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Rivista on line dell’Associazione La Specola delle Idee N. 2 – Maggio/Agosto 2016
SPECIALE Fiera di Padova
PADOVA E IL TURISMO Un brand da reinventare
1
La Specola di Padova
PADOVA E IL TURISMO - Un brand da reinventare
Sommario
Editoriale
La consapevolezza che manca e la sinergia che occorre 2
di Mario Liccardo
Presentazione
La vocazione del turismo culturale 5
di Paolo Giaretta
QUALE TURISMO PER PADOVA
Il futuro del turismo a Padova 10
di Stefan Marchioro
Padova è veramente una città turistica? 14
di Gian Ernesto Zanin
LA CITTA' DELLA CULTURA
La Città della Scienza 16
di Vincenzo Milanesi
Padova e la musica 19
di Daniela Goldin Folena
Shakespeare a Nordest 22
di Andrea Colasio
TRA PRESENTE E FUTURO
Un Festival per la Città 25
di Filiberto Zovico
L’economia congressuale a Padova 28
di Gian Paolo Pinton
Raccontare il territorio con un’app 31
di Sergio Frigo
Editoriale – Mario Liccardo
2
Bernardo Bellotto - Veduta ideata di Padova (1740)
La consapevolezza che manca e la sinergia che occorre
di Mario Liccardo
Con questo secondo numero del suo
magazine online LA SPECOLA DELLE IDEE
intende continuare il percorso iniziato un
paio di mesi fa e polarizzato su alcuni nodi
focali dello sviluppo del territorio. Nel primo
numero ci siamo concentrati sul tema della
FIERA – una fiera da reinventare totalmente
perché possiamo (dobbiamo)
tranquillamente archiviare quella (prima in
Italia) nata nel 1919 come semplice
“campionaria”, poi divenuta un modello con
le manifestazioni specialistiche degli anni
70/80/90, ma infine “naufragata” sotto i colpi
della concorrenza e della propria incapacità
di rinnovamento – e con questo secondo
numero monotematico ci occupiamo
specificamente di CULTURA E TURISMO.
E’ questo un binomio ormai
universalmente riconosciuto come sinergico
e vincente; ma anche in questo caso come
per la Fiera, crediamo che ci sia in qualche
modo un ruolo da reinventare per la città.
Editoriale – Mario Liccardo
3
Il filo rosso che collega i due
argomenti è del resto lo stesso che ci porterà
a proporre ulteriori approfondimenti
monotematici con i prossimi numeri del
magazine: quello di una città e un territorio
che secondo noi – senza peccare di
strabismo campanilistico – ha, avrebbe molte
frecce da scoccare al suo arco, ma che negli
ultimi anni o lustri (non vogliamo cadere
nella trappola dell’attribuzione delle
responsabilità ad una piuttosto che all’altra
parte politica) ha dato l’impressione di aver
smarrito la forza propulsiva derivante da
tutte queste potenzialità.
Noi vorremmo che sia la Padova
“civile” che quella “politica” riprendessero al
più presto coscienza del compito che
posizione geografica, tradizione culturale e
scientifica, storia le assegnerebbero
“naturalmente” per guidare tutta una vasta
area che le fa da corona (per comodità
chiamiamola Veneto Centrale) verso un
processo di modernizzazione e relazione
efficace nel più vasto contesto
mittleeuropeo, quantomeno “alla pari” con
altre grandi aree del Paese e dell’Europa.
In questo quadro, la promozione
turistica di un prodotto-Padova con marcate
caratteristiche proprie - come più di uno
degli interventi ospitati in questo magazine
suggerisce – non può non trarre linfa vitale
sia dalla “qualità” appunto dell’area vasta
sopra menzionata (che spazia da grandi e
diversificati capolavori della natura a quelli
dell’arte e dell’urbanistica), sia dal valore
ereditato nel tempo dei preziosi “beni”
interni alla città e sia ancora dalle chances –
come quella di essere fucina di servizi
innovativi grazie anche alla sua Università –
che il presente e forse il futuro riserva alla
nostra città
Ma in un mondo - anche dei
consumatori turistici - sempre più esigente,
molti sono i fattori (e spesso interconnessi fra
loro) in grado di dare quella spinta in più per
rendere un’area molto attrattiva: dalle
politiche di marketing agli eventi pubblici e
privati, dall’organizzazione dell’ospitalità
all’integrazione delle proposte al fine di
soddisfare le richieste di giovani e anziani,
ricchi e poveri, colti e meno colti.
Se vero tale presupposto, però,
significa che tutti gli attori in grado di
confezionare il prodotto-Padova dovrebbero
non solo remare dalla stessa parte ma in
piena sintonia e collaborazione fra loro. La
parola magica perciò è “sinergia”; ed a
monte – altro concetto evocato in alcuni
degli interventi che leggerete –
“consapevolezza”.
Quindi, sintetizzando, occorrerebbe:
consapevolezza delle potenzialità del
territorio nel suo complesso e degli apporti
possibili da parte di ciascuno per creare una
rete sinergica che offra al turista un
prodotto-Padova talmente attrattivo da
indurlo a stazionare nel territorio per più
giorni
C’è questa consapevolezza e questa
volontà sinergica ?
Purtroppo, la sensazione è che la
risposta positiva sia ancora troppo timida. E
faccio un solo esempio che a me pare
illuminante. Padova e zona termale, Abano e
Montegrotto: alzi la mano che potrebbe dire
che c’è unita di intenti fra i vari enti e
l’attuazione di politiche integrate utili a
queste realtà nel loro complesso !
Editoriale – Mario Liccardo
4
Il giorno che i 2 Comuni termali
saranno unificati o almeno faranno
programmi turistici comuni (oggi siamo
ancora a manifestazioni come la notte rosa
organizzate separatamente) e si sentiranno
ed agiranno come parte della Grande Padova
(ed a sua volta Padova terrà conto delle loro
peculiarità, come parte di sé), avremo fatto
un passo avanti. Ma naturalmente è solo un
esempio.
In ogni caso, il compito che ci siamo
attribuiti è quello di riflettere e proporre
stimoli sul futuro ai decisori finali. Si dice che
anche la goccia d’acqua scavi la pietra… noi ci
proviamo.
Presentazione – Paolo Giaretta
5
Giovanni Antonio Canal - Veduta di Padova con il Prato della Valle (1730)
La vocazione del turismo culturale
di Paolo Giaretta
Quest'anno ricorrono i duecento anni
dell'uscita del Viaggio in Italia di Goethe.
Pubblicato nel 1816, ma riferito ad un viaggio
compiuto trent'anni prima. Così abbiamo un
vivido ritratto della Padova nel settembre del
1786. Goethe scende dal Brennero, percorre
il lago di Garda, sosta a Verona, Vicenza, si
ferma a Padova ed infine con il Burchiello
arriva a Venezia.
Non si fa un gran giudizio
dell'Università, trova aule piccole e tetre e gli
fa un po' impressione il Teatro Anatomico,
trova però delle ottime librerie e resta
ammirato dell'Orto Botanico, di Prato della
Valle, per il quale trova ingegnosa l'idea della
statue a pagamento, vede il Museo del Santo,
ammira la maestosità di Santa Giustina.
Rimane “sbalordito” dagli affreschi di
Mantegna agli Eremitani, non accenna ad una
visita alla Cappella degli Scrovegni, più di tutti
lo colpisce il Salone: “Un ambiente smisurato,
non si riesce a figurarselo né a riprodurne
l'immagine nella memoria... E' una infinità
limitata, più analogo all'uomo di quanto lo sia
il firmamento: questo ci rapisce fuori di noi
stessi, l'altro ci risospinge con delicatezza al
nostro io”.
Goethe nella Campagna Romana - J. H. Wilhelm Tischbein (1786)
Presentazione – Paolo Giaretta
6
Insomma, con la tradizione del Grand
tour inizia la dimensione del turismo
culturale anche per Padova e le sensazioni
del turista moderno possono non essere
diverse da quelle di Goethe. Meno entusiasta
è la visita che vi compie a metà
dell'ottocento Hippolyte Taine che vede “Una
città, ben tenuta, provinciale, munita di
portici e di un prato tutto verdeggiante. A
vedere la sua tranquillità... il viaggiatore dice
a sè stesso che qui come in tutte le città ben
regolate si deve mangiar bene, dormire
meglio, prendersi dei gelati al caffè, divertirsi
senza fracasso, seguire i corsi di una
Università che non fa rumore, il solo affare
rilevante per i cittadini essendo di pagare le
tasse il giorno stabilito". Insomma una città
noiosa e senza vita. Peggio andiamo con le
sensazione di Theophile Gautier che nelle
stesso periodo trova Padova sì “una città
antica che vi accoglie con la dignitosa
fierezza dei campanili, delle cupole e delle
vecchie mura” ma anche “una città morta e
triste...gli androni delle case sembrano tante
bocche nere che sbadigliano di noia”.
