tesi jacopo surace analisi equazione di schrodinger newton
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5/27/2018 Tesi Jacopo Surace Analisi equazione di schrodinger newton
http:///reader/full/tesi-jacopo-surace-analisi-equazione-di-schrodinger-newto
Universita degli Studi di Trieste
Facolta di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Corso di Studi in Fisica
Tesi di Laurea Triennale
ANALISI DELLEQUAZIONE DI
SCHRODINGER-NEWTON
Laureando:
Jacopo Surace
Relatore:
prof. Angelo Bassi
ANNO ACCADEMICO 20122013
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5/27/2018 Tesi Jacopo Surace Analisi equazione di schrodinger newton
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Indice
Lista delle figure ii
Abbrevizioni iii
Postulati della meccanica quantistica iv
1 Introduzione 11.1 Fenomeni alla base della descrizione quantistica: . . . . . . . . . . . 11.2 Due postulati della QM in competizione: . . . . . . . . . . . . . . . 31.3 Sovrapposizioni, speculazioni, interpretazioni: . . . . . . . . . . . . 4
2 Nascita e motivazioni 62.1 Il concetto di macroscopicita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62.2 Lidea di Penrose . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
3 Equazione e sue proprieta 83.1 Lequazione di Schrodinger-Newton: . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
3.2 Alcune importanti proprieta: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93.3 Ground state della particella libera: . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
4 Evoluzione temporale 134.1 Preparazione: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
Semplificazione del potenziale: . . . . . . . . . . . . . 154.2 Evoluzione per tempi piccoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 174.3 Evoluzione per tempi lunghi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
Calcolo della matrice Q . . . . . . . . . . . . . . . . . 234.3.1 Sotto la massa critica: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 274.3.2 Sopra la massa critica: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 294.3.3 Confronto tra ES ed ESN: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
5 Conclusioni 335.1 Difficolta trovate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 335.2 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
A Riscalamento della soluzione dellESN 36
Bibliografia 38
i
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Elenco delle figure
1.1 Esperimento con il fullerene . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
1.2 Gatto di Scrhodinger . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4
3.1 Profilo della funzione (r) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
4.1 Distribuzione di probabilita radiale (4.2) . . . . . . . . . . . . . . . 144.2 A(%) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
4.3 B(%) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
4.4 m= 1109u . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
4.5 m= 5109u . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
4.6 m= 7109u . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
4.7 m= 9109u . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
4.8 m= 0.25109u . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
4.9 m= 0.8109u . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
4.10 m= 5109u . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
4.11 m= 0.25109u . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 294.12 m= 5109u . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
4.13 m= 6.5109u . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
4.14 m= 8109u . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
4.15 m= 15109u . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
4.16 m= 50109u . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
4.17 m= 15109u . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
4.18 m= 50109u . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
4.19 Tempo richiesto affinche levoluzione temporale dellESN differiscadel1%, 10%, 50% dallES [3] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
ii
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Abbrevizioni
ESN Equazione Schrodinger-Newton
ES Equazione Schrodinger
GS Ground State
QM Quantum Mechanic
CM ClassicMechanic
iii
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Postulati della meccanica
quantistica
1. Lo stato del sistema e descritto da un vettore in uno spazio di Hilbert.
2. Levoluzione degli stati e data dallES.
3. Le osservabili sono operatori autoaggiunti, i risultati di una misura sono gli
autovalori reali delloperatore.
4. Regola di Born.
5. Eseguita una misura la funzione donda collassa nellautostato delloperatore
della grandezza misurata corrispondente allautovalore ottenuto.
iv
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Capitolo 1
Introduzione
1.1 Fenomeni alla base della descrizione quanti-
stica:
Tra i motivi concorrenti alla nascita della QM sta la necessita di descrivere con
una teoria fisica e matematica dei fenomeni inspiegabili con il solo impianto della
CM.
Tra i molti esperimenti, di particolare interesse per noi e quello della doppia fen-
ditura. Lesperimento di Young sembrava dare la risposta definita alla domanda
sulla natura corpuscolare od ondulatoria della luce e infatti, facendo passare un
opportuno fascio di luce attraverso due apposite fenditure, si creava sullo schermo
anteposto una figura a frange, segno irrefutabile della presenza di fenomeni di in-
terferenza. La luce aveva quindi le caratteristiche di unonda.
Mentre per la luce la questione onda/corpuscolo era molto sentita, per le particelle
sembrava innegabile che si trattasse di corpuscoli, ma quando nel medesimo espe-
rimento di Young, svolto con elettroni al posto della luce, si osservarono figure di
diffrazione analoghe a quelle del caso con la luce, ci si accorse di un problema: la
distinzione tra corpuscolo ed onda non era pi cos netta.
Seguirono molti altri esperimenti e molte discussioni ma risulto via via sempre piu
chiaro che alla base della nuova teoria che stava nascendo (la QM) era necessario
1
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Capitolo 1. Introduzione 2
includere la possibilita di interferenze anche tra corpuscoli. Il modo in cui cio
venne implementato ormai e conosciuto (la QM e ormai una teoria consolidata),
ma e essenziale sottolineare che la possibilita di applicare il principio di sovrappo-sizione anche alle particelle (per ottenere fenomeni di interferenza) e una richiesta
fondamentale della teoria quantistica.
E chiaro dagli esperimenti -ed e anche il motivo per cui esiste la nozione di
corpuscolo- che le particelle, seppur formino sullo schermo dellesperimento di
Young frange di interferenza, qui arrivino ben localizzate nello spazio. Ogni par-
ticella lascia un puntino e non un alone di intensita diverse, come se si infrangesse
un onda.Al pari della richiesta di includere il principio di sovrapposizione, abbiamo lal-
trettanto essenziale richiesta che al momento della misura la particella si comporti
come un corpuscolo e sia precisamente localizzata.
Quindi, fra le richieste della QM, abbiamo: la necessita del principio di sovrappo-
sizione e la necessita di ottenere quantita precise e fenomeni corpuscolari allatto
della misura.
Figura 1.1: Esperimento con il fullerene
Fig. 1.1: Non solo particelle piccole come lelettrone formano figu-
re di diffrazione, si e riusciti a far diffrarre anche molecole come il
fullerene[1]
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Capitolo 1. Introduzione 3
1.2 Due postulati della QM in competizione:
Le richieste del paragrafo 1.1 sono implementate nella QM con 2 postulati diversi.Come gia detto, e necessario includere il principio di sovrapposizione e per farlo si
fa evolvere il sistema tramite lES, questa equazione ha le proprieta di includere
tra le sue soluzioni funzioni ondulatorie e di essere un equazione lineare, quindi
una combinazione lineare di soluzioni rimane una soluzione. Questo postulato de-
finisce levoluzione temporale che chiamiamo U. Per far passare il sistema da un
sistema composto da onde ad uno composto da corpuscoli nellatto della misu-
ra si inserisce un altro postulato: un sistema quantistico osservato collassa in unsuo autostato (quindi una sola soluzione dellES eliminando tutte le combinazioni
lineari tramite regole probabilistiche) tramite levoluzione temporale di collasso
istantanea, chiamata R.
Un sistema quantistico ha dunque solitamente questo comportamento: finche non
e osservato puo trovarsi in una sovrapposizione di autostati e si evolve tramite la
trasformazione Ucontinua; appena osservato tramite la trasformazione R precipi-
ta in un solo autostato dellES inserendo cos una discontinuita nellevoluzione U.
