povertà oggi. nuovi percorsi di comunità
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ISBN 978-88-89984-24-6
© 2011 - CSV Centro di Servizio per il Volontariato della Provincia di Padovavia dei Colli, 4 - 35143 Padovatel. 049 8686849 - 049 8686817fax 049 8689273www.csvpadova.org - info@csvpadova.org
COLLANA ELEMENTIDirezione editoriale: Alessandro LionImpostazione grafica: Anna Donegà
Tutti i diritti sono riservati
Il presente volume è il risultato del lavoro collettivo del gruppo di ricerca-azione “Povertà Oggi” promosso dal CSV di Padova. I singoli capitoli sono stati redatti da: Santina Mingari, Laura Camilleri, Nella Sattin, Lucia Toffano, Maria Beatrice Belluco, Pier Gianni Tinello, Andrea Fugolo, Benedetta Lorenzoni, Fabio Vascon, Matteo Delon, Ferdinando Passudetti, Enrica Veronese.
IndiceIntroduzione...............................................................................................7Ringraziamenti.........................................................................................12Capitolo 1: Il fenomeno povertà.............................................................15
1.1. La povertà economica in Italia......................................................161.2. Uno sguardo alla povertà nella Regione Veneto...........................181.3. La povertà nella Bassa Padovana..................................................20
1.3.1. Profilo geografico.....................................................................201.3.2. Profilo sociale...........................................................................211.3.3. Profilo demografico..................................................................24
1.3.3.1. Saldo demografico, flussi migratori e stranieri ..................251.3.3.2. Età della popolazione..........................................................271.3.3.3. Composizione familiare e stati civili...................................281.3.3.4. Istruzione............................................................................30
1.3.4. Profilo occupazionale...............................................................321.3.4.1. Occupazione e disoccupazione...........................................321.3.4.2. Unità di Lavoro....................................................................381.3.4.3. Assunzioni, cessazioni ed ingressi in mobilità.....................391.3.4.4. Cassa Integrazione Guadagni .............................................401.3.5. Disagio abitativo....................................................................421.3.6. Minori e famiglie...................................................................451.3.7. Disagio sociale.......................................................................46
1.4. Conclusioni....................................................................................48Enti Pubblici ed Organizzazioni che hanno contribuito all’indagine.....50
Capitolo 2: L’ analisi del fenomeno povertà...........................................512.1. La povertà e la creazione dello strumento di indagine..................522.2. Gli Intervistati................................................................................532.3. Risultati delle interviste sul campo...............................................55
Capitolo 3: L’ Offerta dei Servizi..............................................................603.1. Impostazione della ricerca: strumenti e metodologia..................603.2. Il contrasto al fenomeno povertà nel Piano di Zona.....................613.3. Risultati della rilevazione con interviste.......................................67
3.3.1. L’ offerta dei servizi-intervento degli Enti Pubblici...................673.3.2. L’ offerta dei servizi-interventi degli Enti non profit.................76
3.4. Considerazioni conclusive.............................................................81Enti ed Organizzazioni contattati..........................................................84
Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità
Capitolo 4: Gli Immaginari sociali della comunità locale sulla povertà e le persone povere..................................................................................85
4.1. I Destinatari immaginati dalle azioni contro la povertà e la coeren-za dei progetti sociali......................................................................854.2. Immaginario sociale....................................................................864.3. Progetti e azioni..........................................................................874.4. Emotività.....................................................................................904.5. Relazionalità................................................................................924.6. Interpretazione dei dati..............................................................93
Capitolo 5: Priorità e Proposte..............................................................975.1 Disagio lavorativo.........................................................................985.2 Disagio abitativo..........................................................................985.3 Creazione di una rete di relazioni...............................................99
Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità
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Introduzione
“Povere sono le persone che non trovano in se stesse e nell’ambientele risorse per rispondere ai bisogni vitali
(alimentazione, istruzione, salute e lavoro)e sono private di opportunità per offrire alla comunità i valori,
la ricchezza umana di cui tutti siamo portatori…”Mons. Giuseppe Pasini
Siamo un gruppo di organizzazioni non profit e di cittadini, che hanno aderito al percorso “Povertà oggi”, promosso per il periodo novembre 2010 – maggio 2011 dal Centro Servizio Volontariato provinciale di Padova e destinato ad operatori del Terzo settore attivi sul territorio dell’Azienda ULSS 17. Tale percorso, avendo mirato all’acquisizione di conoscenze e competenze metodologiche utilizzabili per affrontare problemi diversi, ha puntato al conseguimento di obiettivi specifici centrati intorno al tema della “povertà”, che possono riassumersi nell’acquisire capacità di analisi di un dato territorio (in questo caso la Bassa Padovana), soprattutto degli aspetti e delle dimensioni del problema individuato (la povertà appunto) definendo, rispetto al tema, gli immaginari sociali della comunità locale, le strategie d’intervento, le questioni prioritarie e le relative azioni.
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Povertà oggi. I partecipanti
Nome Cognome Organizzazione Comune Ambito operativo
Maria Beatrice
Belluco cittadina Due Carrare
Laura Camilleri AVO Conselve Socio sanitario Anziani e disabilità
Beatrice Damiani Ass. Khorakhané
Abano Terme
Integrazione
Matteo Delon A.I.C.E. Este Assistenza malati di epilessia
Andrea Fugolo cittadino Padova
Benedetta Lorenzoni Coop. sociale “Mamme insieme”
Monselice
Santina Mingari Caritas Ass. San Vincenzo
Este Disagio sociale
Ferdinando Passudetti Centro Aiuto alla Vita
Padova
Aldo Reggiani Ass. Sine modo Fraternità di Betlemme
Tribano Disagio sociale Ospitalità e sostegno
Nella Sattin Ass. La Finestra Montagnana Socio sanitario Assistenza anziani
Pier Gianni Tinello A.I.M.A.D. Euganea
Este Assistenza malati di Alzheimer
Lucia Toffano AVO Conselve Socio sanitario Anziani e disabilità
Fabio Vascon Ass. La Goccia Baone Affido familiare
Enrica Veronese AVOCaritas
Monselice Socio sanitario Disagio Sociale
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La nostra età e provenienza è varia e siamo quasi tutti residenti nel territorio selezionato, vale a dire i distretti di Conselve e Monselice, Este e Montagnana. Ciò ha favorito il nostro approccio di ricerca su un territorio da noi conosciuto, tanto più che condividiamo una particolare attenzione per le tematiche relative alla povertà e al disagio, non riferite unicamente agli aspetti economici e materiali. Un’attenzione resa più sentita e viva nel tempo dalle personali esperienze in attività sociali e assistenziali all’interno di associazioni e organizzazioni operanti appunto sul territorio.
Il nostro excursus di approfondimento è consistito in una vera e propria esperienza di ricerca sul campo.
L’obiettivo generale è stato quello di comprendere la portata del fenomeno povertà sul territorio ed elaborare un quadro di priorità e di proposte al fine di dare un contributo a tutti gli attori che hanno responsabilità nella realizzazione delle politiche sociali.
L’ambito sociale e geografico di riferimento della nostra ricerca-azione è costituito dalla Bassa Padovana, non solo perché è il contesto nel quale siamo inseriti, ma anche perché è la realtà nella quale, ai problemi tipici di un territorio periferico rispetto alle grandi vie di comunicazione e rispetto allo sviluppo socio-economico della seconda metà del secolo scorso, si sono aggiunte le drammatiche conseguenze della crisi di questi ultimi anni, che hanno reso più difficili le condizioni di vita di numerose famiglie, sia italiane sia di immigrati. È accaduto infatti che, anche nel Veneto, per anni considerato locomotiva dell’economia nazionale, la recessione abbia determinato situazioni di indigenza e di disagio sempre più diffuse, alla cui origine vi sono varie concause, quali la perdita del posto di lavoro in conseguenza della chiusura di fabbriche e minore occupazione; redditi familiari insufficienti a far fronte al costo reale della vita; indebitamento progressivo, persino di nuclei familiari prima sostanzialmente estranei a tale tipo di difficoltà. Questo solo per citare gli aspetti più evidenti del fenomeno e senza dimenticare che quanti ne sono colpiti tendono spesso a nascondere la situazione. È ciò che si legge nei rapporti redatti periodicamente da osservatori come la Fondazione Zancan, quando ricordano le forme di povertà, nuove e vecchie, rilevando che – sia pure con un trend non lineare – il numero delle famiglie venete povere è sensibilmente aumentato tra il 2003 e il 2010. In particolare
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nella provincia di Padova, oltre alle situazioni di povertà cronica e storica, ve ne sono altre “dovute al sopraggiungere di separazione, divorzio, violenze e malattie”. Ad aggravare i problemi poi si sommano talora altre questioni: spese impreviste o spese che diventano difficili da sostenere come l’affitto (l’aumento degli sfratti è indicativo di questa sofferenza), il mutuo, le bollette, le spese per malattie, etc.
La Bassa Padovana non sfugge a questi rilievi, anzi gli elementi di cui disponiamo – sia pure con i limiti intrinseci alla conoscenza statistica del fenomeno, notoriamente poco visibile perché tendenzialmente rimosso – confermano la rilevanza primaria del tema povertà per questa area. Non da ultimo vale la pena sottolineare l’esperienza di ciascuno di noi, e soprattutto delle nostre associazioni sparse sul territorio, che ci fa toccare con mano esigenze, bisogni, richieste e drammi delle tante persone che vi si rivolgono per chiedere un sostegno, vincendo spesso il pudore e la vergogna di dover chiedere qualcosa che sembra violare la propria dignità personale.
Quanto sopra detto obbliga a porci e a porre interrogativi e a non rimanere nell’inerzia. È un compito che noi, operatori del volontariato o impegnati nel sociale, sentiamo come particolare responsabilità oltre che come personale dovere, civile e morale: un compito che ci sollecita tutti a collaborare in forma sussidiaria e nel modo più incisivo possibile a fianco delle istituzioni o – se del caso – ad assumere autonome iniziative.
Il percorso che abbiamo responsabilmente condiviso ha riguardato due azioni distinte e, allo stesso tempo, strettamente congiunte tra loro: da una parte approfondire in via preliminare la conoscenza del contesto sociale e, dall’altra, far seguire immediatamente concrete proposte di intervento, utili ad affrontare le situazioni in modo mirato. Tutto ciò ha richiesto l’acquisizione di una metodologia di analisi e di comunicazione sotto la guida di docenti qualificati.
La prima fase dell’indagine è stata quella di analizzare il fenomeno povertà facendo ricorso a ogni utile fonte d’informazione e osservatorio locale presso cui sono stati raccolti dati numerici e statistici, rilevazioni ed elaborazioni da studi specifici, contributi di analisi reperibili.
In una seconda fase abbiamo realizzato una serie di interviste sia ai responsabili delle politiche sociali locali, sia agli operatori e ai volontari,
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sia a quanti vivono direttamente la situazione di povertà e di esclusione.In terzo luogo l’itinerario di ricerca ha riguardato l’analisi dell’offerta
di servizi/interventi, per le persone in condizione di povertà, rilevabili sul territorio esaminato, cercando di acquisire dati e valutazioni dei responsabili delle politiche sociali, dei servizi e delle organizzazioni di terzo settore.
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RingraziamentiA conclusione dell’indagine sulla povertà nella Bassa Padovana, espri-
miamo riconoscenza verso quanti ci hanno aiutato nella realizzazione del progetto.
Un caloroso grazie vogliamo rivolgere sia al Centro Servizio Volontariato provinciale di Padova, che ha dedicato energie e risorse non indifferenti all’organizzazione del corso, sia agli Enti, alle Istituzioni ed alle Organizzazioni non profit che hanno fornito disponibilità e collaborazione.
Riteniamo doveroso menzionare:Emanuele Alecci, Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL)Didimo Andreello, AUSER AgnaAndrea Bergamo, Ufficio Scolastico Provinciale PadovaAntonio Bernardi, Responsabile Ufficio Politiche Abitative Alloggi ERP Comune di MonseliceLoredana Borghesan, Sindaco di MontagnanaMatteo Borin, Direttore Servizi Sociali A.ULSS 17Carlo Bernardo, Dirigente scolastico ITCG di EsteLaura Cardin, INAIL PadovaAngiola Castaldello, C.A.V. MontagnanaAndrea Chendi, CPI di Monselice-Conselve Francesco Chiodin, AVO EsteDaniela Crivellaro, Caritas Diocesana di PadovaFabiola Dall’O’, CPI Este – MontagnanaValentina De Stefani, Assistente sociale, Unione di Comuni della SculdasciaDon Luca Facco, Direttore Caritas Diocesana di PadovaAnna Rosa Fattore, Assessore alle Politiche Sociali , Comune di UrbanaSara Ferrari, Caritas Diocesana di PadovaMauro Gambin, Direttore del giornale La PiazzaRomano Gelsi, Assessore Attività produttive, Comune di Monselice
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Giuseppe Guarini , Associazione Famiglie numeroseElisa Gulmini, Assistente Sociale Comune di MonseliceMatteo Lazzarin, Assessore Politiche Sociali, Comune di ConselveLuca Lideo, Centro Servizio Volontariato di PadovaAlessandro Lion, Direttore del Centro Servizio Volontariato di PadovaFrancesco Lunghi, Sindaco di MonseliceEmanuele Miotto, Assistente sociale Comune di ConselveRenato Modenese, Sindaco di Casale di ScodosiaTiziano Morato, Operatore TelevisivoLuciano Olmino, ”Filo di Argento” ConselveGiorgio Ortolani, Presidente Centro Servizio Volontariato di PadovaMons. Sandro Panizzolo, Caritas MonselicePadre Mario Pellegrino, Postulante Missionario CombonianoBarbara Pettenello, AUSER AgnaGiancarlo Piva, Sindaco di EsteMonica Predielis, Responsabile Alloggi ERP Comune di EsteSuor Maria Cristina Ripamonti, Caritas DiocesanaAntonio Ruzzon, Sindaco di ConselveSilvia Ruzzon, Assessore alle Politiche Sociali Comune di EsteGianpiero Scarambone, Banca Antonveneta, MontagnanaElvira Scigliano, Mattino di PadovaPadre Ludovico Secco, Convento di San Giacomo, MonselicePaolo Targa, Assessore Politiche Sociali Comune di MonseliceGianpietro Tomasin, CGIL PadovaDomenico Travain, Cooperativa Il Cammello, EsteAntonino Trimarchi, Distretto Socio Sanitario Este – MontagnanaGuido Turus, Centro Servizio Volontariato di PadovaPaolo Vinaccia, CGIL EsteAntonietta Zambin, Associazione ALII, EsteAndrea Zapperi, Docente ITCG - ITIS EstePadre Daniele Zarantonello, Missionario CombonianoGiancarlo Zecchinato, Responsabile SERT A.ULSS 17
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Infine, ma tutt’altro che ultimi per importanza, ringraziamo i nostri Docenti, la cui elevata preparazione scientifica, congiunta ad una viva sensibilità, ha saputo guidarci in un’avventura che certamente ricorderemo come tra le esperienze umane più impegnative della nostra storia personale, anche per l’affettuosa simpatia che abbiamo sentito attorno a noi in ogni fase della ricerca.
Mariano Bottaccio, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA)Stefania Carulli, Sapienza Università di Roma Patrizia Cinti, Docente di sociologia, Sapienza Università di RomaRenato Frisanco, Responsabile Studi e Ricerche Terzo SettoreVittorino Ferla, Responsabile del Dipartimento Relazioni Istituzionali di Cittadinanzattiva
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Capitolo 1Il fenomeno povertà
Premessa
La povertà è un’emergenza forte, ma poco considerata nella nostra società. Oggi, dopo che il sogno di una società opulenta per tutti si è dissolto con la traumatica crisi economica mondiale, si fa fatica a comprenderla e ad affrontarla.
Secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto Europeo di Statistica Eurostat (2010), il numero di persone a rischio povertà o esclusione sono 114 milioni nell’Unione Europea. Tra queste, quasi 15 milioni sono in Italia, pari al 24,7% della popolazione italiana (1 persona su 4), dato superiore alla media europea (23,1%).
I dati ufficiali 2005-2008 ci dicono che in Europa – mentre aumentava il Prodotto Interno Lordo e anche l’occupazione – la povertà non decresceva, anzi tendeva ad intensificarsi. Tale apparente contraddizione segnala che siamo immersi in un modello di crescita senza sviluppo, che anzi accentua le disparità di reddito e quindi lo stato di povertà, specialmente di alcune categorie di cittadini.
È evidente che la causa strutturale della povertà risiede nell’incapacità dei sistemi economico-produttivi e di welfare di ridistribuire equamente le risorse e le opportunità, provocando forti disuguaglianze, con il risultato che la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi e che molti cittadini, pur vivendo in un’area ricca economicamente, conducono una vita di restrizioni e ai margini della società.
Secondo molti osservatori del fenomeno1 in Italia tali disuguaglianze sono diffuse, eppure non si affronta il problema, benché la loro esistenza costituisca “un criterio essenziale per valutare il progresso civile e sociale di un paese”. Aumentate recentemente di numero anche per l’effetto
1 In particolare cfr. Franzini M., Ricchi e poveri. L’Italia e le diseguaglianze (in)accettabili, Milano, Università Bocconi Editore, 2010.
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di una crescente precarietà dei rapporti di lavoro, le disuguaglianze hanno appunto aggravato le condizioni di disparità, favorendo da un lato un ceto già benestante, dall’altro allargando il numero di poveri “inegualitari” (cioè quelli che speravano di uscire dalla povertà, senza mettere in discussione gli equilibri esistenti, ma non sono stati in grado di farlo) e di poveri “silenziosi” (cioè quelli da sempre convinti che la politica sia funzionale agli interessi dei soggetti più forti).
Anche alcune indagini condotte dalla Banca d’Italia o dall’ISTAT sui bilanci delle famiglie italiane confermano come la ricchezza sia distribuita in modo fortemente disuguale. Si è rilevata ancora una volta la bassa capacità redistributiva del nostro welfare, motivo per cui molte persone di alcune tipologie di lavoratori (operai, impiegati) sono oggi sulla soglia della povertà.
1.1. La povertà economica in Italia
Secondo una definizione convenzionale è povero chi non ha la possibilità di accesso ai beni materiali e ai servizi considerati essenziali per una “vita dignitosa”, cioè è povero chi dispone di risorse al di sotto di quelle possedute dalla media della popolazione, così da essere, di fatto, escluso da tanti aspetti usuali della vita sociale.
La povertà economica può essere assoluta o relativa: assoluta, quando le persone non hanno le risorse per acquistare beni di prima necessità indispensabili per la sopravvivenza; relativa, quando, collegata al tenore di vita del paese, colpisce quei soggetti che non hanno la possibilità di godere di standard accettabili di vita propri della società in cui vivono.
Nel 2009 in Italia è considerata povera la famiglia di due persone che dispone di risorse economiche inferiori a 983,01 Euro. Sono pertanto in situazione di povertà relativa il 10,8% delle famiglie ed il 13,1% della popolazione residente, vale a dire 2 milioni e 657 mila famiglie e quasi 8 milioni di cittadini.
Il fatto che nel 2009 il fenomeno della povertà relativa sembri stabilizzarsi rispetto l’anno precedente non significa che la povertà sia diminuita, ma che, visto che tutti stanno peggio, la linea della povertà si è abbassata; se però si aggiornasse la linea di povertà del 2008 sulla base
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della variazione dei prezzi tra il 2008 ed il 2009, il valore di riferimento non calerebbe, ma al contrario salirebbe a 1.007,67 Euro, portando ad un risultato ben più amaro: i poveri nel 2009 in Italia sarebbero 8 milioni e 370 mila (+3,7%)2. In conclusione, la povertà è diventata più severa per i già poveri, peggiorando le condizioni di ineguaglianza tra i cittadini.
Secondo il Rapporto della Commissione di indagine sull’esclusione sociale 2010, se confrontato con quello europeo, il fenomeno della povertà in Italia è più grave per diversi indicatori, quali: il tasso di disoccupazione, la disoccupazione giovanile (Italia 29,4; Europa 19,9) e la concentrazione territoriale, molto più diffusa nel Mezzogiorno.
Secondo Eurostat, la quota di poveri relativi in Italia ammonta a circa il 20% della popolazione e nel Mezzogiorno il 25% dei minori vive in famiglie considerate povere, contro il 20% dell’Europa dei 27.
