animal (segnavia n. 1)

32
animal

Upload: nicola-sguera

Post on 15-Apr-2016

51 views

Category:

Documents


1 download

DESCRIPTION

Il n. 1 di "segnavia" (animal), dedicato al rapporto con il mondo animale, alle scelte etiche e alimentari. Scritti e poesie di Luca Rando e Nicola Sguera

TRANSCRIPT

Page 1: animal (segnavia n. 1)

animal

Page 2: animal (segnavia n. 1)

segnavia raccoglie gli scritti “a tema” di Luca Rando e Nicola

Sguera, amici da anni insieme “lungo la via”. Tali parole sono,

per l’appunto, “segnavia”.

I volumetti sono tirati in un numero limitato di copie (mai

più di 50) e distribuiti in occasione della presentazione. Succes-

sivamente saranno resi disponibili on line in formato pdf.

Il volumetto è stato stampato in proprio presso Grafiche

Iuorio, Via Rummo 37, Benevento, in 50 copie, nel gennaio

2016.

Page 3: animal (segnavia n. 1)

animal

1 La vita degli animali (L.R.)

«Mi interessano le vicende in cui uno stato di

privazione ci costringe a sentire più intensamente,

a pensare in modo inconsueto, ad agire senza

margini di scelta, a usare gli spiccioli, le energie

residue» (E. Albinati)

Questo testo è nato più di 10 anni fa. Lo riporto qui con

minimi cambiamenti visto che il nucleo del pensiero espresso

è ancora oggi per me valido, anzi, ulteriori approfondimenti

e letture mi hanno convinto ancor di più della correttezza

della scelta vegetariana fatta ormai trent'anni fa.

1. È singolare come si incontrino certi libri e taluni

autori.

Ho letto per la prima volta J. M. Coetzee, romanziere e

critico letterario sudafricano riservato e distante (premio

Nobel per la letteratura nel 2003) nel dicembre 2001.

Mi trovavo a Bergamo dove mia moglie, alla ricerca del

miraggio dell’entrata in ruolo, si era trasferita da

Potenza. Nei giorni liberi da impegni per entrambi,

quando io da Melfi, dove insegnavo, la raggiungevo dopo

ore di macchina o di treno, trascorrevamo il tempo

girando per la provincia o nella città vecchia. A volte, tra

cinema e paesaggi montani, ci fermavamo anche in

libreria. Lì, appunto nel dicembre 2001, tra i tanti libri,

scovo un titolo che mi attira: La vita degli animali di J.

M. Coetzee (per una strana coincidenza insieme comprai

anche Del mangiare carne di Plutarco dell’Adelphi, che

lessi nel viaggio di ritorno in treno fino a Potenza).

Page 4: animal (segnavia n. 1)

animal

2

«Io mi domando con stupore in quale circostanza e con

quale disposizione spirituale l’uomo toccò per la prima volta

il sangue e sfiorò con le labbra la carne di un animale morto;

e imbandendo mense di corpi morti e corrotti diede altresì il

nome di manicaretti e di delicatezze a quelle membra che

poco prima muggivano e gridavano, si muovevano e

vivevano» (Plutarco).

2. Sono vegetariano ormai da quasi due terzi della mia

vita (ho 48 anni) e in qualche modo l’esserlo a un certo

punto è diventata per me un’abitudine: la scelta era stata

lunga e travagliata (cercare di far accettare la mia scelta

ai familiari la cosa più difficile, astenermi dalle carni di

animali quella più semplice) dopo alcune letture e

discussioni con amici. Trovare quel (quei) libro era, in

qualche modo ricercare le radici della mia scelta,

verificare la tenuta delle mie posizioni, del mio mondo

interiore.

L’essere vegetariano non è mai stato per me scelta

religiosa, non credo nella reincarnazione, né è stata scelta

salutista. È stata, piuttosto, scelta morale e, in qualche

misura, politica. «Non fare agli altri quello che non

vorresti fosse fatto a te». Ma quali altri? Tutti, tutti gli

esseri viventi. Nel rapporto tra gli uomini e gli animali

intravedevo quello tra uomo e uomo (violenza,

oppressione, sopraffazione…). Era la mia una protesta

contro un modello economico e sociale che comporta

degrado. Protesta contro un antropocentrismo che già

Plutarco attaccava con queste parole:

Page 5: animal (segnavia n. 1)

animal

3

«Ma voi, uomini d’oggi, da quale follia e da quale assillo

siete spronati ad aver sete di sangue, voi che disponete del

necessario con una tale sovrabbondanza»

