella di poter mangiare
e alimentarmi in modo adeguato ri-
manendo il più possibile in quota. Era
infatti il camminare in alta montagna,
per quanto possibile, la mia preferenza.
Quello è l’ambiente che più mi piace e
in cui mi muovevo e mi sentivo più a
mio agio. Ma è stato un camminare
in quota senza cercare vette e cime.
Anzi, questo è stato il vero, diverso,
modo di camminare rispetto alle mie
abitudini. Un andare per passi e non
per vette. Passi, passi che uniscono
valli, paesi, regioni e nazioni e soprat-
tutto popoli. Passi che ogni volta non
vedevo l’ora di raggiungere, che mi fa-
cevano accelerare il passo, trattenen-
do il respiro, nonostante la stanchezza
dopo tanta salita e tanta fatica, per
vedere cosa mi aspettava al di là, quali
panorami, quali viste e quali spettacoli
e di conseguenza quali emozioni. Ma
anche e soprattutto per immagina-
re quale e come sarebbe stato il mio
cammino di lì in avanti, e quale la di-
rezione migliore da prendere.
Questo è stato sicuramente un ele-
mento fondamentale della mia avven-
tura, la scelta del percorso. Ho pas-
sato ore nella mia tenda a studiare le
carte che man mano mi compravo o
recuperavo in qualche modo lungo
la strada. Ho imparato a leggere ed
interpretare anche i dettagli, per non
avere sorprese ed imprevisti, cercare
di annullare i rischi ed avere sempre
almeno un’alternativa per l’accapar-
ramento dei viveri ed il luogo in cui
passare la notte. Muovendomi a piedi
per ore ed ore ogni giorno, i margini
di errore nelle scelte andavano neces-
sariamente ridotti al minimo. Ma an-
che la ricerca dei luoghi più belli, più
pittoreschi e con le viste panoramiche
migliori hanno avuto la loro grande
importanza: in fin dei conti doveva
essere anche un viaggio di piacere e
da godere.
Il senso del cammino
Ci vorrebbe un libro per dar con-
to di episodi, di ricordi, di emozioni,
di incontri, durante questi 80 giorni,
vissuti in uno dei luoghi secondo me
più belli e spettacolari della terra.
E probabilmente ce ne vorrebbe un
altro per descrivere i mille pensieri che
mi sono passati per la testa, dai più
banali ed infantili a quelli più profondi,
fino a quelli a sfondo religioso e fi-
losofico, passando per quelli di natura
politica ed economica. Di fatto il mio
corpo ha camminato ogni giorno per
Dall'Alpe di Siusi il Sasso Lungo e il Sasso Piatto Nel Parco della Vanoise
lare, io insieme a Luca Schiera, Mat-
teo De Zaiacomo e Andrea Migliano
decidiamo di partire per venti giorni
alla ricerca di nuove vie da aprire. Dalle
informazioni e dalle foto raccolte ab-
biamo stabilito di concentrare le no-
stre attenzioni sulla regione del Tigray.
Il paesaggio in questa zona è carat-
terizzato da torri e lunghe fasce di
arenaria alte fino a 400 metri, solcate
da fessure molto estetiche (che, come
scopriremo in seguito, sono costituite
da roccia non sempre di ottima qua-
lità).
Una roccia un po’ così
Dopo essere atterrati a Mekele,
principale città del Tigray, ci mettia-
mo subito alla ricerca di un mezzo per
girare le zone in cui pensiamo ci si-
ano le pareti più interessanti. L’unico
modo per muoversi all’interno del pa-
ese, oltre al trasporto pubblico, è no-
leggiare un minibus o jeep con autista.
Nella prima settimana abbiamo optato
per la seconda alternativa, in modo da
essere liberi di addentrarci nelle strade
sterrate e poter esaminare al meglio
tutte le possibilità.
Dopo diversi giorni passati a “sbino-
colare”, la voglia di scalare è arrivata
alle stelle, così dopo un primo tentati-
vo fallito a causa della roccia pessima,
troviamo due pareti nelle vicinanze
della città di Adwa. Le raggiungiamo
a mattina inoltrata e, per aumentare
le possibilità di successo, decidiamo
di dividerci in due cordate (io e Luca,
Matteo e Andrea). La parete scelta da
noi è composta da roccia vulcanica di
ottima qualità, grande grip e possibili-
tà di protezioni molto buone anche se
distanziate. Rallentati un po’ dalle alte
temperature, dopo sei bellissimi tiri
raggiungiamo la cima della struttura e
con le ultime luci della sera siamo di
nuovo al punto di ritrovo. Poco dopo
veniamo raggiunti dai nostri compa-
gni. Andrea e Matteo purtroppo non
sono stati fortunati come noi, la roc-
cia scagliosa e di pessima qualità ha
creato non poche difficoltà, ma grazie
alla loro bravura sono riusciti comun-
que a completare la via.
Le torri di Abuna Yemata
Dopo questa prima tappa la meta
successiva sono state le famose torri
di arenaria di Abuna Yemata. Ripar-
tiamo così alla volta di Megab, piccola
cittadina posta a circa cinque chilo-
metri dalle pareti. Vista la quantità
di roccia promettente decidiamo di
rimanere nella zona per almeno una
settimana. Facciamo base fuori dalla
Andrea Migliano su Desmoprepuziale, montagne di Adwa
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TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
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NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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39Alpinismo e arrampicata
cittadina, grazie all’aiuto di un pre-
te ortodosso che gestisce le visite
guidate alle chiese scavate nelle torri
(una notte è riuscito a mettere in fuga
un gruppo di iene che si era pericolo-
samente avvicinato alle nostre tende).
Ricominciamo a “sbinocolare” e il
giorno successivo, di buon’ora, partia-
mo verso le pareti. Questa volta ac-
cade l’opposto, io e Luca siamo molto
sfortunati, finiamo col cacciarci dentro
camini sporchi e molto friabili che ci
ricacciano indietro. Al contrario, Mat-
teo e Andrea riescono ad aprire una
bellissima via totalmente in fessura.
Nei giorni successivi giriamo a pie-
di alla ricerca della roccia di migliore
qualità ma senza molta fortuna. Quella
che da lontano appare come compatta
e stabile, si rivela ogni volta pessima.
Così, dopo qualche tentativo a vuoto,
salendo al massimo 2 o 3 tiri, apriamo
qualche monotiro con difficoltà fino al
7c.
Verso la fine del nostro soggiorno
veniamo colpiti a turno da qualche
malattia, ma ciò non ci abbatte. Così,
con il tempo agli sgoccioli, decidiamo
di unire le forze per aprire un’ultima
via. Facendoci largo tra sassi instabili
e sabbia che piovono dai camini riu-
sciamo ad aprire la nostra quarta via
in Etiopia, “In dust we trust”.
Prima di tornare a casa abbiamo
anche avuto l’occasione di visitare la
depressione della Dancalia, una delle
regioni meno ospitali del pianeta con
un vulcano ancora attivo al suo in-
terno.
Sapevamo tutti che saremmo anda-
ti alla ricerca di pareti vergini e che
non sarebbe stato facile trovare roccia
di ottima qualità, ma nel complesso il
bilancio che si può trarre da questo
viaggio è positivo. Di sicuro roccia e
fessure non mancano, chissà… Magari
tra qualche anno l’Etiopia diventerà un
must per i crack addicted di tutto il
mondo.
Le foto appartengono all’archivio del Gruppo Ragni della Grignetta
Primo tentativo ad Adwa, fermati dalla pessima qualità della roccia
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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ATTRAVERSO LE ALPIA piedi in 80 giorni da Muggia a Montecarlo, andando per passi e non per vette
“Una grande avventura”,
“un’esperienza indimen-
ticabile”, “il viaggio della
vita”, forse sono state queste le de-
finizioni che ho usato più spesso nel
rispondere a chi mi chiedeva, incu-
riosito, notizie e impressioni del mio
cammino attraverso le Alpi.
Un cammino che ha preso il via il
12 giugno 2014 dal porto turistico
di Muggia, nei pressi di Trieste e si è
concluso il 30 di agosto a Montecarlo,
nel Principato di Monaco, “Il giro del
(mio) mondo in 80 giorni”.
Un’incredibile esperienza e un so-
gno realizzato. Uno di quei sogni nel
cassetto che ognuno di noi ha, che gli
appartiene e che conserva per anni
nell’animo e nei pensieri, magari senza
confidarlo a nessuno o solo a pochi,
e che molto, troppo spesso, è solo un
sogno e finisce per rimanere tale.
A volte però qualcosa accade e fa
in modo che questo sogno si possa
realizzare.
Per me è stata la contingenza di un
progetto che dopo tanti anni si stava
di Ivan Peri
16a0550cai-rivista--5/16°-""FOGLIO STAMPA FB 005""---2016-06-01T14:11:33+02:00
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
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RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
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NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
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“Lo
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ella
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mi h
a ci
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il m
io v
iagg
io”
realizzando, la costruzione di un al-
berghetto nel paese dove vivo, che sta
proprio in mezzo alle Alpi, Livigno.
Il pensiero, quasi un’angoscia, che
questo progetto e questa nuova at-
tività avrebbero, verosimilmente, “ru-
bato” gran parte del mio tempo e
delle mie energie future mi ha dato la
consapevolezza che era il momento
giusto. Se non avessi provato a rea-
lizzarlo prima di immergermi anima e
corpo in quel progetto, anche per me
questo folle desiderio avrebbe corso il
grosso rischio di rimanere solo e per
sempre un sogno.
Tre direttrici
E così tutto ha preso forma: dall’i-
dea sempre più concreta di questo
cammino, alla traccia di rotta seppur
ancora molto approssimativa, dalle
date alla durata, dalle modalità all’e-
quipaggiamento necessario, ed infine
è uscito anche un nome per questa
mia avventura. Ma soprattutto ha pre-
so corpo la voglia, sempre più decisa
e ferma di compiere questo viaggio.
16a0550cai-rivista--5/16°-""FOGLIO STAMPA FB 005""---2016-06-01T14:11:33+02:00
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
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RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
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NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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La mia traversata delle Alpi ha se-
guito tre grandi direttrici.
Verso nord, nei primi dieci giorni, dal
mare su, attraverso la verde e ancora
selvaggia Slovenia.
Poi verso ovest, per gran parte
del viaggio, procedendo attraverso
la Carnia, in buona parte sul confine
italo-austriaco, e poi per le Dolomi-
ti e la Val Venosta; per lungo tratto
in Svizzera, passando per la bassa e
l’alta Engadina ed anche il Ticino, poi
in Val Formazza nell’Alto Piemonte ed
in seguito nuovamente in Svizzera nel
Vallese.
Infine verso sud, dopo aver aggira-
to il massiccio del Bianco sul versante
francese.
Il Monte Bianco rappresentava sul-
le mie carte e nella mia mente la boa
più importante nel disegno della mia
traccia, ma anche metaforicamente,
essendo un po’ il simbolo o uno dei
simboli più importanti delle Alpi. Era la
mia prima grande meta. Dovevo solo
capire se ci sarei arrivato dal versante
italiano perché stretto con i tempi o,
se la mia marcia fosse proseguita più
speditamente, facendo il giro largo per
circumnavigarlo sul versante france-
se. Da là mi ero immaginato che avrei
poi potuto fare qualche valutazione
sulla tempistica, sulla mia condizione
fisica e psichica e, di conseguenza,
sulle possibilità e le modalità dell’ul-
tima parte del cammino. Insomma
era il punto che avrebbe dovuto dar-
mi qualche prima certezza. In primis
sulla buona riuscita o meno della mia
avventura, per quanto possibile, dal
momento che un viaggio del genere
presenta un’infinità di variabili ed im-
previsti per cui di certo non c’è mai
nulla. Ma soprattutto sul successivo
tracciato da seguire.
Da lì, quindi, è cominciato un cam-
mino un po’ diverso, una ricerca dei
luoghi più belli e caratteristici. Un po’
più “un viaggio” e un po’ meno una
tensione verso una meta rispettando
i tempi che mi ero prefissato. La mia
traccia ha così cominciato a zigzaga-
re. Sono rientrato in Italia per la Val-
le d’Aosta fino al Parco Nazionale del
Gran Paradiso, poi in Francia per i Par-
chi della Vanoise e quello dell’Ecrins, il
Parco Naturale du Queyras e di nuovo
l’Italia in Valle Maira e Valle Stura, e poi
di nuovo in Francia nel Parco Nazio-
nale del Mercantour e di nuovo Italia
in quello delle Alpi Marittime. Infine mi
sono diretto a Sud per raggiungere il
mare del Principato di Monaco.
Per gli amanti dei numeri, dei chilo-
metri e dei dislivelli, il mio GPS, sem-
pre attivo lungo il mio cammino, ma
solo ed esclusivamente in modalità
di registrazione della traccia, alla fine
diceva: 2134 km per un dislivello po-
sitivo di 120.428 metri ed altrettanti in
negativo, di fatto quasi 27 km di me-
dia al giorno con un dislivello di circa
1500 metri di salite e 1500 di disce-
se. Anch’io mi sono stupito per que-
sti numeri. Chilometri e dislivelli non
erano certo il mio interesse principale,
42Escursionismo
Dall'Alpe di Siusi il Sasso Lungo e il Sasso Piatto
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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43Escursionismo
anzi, ma non potevo rinunciare ad un
GPS che disegnasse una linea netta e
continua che taglia l’intero arco alpino
e che mi aiuterà a ricordare per sem-
pre ogni giorno e ogni luogo di questa
avventura fantastica.
Per il viaggio ero equipaggiato con
tenda e sacco a pelo nel mio pesan-
te zaino, per poter essere sempre e
comunque autonomo. Avevo pensato
infatti di approfittare dei rifugi solo di
tanto in tanto e all’occorrenza. Oc-
correnza che si è rivelata poi essere
più che altro quella di poter mangiare
e alimentarmi in modo adeguato ri-
manendo il più possibile in quota. Era
infatti il camminare in alta montagna,
per quanto possibile, la mia preferenza.
Quello è l’ambiente che più mi piace e
in cui mi muovevo e mi sentivo più a
mio agio. Ma è stato un camminare
in quota senza cercare vette e cime.
Anzi, questo è stato il vero, diverso,
modo di camminare rispetto alle mie
abitudini. Un andare per passi e non
per vette. Passi, passi che uniscono
valli, paesi, regioni e nazioni e soprat-
tutto popoli. Passi che ogni volta non
vedevo l’ora di raggiungere, che mi fa-
cevano accelerare il passo, trattenen-
do il respiro, nonostante la stanchezza
dopo tanta salita e tanta fatica, per
vedere cosa mi aspettava al di là, quali
panorami, quali viste e quali spettacoli
e di conseguenza quali emozioni. Ma
anche e soprattutto per immagina-
re quale e come sarebbe stato il mio
cammino di lì in avanti, e quale la di-
rezione migliore da prendere.
Questo è stato sicuramente un ele-
mento fondamentale della mia avven-
tura, la scelta del percorso. Ho pas-
sato ore nella mia tenda a studiare le
carte che man mano mi compravo o
recuperavo in qualche modo lungo
la strada. Ho imparato a leggere ed
interpretare anche i dettagli, per non
avere sorprese ed imprevisti, cercare
di annullare i rischi ed avere sempre
almeno un’alternativa per l’accapar-
ramento dei viveri ed il luogo in cui
passare la notte. Muovendomi a piedi
per ore ed ore ogni giorno, i margini
di errore nelle scelte andavano neces-
sariamente ridotti al minimo. Ma an-
che la ricerca dei luoghi più belli, più
pittoreschi e con le viste panoramiche
migliori hanno avuto la loro grande
importanza: in fin dei conti doveva
essere anche un viaggio di piacere e
da godere.
Il senso del cammino
Ci vorrebbe un libro per dar con-
to di episodi, di ricordi, di emozioni,
di incontri, durante questi 80 giorni,
vissuti in uno dei luoghi secondo me
più belli e spettacolari della terra.