Un altro sistema di misurazione della povertà relativa riguarda le condizioni di vita di una famiglia e viene ricavato con un indice di “deprivazione materiale”. Tale indice considera in stato di deprivazione materiale le famiglie che non possono sostenere spese impreviste superiori a 750 Euro (come dichiarato dal 33,4% delle famiglie), le famiglie che non possono permettersi una vacanza di una settimana, che non riescono a riscaldare adeguatamente l’abitazione, che non possono permettersi una lavatrice o un TV color e quelle che sperimentano la difficoltà ad arrivare alla fine del mese, a pagare il mutuo, l’affitto, le bollette (17%).
Il rapporto 2010 su povertà ed esclusione sociale a cura della Caritas–Fondazione Zancan mette in evidenza nuove situazioni di impoverimento legate a fattori sociali, culturali, finanziari, valoriali e psicologici. Attraverso l’ascolto, l’osservazione ed il porsi accanto alle persone in difficoltà, è emerso che molte delle famiglie italiane che vivono in situazioni di povertà sommersa e dignitosa non si rivolgono con facilità ai servizi degli enti territoriali.
Si rilevano anche condizioni di povertà connesse a comportamenti di consumo non corrispondenti al proprio livello di reddito o a scelte di vita non sostenute da risorse economiche adeguate (sovra-indebitamento). Non è raro il caso di famiglie che si fanno attirare dai prestiti facili, cadendo nella spirale dell’indebitamento e dell’usura.
2 Caritas Italiana - Fondazione Zancan, Rapporto su povertà ed esclusione sociale. In caduta libera - Roma, Edizioni Il Mulino, Bologna 2010.
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1.2. Uno sguardo alla povertà nella Regione Veneto
Nel contesto nazionale, che registra fra l’altro dati dai quali non si può prescindere (come quelli che riferiscono di una povertà relativa attestata nel 2009 al 10,8% delle famiglie residenti), la situazione del Veneto, in comparazione alle altre regioni, rivela una dimensione più ridotta del fenomeno, con solo il 4,4% delle famiglie residenti collocate, secondo i dati ISTAT, sotto la linea di povertà relativa (Tab. 1.1). È da evidenziare tuttavia che la variazione percentuale tra il valore del 2007 e quello del 2009 registra un aumento del 33,3%, dato ancor più preoccupante se messo in relazione con quello negativo nazionale (-2,7%).
Tabella 1.1. – Le famiglie in stato di povertà relativa in Italia ed in Veneto nel triennio 2007-2009.
2007 2008 2009 Var. % 07/08
Var. % 08/09
Var. % 07/09
Veneto 3,3 4,5 4,4 36,4 -2,2 33,3
Italia 11,1 11,3 10,8 1,8 -4,4 -2,7
Elaborazioni “Povertà Oggi” su dati ISTAT.
Anche in Veneto gli effetti della recessione non hanno risparmiato la struttura produttiva ed il mercato del lavoro determinando situazioni di disagio più diffuso in conseguenza di perdita di lavoro, chiusura di fabbriche, redditi familiari insufficienti a far fronte al costo reale della vita.
Nel 2009 il numero di imprese attive è diminuito di 4.200 unità. I segnali più preoccupanti della crisi si possono cogliere osservando la caduta dell’occupazione. Secondo i dati ISTAT, nel 2010 gli occupati in Veneto si sono ridotti di 46 mila unità dal 2008. Gli effetti occupazionali negativi si sono registrati nell’industria (-5,8%), nelle costruzioni (-4,3%) e nell’agricoltura (-1,8%), Il tasso di occupazione è sceso al 65,4% (-3,7% nel 2008), mentre il tasso di disoccupazione è salito al 5,8% (+65,7% dal 2008)3.
3 L’economia del Veneto nel 2009 di Serafino Pitingaro, Centro Studi Unioncamere del Veneto.
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I dati rilevano anche una crescita della disoccupazione di lunga durata, per l’uscita precoce dal mondo del lavoro. Oggi sono diffuse le forme di lavoro precario, atipico, a termine, a basso reddito e “nero”, che riguarda specialmente le donne, i giovani bloccati in entrata nel sistema produttivo e gli immigrati extracomunitari, con effetti immediati in termini reddituali e con conseguenze su altre dimensioni della vita (precarietà di progetti e di rapporti, instabilità abitativa).
Dai dati ISTAT 2010 risulta che il fenomeno disoccupazione si è stabilizzato, ma dal Rapporto Zancan 2009 “In caduta libera”4 si evince ancora una volta che la situazione di molte famiglie non è migliorata e che, anzi, la povertà è diventata più severa per i già poveri, peggiorando le condizioni di ineguaglianza fra cittadini. Questo spiega la permanenza della povertà nonostante il generale miglioramento dei livelli di vita e di reddito. Evidentemente certi meccanismi sociali riproducono la povertà anche nelle sue manifestazioni più gravi e le misure prese per contrastarla non si dimostrano adeguate.
Inoltre, come già detto in riferimento alla situazione nazionale, emergono nuove forme di povertà. Questa non è data solo da una condizione economica sfavorevole, oggettivamente misurabile, ma è anche caratterizzata da senso di insicurezza e di instabilità. Povertà è anche fragilità di relazioni, precarietà lavorativa, malattia, inabilità temporanea5.
Una rilevazione sulla domanda di aiuto degli utenti Caritas del Veneto (Tab. 1.2) rivela che essi chiedono prevalentemente beni e servizi materiali (che riguardano il 39,6% delle richieste espresse dagli Italiani e il 28,5% dagli Stranieri), ma anche lavoro (lo richiede il 16,9% degli Stranieri e il 10,9% degli Italiani), sussidi economici (il 25,4% degli Italiani), il 15,8% degli Stranieri) e alloggio (il 6,5% degli Italiani, il 5,3% degli Stranieri).
4 Caritas Italiana - Fondazione Zancan, Rapporto su povertà ed esclusione sociale. In caduta libera - Roma, Edizioni Il Mulino, Bologna 2010.
5 I dati INAIL 2009 registrano percentuali elevate di casi di inabilità temporanea.
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Tabella 1.2. – Tipi di richieste avanzate alla Caritas in Veneto (% sul totale delle richieste)
Beni e servizi materiali Lavoro Sussidi
economici Scuola Sanità
Italiani 39,6 10,9 25,4 0,1 5,8Stranieri 28,5 16,9 15,8 0,9 15,8
Consulenza professionale Casa
Sostegno socio
assistenzialeOrien-
tamento Ascolto
Italiani 1,0 6,5 0,2 2,2 8,2Stranieri 1,9 5,3 0,4 3,5 11,1
Fonte: Caritas - Fondazione Zancan.
1.3. La povertà nella Bassa Padovana
1.3.1. Profilo geografico
Il territorio dell’Azienda ULSS 17, denominato comunemente “Bassa Padovana”, è composto da 46 comuni, prevalentemente di piccole dimensioni, aggregati in due Distretti Socio-Sanitari: Conselve-Monselice (20 comuni), Este-Montagnana (26 comuni). Comprende una superficie complessiva di 887,9 Km2, pari al 41% del territorio dell’intera provincia di Padova.
Si tratta del territorio posto a meridione del capoluogo di provincia, storicamente area di emigrazione verso il triangolo industriale Conselve-Este-Monselice (e non solo) negli anni della ricostruzione, successivamente terra di insediamento di attività produttive a prevalente carattere artigianale, sviluppatesi per iniziativa di piccoli imprenditori, che hanno costituito - insieme con l’agricoltura ed il suo indotto - la fonte maggiore di reddito.
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Figura 1.1. – Cartogramma dei 46 Comuni dell’Azienda ULSS 17 divisi per distretto
Fonte: Sito ufficiale Azienda ULSS 17.
1.3.2. Profilo sociale
Tutta la zona è riconosciuta, anche a livello europeo, come zona a scarso rendimento economico industriale.
Alcuni indicatori delle condizioni sociali del territorio sono:Reddito pro capite notevolmente inferiore alla media provin-•ciale. Non è stato possibile raccogliere il dato del reddito pro ca-pite del Veneto, ma è possibile desumere la relazione fra questo e quello della provincia di Padova a partire dal PIL pro capite, indicatore ad esso similare (Tab. 1.3). Quello veneto è allinea-to a quello provinciale, suggerendo la relazione di sostanziale uguaglianza tra reddito pro capite medio del Veneto e della Pro-vincia di Padova. Se ne conclude, quindi, che il reddito pro capi-te della Bassa Padovana è significativamente inferiore rispetto sia a quello provinciale, sia a quello regionale. Un’altra fonte di
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preoccupazione deriva dal confronto con il reddito pro capite dell’anno precedente, che in media è diminuito del 2,5% nella Bassa Padovana. La variazione è stata particolarmente acuta nel Conselvano e si attesta circa a 2,1%, se si considera tutta la pro-vincia di Padova [Giugno 2010].
Tabella 1.3. – Reddito pro capite negli anni 2009 e 2010 nella Bassa Padovana e nella provincia di Padova e PIL pro capite del Veneto nel 2010
2010 2009Var. %2009-2010
Reddito pro capite
(migliaia €)
PIL pro capite
(migliaia €)
Reddito pro capite
(migliaia €)
Conselvano 20.537 21.229 -3,26Estense 22.788 23.045 -1,11Monselicense 22.996 23.603 -2,57Montagnanese 24.176 24.443 -1,09Bassa Padovana 22.486 23.080 -2,57Provincia Padova 25.036 29.339* 27.617 -2,1Veneto 29.577*
*In assenza di dati definitivi, si utilizzando le stime ufficiali del rapporto “Il reddito prodotto in provincia di Padova” di Unioncamere.
Fonte: Elaborazioni “Povertà Oggi” su dati della Provincia di Padova.
Tasso di attività (cioè il rapporto percentuale fra la popolazione •di 15 anni e più, occupati o in cerca di occupazione ed il totale della popolazione della stessa fascia d’età): per 13 comuni ha percentuali inferiori al 50% [anno 2009].Livello medio di istruzione inferiore alla media regionale: in 15 •comuni più del 13% della popolazione è analfabeta o priva di titolo di studio, in 5 Comuni la percentuale raggiunge o supera il 15% della popolazione (Fig. 1.2) [anno 2001].
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Figura 1.2. – Cartogramma del tasso di istruzione inadeguata nella Bassa Padovana
Fonte: Azienda ULSS 17 (elaborazioni su 14° censimento della popolazione).
Nella produzione, prevalenza delle unità locali di piccole •dimensioni, concentrate in agricoltura (30%), nel commercio (25%), nel terziario e servizi (16%), nell’industria (14%) e nell’edilizia (14%) [anno 2009].Costante tendenza all’invecchiamento della popolazione: l’indice •di vecchiaia è pari al 156,8%, maggiore alla media provinciale (139,6%) e regionale (139,9%) [anno 2009].
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1.3.3. Profilo demografico
Gli abitanti della Bassa Padovana al 1° gennaio 2010 sono 185.3796 e costituiscono il 20% della popolazione della provincia; la densità abitativa media è circa la metà di quella provinciale: 209 abitanti per km2 rispetto ai 416 ab./km2.
Figura 1.3. – Popolazione residente nel territorio dell’Azienda ULSS 17 negli anni 1999-2009.
Fonte: Azienda ULSS 17.
Le comunità territoriali sono di piccole dimensioni: l’85% dei 46 Comuni ha meno di 5.000 abitanti, solo ad Este e Monselice risiedono più di 16.500 abitanti. In molti Comuni il 30% o addirittura il 40% della popolazione non vive in centri urbani, ma è sparsa sul territorio comunale.
6 Fonte: Azienda ULSS 17.
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1.3.3.1. Saldo demografico, flussi migratori e stranieri
La popolazione nell’ultimo biennio ha dimostrato un trend lievemente crescente ed il saldo demografico è risultato positivo dato che i residenti sono aumentati di 473 unità, il che corrisponde ad un aumento di 2,5 per mille abitanti (+ 0,25%). La crescita è prevalentemente legata ai flussi migratori in entrata, il saldo migratorio è infatti sempre positivo e, relativamente all’area di riferimento, pesa per il 15% rispetto al totale provinciale. Il saldo naturale permane invece negativo in ragione del fatto che il tasso di mortalità (9,7‰) è superiore rispetto a quello di natalità (8,6‰). Il saldo complessivo (naturale e migratorio) della provincia di Padova è anch’esso positivo, anzi superiore sia a quello della Bassa Padovana, sia a quello del Veneto, attestandosi sul 7,4 per mille abitanti contro il dato medio regionale del 5,5 per mille abitanti.
Il numero dei cittadini stranieri residenti nel territorio dell’Azienda ULSS 17 presenta lievi incrementi negli ultimi anni. Al 1° gennaio 2010 sono 11.467 e rappresentano il 6,2% dell’intera popolazione, con una percentuale inferiore a quella nazionale, ma soprattutto regionale (9,8%) e provinciale (9,3%) (Tab. 1.4).
Tabella 1.4. – Cittadini stranieri residenti al 1° Gennaio 2010. Confronto tra le diverse aree.
Aree Totale residenti Totale stranieri % Stranieri
Italia 60.340.328 4.235.059 7,0
Veneto 4.912.438 480.616 9,8
Padova Provincia 927.730 86.133 9,3
Padova Comune 212.989 28.391 13,3
Bassa Padovana 185.379 11.467 6,2
Fonte: Elaborazioni Azienda ULSS 17 su dati ISTAT.
Dal 2007 al 2009 la popolazione straniera residente è passata da 9.238 unità del 2007, alle 11.467 del 2009, pari al 24,1%, con una distribuzione sostanzialmente paritaria tra maschi e femmine (Tab. 1.5).
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Tabella 1.5. – Popolazione straniera residente nel territorio dell’Azienda ULSS 17 nel triennio 2007-2009.
Genere
31/12/2007 31/12/2008 31/12/2009
V.a. % V.a. % Var. % 07-08 V.a. % var. %
08-09Var. % 07-09
Maschi 4.681 50,7 5.395 50,0 15,3 5.670 49,4 5,1 21,1
Femmine 4.557 49,3 5.386 50,0 18,2 5.797 50,6 7,6 27,2
Totale 9.238 10.781 16,7 11.467 6,4 24,1
Fonte: Azienda ULSS 17 su dati ISTAT.
Incrociando i dati della Tabella 1.5 e della Tabella 1.6 si può notare come nel 2009 la percentuale di minori stranieri residenti nel territorio della Bassa Padovana raggiunga il 26% sul totale della popolazione straniera (2.986 minori sulla popolazione totale di 11.467). La componente maschile è solo leggermente prevalente con una tendenza ad una distribuzione paritaria (Tab. 1.6).
Tabella 1.6. – Cittadini stranieri minorenni residenti nel territorio dell’Azienda ULSS 17 nel triennio 2007-2009.
Genere31/12/2007 31/12/2008 31/12/2009
V.a. % V.a. % Var. % v.a. % Var. %
Maschi 1.251 52,9 1.481 52,8 18,39 1.540 51,6 4,0
Femmine 1.112 47,1 1.325 47,2 19,15 1.446 48,4 9,1
Totale 2.363 2.806 18,75 2.986 6,4
Fonte: Elaborazioni Azienda ULSS 17 su dati ISTAT.
Interessante notare che negli ultimi due anni la percentuale di stranieri minorenni residenti nella Bassa Padovana è cresciuta del 6,4% (180 nuovi arrivi). Da sottolineare che i nati nel nostro paese sono aumentati dell’11,9% passando da 2.806 del 2008 a 2.986 del 2009 (Tab. 1.7).
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Tabella 1.7. – Minori stranieri nati in Italia residenti nella Bassa Padovana negli anni 2008 e 2009.
AnniTotale minori stranieri Di cui nati in Italia
V.a. Var. % V.a. % su Totale Var. %2008 2.806 1.651 58,8
2009 2.986 6,4 1.847 61,8 11,9
Fonte: Elaborazioni Azienda ULSS 17 su dati ISTAT.
In riferimento all’immigrazione si rilevano condizioni di vulnerabilità o di povertà, quali:
disagio della famiglia immigrata sul piano educativo, sociale e •culturale;isolamento delle donne immigrate;•disagio abitativo;•condizioni lavorative precarie;•difficoltà di incontro e di consultazione dei cittadini stranieri – e •loro associazioni – con le istituzioni pubbliche ed i servizi del territorio.
1.3.3.2. Età della popolazione
La distribuzione della popolazione residente per classi di età conferma il trend demografico. La Bassa Padovana da una parte ha risentito negli ultimi dieci anni di un calo delle nascite che ha impoverito le classi di età giovanili, mentre dall’altra parte l’aumento della vita media ed il maturare di contingenti di popolazione nati in periodo di natalità alta, hanno fatto espandere la quota di ultra sessantacinquenni. Le persone di età uguale o superiore ai 65 anni, presenti al 1° gennaio 2010, rappresentano il 20,6% della popolazione. Si tratta di un valore superiore a quello medio provinciale ed a quello medio regionale con un indice di vecchiaia pari al 156,0%7, contro una media provinciale del 139,6% (Tab. 1.8).
7 Cfr. UOC - Programmazione, Gestione, Vigilanza e Controllo servizi sociali su dati ISTAT.
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Tabella 1.8. – Popolazione residente nella Bassa Padovana per classi di età nel 2009.
Classi di età
Bassa PadovanaProv. di Padova
% su Totale Veneto % su
TotaleValore attuale
% su Totale
Minori (00-14) 24.388 13,2 130.045 14,0 690.249 14,1Giovani (15-29) 27.394 14,8 137.009 14,8 733.104 15,0Adulti (30-64) 95.358 51,4 479.194 51,6 2.501.618 51,2Anziani (64 e +) 38.239 20,6 181.482 19,6 960.577 19,7
Totale 185.379 100,0 927.730 100,0 4.885.548 100,0
Fonte: Elaborazione “Povertà Oggi” su dati della Regione Veneto.
L’età media della popolazione dell’Azienda ULSS 17 nel 2010 è di 43 anni; i residenti con oltre 75 anni di età erano 19.282 pari al 10,40% della popolazione complessiva.
1.3.3.3. Composizione familiare e stati civili
Per quanto riguarda la composizione familiare al 31/12/2009 le famiglie risultavano 71.236, con una distribuzione territoriale non omogenea tra i distretti. La loro dimensione si attesta attorno al valore medio di 2.6 persone per nucleo familiare, di poco superiore al dato provinciale (2.5) e regionale (2.4).
Sempre dai dati del 2009 (Fig. 1.4), su una popolazione residente nell’Azienda ULSS 17 pari a 185.379 persone, emerge che: più della metà sono femmine (94.347) e di queste il 13,6% sono vedove contro il 2,4% dei maschi; la condizione di celibe/nubile, che interessa il 40,1% della popolazione, vede le femmine in netta minoranza rispetto ai maschi (il 35,3% delle femmine ed il 45,1% dei maschi); il tasso di nuzialità è pari al 50,4% ed il dato di divorzialità è pari all’1,4% (2.572). La Figura 1.4 evidenzia che grossomodo la stessa ripartizione degli stati civili è presente sia nella provincia di Padova, sia in Veneto.
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Figura 1.4. – Stato civile della popolazione residente nel Veneto, nella Provincia di Padova e nel territorio dell’ULSS 17 nel 2009.
Fonte: Elaborazione “Povertà Oggi” su dati dell’Azienda ULSS 17, Provincia di Padova e Regione Veneto.
Tabella 1.9. – Popolazione residente nell’Azienda ULSS 17 di Este per stato civile nel 2009.
Stato Civile Maschi % su Totale Femmine % su
Totale Totale % su Totale
Celibe 41.046 45,1 33.322 35,3 74.368 40,1
Coniugato/a 46.634 51,2 46.805 49,6 93.439 50,4
Divorziato/a 1.178 1,3 1.394 1,5 2.572 1,4
Vedovo/a 2.174 2,4 12.826 13,6 15.000 8,1
Totale 91.032 94.347 185.379
Fonte: Elaborazione “Povertà Oggi” su dati della Regione Veneto.
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Notevoli sono gli effetti che la chiusura di un matrimonio ha sui percorsi di vita dei soggetti coinvolti direttamente o indirettamente e spesso determinano anche situazioni di reale povertà. La disgregazione familiare genera ricadute negative sul benessere psicofisico degli individui, sul rapporto genitori-figli e, secondo alcuni studi, anche sulle performance di tali figli nella vita adulta. Non sembrerebbe però essere una delle cause della crescente povertà nella Bassa Padovana, in quanto il tasso di divorzialità è in linea e anzi inferiore, rispetto a quello della provincia di Padova e del Veneto, rispettivamente 1,8% e 1,9%.