Dobbiamo naturalmente far sì che nella
immagine contemporanea prevalga la visione
di Goethe piuttosto che quella un po'
superficiale dei due francesi…
Il saggio di Stefan Marchioro su
questo numero di Specola Magazine ci dice
che se i turisti passavano sulla strada di
Venezia, passano ancora, se la città di Padova
guida la classifica delle dieci città d'arte
italiane in cui si è registrata la maggiore
crescita di turisti negli ultimi 20 anni (+118%).
Abbiamo tra le mani un capitale, che
si presta ad ulteriori considerevoli
incrementi. Ma ne siamo veramente
consapevoli?
La riflessione che abbiamo iniziato a
svolgere su Specola Magazine riguarda
proprio un possibile lavoro sulle risorse
latenti della città, specificità che si prestano
ad uno sviluppo capace di arricchire le
capacità attrattive dell'area padovana , la sua
funzione di produzione di ricchezza e
benessere. Perché alcune eccellenze della
città restano, ma vanno condivise, altre si
sono fortemente indebolite o sono del tutto
scomparse. L'Università di Padova resta una
eccellenza a livello mondiale, ma non ha più
quel ruolo di Università dei Veneti che ha
sempre svolto dalla Repubblica di Venezia
fino a tutto il secolo scorso. Padova città
universitaria, certo, ma altre città venete
hanno sviluppato questa vocazione. Il grande
ruolo di riferimento per le attività terziarie
svolto per tutta la seconda metà del '900,
appoggiato ad una grande zona industriale
che non per caso si chiamava zona industriale
e commerciale in parte si è esaurito per lo
spostamento delle strutture distributive e di
servizio derivanti dai flussi globalizzati. Resta
importante il ruolo nella logistica ma la
competizione si fa sempre più aspra. Anche
un certo ruolo della finanza che per un
periodo Padova ha svolto si è esaurito.
L'eccellenza fieristica è del tutto scomparsa.
Per questo occorre sviluppare nuove
eccellenze e vocazioni , attuali e potenziali
che Padova possiede. Ed occorre un lavoro
unitario e concorde dei gruppi dirigenti per
individuarle, valorizzarle, organizzarle a
sistema, di più, renderle patrimonio comune
dei cittadini, per orientarne le scelte,
stimolare le iniziative imprenditoriali,
comunicare una immagine della propria città.
Ora c'è dubbio che Padova abbia tutte
le potenzialità per svolgere un ruolo di primo
Presentazione – Paolo Giaretta
7
piano in particolare per il turismo legato alla
fruizione culturale, che è poi quello più ricco
per attrazione di turisti colti, disponibili a
spendere, curioso anche di aspetti minori sul
piano generale ma attrattivi per gli
appassionati della materia.
C'è una indubbia centralità
geografica ed accessibilità eccellente. Non è
da poco essere al centro di una regione che
realizza un quarto del turismo estero in Italia.
Le due eccellenze tradizionali del
turismo cittadino, il Santo per il turismo
religioso e la Cappella degli Scrovegni per il
turismo d'arte sono un potente fattore di
richiamo, ma hanno finito anche per
soffocare tanti altri motivi di attrazione.
Cappella Scrovegni - Padova
Ci sono state iniziative private di
grande successo che hanno portato a Padova
un turismo colto, che ben orientato potrebbe
allungare il soggiorno in città, se ci fosse una
offerta adeguata ed una sua efficiente
organizzazione. Le grandi mostre organizzate
da Palazzo Zabarella hanno fatto conoscere
Padova nella circuitazione internazionale, con
una programmazione colta e di alto livello,
uscendo dal facile ed usurato circuito
dell'impressionismo, offrendo la possibilità di
vedere opere di altissima qualità (penso alle
ultime mostre su Fattori, De Nittis, il
Simbolismo) che raramente è possibile
vedere tutte insieme anche nella rassegne
organizzate da grandi musei. Scrovegni, il
Museo, il sistema delle Piazze, gli affreschi di
Giusto dei Menabuoi, L'Università con Cortile
Antico, Teatro anatomico, ecc. offrono un
itinerario unico per il turista colto, che merita
ben più di una visita mordi e fuggi.
Nel campo della musica pop, e non
solo, Zed con Palageox ha creato dal nulla
una vocazione padovana come centro di
eccellenza per tutta una vasta area che va
ben oltre i confini del Nord est, con una
attrattività anche europea.
Palageox - Padova
Per la musica classica poche sono le
città che possono vantare due complessi di
eccellenza come L'Orchestra di Padova e del
Veneto ed i Solisti veneti, un Conservatorio
che è la “fabbrica” dei musicisti del domani e
della diffusione di una cultura musicale. Si è
perso per il momento l'occasione di un
Auditorium per la Musica, forse non
comprendendo fino in fondo le potenzialità
di Padova in una circuitazione musicale
internazionale di alto livello e le sue ricadute
sull'economia della città.
Ci sono poi settori di turismo
specializzato a cui Padova può fornire una
offerta di alto livello. Pensiamo alla
riconversione in senso salutista e di
benessere e bellezza del corpo del bacino
Presentazione – Paolo Giaretta
8
termale euganeo, che supera
necessariamente il vecchio modello degli
alberghi come mondi isolati dal contesto per
aprirsi ad una clientela più giovane.
Ad esempio il cicloturismo non è più
un settore povero ma viene praticato da
persone che usano mezzi da migliaia di euro,
che desiderano qualità della ricettività e della
ristorazione. Un settore che ha attivato una
filiera molto importante dal punto di vista
della creazione di ricchezza: agenzie di
viaggio specializzate, ricettività, editoria
dedicata, abbigliamento, ecc.
Padova incomincia ad avere una
offerta importante di percorsi cicloturistici
(anello dei Colli Euganei, percorso del Santo,
Ostiglia, Ville Venete, ciclabile dei Berici, ecc.)
ed ha tutte le caratteristiche per sviluppare
una specializzazione in questo campo. Del
resto è ormai frequente vedere gruppi di
ciclisti con guida, provenienti di Abano,
dedicarsi alla visita del centro storico
padovano.
I contributi di questo numero
indicano alcune potenzialità del turismo
culturale padovano: Gianpaolo Pinton con la
convegnistica, Daniela Goldin Folena per la
musica, Vincenzo Milanesi per la cultura
scientifica, Filiberto Zovico sul ruolo dei
festival culturali. I contributi di Andrea
Colasio e di Sergio Frigo mettono in luce
come le moderne tecniche social permettano
di aprire nuovi campi per la fruizione
turistica, che vanno oltre la tradizionale visita
ai monumenti.
Cosa manca per presentare in modo
adeguato in questo campo il “prodotto
Padova”, in un mercato comunque affollato,
in cui il marketing urbano si fa sempre più
aggressivo? Ce lo dicono con chiarezza i
contributi di Stefan Marchioro e Gianernesto
Zanin.
Padova nel mondo globalizzato è una
città medio piccola. Bisogna considerare che
con i voli low coast il mondo si è fatto più
piccolo: più opportunità di attrarre flussi
turistici ma anche più concorrenza. Anche i
più grandi Musei non si accontentano più di
attendere il pubblico: aprono seconde sedi in
altri paesi, puntano su esperienze più
complete, di carattere multisensoriale. Perciò
le eccellenze di Padova devono
necessariamente diventare sistemiche,
integrate ed intrecciate per riuscire ad
emergere nel mercato globale. Facciamo una
proposta per una eccellenza padovana nel
campo del turismo culturale. Come ci ha
ricordato Vincenzo Milanesi nel suo
intervento un grande storico della scienza ha
sottolineato che la genesi del metodo
scientifico dell'età moderna si ha a Padova:
“si ebbero in questa università sviluppi tali da
giustificare la concezione secondo la quale –
ammesso che l’onore di essere stata la sede
della rivoluzione scientifica possa
appartenere a un singolo luogo - tale onore
dovrebbe essere riconosciuto a Padova”.
Veramente potremmo vendere nel
mondo il “Prodotto Padova” come capitale
della rivoluzione scientifica. Ne abbiamo i
fondamenti storici, ma soprattutto abbiamo
luoghi e messaggi capaci di far vivere
appunto importanti esperienze
multisensoriali. I luoghi: da quelli galileiani,
dalla cattedra alla Specola (al di là del
fondamento storico luogo simbolico), allo
sviluppo della scienza medica, dal teatro
anatomico al Musme, il Museo della
Medicina già largamente basato
sull'interattività, l'Orto Botanico, con la sua
Presentazione – Paolo Giaretta
9
parte storica che già aveva affascinato
Goethe e la espansione moderna in un luogo
splendido.
La Palma di Goethe - Orto Botanico di Padova
Eventi che già si stanno consolidando,
dal premio Galileo sulla divulgazione
scientifica al Galileo Festival che ha raggiunto
un lusinghiero successo. Si tratta di
organizzare queste evidenti risorse in un
progetto integrato, con un marketing
condiviso, con eventi stagionali: ci può essere
una parte culinaria, visto che di Galileo
possediamo perfino gli appunti di cucina,
produzioni musicali ad hoc, ecc. Non da
ultimo la produzione di app che guidino ed
attirino la scoperta dei tesori scientifici
padovani.