3. Per tornare al libro (pubblicato per la prima volta

nel 1999): Coetzee immagina che una scrittrice, Elizabeth

Costello, sia invitata all’Appleton College a tenere due

conferenze su un tema a sua scelta. Sorprendentemente

ella pronunzia due discorsi sul maltrattamento degli

animali (i due discorsi suddividono il libro in due parti

che hanno per titolo: “I filosofi e gli animali” e “I poeti e

gli animali”). Ovviamente la discussione provoca

difficoltà di rapporti (sia con i familiari che con i colleghi)

che portano la scrittrice ad assumere atteggiamenti

sempre più intransigenti verso i suoi ascoltatori

spingendola ad affermare una sorta di rapporto tra lo

sterminio degli animali e quello perpetrato contro gli

ebrei nei campi di sterminio («L’orrore scaturisce dal

rifiuto da parte degli assassini, e di tutti gli altri, di

immaginarsi al posto delle vittime. […] In altre parole

hanno chiuso i loro cuori. Nel cuore risiede una facoltà,

l’empatia, che talvolta ci permette di condividere l’essere

di un’altra persona. […] Ogni giorno ha luogo un nuovo

olocausto, e tuttavia, a quanto vedo, il nostro essere

morale non ne viene neppure scalfito. Non ci sentiamo

contaminati»).

Il libro non ha un vincitore: le posizioni della Costello

sono spesso efficacemente contraddette da altri

personaggi. Ma lo scopo di Coetzee non è quello di

Page 6: animal (segnavia n. 1)

animal

4 indicare la ragione o i torti rispetto alla problematica

affrontata, è piuttosto quello di porlo, il problema, di

porre domande e dubbi su un modo di comportarsi: gli

animali hanno diritti? Hanno coscienza? Siamo liberi di

usarli per i nostri fini? Siamo liberi di ucciderli?

Proprio per questo il libro è concluso da quattro

riflessioni su forma e contenuto delle conferenze di

Coetzee/Costello. Le riflessioni sono della teorica della

letteratura Marjorie Garber, del filosofo Peter Singer,

della studiosa delle religioni Wendy Doniger e della

primatologa Barbara Smuts. I quattro, dai loro diversi

punti di vista, affrontano il rapporto tra uomini e

animali.

«La sofferenza è sofferenza, non importa di che specie sia

l’essere che la subisce.» (P. Singer)

4. Se uccidere un animale è un male, è ovvio, però, che

non arrivo a dire che sia un male assoluto. Non è

pensabile porre gli animali al di sopra dell’uomo (come

dice Singer: «il valore che si perde quando si vuota un

recipiente dipende da cosa c’era dentro quando era pieno,

e nell’esistenza umana c’è di più che nell’esistenza di un

pipistrello»). Ma non è neanche pensabile trattare gli

animali come cose (forse dovremmo imparare il loro

linguaggio, saperli ascoltare, impareremmo anche ad

ascoltare di più i nostri simili). «Gli animali hanno pagato

caro il nostro desiderio di avere tutto in qualunque

momento a un prezzo irrisorio», scrive J. Safran Foer in

Page 7: animal (segnavia n. 1)

animal

5 Se niente importa. Perché mangiamo gli animali? Dalla

lettura di quest'ultimo libro acquistano significato anche

le parole della Costello sullo sterminio degli animali, per

la vividezza e la forza con la quale vengono raccontate le

condizioni in cui sono fatti vivere gli animali negli

allevamenti intensivi, la morte di quelli più deboli, le loro

sofferenze.

E alla fine di tutto, in fondo

«Noi sappiamo che essi moriranno, e per questa ragione

è male ucciderli.» (W. Doniger)

[2015]

Page 8: animal (segnavia n. 1)

animal

6 Senza idillio (N.S)

1. Diario

21 gennaio 1984

[...]. Alle 5 io e papà siamo andati alla Casa del cane

per fare visitare i due bellissimi gatti siamesi che

Antonella Tresca ci ha regalati l’8 gennaio [...]. Poveri

gatti: chi sa come hanno sofferto. In fondo, la loro

sofferenza fisica non ha neanche il valore di catarsi

spirituale; chi sa perché sono stati creati se la loro vita si

conclude con la morte dei corpi [...].

17 novembre 1984

Io non ho un sentimento della natura, come si dice,

idilliaco: quello che fu di Virgilio e di tanti poeti latini,

quello che è stato di Hölderlin e di tanti poeti romantici.