E probabilmente ce ne vorrebbe un
altro per descrivere i mille pensieri che
mi sono passati per la testa, dai più
banali ed infantili a quelli più profondi,
fino a quelli a sfondo religioso e fi-
losofico, passando per quelli di natura
politica ed economica. Di fatto il mio
corpo ha camminato ogni giorno per
Dall'Alpe di Siusi il Sasso Lungo e il Sasso Piatto Nel Parco della Vanoise
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
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ore ed ore per 80 giorni senza pau-
se e così ha viaggiato anche la mia
mente.
Con queste righe, invece, non pos-
so far altro che confermare quello che
penso da tempo, che la vera natura
dell’uomo è quella del cammino, la sua
dimensione più consona è il cammi-
nare, l’uomo si è evoluto per cammi-
nare e il camminare ha fatto evolvere
l’uomo.
E questa dimensione del camminare
è il modo migliore, il più vero e più di-
retto per osservare, conoscere, entra-
re in contatto ed in sintonia con tutto
ciò che ci circonda.
E’ così che mi sono sentito dopo
una settimana. Non ero più solo un
osservatore, un contemplatore, ma
una parte integrante dell’ambiente in
cui ero immerso e in cui mi muovevo.
Non è possibile riassumere in bre-
ve ciò che ho visto in un’estate at-
traverso le Alpi. Un mondo magico ed
unico dal punto di vista ambientale e
paesaggistico, ma questo è risaputo,
le Alpi sono tutte belle, bellissime. Gli
scenari sempre diversi, ma con delle
caratteristiche simili ed elementi co-
muni che si possono ritrovare lungo
tutto l’arco alpino, tolgono il fiato. Im-
magini che stupiscono, emozionano.
E poi ci sarebbe ancora da rac-
contare un altro mondo, quello degli
incontri con le “genti” delle Alpi e le
esperienze, le piccole avventure, i di-
sagi, il tempo purtroppo non troppo
benevolo in quella piovosa estate e
anche qualche piccolo pericolo e le
preoccupazioni. Concludendo posso
dire che il mio cammino è cominciato
dal mare ed è terminato al mare. Un
po’ come le Alpi stesse che, originatesi
dall’acqua emergendo una novantina
di milioni di anni fa dal mar Piemon-
tese-Ligure hanno l’inevitabile destino
di finire in mare soggette alla lenta ed
inesorabile erosione.
Un cammino che, come il giorno,
nasce a oriente e finisce ad occidente,
così è stata la mia “grande avventura”,
“la mia esperienza indimenticabile”, “il
mio viaggio della vita”.
44Escursionismo
In senso orario: ghiacciai della Valle d’Aosta; suggerimenti da un locale; pernottamenti a molte stelle; uno dei 1000 laghi incontrati lungo il cammino
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PIEGA A: 16°
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RIENTRI: SI NO
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INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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45Escursionismo
L’amico Mimmo: “Steppina mi
è arrivata una mail dal nostro
gruppo podistico, ma parla di
una gara a tappe in mountain bike:
te la giro”.
Steppina: “Grazie Mimmo, do un
occhio!”
Himalayan Highest Mountainbike
Race: la gara a tappe in MTB più alta
al mondo
USTI! Si va. Su queste cose ho la
fortuna di poter non “sdondinare”
ma dire decisa “ci sarò” e due giorni
dopo sono iscritta. Mancano sei mesi
a questa competizione in Himalaya
che sarà a luglio, ma immediata parte
la preparazione e inizia la frizzante
avventura.
Chi mi conosce sa che sono in al-
lenamento every day, non ci sono
giornate di ozio fisico durante l’an-
no (a meno che non sia fratturata...
sigh!): bici, corsa, sci d’alpinismo e di
fondo, nuoto, un po’ di canoa, alpini-
smo. Non c’è stagione in cui modero
il movimento. Ma se nel mirino entra
una gara a tappe in MTB e se questa
si disputa sull’Himalaya fino a quota
5600, l’euforia scatta a manetta e le
pedalate partono a raffica: quando
sai bene dove andare, cammini drit-
to. Spalle larghe, polmoni aperti, ogni
sforzo convogliato in quell’unica di-
rezione e l’energia diventa atomica
polverizzando ogni dubbio.
Ho la fortuna di abitare a Lec-
co abbracciata dai monti, affacciata
sul lago quindi con un aitante “su e
giù per le montagne, di qua e di là
si sente, la bici allegramente” son già
nel cuore pulsante dell’esperienza
per allenarmi a pedalare 6 giorni alle
quote più alte del mondo per cen-
to km al giorno. E’ ancora inverno
quando mi iscrivo alla gara: niente di
meglio perché il training alla quota
non me lo faccio sulla ciclabile lun-
go-lago. Ho bisogno di altitudine e
non c’è esercizio migliore che salire
in alta montagna, pelli di foca sotto
gli sci, immersi nel silenzio, lontano
da qualunque impianto per giungere
in cima e tracciare scodinzoli polve-
rosi in cotonate discese.
Stefania felice all’arrivo della prima tappa, 108 Km lungo l’Indo a 4700 m di quota, con alle spalle le vette himalayane
HIMALAYA IN MOUNTAINBIKESu fino a 5600 m, la gara a tappe più “alta” al mondo
di Stefania Valsecchi
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RIENTRI: SI NO
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Cevedale, Gran Zebrù, Piz Palù,
Monte Rosa, scandiscono le amma-
lianti sci-alpinistiche nei fine setti-
mana; chilometri e dislivelli peda-
lando su sterrati e non solo danno
ritmo al dopo lavoro in settimana:
con questo elettrizzante brio la par-
tenza per l’Himalaya arriva.
La meta è il distretto del Ladakh,
estremo nord ovest dell’India, al con-
fine con Cina, Pakistan, Kashmir, re-
gione in cui confluiscono i sogni al-
pinistici del globo terracqueo poiché
lassù la catena dell’Himalaya cede il
passo alle altezze del Karakorum. Il
30 giugno sono in volo verso l’o-
riente io sola con la mia bici impac-
chettata nella stiva, e il primo luglio,
sorvolando l’Himalaya, energia pura
attraversa corpo e mente rapita da
quell’immensità bianca sotto di me.
Atterro a Leh, capitale del Ladakh, e
siamo già a 3600 m di quota: for-
tunatamente io non ne soffro, ma tra
gli altri partecipanti all’evento c’è chi
ha subito i “balordoni” non facili da
sbaragliare.
I tre giorni successivi son d’obbli-
go per l’acclimatamento e con la bici
si sale e scende su strade che in un
amen ti portano a lambire i 5000 m:
un antipasto di quel che ci attende
che mette un appetito da coccodril-
lo, perché a farla da padrone non è
affatto la fatica, ma il particolare fa-
scino dei luoghi di cui attendo solo
di fare una grande abbuffata.
La sintonia con gli altri partecipanti
- atleti ed organizzatori - è imme-
diata, calda: chi ha obiettivi di vittoria
e chi invece se la vive light, macchina
fotografica pronta a immortalare at-
timi di infinito, ma tutti convinti della
propria fortuna sfacciata d’essere lì
dove siamo a fare ciò che facciamo.
Partita da quota 3500 m, Stefania ha finalmente raggiunto il Khardung La, il valico più alto del mondo, 5602 m, nella cronoscalata finale
Il cartello all’inizio del Khardung La avvisa che si tratta della strada carroz-zabile più alta del mondo
Incontri himalayani. Guado non pericoloso, anzi divertente
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PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
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“Pronti, via!”
Sei luglio: la gara ha inizio. Sot-
to lo striscione il colpo di pistola,
ma diversamente da qualunque altra
competizione non partiamo a molla
come una fucilata. Ci aspettano 101
km tra i 3600 e i 4600 m: pren-
diamola fluida...
Le altre 5 tappe
saranno tutte tra
gli 80 e i 110 km,
ogni giorno più su
dei 5000 m.
Il primo giorno
si viaggia sempre
accanto al grande
fiume Indo che
qui scorre placi-
damente, senza
impennate e im-
peti, proprio come
la mia pedala-
ta. C’è un effetto
stranissimo di cui
tutti ci accorgia-
mo: noi viaggiamo
in senso opposto
al fluire dell’Indo;
se lui è in discesa,
noi siamo in salita,
chiaro... eppure...
Ma che strano!
Non è possibile.
Continuo a guar-
dare la strada, poi
l’Indo, poi la stra-
da e mi sembra di
essere io ad andare in discesa. Ma
non può essere, se no anche il fiume
scivolerebbe nella mia direzione e i
miei due altimetri non segnerebbe-
ro quote via via più alte. Avevo visto
un documentario che parlava di una
strada in America famosa per que-
sto effetto ottico: sembra scenda
e invece sale. Allora non riuscivo a
capire: ora ci son dentro anch’io e
capisco ancora meno.
La tappa si chiude dopo alcune ore
su un bel pianoro in cui l’Indo fun-
ge da “Terme Romane”: ci sono punti
vicini alla costa in cui l’acqua sorbolle
e noi ci facciamo bagni caldi ritem-
pranti; gli abitanti locali ci cuociono
uova e pesce.
Il bello di queste gare a tappe è
anche il momento conviviale nel
tendone in cui si cena tutti insieme:
ognuno commenta la propria tappa,
la fatica o la contentezza, lo scenario
visto, le persone incontrate, il fiatone,
la gioia; e anche il cibo nel piatto in
questi luoghi così remoti è sempre
argomento di dialogo speziato.
Vien buio intorno alle 18,30 per-
ciò si cena prestissimo e ci si ritira in
tenda altrettanto presto perché star
fuori a chiacchierare sarebbe poco
salutare: il tepore del giorno viene
scalzato imme-
diatamente dal
freddo al calar del
sole.
Il mattino si ri-
parte ed ancora
sembra che un
oceano di pervin-
che si sia aperto
sopra le nostre
teste. In sella ai
velocipedi, gambe
sforbicianti, ansi-
miamo imbalorditi
al primo passo a
5100 m.
Al di là si scen-
de sulla piana
senza confini a
4570 m di altitu-
dine dove silente
si adagia lo Thso
Khar Lake, grande
lago salato.
Intanto però
d’innanzi a noi
il cielo diventa
piombo cupo di
nubi gelate e so-
pra di noi il cielo
caldo blu cobalto ne viene travolto
e... ORCO! Proprio dove siamo noi
un vento rabbioso si alza fulmineo,
polvere sabbiosa ci investe e, peg-
gio, a pochi metri da noi si formano
CURRICULUM SPORTIVO
Valsecchi Stefania detta Steppina, 48 anni, di Lecco. Laureata in Fi-
losofia, successivo triennio in metallurgia degli acciai, insegnante
elementare per vocazione.
Istruttrice di Scialpinismo nella scuola del CAI Lecco per 12 anni.
Maestra/guida di sci per ciechi ed istruttrice delle guide per non
vedenti.
Guida di MTB.
* Nel 2010 ha iniziato a far gare vincendo in quell'anno il Mongolia
Bike Challenge (gara MTB in 10 tappe; 1400 km e 14000 m di D+ tra
il deserto del Gobi e le montagne del Khangai) classificandosi prima
assoluta donne, battendo anche le professioniste presenti.
* Nel 2011 è seconda classificata assoluta donne all'Iron Bike, di nuo-
vo in MTB: 7 tappe con 35000 m di dislivello positivo per 800 Km
sulle Alpi italo- francesi.
* Nel 2012 attraversa le Ande boliviane in bici e sale (senza bici!) in
vetta al Huayna Potosì (6088 m).
* Nel febbraio 2013 conquista il titolo mondiale di Triathlon Inver-
nale a Chamonix
e nel luglio del medesimo anno attraversa in MTB tutte le Alpi da
Trieste a Ventimiglia (2200 km e 57000 m di dislivello fuoristrada):
pare sia l'unica al mondo ad averlo fatto finora.
* Nel luglio 2015 vince la Himalayan Highest MTB Race, gara in 6
tappe di MTB in Ladakh (Himalaya Indiano) tutta sopra i 5000 m
di altitudine fino ai 5602 m del Khardung La, il valico carrozzabile
più alto al mondo.
Tante altre vittorie minori, numerosi podi.
Nel 2007 attraversa l'Himalaya da nord a sud da Lhasa (capitale del
Tibet) a Katmandu (capitale del Nepal), 1200 km in bici.
Nel 2008 attraversa le Ande in MTB e sale alcune montagne classi-
che oltre i 5300 m (Pisco, Ishinca e Urus). E sempre in quell'anno
sale in vetta al Monte Bianco dai Cosmiques-Tacul-Maudit e cir-
cumpedala il Monte Bianco in due giorni.
47Escursionismo
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RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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due trombette d’aria, direi dei “pifferi”
data la loro forma assai stretta e al-
lungata in verticale, che centrifugano
violentemente su se stessi e intanto
rotolano attorno qua e là agitati, si-
nuosi e senza meta: sembrano il ge-
nio che sbuca fuori dalla lampada, ma
ben poco disponibile, anzi, ”incazzo-
so”. Io, che quando c’è da mantenere
la calma la smarrisco seduta stante,
parto a tuono a far girare le gambet-
te con rotazione tale che se aves-
si una dinamo collegata illuminerei
l’intero continente asiatico. Uno dei
concorrenti più massicci, prima an-
cora di sollevare lo sguardo e capire,
si ritrova schiantato a terra stranito,
ma fortunatamente il tutto si risolve
con un dantesco racconto serale at-
torno alla tavola imbandita e le nostre
risate rompono il silenzio tutt’attorno.
Più alti di Gulliver
Ogni giornata ha il suo perché:
scandita dall’ossigeno dei circa 5400
metri del Tanglang La o del Chang La,
qualcuno non sta troppo bene... no
cioè: sta proprio male. Gote paonaz-
ze, viso congestionato, orbite a sbal-
zo, respiro corto e rantolante: ossi-
geno presto! E via in jeep col medico
veloci a perder quota. Ma anche in
questi casi per fortuna ce la raccon-
tiamo ridendo nei giorni successivi
senza conseguenze più gravi di un
persistente mal di testa.
Tutt’attorno i colori caffellatte del
deserto d’alta quota, interrotto dal
verde smeraldino e lucente delle
oasi dove un fiume viene incanala-
to, puntinate dal giallo canarino del-
le coltivazioni di colza: sembra una
coperta patchwork. Senza scordare il
contrasto bianco-amaranto dei mo-
nasteri buddisti, o l’arancione acceso
delle nostre tende contro un cielo più
turchino della fata di Pinocchio: cosa
desiderare di più dalla vita?
Spesso sento raccontare che di
fronte a scenari così immensi come
gli spazi himalayani ci si sente pic-
coli, si percepisce la propria fragilità.
Oh, a me succede l’esatto contrario.
Son su ben oltre i 5000 m, sguardo
aperto a 360 gradi, vette immacola-
te, altipiani sconfinati e io mi sento
più alta di Gulliver, più forte di Ercole,
più avventurosa di Ulisse... macché
piccolezza. Sto da leonessa e la vera
sfida sta nel riuscire a trasferire que-
sta straordinaria energia anche nel
quotidiano.
Arriva l’ultima tappa, la più attesa:
cronoscalare il passo Khardug La ap-
peso lassù a quota 5602 m, il va-
lico carrozzabile più alto al mondo.
Il Khardung La sta ai ciclisti come
l’Everest sta agli alpinisti: ragazzi è il
nostro giorno!
Partenza da 3500 m e arrivo a
5602 m in cronoscalata: 2100 m di
dislivello in una distanza di 51 km a
quelle elevatezze… mannaggialerisa-
te! Partiamo tra piante ad alto fusto,
procediamo e gli arbusti si fan più
piccini di noi, saliamo e tutto è brullo,
avanziamo e l’aria frizza assottiglian-
dosi, continuiamo e appare la neve
che, sbuffata dopo pedalata, diventa
un muraglione di tre-quattro metri
incombenti accanto a noi.
La testa ha un peso specifico mai
riscontrato prima, s’infoppa tra le
clavicole che a loro volta s’incurvano
e a momenti bacio il manubrio. Ma
vogliam dire qualcosa dei polmoni
o dei muscoli della gambe? Piombo
gli uni, ghisa le altre. La soppressata
calabrese è meno “spetasciata” ri-
spetto alla sensazione che provo io.
E dopo uno dei mille tornanti su cui
si avvoltola questa strada rampicante
facendola simile ad un intestino, ecco
apparire l’intaglio tra la neve con le
bandiere buddiste svolazzanti che
segnano il Passo del Khardung La: è
lì Ste, vai che ci sei... Abbasso la testa,
passano lunghissimi minuti, rialzo la
testa e... O CACCHIO è più distante.