E' solo un esempio. Ma se non
vogliamo assistere ad un lento declino della
città dobbiamo essere più consapevoli dei
molti talenti nascosti del nostro territorio che
attendono di essere sviluppati. “Gaude, felix
Padua, quae thesaurum possides” recita la
bolla di canonizzazione di Sant'Antonio, che è
stato indubbiamente per Padova un tesoro,
per il lascito di spiritualità, di carità, di
produzione artistica ed anche di attrazione
nel mondo. Ma possediamo altri tesori che
abbiamo il dovere di far fruttare perché
Padova resti all'altezza della sua vocazione.
Il futuro del turismo a Padova – Stefan Marchioro
10
Il futuro del turismo a Padova
di Stefan Marchioro
Dal secondo dopoguerra in poi il
turismo internazionale è cresciuto
costantemente diventando uno dei settori
trainanti dell’economia mondiale.
I dati dell’UNWTO confermano che la
tendenza alla crescita del fenomeno turistico
continuerà anche nei prossimi decenni
nonostante le tensioni internazionali. In tale
contesto è rilevante interrogarsi su quali
destinazioni intercetteranno questa ulteriore
crescita del turismo internazionale e come
ciò possa avvenire in termini di sostenibilità
economica, sociale ed ambientale del
fenomeno turistico.
L’Italia, pur risultando tra le prime
dieci nazioni per arrivi internazionali, sconta
ormai da qualche decennio una forte perdita
di competitività anche in campo turistico solo
parzialmente colmata negli ultimi anni.
Infatti, nel 2013 il Forum Mondiale
dell’economia (World Economic Forum), la
collocava al 26 posto a livello mondiale e al
18 posto a livello europeo per indice di
competitività turistica; la nuova classifica,
pubblicata nel 2015 e costruita su una
diversa composizione dell’indice di
competitività (TTCI)1, colloca ora l’Italia
all’ottavo posto al mondo e al sesto in
Europa.
All’interno del contesto italiano e
anche in un panorama europeo ed
internazionale, il Veneto rappresenta
un’eccellenza in campo turistico sia dal punto
di vista dei flussi da cui è interessato ogni
anno, sia dal punto di vista dell’offerta. Basti
pensare che nel raggio di qualche centinaio di
chilometri il potenziale turista può trovare in
quest’area tutto ciò che normalmente può
offrire un continente: mare, terme, laghi,
montagne, città d’arte, parchi naturali.
Questo spiega perché in questa
regione, che registra annualmente più di 17
milioni di arrivi e oltre 63 milioni di presenze,
si concentri quasi un quarto del turismo
internazionale in Italia. Per contro però va
evidenziato che in Veneto il turismo è
fortemente concentrato in poche
destinazioni che da un lato cominciano a dare
segnali di forte saturazione del mercato e
problemi di capacità di carico turistica2,
Il futuro del turismo a Padova – Stefan Marchioro
11
dall’altro – in alcuni casi – presentano un
forte rischio di stagnazione o declino.
Con 682.063 arrivi e 1.438.825
pernottamenti, la Città di Padova è
l’undicesima destinazione turistica del
Veneto ad un’incollatura da Abano Terme e
da Verona (rispettivamente nona e decima).
Inoltre, secondo una ricerca dal Centro Studi
Turistici di Firenze, Padova - con un +118% -
guida la classifica delle 10 principali città
d’arte italiane in cui si è registrata la maggior
crescita di turisti negli ultimi 20 anni. Dopo
Padova, nelle 10 migliori performance figura
Venezia (+110%), seguita da Roma (+106%),
Napoli (+100%), Torino (+77%), e Verona
(+65%), quindi Bologna (+53%), Pisa (+49%),
Firenze (+43%) e Siena (+27%). Va precisato
che tale risultato è dovuto anche alla forte
crescita della ricettività, classifica in cui
Padova risulta seconda, con un +96% nel
periodo considerato, alle spalle di Bologna
(+133%).
Dunque Padova è oggi, a pieno titolo,
una destinazione turistica. Ma i padovani, le
istituzioni che li rappresentano, le stesse
categorie economiche, ne hanno davvero la
consapevolezza? Dopo l’iniziativa del
Progetto Strategico del Turismo Padovano
(2004-2009) e la chiusura dell’Azienda
Turismo (2013), Padova sembra stentare
nell’affrontare questo importante fattore di
crescita economica con quella visione e
quell’approccio strategico oggi
imprescindibili nel contesto di una crescente
competizione internazionale e delle sfide che
i continui cambiamenti dello scenario globale
impongono.
Solo recentemente – su iniziativa
prima dell’allora assessore Marta Dalla
Vecchia, poi dell’attuale Amministrazione
Comunale a guida Bitonci – si è arrivati alla
costituzione di un’Organizzazione di Gestione
della Destinazione, così come suggerito dalla
legge regionale n. 11/2013 e alla definizione
di alcune linee guida per una progettazione
strategica.
Ma la sfida vera per Padova è capire
quale futuro si intenda dare al turismo
padovano, ovvero quale visione di
destinazione proporre da qui ai prossimi
vent’anni.
Per fare questo è necessario avere
davvero un approccio di Destination
Management, ovvero una gestione strategica
della destinazione che consenta di addivenire
a una visione condivisa attraverso il
superamento delle logiche competitive
interne e l’incoraggiamento - a partire dalle
risorse e dalle competenze disponibili - di
accordi tra attori (pubblici e privati),
favorendo la partecipazione di tutti questi
soggetti al disegno complessivo del territorio.
A lungo Padova è stata caratterizzata
da una serie di valori ed elementi identitari
plurimi: Padova “Città del Santo”, di Petrarca,
Giotto e Donatello; Padova Città della
Scienza, da Copernico a Galileo; la Città dei
“senza” (Santo senza nome, Prato senza
erba, Caffè senza porte). Ma forse proprio
questa pluralità e alcune rendite di posizione
che hanno a lungo rallentato il percepirsi
della Città quale destinazione turistica, hanno
contribuito a una certa “opacità”
dell’immagine di Padova che pur visitata -
come si è visto - da un numero crescente di
turisti, è vissuta da questi più come una
“scoperta” che come un’attesa.
Il futuro del turismo a Padova – Stefan Marchioro
12
Ora è arrivato il tempo della
necessaria maturità e consapevolezza:
Padova deve riuscire a darsi un’identità
chiara e distintiva anche in ambito turistico
ed un’organizzazione all’altezza dei traguardi
raggiunti.
Un’identità che – senza rinnegare la
propria notorietà collegata al nome e al culto
di Sant’Antonio - poggi però su chiari
elementi di attrazione e distintività da
consolidare e organizzare in termini di offerta
turistica. Noi proviamo a riproporne alcuni.
Padova “capitale dell’affresco” tema
rispetto al quale la nostra città non conosce
rivali: dagli affreschi della Chiesa di San
Michele a Pozzoveggiani (X-XI sec. E XII-XII
sec.) a quelli di Campigli al Liviano o di
Casanova alla Basilica del Santo nel
Novecento, passando per il periodo aureo del
Trecento Padovano, mille anni di storia
attraverso cicli di affreschi.
Padova “Città della scienza”: dal 1222,
anno ufficiale di fondazione dell’Università
degli Studi di Padova, ad oggi l’evoluzione
scientifica e tecnologica ha sempre
progredito e segnato tappe fondamentali
grazie alla presenza di personalità illuminate
e geniali e ad un clima di massima libertà e di
grande vivacità culturale.
Molti i personaggi illustri che hanno
segnato la storia dello Studio Patavino, come
Pietro d’Abano, Nicolò Copernico, William
Harvey, Andrea Vesalio, Gabriele Falloppio,
Galileo Galilei, Fabrizio d’Acquapendente,
Giovan Battista Morgagni, solo per citarne
solo alcuni, e la prima donna laureata del
mondo, Elena Cornaro Piscopia. A tutto ciò
oggi si aggiunge la straordinaria proposta
dell'ampliato Orto Botanico.
Palazzo Zabarella
Infine il tema degli “Eventi”, vero e
proprio motore della crescita del turismo
padovano degli ultimi anni: da quelli
organizzati a Palazzo della Ragione o presso i
Musei Civici Eremitani dallo stesso Comune di
Padova, a quelli presso di Palazzo del Monte
di Pietà della Fondazione Cariparo, alle grandi
Mostre di Palazzo Zabarella della Fondazione
Bano divenute un riferimento costante per il
pubblico nazionale ed internazionale, fino ai
concerti e gli spettacoli dal vivo di Zed o alle
rassegne di altissima qualità artistica di Solisti
Veneti, Orchestra di Padova e del Venero e
Amici della Musica. Ciò che manca è ancora è
un coordinamento delle iniziative e degli
eventi stessi e una loro traduzione concreta
in offerta turistica.