1.3.3.4. Istruzione
Il dato disponibile relativo al livello di scolarizzazione della popolazione della provincia di Padova è quello del 2001 e quindi è solo indicativo. Le persone analfabete o alfabete prive di titolo di studio rappresentano l’8,9% del totale, mentre è al di sotto del titolo di studio minimo (licenza media) un’altra consistente porzione di cittadini: il 26,4%. Si tratta di un dato storico ma che ci fa comprendere come oltre un terzo della popolazione abbia un capitale culturale piuttosto basso, inidoneo ad affrontare la società d’oggi. Sono soprattutto gli anziani ad avere un livello di scolarizzazione più basso per le minori opportunità che hanno avuto nella loro vita giovanile rispetto alla carriera scolastica (Tab. 1.10).
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Tabella 1.10. – Distribuzione della popolazione della Provincia di Padova per età e titolo di studio.
Classe di età
Titolo di studio
TotaleLaurea
Diploma universitario
o terziario di tipo non
universitario
Diploma scuola media
superiore
Licenza di scuola
media inferiore
Licenza di scuola
elementare
Alfabeti privi di titolo di studio
Analfa-beti
6-10 0 0 0 0 2.239 35.482 66 37.787
11-14 0 0 0 7.748 21.376 413 12 29.549
15-19 0 0 8.454 29.613 509 184 52 38.812
20-24 501 452 33.709 12.540 454 135 89 47.880
25-29 7.193 1.252 34.419 21.321 754 207 136 65.282
30-34 9.668 1.302 29.875 30.972 1.331 292 193 73.633
35-39 8.045 1.228 27.157 36.892 2.328 342 289 76.281
40-44 6.708 947 21.543 29.727 4.876 339 283 64.423
45-49 6.327 710 15.707 22.747 11.027 316 252 57.086
50-54 5.406 499 11.616 17.620 21.170 417 292 57.020
55-59 3.744 356 7.512 12.207 26.597 937 270 51.623
60-64 2.637 283 5.871 9.431 30.501 2.401 295 51.419
65-69 1.626 189 3.598 6.049 27.917 4.756 443 44.578
70-74 1.406 146 3.152 4.891 24.350 5.312 432 39.689
75 e più 2.309 270 5.219 6.004 36.950 15.874 1.356 67.982
Totale 55.570 7.634 207.832 247.762 212.379 67.407 4.460 803.044
Fonte: ISTAT.
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1.3.4. Profilo occupazionale
1.3.4.1. Occupazione e disoccupazione
La recessione economica di questi ultimi anni ha influito negativamente sull’occupazione aprendo nuovi scenari di povertà e di esclusione.
Nel 2010 il tasso occupazionale nazionale ha subito una flessione rispetto all’anno precedente pari allo 0,9%. Continua invece l’incremento dei livelli di disoccupazione. Si stima che nel 2010 le persone in cerca di occupazione ammontino a circa 129 mila in Veneto ed a 22 mila a Padova.
Rispetto a quanto accaduto in Italia dal 2008 al 2010 (Tab. 1.11), in Veneto il tasso di disoccupazione registra un incremento del 66% circa, ossia più del doppio rispetto al dato nazionale (28% circa) dove però il fenomeno è più diffuso, attestandosi nel 2010 sull’8,68% contro il 5,8% del dato regionale dello stesso anno.
Tabella 1.11. – Principali indicatori del mercato del lavoro. Confronto tra la provincia di Padova, il Veneto e l’Italia nel triennio 2008-2010.
Anno Var. %
2008 2009 2010 08/09 09/10 08/10Italia
Occupati 23.405 23.025 22.872 -1,6 -0,7 -2,3
Disoccupati 1.692 1.945 2.102 15,0 8,1 24,2
Tasso occupazionale 58,7 57,5 57,0 -2,0 -0,9 -2,9
Tasso disoccupazione 6,7 7,8 8,6 16,4 10,3 28,4Veneto
Occupati 2.159 2.112 2.112 -2,2 0,0 -2,2
Disoccupati 79 106 129 34,2 21,7 63,3
Tasso occupazionale8 67 65,1 64,5 -2,8 -0,9 -3,7
Tasso disoccupazione 3,5 4,8 5,8 37,1 20,8 65,7Padova
Occupati 421 407 407 -3,3 0,0 -3,3
Disoccupati 15 18 22 20,0 22,2 46,7
Tasso occupazionale 68,9 66,2 65,4 -3,9 -1,2 -5,1
Tasso disoccupazione 3,5 4,3 5,8 22,9 34,9 65,7
Fonte: Elaborazione dati ISTAT e stime Greta.
8 Il tasso di occupazione per Veneto e Padova è calcolato ponendo al denominatore la popo-lazione tra 15 e 64 anni di fonte demografica
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È stato calcolato inoltre il tasso di disoccupazione di ciascuna delle quattro aree della Bassa Padovana, utilizzando i dati forniti dai Centri per l’Impiego dei due distretti. I risultati sono presentati nella Tabella 1.12 e nella Figura 1.5.
Tabella 1.12. – Tasso di disoccupazione nella Bassa Padovana nel 2010.
AreePop. in cerca di
OccupazioneResidenti
15-64 anniTasso di
disoccupazione
Conselvano 1.545 27.077 5,7%
Monselicense 3.477 44.296 7,8%
Montagnanese 1.907 21.283 9,0%
Estense 2.696 29.415 9,2%
Distretto Conselve-Monselice 5.022 71.373 7,0%
Distretto Este-Montagnana 4.603 50.698 9,1%
Bassa Padovana 9.625 122.071 7,9%
Fonte: Elaborazioni “Povertà Oggi” su dati ISTAT e dei Centri per l’Impiego.
Figura 1.5. – Confronto fra il tasso di disoccupazione delle diverse aree della Bassa Padovana nel 2010.
Fonte: Elaborazioni “Povertà Oggi” su dati ISTAT e dei Centri per l’Impiego.
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Conselve con il 5,7% è l’unica delle quattro aree che presenta un tasso in linea – addirittura minore – del dato medio provinciale e regionale dello stesso anno. Monselice si attesta sul 7,8%, comunque minore del dato nazionale, facendo del Distretto di Conselve – Monselice quello col tasso di disoccupazione minore fra i due della Bassa Padovana. L’altro distretto presenta in ciascuna area percentuali di disoccupazione superiori alla media nazionale dell’8,4%, arrivando al 9,1%. Nel complesso il tasso di disoccupazione della Bassa Padovana è del 7,9%, nel cui computo pesano in particolare i risultati negativi del Monselicense e dell’Estense (le aree maggiormente popolate) e poco influisce, invece, il buon risultato conseguito dal Conselvano. La Bassa Padovana ha quindi un tasso di disoccupazione superiore di circa due punti percentuali rispetto alla media provinciale e regionale.
Abbiamo fermato la nostra attenzione sul Distretto di Este-Montagna-na, in quanto presenta la più alta percentuale di disoccupazione.
Nell’Estense il tasso di disoccupazione è passato dall’8,5% del 2008 al 9,2% del 2010, con picco al 10,6% nel 2009. La medesima tendenza si può notare anche nel Montagnanese, che è passato dal 7,8% del 2008 al 10,2% del 2009, per poi scendere al 9% del 2010. Nel suo complesso l’intero distretto è quindi passato dall’8,2% del 2008 al 10,4% del 2009, per poi assestarsi nel 2010 al 9,1%. L’andamento dei tassi di disoccupazione è presentato in Figura 1.6.
Figura 1.6. – Tasso di disoccupazione nel Distretto di Este – Montagnana nel triennio 2008-2010.
Fonte: Elaborazioni “Povertà Oggi” su dati ISTAT e dei Centri per l’Impiego.
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Vale la pena notare che il periodo 2009-2010 è stato segnato da una diminuzione del tasso di disoccupazione che però non è riuscito a controbilanciare il significativo incremento del biennio precedente. L’effetto netto dell’intero periodo 2008-2010 è pertanto un aumento della disoccupazione nell’intero distretto di circa l’11%, come mostra la Figura 1.7. Altro aspetto interessante su cui soffermare l’attenzione è il fatto che l’area che presenta la diffusione minore del fenomeno è quella che fa registrare gli aumenti più significativi ed i decrementi minori. Ciò significa che il Montagnanese è stato più sensibile alla crisi e meno al lieve accenno di ripresa del 2010, probabilmente per via della minor popolosità e soprattutto della minor presenza di insediamenti produttivi di una portata rilevante nel territorio rispetto l’Estense.
Figura 1.7. – Variazioni percentuali del tasso di disoccupazione nel Distretto di Este – Montagnana nel triennio 2008-2010.
Fonte: Elaborazioni Povertà Oggi su dati ISTAT e dei Centri per l’Impiego.
È possibile presentare i dati anche in termini assoluti: al termine del 2008 i disoccupati nei 13 comuni del distretto di Este erano complessivamente 1.936, ma nel 2009 sono saliti a 2.482, con un aumento dunque del 28%; gli inoccupati nel distretto di Este arrivavano a 628 nel 2009, rispetto ai 550 del 2008, cioè 78 in più (14%). Aggregando le due categorie, è possibile notare la medesima tendenza crescente, seppur meno marcata: i residenti senza fissa occupazione passano dai 2.486 (di cui 2.193 di nazionalità italiana) del 2008 ai 3.110 (di cui 2.689 italiani) del 2009, facendo registrare un aumento del 25%.
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La lieve ripresa del 2010 è segnata dalla riduzione di disoccupati ed inoccupati, flessione che tuttavia è all’interno di un quadro di disoccupazione complessiva elevata.
Figura 1.8. – Disoccupati ed inoccupati nel triennio 2008-2010 nell’Estense. Confronto tra italiani, europei ed extra-comunitari.
Fonte: Centri per l’Impiego.
Nei 10 comuni del distretto di Montagnana i disoccupati erano 1.322 nel 2008, ma nel 2009 sono saliti a 1.744, con un aumento percentuale che sfiora il 32%; aumentati pure gli inoccupati, passati dai 338 del 2008 ai 418 del 2009 (80 in più, pari a quasi il 24%).
Figura 1.9. – Disoccupati ed inoccupati nel triennio 2008-2010 nel Montagnanese. Confronto tra italiani, europei ed extra-comunitari.
Fonte: Centri per l’Impiego.
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Da notare che i disoccupati e gli inoccupati, in rapporto all’area di provenienza (in cui sono inclusi anche cittadini europei ed extracomunitari) sono in larga maggioranza italiani: sempre nel 2009 gli italiani costituivano il 78% del totale delle persone in cerca di occupazione nei comuni del Montagnanese e ben l’86% nei comuni dell’Estense.
Da un’analisi più attenta della crisi dell’occupazione, nella Bassa Padovana emerge inoltre un nuovo fenomeno che è la perdita di lavoro fra i lavoratori tra i 45 ed i 55 anni. È questo il dato preoccupante che arriva dai Centri provinciali per l’impiego di Este-Montagnana e Monselice-Conselve e che trova conferma nelle testimonianze di persone impegnate a livelli diversi (assessori comunali ed assistenti sociali in primo luogo). Ad essere particolarmente colpiti sono anche i giovani della fascia tra 25 e 29 anni, con percentuale media dell’11,4% che per molti comuni dell’area sale al 15%.
Se poi consideriamo la distinzione di genere, il fenomeno colpisce in misura più grave la componente femminile. Nel distretto di Este è ancora una volta l’anno 2009 a presentare dati di maggiore criticità con 1.397 donne senza lavoro (nel 2008 erano 1.163) rispetto ai 1.085 uomini inseriti tra i disoccupati (783 nel 2008), in un rapporto di 56% a 44%. Nel distretto di Montagnana la situazione è analoga, benché nel 2009 le donne disoccupate fossero 931 (755 nel 2008) a fronte di uomini disoccupati in numero di 813 (567 nel 2008), con un rapporto di 53,4% a 46,6%.
Qualche rilievo appare opportuno richiamare a proposito dei due capoluoghi di Distretto, i centri più popolosi. Nel comune di Este disoccupati ed inoccupati rappresentano nel 2008 il 9,4% della popolazione attiva, ma passano al 12,4% nel 2009. Nel comune di Montagnana sono l’8% della popolazione attiva nel 2008 e salgono al 10% nel 2009. Dal raffronto appare dunque una situazione più difficile ad Este (16.912 abitanti) rispetto a Montagnana (9.532 abitanti).
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1.3.4.2. Unità di lavoro
Il mercato del lavoro della Bassa Padovana può essere analizzato anche sotto il profilo delle unità di lavoro9. Se il 2009 è stato contraddistinto da flessioni in tali termini – si sono prodotte meno ore di lavoro rispetto l’anno precedente, specie nelle aree del Conselvano e del Montagnanese – il 2010 presenta un’inversione di tendenza a livello locale, provinciale e regionale, ma non nazionale, dove il trend continua ad essere negativo, seppur in misura più lieve (-0,7% contro il -2,9% del 2009). Nel 2010 la Bassa Padovana presenta quindi una lieve ripresa in termini di unità di lavoro, sostanzialmente in linea con la media provinciale e regionale. A livello territoriale le aree che nel 2009 avevano registrato le maggiori flessioni sono quelle che mostrano una crescita occupazionale maggiore (Tab. 1.13).
Tabella 1.13. – Unità di lavoro prodotte per aree nel biennio 2009-2010 in termini di variazioni percentuali sull’anno precedente.
Area Var. % 08-09 Var. % 09-10Camposampierese -4,1 1,2
Cittadellese -3,9 1,2
Area colli -3,8 1,1
Conselvano -3,8 1,1
Montagnanese -3,6 1,1
Area Saccisica -3,4 1
Monselicese -2,9 1
Area Metropolitana esclusa Padova -2,9 1,1
Estense -2,8 0,9
Comune di Padova -1,3 1,1
Bassa Padovana -3,3 1
Provincia di Padova -2,8 1,1
Veneto -3 0,9
Italia -2,9 -0,7
Fonte: Elaborazione su stime Greta (modello GREM).
9 L’unità di lavoro rappresenta la quantità di lavoro prestato nell’anno da un occupato a tempo pieno, oppure la quantità di lavoro equivalente prestata da lavoratori a tempo parziali, o da lavoratori che svolgono un doppio lavoro. Sono calcolate al netto del ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni.
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1.3.4.3. Assunzioni, cessazioni ed ingressi in mobilità
Si può notare la lieve ripresa del 2010 anche analizzando le assunzioni e le cessazioni negli anni 2009 e 2010 della Bassa Padovana (Tab. 1.14), mediando i risultati dei Centri per l’Impiego dei quattro maggiori centri Conselve, Este, Monselice, Montagnana.
Mentre le prime sono aumentate dell’11,5%, le seconde sono rimaste pressoché costanti, con un miglioramento quasi del 90% sulla situazione del saldo complessivo dell’anno precedente, con un vantaggio delle cessazioni sulle assunzioni ridotto da 500 a 100 unità. La performance, trainata dai buoni risultati conseguiti specialmente a Monselice e Conselve, è stata in linea con quella provinciale, anzi di poco superiore, ma inferiore rispetto a quella dell’intero Veneto. Da notare che nel 2010 il saldo occupazionale significativamente negativo della provincia di Padova è da attribuirsi per il 57% all’area del capoluogo (-800 unità su 1.400).
Tabella 1.14. – Assunzioni, Cessazioni e Saldi per Centri dell’Impiego nella Provincia di Padova nel biennio 2009-2010. Valori assoluti in migliaia.
Centri per l’Impiego
Assunzioni Cessazioni Saldo
2009 2010 Var.% 2009 2010 Var.% 2009 2010 Var.%
Abano 6 6,6 10,4 6,7 6,7 0,9 -7 -1 85,7
Camposampiero 7,8 8,6 10,6 9,1 8,8 -3,1 -1,3 -0,2 84,6
Cittadella 11,1 12,5 12,6 12,7 12,4 -2,2 -1,6 0 100,0
Conselve 3 3,7 9,8 3,6 3,6 -2,1 -0,2 0,2 200,0
Este 3,4 3,6 4,3 4 3,7 -7,4 -0,6 -0,1 83,3
Monselice 5,6 6,3 13,8 5,9 6,3 6,2 -0,4 0 100,0
Montagnana 2,8 2,9 3,2 3,1 3,1 0 -0,3 -0,2 33,3
Padova 42,1 41,5 -1,4 44,5 42,3 -14,8 -2,4 -0,8 66,7
Piove di Sacco 6,2 6,2 -0,5 7,4 6,3 -14,8 -1,2 -0,1 91,7
Bassa Padovana 3,7 4,1 11,5 4,2 4,2 0 -0,5 -0,1 88,9
Provincia PD 88,7 91,9 4,1 97,1 93,3 -3,9 -8,8 -1,4 84,1
Veneto 588,1 624,6 6,2 634 639,4 0,9 -45,9 -14,8 132,2
Fonte: Veneto Lavoro.
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Infine, è vero che la situazione globalmente è migliorata, ma il saldo occupazionale relativo sia alla Bassa Padovana, sia all’intera provincia di Padova permane negativo e molto lontano dai livelli raggiunti a livello regionale, a dimostrazione che si devono porre le condizioni perché la ripresa continui ancora più velocemente.
In provincia di Padova nel 2010 sono diminuiti i licenziamenti rispetto al 2009, grazie soprattutto al calo di quelli collettivi10 (-27,1%). I risultati sono gli stessi già analizzati a proposito del tasso di disoccupazione e del saldo assunzioni–cessazioni: nel 2010 c’è stata una lenta ripresa rispetto al 2009, ma se si considera il triennio 2008-2010 la situazione non appare positiva, dato che l’effetto netto è quello di un sostanziale aumento dei licenziamenti, in particolare quelli individuali, che sono aumentati dell’87,7% dall’inizio del 2008 (Tab. 1.15).
Tabella 1.15. – Ingressi in mobilità per legge nella provincia di Padova nel biennio 2008-2009.
2008 2009 2010 Var. ass. 08-09
Var. ass. 09-10
Var. % 08-09
Var. % 09-10
Var. % 08-10
Collettivi L. 223/91 1.176 2.669 1.947 1.493 -722 127,0 -27,1 65,6
Individuali L. 236/93 2.378 4.372 4.463 1.994 91 83,9 2,1 87,7
Totale 3.554 7.041 6.410 3.487 -631 98,1 -9,0 80,4
Fonte: Elaborazioni su dati veneto lavoro – Previsione per il Sistema Economico della Provincia di Padova – Paolo Feltrin – Padova.
1.3.4.4. Cassa Integrazione Guadagni
Un altro indicatore della crisi è il ricorso alla cassa integrazione guadagni ordinaria, straordinaria o in deroga (a vantaggio delle medio-piccole aziende). Di tale indicatore non è stato possibile avere i dati a livello territoriale, ma alcune indicazioni possono essere fornite dalla situazione provinciale. Dalla Tabella 1.16 si rileva che le ore di CIG autorizzate nei primi 10 mesi del 2010 sono aumentate rispetto al 2009 a livello nazionale, regionale e provinciale. Nella provincia l’aumento
10 Legge 223/91 lavoratori licenziati da aziende con più di 15 dipendenti; Legge 236/91 lavoratori licenziati da aziende con meno di 15 dipendenti. Cfr., Scenari economici per la Provincia di Padova – Paolo Feltrin – Padova, 2010.
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è stato del 65,2%, rispetto al 37,5% del Veneto ed al 12,3% dell’Italia. Prosegue il processo di riposizionamento all’interno di questo istituto: meno interventi ordinari e più interventi straordinari ed in deroga. Tale processo è avvenuto a tutti i livelli, interessando ancora una volta maggiormente quello provinciale: la CIG ordinaria si è ridotta di quasi la metà, mentre la CIG straordinaria è cresciuta di oltre 5 volte e quella in deroga del 77,2%.
Tabella 1.16. – Ore di Cassa Integrazione Guadagni nel biennio 2009-2010. Confronto tra Italia, Veneto e Provincia di Padova.11
Ore di CIG autorizzate Composizione %
2009 201011 Var. % 2009 2010
Italia
Ordinaria 576.418.996 299.550.331 -48,0 63,1 29,2
Straordinaria 215.897.088 406.688.066 88,4 23,6 39,6
Deroga 121.718.553 320.241.258 163,1 13,3 31,2
Totale 914.034.637 1.026.479.655 12,3 100,0 100,0
Veneto
Ordinaria 45.855.124 25.077.459 -45,3 56,7 22,6
Straordinaria 17.145.957 50.057.801 192,0 21,2 45,0
Deroga 17.871.228 36.331.046 101,6 22,1 32,4
Totale 80.872.369 111.166.306 37,5 100,0 100,0
Provincia PD
Ordinaria 7.915.910 4.005.911 -49,4 56,8 17,4
Straordinaria 1.825.836 11.580.012 534,2 13,1 50,3
Deroga 4.206.520 7.454.070 77,2 30,2 32,4
Totale 13.948.266 23.039.993 65,2 100,0 100,0
Fonte: Elaborazione su dati INPS.