Però è lì, spingo sui pedali, passa il
tempo, guardo e... ODDIAMINE è più
lontano. E queste sensazioni si ripe-
tono per un’ora quando io pensavo
mancassero cinque minuti. Fa nien-
te, l’importante è andar dritti che qui
non è mica così scontato. Continuo
a prendere di quelle imbarcate come
arrivassero onde a prua che mi vol-
tano il manubrio e son di traverso
sulla strada, boh.
Il freddo è intenso, la neve ghiac-
ciata dal cielo punge, ma finalmen-
te ecco l’attimo in cui passo sotto
lo striscione dell’arrivo: gioia pura,
braccia spalancate al cielo a mo’ di
benedizione “urbi et orbi”, sorriso fin
dietro le orecchie. Ancora una vol-
ta prima classificata donne in queste
gara in cima al mondo: bello quando
accade, no?
Ogni giorno è necessario credere
che qualcosa di straordinario possa
accadere, ma bisogna operare perché
ciò avvenga senza scoraggiarsi. Per-
ché il passo più faticoso non è nes-
suno di questi altissimi passi hima-
layani, ma abbandonare ogni indugio
e porre mano alla realizzazione dei
nostri desideri più belli.
Tutte le foto sono di Stefania Valsecchi
48Escursionismo
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RIENTRI: SI NO
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PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
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“Chi si ferma è perduto”, di-
ceva il grande Totò.
E noi del Family, anno
dopo anno, l’abbiamo preso in parola
e non ce ne siamo stati mai con le
mani in mano. Sarà forse per il conta-
gio dovuto alla frequentazione di tanti
giovani virgulti, sarà forse per l’op-
portunità concessaci dallo “scrivere”,
in prima persona, una storia in seno
al Club Alpino che – almeno per ora
– pare essere totalmente inedita ed
incontrare il favore di tante famiglie.
Insomma, anche quest’anno durante i
mesi più freddi ci siamo promessi di
mettere in cantiere qualche novità.
Ma andiamo con ordine.
Dopo il successo avuto nel 2015,
quando avevamo dovuto chiudere
le iscrizioni dopo meno di una set-
timana per aver raggiunto il numero
massimo di partecipanti, quest’anno
eravamo francamente un po’ dubbiosi
sulla possibilità di poter confermare un
simile risultato: i bambini crescono, le
famiglie mutano esigenze e progetti;
è fisiologico “perdere” degli amici nel
corso degli anni. Siamo rimasti quindi
piacevolmente sorpresi del fatto che
sia bastato un solo weekend per fare
il sold out! Tradotto in lingua italiana,
significa che tra un venerdì pomerig-
gio ed un lunedì mattina alle nostre
iniziative si sono iscritte ben 64 per-
sone, tanto da costringerci a chiudere
immediatamente le iscrizioni. Con la
gioia per il confermato successo della
nostra idea, la curiosità di conoscere i
nuovi amici, il senso di responsabilità
per dover gestire tante famiglie e tanti
bambini piccoli nonchè il rammarico
di non aver potuto accontentare tutti
coloro che avrebbero voluto accom-
pagnarci nel cammino di quest’anno.
Così ha avuto inizio il 2016 del Fa-
mily. E, come sempre, abbiamo dato
appuntamento ai genitori presso la
sede della Sezione per concordare
con tutti i partecipanti la stesura del
programma delle nostre attività. Dopo
l’esperienza ampiamente positiva del-
lo scorso anno, abbiamo confermato
anche per il 2016 questa parte della
nostra iniziativa, che permette ai ge-
nitori di confrontarsi e condividere
esperienze e proposte.
Steso il Programma del 2016, ab-
biamo scelto di coinvolgere ancor
più i partecipanti. Come? Affidando
loro l’organizzazione di alcune delle
49Escursionismo
A PASSO DI BIMBOIl Family CAI si rinnova e vara il programma per il 2016
Il gruppo numeroso della stagione 2015 al faro voltiano, Brunate.
di Alberto Pirovano eAndrea Spreafico
16a0550cai-rivista--4/16°-""FOGLIO STAMPA FB 004""---2016-06-01T14:11:33+02:00
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escursioni. Avete letto bene: quest’an-
no saranno i genitori – sotto la nostra
supervisione – ad occuparsi dell’or-
ganizzazione preventiva e della ge-
stione esecutiva della maggior parte
delle nostre attività.
Crediamo non sia mai stato fatto
prima in ambito C.A.I. Eppure, affidare
ai genitori partecipanti questi compiti
ci è parso il modo più immediato e
concreto per consentire loro di svi-
luppare od affinare quelle capacità che
sono alla base dell’andare per mon-
ti secondo gli insegnamenti del Club
Alpino Italiano. E, certamente, è una
delle idee su cui si è fondato lo spirito
con il quale abbiamo fatto nascere ed
abbiamo sviluppato il Progetto Family
Cai: consentire ai genitori di acquisire
autonomia nella gestione personale e
dei propri figli durante le esperienze in
montagna.
Centreremo un altro traguardo? E’
presto per scriverlo: ma le premesse
ci sono tutte; ed appaiono confortanti.
Anche perché dall’incontro con i ge-
nitori non solo è nato un programma
di attività per il 2016 che possiamo
definire completo, ma si è potuta per-
cepire la voglia di tutti i partecipanti di
mettersi personalmente alla prova e di
collaborare per far vivere ai bambini
tante esperienze uniche ed indimen-
ticabili.
Il programma
Partiremo come di consueto ad
aprile, dal cittadino Ponte Vecchio, per
visitare le pendici settentrionali del
Monte Barro e la chiesa incompiuta di
San Michele. L’8 maggio ci uniremo ai
piccoli dell’Alpinismo Giovanile per vi-
sitare la Linea Cadorna sopra Corenno
Plinio e sentir raccontare parte della
storia della Grande Guerra. Il 29 mag-
gio torneremo sui monti del Triangolo
Lariano, alla scoperta di crinali ancora
selvaggi e splendide vedute del no-
stro territorio. Dopo la partecipazio-
ne al Raduno sezionale, rinnoveremo
l’uscita di due giorni in autonomia in
Val Biandino, che tanto è piaciuta lo
scorso anno a grandi e bambini. In
settembre andremo a Mantello a vi-
sitare una fattoria: per la prima volta
tutti in bici, dalle spiagge di Colico lun-
go la bella ciclabile sulle rive dell’Adda.
Il 2 ottobre saranno il Castello di Ve-
zio ed i giochi dei falconieri a riportare
grandi e bambini indietro nel tempo.
Per finire, visiteremo le pendici del
Magnodeno e ci uniremo ai Soci della
Sezione in occasione della castagnata.
E’ ora di mettersi lo zaino in spalla…
e per alcuni pure un figlio; e partire
insieme per un altro anno di emozioni
ed avventure: a passi di bimbo.50Escursionismo
Prove di arramnpicata al raduno CAI 2015 con un istruttore di prestigio, Mario Conti
16a0550cai-rivista--FB 004-Volta -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]
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16a0550cai-rivista--FB 004-Volta-Black-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 004-Volta-Cyan-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 004-Volta-Magenta-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 004-Volta-Yellow-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]PLATE: Black PLATE: Cyan PLATE: Magenta PLATE: Yellow
FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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Torna anche per quest’anno la
gita sociale con meta alpinistica,
in collaborazione con il Corso di
Perfezionamento dell’Alpinismo Giova-
nile.
Dopo alcuni anni sulle principali vet-
te della Alpi occidentali ed una puntata
al Gruppo del Bernina, la scelta per la
gita del 2016 è caduta sulla Palla Bian-
ca (3.738 mt.), la cima più alta delle Alpi
Venoste, al confine con l’Austria. Da tutti
i suoi versanti partono immensi ghiac-
ciai e la sua forma arrotondata è all’ori-
gine del suo nome.
L’escursione si terrà il 2 ed il 3 lu-
glio, con partenza da Melago (Bz) in
Vallelunga, che i partecipanti raggiun-
geranno con le proprie auto, e per-
nottamento con trattamento di mezza
pensione presso il Rifugio Pio X (2.542
mt.). La via di salita sarà la normale dal
versante ovest per la Vedretta del Val-
lunga e la Sella della Palla Bianca, le cui
caratteristiche non presentano partico-
lari difficoltà tecniche, pur richiedendo il
possesso di capacità nella progressione
su ghiacciaio e su cresta sia nevosa che
rocciosa.
Come di consueto, l’attività sarà ri-
servata ad un numero massimo di 15
partecipanti per consentire la corretta
formazione delle cordate e sarà aper-
ta ai soci in possesso dell’attrezzatura
necessaria alla progressione su ghiac-
ciaio (imbrago, ramponi e piccozza), in
buona forma fisica e con comprovata
esperienza alpinistica su ghiacciaio.
L’iscrizione potrà essere effettuata
contattando la segreteria sezionale sino
ad esaurimento dei posti ed è sogget-
ta a conferma da parte dei responsabili
dell’attività.
OBIETTIVO PALLA BIANCASulle Alpi Venoste la gita sociale 2016 con meta alpinistica
La Palla Bianca, 3738 m, nelle Alpi Venoste
di Andrea Spreafico
16a0550cai-rivista--FB 004-Volta -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]
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16a0550cai-rivista--FB 004-Volta-Black-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 004-Volta-Cyan-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 004-Volta-Magenta-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 004-Volta-Yellow-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]PLATE: Black PLATE: Cyan PLATE: Magenta PLATE: Yellow
FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
1C4 1M4 1Y4 70% 70% CMY B C M Y 70% CMY B C M Y CM CY CMY B C M Y 70% CMY B C M Y MY CMY CMY B C M CMY 2B4 2C4 2M4 2Y4 70% 70% CMY B C M Y 70% CMY B C M Y SLUR CMY B C M Y 70% CMY B C M Y SLUR CMY B C M Y 70% CMY B C M Y SLUR CMY B C M Y CMY 1B4 1C4 1M4 1Y4 70% 70% CMY B C M Y 70% CMY B C M Y CM CY CMY B C M Y 70% CMY B C M Y MY CMY CMY B C M CMY 2B4 2C4 2M4 2Y4 70% 70% CMY B C M Y 70% CMY B C M Y SLUR CMY B C M Y 70% CMY B C M Y SLUR CMY B C M Y 70% CMY B C M Y SLUR CMY B C
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I monti sono maestri muti e fanno
discepoli silenziosi (Goethe).
Lo scopo della Commissione
Gruppo Gite Sociali è creare,
mantenere la fiducia tra i soci e
valorizzare lo spirito con il quale si va
in montagna per godere, in gruppo e
in amicizia, delle meraviglie che la na-
tura ci concede, ma solo a coloro che
hanno occhi attenti e sensibili. E a noi
del gruppo escursioni la sensibilità non
manca. Dobbiamo gradualmente ri-
conquistare la frequentazione dei soci,
non tralasciando di promuovere l’in-
teresse per la pratica escursionistica
trasferendola anche a persone esterne
alla sezione.
La preoccupazione per la respon-
sabilità di accompagnare un gruppo
c’è sempre. Ma tutto svanisce in fretta
quando ti accorgi che tra gli amici con
i quali cammini c’è consenso e sod-
disfazione per l’escursione proposta.
Lo spirito di gruppo che si crea, infatti,
l’accertata disponibilità di tutti ad as-
sicurare ogni supporto eventualmen-
te necessario al capo gruppo ed agli
amici di percorso, la gioia della condi-
visione dei luoghi, il pasto consuma-
to, magari anche frugalmente, i sorrisi,
costituiscono carburante prodigioso
che sa animare e rigenerare l’animo.
Il Gruppo escursionisti intende ri-
volgersi a soci con capacità diverse,
proponendo programmi ed attività in
grado di soddisfare e coinvolgere an-
che i più esigenti. L’attenzione viene
riposta a coloro che amano macina-
re ore e ore di cammino, ma anche a
coloro che non possono camminare a
lungo; a quelli che considerano i disli-
velli primizie da divorare con avidità,
come a quelli che guardano con so-
spetto una salita o una serie di gra-
dini che inopinatamente si presenta-
no lungo la mulattiera; a coloro che
programmano arrampicate attrezza-
te e il cui obiettivo sono le vette e i
4000, come a quelli che desiderano
trascorrere una giornata all’aria aperta
percorrendo sentieri a strapiombo sul
mare attraversando vigneti nobili, uli-
veti pregiati, la macchia mediterranea.
L’intento è di soddisfare quanti più
soci possibile cercando di aderire alle
diverse esigenze di tutti, anche i meno
esperti, fornendo a tutti la possibilità di
appassionarsi alla montagna con per-
corsi alternativi e adatti anche a colo-
ro che si vogliono avvicinare gradual-
mente all’escursionismo. Lo sforzo è
teso al coinvolgimento di una diffusa
base di soci che non trova collocazio-
ne nei gruppi specialistici della sezione,
per ragioni diverse. Gruppi che obiet-
tivamente costituiscono le eccellenze
della sezione ma che anche, per la loro
specificità, richiedono risorse fisiche o
forti motivazioni proprie o comunque
peculiarità molto marcate.
Condividere l’esperienza
Non dimentichiamo che la no-
stra sezione è profondamente legata
all’escursionismo, ad una pratica della
montagna e del territorio non “indivi-
duale” ma di ambito associativo. Cam-
minare insieme non è solo un vuoto
slogan, ma è un profondo convinci-
mento. Camminare insieme significa
“condividere” un’esperienza che coin-
volge i nostri sensi profondamente e
che, proprio attraverso questa con-
divisione, assume un valore sociale e
umano di massimo livello: condividere
le fatiche, la visione di splendidi pae-
saggi, i profumi della natura e il silen-
zio delle vette!
Sono sensazioni che l’associazioni-
smo può “moltiplicare” e consolidare.
La maggior parte delle gite vie-
ne organizzata, tenendo conto dello
spirito di condivisione associativa del
CAI e della comodità logistica, con
l’utilizzo dell’autobus, con partenza dal
Piazzale Eurospin – Galli Ezio – tra Via
Caduti Lecchesi a Fossoli e Via Be-
sonda Inferiore.
Alle escursioni possono partecipare
anche non soci, previa comunicazione
dei propri dati anagrafici, ai fini della
copertura assicurativa, entro il venerdì
precedente l’effettuazione della gita.
Il ritrovo per la partenza avviene
con qualsiasi tempo, salvo comuni-
cazione contraria agli iscritti. I tra-
sferimenti verranno iniziati con un
ritardo massimo di 15 minuti rispetto
agli orari prestabiliti qualunque sia il
numero dei partecipanti presenti. Per
tutte le escursioni il pranzo è al sacco,
salva diversa comunicazione all’atto
dell’iscrizione.
La Commissione inoltre vuole ricor-
dare che:
La frequentazione dell’ambiente
montano e/o naturale è per se stes-
sa potenzialmente pericolosa. I rischi
che ne derivano, di natura oggettiva
e/o soggettiva (quali a solo titolo di 52
Escursionismo
CAMMINARE INSIEMEI dodici appuntamenti con le gite sociali
di Giuseppe Ferrario*
16a0550cai-rivista--4/16°-""FOGLIO STAMPA FB 004""---2016-06-01T14:11:33+02:00
16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]
-- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Black -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Cyan -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Magenta -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Yellow
16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca-Black-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca-Cyan-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca-Magenta-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca-Yellow-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]PLATE: BlackPLATE: CyanPLATE: MagentaPLATE: Yellow
FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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esempio: la caduta di massi, alberi e/o
fulmini, frane, il mutamento delle con-
dizioni metereologiche, le condizioni
psico-fisiche personali, le cadute o
le scivolate involontarie, la presenza
di malattie e/o patologie anche non
manifeste) non sono mai completa-
mente eliminabili; neppure con una
corretta condotta dei partecipanti e/o
degli organizzatori.
Ogni iscritto alle singole iniziative
e/o escursioni è tenuto prima dell’i-
scrizione e dell’effettiva partecipazio-
ne ad una completa e corretta auto-
valutazione in merito al percorso, alla
quota prevista, alle difficoltà tecniche
e fisiche nonché alle attrezzature ed
all’abbigliamento necessari.