Io mi sento estasiato di fronte alla straordinaria bellezza

di un tramonto rosato, di fronte a un campo verde che è

l’immagine della gioia, di fronte alla campagna bagnata

e, dunque, malinconica, ma vedo anche il dolore di quegli

animali che trascorrono la loro inutile vita in gabbia,

vedo il dolore che è nelle grida di un maiale, nella cui

pancia si infila una lama tagliente, vedo la morte che,

incessante, rende partecipe se stessa di tutti gli esseri,

vedo il cane che crudele dilania il gatto indifeso, il gatto

crudele che gioca col topo e lo dilania. Dicono: questo è il

cammino della natura, questa è la selezione delle specie,

Page 9: animal (segnavia n. 1)

animal

7 ma io dico. e quale sarà la ricompensa per mille dolori che

i miliardi di esseri che sono esistiti, i miliardi che esistono

e i miliardi che forse esisteranno hanno patito, patiscono

e patiranno? Sono lacerato continuamente dalla mia

aspirazione alla vita e il continuo contatto che ho con la

morte. Anche quando mangio spaghetti alla carbonara

soffro. La sofferenza di ogni essere è la mia sofferenza, la

morte di ogni essere è la mia morte.

26 novembre 1984

[Per la prima volta ho disertato la messa

volontariamente].

Come un Essere perfetto potrebbe creare esseri

destinati inutilmente a soffrire e a gioire? Io non posso

credere in questo Dio, e se anche fossi certo della sua

esistenza, non potrei venerarlo perché sarebbe un Dio di

morte e non di vita. [...] Il dolore ha lasciato il posto

all’amara constatazione che siamo polvere e che polvere

torneremo, ubbidendo alle esigenze di una Natura che

non riesco neanche ad odiare.

4 gennaio 1985

Da tre settimane non mangio carne. A me la carne

piace, ma se la mangiassi ancora morte entrerebbe in

me... ne ho già troppa.

Page 10: animal (segnavia n. 1)

animal

8 22 gennaio 1985

La vita è l’inno più bello alla morte.

Io di solito con il rasoio mi taglio la barba, loro, invece,

depilano la rosea pelle di un porco morto. Sono venuto

dalla serena contemplazione della vita nella natura, e

davanti casa mia ho ammirato in tutto il suo splendore la

morte nella natura. Come si fa ad avere un sentimento

idilliaco della natura quando le grida di migliaia di essere

mi straziano.

Le montagne in lontananza erano azzurre e bellissime.

I fringuelli nascosti allietavano la campagna ridente.

Le nuvole all’orizzonte si addensavano minacciose.

Le colombe volavano al sole.

E intanto un’altra tragedia si consumava con le lame

affilate che straziavano la pelle. Io, intanto, vuoto di

pensiero, fissavo l’orologio che, indifferente, diceva:

«Anche per te verrà il momento che chiuderai gli occhi e

mai più li riaprirai».

Un dio maledetto sei, un dio di morte: «Condoglianze

sentite per la morte del vostro caro Maiale, si augura alla

signoria vostra di farne salsicce prelibate e zamponi

sopraffini. Vostra Natura».

Che stronzi gli uomini, che pensano di avere un destino

diverso da quello dei conigli.

Quando il nulla creò il mondo, sulla volta dell’Universo

apparve questa epigrafe: «Tutto ciò che ora è, è destinato

a soffrire; tutto ciò che soffre, è destinato a finire».

Che cos’è la vita se non un abisso di dolore senza alcun

appiglio.

Page 11: animal (segnavia n. 1)

animal

9 Sederono intorno ad un tavolo e ruminarono.

Affondarono le fauci nella carne di un grasso maiale,

bevvero vino stagionato e risero a crepapelle (sputando

cibo dalla bocca per la foga delle risate). Dal mento colò

il sugo e le mani unte si infilarono furtivamente (anche se

non troppo) nelle corpose cosce della nobildonna romana.

L’altra mano intanto infilava nella bocca (ancora

profumata di menta?) la coscia appetitosa di una gallina.

«Allontaniamoci da questo volgare banchetto».

Andarono in una delle grandi camere della grande tenuta

di campagna. La donna si spogliò e lui le infilò nella bocca

(ancora piena di patate e maiale) il cazzo. Lo sperma le

scorre in bocca, come il Lete nell’Inferno. La sua lingua

impertinente cerca ancora, lui gliene dà sempre di più, fin

quando i suoi occhi non si chiuderanno in attesa di

rivedere i fasti della sua splendida vita, così piena di

interessi e gioie.

I sogni non volano più sulle ali del gabbiano, anch’essi

sono precipitati, giù nel mare del nulla; ora si avviano

negli abissi imperscrutabili di quel mare; io, intanto, li

aspetto nel fondo di quegli abissi che da tempo ho

toccato, nell’attesa di ricongiungermi a loro e godermi lo

spettacolo di quelle abissali grazie, così nere, così belle.