Non pochi comuni della Bassa Padovana hanno avvertito acutamente gli effetti della crisi. Le più forti ripercussioni negative sulla vita economica e sociale si sono avute con la chiusura di fabbriche o la riduzione delle attività produttive di molte imprese, con conseguenti licenziamenti o
11 I dati del 2010 si riferiscono ai primi dieci mesi.
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cassa integrazione, a seguito delle difficoltà economiche o di mercato (è il caso della Komatsu ad Este, della SELCE a Monselice, della BETON RAPID ad Ospedaletto Euganeo, solo per citare qualche esempio) o a causa della loro delocalizzazione.
Inoltre ad aggravare le difficoltà è sopraggiunta l’alluvione dello scorso autunno: tremila attività in vari settori (negozi, piccole e medie imprese) e più di quattromila aziende agricole hanno subito danni di rilevanti dimensioni, i cui effetti si sono estesi al complesso della vita economica.
1.3.5. Disagio abitativo
Uno dei problemi maggiormente connessi con la crisi è quello dell’abitazione, che vuol dire un affitto esoso da pagare, un mutuo non sostenibile, condizioni di abitabilità non dignitose e malsane, la coabitazione forzata in mancanza di una propria abitazione, l’impossibilità di trovare un nuovo appartamento o di avere una casa ad affitto agevolato. È evidente che il disagio abitativo è legato ai problemi di occupazione e di reddito dei membri della famiglia.
Nel corso della ricerca non è stato possibile reperire dati sui principali indicatori relativi alle abitazioni e al disagio abitativo, la lista d’attesa delle famiglie per avere una casa a edilizia pubblica residenziale, le persone senza tetto.
Gli unici dati rilevati riguardano gli sfratti eseguiti nel 2008 (Tab. 1.17): rispetto al 2007 sono aumentati in Veneto del 28,2%, a fronte di un aumento nazionale dell’11,1% e nella provincia di Padova si è raggiunto il 30,8%. Anche le richieste di esecuzione sono aumentate del 13,3% nel padovano, del 21,7% nel Veneto e del 26,5% in Italia. Sono dati che confermano una difficoltà crescente nel far fronte ai costi di gestione dell’abitazione con una diretta correlazione tra l’acuirsi della crisi ed il disagio abitativo.
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Tabella 1.17. – Provvedimenti di sfratto emessi, richieste i esecuzione e sfratti eseguiti nel 2008.12 13
Provvedimenti di sfratto emessi
Richieste di esecuzione12
Var. % rispetto
2007
Sfratti eseguiti13
Var. % rispetto
2007
Per necessità
del locatore
Per finita locazione
Morosità o altra causa
Tot.Var. %
rispetto 2007
Verona 0 141 703 844 5,0 803 20,9 392 24,1
Vicenza 1 230 563 794 14,6 660 -1,3 348 274,2
Belluno 0 7 50 57 5,6 159 96,3 67 91,4
Treviso 0 43 500 543 74,0 496 53,1 208 -1,9
Venezia 0 156 422 578 261,3 420 28,8 360 -13,9
Padova 5 103 488 596 -3,6 145 13,3 263 30,8
Rovigo 0 13 207 220 14,6 60 -3,2 115 25,0
Veneto 6 693 2.933 3.632 28,2 2.743 21,7 1.753 28,2
Italia 539 10.486 41.008 52.033 18,6 138.443 26,5 24.959 11,1
Fonte: Regione Veneto e Ministero dell’Interno.
Si dispone comunque di qualche dato per la città di Padova, come quello riferito al bando uscito nel 2008 per l’assegnazione di circa 150 alloggi pubblici gestiti dal Comune, in conformità al quale furono individuati, ai fini dell’attribuzione dei punteggi, requisiti di accesso prioritari quali anzianità, limiti di reddito, presenza di portatori di handicap, numero componenti nucleo familiare. A fronte di 1.755 domande presentate, furono inclusi in graduatoria 1.526 richiedenti (con esclusione quindi di 229 richieste).
Per la Bassa Padovana qualche elemento abbastanza significativo è rinvenibile attraverso le attività dei SISP14 (Servizi di Igiene e Sanità Pubblica) dell’Azienda ULSS 17, svolte allo scopo di verificare l’idoneità degli alloggi e ciò sia per ottemperare agli obblighi imposti dalla legge sull’emigrazione sia per accertare l’antigienicità ai fini dell’attribuzione di punteggi utili all’inserimento nelle graduatorie ERP (Edilizia Residenziale
12 Presentate all’Ufficiale Giudiziario.
13 Con l’intervento dell’Ufficiale Giudiziario.
14 Cfr., ULSS 17, Relazione Attività 2009, Sanità Pubblica - Capitolo 3 - La verifica delle Condizioni Igienico Sanitarie degli alloggi
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Pubblica). Nel 2009 sono stati effettuati 108 sopralluoghi presso abitazioni di privati: tra questi 57 sono stati eseguiti per l’inserimento nelle graduatorie ERP, 43 in ordine alle norme della legge sull’immigrazione, 6 per altri motivi, sempre collegati a verifiche di antigienicità. Inoltre 2 verifiche sono state richieste dai servizi sociali nei confronti di utenti in situazione di disagio psico-sociale noti ai Servizi stessi.
Figura 1.10. – Motivi di richiesta dei 108 sopralluoghi dei SISP dell’Azienda ULSS 17 presso abitazioni di privati nel 2009.
Fonte: Azienda ULSS 17.
Figura 1.11. – Distribuzione degli inconvenienti riscontrati nei 108 sopralluoghi dei SISP dell’Azienda ULSS 17 presso abitazioni di privati nel 2009.
Fonte: Azienda ULSS 17.
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Il 33% degli alloggi sottoposti a verifica è stato valutato antigienico, nel 22% sono state individuate carenze all’impianto elettrico e nel 16% carenze nel sistema di riscaldamento e/o idro-sanitario, tre abitazioni sono state dichiarate inagibili, nel 30% dei sopralluoghi sono state evidenziate irregolarità in merito alla normativa sulla sicurezza.
1.3.6. Minori e famiglie
La povertà vissuta nell’attuale momento di crisi rende problematica anche la gestione educativa ed assistenziale delle famiglie. Le difficoltà della crisi hanno imposto tagli progressivi ai servizi per l’infanzia ed ai servizi per i disabili e per gli anziani non autosufficienti. Tutto questo ha avuto pesanti ripercussioni. Nel territorio aumentano le famiglie multi problematiche con minori in situazione di disagio, disadattamento o devianza e in stato di abbandono.
Le richieste di aiuto nei consultori familiari della Bassa Padovana sono aumentate. Nel corso del 2009 sono stati seguiti 31 casi di affidamento, sia intra che etero familiare con un aumento del 15%. Le famiglie affidatarie aumentano da 23 a 29, con un aumento quindi del 26% nel triennio considerato (Tab. 1.18).
Tabella 1.18 – Affido familiare: numero di minori e famiglie seguite dai consultori dell’Azienda ULSS 17 nel biennio 2007-2009.
2007 2008 2009 Var. %
2007-2009Minori Famiglie Minori Famiglie Minori Famiglie Minori Famiglie
Monitoraggio affidi in corso 27 23 29 27 31 29 15 26
Colloqui per valutazione/sostegno singola famiglia
- 28 - 27 - 168*
Gruppi di sostegno famiglie affidatarie - 23 - 27 - 15
Progetti di “de istituzionalizzazione” 24 6 16 4 - -
Formazione per nuove famiglie affidatarie
- - 18 14 - 15
Progetti di solidarietà familiare - - 5 4* 5 4**
* Incontri. ** Famiglie solidali.
Fonte: UOC MIEEF.
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In una realtà in cui la famiglia è tradizionalmente considerata un’istituzione forte, non solo per le sue funzioni sociali, ma anche per la sua rilevanza economica (numerose sono le piccole imprese di carattere famigliare), aumentano i fenomeni di disgregazione familiare: tra il 2006 ed il 2007, nella regione Veneto le separazioni con assegno al coniuge passano da 1.407 a 1.476, pari a un incremento del 4,9%, pur se inferiore a quello italiano (10,8%). Complessivamente le separazioni con provvedimenti economici crescono a livello regionale dell’8,0%, contro il 5,6% a livello nazionale (Tab. 1.19).
Tabella 1.19 – Separazioni con provvedimenti economici per coniugi e figli nella regione Veneto nel biennio 2006-2007. Confronto con l’Italia.
Separazioni con assegno
al coniugeSeparazioni con assegno
ai figliTotale Separazioni con
provvedimenti economici
2006 2007 Var. % 2006 2007 Var. % 2006 2007 Var. %
Veneto 1.407 1.476 4,9 2.973 3.255 9,5 4.380 4.731 8,0
Italia 19.993 22.009 10,1 43.301 44.860 3,6 63.294 66.869 5,6
Fonte: Elaborazione “Povertà Oggi” su dati della Regione Veneto.
1.3.7. Disagio sociale
L’assistenza alle persone non autosufficienti è un altro problema incalzante che grava sulle famiglie, che non vogliono separarsi dai propri congiunti o che non possono permettersi le rette delle case di riposo o le assistenti familiari; di conseguenza molte famiglie si trovano a vivere situazioni di disagio.
Secondo l’Osservatorio Regionale del Veneto nei 46 comuni della Bassa Padovana le persone con disabilità di vario genere (in particolare con necessità di assistenza continua e con impossibilità a deambulare) nel 2006 sono 7.373. Si tratta di persone a rischio di esclusione sociale e con difficoltà di inserimento lavorativo. Un altro dato indicativo, riferito però al 2004 e tratto dall’Archivio Invalidi Civili dell’Azienda ULSS 17, è costituito dalla presenza di 2.457 utenti (1.641 femmine e 816 maschi), con codice giudizio 15, ossia “ultrasessantacinquenne con difficoltà a compiere funzioni proprie dell’età”, e di 212 utenti (96 femmine e 116
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maschi) con codice giudizio 07, ossia “minore con difficoltà a compiere funzioni proprie dell’età”. Sono dati che lasciano intravedere situazioni di criticità sotto aspetti diversi (economici, sanitari, assistenziali, educativi, etc.).
I servizi sociali segnalano inoltre altre situazioni che devono far riflettere rispetto al disagio che colpisce le classi giovanili che sono anche quelle a maggior rischio di inserimento lavorativo: nel 2009 oltre 2600 giovani con disturbi affettivi, psicosi schizofreniche, disturbi d’ansia, disturbi alimentari e di personalità, si sono rivolti ai centri di salute mentale. Nel 2009 150 pazienti con dipendenza da alcol sono stati seguiti dal SERT.
È interessante evidenziare a questo punto il dato provinciale relativo ai suicidi, epifenomeno di disagio, collegato nelle cronache locali degli ultimi anni anche con il crack economico di aziende ed esercizi commerciali. Il comportamento suicidale si attesta nella provincia di Padova nel 2008 su 72 casi, con un tasso (su 100.000 abitanti) del 7,8. Questa provincia, registrando un valore superiore a quello nazionale (4,7 per 100 mila ab.), risulta così seconda solo a Belluno, il cui tasso è di 12,6. Considerando il tasso relativo ai tentati suicidi, con un valore di 6,7 (6,1 Veneto; 6,0 Italia) la provincia scende al terzo posto. Sommando i suicidi ai tentati suicidi, con 134 casi Padova registra il terzo tasso più elevato a livello regionale (14,5), ancora una volta superiore a quello nazionale (10,7) (Tab. 1.20).
Tabella 1.20 – Suicidi e tentativi di suicidio per provincia accertati da Polizia e Carabinieri in Veneto nell’anno 2008.
Suicidi Tentativi di suicidio Totale
N. Per 100.000 abitanti N. Per 100.000
abitanti N. Per 100.000 abitanti
Verona 53 5,8 61 6,7 114 12,5
Vicenza 44 5,1 54 6,3 98 11,4
Belluno 27 12,6 17 7,9 44 20,5
Treviso 55 6,3 28 3,2 83 9,5
Venezia 46 5,4 48 5,6 94 11,0
Padova 72 7,8 62 6,7 134 14,5
Rovigo 15 6,1 29 11,7 44 17,8
Veneto 312 6,4 299 6,1 611 12,5
Italia 2.828 4,7 3.327 6,0 6.155 10,7
Fonte: Elaborazioni “Povertà Oggi” su dati ISTAT e della Regione Veneto.
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1.4. Conclusioni
La lettura di dati, grafici e tabelle ci consente di concludere che la Bassa Padovana è colpita da un fenomeno povertà che tende ad aggravarsi ed a persistere, nonostante il miglioramento dei livelli medi di vita e di reddito. Evidentemente i sistemi economico-produttivi non sono in grado di ridistribuire equamente le risorse e le opportunità, provocando o acuendo le disuguaglianze.
Sotto il profilo demografico, l’aumento della vita media ed il calo delle nascite hanno fatto espandere la classe degli ultrasessantacinquenni, che rappresentano oggi 1 abitante su 5, fenomeno che si traduce in un indice di vecchiaia superiore alla media provinciale e regionale. Se a questo aggiungiamo che nella provincia di Padova 1 abitante su 3 ha un basso capitale culturale, inidoneo ad affrontare la società di oggi, il quadro demografico presenta una situazione problematica. Inoltre il flusso immigratorio, al quale è legato il ringiovanimento della popolazione e quindi la crescita demografica, ha presentato livelli inferiori alle medie provinciali, regionali e nazionali, segnalando così la bassa attrattività per condizioni di insediamento e di lavoro favorevoli della Bassa Padovana rispetto ad altre zone della provincia o del Veneto. Inoltre, insieme con i temi della condizione anziana e della non autosufficienza, vi è anche il problema della bassa natalità e del disagio giovanile, in un contesto in cui le risposte del sistema locale di welfare si riducono, come abbiamo avuto modo di constatare nel corso di questo percorso di ricerca, aumentando pertanto i rischi di cronicizzazione di situazioni di svantaggio e di vulnerabilità di persone e di nuclei familiari.
Anche sotto il profilo occupazionale si sono aperti scenari di povertà e di esclusione: la Bassa Padovana ha meno sbocchi produttivi rispetto all’Alta Padovana ed i disoccupati sono raddoppiati negli ultimi anni. Su quest’ultimo fenomeno hanno pesato la chiusura di fabbriche e la riduzione di attività produttive di molte imprese, con conseguenti licenziamenti e maggiore ricorso alla cassa integrazione. L’aumento di quest’ultima tra il 2009 ed il 2010 è stato nella provincia di Padova più alto rispetto al Veneto e ha riguardato non solo la cosiddetta età di mezzo (45-55 anni), che dovrebbe essere quella a maggiore stabilità occupazionale, ma anche la fascia dei giovani tra 19 e 29 anni. Per i
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giovani è purtroppo facile prevedere gravi ripercussioni per il loro futuro sia in termini previdenziali, per la mancanza di contributi, dato il tardivo inserimento nel mondo del lavoro, sia in termini di progetti di vita.
Se sotto il profilo della povertà, intesa come condizione economica sfavorevole, il quadro della Bassa Padovana è preoccupante, è altrettanto vero che lo è anche un’altra povertà, talvolta connessa alla prima – probabilmente più subdola poiché meno misurabile – caratterizzata da insicurezza, instabilità e fragilità di relazioni. Una povertà che sta colpendo la Bassa Padovana in rapporto al numero crescente di persone anziane, spesso non autosufficienti, di immigrati con problemi di integrazione, di giovani smarriti rispetto all’impossibilità di esercitare pienamente il ruolo di cittadino e di persone con disabilità di vario genere.
Lo scenario sociale delineato segnala che il “modello di crescita senza sviluppo”, che accentua lo stato di povertà della popolazione nel quale è immersa l’Italia, interessa il territorio della Bassa Padovana. Ciò richiede a tutte le forze del territorio, enti pubblici, associazioni di categoria, volontariato e non profit in generale, oltre alle famiglie – ciascuna con le proprie responsabilità – uno sforzo convergente di impegno per il superamento della crisi economica e sociale.
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Enti Pubblici ed Organizzazioni che hanno contribuito all’indagine
Comune di ConselveComune di EsteComune di MonseliceComune di MontagnanaAssistente sociale Comune di ConselveAssessorato Politiche Sociali Comune di EsteA.ULSS 17 Direttore U.O.C. Programmazione, Gestione, Vigilanza e Controllo Servizi SocialiCPI di Este-MontagnanaCPI di Monselice-ConselveUfficio Scolastico Provinciale PadovaUfficio di Statistica della Regione Veneto
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Capitolo 2L’analisi del fenomeno povertà
Prefazione
Povertà. Una parola all’apparenza semplice, ma che nasconde al suo interno una notevole complessità.
Dal capitolo precedente si può vedere come questo fenomeno si stia espandendo e, adattandosi alla realtà dei nostri giorni, colpisca un sempre maggior numero di persone. I numeri che abbiamo raccolto ci raccontano di un problema in crescita e differenziato al suo interno. Tuttavia l’opinione pubblica non è veramente a conoscenza delle conseguenze negative di questo fenomeno.
I dati oggettivi disponibili, per quanto scarsi, sono sufficientemente utili per dare un’idea della povertà e della sua evoluzione nel tempo e nello spazio, con le peculiarità e la complessità che la contraddistingue. Tuttavia i dati statistici non sono sufficienti a rappresentarla nei suoi aspetti qualitativi e processuali (“come” si diventa poveri). Proprio per questo il gruppo di lavoro ha deciso di ricorrere allo strumento delle interviste per acquisire la percezione del fenomeno di chi lavora in questo campo ogni giorno.
Riteniamo che, in questo caso, tenere in considerazione il “lato umano e soggettivo” non solo sia importante, ma addirittura fondamentale per cercare di comprendere almeno un po’ meglio il significato della povertà, o almeno alcuni dei suoi innumerevoli risvolti.
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2.1. La povertà e la creazione dello strumento di indagine
Prima di creare uno strumento di rilevazione, che consentisse un’analisi del fenomeno, è stato necessario focalizzare l’attenzione sulla definizione di povertà.
Per fare ciò si sono individuate tre domande chiave:chi è il povero?1. quali sono le cause della povertà?2. quali sono le conseguenze della povertà?3.
Questi punti sono stati affrontati in una sessione di brainstorming di gruppo dove ognuno ha dato il proprio contributo e chiarito il proprio punto di vista. Si è scelta questa modalità di focalizzazione perché volevamo incoraggiare le idee dei vari membri del gruppo, valorizzando l’esperienza e le conoscenze di ognuno in una specie di reazione a catena che stimolasse la produttività e la creatività.
Per quanto riguarda il primo punto è stato individuato come povero chi non è in grado di assicurarsi un reddito e/o altre risorse essenziali per avere una vita dignitosa.
Allargando la definizione è emerso che è povero: chi subisce i cambiamenti della società e del mercato del lavoro •(congiunture macroeconomiche, modelli di consumo che inducono il sovraindebitamento, contesto culturale e sociale);chi non è protetto dal • welfare (è “escluso” dalla società e/o non è “in contatto” con i servizi offerti dalla società);chi ha meno risorse (reddito, salute, alloggio e rete sociale e •familiare).
Vagliando le cause della povertà, è risultato che queste possono essere molteplici e tra loro intrecciate, dipendenti da situazioni di crisi del sistema socio-economico (es. disoccupazione), da aspetti di fragilità della persona o della famiglia (es. bassa scolarizzazione, numerosità della
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prole, insufficienza di reddito), da eventi negativi che intervengono nella vita (es. malattia, infortunio, sfratto) senza che la persona stessa possa trovare nella famiglia e/o nel sistema di welfare un aiuto concreto e sufficiente per affrontarli.
Infine, per quanto riguarda le conseguenze, si è visto che, come le cause, possono essere le più svariate e sono strettamente connesse al vissuto della persona ma, d’altro canto, anche in questo caso si possono individuare degli elementi comuni che si ritrovano spesso nelle varie situazioni analizzate:
impatto psicologico (depressione, perdita dell’autostima);•insicurezza sociale e paura diffusa con fenomeni di isolamento, •emarginazione, violenza, aumento della criminalità;abbassamento degli standard qualitativi del lavoro e situazioni •di sfruttamento.