Coloro che intendono partecipare,
sulla base della loro preparazione fi-
sica e tecnica e degli eventuali chia-
rimenti avuti, decideranno di aderire
e di iscriversi o meno all’escursione.
I dislivelli riportati nel programma si
riferiscono alla sola salita e sono cal-
colati sulla base di rilevazioni carto-
grafiche; quindi, una volta sul terreno,
è possibile imbattersi anche in va-
riazioni sensibili. Le ore di cammino
vengono calcolate senza tener conto
delle soste; i tempi di percorrenza e
le difficoltà dichiarate nel program-
ma devono intendersi come indicativi;
gli itinerari descritti potranno essere
modificati sul momento in relazione
alle condizioni metereologiche.
Il programma di ogni escursione con
i relativi orari è esposto nell’albo so-
ciale e riportato sul sito internet della
sezione. Nel programma sono indicate
le difficoltà tecniche e l’attrezzatura
necessaria per la partecipazione all’e-
scursione; chiarimenti possono essere
chiesti ai membri del Gruppo e ai re-
sponsabili di ogni singola gita.
*Commissione Gite Sociali
Liguria: Moneglia – Deiva Marina.
Val Leventina, Ticino orientale, CH: Osco – Anzonico
Liguria: al mare in collaborazione con SEL Lecco
Raduno Sezionale sui Piani di Bobbio, presso il nostro Rifugio Lecco
Monte Baldo
Palla Bianca, 3738 metri, terza montagna più alta del Trentino Alto Adige
L’Anello dei Passit dal San Bernardino nell’alta Valle Mesolcina
Grigioni: Flüela Pass - Schwarzhorn 3146 m montagna delle Alpi dell’Abula nelle Alpi Retiche
In collaborazione con la SEL Lecco Monte Rosa Walser
Passo Lucomagno – Capanna Bovarina – Campo Blenio.
Tradizionale “Castagnata Sociale” presso la nostra Capanna Antonio Stoppani località Costa.
Appennino parmense: Itinerario interessante, in bell’ambiente boschivo.
Il calendario per la stagione 2016
ai
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16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]
-- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Black -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Cyan -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Magenta -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Yellow
16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca-Black-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca-Cyan-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca-Magenta-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca-Yellow-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]PLATE: Black PLATE: Cyan PLATE: Magenta PLATE: Yellow
FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
1C4 1M4 1Y4 70% 70% CMY B C M Y 70% CMY B C M Y CM CY CMY B C M Y 70% CMY B C M Y MY CMY CMY B C M CMY 2B4 2C4 2M4 2Y4 70% 70% CMY B C M Y 70% CMY B C M Y SLUR CMY B C M Y 70% CMY B C M Y SLUR CMY B C M Y 70% CMY B C M Y SLUR CMY B C M Y CMY 1B4 1C4 1M4 1Y4 70% 70% CMY B C M Y 70% CMY B C M Y CM CY CMY B C M Y 70% CMY B C M Y MY CMY CMY B C M CMY 2B4 2C4 2M4 2Y4 70% 70% CMY B C M Y 70% CMY B C M Y SLUR CMY B C M Y 70% CMY B C M Y SLUR CMY B C M Y 70% CMY B C M Y SLUR CMY B C
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TRENTATRE ANNI INSIEMEL’inverno 2015-2016 del Gruppo sci di fondo escursionismo
Due
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16a0550cai-rivista--FB 004-Volta -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE
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INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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Mercoledì 4 novembre 2015,
in sede CAI Lecco, è sta-
to presentato il programma
della stagione 2015-2016, 33° anno
di attività del gruppo, per quanto ri-
guarda il corso di avvicinamento allo
sci di fondo escursionismo e l’attività
amatoriale. Dopo oltre un trentennio,
pur perseverando nella scia di una
di Stefano Vimercati*
16a0550cai-rivista--FB 004-Volta -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
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NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE
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LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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tradizione ben consolidata, abbiamo
pensato di offrire un tocco di cambia-
mento, rivoluzionando la veste grafica
del nostro pieghevole di presentazio-
ne.
Nella riunione del direttivo del 17
settembre 2015 sono stati confer-
mati: il rapporto già esistente con la
commissione regionale di riferimento
(CRLSASA-Sci escursionismo); gli
istruttori e gli accompagnatori, con
rispettivi incarichi e mansioni; il pro-
gramma tecnico ed economico delle
due attività.
Il programma ha previsto come ne-
gli anni scorsi una prima parte, comu-
ne a tutti, comprendente lezioni tecni-
che e teoriche in sede CAI (2 serate
che avrebbero meritato una maggior
partecipazione) e alcune uscite a sec-
co (cinque mattinate domenicali dall’8
novembre al 6 dicembre 2015, su iti-
nerari di mezza montagna e con gin-
nastica presciistica) alle quali ha par-
tecipato un buon numero degli iscritti
ai corsi.
La seconda parte del programma ha
riguardato invece le attività sulla neve
distinte nei due settori addestramento
e amatoriale.
Attività di addestramento
Svolta dalla Scuola sci di fondo
escursionismo del CAI Lecco dal 10
gennaio al 21 febbraio 2016, con un
corpo istruttori rappresentato da:
- Marco Bianchi, ISFE, direttore della
scuola e dei corsi
- Maria Giuseppina Ietto e Paola
Monti, ISFE
- Giovanni Bolis, vicedirettore dei
corsi, Salvatore Bucca e Cesare Merlini,
istruttori sezionali.
I rapporti con la Commissione re-
gionale sono stati tenuti da Maria
Giuseppina Ietto.
Sono state effettuate sei uscite do-
menicali in Engadina e un’uscita di due
giorni in Val Mustair e sull’altopiano di
Lavazè di cui si racconta più avanti in
un articolo dedicato.
Hanno partecipato 41 allievi, suddi-
visi in tre corsi: principianti, perfezio-
namento 1° livello, perfezionamento
avanzato.
Da registrare un’iniziativa sostenuta
da tutti i partecipanti con vivace en-
tusiasmo, molto ben riuscita, che ha
registrato totale apprezzamento: una
gara “in famiglia”, maschile-femminile,
che ha visto la partecipazione di 26
allievi, sulla distanza di 10 km a tecnica
classica sul percorso Surlej-Sils- Sur-
lej. La gara ha meritato la tradizionale
conclusione di queste occasioni, vale
a dire la premiazione in sede CAI se-
guita da un’allegra merenda per tutti.
Nell’uscita finale del 21 febbraio in
Engadina si è percorsa a staffetta la
Maratona Maloja-Zuoz.
Attività amatoriale
Le uscite sulla neve si sono svolte di
sabato, dal 9 gennaio al 5 marzo 2016,
56Sci di Fondo
Gruppo scuola in Engadina, il mese di gennaio
16a0550cai-rivista--4/16°-""FOGLIO STAMPA FB 004""---2016-06-01T14:11:33+02:00
16a0550cai-rivista--FB 004-Bianca -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
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INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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Splendida conclusione delle attività sulla neve in Val Roseg, il 12 marzo
sei in Engadina, una a Splügen e una
ad Andermatt.
L’uscita del 21 febbraio si è svolta
lungo il percorso della Skimarathon
Maloja-Zuoz.
Abbiamo avuto 32 iscritti, suddivisi
in due gruppi, i Rossi e i Gialli, rispetti-
vamente accompagnati da Domenico
Pullano e Daniele Colombo.
L’amico Clorindo Riva ha dato vo-
lontariamente un valido apporto assi-
stendo gli sciatori meno sicuri. Abbia-
mo registrato la presenza saltuaria di
un gruppo di persone che ci auguria-
mo di avere come partecipanti iscritti
all’attività amatoriale dei prossimi anni.
Una terza parte del programma, in-
fine, ha proposto agli iscritti a entrambi
i corsi alcune attività aggiuntive co-
muni.
La tradizionale gara sociale Coppa
“Paolo Piazza”, che era stata prevista
per sabato13 febbraio, è stata sospe-
sa a causa della mancata presenza
dei due cronometristi e per l’esiguo
numero dei partecipanti del gruppo
amatoriale. La manifestazione tutta-
via è stata degnamente sostituita da
quella organizzata dal gruppo scuola
con i rispettivi istruttori.
Si è invece svolta con successo alla
fine di febbraio la Tre giorni di fondo
in Alto Adige (Naz-Sciaves, Bressa-
none, Val di Vizze, Val Fiscalina, Val di
Landro).
Abbiamo scelto di ritornare in Alto
Adige, presso l’albergo di Bressanone
che già ci aveva ospitati, per visitare
in Alta Val Pusteria zone ancora sco-
nosciute, gustare di nuovo le notevole
bellezza della Val di Landro e vedere
la Val di Vizze nella zona di Vipiteno.
Abbiamo avuto la presenza di cir-
ca 50 persone con un autopullman a
nostra completa disposizione. Pubbli-
chiamo a parte resoconti e immagini.
A conclusione della stagione, come
da tradizione, il raduno del 21 mag-
gio al San Martino con un aperitivo
in sede CAI offerto dal Gruppo Sci di
fondo escursionismo e due proposte
di escursioni: la prima alla Capelletta
del San Martino, la seconda lungo il
sentiero del Vallo.
Concludo ringraziando il direttivo al
completo per l’opera svolta con spiri-
to di servizio e per la collaborazione
prestata a tutti i livelli nello svolgimen-
to delle attività e per l’impegno tenace
nella ricerca della neve, sempre tro-
vata.
A tutti l’augurio di una buona e ri-
generante stagione estiva.
*Presidente del gruppo Sci di fondo escursionismo
57Sci di Fondo
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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58Sci di Fondo
ALLA RICERCA DELLA NEVE PERDUTADalla Val Mustair a Lavazè inseguendo il manto bianco
Parafrasando una delle saghe di
Indiana Jones ci aspettavamo di
cercare la neve come fosse una
vera avventura. Da novembre ci erava-
mo abituati a prati verdi e cime elevate
senza neve. Ormai le iscrizioni c’erano,
l’hotel Everest a Trento era prenotato
da tempo e le piste di fondo a Folgaria
ci attendevano. Ma in quali condizioni?
L’entusiasmo non era dei migliori ma
tutti confidavamo nella buona sorte e
nell’esperienza pluriennale dei nostri
maestri accompagnatori che nei gior-
ni 30 e 31 gennaio ci avrebbero fatto
trascorrere un magico week end.
Fu così che, intrepidi, partimmo alla
volta di Trento, decidendo di passa-
re dalla vicina Svizzera per evitare la
noia dell’autostrada e poter ammirare i
paesaggi mozzafiato dell’Engadina che
nei fine settimana precedenti ci aveva
visto, noi principianti ed amatori, pro-
tagonisti assoluti nella disciplina dello
sci di fondo. Lungo il percorso, soprat-
tutto nella bassa Engadina, gli sguardi
degli sciatori con i nasi stampati sul
vetro, andavano a scrutare se vi era
la possibilità di mettere gli sci ai pie-
di, ma invano. L’erba faceva capolino
tra qualche chiazza di brina e i morali
si abbassavano. L’ottima conduzione
del bus da parte dell’autista Claudio ci
ha permesso di trascorre a bordo dei
momenti di sana allegria e spensiera-
tezza, compensando così la delusio-
ne del mancato manto bianco. Tutto
questo nell’attesa di vedere la bene-
detta neve o quanto meno una pista
di fondo. Ed eccola finalmente. Come
un miraggio, tra le località di Fuldera
e Tschierv nella bellissima Val Mustair.
Dopo una breve ricognizione sul-
le condizioni delle piste da parte de-
gli istruttori, tutti i partecipanti hanno
avuto modo di sperimentare i tracciati
del luogo, e soddisfatti dopo circa tre
ore siamo ripartiti alla volta di Trento.
Sistemazione nelle rispettive ca-
mere come da copione, e con l’ottima
cena la serata è proseguita in buona
armonia - chi raccontava barzellette,
chi declamava poesie e chi le spara-
va più grosse - insomma di tutto e di
più. Qualcuno ha pure preferito sfidare
il freddo ed incamminarsi per una vi-
sitina in centro.
Il giorno seguente confidavamo in
un peggioramento del meteo ma nulla
faceva presagire una nevicata copiosa
e quindi, con cambio di programma, si
è deciso di salire al Passo Lavazè dove
abbiamo potuto godere per la gioia di
tutti, di ottime piste innevate artificial-
mente; con un sole piacevole ci siamo
sbizzarriti nelle varie discipline.
Alla fine l’affaticamento muscolare è
stato ben compensato dalla degusta-
zione di leccornie e prelibate vivande,
dolce-salato, offerte dai partecipanti
insieme a ottime bottiglie di prosecco.
L’avventura della due giorni trenti-
na si è conclusa dopo qualche ora di
viaggio con viva soddisfazione di tutto
il gruppo e con la certezza che l’av-
ventura è stata, non nell’aver trovato
neve naturale, ma “persone naturali”
(ovvero amanti della natura, amanti
dello sci ma soprattutto amanti della
buona compagnia).
Alla prossima ragazzi, e sempre con
questo spirito.
di Franco Defilippi
Ricca merenda a Passo Lavazè
16a0550cai-rivista--FB 003-Volta -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]
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LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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Anche quest’anno attendo
con impazienza la tre gior-
ni: un momento di sport,
svago, lasciando la routine quotidia-
na per vivere nuove avventure con
persone amiche in posti meravigliosi.
La partenza è alle 6 di sabato 27
febbraio, saliamo sull’autobus, autista
signor Giuseppe, ancora un po’as-
sonnati ma contenti di stare insieme,
il viaggio è lungo, dopo una sosta
arriviamo alla prima meta: Val di
Vizze - Loc. Fossa (1450 m).
Iniziamo a sciare divisi in due
gruppi: percorriamo un anello abba-
stanza innevato, il tempo è nuvoloso
ma non nevica.
Alla fine della sciata in compa-
gnia riprendiamo il nostro autobus
per raggiungere l’Hotel Kindertraum
Flotsherhof a Naz - Sciaves, nei
pressi di Bressanone.
Ognuno di noi si reca nella pro-
pria camera, nella parte principale
dell’Hotel o nella dependance, edi-
ficio attiguo recentemente ristrut-
turato.
Dopo un meritato riposino o una
veloce sauna-bagno turco prendia-
mo l’autobus che ci porta a Bres-
sanone: qui qualcuno partecipa alla
messa, altri visitano il duomo e il
chiostro o passeggiano per il bellis-
simo centro.
Alla fine di questo primo giorno ci
attende la meritata cena, tipica del
luogo: zuppa, canederli, gulasch e
frittelle di mele, buon cibo e ben gu-
stato; il dopo cena scorre fra un giro
all’esterno nel meleto, una partita a
carte e chiacchierate varie.
La mattina successiva, dopo la co-
lazione, riprendiamo l’autobus, meta
la Val Fiscalina; durante il percorso
incomincia a nevicare e capiamo
subito che il nostro secondo giorno
di sci sarà sotto la neve.
Arriviamo a Sesto, partiamo dalle
piste e a gruppetti raggiungiamo il
rifugio Fondo Valle (1548 m) in Val
Fiscalina; continua a nevicare, sia
pure in modo lieve, e così ripartia-
mo subito per raggiungere il nostro
autobus. Bella sciata in una valle stu-
penda, con un paesaggio invernale
che ci era mancato finora; a tratti
intravvediamo anche emergere dalle
nuvole qualche cima. La pista prose-
gue per S. Candido, ma la percorre-
remo un’altra volta.
Nel viaggio di ritorno ci fermiamo
a Brunico per visitare il centro e il
castello dominante la città da un’al-
tura boscosa; il tempo migliora, ha
smesso di nevicare.
Ritorniamo in hotel e ci riposiamo
nella zona sauna, questa sera anche
nella piccola vasca idromassaggio
all’esterno; la seconda cena ci at-
tende: zuppa, risotto, carne o pesce,
tanta verdura, gelato e lamponi, piatti
deliziosi e graditi.
Al mattino di lunedì 29 febbraio,
dopo una lauta colazione, preparia-
mo i bagagli e raggiungiamo l’ultima
meta: Lago di Landro.