Le mie lacrime si confondono con l’acqua, che non filtra

più la luce del sole. Il mio pianto è solo una tetra melodia,

conforto di piccoli pescecani e nobili polipi dormienti.

Siamo quattro miliardi di stronzi alla ricerca di un

impossibile perché.

Page 12: animal (segnavia n. 1)

animal

10 2. La mia storia

Mi ha fatto una certa impressione rileggere alcune

pagine del Diario che, in maniera altalenante, mi

accompagna dal 1984, che considero un anno chiave della

mia esistenza, con tutte le sue novità. Eppure, al netto di

una “saggezza” che naturalmente porta con sé l’età,

ritrovo in quel ragazzo di diciassette anni, la stessa

persona che ora sta scrivendo. Ritrovo l’intreccio di

problemi che ancor oggi mi interpellano e una visione

della sessualità che mescola condanna e tentazione.

Certo, quel ragazzo aveva letto solo qualche libro (ad

esempio, per quel che poteva capirne, Il mondo come

volontà e rappresentazione) e, soprattutto, aveva poca vita,

poca esperienza alle spalle. Era tutto aneliti, conati,

aspirazioni. Eppure, ripeto, quel ragazzo sono io, sono

ancora io nella tensione, non nelle idee, che sono molto

cambiate nel tempo. In quell’adolescente ἄτοπος, che

poco si riconosceva nelle pratiche dell’epoca e preferiva i

boschi e la solitudine a Piazza Risorgimento, in

quell’adolescente cresciuto nell’Associazione cattolica di

S. Anna, con l’inseparabile amico Luca, la questione

“animale”, sorta per empatica compassione nei confronti

di uccelli, gatti e maiali, si intrecciò inevitabilmente alla

questione “Dio”, scardinando l’apparentemente

granitico blocco di certezze prodotto dal suo ambiente

familiare. «Si Deus est unde dolor?». Era la sofferenza

insensata dell’animale ad interpellarmi, che si intrecciava

ovviamente con i minimi accadimenti biografici (la morte

Page 13: animal (segnavia n. 1)

animal

11 di gatti amati, la visione di un passero congelato nella

neve, la fuga nei boschi per non ascoltare lo straziante

grido di dolore del maiale sgozzato...). La mia scelta

vegetariana fu graduale, anche per renderla accettabile

in una famiglia in cui il consumo della carne era normale

e mai messo in discussione. Non ebbi maestri né alcuno

con cui parlarne, se non Luca, che poco dopo mi fu sodale

anche in questo. Questa scelta mi rese ancora più ἄτοπος rispetto ai miei coetanei, in un momento in cui la mia

identità era ancora in costruzione. Sicuramente quella

scelta ha contributo in maniera decisiva a far sì che

divenissi “ciò che ero”. Non mi addentro nella complessa

questione del destino e della libertà. So solo che l’aver

scelto, quando di solito si pensa solo a come riempire il

cuore bisognoso d’amore, di non uccidere esseri viventi,

pur avendo un rispettabile trascorso di assassino di

lucertole e carnivoro da combattimento, mi ha reso ciò

che sono anche adesso. Dopo quella scelta, istintiva,

empatica, emotiva, cercai di dare un fondamento di

pensiero, iniziai a leggere libri (ricordo in particolare I

diritti degli animali trovato su una bancarella all’interno

della Sapienza), a discutere con chiunque mi capitasse a

tiro dell’argomento, nella foga del neofita che oggi mi fa

tanto sorridere. Anche perché, bisogna dirlo, il

vegetariano a tavola è piacevole oggetto di lazzi e

provocazioni di ogni tipo (che oggi sono transitate su

Facebook).

Momento “alto” di questa storia (che ha a che fare con

la mia vocazione “testimoniale”) fu il matrimonio, in cui

Page 14: animal (segnavia n. 1)

animal

12 – dando l’avallo al rito religioso, sebbene con dispensa

vescovile per me in quanto ateo – ebbi da mia moglie

l’autorizzazione a predisporre una cena vegetariana per

gli ospiti.