E dunque un problema avere due tipi di evoluzione diversi per un sistema quanti-
stico ed avere la regola che specifica quando applicare uno o laltro (U oR) basata
su un concetto mal definito come latto di misurare. Ma questo non e lunico
problema associato a questi postulati, associato al secondo postulato ce forse il
piu famoso problema o paradosso della QM, quello del gatto si Schr odinger. Se a
livello microscopico puo non creare nessun problema pensare che, a patto di non
osservarlo, un sistema si possa trovare in una sovrapposizione di stati, portare tale
risultato a livello macroscopico risulta in un paradosso. Per legare leffetto mi-
croscopico a quello macroscopico, Schrodinger ha idealmente posto in una stessa
scatola un gatto ed una boccetta di gas velenoso con la possibilit a che questultima
si rompa in base al decadimento o non decadimento di una particella radioattiva.
Finche non e osservata, la particella, si trovera in una sovrapposizione di stati
decaduta/non-decaduta, e tramite i vari collegamenti allora anche la boccetta si
trovera in uno stato rotta/non-rotta ed infine anche il povero gatto esistera in una
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Capitolo 1. Introduzione 4
sovrapposizione di vivo/non-vivo. Tutto questo finche la scatola resta chiusa. E
evidente per lesperienza di ogni giorno che un gatto simultaneamente vivo e mor-
to non possa esistere. La sovrapposizione di stati diventa problematica a livellomacroscopico.
Figura 1.2: Gatto di Scrhodinger
Fig. 1.2: Una rappresentazione stilistica della sovrapposizione di sta-
ti per il gatto di Schrodinger[2], sono passati molti anni senza unasoluzione pienamente condivisa al paradosso. Ormai e parte dellim-
maginario collettivo.
1.3 Sovrapposizioni, speculazioni, interpretazio-
ni:
E necessario innanzitutto precisare una cosa: la teoria quantistica offre ottime
previsioni. Nonostante i paradossi e le apparenti discordanze che si trovano alla
base della teoria, a livello di previsioni sperimentali fino ad ora la QM e stata messa
alla prova non poche volte ed ha sempre avuto successo. Affrontare i problemi che
sembrano esserci nelle sue fondamenta e quindi un lavoro particolarmente delicato
ed e per questo che gran parte di questo lavoro si basa fondamentalmente suinter-
pretazioniche non vanno a modificare quasi maila formulazione matematica ma
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Capitolo 1. Introduzione 5
principalmente si propongono di trovare una diversa via con la quale raggiungere
gli stessi risultati che gia si conoscono della QM.
Tra le interpretazioni, le principali sono l interpretazione di Copenaghen sviluppa-ta principalmente da Heisenberg e Bohr dove lo stato del sistema e rappresentato
da una matrice o da una funzione donda che descrive le varie possibilit a del siste-
ma, queste proprieta vengono lette tramite la regola di Born. Nel momento della
misurazione il sistema collassa istantaneamente nello stato misurato. Ce poi lin-
terpretazione della meccanica Bohmiana, che vede le particelle fondamentalmente
corpuscolari controllate da una speciale onda pilota. Ce linterpretazione a molti
mondi in cui esiste un mondo separato per ogni possibile stato quantistico, quandooperiamo una misura scegliamo semplicemente una direzione per il nostro mondo
che si separa quindi dagli altri, ogni misura biforca la strada di un universo dagli
altri infiniti universi possibili. A tutte queste teorie ce chi si oppone proponendo
la FAPP (For All Practical Pourpose) dove essenzialmente limportante e il risul-
tato della teoria in esperimenti pratici. Ce poi il filone di teorie, di cui fa parte
quella analizzata in questo testo, che si definiscono come teorie del collasso spon-
taneo le quali invece di eliminare il collasso provocato dallosservatore, postulano
che i collassi siano naturali e avvengano spontaneamente nei sistemi quantistici, e
diventino significativi quando il sistema interagisce con un oggetto macroscopico
[7]. Le teorie del collasso spontaneo uniscono U ed R in un unica evoluzione.
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Capitolo 2
Nascita e motivazioni
2.1 Il concetto di macroscopicita
La teoria di cui ci occuperemo fa parte della famiglia delle teorie del collasso spon-
taneo. In queste teorie il problema nel definire cosa sia esattamente una misura e
trasferito al definire cosa sia eff
ettivamente un sistema macroscopico.Due sono principalmente le interpretazioni che si possono dare a tale caratterizza-
zione: rimanendo fedeli al concetto di particelle o semplicemente di entit a singole
che possono costituire un sistema piu grande si puo affermare che un sistema sia
macroscopico quando il numero di particelle che lo compongono e sufficientemente
grande. Nella teoria GRW [9] si fa uso di questa interpretazione e si parla di un
collasso della funzione donda che avviene con velocita direttamente proporzionale
al numero di particelle del sistema.
Nella teoria da noi analizzata, un sistema macroscopico invece e caratterizzato da
masse molto grandi, dunque piu grande e la massa, piu rapidamente dovrebbe
collassare la funzione donda. Con questa idea in mente risulta affascinante tro-
vare una soluzione al paradosso del gatto di Schrodinger: il gatto e un sistema
macroscopico collegato al sistema microscopico della particella radioattiva, la so-
vrapposizione puo esistere ma durerebbe per pochissimo tempo ed e dunque per
questo che nessuno e mai riuscito ad osservarla.
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Capitolo 2. Nascoita e motivazioni 7
2.2 Lidea di Penrose
Roger Penrose, credendo nella teoria del collasso spontaneo, comincio a considera-re latto della misura come lavvicinarsi al sistema da misurare (solitamente molto
poco massivo) di un altro oggetto (il misuratore) tipicamente molto massivo. Que-
sta vicinanza e perturbazione vicendevole tra i due sistemi doveva portare ad un
collasso e dunque il motivo principale di tale collasso doveva essere una attrazione
gravitazionale tra le due masse. Ricordo che quando parliamo di collasso (in teo-
rie del collasso spontaneo) non intendiamo il tipico collasso in un autostato -come
ad esempio il collasso istantaneo in uno stato di spin definito dopo una misuradello stesso, come descritto dalla QM attuale-, ma un velocissimo, non istantaneo,
restringimento della distribuzione di probabilita della posizione della particella at-
torno ad un valore che poi sara il valore misurato. Piu grande e la massa piu e
rapido il collasso, tante che gli oggetti a misura duomo, quelli oggetto della fisica
classica, hanno masse estremamente piu grandi di quelle considerate in esperimenti
quantistici e nel loro comportamento non si intravede nulla di macroscopicamente
quantistico. Partendo da queste ipotesi Penrose postulo con laiuto del principio
di indeterminazione di Heisenberg (T E' h) che il tempo di collasso T per unasovrapposizione di due stati di posizione avrebbe dovuto essere proporzionale a h
E
che non e altro che lenergia gravitazionale propria della differenza tra le distribu-
zioni di massa delle due funzioni donda considerate, cioe lenergia necessaria per
separare al massimo le masse delle due funzioni donda [6]. Applicare alla forma-
lizzazione di tali concetti la teoria della relativita generale e troppo complesso per
quella che sarebbe comunque una teoria puramente fenomenologica, ci sarebbero
molti problemi da superare e interrogativi (i quali questa teoria non si propone
di risolvere) da sistemare. LESN (cioe la formalizzazione matematica delle idee
di Penrose) si basera quindi nellapprossimazione della teoria della gravitazione di
Newton.