Sul versante organizzativo è
necessario che il percorso avviato con la
costituzione dell’OGD Padova arrivi a darsi
una dimensione strutturata che ponga fine
alla forte frammentazione di soggetti che si
occupano di turismo in ordine sparso e non
coordinato, che arrivi a mettere davvero
insieme pubblico e privato in un unico
organismo per favorire una gestione unitaria
e coordinata dell’informazione,
dell’accoglienza, della promozione e
Il futuro del turismo a Padova – Stefan Marchioro
13
commercializzazione dell’offerta turistica
sapendo dialogare e risultando
complementare a quella del vicino Bacino
Termale Euganeo e con quella di Venezia.
Non è possibile definire a priori il
modello che assicura maggiore efficienza nel
governo di una destinazione turistica, è
necessario invece cercare la coerenza tra la
conoscenza delle condizioni di partenza della
destinazione e il modello di gestione.
Tutto questo può essere fatto solo
attraverso processi partecipativi e di
coinvolgimento di tutti gli attori degli città e
dei suoi residenti. Noi dell’Associazione “La
Specola delle Idee” siamo pronti a dare il
nostro contributo.
1 La capacità competitiva nel turismo di ogni singolo paese è misurata attraverso il Travel & Tourism Competitiveness Index, analizza per ogni singolo paese quattro macro categorie di variabili che vengono ulteriormente dettagliate in 14 fattori di competitività; A) Enabling Environment, composed of five pillars: 1. Business Environment, 2. Safety and Security, 3. Health and Hygiene, 4.Human Resources and Labour Market, 5. ICT Readiness; B) T&T Policy and Enabling Conditions, composed of four pillars: 6. Prioritization of Travel & Tourism, 7. International Openness, 8. Price Competitiveness, 9. Environmental sustainability; C) Infrastructure, composed of three pillars: 10. Air Transport Infrastructure, 11. Ground and Port Infrastructure, 12. Tourist Service Infrastructure; and D) Natural and Cultural Resources (2 pillars): 13. Natural Resources and 14. Cultural Resources and Business Travel.
2 Secondo l’Organizzazione Mondiale del
Turismo delle Nazioni Unite (UNWTO) la Capacità
di Carico di una destinazione turistica è costituita
dal numero massimo di persone che visita nello
stesso periodo, una determinata località senza
compromettere le sue caratteristiche ambientali,
fisiche, economiche e socioculturali e senza
ridurre la soddisfazione dei turisti.
Padova è veramente una città turistica? – Gian Ernesto Zanin
14
Padova - Piazza delle Erbe
Padova è veramente una città turistica?
di Gian Ernesto Zanin
Questa domanda è stata posta più
volte in città e di primo acchito la risposta è
sempre stata affermativa, salvo poi, andando
ad approfondire i comportamenti degli attori
principali che muovono l’economia turistica
del territorio, qualche dubbio è sorto più o
meno a tutti.
Bisogna ricordare che negli ultimi
vent'anni le dinamiche che regolano i flussi
turistici sono profondamente cambiate e
probabilmente anche più di una volta.
Ciò che si può affermare è che la
competizione oggi si gioca non più tra
prodotti turistici semplici e quindi tra singole
imprese, ma tra destinazioni e quindi tra
prodotti complessi.
E se questo è vero si comprende
facilmente come questi siano molto di più
che un soggiorno in un albergo o la visita ad
un monumento.
Nell’organizzazione di una
destinazione turistica vi sono spesso attori
che svolgono un ruolo chiave pur avendo una
mission totalmente diversa. Ed a Padova
succede proprio questo.
L’amministrazione comunale è di fatto
“proprietaria” della maggior parte della
storia e della cultura della città, ed in
particolare dei suoi monumenti che sono i
maggiori attrattori di turismo culturale,
inoltre alcune azioni di governo della città
possono avere impatto decisivo sul turismo
se andassero in una direzione piuttosto che
in un’ altra (si pensi ad esempio ai trasporti o
alle aperture festive di negozi o edifici
pubblici).
Padova è veramente una città turistica? – Gian Ernesto Zanin
15
Un altro soggetto chiave a Padova è l’
Università, anch’essa proprietaria di
attrattori culturali (es. Orto Botanico) e che
pur avendo come mission formare i suoi
studenti, esercita di fatto un ruolo molto
importante di generatore di flussi, anche per
il grande stimolo che da’ al turismo
congressuale.
Non ci dimentichiamo poi delle grandi
istituzioni religiose della città che, pur
occupandosi ovviamente di cose dello spirito,
di fatto producono anche importanti effetti
sulle cose terrene.
La basilica del Santo soprattutto è
meta ricercata per i turisti della fede, che
però faticano a lasciarsi attrarre dalle altre
bellezze della città.
Si può forse dire che Padova non ha
una vera identità turistica, non riesce quindi
ad esprimere un messaggio univoco, come
avesse grandi solisti che faticano a suonare
assieme.
In questa filiera produttiva si
inseriscono quindi le imprese private, in
primis alberghi, bed & breakfast, ristoranti,
divenuti negli ultimi anni più grandi e
numerosi, alle prese con una crisi lunga e
durissima e con dinamiche di mercato che
hanno pesantemente ridotto i margini,
pronte peraltro ad intercettare una ripresa
che si spera già iniziata.
Non sfuggirà a nessuno che lo
scenario che ho disegnato è piuttosto
complesso e, proprio perché lo è, va
governato.
Il turismo non può più essere
considerato come qualcosa di quasi
spontaneo, che c’ è sempre stato e ci sarà
sempre, ma come un settore economico a
tutti gli effetti che produce spesso servizi ad
alto valore aggiunto del quale non ricordarsi
solo in qualche articolo di quotidiano durante
i mesi estivi o in brevi paragrafi di programmi
elettorali, ma nelle scelte che imprese,
cittadini ed amministratori devono compiere
per una efficace governance di processo.
Se ciò avverrà e se riuscissimo a
strutturare un sistema che tenga conto di
tutti questi fattori, allora potremmo
rispondere alla domanda posta all’ inizio con
un convinto sì.
La Città della Scienza – Vincenzo Milanesi
16
Palazzo del Bo' - Teatro Anatomico
La Città della Scienza
di Vincenzo Milanesi
“(…)si ebbero in questa università
sviluppi tali da giustificare la concezione
secondo la quale –ammesso che l’onore di
essere stata la sede della rivoluzione
scientifica possa appartenere a un singolo
luogo- tale onore dovrebbe essere
riconosciuto a Padova”. Sono parole, queste,
del grande storico inglese Herbert
Butterfield, tratte dal suo libro su The origins
of modern science del 1958, uno dei classici
sulla genesi del metodo scientifico nell’età
moderna. Gli studiosi inglesi, si sa, non sono
abitualmente prodighi di riconoscimenti non
motivati, data la loro serietà e autorevolezza,
ed è quindi ancora più significativo il giudizio
qui riportato.
All’università di Padova, continua
Butterfield, nel ‘500 studiarono ed
insegnarono non solo Copernico e Galileo,
ma “a Padova la regina delle scienze,
piuttosto che la teologia, come invece a
Parigi, era la medicina”.
Quindi non solo nell’astronomia ed
attraverso di essa si compie il “miracolo”
della nascita del metodo scientifico-
sperimentale a Padova, ma anche attraverso
gli studi di medicina e di anatomia che a
Padova trovano in quel secolo la possibilità di
svilupparsi in modo straordinario e con un
metodo nuovo, quello dell’osservazione
La Città della Scienza – Vincenzo Milanesi
17
diretta e dell’applicazione di un metodo di
sperimentale che porta alla nascita della
medicina moderna. Due luoghi fisici lo
testimoniano: il primo Teatro anatomico
stabile inaugurato nel 1595 e tuttora
visitabile al Palazzo del Bo’, e, a duecento
metri di distanza, l’Ospedale di San
Francesco Grande, fondato da due
benefattori agli inizi del ‘400, dove si sviluppò
per la prima volta un insegnamento della
pratica clinica al letto del malato e non solo
sui libri di Ippocrate e Galeno, con Giovanni
Battista da Monte e i suoi successori a partire
dalla metà del ‘500, insegnamento che si
consoliderà negli anni 70 di quel medesimo
secolo.
Già nel 1545 Andrea Vesalio, un
giovane medico proveniente da Bruxelles e
docente a Padova, aveva pubblicato il De
humani corporis fabrica,il primo atlante
anatomico moderno. Naturale quindi che da
un anno sia stato aperto nell’Ospedale di San
Francesco Grande il MUSME, un museo della
storia della medicina che racconta le vicende
dello sviluppo di questa scienza nelle sue
diverse branche fino a tutto il ‘700,
esponendo non solo reperti e libri antichi di
grande pregio ma anche utilizzando le più
moderne tecnologie multimediali.