Come docente non ho mai cercato di fare proseliti. Pur

incuriosendo i miei alunni, quando emergeva la mia

scelta, non ho mai creduto che la scuola fosse il luogo per

portare avanti questa battaglia. So che a molti attivisti

per i diritti animali può sembrare una scelta di comodo,

ma io sono convinto che il lavoro primario, ancora tutto

da fare, sia una tabuizzazione culturale dello

sfruttamento sugli animali. Anche perché sono convinto

che tutte le svolte dell’umanità siano precedute da

avanguardie consapevoli. Certo, si potrebbe obiettare che

sin dall’antichità (orientale e occidentale) ci sono state

pratiche vegetariane, ma esse erano incardinate su

metafisiche difficilmente condividibili dall’intera

umanità (la metempsicosi). Purtroppo era ed è necessario

che, un po’ per volta, si ampli quella capacità empatica

cui Rifkin ha dedicato un magnifico libro. Le scoperte

delle neuroscienze (in particolare la funzione dei

cosiddetti “neuroni-specchio”) mostra come sia

totalmente erronea la dicotomia natura/cultura su cui si

reggono la maggior parte delle argomentazioni contro il

vegetarianesimo. La prima obiezione che muove, infatti,

l’onnivoro è: l’uomo è nato carnivoro. Al di là della facile

obiezione fondata sul confronto fra la dentatura di un

animale carnivoro e quella umana, mi interessa, invece,

mostrare come l’uomo abbia mostrato, nel corso dei

millenni, una straordinaria capacità evolutiva che ha

Page 15: animal (segnavia n. 1)

animal

13 modificato radicalmente la sua “natura”. Anzi, direi che

l’unico tratto rimasto uguale dell’uomo nel tempo è

proprio la capacità di evolvere, e questo sia livello

filogenetico che ontogenetico.

3. Diario II

5 maggio 2014

Sono sicuramente giorni importanti in cui sta

accadendo qualcosa, come il portato di riflessioni

sottotraccia. La svolta “vegan” ha qualcosa di epocale,

nella storicizzazione della mia vita, che predilige

evidentemente le decadi. Trent’anni dopo la scelta

vegetariana, con una coerenza vanificata solo dalla

debolezza della volontà ho escluso latte e uova dalla

dieta. Ne parlo avvertendo la profonda trasformazione

psicofisica che questa scelta, troppo a lungo rinviata, sta

producendo. Come sempre il senso di fame... Le rinunzie

sono davvero tante. I dolci, in particolare. La pizza,

almeno nelle sue varianti più appetitose per me. Molti

formaggi.

7 giugno 2014

Ho sempre fame: il veganesimo è una sfida vera.

14 giugno 2014

La scelta vegana è molto impegnativa. Senso di fame

Page 16: animal (segnavia n. 1)

animal

14 frequente e tristezza nel vedere cibi che ho molto amato

nella mia vita...

4. Come prosegue la storia...

Dunque, da un anno e mezzo, dopo un onorata vita da

vegetariano, divoratore di formaggi e dolci, durante una

corsa ho maturato la consapevolezza che potevo farcela a

rendere assolutamente coerente la mia scelta del 1984,

rimasta a metà del guado per debolezza. Il

vegetarianesimo, per quanto scelta nobile, finge di non

vedere che non basta non uccidere, in linea di principio,

ma è necessario eliminare tutte le precondizioni di una

vita spaventosa per gli animali: la detenzione in

condizioni orribili e la tortura fisica. Questo vale

soprattutto per gli animali detenuti in allevamenti

intensivi, siano galline o mucche o maiali. La serialità

della morte (Ford imitò il concetto di “catena di

montaggio” da una fabbrica di insaccati...) porta con sé

anche una serie inaudita di dolore.

Sollecitato in rete, ho scritto: «Provo a dire cosa vuol

dire essere vegan, dopo trent’anni circa di

vegetarianesimo e due circa di veganesimo. Prima di

tutto dico che ci vuole un certo equilibrio “spirituale” per

fare questa scelta, che io strutturalmente non ho, pieno

come sono di desideri che non invecchiano quasi mai con

l’età, con un cavallo nero nell’anima che mi tira sempre

verso il basso. Allora, mi sono detto, sarà l’età, come uno

scatto di anzianità sul lavoro, che mi ha donato un po’ di

saggezza e datomi la forza di essere fedele all’aspirazione

Page 17: animal (segnavia n. 1)

animal

15 dell’adolescente che fui: non far soffrire altri esseri

senzienti. Il resto, in fondo, è accademia. La seconda cosa

che vorrei dire [...] è che mentirei a me stesso e a lui se

dicessi che ci sono cibi che non mi mancano. Mentre da

vegetariano provavo profonda repulsione fisica per la

carne e qualunque cosa fosse stata viva, il sapore della

mozzarella di bufala è un oasi nel deserto. C’è bisogno, in

questo caso, di un surplus di volontà. Insomma, come la

monogamia. Detto questo, ho notato una straordinaria

metamorfosi fisica. Ho bisogno di dormire meno (e dormo

meglio), quando gioco a pallone ho risorse di fiato

pressoché illimitate».