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Capitolo 3
Equazione e sue proprieta
3.1 Lequazione di Schrodinger-Newton:
Lequazione che analizzeremo e lequazione di Schrodinger-Newton (abbreviata
ESN):
iht(~r, t) = h22m2(~r, t)Gm2
Z |(~r1, t)|2
||~r ~r1|| d3r1(~r, t) (3.1)
dove h e la costante di Planck ridotta, t e loperatore di derivazione parziale ri-
spetto a t,2 e loperatore laplaciano, G e la costante di gravitazione universaledi Newton.
Non e altro che la classica equazione di Schrodinger con un potenziale gravitazio-
nale Newtoniano dovuto alla massa della particella stessa.
La riscriviamo esplicitando il potenziale (la parte integrale e la soluzione di une-
quazione di Poisson con condizione a contorno che la funzione vada a 0 allinfinito):
iht(~r, t) = h22m2(~r, t) +m(~r, t)(~r, t)
2(~r, t) = 4Gm|(~r, t)|2(3.2)
Risulta chiaro, osservando la seconda equazione del sistema, il punto fondamentale
su cui si basa tutta questa teoria: la distribuzione di probabilita che si ottiene con
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Capitolo 3. Equazione e sue proprieta 9
la regola di Born (mettendosi nella base della posizione) non e altro che la distri-
buzione spaziale della massa della particella considerata. Il potenziale considerato
e quello generato da una distribuzione di massam|(~r, t)|2
secondo la gravitazionedi Newton.
Come per lequazione di Schrodinger usuale richiediamo che la funzione sia C
(almeno C2) per tutti x R3 e normalizzabile e che il potenziale sia C e tendaa 0 per grandi valori di ~r (le condizioni a contorno usate per risolvere lequazione
di Poisson).
Per trovare lespressione indipendente dal tempo usiamo la separazione di variabili:
(x , y , z , t
) =
(x , y , z
)eiEht
.Nellespressione del potenziale rimane solo il terminespaziale, dunque:
E(~r) = h22m2(~r) +m(~r)(~r)
2(~r) = 4Gm|(~r)|2(3.3)
e lESN indipendente dal tempo.
3.2 Alcune importanti proprieta:
Cerchiamo di caratterizzare lESN descrivendo alcune proprieta di cui gode la
soluzione:
1. Simmetria per traslazioni di fase:
Come per lES, operando una traslazione di fase sulla funzione donda:
(~r, t) 0(~r, t) =ei(~r, t) (3.4)
con R, 0(~r, t) rimane una soluzione.Si puo dimostrare che questa simmetria implica la conservazione dellinte-
grale sullo spazio di |(~r, t)|2, dunque lESN conserva la norma.
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Capitolo 3. Equazione e sue proprieta 10
2. Simmetria per inversione spaziale o temporale:
Definendo:
:R4
R4
, (~r, t) (~r, t) :R4 R4, (~r, t) (~r,t)
e possibile applicarle alla funzione donda in questo modo:
P(~r, t) 0(~r, t) = (~r, t) 1
T(~r, t) 00(~r, t) =C (~r, t) 1dove C C. In questo modo e possibile eseguire inversioni spaziali etemporali mandando soluzioni in soluzioni.
3. Invarianza per riscalamento dei parametri m, ~r, t: E possibile dimostrare
(appendice A) che la trasformazione:
S(~r, t) = 0
(~r, t) =9
2(3~r, 5t) (3.5)
manda soluzioni (~r, t) calcolate per il parametro di massa m, in soluzioni
(~r, t) calcolate per il parametro di massa m0
= m.
Sara conveniente dora in poi considerare m = 1 nei calcoli analitici, per
lasciarci solo alla fine il compito di cambiare la massa tramite il riscalamento.
3.3 Ground state della particella libera:
Riscriviamo la forma indipendente dal tempo della (3.3) usandoU= 2mh2
(Em) e definiamo m= 1:
U(~r)(~r) = 2(~r)
2U(~r) = 8Gh2
|(~r)|2
(3.6)
Eliminiamo il fattore a fronte di |(~r)|2 definendo:
:=8Gh
(~r) := (~r) (3.7)
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Capitolo 3. Equazione e sue proprieta 11
In questo modo otteniamo ||(~r)||=||(~r)||e possiamo scrivere la (3.6) in
forma piu compatta:
U(~r)(~r) = 2(~r)
2U(~r) = |(~r)|2(3.8)
Trovando la soluzione a questo sistema ci bastera trasformare (~r) in (~r)
e operare loperazione di riscalamento per ottenere il GS per una massa
qualunque.
(~r) =Sm[1
(~r)] =
(8G)32 m
92
h3||||4 (
8Gm3
h2||||2~r) (3.9)
La funzione (~r), autostato a simmetria sferica, soluzione del sistema (3.8),
e stata trovata numericamente da Moroz et al. [4] ed assume, troncandola
al 4 termine del suo sviluppo in serie, la forma:
(r) = 0(1 16r2 + 2
0+1
120 r4 + ...)
0 1.08864(3.10)
Figura 3.1: Profilo della funzione (r)
Fig. 3.1: La funzione(r)trovata numericamente da Moroz et al.
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Capitolo 3. Equazione e sue proprieta 12
[4] per renderla normalizzabile e stata troncata al punto r = 2.2
dove passa la retta verticale
La soluzione (r) e un polinomio che solitamente non e normalizzabile ma
si puo far tendere a 0 per infinito scegliendo correttamente 0. Qui abbia-
mo troncato il polinomio al termine quarto e quindi usando una soluzione
approssimata siamo costretti anche a troncare la funzione (r) da un certo
r in poi. Dal grafico si vede che un buon taglio puo essere fatto nel minimo
della funzione per r 2.2. Tale tagli ci permette di normalizzare la funzio-ne (r) con la costante di normalizzazione ||||2= R
2.2
0 4r2(r)2dr
26.
Lespressione esplicita del GS (approssimato) dellESN:
(~r) = 4r2(8G)
32 m
92
h3||||4 0(1 1
6(
8Gm3
h2||||2r)2 +
20+ 1
120 (
8Gm3
h2||||2r)4) (3.11)
Come ci si aspettava da considerazioni sullintegrabilita del termine non li-
neare dellequazione, il GS dell ESN non ha densita di probabilita uni-
forme in tutto lo spazio, come invece accade per le onde piane soluzioni
dellequazione di Schrodinger per la particella libera.
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Capitolo 4
Evoluzione temporale
4.1 Preparazione:
LESN e nata con lidea di determinare per le funzioni donda una specie
di collasso spontaneo, un comportamento che unisca le evoluzioni U ed R
dellequazione di Schrodinger classica sotto un aspetto piu generale. La
caratteristica piu interessante e che necessita uno studio piu approfondito elevoluzione temporale
Partiremo da un pacchetto donda gaussiano 3D:
(~r, t) = ( 1
a2)34 e
r2
2a2 (4.1)
che possedendo simmetria sferica risulta particolarmente comodo, infatti ci
consentira di operare solo sulla dimensione radiale trasformando il problema
da 3D ad 1D.