La neve è fitta ma gli sciatori si
preparano per raggiungere il Pas-
so Cimabanche (1529 m), la pista è
59Sci di Fondo
LA NEVE, FINALMENTEA fine febbraio la tre giorni in Alto Adige
Sommersi dalla neve a Cimabanche
di Giusi Negri
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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poco battuta, i pattinatori fanno un
po’di fatica; un gruppetto sulla via
del ritorno raggiunge il centro di
Dobbiaco percorrendo la pista cicla-
bile con un pallido sole alle spalle.
Alcuni di noi durante i tre giorni
hanno camminato su sentieri inne-
vati godendosi la vita all’aria aperta
in paesaggi incantati.
Durante il viaggio di ritorno ci
fermiamo per due soste degustando
torte e vino.
Arriviamo a Lecco alle ore 20.30.
Questa tre giorni è stata molto
bella: sciate in compagnia, luoghi
montani fantastici, le nevicate final-
mente ci hanno fatto vivere in ritar-
do un po’d’inverno.
Un ringraziamento particolare ai
nostri accompagnatori: Pina (Art Di-
rector), Giovanni, Daniele e Clorindo
che hanno organizzato alla perfe-
zione questa tre giorni, e a tutti noi
sciatori e camminatori.
Alle prossime uscite sulla neve: vi
aspettiamo numerosi.
60Sci di Fondo
lo sorse a breve distanza di tempo la
città di Brunico che al vescovo fon-
datore deve il suo nome. Nel 1825 i
locali del castello vennero ceduti alla
città e a lungo adibiti ad alloggia-
mento per le truppe e a prigione, nel
1969 incominciarono ad ospitare aule
scolastiche. Con le più recenti opere di
ristrutturazione (2009-2011) il ca-
stello è diventato un museo e ospita
attualmente il penultimo dei cinque
musei dedicati da Reinhold Messner
alla montagna.
Si tratta del Museo Ripa la cui mis-
La cittadina di Brunico, cuore della
Val Pusteria, è dominata a sud dal-
la mole imponente del castello fat-
to erigere in cima a una collina nel-
la seconda metà del XIII secolo dal
principe vescovo di Bressanone Bruno
von Kirchberg per proteggere gli ulti-
mi possedimenti della valle rimasti in
mano ai vescovi. Ai piedi del castel-
sione è sintetizzata nel nome: ri-pa
in lingua tibetana significa uomo di
montagna, e il percorso museale vuole
essere un racconto della vita e del-
la cultura dei popoli che abitano le
regioni montane più importanti del
mondo, dalle Alpi all’Himalaya, dalle
Ande all’Africa e all’Oceania.
L’allestimento sottintende una con-
cezione museale diversa da quel-
la a cui siamo abituati: all’interno di
spazi espositivi ottenuti coniugando
in modo sobrio la struttura in pietra
dell’edificio storico con moderni in-
IL CASTELLO DI BRUNICO E IL MESSNER MOUNTAIN MUSEUM RIPA
di Adriana Baruffini
Nell’incanto della Val Fiscalina
16a0550cai-rivista--3/16°-""FOGLIO STAMPA FB 003""---2016-06-01T14:11:33+02:00
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RIENTRI: SI NO
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PRESTAMPA
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serti di legno, una profusione di og-
getti di grande effetto estetico, belli,
strani, esotici, esercita sui visitatori un
impatto che nell’immediato è soprat-
tutto di tipo emotivo. La curiosità e
l’interesse storico ed antropologico
arrivano in un secondo tempo, e tro-
vano risposta fondamentalmente negli
stessi oggetti, perché l’unico supporto
didattico è costituito da scarne dida-
scalie e da piccoli pannelli esplicativi
appena visibili all’ingresso delle va-
rie sezioni, suggerimenti per conte-
stualizzare i materiali esposti, più che
spiegazioni. E tutto ciò in armonia con
l’idea che Messner pone alla base di
questa realizzazione: “Mi preme ri-
velare un’opera di insieme che nasce
dalla relazione tra il luogo storico, la
situazione geografica e i singoli re-
perti raccolti. I reperti devono comu-
nicare tra loro ed essere in grado di
trasmettere informazioni allo spetta-
tore, senza il bisogno di essere spie-
gati”.
Il percorso espositivo inizia al piano
interrato in uno spazio allestito se-
condo la tradizione della casa rurale
dell’Alto Adige. Uno spazio confina-
to, familiare, statico, lasciato il quale
il visitatore si trova proiettato nella
cultura dei nomadi delle montagne;
qui tende, accessori, manufatti dei
popoli nomadi del Tibet, del Medio
Oriente, della Mongolia vengono ac-
costati in un’associazione ideale alle
attrezzature dei pionieri dell’alpini-
smo, a modo loro anch’essi nomadi.
Le cantine del castello sono invece
il punto di partenza di un fantasti-
co viaggio che si conclude al primo
piano attraverso la cultura dei tanti
popoli residenti nelle zone montuo-
se di tutti i continenti, ciascuno con
le proprie tradizioni e i propri costumi,
documentati da una ricca collezione
di oggetti di uso quotidiano e artistici.
La religione nelle montagne è il tema
del secondo piano, e qui, accanto ai
reperti riguardanti le grandi religioni
dell’Asia e la cultura Inca del Suda-
merica, si possono visitare le stanze
dei principi vescovi, le uniche dove il
castello conserva il suo arredamento
originario.
Se, durante la visita al museo, ci si
sofferma nella sala dedicata alle espo-
sizioni temporanee e alle proiezioni, si
ha l’opportunità di leggere un breve
testo al quale Messner consegna la
propria idea di conservazione della
montagna, un sintetico contributo al
dibattito sul destino delle terre alte,
sempre in bilico fra le opposte tenta-
zioni di rifugiarsi nostalgicamente nel
passato o lanciarsi in modo acritico
verso la modernità: “Si parla spesso
oggi del carattere genuino della cul-
tura di montagna, della sua autentici-
tà e delle sue tradizioni, dalle lontane
aree urbane gli ambientalisti e i pro-
tezionisti mettono in guardia contro
la svendita delle montagne. Ma loro
stessi usano questo paesaggio cultu-
rale come fondale su cui proiettare la
loro concezione di mondo ideale.
Il “ritorno alla natura” nella “ter-
ra natia” viene paragonato alla vita
prima della rivoluzione industriale. Ai
loro occhi le regioni montuose devo-
no rimanere “vere, genuine” “come ai
vecchi tempi”.
Le regioni montuose come musei,
però, non possono sopravvivere. La
cultura di montagna può essere svi-
luppata in maniera slegata dal presen-
te, ma tenendosi solo aggrappata al
passato diventa sterile.”
Nell’incanto della Val Fiscalina Sguardo su Brunico dalla collina del castello - foto di Massimo Di Stefano L’ingresso al castello foto di Massimo Di Stefano
16a0550cai-rivista--3/16°-""FOGLIO STAMPA FB 003""---2016-06-01T14:11:33+02:00
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PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
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QUATTRO GIORNI SULL’ALTIPIANOLa mancanza di neve non ha scoraggiato il Gruppo Età d’Oro in gita ad Asiago
L’Altipiano di Asiago e le sue
splendide montagne sono state
per quattro giorni, dal 27 al 30
gennaio, la meta di un gruppo di qua-
rantacinque soci del GEO (Gruppo Età
d’Oro) che coordina i Seniores della
sezione lecchese del CAI.
Non è stata certamente la caren-
za di neve, caratteristica dominante
di questo strano inverno 2015/2016,
a intimidire il gruppo capitanato dal
presidente Marcello Sellari e da Te-
renzio Castelli che, grazie anche al
valido contributo degli alpini di Asia-
go e della guida locale Massimiliano,
ha utilizzato appieno le belle giornate
per calpestare il suolo così sacro per
le vicende e il sangue versato durante
la Prima Guerra Mondiale, narrate con
maestria da Emilio Lussu nel suo ca-
polavoro Un anno sull’altipiano, non-
ché dall’asiaghese Mario Rigoni Stern.
Il primo giorno è stato dedicato alla
visita al maestoso Sacrario Militare,
situato sul colle del Leiten, nei pressi
della cittadina; si tratta di uno dei più
importanti ossari militari, inaugura-
to nel 1936 e dove riposano i resti di
oltre 54mila caduti, di cui ben 33mila
ignoti.
Sotto la guida energica degli alpini
Enzo Biasia e Amerigo Baù della lo-
cale seziona dell’ANA, in fila per tre i
soci del GEO hanno raggiunto l’altare
dove la nostra Pinuccia ha deposto un
mazzo di fiori in memoria delle gio-
vani vite stroncate dall’assurdità della
guerra e dove è stato osservato un
toccante minuto di raccoglimento e di
preghiera.
La successiva tappa è stata il Museo
delle Carceri, dove sono esposte delle
bellissime fotografie dedicate agli anni
della Prima Guerra mondiale e che il-
lustrano momenti di vita quotidiana
delle popolazioni locali, insieme a foto
militari.
Al Verena e al Manderiolo
Poi, favoriti dal bel tempo e con-
dotti dalla guida Massimiliano, sono
iniziate le scarpinate che in due di-
stinte giornate hanno avuto come
meta il Rifugio Verena (2020 m) e il
Monte Manderiolo (2070 m); la fati-
ca è stata ampiamente ripagata dagli
62GEO
di Claudio Santoro
Sul Manderiolo - foto di Claudio Santoro
Il gruppo al Sacrario - foto di Claudio Santoro
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splendidi panorami alpini e dai robu-
sti pasti consumati ai rifugi che han-
no avuto come protagonisti i “bigoli”
e, ovviamente, l’”asiago”, il famoso e
rinomato formaggio locale. Ad esso
è stata dedicata anche la visita ad un
piccolo caseificio dove, chi ha voluto,
si è sbizzarrito in acquisti, arricchi-
ti dalle dettagliate informazioni mer-
ceologiche e organolettiche fornite
da Massimiliano su quel formaggio e
sulle sue varie epoche e modalità di
stagionatura. Sempre Massimiliano ci
ha fornito interessanti indicazioni sulla
civiltà cimbra che ha segnato per lun-
go tempo la zona.
L’ultima giornata è stata infine de-
dicata alla città, che ospitava il suo
mercato settimanale, e con i simpatici
saluti del sig. Alfredo dell’Hotel Milano
la truppa ha intrapreso la via del ritor-
no, iniziando a ragionare sulla prossi-
ma uscita.
Sul Manderiolo - foto di Claudio Santoro
Il gruppo al Sacrario - foto di Claudio Santoro
La nostre materie prime sono la base della nostra qualità. EDITORE
A.G. BellaviteMissaglia (Lc) Via I° Maggio, 41T. 0399200686commerciale@bellavite.it www.bellavite.it #nutriamolamente
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE
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NELLA PANCIA DELLE FILIPPINE/2Alla ricerca della congiunzione tra Sulpan e Male-ho
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE
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Gal
lerie
a
mon
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i Sul
pan.
Fot
o di
Mat
teo
Riva
doss
iSiamo a Barruz, villaggio già
nominato, a nord est di Cat-
balogan, ai bordi della giun-
gla selvaggia. Alle feste danzanti che
si susseguono, se ne aggiunge una,
nella piazza centrale, esclusivamente
per il nostro arrivo, evento insolito nel
defilarsi dei giorni. “Lando,” che nor-
malmente si dedica alle coltivazioni di
cocco nei suoi campi, si improvvisa dj
e sfrenato animatore. Nei giorni se-
guenti, dimostrerà doti anche come
efficiente guida.
Qui, gli obiettivi esplorativi sono
molteplici ma il più importante dal
punto di vista speleo subacqueo, è la
congiunzione tra la grotta di Sulpan e
quella di Male-ho. Altri suggerimen-
ti ci vengono forniti dalle popolazioni
locali che, come spesso succede in
tutti i luoghi del mondo, con la fan-
tasia attizzata dalla novità, narrano di
gigantesche gallerie e fiumi roboanti.
Noi, analizzando le carte geografiche,
ci accorgiamo di un potenziale tra-
foro naturale idrogeologico, in zona
Matuguinao, sfuggito alla preceden-
ti osservazioni perché collocato sul
bordo della mappa. Il desiderio di pro-
varci, si risolve in un miraggio irrag-
giungibile: dissidi tra polizia, esercito
e NPA (Nuovo esercito popolare), ci
sbarrano qualsiasi occasione e a nulla
valgono molteplici incontri in diverse
circostanze, con persone in contatto
con le fazioni in causa. La richiesta di
andare a vedere il fantomatico traforo
naturale, riceve un secco no. Il moti-
vo occulto è in realtà che quel trafo-
di Gigi Casati
16a0550cai-rivista--2/16°-""FOGLIO STAMPA FB 002""---2016-06-01T14:11:33+02:00
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
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GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
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ro, al momento, è utilizzato come via
di fuga o rifugio dai ribelli del NPI. Gli
amici del luogo, dal canto loro, con-
fermano il consiglio di non incammi-
narci verso questa località pericolosa
che, forse in futuro, sarà più tranquilla
e quindi accessibile.
Tra un incontro e l’altro, una noce di
cocco per merenda e del pesce sec-
co per pranzo, preparo le attrezzature
subacquee per raggiungere l’ingresso
a Sulpan dove non abbiamo nessun
impedimento politico tattico. In otto,
compreso il sottoscritto, portiamo i
materiali per un’ora sul sentiero, poi ci
dividiamo dai portatori che rimangono
ad aspettarci all’ingresso della grotta.
L’ingresso, ci accoglie con suggestivi
controluce a fasci alterni dovuti alle
irregolari erosioni della roccia. Abbia-
mo un pozzo verticale di una ventina
di metri da scendere su corda, alla cui
base, prima c’è uno scivolo argilloso
poi, un laghetto basso da attraversare,
la cui acqua, impregnandoci definiti-
vamente i vestiti, anche se calda, 25°,
ci infastidisce non poco. Tuttavia du-
rante il percorso delle gallerie, lo spi-
rito, allettato dalla morfologia fiabe-
sca delle rocce e tenuto allegro dalle
chiacchiere scherzose dei compa-
gni, nasconde il conto del tempo che
scorre: improvvisamente raggiungia-
mo il punto d’immersione. Constatan-
do il diverso livello dell’acqua rispetto
a quello che ricordiamo di avere visto
nella spedizione del 2012, siamo per-
plessi: nella galleria che vediamo ora
completamente asciutta, scorreva un
fiume con rapide, che veniva inghiot-
tito da un pauroso gorgo finale. Ana-
lizzando la situazione, deduciamo che
la galleria è un troppo pieno, cioè che,
quando aumentano abbondantemen-
te i livelli dell’acqua, questa funziona
come sfogo superiore. In effetti nel
2012 le piogge esterne furono molto
abbondanti.
Proseguendo per una cinquantina
di metri, si vede un laghetto, alla base
di un pozzetto inclinato di un paio di
metri. La superficie è liscia come l’olio,
la visibilità, meno di un metro: questo
mi preoccupa perché, presi contempo-
raneamente, i due elementi, potrebbe-
ro presentare qualche sorpresa legata
alla corrente dell’acqua. Entro in acqua
e, dopo aver indossato le bombole e
imboccato gli erogatori, sparisco sot-
to la superficie. Scendo con cautela
perché, la scarsa visibilità, impedendo
di scorgere eventuali movimenti d’ac-
qua all’interno del sifone, mi mantiene
all’erta. A -5 m, inizio a percepire una
corrente che limita la mia progressio-
ne. Mi sposto lungo la parete che ten-
go alla mia destra, per usarla sia come
riferimento, sia come eventuale punto
cui ancorarmi. Continuo per una quin-
dicina di metri e la mia parete spa-
risce all’improvviso, piegandosi in una
seconda galleria oppure un’ansa. La
visibilità ridotta m’impedisce di capire
e, dopo un attimo di esitazione, pro-
seguo sondando la forza dell’acqua,
per esser sicuro di poterla sempre
contrastare. Dopo 80 metri emergo in
una zona aerea che però non sem-
bra il salone del fondo di Male-ho, che
Pota mi ha descritto. Depongo l’at-
trezzatura e percorro la galleria. C’è un
arrivo d’acqua da una piccola fessura
larga due metri, alta cinquanta cen-
timetri, che spara un impressionante
getto in forte pressione. Se mi dovessi
trovare a monte di un tale passaggio
sarei aspirato come fossi un fuscel-
lo. Proseguo cancellandomi dalla testa
66Speleologia
Lando la guida. Foto di Matteo Rivadossi Partenza sifone a monte di Sulpan. Foto di Matteo Rivadossi
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
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CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
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questa terrificante idea; sulla sinistra,
trovo un fiume largo cinque metri e
alto più o meno cinquanta centimetri
che scorre impetuoso su una rapida
fino a ritorcersi verso il sifone da dove
arrivo. Fortuna vuole che quest’anno
le piogge siano state scarse e il regi-
me di secca, ha lasciato che arrivassi
fino a qui senza dovere lottare contro
una corrente impetuosa e vogliosa di
ghermirmi. Guadato il fiume e risalito
qualche metro di dislivello, raggiungo
un secondo sifone. Tornerò a prende-
re le attrezzature per continuare. La
galleria asciutta è di circa 50 metri di
sviluppo e, in breve, sono pronto per la
seconda immersione.