In mezzo, dunque, e non posso non notarlo mentre lo

scrivo, c’è stata una rivoluzione nel mio rapporto con il

mondo. L’adolescente che empaticamente divenne

vegetariano lo fece tutt’uno con la negazione del Dio della

sua infanzia. Gli sembrava una scelta disperata, una

rivolta contro l’ingiustizia di una Natura matrigna o di

un funesto Demiurgo. L’uomo maturo che, dopo anni,

decide di cancellare cappuccini e Mont Blanc dalla sua

vita, si è riconciliato con il cosmo, nel quale intravede,

sotto forma di speranza più che di fede, un filo rosso, non

tanto guidato dall’alto ma intessuto nella stessa sostanza

di cui sono fatti gli alberi, i cani e gli uomini. E lo chiama

Dio, senza neanche bisogno di pregarlo perché lo

riconosce in un filo d’erba e nel volto amico di un cavallo.

Senza certezza, senza fedi... Sola spe. Ancora, sempre. Ma

di questo parleremo in Deus l’anno prossimo... [1984-

2015].

Page 18: animal (segnavia n. 1)

animal

16 Dopo un sogno (L.R)

Non chiedono vendetta

i corpi di animali maciullati sull'asfalto,

ma solo un occhio non

indifferente al dolore del mondo.

Ne ho viste sulle strade

membra spezzate di gatti incoscienti e cani

abbandonati, al volo scontrati

contro auto veloci

che avranno come segno

un graffio - un po’ di sangue.

No. Non chiedono vendetta

ma solo un’attenzione - un amore? -

di diversa natura. Forse solo

una cura altruista della vita

intorno all'uomo.

Page 19: animal (segnavia n. 1)

animal

17 Ora (N.S.)

Grazie per lo scroscio d’acqua, inquinata.

Grazie per il frinire dei grilli, divorati.

Grazie per il canto d’uccelli, gelati.

Che sia il mio abitare luogo illume,

soglia incerta d’oscuro e chiarità.

Aperti gli occhi, il cuore accordato,

con carità e virtù guerriera,

fra dedizione e decisione.

Quanto il mondo richiede

sia il tuo lavoro quotidiano.

Mercede non attendere. Sei il più inutile

servo. E non ambire erede.

Qui ed ora, abita l’attimo.

[In bicicletta, il dì 28 dicembre 2012. Ora prima]

Page 20: animal (segnavia n. 1)

animal

18 Animal (L.R)

1. Anima. Nella profondità degli occhi vedevo la sua

anima che mi parlava di affetto, di dolore, di perdita. Il

mugolio saliva dal profondo. Trattenuto fino a quel

momento esplose come un grido. Era una richiesta a cui

non potevo rispondere, non più.

Nei lunghi giorni estivi precedenti quel momento

eravamo stati tanto insieme, troppo forse, C'è

un'abitudine nel condividere giorno dopo giorno le ore,

che fa credere che quei momenti non finiranno mai, che

l'affetto, l'amore, le carezze dureranno per sempre. Non è

così, non è mai così.

Un uomo, un ragazzo se ne fa una ragione, l'inverno

riporta i ritmi della vita, la routine quotidiana spegne il

ricordo del sole estivo, delle corse, dell'odore dell'erba,

tanto più per me che vivevo in città, nel ventre

accogliente della bestia, alle prese con i primi umori

dell'adolescenza.

Ma lei... Lei non poteva rassegnarsi. Lei che sarebbe

rimasta lì, per sempre. Questo diceva quel grido, tutto il

rimpianto per ciò che era andato perduto, tutto l'amore

che, nonostante tutto, continuava immutato, E niente

sarebbe più stato come prima, anche se fossi tornato

l'anno seguente e quello dopo ancora.

Piangeva? Non so dirlo, perché a quel punto Yuba

venne chiusa da mio nonno nella stanza in basso, da dove

proseguì il suo guaito, il suo pianto disperato. Nella notte

in cui stavamo partendo, nel silenzio della villa, quel

pianto era atto d'accusa all'abbandono. Ma quale

Page 21: animal (segnavia n. 1)

animal

19 abbandono se anch'io ero straziato? Io, che non avevo mai

avuto un cane (se non un cucciolo di cane lupo per un

breve periodo prima di regalarlo a mio zio, Katmandu

l'avevamo chiamato), io che non avevo mai avuto un

gatto o un pesce rosso...