La distribuzione di probabilita che ci interessera sara dunque la radiale:
2(r, t) = 4r2|(r, t)|2 (4.2)
Durante lanalisi andremo spesso a cercare il picco di questa distribuzione,
e dunque opportuno notare che il picco inizialmente si trova al puntor= a,
dove a e la larghezza del pacchetto donda e compare nellequazione (4.1).
13
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Capitolo 5. Evoluzione temporale 14
Figura 4.1: Distribuzione di probabilita radiale (4.2)
Fig 4.1: Distribuzione di probabilita radiale (4.2) con parametro
a= 0.5: come si vede il picco della distribuzione si trova adr = 0.5
e la funzione e prossima al lo 0 perr >3a
Nel caso dellES un pacchetto gaussiano e soggetto ad una dispersione, cioe al
passare del tempo la larghezza della distribuzione di probabilita del pacchetto
donda in rappresentazione della posizione aumenta.
Infatti a conti fatti, levoluzione temporale tramite lES di un pacchetto
donda gaussiano e:
2(r, t) = 4(a2)3/2
r2
a2qa4+( thm)
2
3e
a2r2
a4+( thm)2
(4.3)
dove il termine t a denominatore, aumentando, abbassa la funzione e quindi
(lES conserva la norma) allarga la distribuzione.
Ci accorgeremo che con l ESN il pacchetto donda gaussiano, dipendente-
mente dalla massa, si allarga, resta stabile o addirittura si restringe.
Per poter trasformare il problema completamente da 3D a 1D dobbiamo
manipolare anche il termine potenziale. Essendo la funzione donda a sim-
metria sferica e dipendendo il potenziale da |(~r1,t)|2
||~r~r1|| , mi aspetto che anche il
potenziale possegga simmetria sferica. Ed in effetti tramite uno sviluppo a
multipolo e susseguente manipolazioni e considerazioni sui polinomi riesco a
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Capitolo 5. Evoluzione temporale 15
riscrivere il termine potenziale:
Z |(~r1, t)|2||~r ~r1||
d3r1
=4
rZ r0
|( ~r1
, t)|2r02dr0+ 4 Zr
|(~r1
, t)|2r0dr0 (4.4)
Semplificazione del potenziale: Per prima cosa sviluppiamo il poten-
ziale in multipolo[5]:
R |(~r1,t)|2||~r~r1|| d
3r1 =
R0
dr0
R
0 d0
R2
0 d0
Pl=0P
lm=0
||2
2l+1
rlminrl+1max
Yml (, )(Yml (
0, 0))r02sin(0)
(4.5)
Con:
rmin =min(r, r0) (4.6a)
rmax = max(r, r0) (4.6b)
Sostituiamo alle armoniche sferiche una loro rappresentazione [8]:
Yml (, ) = (1)m
2l+ 1
4
(l m)!(l+ m)!
12
Pml (cos)eim
Dove Pl() e un polinomio di Legendre. La funzione || e a simmetria sfe-
rica dunque lintegrale (4.5) dipende dallangolo solo nel fattore eim(0)
appartenente al termine Yml Yml (appartenente allo sviluppo di
1||~r~r1||). In-
tegriamo quindi su d0 ed otteniamo 0, essendo gli estremi di integrazione
0 e 2, per tutti gli m, tranne il caso m = 0. Una somma ed un segnodi integrale si sono semplificati. Rimane il termine con m = 0. Operia-
mo una sostituzione di variabile: 0 = cos(0) che trasforma gli estremi di
integrazione per d negli estremi1 e 1 di d0. Lntegrale (4.5) e dunque:
2Xl=0
Z0
dr0Z 11
d0||2rlminrl+1max
Pl()Pl(0)r02 (4.7)
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Capitolo 5. Evoluzione temporale 16
Sostituiamo ai polinomi di Legendre la loro rappresentazione (formula di
Rodriguez):
Pl() = (2l
l! )1 d
l
dl (2
1)n
ed otteniamo:
2
Pl=1 Pl()
R0 dr
0 R11 d
0||2rlminrl+1max
h 12l+1
(dPl+1d0 dPl1
d0 )i
r02d l 6= 02R0
dr0R11 d
0||2 1rmax
P0()P0(0)r02 l= 0
(4.8)
I polinomi di Legendre godono della proprieta Pl(1 ) = (1)n
, dunqueintegrando per l 6= 0 ed applicando il teorema fondamentale del calco-lo,otteniamo 0. Abbiamo semplificato la formula (4.5) fino ad ottenere
soltanto il termine del sistema (4.7) per l = 0. Il polinomio di Legendre
P0() = 1 quindi abbiamo finalmente ottenuto la formula radiale per il po-
tenziale (4.4).
Posso quindi riscrivere lESN per (r, t) radiale:
ihtr(r, t)
= h2
2m2r(r, t)
Gm2
4
r
Z r0
|(r0, t)|2r02dr0+ 4
Zr
|(r0, t)|2r0dr0
r(~r, t)
(4.9)
operando il passaggio alla funzione (r, t) =r(r, t) definisco gia quella che
poi sara la funzione di distribuzione radiale e rendo il tutto piu leggibile :
iht(r, t) = h2
2m2(r, t)
Gm2
4
r
Z r0
|(r, t)|2dr0+ 4
Zr
|(r, t)|2
r0dr0
(r, t)
(4.10)
Questa e lequazione della quale ci occuperemo.
Lanalisi dellevoluzione sara svolta tramite metodi numerici implementati
al computer e tali metodi richiedono un tempo macchina elevato. Siamo
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Capitolo 5. Evoluzione temporale 17
particolarmente interessati a trovare quale sia il parametro di massa per il
quale lESN determina un comportamento del pacchetto donda nettamente
differente di quello dellES ed a studiare questo comportamento differente.E quindi assolutamente sconveniente ricercare tale parametro tramite tali
metodi numerici, abbiamo quindi diviso lanalisi in due parti: prima tramite
approssimazioni analitiche calcoleremo quali sono i parametri di massa che
ci interessano (sezione evoluzione temporale per tempi piccoli), una volta
individuati procederemo al calcolo numerico dellevoluzione temporale del
pacchetto solo per queste precise masse (sezione evoluzione temporale per
tempi grandi).
4.2 Evoluzione per tempi piccoli
Per calcolare levoluzione temporale a tempi brevi della distribuzione di pro-
babilita radiale utilizzeremo lapprossimazione allordine piu basso diverso
da 0 dello sviluppo in serie rispetto al t, partendo da t = 0 [3]. Al tempo
t= 0 sappiamo che:
0(r) :=(r, 0) = r
(a2)34
e r2
2a2 (4.11)
Per trovare il primo termine utile dello sviluppo in serie calcoliamont|(r, t)|2t=0
partendo da n= 1 e proseguendo fino ad ottenere un nt|(r, t)|2t=06= 0.
Riscriviamo la formula (4.10) in forma piu compatta:
t(r, t) =
ih2m2(r, t) imh (r, t)(r, t)
(r, t) = Gm4r
Rr0|(r, t)|2dr0+ 4
Rr
|(r,t)|2
r0 dr0
(4.12)
E facilmente verificabile che t|(r, t)|2t=0= 0 (basta moltiplicare la prima
equazione del sistema (4.12) per la sua complessa coniugata).