2.2. Gli intervistati
Una volta costruito lo strumento, articolato in una serie di domande aperte, ci siamo chiesti chi intervistare.
Abbiamo lavorato su un campione di 22 soggetti che abbiamo diviso in due macrogruppi di persone da coinvolgere nella rilevazione sul campo: i soggetti poveri e chi offre loro aiuto. È fondamentale rilevare l’importanza delle interviste fatte alle persone povere. Infatti, dalle sessioni di gruppo è emerso che, probabilmente, la poca efficacia degli interventi messi in campo per arginare il fenomeno della povertà è dovuta anche a una scarsa conoscenza del punto di vista dei diretti interessati.
Entrambi i gruppi sono talmente vasti e variegati che è stato necessario, per ottenere dati in breve tempo, restringere il campo individuando precise categorie di persone da tenere in considerazione. In tal modo abbiamo evitato di perderci nella complessità del fenomeno e di essere dispersivi nel tentativo di analizzare troppi aspetti.
Per quanto riguarda il primo gruppo, è stata identificata una tipologia di casi significativi da prendere in considerazione (6 interviste):
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persone senza fissa dimora;• immigrati;• disoccupati;• madri sole;• anziani soli e/o non autosufficienti o anziani soli autosufficienti a • basso reddito;famiglie numerose.•
Nel secondo gruppo, invece, abbiamo individuato le seguenti categorie (16 interviste):
Assessore delle Politiche Sociali• . Sono stati intervistati gli Assessori alle politiche sociali dei Comuni di Conselve, Monselice, Este, Urbana e il Presidente dell’Unione dei Comuni “La Sculdascia”15.Operatori sociali e scolastici• . I primi sono gli Assistenti Sociali dei principali Comuni, che sono una fonte primaria d’informazioni perché direttamente a contatto con il fenomeno. Abbiamo intervistato gli operatori di Conselve, di Monselice e l’assistente sociale della Sculdascia. Inoltre, abbiamo intervistato il Responsabile degli Interventi Educativi dell’Ufficio Scolastico Provinciale.Altri osservatori locali• . In questa categoria abbiamo ricompreso:- Direttore della Difesa del Popolo, per capire l’opinione della stampa.- Presidente ASCOM di Este e Assessore alle attività commerciali di Montagnana, per avere una visione economica del fenomeno.- Sindacalista CGIL, per avere un’opinione diretta della situazione del mondo del lavoro nella zona geografica d’interesse.- Responsabile Associazione ALII di Este, che si occupa delle persone immigrate.- Responsabile SERT dell’A.ULSS 17, per vedere se c’è una relazione tra dipendenze e povertà.- Sacerdote di San Giacomo di Monselice – Responsabile di Casa Amica, per avere un’opinione da chi lavora con i minori per quanto concerne il legame tra istruzione-integrazione e povertà.
15 La Sculdascia è l’unione dei Comuni di Casale di Scodosia, Urbana, Castelbaldo e Masi
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2.3. Risultati delle interviste sul campo
Il primo risultato che è emerso in generale dalle interviste è che – senza ombra di dubbio – la povertà e, più in generale, l’impoverimento sono un fenomeno in aumento nella Bassa Padovana. Tutti gli intervistati del secondo gruppo concordano su questa percezione. La causa principale di tale situazione è il notevole impatto che la crisi economica ha avuto nelle nostre zone. Tale crisi ha altresì impattato su un contesto economico piuttosto fragile, così come su una forza lavoro mediamente meno istruita che negli altri ambiti del Padovano e del Veneto.
Le difficoltà sono state percepite in tutti i settori, sia artigianale, sia industriale, sia commerciale e molte attività hanno dovuto chiudere. La misura di come la crisi ci abbia colpiti è data dal fatto che non solo le piccole attività sono fallite, ma anche grandi aziende presenti nel territorio hanno deciso forti tagli di personale (come la Komatsu di Este) o, addirittura, hanno chiuso (come la Selce di Monselice).
La conseguenza principale è la perdita di lavoro, che dà inizio a un effetto domino che intacca tutti gli aspetti della vita delle persone. Il primo effetto è senza dubbio il collasso economico, che riduce il livello di vita delle famiglie che faticano a soddisfare i bisogni primari o a mantenere uno standard normale di consumi. Soprattutto per coloro che sono in affitto o hanno il mutuo da pagare, è molto alto il rischio di perdere la propria dimora. Come conseguenza secondaria è stato rilevato che il gap tra ricchi e poveri è aumentato notevolmente: da un lato chi è già ricco continua a esserlo (lo dimostra il fatto che gli acquisti di beni di lusso non sono diminuiti e non sembra che questo settore abbia risentito della crisi come gli altri comparti economici), dall’altro lato, il ceto medio si assottiglia sempre di più e aumenta la classe delle persone povere.
I cittadini maggiormente colpiti da fenomeni di disoccupazione e di recessione produttiva sono rappresentati soprattutto dalle persone che hanno circa 50 anni e che presumibilmente hanno maggiori difficoltà a rientrare nel mondo produttivo per il loro basso livello di scolarizzazione. Essi sono considerati una “nuova classe” di poveri.
Un altro gruppo molto colpito sono gli immigrati, che negli anni pas-sati sono giunti a frotte nelle nostre zone perché c’era bisogno di ma-
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nodopera. Ora che molte aziende decidono di chiudere o di delocaliz-zare all’estero, c’è un forte esubero di manodopera che contribuisce ad aggravare una situazione già di per sé critica. Infatti, la scarsità di posti disponibili spinge le persone, italiane e straniere, ad accettare qualsiasi condizione di lavoro pur di guadagnare qualcosa. Questo sta lentamen-te erodendo tutte le conquiste che, negli anni passati, sono costate su-dore e sangue ai lavoratori che volevano ottenere migliori condizioni e garanzie occupazionali.
Dalle interviste è emerso che coloro che risentono maggiormente di questo deterioramento del rapporto lavoratore-datore di lavoro sono le donne, soprattutto le madri sole. Questa categoria, in particolare, si trova molto in difficoltà perché si deve dividere tra obblighi lavorativi e familiari (soprattutto se i figli sono minorenni) e può finire per tralasciare gli uni o gli altri. Nel primo caso (lavoro in secondo piano) la donna segue maggiormente i figli e non riesce a trovare un lavoro stabile che le dia una sicurezza economica seppur minima, portando l’intera famiglia sulla soglia della povertà; nel secondo caso (famiglia in secondo piano) la donna decide di guadagnare una stabilità economica a discapito delle attenzioni verso i figli e questo fa sì che si indebolisca la rete familiare e che i figli crescano senza la presenza di una guida che li aiuti a maturare sulla base di valori corretti.
Purtroppo le nostre zone sono caratterizzate da un forte invecchia-mento della popolazione con contraccolpi sulla condizione di molti an-ziani, soli e con pochi aiuti (materiali, relazionali e istituzionali), soprat-tutto se vivono nelle aree più periferiche, caratterizzate da una bassa densità abitativa e con forti ostacoli sul piano della comunicazione e della mobilità.
Questi problemi aumentano la frustrazione e i sentimenti di umilia-zione e di vergogna di chi non riesce a risollevarsi da una situazione di povertà più severa o intervenuta con la crisi. Quest’aspetto colpisce maggiormente le famiglie italiane, rispetto agli immigrati. Le interviste hanno, infatti, evidenziato come molti immigrati, anche grazie all’aiuto dei loro connazionali da più tempo presenti nel nostro Paese, riescano a districarsi nella rete degli enti pubblici e del privato sociale. D’altro canto, le famiglie italiane sperimentano una maggiore difficoltà a muo-versi negli ambienti burocratici anche per un forte senso di vergogna
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legato a una condizione che non si era sperimentata in precedenza.Le ricadute psicologiche dovute allo shock di trovarsi in una situazione
che non si era preparati a vivere, anche a causa della subitaneità con cui accade, sono molto forti. Sentimenti d’inadeguatezza, depressione, isolamento e rabbia portano a un aumento della violenza e dei fenomeni di esclusione. Emblema di ciò sono le parole di un’assistente sociale che parla di una vera e propria “guerra tra poveri”, causata da un senso di disagio diffuso che crea invidia, attriti e frammentazione sociale.
Gli effetti e le tensioni negative di una condizione di deprivazione dei mezzi economici non si avvertono solo nella vita sociale, ma anche a livello familiare e ciò può portare a una vera e propria crisi o disgregazione della famiglia. È opportuno, a tal proposito, ragionare in termini di rete. Con questo termine intendiamo l’insieme delle relazioni che le persone stabiliscono sia all’interno che all’esterno della famiglia. Una cosa molto importante emersa è che la mancanza di una rete sociale e/o familiare solida è sia causa sia conseguenza della povertà. È stato, infatti, riscontrato che la rete è fonte di risorse e di sostegno (sia morale, sia materiale) e la sua fragilità indebolisce ulteriormente la persona in difficoltà, che si trova a dover affrontare da sola un problema molto destabilizzante e, in alcuni casi, nuovo. A volte, viceversa, è la condizione di povertà che porta a un deterioramento dei legami che le persone hanno costruito in passato, attivando un processo segnato da depressione e impotenza, che può portare a un vero e proprio crollo e a smettere di lottare per migliorare la propria condizione, andando lentamente alla deriva. A questo proposito, il Responsabile del SERT ha osservato che, pur non essendoci un legame tra la povertà e la dipendenza, si riscontra che in alcuni casi la dipendenza da droghe è associata a uno stato di povertà, come concausa e/o conseguenza.
Le richieste che gli Enti pubblici e del Terzo Settore ricevono dalle persone in difficoltà riguardano principalmente il soddisfacimento di bisogni primari e quindi aiuti alimentari, ma vengono sollecitati aiuti economici anche per pagare il mutuo o le bollette. In alcune zone (come ad esempio nel Comune di Urbana) è molto forte la domanda di aiuto per trovare un’occupazione.
Abbiamo, poi, riscontrato attraverso le nostre interviste a persone povere che tale condizione non è associata necessariamente a un
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basso livello di istruzione: su sei intervistati, ben cinque possedevano un titolo di studio superiore. Anche questo dato ci dice che la povertà è una questione complessa.
Sempre parlando delle testimonianze delle persone povere, sebbene le cause che hanno portato alla loro situazione siano le più disparate, essendo connesse all’evolversi delle loro vite, si nota che un fattore comune è l’assenza o la saltuarietà di un’occupazione. Questo conferma l’importanza fondamentale del lavoro nella vita delle persone, soprattutto perché può fornire le risorse (materiali e psicologiche) per uscire dal circolo vizioso della povertà.
Infine, le testimonianze raccolte dalle persone in difficoltà sostengono la percezione degli stessi operatori che sentimenti come vergogna e frustrazione inibiscono notevolmente le persone dal chiedere aiuto e, quando proprio sono costrette a farlo, le spingono a chiedere solo per le necessità primarie (soprattutto il cibo). Questo rifiutarsi di palesare la propria condizione porta questi individui a isolarsi e ciò conferma come la mancanza di rete sia aggravante e conseguenza di povertà. A questo proposito, possiamo notare una differenza tra poveri italiani e poveri immigrati: molto spesso gli italiani sono completamente isolati se non hanno familiari vicini, perché, vergognandosi della propria condizione, tendono a “tagliare i ponti” con amici e conoscenti. Gli immigrati, invece, che in molti casi non possono contare sui rapporti familiari perché le famiglie si ricongiungono lentamente e solo quando sono stati raccolti i fondi necessari per far trasferire i vari membri, possono contare spesso su maggiori aiuti dalla comunità di cui fanno parte. In alcuni territori e in alcune comunità la situazione comune che gli appartenenti condividono (sia di povertà o difficoltà economica, sia di stranieri) li porta a fare fronte comune e a cercare di aiutarsi a vicenda.
In conclusione possiamo affermare non solo che il fenomeno della povertà è notevolmente aumentato, ma che colpisce una tipologia maggiore di persone/famiglie con il conseguente aumento delle disparità sociali.
Sebbene gli eventi che possono portare allo stato di povertà siano molteplici, uno dei principali è sicuramente la perdita del lavoro e quindi della fonte di guadagno che permette di sopravvivere. Inoltre,
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è apparso come un fattore rilevante sia l’assenza di una rete familiare e/o sociale sufficientemente forte, senza la quale cresce la difficoltà ad uscire da questo status.
Si è visto che le categorie più colpite da questo fenomeno riguardano: disoccupati di mezza età (40-50 anni), immigrati, famiglie monoparentali e anziani soli. La gravità e il perdurare della situazione di povertà dipende principalmente dalle risorse disponibili al momento dello scatenarsi dell’evento critico e da quello su cui può contare la persona che ne è colpita, ricorrendo anche alle reti di aiuto pubbliche e private.
Chi cerca di aiutare le persone in difficoltà deve combattere su diversi fronti contemporaneamente: mancanza di fondi, disorientamento e scarsa informazione delle persone rispetto ai diritti e alle opportunità e crescente numero di richieste. Purtroppo, sebbene gli Enti pubblici cerchino di rispondere al fenomeno, è emerso che vi è una mancanza di comunicazione interna tra i vari settori di competenza che così disperdono le risorse “tamponando” qualche situazione con interventi frammentari, ma senza porre veramente in atto una comune strategia di fronteggiamento di tale fenomeno. Una maggiore comunicazione e collaborazione tra i vari settori di responsabilità pubblica e tra questi e il privato sociale (volontariato e non profit in generale) potrebbe portare a creare delle azioni combinate che mirino dapprima ad arginare e poi a combattere in maniera più efficiente ed efficace quella che potrebbe essere considerata una “piaga” della società contemporanea.
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Capitolo 3L’Offerta dei Servizi
3.1. Impostazione della ricerca: strumenti e metodologia
Un primo obiettivo di questo lavoro di ricerca è stato l’esame approfondito dei provvedimenti economici e degli interventi in favore della popolazione in stato di povertà contenuti nel Piano di Zona (di seguito PdZ) recentemente elaborato per il quinquennio 2011-2015.
Un secondo obiettivo perseguito dalla ricerca è stato quello di rilevare i servizi e le risorse messe in campo da alcuni enti pubblici e da alcune delle più rappresentative associazioni del non profit impegnate sul tema della povertà per fronteggiare un simile fenomeno, attraverso l’intervista ai responsabili di tali organizzazioni.
Abbiamo pertanto predisposto e poi utilizzato due strumenti di rilevazione: uno per l’intervista agli assessori dei principali Comuni e a due responsabili della Azienda ULSS 17; l’altro per l’intervista ai presidenti delle organizzazioni non profit.
Con il questionario strutturato proposto ad assessori e responsabili della A.ULSS 17 si intendeva rilevare strategie, strumenti e risorse destinate ad affrontare e monitorare il fenomeno, la conoscenza di esso in termini statistici e qualitativi e gli interventi messi in campo per fronteggiarlo, nonché qualche valutazione sulla efficacia reale di tali politiche sociali e sul rapporto con le organizzazioni del non profit. Ai presidenti di queste ultime si sono poste alcune domande descrittive su storia, dimensione ed ambito territoriale di operatività della propria compagine di appartenenza, nonché numero di famiglie povere seguite e loro tipologia, modalità e ragioni per cui chiedono aiuto e cosa chiedono. Infine, il questionario comprendeva alcune domande sulla tipologia di provvedimenti forniti, le ulteriori potenzialità di intervento ed i bisogni di questa utenza non ancora soddisfatti, fino alla valutazione degli interventi pubblici.
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In base ai risultati delle interviste e dei questionari sono state realizzate e commentate delle tabelle con i dati più significativi.
3.2. Il contrasto al fenomeno povertà nel Piano di Zona
Nell’ambito territoriale corrispondente all’Azienda ULSS 17 della Bassa Padovana è stato recentemente elaborato il PdZ 2011/2015. Si tratta dello strumento più importante di programmazione delle politiche sociali locali, rispetto sia all’analisi dei bisogni sia all’offerta di servizi.
La sua importanza per le politiche socio-sanitarie e per l’integrazione effettiva è tale per cui andrebbe periodicamente formulato utilizzando un vero incrocio di saperi: quelli degli operatori e degli studiosi, quelli delle associazioni di volontariato e del Terzo Settore, ma anche quelli dei diretti interessati, nel caso specifico i poveri, che potrebbero fornire suggerimenti e proposte utili per affrontare meglio la povertà. Il loro punto di vista dovrebbe essere valorizzato, come abbiamo provato a fare nella ricerca sulla Bassa Padovana.
Il primo atto dell’elaborazione dei Piani di Zona consiste in una puntuale disamina dei bisogni dei cittadini, mettendo in evidenza anche quelli emergenti e più acuti a cui proprio il Volontariato, antenna sensibile, può portare un contributo essenziale di conoscenza.
Altra fase dell’elaborazione delle politiche sociali locali consiste nell’esame dell’offerta dei servizi e nella valutazione della loro reale efficacia, per riconfermare e rafforzare i servizi essenziali ed esigibili e proporre un’implementazione di nuovi servizi o interventi per affrontare meglio i vecchi bisogni e per farsi carico di quelli emergenti.
Nel PdZ elaborato vi è una documentazione adeguata e sufficiente ad inquadrare l’analisi del contesto e lo stato dell’offerta dei servizi da finanziare nel corso del quinquennio.
Rispetto alle cinque aree in cui il PdZ è articolato è stata fatta un’operazione importante di progettazione, basato sui Tavoli di lavoro permanente, approvati dalla Conferenza dei Sindaci il 14/07/2010, su cui si è svolta un’attività di concertazione ed elaborazione di proposte in
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termini di priorità ed azioni. Il compito di questi Tavoli non si esaurisce con la realizzazione del PdZ, ma prevede il monitoraggio continuo di verifica e valutazione della coerenza tra quanto progettato e quanto realizzato con l’auspicabile partecipazione attiva delle forze della società civile.
Per l’ambito della nostra ricerca era necessario verificare quanti e quali fossero i servizi esistenti e progettati per le persone e le famiglie in situazioni di povertà. Queste sono beneficiarie sia di provvedimenti di tipo economico (contributi, assegnazioni, sostegno ai costi assistenziali, erogazione servizi mensa, trasporto, etc.) che di specifici interventi se comprese nella categoria della marginalità sociale.
Le categorie di utenza considerate dal PdZ come beneficiarie di servizi ed interventi sono sei: famiglie e minori, anziani, disabili, dipendenti da sostanze, immigrati e appartenenti all’area della marginalità sociale considerata come “l’insieme delle situazioni in cui non è possibile una sufficiente autonomia delle persone dal punto di vista lavorativo, abitativo, alimentare e relazionale”.
Per ciascuna categoria di utenza sono stati previsti anche degli interventi di carattere economico e dei servizi ad accesso gratuito. Su questi si è concentrata la nostra attenzione. Nel PdZ sono stati identificati ben 19 tipi diversi. Sono stati invece ignorati gli interventi quali le rette di ricovero o di residenzialità, unitamente a quelli riferiti ai centri diurni.
Il risultato di questa disamina sembra denotare un obiettivo impegno da parte dei Comuni dell’Ambito della Bassa Padovana a far fronte al problema della povertà con una tipologia di interventi di carattere economico. La spesa complessiva impegnata appare cospicua dato che nel 2011 è di 2,6 milioni di euro e supera i 13,8 milioni di euro nel quinquennio 2011-2015. I beneficiari di tali interventi sono 5.878 persone all’anno (con possibile intervento multiplo nei confronti di particolari situazioni di bisogno).
Il provvedimento più corposo e nettamente superiore a tutti gli altri, è quello relativo alle “assegnazioni economiche per il sostegno alla domiciliarietà e autonomia personale” che permette a molte persone non autosufficienti o parzialmente non autosufficienti di rimanere nel proprio ambito domestico e quindi di prevenire altri tipi di povertà, come quelle relazionali (41,3% della spesa complessivamente impegnata).
Seguono, per importanza di bilancio, i “contributi economici a integra-
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zione del reddito familiare” (il 22,2% del budget totale) – l’unico tipo di intervento previsto per tutte e sei le categorie di utenza – ed è cospicuo anche l’intervento sul problema dell’abitazione con il “supporto al suo reperimento” e, soprattutto, con il “contributo economico” per il mante-nimento dell’alloggio: il 13,4% della spesa complessiva.