Compagna solitudine
La solitudine è una compagna silen-
ziosa che mi aiuta a osservare den-
tro e fuori di me senza distrazioni, mi
aiuta a guidare i pensieri e le paure
infondendomi la tranquillità di avere
solo me stesso cui badare, consape-
vole dei limiti.
Sott’acqua mi tengo vicino alla pa-
rete di destra e, avanzando, arrivo
dove la corrente è molto forte: sem-
bra fuoriuscire da fessure; spostan-
domi a sinistra senza vedere oltre i
50 centimetri perdo la sensazione
della corrente, per cui non posso es-
sere nella direzione giusta. Torno un
po’ indietro, risolvendomi a passare in
quella che sembra la fessura più gran-
de. La corrente, veramente forte, vuo-
le respingere il mio attacco ma, con
cocciutaggine, tirandomi appigliato
alla roccia viva, vinco l’uscita dalla fes-
sura. Facendo attenzione di non es-
sere aspirato in altri più angusti pas-
saggi, mantenendomi contro corrente,
proseguo fino a percepire un rumore
di cascata, che significa vicina la fine
del sifone.
Riemergo, non senza difficoltà ma
con sollievo, alla base di una casca-
ta alta un paio di metri, che versa
un’impressionante massa d’acqua: il
filo d’Arianna che fisso sulla parete, mi
dice che ho percorso 90 metri. Nel la-
ghetto dove sono giunto, non ci sono
né spiaggette né massi dove accomo-
dare le bombole per provare ad ar-
rampicarmi sulle pareti scoscese. Per-
dere l’attrezzatura o parte di essa qui
significherebbe, se va bene, aspettare
non meno di dieci giorni che qualcu-
no si organizzi per venirmi a cercare,
con i rischi altissimi, nell’attesa, di piene
causate dalle piogge. Dunque rinuncio
a proseguire e, allungando il collo, in-
travedo, sopra la cascata, un cono de-
tritico e un salone che mi piacerebbe
credere siano il posto descrittomi dal
Pota.
Sistemo lo svolgi sagola e vedo la
mia pinna galleggiare per un attimo
in preda al movimento della corrente,
la afferro al volo e mi accorgo che il
lacciolo si è rotto: la terrò in mano al-
meno fino alla galleria asciutta dove in
tutta comodità potrò sistemarla. Testa
sott’acqua seguo con molta attenzio-
ne il mio benedetto filo, alle fessure mi
attacco alla lama di roccia che divide
il mio passaggio da non so cosa, e mi
lascio trascinare dalla corrente fino a
quando non sono dentro la galleria da
me sagolata. Seguo il filo tenendolo
in mano, perché è l’unico, solo rife-
rimento che mi può far tornare dai
miei amici in superficie. Nella zona
aerea, aggiusto il lacciolo della pinna
e riprendo il percorso nel primo sifo-
ne. Anche se all’andata non ho avuto
problemi nel contrastare la corrente,
Barangay Camanoan. Foto di Matteo Rivadossi Barruz quartier generale. Foto di Joni Bonifacio
67Speleologia
16a0550cai-rivista--FB 002-Volta -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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un po’ di apprensione per il rientro c’è
sempre, e rimango vigile a ogni sen-
sazione finché riemergo finalmente
dal lago dove tutto è iniziato. La de-
scrizione del salone con la cascata si
conclude con la decisione di mandare
il giorno dopo una squadra al fondo
di Male-ho per vedere se c’è traccia
del mio filo.
Gallerie e dietro front
I chilometri esplorati e topografati
aumentano: ogni sera, a tavolino ag-
giungiamo i nuovi risultati. La grot-
ta di Sulpan supera i 13 km e quella
di Male-ho raggiunge i 10 km: una
giunzione porterebbe questo sistema
al secondo posto tra le grotte più lun-
ghe delle Filippine.
Purtroppo la squadra incaricata della
verifica, constata che la sala finale da
me raggiunta, non è quella del fon-
do di Male-ho: dobbiamo provare la
congiunzione in altri punti. Se Simon
fosse ancora con me, insieme avrem-
mo potuto affrontare la cascata, ma in
solitaria, il rischio è troppo alto.
Dopo avere attentamente osservato
la cartina topografica, con la relativa
idrografia, concludiamo che l’opzione
più promettente sia entrare nel sifo-
ne a monte di Sulpan. La galleria che
s’inoltra in direzione, è agevole solo
nel tratto iniziale poi, oltre una serie
di laghetti, il cammino diventa note-
volmente fangoso e l’ambiente tetro.
Al sifone non c’è un posticino dove
appoggiare gli erogatori, le bombole
e il resto dell’attrezzatura che non sia
disastrosamente coperto da una mas-
sa fangosa, per cui metto al riparo per
quanto possibile il tutto appoggiando
le cose sui sacchi speleo del trasporto.
Quando mi avvicino all’acqua, spro-
fondo nella fanghiglia fin oltre il gi-
nocchio e, appena posso, mi allungo
cautamente nello specchio d’acqua.
Appena la testa è sotto la superficie
non vedo più niente: cinquanta centi-
metri di visibilità sono utopia. Procedo
in avanti tenendomi come consuetu-
dine, vicino a una parete molto liscia
e la sensazione di girare in tondo mi
preoccupa: non essendoci appigli sui
quali fissare il filo, la condizione è al
limite. Dopo avere svolto il filo dallo
svolgi sagola per una quarantina di
metri, raggiungo un posto dove, oltre
68Speleologia
Laghetto iniziale a Sulpan . Foto di Matteo RivadossiGallerie a valle di Sulpan. Foto di Matteo Rivadossi
16a0550cai-rivista--2/16°-""FOGLIO STAMPA FB 002""---2016-06-01T14:11:33+02:00
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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che perdere il contatto con la parete
alla mia destra, ho la strana sensazio-
ne di essere trasportato dalla corrente.
Non sono in grado di capire in qua-
le direzione questo fluido fangoso e
buio che mi circonda stia scorrendo
perciò la saggezza della rinuncia e la
percezione alta del pericolo, m’impon-
gono il dietro front.
Per realizzare la tanto agognata
giunzione delle due grotte non resta
altro che cambiare strategia esplora-
tiva, abbandonando i più “sicuri” sifoni
a monte di Sulpan e saggiare quelli a
valle di Male-ho.
I giorni passano e ormai ne man-
cano solo tre per completare il nostro
sogno.
Per raggiungere l’ingresso di Male-
ho, il sentiero nella giungla è lungo il
doppio, circa un paio di ore di tempo
per arrivare. La pioggia ha trasformato
il fango che ricopre tutto il terreno in
una patina ghiacciata e noi, non es-
sendo attrezzati con ramponi, siamo
in difficoltà non solo a camminare ma
anche a rimanere fermi in piedi. La
grotta di Male-ho, termina al fondo
con tre sifoni: uno attivo nel quale non
si può accedere perché una notevole
massa d’acqua vi penetra con corren-
te in favore, un secondo più a valle che
inizia sul fondo di un lago nero, e un
terzo, ancora più a valle che chiude
definitivamente i passaggi aerei.
Scelgo l’ultimo, ma adotto per pre-
cauzione, contro una eventuale cor-
rente in favore, una tecnica diversa
rispetto alle altre immersioni. Utilizzo,
al posto del filo d’Arianna da 2 mm,
una corda speleo da 8 mm, lunga 100
m e sopra la muta aggiungo la mia
imbracatura con gli attrezzi di risalita
della speleologia: nel caso mi trovas-
si trascinato via dalla corrente, avrei
la possibilità di contrastarla risalendo
sulla corda con la maniglia autobloc-
cante. Entro in acqua e non credo ai
miei occhi: la visibilità è finalmente
buona, 7-8 m. Scendo il pozzetto ini-
ziale verticale fino a -7 m poi, a un
bivio, scelgo ovviamente la galleria più
ampia; finalmente posso vedere dove
dirigermi e la galleria che percorro, è
per dimensioni, degna di tutte quel-
le aeree che ho percorso prima, cioè
larga oltre dieci metri e alta almeno
cinque. Niente corrente e mentre i
miei 100 metri di corda terminano, la
galleria continua. Nasce il dilemma se
andare avanti usando il filo d’Arianna,
o tornare. Calcolando il gas residuo
nelle bombole, è più sicuro rientrare.
Non sono del tutto solo: mi fanno
compagnia alcuni pesci bianchi depig-
mentati e una grossa anguilla. All’im-
bocco della galleria più piccola non
resisto alla voglia e mi ci infilo: dopo
un breve tratto anche lei si allarga alle
Laghetto iniziale a Sulpan . Foto di Matteo RivadossiGallerie a valle di Sulpan. Foto di Matteo Rivadossi
16a0550cai-rivista--2/16°-""FOGLIO STAMPA FB 002""---2016-06-01T14:11:33+02:00
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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dimensioni di una decina di metri di
diametro per tre-quattro metri di al-
tezza. L’acqua trasparente dopo una
settantina di metri inizia a intorbidir-
si. Le due gallerie potrebbero essere
comunicanti ma al momento non tro-
vo il passaggio. Torno. Uscendo dalla
grotta, di comune accordo, a parte le
bombole che vanno ricaricate, lascia-
mo tutto il resto.
Tentativi
Il giorno seguente, la pioggia tor-
renziale mi fa temere per le attrez-
zature lasciate al sifone: un’eventua-
le piena significherebbe perderle. La
pioggia che ci bagna però ci aiuta a
sopportare meglio la calura del sole,
mentre le gocce d’acqua scorrono
mescolandosi alle gocce di sudore.
Verificato che non ci sono forti cor-
renti, per l’immersione stavolta uso il
filo d’Arianna, ma la sacca con la corda
la porto ugualmente. Dopo 200 metri
totali di galleria, alla profondità massi-
ma -13 m, non trovo né un passaggio
che risale in superficie né il collega-
mento fra le due gallerie.
I giorni rimasti sono pochi e il de-
siderio di non lasciare nulla in sospeso
mi spinge a provare tutto il possibile,
così, con l’aria che ancora mi è rimasta
nelle bombole, faccio una prova nel si-
fone del lago nero. Ingresso non facile
ma con l’aiuto degli amici, possibile.
Una sessantina di metri di percorren-
za e un’uscita poi in una sala aerea,
non quella che cerco che chissà dove
si trova. Continuo ancora un po’ in un
secondo sifone ma stavolta l’aria delle
bombole al limite della ragionevolez-
za e la corda che finisce chiudono il
capitolo esplorativo. Con sacche che
pesano non meno di 15 kg e in fret-
ta e furia usciamo dalla grotta dove
alla luce del giorno, i portatori che ci
aspettavano ci offrono noci di cocco
per dissetarci.
Le grotte, i sifoni, il fango, le piogge
fanno parte dell’essenza della natu-
ra che può apparire ostile ma rimane
neutra nella sostanza, anche se a noi,
che vogliamo sfidarla per conoscerla
meglio, a volte può apparire nemica.
Diverso è per la condizione umana
che non perde occasione per dimo-
strare crudeltà in molte occasioni.
Nella piccolissima barangay Camo-
noan sorta vicino all’ingresso della
grotta, dove riposiamo prima di ri-
prendere il cammino verso la “civiltà”,
sentiamo degli spari. Verremo a sa-
pere che un ragazzo è stato preso a
fucilate e poi finito a colpi di machete
perché ritenuto spia dell’esercito.
Il viaggio del ritorno per raggiun-
gere il volo Manila-Milano è pieno
d’inconvenienti provocati dai mezzi di
trasporto scalcinati o inesistenti che
fanno temere di non riuscire a rien-
trare nei giorni previsti, ma tutto perde
d’importanza davanti al dramma an-
goscioso di vedere un bimbo, sul lato
opposto della carreggiata che stiamo
percorrendo, investito da un’auto, con
il fratellino sopra di lui che cerca di
proteggerlo, nell’indifferenza totale.
Quando siamo a casa rimane l’or-
goglio delle esplorazioni impegnative
compiute, accompagnato dai ricordi
dell’amicizia fra noi compagni di av-
ventura, delle proficue esperienze nate
incontrando persone nuove e dalle
emozioni che ci hanno ora esaltato
ora turbato e che, speriamo, ci diano
una marcia in più per crescere.70
Speleologia
Sentiero in direzione di Camonoan. . Foto di Matteo Rivadossi Lago nero al fondo di Male-ho. Foto di Matteo Rivadossi
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
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LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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16a0550cai-rivista--FB 002-Volta -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]
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16a0550cai-rivista--FB 002-Volta-Black-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 002-Volta-Cyan-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 002-Volta-Magenta-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 002-Volta-Yellow-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]PLATE: BlackPLATE: CyanPLATE: MagentaPLATE: Yellow
FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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Il 18.3.2016 si è svolta a Lecco,
presso la Sede A.P.I, l’Assemblea Ge-
nerale ordinaria dei soci del CAI se-
zione di Lecco. I punti all’ordine del
giorno erano i seguenti:
1. Elezione del Presidente dell’As-
semblea e di un Segretario dell’As-
semblea, e degli scrutatori.
2. Relazione morale del Presidente
di sezione per l’anno 2015; discussio-
ne e votazione
3. Relazione finanziaria: presenta-
zione del Bilancio consuntivo 2015 e
del Bilancio preventivo 2016; relazio-
ne del Collegio dei Revisori dei Conti
per il 2015; discussione e votazione.
4. Elezione dei consiglieri e dei
Revisori dei conti e dei Delegati se-
zionali; presentazione dei candidati;
apertura votazioni.
5. Relazioni dei responsabili di set-
tore sulle attività svolte nel 2015
6. Approvazione delle quote asso-
ciative per l’anno 2016
7. Varie ed eventuali
Hanno partecipato all’assemblea 248
soci di cui 89 per delega.
Su proposta del presidente uscente
della sezione, l’assemblea ha nomi-
nato per acclamazione all’unanimità
Giuseppe Maniglia come presiden-
te dell’assemblea, Ambrogina Farina
come segretario e come componenti
della Commissione elettorale Claudio
Milani (presidente), Luigi Canzi, Giu-
seppina Corti, Lucia Manente, Marco
Pedeferri (scrutatori).
La relazione del presidente Emilio
Aldeghi è stata approvata all’unanimità.
La relazione finanziaria del tesoriere
e dei revisori dei conti è stata appro-
vata all’unanimità con un astenuto.
Le quote associative per il 2016
sono state ratificate all’unanimità.
L’assemblea e le votazioni si sono
chiuse alle 22,45.
Lo scrutinio dei voti è stato effet-
tuato il giorno 19.3.2016 presso la
sede del CAI Lecco
Votanti (di cui 89 con delega): 248
Schede valide : 243
Schede bianche o nulle: 5
Di seguito in ordine alfabetico l’e-
lenco dei soci eletti nei vari organismi:
Componenti Consiglio Direttivo
Sezionale per il triennio 2016-2018
Arrigoni Silvano
Baruffini Adriana
Cecchini Arianna
Colombo Daniele
Giudici Marco
Locatelli Giuseppe
Molteni Stefania
Pirovano Alberto
Pozzi Carla
Riva Daniele
Riva Tiziano
Santoro Claudio
Spreafico Andrea
Spreafico Matteo
Valsecchi Stefania
Componenti Collegio dei Revisori
dei Conti per il triennio 2016-2018
Buizza Mario
Lo Bue Barbara
Panzeri Mauro
Delegati alle Assemblee Nazionali e
Regionali del CAI per l’anno 2016
Aldeghi Emilio
Ciresa Giuseppe
Ferrario Giuseppe
Orlandi Giuseppe
Pirovano Alberto
Pullano Domenico
Spreafico Andrea
I verbali dell’assemblea sono con-
sultabili in toto presso la segreteria
della sezione.
ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIAClub Alpino Italiano Sezione di Lecco “Riccardo Cassin”
72Appuntamenti
Il nuovo Consiglio Direttivo del CAI Lecco, riunitosi il 30 mar-
zo 2016, ha proceduto per votazione al conferimento delle ca-
riche istituzionali.
Sono stati eletti, tutti con 14 voti e una scheda bianca:
Presidente Alberto Pirovano
Vicepresidente Tiziano Riva
Tesoriere Arianna Cecchini
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16a0550cai-rivista--FB 002-Bianca -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]
-- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Black -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Cyan -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Magenta -- formato ref 210,0x297,0 - formato orig: 21.00cmx29.70cm -] Yellow
16a0550cai-rivista--FB 002-Bianca-Black-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 002-Bianca-Cyan-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 002-Bianca-Magenta-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate] 16a0550cai-rivista--FB 002-Bianca-Yellow-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]PLATE: Black PLATE: Cyan PLATE: Magenta PLATE: Yellow
FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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la forza per tenere duro in quei mo-
menti in cui le cose si fanno difficili.
Parlavo di collaborazione all’interno
della sezione, di creazione di rapporti
sempre più stretti con le istituzioni, di
apertura verso il mondo associativo a
noi esterno, della ricerca di visibilità in
città attraverso proposte culturali ca-
paci di mettere nell’oggetto la monta-
gna e le sue peculiarità.
La partenza è stata da subito in sa-
lita; il rinnovo dei contratti di gestione
dei rifugi ed in particolare la manu-
tenzione del rifugio Lecco hanno as-
sorbito le mie prime energie ma mi
hanno fatto intravedere collaborazioni
e disponibilità di alto profilo morale e
professionale. Poi pian piano, cercando
anche di mettere a frutto mie pas-
sate esperienze, ho iniziato a fissare
dei percorsi tesi verso quella crescita
sezionale che mi ero immaginato. Na-
turalmente nel portare avanti qualsiasi
discorso occorre avere il sostegno e
l’approvazione dell’organo principa-
le del CAI che è il consiglio direttivo
sezionale. Dopo un primo periodo di
diffidenza da parte di qualche con-
sigliere, dettato soprattutto dalla non
conoscenza del sottoscritto, il dialo-
go si è fatto sempre più costruttivo,
certamente ricco, come deve essere,
di posizioni anche differenti ma im-
portanti per mantenere nella corretta
rotta la vita della sezione.
Contrariamente alla prima, la secon-
da elezione ha visto tutti i consiglieri
concordi nel darmi il sostegno per il
triennio che si sta concludendo.
Partire con questa considerazio-
ne era certamente il miglior stimolo
per poter mantenere e concretizzare
quanto avevamo iniziato a costruire.
Non posso non partire dallo sto-
rico lavoro svolto dai Gruppi e dalle
commissioni sezionali: Alpinismo Gio-
vanile, Gruppo Età D’oro, Sci di fondo
escursionismo, Sci alpinismo, Spele-
ologia, la Scuola di alpinismo, le gite
sociali, il settore cultura in generale
con particolare rifermento al museo
della montagna presso la Torre Vi-
scontea, la redazione del notiziario, la
partecipazione a un progetto interreg
Italia-Svizzera, con una serie di atti-
vità incentrate sulla figura di Antonio
Stoppani. La meticolosità organiz-
zativa, la capacità degli istruttori e la
bellezza delle proposte ci hanno con-
sentito di vedere mantenuta un’ottima
partecipazione, così come piano piano
sono aumentati i soci della sezione.
Non era così scontato in un periodo
come quello che stiamo vivendo ricco
di incognite economiche e lavorative.
Occorre ad onor del vero segnalare
anche la decisione, da parte dei di-
retti interessati, della chiusura di due
esperienze interessanti quali quelle dei
Montagnari legati a filo doppio con lo
sci alpinismo e quello del gruppo Sal-
tafoss con la proposta della mountain
bike.
Ma se ci sono state iniziative che
hanno deciso, almeno momentanea-
mente, di sospendere la propria attivi-
tà, è bello anche dare evidenza che il
gruppo autonomo dei Beck, dedito alla
73Appuntamenti
E’ certamente cosa comune per
tutti partire con un traguardo
lontano e, una volta raggiun-
to, viverlo come fosse stato un soffio
di vento. Per poter dare concretezza
al tempo trascorso occorre cercare di
ripercorrere il lavoro svolto e rivivere
gli sforzi fatti per tentare di raggiun-
gere gli obiettivi che mi ero prefissato.
Ho deciso sei anni fa di provare ad
iniziare l’avventura della presidenza
del CAI Lecco. Avevo partecipato alla
vita della sezione come consigliere e
come presidente dell’alpinismo giova-
nile. Queste esperienze mi avevano
trasmesso l’immagine di una sezione
statica, troppo appoggiata alle pur no-
tevoli ed interessanti attività e fonda-
mentalmente chiusa su se stessa.
Stavo maturando un interesse verso
la vita della sezione che andava oltre
la semplice frequentazione e volevo
avere la possibilità di ridare impulso
a questa nostra associazione che ha
rappresentato, rappresentava e rap-
presenta una grande risorsa per il
territorio lecchese. Non bastava però
essere una voce critica, occorreva
dimostrare, almeno nelle intenzioni,
che migliorare era possibile. La con-
seguenza logica di questi pensieri è
stata la discesa in campo per guidare
l’associazione. Con un pizzico di for-
tuna, per il rotto della cuffia, sono sta-
to eletto presidente per i miei primi tre
anni di mandato.
Ho presentato un programma for-
se ambizioso ma fortemente voluto
perché credo ancora che solo con
obiettivi alti e stimolanti si può avere
SEI ANNI IN VETTALa relazione del presidente uscente all’assemblea del 18 marzo
di Emilio Aldeghi*
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16a0550cai-rivista--FB 001-Bianca -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]
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16a0550cai-rivista--FB 001-Bianca-Black-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 001-Bianca-Cyan-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 001-Bianca-Magenta-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]16a0550cai-rivista--FB 001-Bianca-Yellow-Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]PLATE: BlackPLATE: CyanPLATE: MagentaPLATE: Yellow
FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
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NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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manutenzione dei sentieri e ad altre
attività di sostegno sociale, ha deci-
so di costituirsi come commissione
sentieri del CAI Lecco. Naturalmente
la commissione non è un nucleo chiu-
so ed ogni forma di partecipazione
dei soci è quanto mai gradita perché
questa è un’attività che riveste un’im-
portanza fondamentale per il territorio
e i cui intenti sposano in pieno la filo-
sofia del Club Alpino Italiano.
Fra le iniziative editoriali ricordo il
libro Un sentiero lungo 50 anni, dato
alle stampe in occasione del 50° del
gruppo di Alpinismo Giovanile, la pub-
blicazione del volume Sulle tracce di
Antonio Stoppani. Percorsi fra monta-
gna, scienza ed arte in Lombardia e
Canton Ticino, che ha accompagnato
l’omonima mostra, nonché la riedi-
zione di importanti documenti storici,
come la Guida-itinerario alle Prealpi
Bergamasche con prefazione del prof.
Antonio Stoppani, del 1888.
Non è mancata la riproposizione del
Raduno del CAI Lecco ed il notevole
sforzo per allestire, in collaborazio-
ne con la Fondazione Cassin, l’evento
Monti Sorgenti, una rassegna che sta
raccogliendo il consenso unanime del
mondo della montagna in un confine
che ha superato di gran lunga lo spa-
zio locale.
Certamente e giustamente in sordi-
na è stato il lavoro dei vari gruppi nel
sostenere momenti di solidarietà.
E’ con orgoglio che posso dire che il
CAI di Lecco è diventato interlocutore
importante sia verso le istituzioni che
nel rapporto con tante altre associa-
zioni.
La vita della sezione si è più volte
animata con piccole feste organizzate
dai vari gruppi. Forse per conoscer-
ci meglio si potrebbe provare a fare
festicciole tra i gruppi. Pensateci. Nel
frattempo abbiamo riscontrato una
discreta risposta proponendo una
volta al mese in sezione la proiezione
di film che hanno visto coinvolti an-
che autori locali. Ottimamente valu-
tati sono stati i film prodotti dal CAI
Lecco, distribuiti sul canale on demand
della Gazzetta dello sport .
Grande apprezzamento da parte di
tutti i soci è sempre stato rivolto alla
nuova versione della rivista sezionale.
Ci sono anche iniziative che stanno
germogliando e che spero possano
essere portate a frutto da parte del
nuovo Consiglio e della nuova presi-
denza del CAI Lecco. Mi riferisco al
gruppo di lavoro intersezionale che
vede attualmente unite le sezioni di
Lecco, Valmadrera, Mandello e Calol-
ziocorte. Poter discutere insieme su
temi propri dell’associazione CAI e ri-
uscire a portarli nelle sedi decisionali a
livello regionale diventerà sempre più
di imprescindibile importanza.
Nel frattempo siamo riusciti a fare
eleggere persone della nostra sezione
in ambito regionale. Al prossimo con-
siglio l’onore e l’onere di portare nostri
soci nel consiglio nazionale.
Altro piccolo seme piantato è lo
sforzo di far nascere una nuova sotto-
sezione legata al CAI Lecco. I presup-
posti ci sono ma occorrerà lavorarci
con costanza, senza fretta, attraverso
un dialogo franco e rispettoso.
Se ho lavorato bene o male sare-
te voi a valutarlo, certamente ci ho
messo passione e impegno. Ho de-
ciso di non mettermi in lista come
consigliere non perché voglio abban-
donare la barca, tutt’altro: ritengo che
nuove forze possano essere portatrici
di nuovi stimoli. Il mio supporto se ri-
chiesto non mancherà assolutamente.
In ogni caso, se eletto, porterò avanti
come delegato il rapporto istituzionale
con il CAI Regionale e Centrale.
Ringrazio le tante persone che mi
hanno aiutato; se le elencassi farei
solo un torto a qualcuno dimentican-
dolo. Diciamo che ho sentito un corpo
associativo respirare insieme.
Però non vorrei dimenticare chi in
questo momento non c’è più o sta
soffrendo. Per gli amici che abbia-
mo incontrato sulla nostra strada e ci
hanno salutato chiedo un momento di
silenzio e con questo un ultimo gran-
de grazie a tutti.
*Presidente CAI Lecco “Riccardo Cassin”
74Appuntamenti
Emilio Aldeghi
16a0550cai-rivista--FB 001-Volta -Bianca/volta giro pinza - Carta: 88.0 * 64.0 cm mm - 129.99999656 g/m² g. - Punto metallico -2016-06-01T14:11:33+02:00 - $[PlateDate]
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
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PIEGA A: 16°
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regista lecchese Nicoletta Favaron e
prodotta dal Cai Lecco.
In tema di storia dell’alpinismo non
poteva mancare l’ormai tradiziona-
le mostra itinerante che questa volta,
curata da Matteo Manente, racconta
l’amicizia fra Esposito, Tizzoni e Cas-
sin attraverso le loro scalate più si-
gnificative e importanti, mentre stralci
delle mostre storiche realizzate per le
precedenti edizioni di Monti Sorgenti
sono ospitate da alcuni bar del centro,
nell’ambito dell’iniziativa “Aperitivo on
the rocks”.
Riproposti per il secondo anno i due
concorsi nazionali “Grignetta d’Oro”,
riservato ai migliori protagonisti del
panorama verticale italiano, e “Lec-
co eXtra-Corti Contest”, dedicato ai
nuovi linguaggi cinematografici che
caratterizzano il mondo del web.
Da ricordare anche il convegno su
attualità e prospettive dei rifugi alpi-
ni e il momento letterario dedicato
al libro Montecristo-Dentro i segreti
della natura selvaggia di Marco Albino
Ferrari.
In chiusura, la giornata riservata ai
più giovani sulle pendici del Resegone,
nei pressi della baita del gruppo se-
zionale di Alpinismo Giovanile.
Un cenno infine alla musica che
accompagna alcuni eventi: l’orche-
stra del liceo musicale G.Grassi, per la
proiezione del film “Prima il dovere”, la
musica dal vivo del pianista jazz Mar-
co Detto al Teatro della Società, e il
duo Luca Pedeferri – Lello Colombo
che, come da tradizione, ravviva l’i-
naugurazione della mostra storica.
www.montisorgenti.it
“Monti Sorgenti” è una
rassegna nazionale de-
dicata alla montagna
organizzata dal Club Alpino Italiano,
sezione di Lecco, e dalla Fondazione
Riccardo Cassin. Ogni anno propone in
città una settimana di eventi, mostre,
serate e incontri.
Il tema innovativo del 2016 è la
creatività, interpretata da atleti e clim-
ber (fra questi il trail runner spagno-
lo Pablo Criado Toca e l’esploratore
Danilo Callegari), protagonisti a livello
internazionale, le cui imprese al limite
dell’estremo hanno saputo coniugare
l’alpinismo con altre discipline o decli-
narlo in ambienti inusuali.
Ma creatività anche nell’arte della
fotografia, con gli emozionanti ritratti
di alpinisti del celebre fotografo Giu-
lio Malfer, e dei film con la storia di
Dino Piazza, protagonista di un’inedita
pellicola, “Prima il dovere”, firmata dalla
L’ALPINISMO E’ QUIL’appuntamento di maggio con “Monti Sorgenti”
Il Fitz Roy di Bruno Biffi
23 febbraio 1976: Casimiro Ferrari e Vittorio Meles raggiungono
la vetta del Pilastro Est del Fitz Roy, in Patagonia. Al confine fra
Cile e Argentina. Gli altri componenti della spedizione sono Floria-
no Castelnuovo, Gianluigi Lanfranchi, Guerrino Cariboni, Gianni
Stefanon, Amabile Valsecchi, Franco Baravalle, Giacomo Pattarini
e Giovanni Arrigoni. Una scalata di 1500 metri su roccia granitica
che “per Casimiro è la salita più bella, la più difficile”(CAI LECCO,
120 anni).
A quarant’anni di distanza, il 19 gennaio 2016, i Ragni Matteo del-
la Bordella e David Bacci effettuano la prima ripetizione.
Alla via dei Ragni al Fitz Roy, Bruno Biffi dedica l’incisione rea-
lizzata per la sesta edizione di Monti Sorgenti e stampata in un
numero limitato di copie.
L’artista conferma con questo lavoro il suo impegno a favore di
Monti Sorgenti, iniziato già con la prima edizione della rassegna.
Anno dopo anno, le sue montagne incise, riprodotte sulla copertina
della brochure, sono diventate una sorta di simbolo, di icona della
manifestazione.
Il Fitz Roy nell’incisione realizzata da Bruno Biffi per Monti Sorgenti 2016
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TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
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CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONI FIRME X APPROVAZIONE
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RECENSIONI
76Recensioni
LA CREATIVITA’ DELLA GENTE DELLA VALSASSINA
di Renato Frigerio
È di conforto in questi tempi prendere atto dello sforzo editoriale dell’editrice A.G. Bellavite di Missaglia, che è riuscita a portare a termine brillantemente un progetto grandioso e ambizioso, nell’intento di riportare alla memoria, soprattutto per le ultime generazioni, le origini dell’inventiva e dell’attitudine manifatturiera della gente che ha creato i presupposti del benessere riscontrabile nel territorio lecchese. Questo progetto, coordinato da Giacomo Camozzini, è stato realizzato attraverso la produzione di una corposa quadrilogia che, per poter offrire un quadro completo del tema così come è stato concepito, dovrebbe essere presa in considerazione nel suo insieme, anche se ogni singolo volume dell’opera può riuscire a soddisfare pienamente chi è invece in-
teressato semplicemente all’approfondimento di uno specifico argomento. Quattro volumi annunciati come “un itinerario delle mani, della mente, del cuore, con immagini inedite e storie antiche”, redatti, a cura di autori particolarmente competenti e appassionati negli specifici settori, con il medesimo impegno di offrire ai lettori i sorprendenti risultati di un’approfondita ricerca storica, che si è spinta fino al punto dove le diverse vicende sono state colte nella valida documentazione cui si fa riferimento, e che viene accreditata dalla ricchezza delle immagini riprodotte a corredo.