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Capitolo 5. Evoluzione temporale 18
Procediamo al calcolo di 2t|(r, t)|2t=0.
2t
=
h2
4m24r
+1
2(2
r)+ (
r)(
r) + (2
r)
m2
h2
2
im
h (
t)
(4.13)
2t = h
2
4m24r
+1
2(2r)
+ (r)(r) + (2r
) m2
h2
2+im
h (t)
(4.14)
Le moltiplichiamo ed otteniamo:
(4.15)2t||2 = h
2
4m2[(4r)
2(2r)(2r) +(4r)]+ (2r)||
2 + (2r)((r) +(r
))
Per semplificare la lettura introduciamo delle nuove costanti:
= (a2)32 =a1
1 = 41
2 G 2 = 2G 3 = h2
2
Il cambio di variabile %= r, e le nuove funzioni:
(r, t) = 11 m1(r, t) (4.16)A(%) = 1
((2r )
20+ 2(r)(r0)0) (4.17)
B(%) = h2
2(0(
2r0) (2r0)2) (4.18)
Nelle funzioniA(%) eB(%) sono presenti derivate parziali rispetto adr, abbia-
mo operato il cambio di variabile r %, trasformiamole dunque in derivateparziali rispetto a% e calcoliamole se applicate al potenziale (r, 0) che dalla
forma (4.12) e passato a:
(r, 0) = 1
%
Z %0
%02e%02
d%0+
Z%
%0e%02
d%0=
4
erf(%)
% . (4.19)
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Capitolo 5. Evoluzione temporale 19
Le derivate sono quindi:
1
r(r, 0) =
%(r, 0) =
1
2%e%
2
4
erf(%
%2 (4.20)
1
22r (r, 0) =
2%(r, 0) =
2
erf(%)
%3 (1 + 1
%2)e%
2
(4.21)
Le funzioni A(%) e B(%) assumono finalmente la forma esplicita:
A(%) = 21%2e2%
2 2%e%2erf(%) (4.22a)B(%) =3%
2(2%2 3)e%2 (4.22b)
Figura 4.2: A(%) Figura 4.3: B(%)
Fig. 4.2, Fig. 4.3: Le due funzioni A e B. Si nota che la funzione
A ha comportamento attrattivo, la funzione B ha comportamento
repulsivo
Doveerf(%) = 2
R%0 e
x2dx.
Fatto cio la (4.15) diventa:
2
t||2
t=0=mA(%) + 1
m2 B(%) (4.23)
il primo termine utile dello sviluppo. Possiamo finalmente scrivere la prima
parte dello sviluppo in serie di |(%, t)|2:
|(%, t)|2=20+ t2
2(mA(%) + 1
m2B(%)) + O(t3) (4.24)
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Capitolo 5. Evoluzione temporale 20
Questa e una soluzione approssimata e quindi vale solo per piccoli intorni
di t= 0. Dai grafici vediamo che A(%) e la componente attrattiva dellevo-
luzione, mentre B(%) e quella repulsiva. Al crescere della massa il termineA(%) aumenta linearmente il suo contributo, mentre il termine B(%) diminui-
sce quadraticamente il suo contributo. In pieno accordo con le previsioni di
Penrose, per grandi masse il pacchetto donda gaussiano non subisce alcuna
dispersione ma anzi si restringe. Puo restringersi fino a diventare perfetta-
mente localizzato in un punto? Se cos fosse, per il principio di indetermi-
nazione di Heisenberg, la distribuzione di probabilita del pacchetto donda
in rappresentazione del momento dovrebbe allargarsi indefinitamente. Nelprossimo paragrafo vedremo, con una simulazione dellevoluzione tempora-
le per tempi lunghi, che il pacchetto Gaussiano mantiene sempre una certa
larghezza minima. Sarebbe bello pero trovare levoluzione temporale del mo-
mento della particella.
Soffermiamoci ora, pero, su cio che abbiamo appena calcolato e vediamo di
analizzare il comportamento per masse differenti. Cerchiamo, in particolare,
quale la massa limite sopra la quale aspettarci un comportamento attrattivo
tra le varie parti del pacchetto.
Mettiamoci innanzitutto in un contesto piu reale, diamo delle grandezze al
pacchetto donda.
Come detto ad inizio capitolo, la variabile a e la posizione del picco di pro-
babilita radiale al tempo 0 rispetto al centro della simmetria sferica, ma e
anche una misura della larghezza della funzione donda (12). Quale larghezza
diamo allonda che stiamo considerando? Tenendo a mente di voler speri-
mentare in laboratorio i risultati ottenuti analiticamente da questa equazio-
ne scegliamo una larghezza a= 0.5mche e la tipica grandezza usata negli
esperimenti in laboratorio. Piu avanti daremo un idea di come creare un
esperimento di verifica in laboratorio.
a= 0.5m
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Capitolo 5. Evoluzione temporale 21
Con questa larghezza abbiamo che A(%) assume valori dellordine massimo
di 1020, mentre B(%) assume valori dellordine massimo di 1010. (fig. 4.2,
fig. 4.3)Quindi affinche il termine A(%) prevalga su B(%) dovremo avere un massa
m 1010u. E plottata di seguito la funzione (mA(%) + 1m2
B(%)) per valori
m [109u, 1011u].
Figura 4.4: m= 1109u Figura 4.5: m= 5109u
Figura 4.6: m= 7109u Figura 4.7: m= 9109u
Figure 4.4, 4.5, 4.6, 4.7: grafico di (mA(%) + 1m2 B(%)) per varie
masse. Le lunghezze sono sempre segnate inm ea= 0.5m
E evidente che il cambio di tendenza da dispersivo ad attrattivo avviene per
masse attorno a 6109u.
Abbiamo trovato il valore del parametro di massa attorno al quale concen-
trare lanalisi numerica.
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Capitolo 5. Evoluzione temporale 22
4.3 Evoluzione per tempi lunghi
Loperazione fondamentale per qualsiasi valutazione numerica e la discretiz-
zazione del problema. Dividiamo lo spazio ed il tempo in una griglia di passo
tper la dimensione temporale e r per la dimensione radiale
Levoluzione temporale della funzione donda e descritta dalloperatore (r, t) =
ei Hth (r, 0), che banalmente discretizzato diventa:
(jr, nt) =ei Hnt
h (jr, 0) (4.25)
Con n, j gli indici della posizione sulla griglia rispettivamente lungo las-
se del tempo e dello spazio. Segue banalmente che indicando con nj =
(jr, nt) vale la seguente identita:
ei Ht2h
n+1j =e
i Ht2h
nj (4.26)
Sviluppiamo i due esponenziali in serie di Taylor otteniamo fermandoci al
primo ordine:
1+
iHt
2h
!
n+1j =
1 i
Ht
2h
!
nj (4.27)
portando a destra:
n+1j =
1 iHt2h
1+ iHt2h
nj = U(t)
nj (4.28)
Questa e chiamata Rappresentazione di Cayley ed e molto conveniente es-
sendo U(t) uno sviluppo al secondo ordine nel tempo delloperatore di
evoluzione temporale e preservando lunitarieta dello stesso.