No, in città, nelle strette stanze di una famiglia

numerosa non poteva trovare posto un animale. Non solo

per noi, come ripeto oggi anche ai miei figli, ma anche per

lui. Un animale deve essere libero di correre, di vivere

all'aria aperta, non recluso in un appartamento. Eppure,

come oggi mio figlio, io quell'aspetto proprio non lo

capivo. L'avrei voluto portare con me, condividere i miei

pomeriggi, abbracciarla.

Mentre la macchina si allontanava, al grido di Yuba

rispose il verso del cuculo ed un singhiozzo. Poi più nulla.

2. La macchina correva su una strada percorsa tante

volte. La serata era stata piacevole, eravamo stati a

Caserta per uno spettacolo. I pensieri lievi, le chiacchiere

liete nel ritorno notturno a Benevento. Nessun pensiero

grave pesava sugli animi, nessuna rabbia o violenza nelle

nostre parole. Si scherzava, come altre volte. Sul sedile di

dietro Enzo sonnecchiava.

Fu un attimo: un cane fermo, in mezzo alla strada,

bloccato dalle luci improvvise dei fari, guardava senza

potersi allontanare, senza voce, nel silenzio, nessun

avvertimento urlato. C'era solo quel “no” ripetuto di

Domenica che mi sedeva a fianco.

Avrei potuto fare qualunque cosa: frenare, sterzare,

anche solo rallentare. Niente di tutto questo, solo

Page 22: animal (segnavia n. 1)

animal

20 guardare quel cane urtare dolcemente la macchina in

corsa e solo dopo fermarmi, inutilmente, quando tutto

era già avvenuto, quando non c'era più niente da fare se

non guardare quel corpo sull'asfalto e maledire la mia

incapacità.

In silenzio sono risalito in macchina, in silenzio sono

ripartito. Rimaneva indietro una macchia di sangue

sull'asfalto, un'ombra scura a bordo strada. Nei pensieri

il ricordo di un altro cane che guaiva [2015].

Page 23: animal (segnavia n. 1)

animal

21 Se niente importa... (L.R)

Sono vegetariano dal 1986.

Non fu una scelta semplice e scontata. Ritrovo nei diari

del tempo i dubbi, la sfiducia, le paure che

accompagnarono quella scelta. L'Ottantasei fu un anno

di svolta: l'università, la fede, l'alimentazione, il politico-

sociale. Lentamente prendevano piede in me quelle scelte

che poi mi avrebbero accompagnato negli anni seguenti.

Diventare vegetariano fu una di quelle. Tutto nacque

dalla scelta di Nicola, ma ci volle più di un anno di letture

e riflessioni prima di approdare in modo consapevole alle

mie scelte di vita. Tra il rifiuto del mangiar carne e

improvvise cadute figlie non tanto di debolezza quanto di

senso di inutilità del tutto, passò tutto il 1985 e parte del

1986. Una volta fatta quella scelta non sono più tornato

indietro, consapevole che fosse nata non da una esigenza

salutista ma dall'orrore di uno stile di vita. Se all'inizio la

scelta era stata emozionale, per un sentimento di

condivisione di sofferenza, in seguito la scelta è diventata

etica, contro un modello di sviluppo, contro una

concezione del vivere che considera animali e uomini

come oggetti, come cose da usare. «Gli animali hanno

pagato caro il nostro desiderio di avere tutto in

qualunque momento a un prezzo irrisorio» (Jonathan

Safran Foer, Se niente importa. Perché mangiamo gli

animali?, Guanda, 2010). Tutto è solo una questione di

soldi: il maggior guadagno non tiene conto della

Page 24: animal (segnavia n. 1)

animal

22 sofferenza degli animali, della sofferenza degli uomini.

Questo che segue è un dialogo tra l'io di ieri, ancora

incerto e dubbioso sulla strada da intraprendere, ed il

testo di Jonathan Safran Foer che ho letto l'anno scorso.

«Da bambini impariamo il significato della sofferenza

dalle interazioni con altri esseri viventi, sia umani, specie i

nostri familiari, sia animali. La parola sofferenza implica

sempre l'intuizione di un'esperienza condivisa con altri, di

un dramma condiviso». (Jonathan Safran Foer)

«Intorno gli alberi sono vuoti, scossi dal vento e dalla

pioggia, si abbassano e si piegano con tremendi scricchiolii.

Il dolore proviene da ogni pianta oggi, da ogni roccia

frantumata, da ogni fiore schiacciato… Un uccellino morto

su un muretto, piccolo pappagallino con le zampine

rattrappite a cercare di fermare una vita che non c'è più. Gli

occhi spenti, le piume sparse… Ecco quello che dice la

natura, morte. […] Piango per l'uccellino, una buca poi

ricoperta. […] Tutto urla, intorno, tutto geme e ride

beffardo» (9/2/1986).