Angelo Sala, Giacomo Camozzini, Domenico Flavio RonzoniCento anni di sci in Valsassina – Quando la Lombardia ha messo gli ski
Pierfranco Invernizzi, Matteo Lambrugo, Marco TizzoniMemorie dal sottosuolo – Per una storia mineraria valsassinese
Pietro Buzzoni, Giacomo Camozzini, Ruggero MelesAlpinismo pioneristico – Tra Lecco e Valsassina
Pietro Buzzoni, Giacomo Camozzini, Michele CortiArte casearia e zootecnica – Tradizioni da leggenda in Valsassina
A.G. Bellavite, Missaglia, dicembre 2015-2016
RICORDANDO MARCO ANGHILERI
di Renato Frigerio
L’autore, un giornalista che, oltre a saper tutto dell’alpinismo, se ne è anche follemente innamorato, traccia il cammino alpinistico del giovane lecchese che ha perso recentemente la vita precipitando da una parete del Monte Bianco, proprio quando si trovava a poche bracciate dal raggiungere la presti-giosa conquista della prima solitaria invernale della via “Bardill” al Pilone Centrale del Freney, che aveva lungamente sognato.
È forse indispensabile, prima di accingersi alla lettura del suo corposo volume, percepire qualcosa dello scrittore e dello stesso protagonista, dedicando un po’ di tempo alla consultazione riflessiva del capitolo conclusivo. Anzi, è proprio necessario partire da lì, dove viene espressa magnificamente la concezione profonda che alberga nel cuore e nella mente di Giorgio Spreafico riguardo all’alpinismo e alla montagna, e dove viene pure messa a fuoco la reale personalità di Marco Anghileri. Fatto questo, si potrà chiaramente comprendere come l’avvincente particolarità che prende risalto nel lungo racconto abbia origine in gran parte dall’armonioso rapporto di amicizia che ha legato entrambi i personaggi.
L’autore ha ritenuto importante e decisivo anche inquadrare la storia del quarantunenne alpinista, dal tratto giovanile sia nel suo aspetto fisico come nelle sue espressioni caratteriali, nell’ambito dell’ec-
cezionale tradizione alpinistica dell’ambiente dove è nato e cresciuto, tanto nel riferimento familiare che in quello notoriamente im-portante del territorio lecchese. Sono tutti elementi che vengono trattati con rara competenza e con una partecipazione che risulta palpabile ad ogni pagina, grazie ai quali il volume riesce a catturare l’interesse del lettore lungo un percorso esistenziale costituito da episodi avvincenti, spesso emozionanti e toccanti, pur nella semplicità di un ragazzo straordinario che non si dava mai nessuna importanza.
Ognuno dei cinquanta capitoli prosegue con una logica continuità biografica, ma nello stesso tempo risulta esaustivamente completo in se stesso, quasi fosse un articolo che può venire letto indipendentemente dal resto. Potrebbe sembrare un indovinato accorgimento per alleggerire una lettura di ben cinquecento pagine, consentendo di farle scorrere a più riprese: a condizione di non esserne stati prima contagiati, al punto tanto coinvolgente da non resistere al fascino di continuare a seguire immediatamente le vicende che si susseguono.
Giorgio SpreaficoLa scala dei sogniTeka Edizioni, Lecco, 2015
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L’ANELLO INTORNO AL NANGA PARBAT
di Adriana Baruffini
Nanga Parbat, ”la montagna nuda” o Diamir, “la regina delle montagne”, sono i due nomi con i quali le popolazioni locali di lingua urdu chiamano questo imponen-te ottomila, situato interamente in territorio pakistano al limite occidentale della catena himalayana. Le sue tre grandi pareti, Rupal, Diamir e Rakhiot, sono tra le più imponenti del mondo, superando i 3000 metri di sviluppo che diventano 4500 nel caso del Rupal.
Paola Favero, alpinista appassionata, scrittrice di montagna e forestale, ha percorso un trekking che, unico tra tanti,”gira attorno al Nanga Parbat quasi chiudendo un cerchio, passando sotto le grandi pareti che ne hanno raccontato la storia alpinisti-ca, ma incontrando anche villaggi, foreste, fiumi, ghiacciai, campi … e poi alberi, fiori, occhi di bambini, canti, fuochi, leggende…”.
Il libro è una narrazione di questo viaggio, condotta su un registro essenzialmente poetico, dove a parlare sono soprattutto le immagini, con solo brevi commenti per comunicare impressioni, sensazioni, sentimenti, elementi appartenenti alla sfera del sogno. Ci sono fotografie che alternano visioni di pareti, ghiacciai, passi, villaggi, ambienti naturali ricchi di fiori e di alberi, a ritratti di persone e soprattutto di volti.
E poi ci sono i disegni realizzati con mine e matite nere e colorate dalla mano sapiente di Luisa Rota Sperti, qualche volta in con-nubio con le fotografie. Nella prefazione scritta da Kurt Diemberger si legge in proposito: I disegni e le pitture di Luisa Rota Sperti svelano un mondo non classificabile ed è questo che rende così affascinante il mondo del Nanga Parbat…Leggendo e osservando pagina dopo pagina del libro si capisce che il Nanga Parbat non è semplicemente “la montagna nuda” limata dalle valanghe oppure “il re delle montagne”- ma che nel significato della parola “Diamir” ci sono anche gli spiriti e le fate del monte.
Nell’ultima parte del libro trovano spazio la storia alpinistica della montagna, a cura di Carlo Caccia e le interviste ad alcuni per-sonaggi le cui vicende di vita sono indissolubilmente legate al Nanga Parbat (Eugenie Buhl, Reinhold Messner, Nives Meroi, Silke Unterkircher, Simone Moro)
Paola FaveroDiamir. La montagna delle fateDisegni di Luisa Rota SpertiPresentazione di Kurt DiembergerEdizioni DBS, gennaio 2016
LA FLORA DEL MONTE BARRO
di Adriana Baruffini
La ricchezza floristica del Monte Barro è stata oggetto di numerose pubblicazioni specialistiche
(ricordiamo fra queste il volume di Giovanni Fornaciari pubblicato nel 1986 e giunto alla terza edi-zione nel 1994), che ne hanno illustrato le specie endemiche, i relitti glaciali, l’eccezionale biodiversità e tutte le caratteristiche grazie alle quali il parco del Monte Barro è stato incluso dall’Unione Europea fra i Siti di importanza comunitaria per le emergenze botaniche.
L’ultimo lavoro sull’argomento è questo libretto che si distingue per il suo carattere divulgativo, pur non rinunciando al rigore scientifico, con il pregio di poter essere portato nello zaino durante le escursioni e utilizzato come guida al sentiero botanico “Giovanni Fornaciari” al quale è dedicato un capitolo.
Dopo alcune pagine introduttive di inquadramento territoriale, la parte più corposa del libro è costituita dalle schede delle specie classificate in base all’ambiente che ciascuna di esse predilige: vegetazioni rupestri, prati, arbusteti, boschi. A ciascun ambiente è associato un colore. Le schede, corredate da fotografie, sono organizzate in ordine alfabetico, secondo il nome scientifico della
specie, e informano su famiglia di appartenenza, distribuzione, periodo di fioritura, forma della pianta. La corrispondenza fra nome scientifico e nome volgare è reperibile in un elenco alfabetico esaustivo che occupa le ultime pagine del libro, appena prima di una ricca bibliografia di approfondimento.
Federico Bonifacio, Guido Brusa, Mauro VillaAlla scoperta della flora del Monte Barro. Un parco da vivere
A.G. Bellavite editore, Missaglia, dicembre 2015
77Appuntamenti
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AGEVOLAZIONI E BENEFICI PER I SOCI
Agli associati è garantita la copertura assicurativa per infortuni che si verifi-chino nell’ambito di iniziative organizzate dal Sodalizio, ivi compresi i corsi e le scuole, oltre alla copertura assicurativa del Soccorso Alpino per attività sia sociali che personali.I soci possono essere assicurati per gli infortuni in attività personale richie-dendo la copertura assicurativa presso la sezione di appartenenza.Il socio ordinario riceverà al proprio domicilio la rivista mensile del Cai “Mon-tagne 360” e la rivista quadrimestrale sezionale ”CAI Lecco 1874”.Tutti gli associati, con la presentazione della tessera riportante il bollino relati-vo al 2016, potranno usufruire degli sconti previsti dalle convenzioni indicate nell’apposito riquadro.Tutti gli associati potranno usufruire gratuitamente dei servizi offerti dal-la sezione: accesso alla documentazione presente nella biblioteca sezionale, utilizzo di internet, lettura dei periodici e delle riviste presenti in sede.Tutti gli associati otterranno sconti sull’acquisto di libri o pubblicazioni del CAI.
IL RINNOVO DELLA TESSERA PUÒ ESSERE EFFETTUATO:
In sede:Tutti i martedì non festivi dalle ore 20:30 alle 22:00.Tutti i venerdì non festivi dalle ore 18:00 alle 20:00 con pagamento in con-tanti, con assegno o con BancomatIn alternativa, il pagamento potrà essere effettuato a mezzo:a) Bollettino c/c Postale n. 12049227 intestato a C.A.I. Sezione di Lecco.b) BANCA POPOLARE DI SONDRIO, Agenzia di Piazza XX Settembre a Lecco, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco, Codice IBAN IT07J0569622902000002154X06.c) DEUTSCHE BANK, sul conto corrente intestato a C.A.I. Sezione di Lecco, IBAN IT74I0310422901000000024150.d) Modello MAV che verrà inviato ai soci ritardatari dalla BANCA POPOLARE DI SONDRIO
Ricordiamo che il bollino può essere spedito per posta a domicilio, con un contributo, per socio o per nucleo familiare, di € 2,00 per spese postali e di segreteria. Con il bollino verrà inviato il bollettino di c/c postale pre-com-pilato per il pagamento. I soci interessati dovranno contattare la Segreteria telefonicamente o per lettera.
CALENDARIO CHIUSURA SEDE
La sede rimarrà chiusa dal 1 al 25 agosto
INFORMAZIONI DALLA SEGRETERIA - TESSERAMENTO
78Informazioni
QUOTE SOCIALI 2016
Riportiamo qui di seguito le quote sociali per il 2016.
Socio Ordinario € 46,00Socio Ordinario* € 24,00(nati dal 1990 al 1998)Socio Familiare € 24,00Socio Giovane** € 16,00(nati nel 1999 e anni seguenti)Socio Vitalizio € 20,00Tessera per i nuovi Soci € 5,00Duplicato Tessera € 2,00
*Al Socio ordinario di età compresa tra i 18 e i 25 anni viene applicata automaticamente la quota dei soci familiari. Tale Socio godrà di tutti i diritti del socio ordinario.
**Socio giovane: a partire dal secondo figlio giova-ne in poi, il socio giovane verserà la quota di € 9,00. Si precisa che per poter usufruire dell’agevolazione prevista, il socio giovane dovrà avere un socio or-dinario di riferimento (capo nucleo) in regola con il tesseramento dell’anno in corso ed appartenere ad un nucleo familiare con due o più figli giovani iscritti alla Sezione.
DIMISSIONI E MOROSITA’
Il socio può dimettersi dal Club Alpino Italiano in qualsiasi momento; le dimissioni devono essere presentate per iscritto al Consiglio Direttivo della Sezione, sono irrevocabili ed hanno effetto im-mediato, senza restituzione dei ratei della quota sociale versata.
Il socio è considerato moroso se non rinnova la propria adesione versando la quota associativa annuale entro il 31 marzo di ciascun anno sociale; l’accertamento della morosità è di competenza del Consiglio Direttivo della Sezione; non si può riac-quistare la qualifica di socio, mantenendo l’anzianità di adesione, se non previo pagamento alla Sezione alla quale si era iscritti delle quote associative an-nuali arretrate. Il socio di cui sia stata accertata la morosità perde tutti i diritti spettanti ai soci.
LUTTI
CONVENZIONI
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
STAMPA
LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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LUTTI
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Per ottenere gli sconti indicati è necessario esibire la tessera del CAI Lecco regolar-mente rinnovata. Possono usufruire delle convenzioni anche i soci delle sottosezioni del CAI Lecco: CAI Barzio, CAI Ballabio, Strada Storta.NB: Per le società commerciali o aziende che volessero attivare iniziative di promo-zione o sponsorizzazione con il CAI Lecco telefonare allo 0341-363588 (orari apertura sede) o al 3393216291.
CONVENZIONI
79Informazioni
Fra la seconda metà del 2015 e i primi mesi di quest’anno ci
hanno lasciato:
Gianpiero Selva, socio dal 2002
Sergio Ripamonti, socio dal 1999
Andrea Rupani, iscritto al CAI Lecco dal 1975, gestore del rifu-
gio Lecco ai Piani di Bobbio.
Natale Invernizzi, socio dal 1976
Vanda Mascetti, iscritta al CAI dal 2008
Matteo Palmieri, socio dal 2003
Il 28 marzo è inoltre scomparso Gigi Alippi, personaggio di
grande spicco nel panorama alpinistico lecchese. Lo ricordia-
mo pubblicando nella sezione “Sentieri e parole” il primo di tre
articoli scritti da Gigi per questa rivista, con un testo di Renato
Frigerio che ne delinea la figura di alpinista.
Ai famigliari degli scomparsi la partecipazione affettuosa di
tutta la sezione
L’EREDITA’ DI ANDREA
A metà gennaio è scomparso Andrea Rupani, il nostro “ri-
fugista” alla Lecco. Per anni è stato il punto di riferimento
per i frequentatori dei piani di Bobbio, fossero essi sciatori,
alpinisti, cacciatori o semplici turisti.
Ci lascia un vuoto enorme. Ci mancheranno i suoi sorrisi,
ma anche i rimbrotti con i quali cercava sempre di spingere
verso la perfezione. Una perfezione di cui cercava riscontro
nella soddisfazione dei clienti, una perfezione che non gli ba-
stava mai.
Andrea, figlio di capanat, come anche la moglie Eugenia,
era cresciuto alla Lecco, prima di lui gestita dal papà Piero, ed
era ormai impossibile separare il nostro rifugio dalla sua per-
sonalità esuberante, ma anche seria e professionale. Gestiva
il rifugio sentendolo proprio e mettendoci una passione ed un
amore incontenibili, con al centro, sempre, i clienti che diven-
tavano ospiti e più spesso amici. Per noi è stato un esempio
chiaro di come dovrebbe essere gestito un rifugio del CAI e ci
riempie di orgoglio averlo avuto tra noi.
Andrea ha seminato bene ed ha lasciato la propria eredità
di competenza e passione alla moglie Eugenia e ai figli Mi-
chela e Davide, che continueranno la sua opera. Noi del CAI
Lecco siamo vicini ai famigliari non solo con le dovute parole
di cordoglio, ma con la promessa di continuare a sostenerli
nelle loro scelte e nel loro lavoro. Il miglior modo per ricor-
dare Andrea.
Alberto Pirovano
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
CONTROLLO TESTA INTERNO/COP: SI NO
CONTROLLO POSIZIONE PINZA: SI NO
CONTROLLO UNGHIA: SI NO
NOTE/VARIAZIONIFIRME X APPROVAZIONE
PRESTAMPA
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LEGATORIA
INVIATO IMPOSTAZIONE A:
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CPC System 4GS digital Version 1.30 SM 102 © 1999 Heidelberger Druckmaschinen AGCPC System 4GS digital Version 1.30 SM 102 © 1999 Heidelberger Druckmaschinen AG
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FORMATO CARTA: 88.0 * 64.0 cm
TIPO DI RILEGATURA A: Punto metallico
PIEGA A: 16°
GIRO CARTA: Bianca/volta giro pinza
RIENTRI: SI NO
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