MUSME - Padova
Vi si può apprendere, tra l’altro, in
modo chiaro ed accattivante quali contributi
abbiano dato alla medicina moderna illustri
personaggi della storia della università di
Padova come William Harvey, che scoprì la
circolazione cardiopolmonare umana, con il
suo libro De motu cordis, e Giovanni Battista
Morgagni, che nel ‘700 fondò l’anatomia
patologica illustrandone i princìpi nel De
sedibus et causis morborum per anatomen
indagatis del 1761.
Nello stesso anno 1545, vero annus
mirabilis perché è anche l’anno della
pubblicazione del De rivolutionibus orbium
coelestium di Copernico, viene fondato a
Padova il primo Orto botanico della storia
moderna, vero e proprio Horto medicinale
dove si coltivavano i “rimedi semplici”
ricavati dalle piante e dalle erbe (e per
questo denominato Hortus simplicium),
primo laboratorio di farmaceutica collegato
con la medicina universitaria, nato, come
scrive il suo fondatore Francesco Bonafede
professore a Padova anch’egli, per insegnare
agli studenti come usare piante ed erbe per
curare le malattie. Dall’Orto patavino sono
passate per la prima volta in Europa dal
Nuovo Mondo e coltivate alcune delle piante
che rivoluzionarono la storia dell’Europa
moderna, basti citare il tabacco.
Orto Botanico - Il Giardino della Biodiversità
Negli ultimi anni l’Università ha
progettato e realizzato un importante
ampliamento dell’Orto antico, con serre dove
sono coltivate piante ed erbe provenienti da
ogni parte del mondo, con creazione di
microclimi specifici nelle varie serre, per
La Città della Scienza – Vincenzo Milanesi
18
preservare la biodiversità delle specie
vegetali del pianeta. L’Orto patavino è sito
riconosciuto dall’UNESCO come patrimonio
dell’umanità ormai da alcuni decenni.
L’Università di Padova è stata la prima
al mondo ad acquisire una collezione di
oggetti, reperti e strumenti che potesse a
buon diritto essere “scuola a chi
ammaestrarsi volea di quanto sa la Natura
produrre di raro”, secondo le parole di
Antonio Vallisneri, chiamato a Padova sulla
cattedra di Medicina Pratica nell’anno 1700,
figura emblematica di scienziato
settecentesco.
Egli mise insieme una collezione che
costituì uno dei migliori esempi di quei
“gabinetti” scientifici destinati a trasformarsi,
nel giro di un secolo, nei laboratori di ricerca
delle università europee, luoghi in cui il
metodo sperimentale di Galilei divenne
pratica quotidiana di lavoro per gli scienziati
delle diverse discipline che studiavano la
natura fisica.
Quella collezione finì smembrata
nell’Ottocento e costituì però la base su cui
vennero costruendosi i Musei scientifici dei
vari Istituti universitari, tuttora esistenti negli
attuali Dipartimenti. A Palazzo Cavalli alle
Porte Contarine è in progetto la realizzazione
di un unico Museo naturalistico, in cui
raccogliere le numerose collezioni sparse nei
Dipartimenti, a cominciare da quello di
Biologia, da mettere insieme a quelle già
presenti oggi nel medesimo palazzo di
Geologia e Paleontologia.
Nel 1740 a Padova Giovanni Poleni,
grande scienziato e docente di ingegneria
navale, diede vita al suo Teatro di filosofia
sperimentale , primo esempio italiano di vero
e proprio laboratorio di fisica all’Università.
Gli strumenti che Poleni raccolse, fino ad
arrivare al numero di quattrocento, hanno
rappresentato un aiuto imprescindibile per la
didattica e per le ricerche che egli svolse in
vari campi delle scienze fisiche e delle
relative applicazioni tecnologiche, ricerche
che fecero di lui una delle più grandi menti
ingegneristiche del suo secolo.
Una parte degli strumenti di Poleni,
più altri di anni successivi, costituiscono oggi
il Museo di storia della fisica, uno dei più
significativi in Italia. Anche presso la Specola
in Riviera Paleocapa esiste una importante
collezione di strumenti utilizzati per gli studi
di fisica e soprattutto di astronomia, che
completano ed arricchiscono la raccolta del
Museo sopra ricordato.
Nelle cliniche mediche e chirurgiche,
nei Dipartimenti di area medica ma anche ad
Agripolis presso i Dipartimenti di Agraria e
Veterinaria, oltre che presso quelli di
Ingegneria, sono collocate numerose
preziose collezioni a dignità museale, tra le
quali si segnalano quella di reperti di
Anatomia patologica ed il Museo di Macchine
in cui è conservata la prima automobile di
Enrico Bernardi, di eccezionale valore storico.
Padova è stata ed è “città della
scienza”, grazie alla sua gloriosa Università. Il
patrimonio di cui è depositaria è un bene
prezioso da conservare, tutelare e
valorizzare, in un rapporto più stretto con la
città in cui l’Ateneo patavino è nato ormai
quasi otto secoli orsono.
Padova e la musica – Daniela Goldin Folena
19
Auditorium Conservatorio Pollini - Padova
Padova e la musica
di Daniela Goldin Folena
Non diremo che Padova è la città della
musica, ma certo Padova è una delle
maggiori città d’arte italiane, e tra le arti di
diritto c’è anche la musica.
Nella storia della nostra città abbiamo
avuto grandi musicisti, nati qui o qui
particolarmente attivi, da Marchetto da
Padova, tra i fondatori dell’Ars nova, a
Bartolomeo Cristofori, figura centrale nella
storia del pianoforte, a Giuseppe Tartini,
prodigioso violinista oltre che grande
compositore, e, più vicino a noi, Arrigo Boito
noto per la sua importante collaborazione
con Verdi non meno che per il suo
Mefistofele. E pensiamo a quali compositori
attrasse Padova, come Guillaume Dufay,
figura chiave della musica fiamminga del
Quattrocento, o il quindicenne Mozart che
nel 1771 regalò alla nostra città l’unico
oratorio della sua carriera, La Betulia
liberata.
Statua di Giuseppe Tartini - Pirano (Slovenia)
Padova e la musica – Daniela Goldin Folena
20
La maggior parte di quei musicisti
aveva come punto di riferimento se non
come committente privilegiato la Basilica di
Sant’Antonio, tuttora dentro la tradizione dei
grandi Cori. Ma anche oggi Padova pullula di
personalità e di istituzioni che la
rappresentano non meno della sua industria
o del suo paesaggio (per non parlare
dell’unico — per qualità, ricchezza, struttura
e antichità, ovviamente — Orto botanico) o
delle opere d’arte.
Ci sono giovani musicisti — per
esempio, il violinista Giovanni Angeleri, già
vincitore del prestigioso e impegnativo
Premio Paganini, e la pianista Leonora
Armellini, che ha esordito come autentico
enfant prodige — che testimoniano la
continuità della migliore tradizione esecutiva,
e insieme gruppi strumentali che
garantiscono un’attività musicale diffusa
nella città.
Si pensa ovviamente ai Solisti Veneti,
invenzione di Claudio Scimone che ha saputo
renderli famosi in tutto il mondo e a cui lo
stesso Scimone ha affiancato un’Orchestra
Tartini.
I Solisti Veneti
Ci sono complessi che si dedicano al
repertorio più moderno, in particolare quello
jazzistico; e c’è l’orchestra della nostra città,
proprio l’Orchestra di Padova e del Veneto,
nata originariamente (e quest’anno ha
compiuto i 50 anni di vita) come Orchestra da
camera, e ora in grado di eseguire, proprio
per il suo ricco organico che conta pure
eccellenti solisti, un repertorio molto ampio.
I Solisti Veneti hanno indubbiamente
al loro attivo una grande esperienza
interpretativa, ma proprio l’OPV — rarissimo
caso di orchestra che ha il nome della propria
città d’origine e di residenza — suggerisce
quali potenzialità di attrattiva anche turistica
possa avere la musica. Continuando e
allargando esperienze precedenti, sotto la
guida del nuovo Direttore musicale e
artistico, Mo Marco Angius, l’OPV si segnala
per quella che chiamerei un’attività diffusa,
diffusa non solo nei tempi, ma soprattutto
negli spazi.