Molto meno incidenti sulla spesa complessiva dei Comuni dell’Ambito (compresa l’Unione dei Comuni) sono il “trasporto sociale” e i “contributi per il servizio di trasporto e mobilità” (complessivamente il 4,9%), nonché i “contributi economici per i servizi scolastici” (3,8%). Piuttosto ridotto è l’impegno di spesa per “l’inserimento lavorativo” in termini di supporto o di incentivi (3%), i “contributi economici per l’affidamento familiare di minori (2,7%), la distribuzione pasti e mensa o di buoni pasto/spesa a domicilio (1,6%); di peso equivalenti a questi sono i “contributi economici” erogati “per cure e prestazioni sanitarie” e “per servizi alla persona”. Più elevata è la spesa per la variegata voce di “altro sostegno o contributo economico” (2,5%) a cui si può aggiungere il 2,2% della spesa dedicata esclusivamente ai soggetti in stato di marginalità sociale.
Per quasi ogni tipo di intervento vi è una categoria di beneficiari privilegiata, a dimostrazione di un approccio differenziato e pertinente con i bisogni peculiari delle persone in carico.
Le famiglie sono ovviamente le prime beneficiarie per sei specifici interventi, innanzitutto per la spesa finalizzata al sostegno economico generico e per l’integrazione del reddito, e sono destinatarie esclusive dei contributi finanziari per i servizi scolastici e per l’affidamento familiare dei minori.
Gli anziani sono i destinatari elettivi del trasporto sociale, della distribuzione pasti e/o lavanderia a domicilio e dei “buoni spesa o buoni pasto”.
I disabili emergono in quanto beneficiari di “contributi per servizi alla persona”, ma soprattutto fruiscono delle “assegnazioni economiche per il sostegno alla domiciliarietà e autonomia personale”, che rappresentano il 93,8% di quanto impegnato dal PdZ per essi. I malati psichici rappresentano l’utenza maggiormente supportata, per numero di beneficiari e per impegno finanziario, nell’inserimento lavorativo. Per gli immigrati sono relativamente più sostanziosi i “contributi economici per cure e prestazioni sanitarie” in una fase in cui non vi è ancora un
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esteso ed efficace servizio di mediazione interculturale, sul quale infatti investe il PdZ. Infine, per la categoria focale della nostra ricerca, ossia le persone a maggiore vulnerabilità sociale, l’impegno finanziario degli enti pubblici è più cospicuo per il sostegno all’abitazione e per i “contributi economici erogati a titolo di prestito” e per quelli, ad essi esclusivamente dedicati, con cui far fronte a spese diverse, compresa l’ospitalità in apposite strutture.
Soppesando la spesa degli interventi economici e di sostegno materiale previsti dal PdZ per tipo di utenza, emerge che sono i disabili ad assorbire il finanziamento più ingente, il 35,4% del totale, seguiti dalle famiglie, che impegnano il 25,2% del finanziamento complessivo previsto dal PdZ. I soggetti della marginalità sociale vengono al terzo posto (16,5%) di questa graduatoria di attenzione e precedono gli anziani (Tab. 3.1).
Tabella 3.1. Tipo di utenza e numero beneficiari degli interventi di tipo economico previsti dal Piano di Zona nel 2011 e nel quinquennio. Peso % di ciascun tipo e area di intervento.
Tipo di utenza
Finanziamento2011
Totalefinanziamenti
2011-2015
% spesaper tipo di
utenza2011-2015
Finanziamentiper favorireinterventidel Terzo
settore 2011
Finanziamentiper favorireinterventidel Terzosettore
2011-2015
%spesa per
tipo diutenza
2011-2015
Famiglie 689.198,49 3.487.632,70 25,2 123.837,94 640.603,07 64,9Anziani 274.079,25 1.630.855,19 11,8 43.937.73 227.286,16 23,0Disabili 947.113,14 5.118.487,89 35,4 8.238,11 42.615.05 4,3Dipendentida sostanze 22.789.37 117.887,51 0,8 0 0 0
Malati psichici 49.475,21 255.931,04 1,9 0 0 0
Marginalitàsociale 438.796,57 2.269.857,22 16,5 10.922,09 56.499,05 5,7
Immigrati 182.581,76 1.160.338,65 8,4 3.930,30 20.331,09 2,1Totali 2.604.070,42 14.040.990,2 100 190.938,44 987.339,37 100
Fonte: Elaborazione “Povertà Oggi” su dati Piano di Zona 2011-2015 A.ULSS 17 Padova
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Il PdZ prevede anche dei finanziamenti destinati a favorire gli interventi del Terzo Settore, in linea con il principio costituzionale di sussidiarietà che ravvisa negli enti pubblici una funzione di sostegno ed impulso nei confronti delle forze della società civile attiva.
I finanziamenti a questo dedicati nel 2011 ammontano a quasi 191mila euro e complessivamente nel quinquennio sfiorano il milione di euro. Solo le organizzazioni di due dei sette tipi di utenza esaminati non sono destinatarie di fondi (quelle impegnate per dipendenti da sostanze e malati psichici), mentre si nota una forte concentrazione di risorse sulle organizzazioni pro-famiglia (il 65% del finanziamento impegnato). Delle altre solo le compagini che si fanno carico di anziani possono vantare una percentuale di incidenza a due cifre (23%).
Nella filosofia del PdZ vi è pertanto un orientamento a privilegiare le formazioni di Terzo Settore che tutelano e sostengono le funzioni della famiglia, condizione per prevenire i problemi dei membri della stessa e per rafforzarne la capacità di protezione.
Oltre ai servizi ed agli interventi ordinari, il PdZ prevede la realizzazione di specifici progetti innovativi o sperimentali.
In riferimento alla nostra ottica di ricerca sulla povertà si può citare il “Progetto di orientamento adulti” (febbraio 2011 - dicembre 2011), che intende agganciare le persone adulte in difficoltà, anche tramite reti di “prossimità” individuale, e realizzare interventi quali l’orientamento e il bilancio e/o ricostruzione del percorso personale e professionale e, soprattutto, di pre-formazione, oltre all’informazione sui servizi disponibili nel territorio.
Il soggetto responsabile della gestione è l’Ente di formazione di Confindustria Padova. Tale progetto, che era già stato finanziato dalla Regione per il 2010 e che dovrà essere rifinanziato per il 2011, purtroppo non prevede attività di valutazione, quindi manca qualunque informazione sui risultati conseguiti nel 2010. Così nelle aree disabilità e dipendenze da sostanze i progetti allegati al PdZ sono focalizzati sul “Progetto Lavoro” con varie iniziative soprattutto a vantaggio dei disabili.
Nell’area dell’immigrazione si segnala invece il progetto per l’integra-zione sociale e scolastica dei minori stranieri non comunitari.
Nell’area minori è interessante la sperimentazione in ambito pubblico
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per il prossimo quinquennio di un intervento di protezione a beneficio dei minori, vista l’emergenza di alcune situazioni a rischio. Si tratta del Gruppo Operativo Minori (GOM), che prenderà in carico il minore per il quale il Comune ha attuato un intervento di protezione. Il GOM non è un servizio strutturato, né un ufficio, ma un gruppo di lavoro con l’obiettivo di garantire l’integrazione operativa dei Servizi Sociali dei Comuni con i Servizi Socio-Sanitari dell’Azienda ULSS 17 nella gestione dei problemi in area minorile, per favorire la progressiva standardizzazione delle procedure e per sviluppare una politica di protezione e di tutela dei minori orientata a prevenirne l’istituzionalizzazione. È tuttavia ancora carente in quest’area un sostegno alla genitorialità al fine di prevenire situazioni di disagio giovanile.
Nell’ottica dell’integrazione tra le varie aree di intervento l’A.ULSS 17 ha promosso un progetto di formazione continua degli operatori denominato “Definizione di percorsi assistenziali standard e piani assistenziali personalizzati condivisi orientati al miglioramento continuo della qualità”.
Nell’area anziani il “Progetto Orizzonte” affronta un tema particolarmente connesso con la povertà e con una forma specifica di essa, quella relazionale di molti anziani che vivono soli o isolati nelle case sparse delle aree più periferiche della Bassa Padovana.
L’istituzione dell’area della marginalità sociale segnala una crescente attenzione al fenomeno delle povertà anche se, nonostante questo sia cresciuto in maniera significativa, è l’unica a non avere progetti specifici di presa in carico. Non vi sono ipotesi di servizi tesi alla prevenzione o all’accompagnamento per le persone che hanno perso il lavoro e che quindi corrono il rischio di scivolare facilmente verso situazioni di povertà personale coinvolgendo tutto il nucleo familiare. Ci sono solo delle vaghe ipotesi di intervento per dormitori e mense pubbliche onde evitare la migrazione nelle città limitrofe per un pasto o un tetto per dormire. Nelle aree Famiglia, Anziani, Disabilità, Dipendenze, Salute Mentale dalle tabelle del PdZ si evince che i nuovi progetti approvati sono quasi tutti affidati al Volontariato che, come altre realtà di Terzo Settore, beneficiano di finanziamenti ad hoc. È un riconoscimento importante e un aiuto concreto al Volontariato che si cimenta nella progettazione sociale avvalendosi sia di percorsi di formazione che di
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risorse aggiuntive, entrambi messe a disposizione dal Centro Servizio Volontariato provinciale di Padova.
Come già richiamato, dopo l’elaborazione del PdZ inizia una fase nuova ed altrettanto importante: quella del monitoraggio continuo della sua reale attuazione, con la possibilità di correttivi sulla base delle difficoltà che eventualmente intervengono o di nuovi bisogni da affrontare.
Questa funzione di verifica-valutazione compete a tutti gli enti pubblici ed a tutte le forze del Terzo Settore e, fra queste, in particolare al Volontariato per la sua funzione di advocacy e di promozione dei diritti.
3.3. Risultati della rilevazione con interviste
Vengono di seguito presentati i principali risultati della rilevazione condotta sugli enti pubblici e sulle organizzazioni non profit rispetto alle misure di contrasto alla vulnerabilità sociale ed alla povertà, in campo nell’area di osservazione.
3.3.1. L’offerta dei servizi-intervento degli Enti Pubblici
L’Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale, se da un lato non ha prodotto, un’attenzione specifica sul tema con l’istituzione di apposite consulte pubbliche, dall’altro non è passato inosservato dato che ha visto all’opera un Gruppo di Lavoro sulla povertà presso l’Azienda Sanitaria e un Tavolo Tecnico presso l’Unione dei Comuni, mentre già si è avuto modo di verificare che per l’Ambito di Zona è attivo un Tavolo permanente sulla Marginalità sociale (Tab. 3.2).
Nei Comuni esaminati si sono rilevati anche i dati di spesa e il loro andamento nel tempo per gli interventi sulla povertà. Emerge al riguardo una crescita di erogazione finanziaria in tre realtà su quattro e nell’unica in cui risulta stazionaria – il Comune di Este – vi è l’ammontare della spesa maggiore. L’Azienda Locale Socio-Sanitaria e tutti i principali Comuni rivelano rapporti strutturati (protocollo di intesa o convenzioni) con le
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organizzazioni di Terzo Settore, che tendono a promuovere in quanto considerate risorse preziose per l’integrazione degli interventi nel sociale. Per cui la valutazione fornita su tali forze della società civile appare generalmente positiva, anche per aspetti quali la “prossimità” al bisogno, la produzione di beni relazionali, la donazione di tempo e di attenzione, il cui valore è superiore all’aiuto economico, talvolta modesto.
Non tutti gli enti referenti forniscono i dati richiesti con l’intervista. Alcuni, ad esempio, difettano di dati sui beneficiari degli interventi, mentre tutti dispongono del numero delle famiglie povere destinatarie di qualche intervento nel 2010 (Tab. 3.3).
Tali famiglie sono caratterizzate dai problemi della disoccupazione o della mancanza di un reddito adeguato, unitamente a problemi relativi ai loro membri in età evolutiva o anziani. Vi è quindi una tendenziale multiproblematicità di tali compagini familiari, per l’effetto cumulativo sui bisogni determinato da molte condizioni di povertà che richiedono sostegni su versanti come quello educativo, relazionale, dell’assistenza domestica.
Tuttavia la mancanza/precarietà del lavoro è il fattore generativo di altri problemi in cui si imbatte la famiglia, come evidenziato dall’analisi condotta nel capitolo primo di questo rapporto. In particolare, esso incide prima sulla difficoltà a pagare l’affitto, poi sulle spese delle utenze domestiche, per arrivare a compromettere l’acquisizione dei beni di prima necessità, in una spirale di bisogno che in un periodo medio-lungo diventa per la famiglia insostenibile o non affrontabile con le risorse proprie.
Il numero dei tipi di intervento attivati per il sostegno dei poveri può variare anche significativamente da Comune a Comune. È evidente che l’Unione dei Comuni ha in sé la possibilità di mettere insieme più risorse (il contributo del Distretto è più modesto per l’utilizzo delle risorse sociali a rinforzo di alcune attività sanitarie). I tre Comuni maggiori della Zona (Montagnana escluso) realizzano in media 15 tipi diversi di interventi per sostenere famiglie e persone in condizioni di disagio economico (Tab. 3.4).
Si conferma soprattutto l’importanza accordata alle assegnazioni economiche finalizzate al sostegno della domiciliarietà ed all’autonomia personale (emersa come prima voce di spesa nel PdZ), ma almeno quattro
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enti su cinque forniscono i voucher, assegni di cura o buoni socio-sanitari per l’accesso gratuito ai servizi alla persona e contributi economici per l’alloggio o altri provvedimenti per l’accesso ad un’abitazione. Nessuno invece ha attivato una mensa o gruppi di auto aiuto di cittadini in difficoltà, tipi di interventi che vengono invece promossi o gestiti dalle organizzazioni non profit.
È interessante constatare che solo un terzo della tipologia dei servizi attivi nei tre Comuni esaminati (Conselve, Este e Monselice) sono compresenti negli stessi, segno di una diversa strategia nell’affrontare questi problemi, in parte dovuta a situazioni di bisogno differenziate nei rispettivi territori.
Ai referenti istituzionali è stato chiesto di indicare il grado di soddisfazione (Tab. 3.5) espresso per una serie di indicatori di adeguatezza dei servizi e dei provvedimenti esaminati. Emerge sostanzialmente una valutazione che varia tra l’«abbastanza soddisfacente» e il «poco soddisfacente» per tutti gli indicatori considerati. Nessun responsabile ha indicato le modalità di risposta estreme: il «molto soddisfacente» e il «per niente soddisfacente».
La disamina della valutazione si completa con l’indicazione dell’intervento più utile da adottare per affrontare meglio i problemi delle famiglie povere e che cosa l’ente pubblico potrebbe fare di più per esse.
Alla prima domanda le risposte potevano essere multiple ed in questo caso sono indicate in ordine di priorità decrescente.
La risposta/proposta prioritariamente considerata è quella di “favorire la formazione e l’inserimento lavorativo” – che risulta anche quella maggiormente opzionata tra le prime tre scelte – in coerenza con la causa della povertà considerata prevalente dai referenti istituzionali, due dei quali invece sottolineano l’importanza di un aiuto economico per garantire i beni di prima necessità o il sostentamento dei figli. La richiesta prevalente è quella di un intervento complesso e impegnativo, di medio-lungo termine ad un problema strutturale (la crisi economico-produttiva) rispetto ad un intervento di monetizzazione del bisogno che non intacca la causa ma rimedia solo agli effetti della povertà.
Infine, alla seconda domanda le risposte dei sei referenti sono tutte significativamente diverse perché attestano la complessità del problema e le molte sfaccettature della condizione di povertà e di bisogno da
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aggredire. Vi è chi punta ad un servizio di sportello per elevare l’offerta informativo-orientativa, chi a strutture di prima/pronta accoglienza, chi all’investimento sulle politiche abitative, mentre due responsabili pubblici optano per una migliore integrazione tra il sociale ed il sanitario o per un miglior coordinamento con le Associazioni di Volontariato.
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Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità
3.3.2. L’offerta dei servizi-interventi degli Enti non profit
Nella Tabella 3.7 sono evidenziate le dieci associazioni non profit intervistate. Si può notare che nel territorio sono presenti molte realtà che lavorano su tematiche sociali e che il numero di volontari impegnato nelle attività associative è alto, pur se insufficiente a soddisfare pienamente i bisogni dell’utenza. Le associazioni operano su un territorio sovracomunale e più spesso distrettuale mediamente da 10 anni (Convento di S. Giacomo escluso) e, quindi, il loro servizio alla comunità è oramai radicato. Tale servizio copre vari ambiti che vanno dal sostegno alle famiglie numerose o con qualche problema, alle persone senza lavoro e senza casa, agli anziani, ai disabili, fino agli ammalati in ospedale. Nel corso del 2010 le organizzazioni che hanno come propria utenza le famiglie ne hanno seguite mediamente 40, mentre due compagini hanno in carico o contabilizzano singole persone e, una di esse, non rileva gli ammalati che supporta in ambito ospedaliero. Esse si avvalgono di un numero variabile di volontari, circa 30 ad unità, considerando in questo caso il numero mediano, più realistico rispetto a quello medio, data la variazione degli effettivi (da 1 a 300).
Si tratta nel complesso di una presenza importante – e non esaustiva – delle forze del Volontariato attive nella Bassa Padovana, dove la solidarietà è ancora una virtù civica connessa con la tradizione ed il modus vivendi in queste comunità. Esse di fatto alleviano l’effetto dei problemi sociali, se non incidono in qualche modo anche sulle cause. Di certo la testimonianza della solidarietà agita è una risorsa importante perché crea quel capitale sociale e quei beni relazionali che sono necessari ad una comunità per stare insieme e per affrontare i problemi del nostro tempo.
La Tabella 3.8 mette in evidenza le emergenze sociali ed i bisogni maggiormente scoperti dell’utenza delle organizzazioni solidali. Esse, a parte l’A.V.O. di Este che si fa carico del sostegno soprattutto relazionale agli ammalati nelle corsie di ospedale, sono alle prese con famiglie in difficoltà per deficit di risorse economiche e al tempo stesso con presenza di figli in età minorile o con/di anziani. Si tratta di casi problematici registrati dalle associazioni come «molto» in crescita. Accanto a quelli che vengono all’attenzione di queste organizzazioni o ad altri di persone che si
Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità
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rivolgono ad esse sulla base di emergenze, vi sono casi ormai cronici che ricevono un costante sostegno dagli operatori volontari. Talvolta arrivano al Volontariato dopo aver costatato il fallimento dell’intervento pubblico a cui si sono rivolti per avere qualche prestazione in prima istanza.
Il dato più significativo è quello relativo al forte incremento di sostegno materiale, di beni di prima necessità (alimentari, vestiario, aiuti economici per le spese, etc.), pur se non mancano i bisogni di ascolto, relazione, sostegno morale, che la stessa povertà materiale rende più acuti, per la vergogna, l’isolamento, la depressione che colpisce chi non riesce a vivere con i propri mezzi (vedi capitolo 2).
Fino a qualche anno fa i problemi di relazione sociale erano più frequenti, mentre i casi di povertà materiale erano limitati e circoscritti a situazioni particolari. Oggi invece molte più famiglie sono sulla soglia della povertà e anche le difficoltà ad acquisire beni di prima necessità sono più frequenti, in relazione all’intensificarsi dei fenomeni di disagio che colpiscono le persone senza lavoro e le loro famiglie.
Un dato da sottolineare è che quasi tutte le associazioni vedono nella costruzione di reti sociali e solidali e nella cooperazione – di cui le stesse sono protagoniste – il valore aggiunto all’aiuto economico o materiale, necessario per una risposta più efficace ai bisogni dell’utenza. Coordinare forze e risorse del territorio attraverso la rete è tanto più importante quanto più l’attuale crisi dello scenario economico ne erode la disponibilità.
Il bisogno ritenuto maggiormente scoperto o meno soddisfatto dall’offerta pubblica o privata di servizi per le persone in condizione di povertà (Tab. 3.9) varia da associazione ad associazione, a seconda della tipologia prevalente di utenza in carico e comprende tutta la casistica dei servizi e dei provvedimenti che una politica sociale finalizzata dovrebbe mettere in campo: dall’abitazione ai trasporti, dall’aiuto economico e materiale a quello formativo e lavorativo, fino all’attenzione ed all’ascolto delle persone in difficoltà.
Alla richiesta di indicare il provvedimento più utile per affrontare i problemi delle famiglie povere, la risposta prevalente è decisamente quella di «favorire la formazione e l’inserimento lavorativo dei soggetti che perdono il lavoro», a cui si può aggiungere anche il «salario minimo» demandando così alle istituzioni pubbliche la responsabilità di affrontare
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Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità
in modo strutturale le cause che determinano le condizioni di bisogno. Spetta invece alle formazioni della società civile l’azione solidale delle reti di sostegno, già precedentemente segnalata.