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Capitolo 5. Evoluzione temporale 23
Vediamo di scriverlo in una forma piu semplice da dare al computer:
n+1j = 1+ iHt
2h 1 1
iHt
2h nj =
=
21+ i
Ht2h
1 1
nj =
=
Q1 1
nj =
= Q1nj nj =
=nj nj
(4.29)
Dove evidentemente Q1 = 21+ i
Ht2h
1e nj = Q
1nj .
Conoscendo Q quindi ci bastera risolvere nj = Q1nj per trovare
nj e sot-
trarci nj per ottenere n+1j =
nj nj .
La forma discretizzata che otteniamo dellESN e quella utilizzata dal Metodo
di Crank-Nicolson. Questo metodo fortunatamente e stabile e non richiede
nessuna condizione particolare sui parametri t e r della griglia affinche
le soluzioni convergano. Cio ci facilita di molto limplementazione al com-
puter.
Ci resta quindi solo da calcolare Q. Per fare questo serve un paragrafo a
parte.
Calcolo della matrice Q Nella matrice Qappare tutta lHamiltoniana.
Calcolare Q quindi significa discretizzare lHamiltoniana nel suo termine
cinetico e in quello potenziale. Ricordiamo che per passare ad un problema
unidimensionale abbiamo usato un sistema di riferimento polare, ci troviamo
quindi a dover discretizzare la parte radiale del Laplaciano che sappiamo
essere [5]1
r2r(r
2r) =2r +
2
rr. (4.30)
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Capitolo 5. Evoluzione temporale 24
Con una rappresentazione alle differenze finite le derivate parziali sono facil-
mente discretizzabili, ma a creare qualche problema e la r al denominatore
quando si va a derivare nellorigine (1r e r 0, e un caso 0). Per
risolverlo sviluppiamo la derivata parziale rispetto ad r in serie di Taylor e
facciamo il limite per r 0.
limr0
2
rr = lim
r02
r
r0|r0=0+r
2r0|r0=0 +
r2
23r0|r0=0+...) = 2
2r (4.31)
Dunque nello 0 il laplaciano radiale da discretizzare sara (ricordando lequa-
zione 4.30): 32r .
Procediamo:
Q= 12
1+ it
H2h
=
= 12
1+ it2h
h22m2 + V
=
=
121+ it2hVnj it4m 1r2 r(r2r) r 6= 0
12
1+ it
2hVnj 3iht4m 2r r= 0
(4.32)
A questo punto come noto dal metodo delle differenze finite possiamo ap-
prossimare le derivate prime e seconde che appariranno in Qnj come:
rnj =
j+1n nj12
r
2r nj =
nj+1 2nj +nj1
r2
E discretizzo molto semplicemente il potenziale nella forma (17):
nj = 4Gmr2
"1
j
j1Xi=0
|ni|2i2 +
N1Xi=j
|ni|2i
#
-
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Capitolo 5. Evoluzione temporale 25
Ottengo dopo dei semplici calcoli una Q di forma tridiagonale:
Q=
b0 c0 0 0
a1 b1 c1 0
0 a2 b2 c2 ...
. . . ...
0 aN1 bN1
(4.33)
Con:
a0=non compare aj =j1j
(0< j
N
1)
b0 = 12 6 0 bj = 12 2 j (0< j N 1)
c0= 6 cj =j+1j
(0< j N 1)
= iht8mr2
= imt4h
(4.34)
Ora che abbiamo calcolato Q passiamo allalgoritmo per calcolare levoluzio-
ne temporale.
(a) Discretizzare la funzione donda (4.1) restringendone il dominio (la fun-
zione ha simmetria sferica e abbiamo sfruttato cio passando alle coordi-
nate sferiche, la parte che ci interessa e la parte radiale, dunque prendia-
mo un dominio [0, ] individuato da ) e prendendo su questo dominio
ristretto Nvalori da salvare nel vettore 0j .
(b) Creare la matrice Q
(c) Risolvere il sistema linearenj =Q1nj per trovare
nj
(d) Ottenere n+1j =nj nj
(e) Ripartire dal punto 2 per tante volte fino a raggiungere il passo J tale
cheJt e il tempo per il quale si vuole avere levoluzione.
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Capitolo 5. Evoluzione temporale 26
Ora che abbiamo la linea teorica da seguire, passiamo a qualcosa di piu pra-
tico.
Come scegliere le quantita r,N, ,t?
: I fattori che ci guidano nella scelta di sono due: il primo ci por-
ta a sceglierla piu grande possibile volendo includere nellintervallo di
discretizzazzione della funzione donda la maggior parte dellintegrale
della distribuzione di probabilita (dalla figura 4.1 notiamo che la quasi
totalita della probabilita e compresa tra r = 0 ed r = 3a), il secondo
che ci porta a sceglierla piu piccola possibile avendo utilizzato come
metodo di integrazione del potenziale il metodo dei rettangoli che ha
un errore r2. Abbiamo raggiunto un compromesso fissando:
= 2.5a (4.35)
Ne r: Fissatole grandezzeNe rsono legate dalla formula r=
Nper rendere il programma piu preciso possibile
r deve essere il piupiccolo possibile cos da rendere literpolazione della funzione donda,
come la risoluzione dellequazione differenziale, piu precisa (ed anche,
come si vede dalla formula nelle considerazioni su, minimizzare lerrore
sul calcolo dellintegrale del potenziale). Ma rendere piu piccolo r
significa aumentare N, il numero dei campionamenti nellintervallo e
la dimensione della matrice Q(dim(Q) =N). Aumentare la dimensione
di Q significa aumentare il numero di equazioni nel sistema (4.29) e
dunque rallentare il programma. Nel programma e fissato:
N= 500 (4.36)
Con il quale e stato raggiunto un compromesso tra precisione e velocita.
Il programma e scritto in Wolfram Mathematicae il sistema e risolto
con la funzione LinearSolve[] che implementa al suo interno routine
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Capitolo 5. Evoluzione temporale 27
specifiche per risolvere sistemi con matrici tridiagonali come quello che
stiamo prendendo in considerazione.
t : Oltre a determinare il numero di iterazioni necessarie per rag-
giungere un certo tempo di simulazione, questo parametro determina la
seghettatura dei grafici di evoluzione temporale del picco di probabilita.
A seconda della rapidita di variazione differente per le varie masse e sta-
to utilizzato un parametro t differente che poteva variare da t= 1
a t= 50.
Abbiamo svolto 7 simulazioni. Stabilendo che la massa critica per la
quale levoluzione temporale della distribuzione di probabilita passa dadispersiva ad attrattiva am= 6.5109u, i valori di masse utilizzati sono:
m= 25 107u, m = 8 108u, m= 5 109u, m= 6.5 109u, m= 8 109u,
m= 15109u, m= 50109u.