Orchestra di Padova e del Veneto
Padova manca notoriamente di un
Auditorium, degna e necessaria sede di
concerti di particolare impegno e qualità; ma
nella nostra città ci sono tanti piccoli “luoghi
della musica” che possono costituire
un’ulteriore ragione di interesse e di
attrattiva: suonare nei chiostri delle tante
belle chiese-monasteri padovani o nei cortili
Padova e la musica – Daniela Goldin Folena
21
di palazzi antichi o nelle sale interne di musei,
ecc. costituisce un’occasione straordinaria
per far godere contemporaneamente
l’ascolto della musica più diversa e la vista
delle meraviglie circostanti. A questa
disseminazione spaziale dei suoni si aggiunge
la varietà delle iniziative o mini-stagioni
(come la prossima esecuzione integrale delle
sinfonie di Beethoven in serate e luoghi
diversi); scopriamo così che un modo
originale ma non meno efficace di attirare gli
ascoltatori, e gli spettatori, è proprio questo
legare immagini suoni in un tempo, per così
dire, aperto. Negli ultimi anni l’Italia si è
riempita di ogni tipo di Festival (del pensiero,
della mente, dell’economia, delle idee, della
filosofia, ecc.) che hanno intelligentemente
attirato tantissimi turisti-ascoltatori nelle
città anche di minime dimensioni. Sarebbe
bello che Padova proponesse ai suoi cittadini,
ma anche a visitatori occasionali, giornate
che mettano insieme musica, arte, paesaggio,
guidandoli alla scoperta di arti — visive e
sonore — tanto spesso in passato chiamate
“arti sorelle”, in un itinerario fantastico tra le
strade, i palazzi, le piazze di Padova, che si
alternano per far loro godere il nostro
ricchissimo patrimonio culturale e artistico.
Shakespeare a Nordest – Andrea Colasio
22
Shakespeare a Nordest
di Andrea Colasio
L'anniversario shakespeariano, i 400
anni dalla morte, ci offrono l'opportunità di
una riflessione sui rapporti tra cultura,
politiche del turismo e uso delle nuove
tecnologie.
Sempre più oggi si tende a parlare di
"turismi" e non di turismo. Centrali diventano
infatti la scelta della destinazione e la sottesa
implicazione emozionale che porta a
scegliere una località piuttosto che un'altra.
E' a partire da questa riflessione che si è
improntato, con la collaborazione del
Consorzio regionale delle Città d'Arte del
Veneto, un progetto innovativo dal lato
dell'offerta turistica. L'ipotesi di lavoro,
protrattasi per oltre un anno, ha portato alla
realizzazione di una App, "Shakespeare in
Italy", che ha costruito un inedito itinerario a
partire dalle Città del Nordest e dai luoghi
specifici di cui si fa menzione nell'Opera del
Bardo.
Solo in via incidentale va fatto un
cenno all'annosa questione della authorship:
poiché il Bardo non era mai uscito da Londra,
come era possibile che si soffermasse con
tanta precisione su alcuni luoghi emblematici
di molte città italiane? Si trattava di notizie
desunte dai resoconti di viaggio o da altre
fonti, oppure, come ritenuto da molti, dietro
a Shakespeare aleggia imponente la figura
dell'italo-inglese John Florio? Un mistero,
destinato a rimanere tale e a sollevare mille
polemiche, così come accadde sin dal lontano
1928 quando un giornalista italiano pubblicò
sulla Rivista "Impero" un articolo
dissacratore: "Shakespeare era italiano?"
Tra i sostenitori dell'ipotesi che il
contributo di Florio ci sia stato e non sia stato
marginale vi sono alcuni studiosi che hanno
considerato, come possibile chiave di lettura,
l'analisi dei luoghi delle città italiane che
Shakespeare a Nordest – Andrea Colasio
23
compaiono nell'Opera shakespeariana. Sulla
scia di tali lavori, si è deciso di rileggere le
Opere ambientate a Nordest, e non sono
mancate le sorprese.
A Padova, Venezia e Verona il Bardo
ambienta 5 opere: la sua descrizione dei
luoghi delle città venete è però precisa,
puntuale al punto che sorge legittimamente il
dubbio che chi scriveva le avesse viste e le
conoscesse in profondità. Pensiamo alla
Padova della Bisbetica domata. Definita
"bella" e "culla delle arti": bella perché vista
con gli occhi? E perché culla delle Arti?
Probabilmente per Giotto e il Trecento
padovano. Padova narrata con il suo porto al
Portello, dove dovevano "approdare" alcuni
dei protagonisti. Il Portello cui si fa preciso
riferimento, anche nel Mercante di Venezia,
riferendosi al battello che faceva il servizio
pubblico con Venezia: il Burchiello.
La bisbetica domata - Franco Zeffirelli (1967)
Altro piccolo enigma padovano.
Perché far sposare i protagonisti nella piccola
chiesetta di San Luca in Via XX Settembre?
Poco consona all'evento. Molto più plausibile
che riferendosi a San Luca si volesse evocare
l'Abbazia di Santa Giustina, che custodisce,
appunto, le spoglie dell'Evangelista. Come
poteva Shakespeare conoscere questi aspetti
della Città? Per non dire dei misteri che
avvolgono alcuni luoghi e tradizioni culturali
di Venezia. Come poteva conoscere l'uso che
le nobili veneziane facevano degli zoccoli:
quegli stessi zoccoli che il padre di
Desdemona, furioso per il matrimonio con
Otello, diceva avrebbe dovuto mettere alle
altre sue, eventuali figlie, per impedire loro di
fuggire.
E come poteva il Bardo conoscere
l'editto veneziano che impediva agli ebrei
convertitisi al cristianesimo di tornare al
Ghetto? Questo e non altro era il significato
delle parole di Jessica, figlia dell'ebreo
Shylock, quando, la sera che fuggì per
sposarsi e farsi cristiana, diceva che padre e
figlia si sarebbero persi per sempre.
Pensiamo ancora alla casa di Shylock
in Ghetto, caratterizzata da un "colonnato",
lo stesso che troviamo, incredibilmente,
ancora in una casa lì presente. Per non dire
delle 20 miglia che separavano Belmonte, la
Malcontenta, dove era la Casa della
protagonista del Mercante di Venezia, Porzia,
da Padova. Misurate con Google: 20 miglia
esatte!
Il Mercante di Venezia - Michael Radford (2004)
Oppure pensiamo ancora a Verona, al
famoso boschetto di sicomori, dove si inoltrò
Romeo, che esiste tuttora, o al fatto di
Shakespeare a Nordest – Andrea Colasio
24
sapere che il Castello di Villafranca era
proprio "il vecchio" Castello, l'antica
residenza degli Scaligeri.
Insomma un insieme di elementi
indiziari che si dovranno approfondire e che
lasciano sullo sfondo un grande interrogativo.
Se Shakespeare non si era mai allontanato da
Londra, e questa è una certezza, come
poteva conoscere così bene e in profondità
dei luoghi e delle usanze così specifiche delle
Città venete? Un mistero che lasciamo sullo
sfondo, così come in Shakespeare, sospeso
tra realtà e sogno.
Insomma i luoghi shakespeariani, non
sono solo riconducibili a quel meraviglioso
falso storico, a quella vera e propria
"invenzione del passato" operata dal genio
creativo di Antonio Avena, che è il balcone di
Giulietta a Verona.
Seguire passo a passo, le Opera del
Bardo, significa inoltrarsi in luoghi
emblematici delle Città d'Arte del Nordest,
costruendo un itinerario carico di storia e di
emozioni: un nuovo itinerario turistico che si
avvale delle grandi potenzialità offerte dalle
nuove tecnologie.
Romeo e Giulietta - Franco Zeffirelli (1968)
La App, agevolmente scaricabile nel
telefonino e leggerissima, è dotata di un
sistema di geo-referenziazione che
accompagna il "visitatore" nelle varie
location individuate: circa una ventina. Un
viaggio, corredato da una lettura dei testi, in
italiano e inglese, e da tutta una serie di
immagini e filmati, all'interno di quei luoghi
dove il Bardo ambienta alcune tra le sue più
belle commedie e tragedie.
Un Festival per la Città – Filiberto Zovico
25
Il Villaggio dell’Innovazione - Galileo Festival 2016
Un Festival per la Città
di Filiberto Zovico
Che i Festival siano diventati la nuova
forma di fruizione culturale per eccellenza,
ormai non vi è più dubbio. Lo sottolineava già
alcuni anni fa una ricerca di Guido Guerzoni,
a proposito dell'esplodere di fenomeni come
il Festival della Letteratura di Mantova e di
Pordenonelegge, vere e proprie
manifestazioni nazionali di massa. In quella
ricerca Guerzoni sottolineava anche come tali
manifestazioni rappresentino un fenomeno
partecipativo nato dal basso, quasi
spontaneo e fortemente innovativo rispetto
alle forme istituzionalizzate ormai prive della
capacità di intercettare una domanda
culturale che non trovava nei vecchi modelli
sbocchi adeguati.
Ma, sempre più spesso, i Festival
diventano anche occasioni per far convergere
i soggetti istituzionali in progetti di rilancio
del territorio, sia sotto l'aspetto del
marketing territoriale che di vera e propria
identità e progettualità. Chi conoscerebbe
Pordenone, svanito il fascino della Zanussi, se
non fosse per Pordenonelegge? Il boom della
facoltà di economia di Trento non è forse
dovuto alla presenza del Festival Economia?
L'Umbria non vive forse ancora di luce
riflessa dei mitici Umbria Jazz degli anni 90?