Circa la valutazione dell’offerta dei servizi/interventi pubblici, le considerazioni appaiono alquanto contrastanti. Se quattro presidenti interpellati sottolineano l’inadeguatezza di tale impegno pubblico, altrettanti si dichiarano discretamente soddisfatti ed uno distingue tra la qualità («buona») e quantità («insufficiente»). Nel valutare le cause dell’insufficienza dei servizi/interventi pubblici la maggior parte delle associazioni marcano la scarsità di risorse economiche ed umane, ma emerge anche il non facile rapporto tra il settore pubblico ed il settore privato e le carenze di visione politica sul fenomeno.
Tabella 3.7. – Le Associazioni del territorio intervistate per alcune caratteristiche descrittive
Organizzazione Bacino di utenza
Anno di nascita Servizio erogato N°
volontari
Tipo en° utente seguito
C.A.V. Montagnana più comuni, distretto s.s. 2005 Aiuto alla vita
nascente 10 200 famiglie nel 2010
Convento S. Giacomo
più comuni, distretto s.s. 1300 Mensa, pasti 1 15 singoli nel
2010
Filo d’argento più comuni, distretto s.s. 1996 Segretariato sociale,
utenti in difficoltà 49 10 famiglie nel 2010
A.N.F.A.S. Monselice più comuni, distretto s.s. 2004 Disabili e famiglie con
presenza di disabilità 30 8 famiglie nel 2010
Caritas Monselice comune 1996 Accoglienza, cibo, relazione, ascolto 30 300 persone
nel 2010
A.V.O. Este più comuni, distretto s.s. 1999 Sostegno e ascolto in
corsia ospedali 35 -
A.U.S.E.R. Agna più comuni, distretto s.s. 2002 Assistenza anziani 15 15 famiglie nel
2010
A.V.O. Conselve più comuni, distretto s.s. 1993
Sostegno/ascolto in corsia ospedali e
domicilio50 10 famiglie
2010
Coop. Il Cammello più comuni, distretto s.s. 1999 Aiuto a famiglie e
anziani 3 2 famiglie nel 2010
Ass. Famiglie Numerose
regione e fuori regione 2004 Sostegno e aiuto alle
famiglie numerose 300 35 famiglie nel 2010
Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità
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Tabella 3.8. – Problemi e bisogni dell’utenza, dinamica delle richieste di aiuto, genesi del rapporto e che cosa è possibile fare di più
Organizzazione Problema famiglia
Andamento richieste nel
tempo
Genesi del rapporto
Bisogno principale e Interventi più
richiestiCosa fare di più
C.A.V. Montagnana
Famiglie con minori in difficoltà
Molto in crescita
Emergenze, bisogno cronico
Alimentari, vestiti, pagamenti utenzesoldi, alimentari,
ascolto e relazione
Incremento banco
alimentare
Convento S. Giacomo
Sostentamento di singoli
Molto in crescita
Emergenze, bisogno cronico
Cibo, lavoro, ascoltoAscoltare e donare relazione
Filo d’argentoFamiglie con
minori, anziani soli
Leggera crescita
Problema cronico,
assenza rete socialeScarsità pubblico
Sostegno morale, trasporto per varie
cose (spesa, terapie, visite etc.)
Fare rete
A.N.F.A.S. Monselice
Monogenitoriali con figli
25% in crescita
Scarsità pubblico, bisogno cronico
Contributi economici e azioni formali per
avere i contributi
Maggior coinvolgimento
del Volontariato
Caritas Monselice Prima necessità Crescita del
60%
Scarsità servizi pubblico, cronicità,
emergenza
Aiuti economici e sostegno morale
Intensificare gli aiuti con
maggiori risorse
A.V.O. Este Assistenza ammalato -
Alimentare il malato,
pastiAscolto e relazione -
A.U.S.E.R. Agna Anziani soli, immigrati
Molto in crescita
Emergenza, assenza di rete
sociale
Alimentari, aiuto economico
Volontari e risorse
economiche
A.V.O. Conselve Anziani soli Molto in crescita
Emergenza, bisogno cronico,
relazione
Relazione e rete sociale
Collaborazione tra associazioni
Coop. Il Cammello
Anziani soli, monogenitoriali
con figli
Leggera crescita
Bisogno cronico
Assistenza domiciliare, aiuti
economici
Mancanza risorse
economiche
Ass. Famiglie Numerose
Famiglie con minori,
presenza disoccupazione
Molto in crescita
Bisogno cronico ed emergenza
Relazioni sociali e aiuti economici
Migliorare la rete sociale di
relazioni
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Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità
Tabella 3.9. – Valutazione dei servizi/interventi pubblici e proposte delle Organizzazioni non profit intervistate
OrganizzazioneBisogno più
scoperto o meno soddisfatto
Intervento più utile per affrontare la
povertà
Valutazione servizio pubblico del
territorio
Cause di disservizio
C.A.V. Montagnana
Scarsità generi alimentari Salario minimo Quasi inesistenti Scarsità di
risorse
Convento S. Giacomo
Calore umano, supporto
psicologico
Formazione, aiuto scolastico ai figli Abbastanza positivo -
Filo d’argento Servizi di trasporto Lavoro, costi abitazione
Servizio domiciliare discreto -
A.N.F.A.S. Monselice
Comunicazione alle famiglie
Formazione e creazione di reti
solidaliÈ stato migliorato Scarsità di
risorse, tagli
Caritas Monselice Casa
Sostegno spese, casa, prima necessità,
lavoroInadeguati Mancanza
risorse
A.V.O. Este Indumenti intimi malato Formazione - -
A.U.S.E.R. Agna lavoroSalario minimo, formazione, rete
sociale
Negativo per assenza di coordinamento
tra enti
Poche risorse, incapacità di
fare rete
A.V.O. Conselve Problema casa Formazione, casa, lavoro Discreto Incapacità di
fare rete
Coop. Il Cammello
Sostegno economico
Formazione, casa, generi di prima
necessitàBuoni, ma insufficienti Scarsità di
risorse
Ass. Famiglie Numerose
Scolarizzazione, valutazione delle
reali difficoltà della famiglia
Formazione e scolarizzazione Insufficiente Scarse reti
sociali
Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità
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3.4. Considerazioni conclusive
Dai questionari che abbiamo sottoposto agli enti pubblici è emerso che vi è un impegno specifico sulla povertà costituito da una serie di provvedimenti di natura economica e dall’operato dei servizi sociali, sia pure con organici piuttosto ridotti.
La rilevazione conferma l’alta percentuale di famiglie con problemi con-nessi con un deficit di risorse proprie, se non proprio multiproblematiche avendo figli in età minorile o essendo costituite da anziani. Nella casistica vi sono anche i disoccupati, che rientrano nelle nuove povertà, soprat-tutto se hanno perso il lavoro in età avanzata, così come gli immigrati che sono aumentati negli ultimi anni anche in questo territorio.
Nonostante lo sforzo di limitare gli effetti più negativi di una condizione di povertà con interventi economici per il mantenimento dell’autonomia, per il sostegno all’abitazione, per l’accesso alle cure, manca un disegno ad ampio raggio di interventi che affrontino la pluralità dei bisogni in cui sono invischiate le famiglie povere e le persone che hanno perso il lavoro o che non riescono a trovarlo. Così come occorre rafforzare il sostegno socio-educativo delle famiglie povere con figli, la funzione di specifici Sportelli di orientamento per le famiglie che non sanno a chi rivolgersi per chiedere aiuto e di Centri di Ascolto che possano poi far partire servizi di prossimità, tipo i gruppi di auto mutuo aiuto. Nell’iniziativa pubblica sono del tutto assenti le mense, gli alloggi per una prima accoglienza che non viene considerata, i prestiti d’onore ed il microcredito. Solo ad Este si è potuto rilevare uno sportello contro la crisi.
Il Volontariato è talvolta considerato dall’ente pubblico sostitutivo della propria funzione piuttosto che sussidiario, altre volte sono le stesse formazioni solidaristiche ad essere poco incisive e propositive nei confronti degli enti locali e poco partecipative ai momenti decisionali o ai Tavoli della programmazione locale, come richiesto dall’elaborazione del PdZ.
Vi sono poi problemi di integrazione tra le diverse competenze ed i settori dell’intervento pubblico, in particolare tra il sociale ed il sanitario, e mancano forme di coordinamento tra gli operatori dei diversi servizi per operare con maggiore efficienza ed efficacia. L’istituzione del Gruppo Operativo per i Minori va invece in questa direzione.
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Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità
Si è potuto costatare dall’utenza, sia dei servizi pubblici che delle associazioni non profit, che molte famiglie sono vicine alla soglia di povertà per cui chiedono sempre beni di prima necessità, molto più di un tempo in cui prevalevano forme di disagio relazionale. Le priorità sono il cibo, la casa e le spese per i figli, che si ritiene importante far studiare. Gli intervistati hanno notato una domanda crescente di utenti e di richieste di servizi, in particolare quando il disagio e la problematica economica diventano cronici e non vi è più solamente un fatto di emergenza temporanea. Le associazioni di volontariato mettono in evidenza che le persone esprimono anche il bisogno di essere ascoltate e chiedono un sostegno morale oltre che economico. Il miglioramento delle loro reti sociali relazionali sarebbe già un primo fondamentale sostegno nel bisogno.
Il territorio presenta molte realtà del non profit che lavorano su tema-tiche sociali, con un numero complessivo elevato di volontari impegnati nelle attività associative, espressione di un tessuto connettivo impron-tato ad una solidarietà che non è venuta meno nemmeno in epoca di crisi economica. Tuttavia, è una risorsa ancora insufficiente a fronteggia-re pienamente i bisogni dell’utenza, ma potrebbe fornire un contributo maggiore se diventasse risorsa integrata o complementare a quella dei servizi pubblici. È eloquente il fatto che quasi tutte le associazioni vedo-no nella costruzione di reti sociali e solidali la via ideale per operare al meglio nella comunità. Un maggior coordinamento tra le varie agenzie sociali del territorio è diventato fondamentale proprio ora che le risorse economiche a disposizione sono diminuite a causa della crisi economica e quelle che ci sono vanno utilizzate evitando ogni possibile spreco.
Il giudizio espresso sull’offerta dei servizi pubblici del territorio è contrastante: per alcune associazioni di volontariato essa appare sufficiente o di buona qualità per altre è insufficiente o inadeguata a soddisfare i bisogni degli utenti. La maggior parte dei presidenti di queste associazioni imputa alla carenza di risorse economiche ed umane le difficoltà degli enti pubblici, ma talvolta incide anche la difficoltà che essi hanno a rapportarsi proficuamente alle diverse realtà del privato-sociale. Più positiva è invece la valutazione dei responsabili delle istituzioni pubbliche intervistati sull’apporto alle politiche sociali delle associazioni non profit.
Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità
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Sono stati messi in moto meccanismi virtuosi con Tavoli di lavoro e commissioni che lavorano sul PdZ, ma è necessario un maggior coinvolgimento degli attori del territorio ed un incremento delle risorse da destinare ai progetti in ambito di povertà e disagio sociale.
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Enti ed Organizzazioni contattati
Comune di ConselveComune di EsteComune di MonseliceComune di MontagnanaComune di UrbanaDistretto Socio-Sanitario di Este – MontagnanaDistretto Socio-Sanitario di Conselve – MonseliceUnione dei Comuni della SculdasciaC.A.V. Montagnana - Centro Aiuto alla VitaConvento S. GiacomoFilo d’argento ConselveA.N.F.A.S.S. MonseliceCaritas MonseliceA.V.O. Este - Associazione Volontari OspedalieriA.U.S.E.R. AgnaA.V.O. Conselve - Associazione Volontari OspedalieriCooperativa Sociale Il CammelloAssociazione Famiglie Numerose
Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità
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Capitolo 4 Gli immaginari sociali della comunità locale sulla povertà e le persone povere
4.1. I destinatari immaginati dalle azioni contro la povertà e la coerenza dei progetti sociali
All’interno del nostro lavoro ci siamo chiesti quale sia per l’immaginario sociale l’identikit del “povero”, tra coloro che, per ruolo o scelta, devono avere a che fare con persone povere.
Ci è sembrato importante approfondire questo aspetto perché i progetti di intervento e le azioni, sia politiche che sociali, sul fenomeno povertà dipendono molto da come si pensa che sia la persona oggetto del nostro interesse, colui per il quale si lavora.
Se immaginiamo la persona povera come una persona che non ha abbastanza per sopravvivere, agiremo in certo modo; se invece la pensiamo come una persona che non ha appoggi o sostegno dagli altri, agiremo in modo totalmente diverso.
È un po’ la differenza tra assistenza e principio di sussidiarietà, quindi tra “fare beneficenza” materiale e aiutare una persona a ritrovare la sua rete di relazioni e la sua dignità sociale.
Abbiamo poi analizzato e confrontato tra loro le risposte ricevute per comprenderne coerenza e metodologie.
Abbiamo raccolto le informazioni necessarie intervistando 14 persone appartenenti a vari ambiti del mondo locale –istituzioni, media, Chiesa,
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Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità
non profit – indagando sulla loro personale rappresentazione mentale di povertà e sulle azioni concrete fatte o da fare al riguardo.
Quattro sono stati gli indicatori che abbiamo preso in esame durante l’intervista:
l’• immaginario sociale della povertà, cioè qual è l’immagine di povero della persona intervistata. Le domande più importanti erano queste: cos’è la povertà? Chi sono i poveri? Chi considera ricco?;i • progetti e le azioni che erano state fatte o sarebbero stati messi in atto dall’ente di appartenenza della persona intervistata. La domanda era: è stato fatto – o pensate di fare – qualcosa per far fronte a questo problema? E che cosa?;l’emotività• , ovvero come si sono sentite e si sentono le persone a contatto con la povertà e con il povero. La domanda era: come vi sentite quando siete a contatto con questo problema?;la • relazionalità, cioè la capacità di parlarsi e collaborare degli enti tra di loro. La domanda era: c’è collaborazione con altri enti che si occupano dello stesso problema?
Abbiamo usato per questa ricerca la tecnica dell’intervista semi strutturata, sia per garantire un maggiore coinvolgimento reciproco tra intervistatore e intervistato, considerata la complessità del tema in questione, sia per consentire una maggiore libertà di espressione all’intervistato stesso. Di seguito riportiamo le risposte più significative che abbiamo ricevuto, raggruppate per ciascun indicatore.
4.2. Immaginario sociale
Nell’immaginario del mondo delle istituzioni (due sindaci, un assessore, un appartenente alle forze dell’ordine) povertà significa aver perso il lavoro, essere senza libertà. Queste due definizioni ci sono sembrate significative, indicatori di quanto l’indipendenza economica sia sinonimo di libertà individuale, di indipendenza, di dignità personale. Il povero “soffre e non sorride”, ci ha detto un sindaco.
Coerentemente con la definizione di povero, un sindaco definisce ricco,
Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità
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colui che è attore del proprio destino, che cioè è in grado di fare le proprie scelte indipendentemente dagli altri perché è libero, indipendente e ha stima di sé.
Per un intervistato la vera povertà è in Africa, dove si “vive” con 50 centesimi di dollaro al giorno, non qui, dove non esiste povertà di questo tipo: nel nostro territorio i problemi sono altri, ad esempio l’abitazione e la salute, ma non certo la sopravvivenza.
La povertà per noi non è più questione di vita o di morte, ma qualcosa di più complesso e articolato, relativo al nostro modo di vita.
Inoltre la povertà, dice questo intervistato, è più accettata da chi è sempre stato povero che da chi lo è diventato di recente. La stessa persona sostiene anche che nella gente comune c’è l’idea che la causa della povertà sia l’arrivo degli extracomunitari, anche se, afferma, non è certo questa la realtà.
Ma la povertà è anche povertà di rapporti: infatti, secondo alcuni degli intervistati la famiglia delega il proprio ruolo alle altre agenzie educative, e il disgregarsi della famiglia è un fattore di povertà. C’è chi pensa che i poveri di domani saranno gli adolescenti che oggi sono allo sbando, senza valori, a rischio, che ora non hanno un punto di riferimento né nella scuola né, soprattutto, nella famiglia.
Per i rappresentanti della scuola (un docente, un dirigente), la povertà è distanza da tutto, dalle occasioni di incontro e di cultura ed è mancanza di valori (per cui ciò che conta prima di ogni altra cosa sono “i schei”) e di idee, insicurezza per il futuro. Essere poveri è anche un atteggiamento psicologico di chi non accetta la povertà con dignità, e diventa delinquente e spacciatore.
La mancanza di valori si nota anche nella scuola, dice un docente, attraverso l’esibizionismo del proprio status sociale, da parte degli allievi e delle loro famiglie e attraverso l’atteggiamento di alcuni politici, che invece di favorire l’integrazione, dicono “prima i veneti”.
C’è anche una mancanza educativa da parte dei genitori, che vogliono che i loro figli ottengano risultati senza sforzo, e quindi non li abituano a sopportare la fatica per ottenere dei traguardi.
I rappresentanti del mondo del non profit (due volontari, un direttore Caritas, un religioso), sembrano più sensibili alla povertà relazionale, pur senza trascurare quella economica.
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Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità
Questa attenzione potrebbe essere logica, visto che il non profit è costituito in gran parte da volontari e religiosi, cioè da persone che scelgono la solidarietà e la relazione con gli altri come parte integrante della propria vita.
Per questi soggetti è povero soprattutto chi non ha una rete di relazioni, come per esempio le donne straniere con problemi psichici, o le persone sole e anziane; chi perde la speranza, l’autostima, e la forza di reagire.
La povertà, dalle parole degli intervistati, diventa un concetto ampio e variegato, che si arricchisce di sfumature di significato non sempre visibili ad una prima lettura. Infatti occorre affrontare non solo, e unicamente, la povertà economica ma differenti, e inaspettate, situazioni di esclusione sociale in cui l’individuo può essere coinvolto nel corso della sua vita: il disagio psicologico; la dipendenza da sostanze stupefacenti o dall’alcol; la solitudine, come spesso succede ai carcerati, per esempio, che secondo un religioso finiscono in prigione proprio a causa di una situazione di povertà sia economica che relazionale.
«È il povero che ti racconta dei poveri», dice lo stesso religioso, sottolineando così la capacità di ascolto e di comprensione che mette in atto nell’incontro con l’altro.
In situazioni di povertà – in particolare per mancanza di lavoro, difficoltà legate all’immigrazione, disagio familiare – le persone non si sentono riconosciute come tali, con una loro dignità, e questo ha riflessi importanti sulle loro relazioni con gli altri e con se stessi.
I nostri intervistati una volta di più hanno sottolineato come siano i giovani e gli immigrati le persone più a rischio povertà, insieme alle famiglie problematiche.
Le interviste con i rappresentanti del mondo dei media (due giornalisti, un giornalista free lance che lavora con TV locali e non), ci riportano le loro opinioni su come la povertà si leghi al concetto di privazione.
Povera è la persona che ha perso la rete sociale, ma anche gli immigrati e i giovani che, restando attaccati alla famiglia senza cercare altri sbocchi, si privano di nuove esperienze scegliendo quella che percepiscono come sicurezza, la famiglia di origine appunto.
La famiglia è vista quindi come base di sicurezza o insicurezza, come ammortizzatore sociale, ma anche come nido dal quale non si vuole, e
Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità
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non si può spesso volare via. Il tema della famiglia ritorna spesso nelle nostre interviste, segno di quanto sia percepita importante a tutti i livelli e da tutti gli operatori.
Secondo alcuni intervistati, è considerato povero e si sente umiliato non chi fa fatica ad arrivare a fine mese, quanto chi non possiede grandi mezzi, o status sociali da esibire: coloro i quali sono legati ad una tale ostentazione delle proprie risorse da poter essere considerati quasi “schiavi” del benessere.
Un free lance dei media ci ha dato una definizione originale di povertà, dicendoci che, quando si tratta di una povertà che viene scelta, è libertà di non dipendere da niente e da nessuno.
Per il rappresentante del mondo delle banche (un direttore di banca), la povertà significa vedere gli imprenditori, i soggetti che più alimentano il tessuto produttivo del territorio, trovarsi in seria difficoltà rispetto al passato.