4.3.1 Sotto la massa critica:
In figura 4.8 e figura 4.9 e rappresentato landamento del picco di distri-
buzione di probababilita radiale nel tempo. Lintervallo temporale usato e
t = 10s per entrambi i grafici quindi la scala temporale sullascisse e di
10s. In ordinata e rappresentata la distanza del picco dal centro della distri-
buzione, usando inm come unita di misura. Per entrambi i casi vediamo che
inizialmente la distribuzione si allarga come nel caso dellES, poi si instaura
in entrambi, ma con periodicita inversamente proporzionale alla massa, un
andamento periodico. E un comportamento inaspettato ma facilmente giu-
stificale ricordando i parametri di discretizzazione. Infatti la funzione donda
viene sempre discretizzata nellintervallo spaziale [0, ], e procedendo il picco
sempre piu a destra, porta con se fuori dallintervallo gran parte dellinte-
grale della distribuzione di probabilita ed inserisce nellevoluzione successiva
una grande imprecisione. In figura 4.8 si vede che attorno al tempo 15500s
(1550 sullasse x) il picco sembra tornare indietro nel tempo (da cui la forma
simmetrica di ogni periodo. Questo perche al tempo 15500 la forma della
distribuzione di probabilita e quella in figura 4.11 (in blu il profilo iniziale,
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Capitolo 5. Evoluzione temporale 28
Figura 4.8: m = 0.25109u
Figura 4.9: m = 0.8 109u
Figura 4.10: m= 5109u
Fig. 4.8, Fig. 4.9, Fig. 4.10: Andamento radiale della posizione
del picco della distribuzione di probabilita per tre valori di massa
sotto la massa critica
in rosso il profilo al tempo 15500s, in giallo la differenza tra le due curve)
e come visto dall equazione (4.28) lalgoritmo che usiamo per far evolvere il
sistema deriva da un operatore unitario.
Come per lequazione di Schrodinger classica piu piccola e la massa piu
rapidamente la distribuzione di probabilita si allarga. Vediamo quindi di
analizzare un caso in cui la massa non e troppo distante dalla massa criti-
ca. In figura 4.10 e riportato landamento del picco della distribuzione, in
figura 4.12 sono riportati i profili della distribuzione di probabilit a radiale al
tempo iniziale (profilo blu), dopo 60000s (profilorosso) e la loro differenza
(profilo giallo). Lintervallo di tempo tutilizzato e sempre di 10se si vede
chiaramente che con lESN il picco si muove molto piu lentamente infatti in
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Capitolo 5. Evoluzione temporale 29
soli 1500s lES allarga la distribuzione di piu di quanto non lo faccia lESN
in 60000s.
La differenza tra le due distribuzioni (in giallo in figura 4.12) denota comelevoluzione approssimativa per tempi piccoli calcolata nella sezione 4.2 si
modifica per mantenere lintegrale della probabilita costante.
Figura 4.11: m= 0.25109u Figura 4.12: m= 5109u
Fig. 4.11, Fig. 4.12: Profili delle distribuzioni radiali di probabi-
lita per due masse differenti. In blu su ogni grafico e rappresentato
il profilo di partenza, in rosso il profilo dopo 15500s per la 4.11 e
dopo 60000s per la 4.12, in giallo e rappresentata la differenza tra
il profilo blu e rosso. Si confronti il profilo giallo con quello delle
figure 4.4, 4.5, 4.6, 4.7 per notare il contributo dei termini piu alti
allo sviluppo in serie della soluzione.
4.3.2 Sopra la massa critica:
Figura 4.13: m= 6.5109u Figura 4.14: m= 8109u
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Capitolo 5. Evoluzione temporale 30
Figura 4.15: m = 15 109u
Figura 4.16: m = 50 109u
Fig. 4.13, Fig. 4.14, Fig. 4.15, Fig. 4.16:Andamento radiale della
posizione del picco della distribuzione di probabilita per 4 valori di
massa sopra la massa critica
Per prima cosa vediamo (fig. 4.13) il comportamento per la massa di 6.5109u
che abbiamo definito critica, cioe quella per la quale ci aspettiamo un bi-
lanciamento tra collasso dovuto al potenziale gravitazionale e allargamento
dovuto allES. Come si vede dal grafico questa non e esattamente la massa
critica in quanto il picco non rimane costante nella stessa posizione. La di-stribuzione subisce inizialmente un restringimento per poi allargarsi ancora
un po, restringersi ed allargarsi in un comportamento che poi prosuguira
quasi periodico.Vediamo quindi il primo esempio di distribuzione di proba-
bilita che si restringe.
Aumentiamo ancora la massa fino a 8 109u e 15 109u per vedere questo
comportamento ancora piu marcato ed otteniamo i casi di fig. 4.14 e fig.
4.15. Qui lintervallo di tempo usato e sempret
= 10s
, in un caso levo-luzione e calcolata fino 100000s nellaltro e bastato arrivare a 30000s. In
entrambi i casi si osserva il comportamento oscillante accennato in fig. 4.13.
Notiamo che il raggio minimo per il picco di probabilita e inversamente pro-
porzionale alla massa (da questi tre grafici il fit migliore per landamento
raggio-minimo.vs.massa e un iperbole).
Dalla figura4.15 inoltre risulta che lo stato iniziale e molto instabile per
grandi masse, le oscillazioni sono molto piu piccole e veloci. Masse grandi
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Capitolo 5. Evoluzione temporale 31
sono molto piu localizzate. Infatti la forma della distribuzione di probabilita
radiale al crescere della massa cambia molto. Si passa da un picco di pro-
babilita ad una certa distanza dal centro della distribuzione ad una serie dicreste sempre piu basse a partire dal centro.
Come si vede nella figura a 4.17, in blu e rappresentata la distribuzione di
probabilita radiale iniziale, mentre in rosso e rappresentata la distribuzione di
probabilita dopo 30000s. Sono presenti due creste principali: quella molto
alta vicino al centro della distribuzione si sposta oscillando a destra e a
sinistra di poco; laltra piu bassa allesterno oscilla di piu.
In figura 4.16 e rappresentata lultima evoluzione calcolata, quella con massa
m= 50109u. Lintervallo temporale usato e t= 5s quindi la scala sulle
ascisse e di 5s. Come ci aspettavamo le oscillazioni della distribuzione di
probabilita sono molto piccole e rapidissime. La precisione richiesta per una
buona simulazione e piu elevata di quella che abbiamo usato, infatti vediamo
intorno ai 6000sun comportamento nettamente discontinuo ed il raggio del
picco a volte tocca lo 0. Affinche il picco sia a 0 dovremmo avere che la
larghezza della distribuzione sia 0, il che la trasformerebbe in una , il che
e impossibile. Nonostante gli errori questultimo grafico insieme a quello di
fig. 4.18 conferma le osservazioni fatte per le fig. 4.14, fig. 4.15.
Figura 4.17: m = 15 109u
Figura 4.18: m = 50 109u
Fig. 4.17, Fig. 4.18: Profili delle distribuzioni radiali di proba-
bilita per due masse differenti. Nella 4.17 in blu e rappresentato
il profilo di partenza, in rosso il profilo dopo 30000s, in giallo la
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Capitolo 5. Evoluzione temporale 32
differenza tra il profilo blu e rosso. Nella 4.18 in blu e rappresen-
tato il profilo dopo 7000s, in rosso la differenza tra questo e quello
iniziale (non rappresentato)
4.3.3 Confronto tra ES ed ESN:
Figura 4.19: Tempo richiesto affinche levoluzione temporale dellESNdifferisca del1%, 10%, 50%dallES [3]
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Capitolo 5
Conclusioni
5.1 Difficolta trovate
Nellanalisi appena effettuata siamo stati costretti a restringere il campo
di indagine ad un caso particolarissimo: una funzione donda a simmetria
sferica centrata sullorigine. Certamente questi risultati illustrano bene le
proprieta fenomenologiche dellESN, e in parte sono adeguati alle specula-zioni di Penrose. Diciamo in parte perche, per affrontare nella sua interezza
lipotesi di Penrose, avremmo dovuto calcolare levoluzione temporale tra-
mite ESN di una sovrapposizione di pacchetti donda. E chiaro che in uno
scenario del genere, mancante di simmetria sferica, gran parte delle sem-
plificazioni da noi eseguite non possono piu essere utilizzate. Ad esempio lo
sviluppo in multipolo del potenziale, seppur possibile, non porterebbe ad una
semplice equazione radiale e saremmo costretti ad operare con un problema
tridimensionale.