Un Festival per la Città – Filiberto Zovico
26
In Veneto siamo ancora ai primi passi
di una strategia di questo tipo. Ma qualcosa
comincia a muoversi. A Vicenza il Festival
Biblico, da un lato, e il Città Impresa,
dall'altro, assieme a uno dei più importanti
Festival Jazz italiani, stanno contribuendo a
definire uno spazio identitario a livello
nazionale della città del Palladio: impresa,
valori, luoghi e cultura. Se la scena in quella
città ora è dominata dalle vicende della
popolare berica, nel prossimo futuro Vicenza
potrebbe essere conosciuta e considerata per
queste iniziative nazionali che ne valorizzano
valori, capacità imprenditoriali e rapporto
con la cultura. Così come oggi Venezia è
conosciuta e valorizzata per e dalla Biennale.
E Padova? Nelle scorse settimane,
Padova ha vissuto l'esperienza di un Festival
dell'Innovazione, il Galileo Festival, che ha
saputo innescare un processo capace,
potenzialmente, di trasformare alcune
dinamiche della città e del territorio triveneto
nel suo complesso.
Quale era la premessa da cui partiva il
Galileo? Padova ha un patrimonio enorme
con il quale, per anni, ha convissuto senza
interamente né condividerlo né utilizzarlo:
l'Università. Si tratta del sesto Ateneo
italiano, il più importante del Nordest,
capace di sviluppare ricerca di eccellenza in
alcuni settori cruciali. E questa Università è al
centro di un territorio manifatturiero tra i
primi in Europa. Caratteristica rilevante per
l'opportunità che tale coincidenza offre per
sviluppare saperi e competenze in dialogo
diretto con il mondo produttivo.
Padova, al contempo, è una città
entrata in una crisi profonda che ha visto il
suo terziario perdere negli anni più recenti
pezzi fondamentali, da Banca Antonveneta
alla Fiera, e il suo ruolo di 'capitale dei servizi'
dell'intero Nordest. Assieme al resto del
Veneto non ha saputo collegarsi alla rete di
Alta Velocità né strutturarsi su quella
dimensione di area metropolitana veneta
che, pur essendo realtà per i cittadini, non lo
è né istituzionalmente né in termini di servizi.
Tutti limiti che non nascono oggi, ma che
sono maturati negli ultimi 10 o 20 anni, e che
sembrano permanere anche in questa fase.
Una situazione con molte potenzialità
e altrettanti limiti, dunque, in un contesto in
cui i soggetti istituzionali non sono del tutto
coesi e dove ancora non si vede la presenza
di un progetto condiviso per il futuro.
Il Galileo è partito da questa
situazione per iniziare un percorso di cucitura
all'interno della città, premessa necessaria
per strutturare una rete di relazioni
trivenete, nazionali ed internazionali. È così
che, partendo dall'Università, si è lavorato
per costruire attorno al progetto una alleanza
con il Comune, con la Camera di Commercio,
con Confindustria, con il Parco Galileo, con
associazioni, imprese e il mondo dei media.
Lo straordinario successo che ha
coronato la manifestazione è stato frutto di
queste sinergie, e delle energie che hanno
saputo mettersi in moto, soprattutto tra i più
giovani e all'interno dell'Università.
Un Festival per la Città – Filiberto Zovico
27
Certo, bisogna essere coscienti che si
è trattato solo di una manifestazione che ha
acceso il motore di un'auto rimasta ferma per
molto tempo, e che se l'obiettivo che la città
vuole darsi è competere in Italia, in Europa e
nel mondo, il Galileo dovrà diventare sempre
più piattaforma con una visione nazionale ed
internazionale. E per fare questo dovrà
essere sempre più in grado di comportarsi
come piattaforma comune capace di
promuovere e mettere in rete le molteplici
iniziative che già ora la città sviluppa
singolarmente: il Premio Galileo promosso
dall'Assessorato alla Cultura, il mese
dell'Innovazione promosso dall'Assessorato
ai Giovani, la Ted X che mobilita ogni anno
centinaia di giovani, le numerose iniziative
dei dipartimenti universitari e della stessa
Università, quelle dei centri di ricerca e di
aziende private, fiera e associazioni di
categoria.
E questo dovrà essere solo un primo
passo per costruire una rete di relazioni e
accordi con la rete delle Università del
triveneto, con il mondo imprenditoriale
manifatturiero almeno della pianura padana,
con i centri di ricerca che da Trieste a Milano
lavorano allo sviluppo di soluzioni avanzate
nei diversi campi, con i centri finanziari che
potranno sostenere i diversi progetti di
sviluppo.
Certo, non potrà essere un Festival a
cambiare le sorti e i destini di una città, né a
risolvere i problemi di attrattività di un
territorio. Ma intorno ad un Festival si
possono costruire due cose fondamentali: un
metodo di lavoro e 'fissare' un punto
concreto di esperienza condivisa.
Se non è questa la nuova funzione dei
Festival, l'unica cosa che può fare è piacevole
e interessante intrattenimento per qualche
giorno all'anno. Cose che vanno sempre
bene, ma non segnano i destini di una città.
L’economia congressuale a Padova – Gian Paolo Pinton
28
Centro Culturale San Gaetano - Agorà
L’economia congressuale a Padova
di Gian Paolo Pinton
Tra le prospettive che possono offrire
opportunità di sviluppo all’economia della
nostra città reputo fondamentale la
realizzazione del futuro Centro Congressi, che
sorgerà nell’area del vecchio padiglione 10
della Fiera di Padova. Un’opera che sarà
senza dubbio un fiore all’occhiello del nostro
territorio e permetterà una crescita delle
iniziative congressuali sicuramente positiva e
costruttiva.
Dopo anni di calma, che hanno visto
l’appiattimento della crescita delle iniziative
congressuali in tutto il nostro Paese,
sembrerebbe che da un po’ di mesi a questa
parte ci sia stato un risveglio di interesse per
le principali location congressuali italiane.
I dati che ci pervengono dal
Convention Bureau Italia, a tutto maggio
2016, riportano che sono triplicate le
richieste pervenute dall’estero, per realizzare
eventi in Italia.
In realtà sono quasi 80 le richieste
pervenute per eventi corporate, nei primi
quattro mesi del 2016, delle quali 17 già
confermate(Fonte Event Report 26/5/16).
Ragionando in positivo, potrebbe significare
che l’onda lunga delle prenotazioni
congressuali, che vengono fatte anche con
2/3 anni di anticipo, potrebbe rappresentare
un potenziale fatturato anche per il nostro
nuovo Centro.
Forse questa ambiziosa opera
potrebbe rilanciare l’impegno dei francesi di
GL Events, che sbarcati da più di 10 anni alla
Fiera di Padova, dopo gli entusiasmi iniziali,
L’economia congressuale a Padova – Gian Paolo Pinton
29
hanno lasciato andare la gestione della Fiera,
verso una deriva organizzativa del tutto
imprevista, davvero critica sia per i risultati
economici che per il prestigio fieristico della
nostra Città. Non dimentichiamoci che il
primato della prima Fiera Campionaria
Italiana va riconosciuto alla nostra Città.
La Fiera di Padova, fino agli anni 2000
era riuscita a competere con altri quartieri
fieristici sia nazionali che esteri , mettendo in
scena manifestazioni che si erano rivelate
leader sia per il progetto che per i contenuti
tecnologici.
La crisi economica e la scoperta di
Internet ha del tutto rivoluzionato il ruolo
delle Fiere, producendo una selezione
naturale sia delle manifestazioni che dei
quartieri fieristici italiani. Va sottolineato che
Padova non era proprio strutturalmente
priva di un’area congressuale operativa
nell’ambito del quartiere fieristico.
Ricordo che i due ultimi padiglioni
realizzati, sono stati progettati con la
flessibilità strutturale per essere adibiti ad
eventi Congressuali, per qualche migliaio di
persone. Qualcuno si porrà la domanda che
viene spontanea anche a me: perché non si è
dato vita ad una vera attività congressuale
sfruttando le caratteristiche previste ad hoc,
dei nuovi padiglioni? Anzi è sembrato quasi
che il management della Fiera, in parte
italiano, si sia quasi dimenticato di questo
fatto. Forse non era sufficientemente
preparato o forse non si era reso conto di
quella risorsa, che avrebbe potuto
contribuire al ridimensionamento della crisi
delle manifestazioni fieristiche, apportando
entrate economiche che sarebbero state
utili ai bilanci in perdita della gestione GL
Events.
Questi dati obiettivi, che possono
essere facilmente rilevati guardando la storia
degli eventi gestiti ( o meglio non gestiti) dai
francesi fa fortemente riflettere. Saranno in
grado i francesi a gestire efficientemente
anche il nuovo Centro Congressi dopo il
fallimento avuto sia con la gestione delle
attività fieristiche che per quelle non avviate
nei padiglioni nuovi strutturati all’uso di
Centro Congressi? Se tanto mi da tanto,
conviene assolutamente trovare nuovi
gestori che possano garantire un’attività
congressuale con professionalità ed
esperienza. Le società specializzate in questo
campo, non mancano.