4.3. Progetti e azioni
I rappresentati delle istituzioni, in particolare delle forze dell’ordine, hanno dichiarato di aver dato disponibilità all’ascolto di persone truffate o con problemi di locazione. L’ascolto viene sottolineato anche dai politici, che ci hanno detto «Ascoltiamo e come Comune facciamo quello che possiamo. Abbiamo attivato prestiti etici e voucher per lavori a breve termine, la mensa scolastica e l’asilo nido gratis per Isee minori di 6000 euro. Abbiamo convenzioni con supermercati per sconti per neonati. Abbiamo programmato la vendita di case popolari agli affittuari, per costruirne di nuove e fare manutenzione a quelle già esistenti, abbiamo quattro alloggi per l’emergenza. Diamo aiuto ai cassintegrati e alle loro famiglie, attraverso il sostegno economico e di esenzione dal costo dei servizi per famiglie senza reddito.»
Invece i rappresentanti della scuola dicono: «Diamo aiuto economico ai ragazzi con discrezione. C’è una mancanza di un’analisi del problema povertà che porterebbe a maggiore consapevolezza. Abbiamo adottato dei testi in comodato d’uso. Consigliamo sempre gli studenti di continuare
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Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità Povertà oggi. Nuovi percorsi di comunità
l’esperienza di stage, perché molti poi trovano lavoro attraverso questo strumento.»
I rappresentanti del non profit, dicono invece di investire le proprie risorse sui servizi alla persona, per esempio attraverso un maggiore coinvolgimento dei soggetti assistiti. La Caritas, per esempio, punta ad implementare il ruolo attivo delle persone destinatarie degli interventi erogati, coinvolgendo i beneficiari delle loro attività in ogni scelta che li riguarda. Investe in formazione e progettualità, offre un servizio di accoglienza, dormitorio, ascolto, cibo, insieme al coinvolgimento efficace e positivo dei giovani.
I rappresentanti dei media locali notano una criticità nel coordinamento dei servizi per i poveri. Alcuni si dichiarano disponibili a presentare e a parlare del problema attraverso i loro mezzi, ma non si ritengono strumentalizzabili. Sostengono che bisognerebbe dare a tutti gli strumenti per realizzare l’uguaglianza sociale, perché nessuno più sia povero, e che ci vorrebbero sportelli di ascolto, ma mancano sia la volontà che le risorse economiche per attuarli.
L’azione che il direttore di banca dice di aver attuato per contrastare la povertà è la sospensione dei mutui.
4.4. Emotività
Riguardo all’emotività, le Istituzioni denunciano un coinvolgimento emotivo per lo stato di degrado in cui versano le persone in difficoltà.
«Per fortuna ho il sostegno della mia famiglia», dice il rappresentante delle forze dell’ordine parlando della difficoltà psicologica di reggere il proprio lavoro.
A fronte di questa vicinanza emotiva, troviamo anche il timore di truffe e raggiri da parte degli amministratori locali. Un esponente del mondo politico si sente a volte «a rischio bidone» perché è troppo sensibile e crede a chiunque gli chiede una mano, e se può, aiuta. Secondo lui la gente comune non percepisce tutti gli sforzi che il Comune fa per i poveri.
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Un altro intervistato ci dice che c’è stato un cambiamento forte negli anni, perché prima bastava dare un aiuto materiale, ora la povertà è più complessa: ci vogliono comprensione e solidarietà. Ritroviamo qui il discorso fatto anche da altri sulla povertà come fenomeno complesso, e non più riducibile alla semplice sopravvivenza.
È interessante notare come quasi tutti gli intervistati non trascurino le risonanze psicologiche e sociali che la povertà causa.
I rappresentanti del mondo della scuola sentono la povertà come sintomo di ingiustizia sociale. Pensano che ci sia una confusione tra ricchezza e benessere. Quello che abbiamo capito da questa considerazione è che il benessere non basta e si vuole avere di più, soldi in abbondanza da mostrare. Di nuovo notiamo l’importanza dell’immagine e quindi del giudizio degli altri.
La scuola è solidale con gli studenti non abbienti, anche se un preside ribadisce come, secondo lui, sia necessario saper accettare con dignità la propria situazione. È forse l’unico che non unisce il concetto di povertà a quello di mancanza di dignità.
Il mondo del non profit percepisce una grande difficoltà nel dare efficacia alle proprie azioni, un senso di responsabilità che si accompagna a volte ad un sensazione di inutilità. «L’incontro con la povertà mi ha trasformato: ho provato paura, rabbia, desolazione, imbarazzo», ci dice un esponente delle organizzazioni ascoltate. Ritengono che ci sia molta povertà relazionale, e che ci vorrebbe maggiore solidarietà tra le persone per il reinserimento in società di quelle più emarginate.
Hanno notato anche in loro stessi un senso di repulsione e disagio durante i primi contatti con i poveri, che hanno cercato di superare.
Il mondo dei media testimonia un atteggiamento diffuso di disprezzo verso i poveri, perché ce ne sentiamo invasi, e sentiamo la necessità di doverci difendere da loro.
Il rappresentante della Banca che abbiamo incontrato si sente solidale con gli alluvionati.
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4.5. Relazionalità
Per quanto riguarda le relazioni tra i diversi soggetti politici e sociali, le Istituzioni collaborano con i servizi sociali per il problema degli sfrattati. È scarsa, invece, la collaborazione con A.Ulss e Sert. C’è una collaborazione con la Regione per la vendita di alloggi popolari. I funzionari dei Comuni si confrontano con quelli di altri Comuni e con il Volontariato per coordinare gli aiuti. Anche l’A.Ulss partecipa al coordinamento dei Comuni per scegliere strategie per la soluzione dei problemi.
Nella scuola si percepiscono diseguaglianze tra studenti che si notano attraverso status symbol come zaini, quaderni, vestiti. Chi non possiede oggetti che in quel momento lo definiscono come importante tende ad essere socialmente escluso.
Secondo il non profit c’è poca collaborazione tra le organizzazioni non profit del territorio: una situazione che, oltre ad accompagnarsi ad un diffuso individualismo ed alla paura per lo sconosciuto, genera una disgregazione dei punti di riferimento sul territorio. A fare da contrappeso a questa assenza di rete, sono alcune organizzazioni religiose come Caritas e i Comboniani ( questi ultimi presenti a Padova, nella cui sede afferiscono anche gli abitanti della provincia). Essi infatti, si distinguono per la capacità di fare rete con le associazioni di volontariato, il carcere, gli avvocati di strada, le parrocchie; mentre il direttore della Caritas si incontra mensilmente con gli altri 15 direttori della Caritas della diocesi per fare il punto della situazione sulle proprie attività.
I media locali, dal canto loro, si relazionano continuamente con i carabinieri e con molte testate locali per i servizi giornalistici: segno che esiste una rete di contatti e conoscenze in grado di affrontare il problema ma che, secondo le parole di uno dei nostri intervistati, deve caratterizzarsi per l’assenza di strumentalizzazioni sul tema della povertà.
Un giornalista free lance ribadisce perentoriamente il suo bisogno di relazioni “pure”, che rispettino la sua libertà di professionista.
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4.6. Interpretazione dei dati
Possiamo notare come ci sia un immaginario comune sulla persona povera da parte di tutte le persone intervistate.
Praticamente tutti definiscono il povero come colui che manca:di denaro,•di rete sociale,•di relazioni,•di amore e autostima• .
Colpisce questa definizione di povertà, in un territorio – il Veneto – che durante il boom economico e fino a qualche anno fa era considerato la locomotiva economica d’Italia, insieme alla Lombardia.
È vero che i dati dicono che il Veneto è anche terra di solidarietà, visto che le organizzazioni di volontariato sono in quantità maggiore, insieme al Trentino, che nel resto d’Italia (in Frisanco R. 2009, Volontariati: trends e prospettive, in Impresa sociale, n. 4, pp. 21-43).
Fatto sta che quasi tutti gli intervistati non hanno dato per scontato che volessimo parlare di povertà economica, e ci hanno dato spontaneamente una definizione molto più complessa della parola povertà. Molti si sono richiamati ai valori della famiglia, secondo loro ormai persi.
Alcuni danno a questa mancanza di valori la colpa della povertà relazionale, altri invece ritengono che la crisi dei valori stessi sia una conseguenza della povertà relazionale.
Il richiamo forte alle relazioni e all’amore, alla solidarietà contro l’individualismo, ai valori essenziali che non siano solo “i schei”, all’essere invece che all’avere, fanno pensare che non solo la parola povertà abbia sfumature complesse, ma anche la parola crisi.
Riteniamo che dire “crisi economica” sia in qualche modo limitante: ci pare di capire che la crisi sia più generale e in qualche modo esistenziale. Se, infatti, la povertà fa venire in mente l’assenza di relazioni, allora la crisi richiama una mancanza forte di sicurezze affettive a cui aggrapparsi e che siano in qualche modo indiscutibili.
Pensiamo che ci potrebbe essere un legame tra la precarietà affettiva e relazionale (i valori familiari dispersi, la rete sociale mancante) e quella lavorativa (perdita del lavoro e precariato).
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È cambiata la cultura della famiglia: nuclei familiari sempre più chiusi e soli si sobbarcano il compito di soddisfare complesse aspettative: dall’educazione dei figli, alla carriera, alla felicità di ogni singolo componente.
Questi obbiettivi sono impossibili da raggiungere, soprattutto da soli, senza l’aiuto di una rete amicale e parentale.
È cambiata la cultura del lavoro: da un posto fisso e inamovibile a qualcosa che si fa per pochi mesi, che non si sa se dura, e per cui forse non si ha neanche la preparazione necessaria o se ne possiede una totalmente diversa, qualcosa di davvero svalutante.
Famiglia e lavoro sono, per forza di cose, strettamente legati: senza un’indipendenza economica non si può fare una famiglia, e quando una famiglia è già costruita, la perdita del lavoro ne provoca spesso la crisi.
In tale situazione sia i cittadini che le istituzioni stesse si sentono impotenti, probabilmente anche loro vittime della crisi di cui sopra, come se nessuno fosse in grado di cambiare la situazione, e davvero non lo si è se non unendo le forze, se non insieme a qualcun altro.
Ci pare che questa disgregazione abbia come conseguenza l’incapacità di sentirsi appartenenti a un gruppo – dei giovani, degli adulti, dei lavoratori, dei pensionati ecc. – in cui riconoscersi e a cui appartenere, e soprattutto a una comunità che lo contenga.
Anche tra gli “addetti ai lavori” si percepisce il disagio, che in alcuni casi viene dichiarato apertamente, nei confronti del povero: non stiamo parlando solo della repulsione verso l’aspetto del povero, ma del disagio di chi non sa cosa fare, come appare chiaro dall’indicatore Emotività.
Disagio e imbarazzo che indicano secondo noi un certo livello di impotenza, del volontariato e della politica.
Quando osserviamo l’indicatore Azioni, possiamo subito notare una grande differenza tra il non profit e le istituzioni. Sebbene ambedue trovino le stesse criticità nelle situazioni di povertà (ad esempio la mancanza di valori), la loro progettualità è sostanzialmente diversa.
Il mondo non profit, coerentemente con la propria definizione della povertà come mancanza di relazioni, aiuta i poveri anche dal punto di vista personale, attraverso la cura, l’ascolto, la valorizzazione delle reazioni e il riconoscimento della persona come un valore in quanto tale.
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A volte si sente non abbastanza efficace in questo. La Scuola, il Comune, aiutano economicamente, danno lavori con i
voucher, la casa popolare e gli sconti per mensa e trasporti; la Banca sospende i mutui. Ma i Media notano ancora come sia persistente il disprezzo nei confronti dei poveri.
I riferimenti ideali delle istituzioni (l’importanza delle relazioni e della persona) sono identiche a quelle del non profit, ma la progettazione è incoerente, come se si intervenisse nell’emergenza, ma non nella prevenzione dell’esclusione sociale dei poveri.
Non abbiamo visto istituzioni investire, per esempio, in punti di aggregazione per i cittadini o comunque in qualcosa che possa creare di nuovo un tessuto sociale che si va perdendo e di cui le stesse istituzioni lamentano la mancanza.
Rivediamo, in queste interviste come in altri momenti di questo lavoro, la mancanza di relazione tra soggetti che, in qualsiasi modo, istituzionale o del volontariato, si occupano di povertà. Fanno eccezione forse i Comboniani, che si sono creati una rete relazionale molto vasta.
Nuovamente sottolineiamo, come abbiamo già fatto altrove in questo lavoro, come debbano essere le istituzioni a dare il buon esempio nella capacità relazionale e comunicativa.
In ultimo osserviamo che, se tra l’indicatore dell’Immaginario e quello dell’Emotività ci sono delle congruenze, queste ultime mancano invece tra l’Immaginario, le Azioni/progettualità e la Relazionalità.
Non c’è logica infatti, a pensare il povero come mancante di relazioni e di dignità, sentirne la sua e la propria impotenza a cercare una soluzione e poi, nelle azioni, trovare soluzioni esclusivamente pratiche ed economiche, senza tener conto della valenza sociale delle relazioni.
Il richiamo a valori alti – la dignità della persona, i valori familiari, il bisogno di autodeterminazione di ogni uomo, la giustizia sociale... – ha un senso forte a cui tutti siamo sensibili.
Se davvero ci si crede, si dovrebbero investire risorse, attraverso progetti che qualifichino l’intervento da meramente economico – naturalmente importantissimo – a personale e relazionale, come prevenzione dell’esclusione sociale.
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In questo modo, con la creazione di reti locali forti, saremmo in grado di affrontare la crisi che stiamo attraversando, intendendo con questa parola sia la crisi economica che quella relazionale, evidenziata in questo lavoro e sottolineata da quasi tutti i nostri intervistati.
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Capitolo 5 Priorità e proposte
Premessa
Il nostro lavoro ci ha dato l’opportunità di avere una fotografia del fenomeno povertà nella Bassa Padovana. È importante, a nostro avviso, partire dai risultati che abbiamo ottenuto per arrivare a una reale assunzione di responsabilità, da condividere con gli attori istituzionali e sociali.
I problemi che emergono dall’analisi sono di tali dimensioni da non essere risolvibili da un singolo soggetto o da una sola organizzazione. Siamo consci del fatto che ognuno è parte integrante della comunità locale e pertanto ci rivolgiamo alle Istituzioni, al Terzo Settore, alle Imprese e alla Collettività per condividere le conclusioni a cui siamo giunti.
Prima ancora di articolare proposte sulle quali coinvolgere possibili interlocutori, vorremmo spostare l’attenzione su quello che ci siamo prefissati di fare come gruppo.
La premessa per costruire un tessuto sociale coeso e solidale è recuperare i valori e mettere al centro la persona e il rispetto per essa, passando attraverso la tutela dei diritti dei cittadini e l’inclusione sociale.
A tal proposito, perché un’azione di contrasto alla povertà possa essere significativa, si deve agire contemporaneamente e in maniera sistematica e coordinata su più livelli.
Abbiamo individuato tre priorità: disagio lavorativo;• disagio abitativo;• creazione di una rete di relazioni.•
Per ognuna di esse avanziamo alcune proposte specifiche.
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5.1 Disagio lavorativo
Abbiamo più volte evidenziato l’impatto negativo che la congiuntura economica sta avendo anche sul territorio della Bassa Padovana. Siamo consapevoli che, di fronte alla portata del fenomeno, siano altri i soggetti legittimati a fornire argomentazioni e soluzioni autorevoli in merito alle complesse problematiche del mondo del lavoro.
Premesso questo, proponiamo il Reddito Minimo di Inserimento, come misura di contrasto della povertà e dell’esclusione sociale. Il Rmi è uno strumento costituito da due elementi cardine: un’erogazione monetaria e la partecipazione a programmi di inserimento sociale, aventi il fine di perseguire l’integrazione e l’autonomia economica dei destinatari. Il presupposto di base è quello per cui, allo scopo di attenuare il disagio lavorativo, possa essere necessario risolvere prima i problemi della povertà economica e dell’emarginazione sociale.
5.2 Disagio abitativo
Dal nostro lavoro di ricerca è emerso con chiarezza come il problema “casa” sia diventato sempre più rilevante nel nostro territorio. Guardando la tabella 1.17 si può notare come nella provincia di Padova nel 2008 siano stati eseguiti 263 sfratti, con un aumento rispetto al 2007 del 30,8%. Inoltre, risulta che nel 2010 a Montagnana e Monselice gli alloggi ERP assegnati siano stati il 12% del totale delle domande idonee, mentre a Este e Conselve si scende drammaticamente rispettivamente al 2% e 3%. In particolare, Este ha avuto un netto calo rispetto al 2009, quando la percentuale si attestava quasi al 20%. Tali dati sono esemplificativi del contesto sociale in cui ci troviamo. Si tratta di una situazione che le famiglie, molto spesso, non sono in grado di affrontare da sole, e anche il Terzo Settore non può farvi fronte senza l’apporto delle Istituzioni e di altri soggetti.
Noi proponiamo:Dormitorio pubblico come risposta all’emergenza, per le •
situazioni di maggiore marginalità.
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Pronta accoglienza, sempre come risposta all’emergenza, per chi •rimane senza casa a causa degli sfratti. Si tratta di trovare una o più strutture, grazie anche al sostegno di soggetti pubblici e privati, che potrebbero poi essere gestite da soggetti del volontariato e del terzo settore in genere. Gli appartamenti potrebbero essere affittati a costo agevolato.
Riqualificazione dell’esistente e nuova gestione del patrimonio •di edilizia popolare. Secondo il nostro punto di vista sulla Bassa Padovana, si potrebbe puntare alla realizzazione di nuove case ERP, senza però trascurare le azioni di recupero e ottimizzazione della gestione di strutture già esistenti. La scelta operativa dovrebbe essere dettata alla luce delle risorse e delle disponibilità di ogni zona per creare circuiti di alloggi offerti a soggetti deboli a canoni agevolati.
Si potrebbe, poi, costituire una commissione congiunta formata da rappresentanti delle amministrazioni comunali e delle associazioni per valutare la situazione degli alloggi di edilizia popolare esistenti e per verificare l’opportunità di offrire agli inquilini di acquistare il proprio alloggio. Infine, andrebbero valorizzati e promossi anche i nuovi concetti di socialità e di comunità, rappresentati da housing sociale e co-housing.
5.3 Creazione di una rete di relazioni
Le persone in relazione costituiscono una “rete”, una delle più importanti fra le risorse per gli individui, senza la quale non si è in grado di rimanere inseriti nel contesto sociale, sia per continuare a condurre la propria vita, sia per uscire da una situazione di bisogno, sia per puntare al miglioramento delle proprie condizioni.
Quando una persona è in difficoltà la sua rete ne risente e il mantenimento dei contatti risulta difficile. Aggiungere, inoltre, nuovi nodi a questa debole struttura è molto impegnativo.
Anche i servizi pubblici e le organizzazioni del Terzo Settore hanno una loro rete. Anzi, la sua gestione è una condizione cruciale per coordinare e rendere davvero efficaci gli interventi.
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I componenti del gruppo “Povertà oggi” auspicano la creazione di una rete solidale della Bassa Padovana.
La prima funzione concreta che può svolgere è mettere in relazione le realtà di cui ognuno di noi fa parte, divenendo “reti che generano rete”.
La seconda funzione che ci proponiamo, è quella di assicurare il monitoraggio delle situazioni, delle persone e delle famiglie di cui ci prendiamo cura, condividendo strumenti e metodologie, per esempio adottando un modulo unico per la raccolta dei dati, che potrebbero risultare utili anche nel caso vi siano informazioni atte a far emergere situazioni di povertà sommersa o a rischio di povertà.
La terza funzione è quella di favorire un’analisi comune di queste situazioni ed elaborare una strategia condivisa per affrontare le diverse problematiche.
La rete è il luogo in cui le diverse organizzazioni che ne fanno parte, cre-scono insieme nella capacità di analizzare e intervenire nelle situazioni di povertà, un luogo di apprendimento, ma anche di sostegno e di stimolo reciproci.
La Rete solidale della Bassa Padovana si propone di:costituire un tavolo con la Conferenza dei Sindaci, AULSS, •altri soggetti del Terzo Settore per coordinare gli interventi nei confronti delle situazioni di povertà per arrivare a definire strategie condivise; promuovere progetti per aiutare le persone povere e coloro •che vivono particolari condizioni di bisogno; creare un gruppo che promuova la cultura della solidarietà, •dell’aiuto reciproco, della cooperazione e dell’ascolto; tale gruppo potrebbe assolvere il compito di promuovere il volontariato, tentando anche di “attirare” i giovani e incoraggiare:
la costruzione di legami solidali;•la sensibilizzazione del territorio rispetto a una cultura •del lavoro che limiti il più possibile la precarietà, che compromette fortemente il percorso di vita delle persone;
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la formazione;•la comunicazione;•l’attivazione di un servizio di supporto psicologico, •individuale e di gruppo, a disposizione di chi è più a rischio di emarginazione.
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