5.2 Conclusioni
Nonostante la nostra elaborazione si riferisca ad un caso molto particolare
(come detto nella sezione 5.1), e in grado comunque di fornire qualche predi-
zione sperimentale. Siamo riusciti infatti a quantificare la massa ed il tempo
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Capitolo 6. Conclusioni 34
necessari affinche un pacchetto donda si restringa e questo restringimento e
misurabile in laboratorio tramite esperimenti di diffrazione da fenditure.
Costruendo un apparato sperimentale in grado di ottenere una figura di dif-frazione da un flusso di particelle preparate nello stato iniziale (4.1), possia-
mo essere in grado con il passare del tempo (e quindi con il restringimento
della funzione donda) di osservare una soppressione della figura di inter-
ferenza. Infatti diminuendo la larghezza delle particelle, le fenditure nella
griglia risultano piu grandi delle particelle.
Un tale esperimento seppur in linea teorica e eseguibile, presenta delle note-
voli diffi
colta pratiche.Innanzitutto per ottenere una figura di interferenza e necessario che la lar-
ghezza delle fenditure o dei buchi nella grata sia paragonabile a quella della
lunghezza donda di deBroglie della particella che vogliamo far diffrarre. La
lunghezza donda di deBroglie e inversamente proporzionale alla massa, dun-
que piu grande e la massa piu e difficile fabbricare la grata adatta. Fino ad
ora la particella piu pesante che si e riusciti a far diffrarre e una macro-
molecola con m
10000 (con una spaziatura far le grate di 0.5m) ben
piu piccola della massa a noi necessaria. I fisici sperimentali affermano che
potrebbe essere possibile arrivare a breve a diffrarre molecole fino a 106u,
ed inoltre in tutta lanalisi abbiamo sempre mantenuto la larghezza della
distribuzione a= 0.5m.
Questo quindi non sembra un problema insormontabile.
Come seconda sfida nella costruzione dellesperimento ce il lungo tempo di
attesa prima che gli effetti dovuti allESN siano distinguibili da quelli dellES
(fig. 4.19). Ma i pacchetti donda subiscono inevitabilmente una decoerenza
al passare del tempo, e mantenerli coerenti e difficile. Grossardt et al. [4]
suggeriscono di usare la proprieta di riscalamento dellappendice A e quindi
facendo riferimento ai parametri (A.4) potremmo incrementare la massa di
un parametro e diminuire la larghezza di un fattore 3, in questo modo
la scala del tempo sarebbe riscalata per un fattore di 5. Per il primo pro-
blema dunque vorremmo cercare di mantenere la massa delle particelle piu
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Capitolo 6. Conclusioni 35
bassa possibile per rendere piu facile la costruzione della grata e questo im-
plica mantenere coerente i pacchetti per piu tempo, per il secondo problema
vorremmo aumentare la massa della particella il piu possibile per diminuireil tempo durante il quale e necessario mantenere la coerenza e questo implica
maggiori difficolta per la costruzione dellapparato di diffrazione.
E necessario trovare un giusto compromesso.
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Appendice A
Riscalamento della soluzione
dellESN
Prendiamo S tale che
0
(~r, t) =S =c(b~r, at) (A.1)
Inseriamo la 0
(~r, t) cos ottenuta nellequazione (3.1) e riscaliamo per una
certa massa m, esplicitando per (~r, t) otteniamo per i vari termini:
iht0
(~r, t) =ihtS =aS
Il laplaciano agisce come una derivata su r dunque:
h2
2m2
0
(~r, t) = (m
m
)(
h2
2m2S(~r, t)) =
= (m
2b
m )( h
2
2mS2(~r, t))
Nella parte potenziale 0
compare 2 volte:
Gm2Z
|0
( ~r1, t)|2
||~r ~r1|| d~r0
(~r, t) = (m2
m2)Gm2
Z |S(~r1, t)|
2
||~r ~r1|| d~rS(~r, t) =
= (m2b
m2)Gm2S(Z
|(~r1, t)|2
||~r
~r1||d~r(~r, t))
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Appendice A. Riscalamento della soluzione dellESN 37
Dunque lequazione per 0
(~r, t) risulta equivalente a quella per (~r, t) solo
se i coefficienti di ognuno dei 3 termini dellequazione sono uguali, cioe se:
a = (m
2b
m ) = (
m2b
m2) = (A.2)
Tale condizione e soddisfatta se:
m
m =
b3 =
a5 (A.3)
Otteniamo una relazione che legaa e b ma per descrivere completamente S,
ci manca da conoscerec. Dobbiamo imporre unaltra condizione: imponiamo
che la trasformazione S preservi la norma:
||0
(~r, t)||=||S(~r, t)||=2c||S(~r, t)||=
c||(b~r, at)||=||(~r, t)||
E sapendo che per fare la norma integriamo su un volume, otteniamo che
deve essere 2c + 3b= 0, cioe c= 3b2.Ora sappiamo tutto quello che ci serve, prendendo ad esempio il caso in
cui mm
= (che e quello che effettivamente utilizziamo ponendo m = 1)
abbiamo che i parametri di S sono
a= 5 b= 3 c= 92 (A.4)
Siamo ora in grado, conoscendo una soluzione dellequazione (3.1) per la
massa m, di passare ad una soluzione per la massa m.
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Bibliografia[1] http://www.univie.ac.at/qfp/research/matterwave/c60/
[2] http://www.google.com/doodles/erwin-schrodingers-126th-birthday
[3] Domenico Giulini and Andre Groardt. Gravitationally induced inhi-
bitions of dispersion according to the Schrodinger-Newton Equation. ar-
Xiv:1105.1921 [gr-qc].
[4] Irene Moroz, Roger Pernrose, and Paul Tod. Spherically-symmetric solu-
tions to the Schro dingerNewton equations. Classical and Quantum Gravity,
15(9):2733 2742, 1998.
[5] P. Salzman. Investigation of the Time Dependent Schrodinger-Newton
Equation, Ph.D. thesis. Univ. of California at Davis, 2005.
[6] Roger Penrose. On Gravitys Role in Quantum State Reduction. General
Relativity and Gravitation, Vol. 28, No.5, 1996.
[7] Hans Christian Von Baeyer. Il paradosso dei paradossi quantistici. Le
scienze, agosto 2013.
[8] Claude Cohen-Tannoudji, Bernard Diu, Franck Laloe; transl. from the
French by Susan Reid Hemley ... [et (1996). Quantum mechanics. Wiley-
Interscience: Wiley. ISBN 9780471569527.
[9] Ghirardi, G.C., Rimini, A., and Weber, T. (1985). A Model for a Unified
Quantum Description of Macroscopic and Microscopic Systems. Quantum
Probability and Applications, L. Accardi et al. (eds), Springer, Berlin.
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