Anche nella nostra Città ci sono
competenze professionali di tutto rispetto,
che possono concorrere alla gestione del
Centro Congressi.
Poi se ci allarghiamo in termini
geografici e si pensa di unire capacità
manageriali ad un avviamento pluriennale
che alcune imprese specializzate
nell’organizzazione degli eventi congressuali
hanno nel loro curriculum, credo non ci
saranno problemi di sviluppo per la nuova
opera in corso di realizzazione.
Un particolare da non trascurare è il
fatto che per pianificare Congressi di un
certo livello( medici e scientifici) soprattutto
internazionali, la prassi dice che vengono
programmati anni prima (un po’ come le
Olimpiadi o i Campionati mondiali di calcio).
Per questo motivo, alcuni esperti
sostengono che sarebbe opportuno già
ricercare o indire il bando di gara per la
L’economia congressuale a Padova – Gian Paolo Pinton
30
gestione del Palazzo Congressuale in questo
anno. La fase di avviamento e di promozione
di un nuovo Centro Congressi, che ha la
pretesa di entrare nel Circuito Internazionale
oltre che Nazionale, è piuttosto lunga e
articolata. Per fare agenda non basta un
anno. Gli organizzatori attuali dei Grandi
Congressi Internazionali legati al mondo
universitario( medicina, scienza, architettura,
ITC) hanno tempi lunghi ed è del tutto
impensabile che la strategia per avviare con
successo l’attività congressuale della nuova
struttura possa cominciare ad opera finita.
Sarebbe da incompetenti e irresponsabili
comportarsi in tal modo.
Fare impresa nel mondo dei Congressi
e degli Eventi è un segmento importante
anche del turismo che, oltre alla redditività
della sua tipicità produttiva, riconosciuta a
questi prodotti, riveste un ruolo di rilievo per
tutto l’indotto del territorio circostante. Si
stima che la ricaduta economica generata dai
Grandi congressi sia pari a sei volte il valore
dei ricavi dell’evento, oltre e procurare una
diffusione internazionale dell’immagine della
Città.
”Il turismo congressuale consente
inoltre di destagionalizzare i flussi turistici e
di ampliare le attività complementari
dell’offerta turistica leisure moltiplicando i
ritorni diretti che indiretti”: così afferma
Mario Buscema, presidente di Federcongressi
ed Eventi, associazione nazionale di
riferimento. Questa Associazione ha
incaricato ASERI, Alta Scuola di economia e
relazioni internazionali dell’Università
Cattolica di Milano di realizzare una ricerca di
mercato tramite OICE, che è l’Osservatorio
Italiano dei Congressi e degli Eventi. Per chi
desidera consultare i dati della ricerca può
cliccare www.OICE.it e ricercare alla voce di
riferimento.
Raccontare il territorio con un’app – Sergio Frigo
31
Veduta aerea dei Colli Euganei
Raccontare il territorio con un’app
di Sergio Frigo
Se non siete fra coloro che vanno in
vacanza da trent'anni nello stesso posto, è
molto probabile che per organizzare e
prenotare il vostro viaggio facciate ricorso
alla Rete: stando al Barometro on line di
MarkMonitor sei italiani su dieci fra quelli che
navigano in Internet consultano siti di
prenotazioni e recensioni per stabilire le loro
mete, l'organizzazione degli itinerari e
l'utilizzazione dei servizi e dei contenuti.
Una volta sul posto però a fare la
parte del leone sono soprattutto le
applicazioni per smartphone e tablet, che
sono ottimizzate per l'utilizzazione mobile e
solitamente una volta scaricate non
richiedono neppure il collegamento a
Internet.
Accanto alle numerosissime app che
aiutano a scegliere un albergo o un
ristorante, avvisano quanto tempo c'è da
attendere per l'autobus o il treno, informano
della situazione del meteo nella vostra
destinazione, stanno prendendo piede quelle
di contenuti, che si propongono come vere e
proprie guide al territorio e alle sue
attrattive.
Sono svariate decine ormai i comuni
del Nordest, soprattutto quelli a vocazione
Raccontare il territorio con un’app – Sergio Frigo
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turistica (oltre ai capoluoghi si va da Jesolo a
Cortina, da Caorle ad Asolo, da Abano a
Montagnana), a essersi dotati di questi
strumenti, che in qualche caso raggiungono
decine di migliaia di download e funzionano
anche per la promozione del territorio presso
utenti più giovani e tecnologici, non
raggiungibili con gli strumenti tradizionali
(media cartacei, fiere di settore).
E anche molti poli di interesse
artistico e culturale come musei, fondazioni,
mostre, si sono dotati di applicazioni
(esemplare a Padova quella dell'Orto
Botanico) o di altre tecnologie, che in qualche
caso possono anche sostituire le audioguide
(tramite i codici QR) o integrare le esposizioni
con funzioni che consentono ai visitatori una
fruizione sempre più interattiva ed
emotivamente coinvolgente dei contenuti
tradizionali.
Fra gli svariati usi a fini turistici delle
tecnologie digitali infatti il racconto del
territorio è fra i più ricchi di possibili
implicazioni: paradossalmente esse possono
infatti aiutare a riscoprirlo nella sua ricchezza
e complessità, ricostruendone ad esempio
vicende o personaggi dimenticati, o
rivelandone le stratificazioni storiche al di
sotto della sua immagine superficiale e più
recente, oppure incrociando contenuti e
multimedialità per sviluppare una narrazione
che sia accattivante senza perdere
profondità: ad esempio con la realtà
aumentata potremmo ricostruire le diverse
fasi storiche delle mura cittadine, oppure far
tornare il Salone all'epoca della sua
costruzione, o far rivivere la Reggia dei
Carraresi o la Padova di Giotto o Galileo.
E naturalmente potremmo
condividere queste esperienze con amici e
appassionati tramite i social network e le
comunità spontanee di interesse costituite al
loro interno, con effetti virali sorprendenti.
Quanto all'Università e agli altri luoghi
del sapere, il trasferimento di contenuti
culturali dal cartaceo al digitale, sempre più
preferito dai lettori giovani, potrebbe
facilitarne una fruizione più dinamica e
diffusa, offrendo anche delle opportunità di
lavoro per nuovi professionisti e imprenditori
del settore.
Personalmente, pur non essendo né
giovane né esperto, mi sto occupando di
questo con risultati soddisfacenti, visto che
una app sui luoghi di Mario Rigoni Stern (cui
è seguita una guida cartacea) è stata
scaricata da oltre 25mila utenti, dei quali
circa 5mila nella versione inglese: tra l'altro la
promozione di questa iniziativa ha
determinato l'attivazione di piccoli flussi di
turisti, culminati in un recente week-end ad
Asiago fra gli appassionati dello scrittore
proposto e organizzato autonomamente a
partire da Facebook.
Ultimamente invece mi sto dedicando
a un nuovo progetto (in questo caso
antologico) incentrato sui luoghi del cuore di
altri 25-30 fra i maggiori scrittori veneti, a
Raccontare il territorio con un’app – Sergio Frigo
33
partire da citazioni puntuali dai loro libri:
un'iniziativa analoga a quella delle targhe
letterarie sui Colli Euganei, promossa alla
Confesercenti padovana, oppure al Cammino
Fogazzaro, da Montegalda a Tonezza, o ai
parchi letterari, che però implicano
investimenti ben maggiori.
Io credo comunque che le app con
itinerari tematici - dalla letteratura, all'arte,
all'architettura, al cineturismo, e
naturalmente il vino o la gastronomia,
sempre legati al territorio - possano essere
uno strumento utile per richiamare visitatori
anche in luoghi solitamente trascurati e in
periodi dell'anno poco frequentati. Il tutto
deve però sostenuto ricorrendo al
coinvolgimento e alla valorizzazione delle
associazioni locali o di settore (ad esempio il
Cai, i trekker, le UniTre) e alla promozione sui
social-network, utili per rilanciare questo tipo
di proposte e farle diventare degli eventi
condivisi: vale ad esempio per il Geocaching,
una specie di caccia al tesoro digitale i cui
appassionati si sparpagliano per il territorio
alla ricerca delle tracce nascoste dai
promotori.
E vale in particolare per Instagram,
che essendo utilizzata da amanti della
fotografia implica delle visite nei territori
coinvolti, sia individuali che di gruppo, con gli
“instanmeet” che coinvolgono decine di
persone e hanno come ricaduta la diffusione
sui vari social di centinaia di foto dei luoghi
coinvolti.
La futura guida letteraria a cui sto
lavorando si avvale di tutte queste
collaborazioni: il primo “instanmeet” è stato
realizzato proprio sui Colli, a partire da una
citazione di Diego Valeri, e ha radunato una
cinquantina di fotografi: un esame degli
hashtag #scrittoriinveneto e #valeriwords
può aiutare a percepire la potenzialità di
questo strumento.
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© Associazione La Specola delle Idee
Luglio 2016
Riproduzione consentita con citazione della fonte
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