«Le malattie imperversano sempre; la sofferenza è sempre

la regola; gli animali sono sempre e solo un articolo, un peso;

la morte è invariabilmente crudele. Sono somiglianze che

contano più delle differenze». (Jonathan Safran Foer)

«Eppure basta un gatto morto a farmi ripiombare nella

più nera angoscia e tutti i propositi sono dimenticati… Dio,

quale Dio? E guardo negli occhi un gatto ancora vivo e rivedo

Page 25: animal (segnavia n. 1)

animal

23 l'altro con la testa maciullata, il sangue raggrumato… A che

serve parlarne? E subito dopo si gioca a pallone, si dimentica

la morte […] E grido e mi dispero e poi vado di là a

mangiare carne, che potrebbe essere anche di quel gatto di cui

poco fa ho pianto la morte, e non cambierebbe niente,

continuerei a mangiarla… […] E mangio la carne e non ho

alcun rimpianto, sono soddisfatto di me, del mio stomaco

pieno. La carne fa bene… E mi pulisco la bocca piena di

sugo, succo che viene dal sangue dell'animale, e rido e mi

lecco le labbra e ne chiedo ancora… E mangio con gusto e

non ne provo schifo… E poi torno in camera e piango la

morte del gatto, piango il destino […]. Potrei mangiare

anche la carne di un uomo se fossi abituato. E poi sempre

più di rado mi sovviene del gatto, dell'uomo sotto il ponte, del

cane con la testa sfasciata. […] Per un attimo provo

ribrezzo per la carne che ho mangiato, poi passa: oggi ci sono

bistecche di vitello!» (1/3/1986)

«Stiamo letteralmente riducendo la biodiversità e la

vivacità della vita marina nel suo complesso. […] Per

ricordare gli animali e l'importanza che ha per me il loro

benessere forse devo perdere alcuni gusti e trovare altri

appigli per i ricordi che un tempo mi aiutavano a

conservare». (Jonathan Safran Foer)

«Ci deve essere qualcosa, qualcosa nell'inconscio che ci

spinge a fare determinata scelte, che determina il corso della

nostra vita futura. Esperienze fatte da bambini ormai

radicate dentro di noi, le nostre radici, il nostro substrato su

cui poi tutto il resto cresce e si solidifica, l'humus che fa

Page 26: animal (segnavia n. 1)

animal

24 sviluppare i nostri pensieri, che fa maturare le nostre

decisioni. Come si spiegherebbe altrimenti la tua difficoltà a

mangiare il pesce più di ogni altro genere di carne? Un

ricordo: quegli occhi mi guardavano e c'era qualcosa che

gridava di dolore anche se era morto. Quelle mattinate a

pescare, i pesci guizzanti appesi alle lenze e quando, per

togliere l'amo, le viscere se ne venivano con esso… Ricordi

tutto questo? Ecco da cosa deriva la tua difficoltà. Così come

per l'urlo del maiale, quell'esplosione di dolore: l'urlo di un

bambino è forse più terribile? No, non l'ho mai sentito,

eppure è come se ogni giorno della mia vita l'avessi udito

mentre lo scannavano, ho la scena davanti… Un coniglio

ricorda un neonato, e non si riesce più a mangiare; come gli

animali visti prima vivi, un capretto, un pulcino… E tutte

le nostre, le mie paure vengono da lì, la vergogna,

l'indifferenza...» (24/5/86)

«Quanto dev'essere distruttiva una preferenza culinaria

prima di decidere di mangiare qualcos'altro? Se contribuire

alle sofferenze di miliardi di animali che vivono vite

raccapriccianti e (spessissimo) muoiono in modi altrettanto

raccapriccianti non è motivo d'ispirazione, che cosa può

esserlo? Se contribuire al massimo grado alla minaccia più

seria che il pianeta deve affrontare (il riscaldamento

globale) non è sufficiente, che cosa lo è? E se hai la tentazione

di mettere a tacere questi tarli della coscienza dicendo “non

ora”, allora “quando”?» (Jonathan Safran Foer)

«… Troppi suicidi, troppe tragedie e non solo di

uomini… Quanti animali morti… Perché dobbiamo

Page 27: animal (segnavia n. 1)

animal

25 mangiare quella carne insanguinata e poi rabbrividire

ascoltando alla radio di tribù di cannibali? Perché

continuiamo a camminare senza voltarci di fronte ad un

cane morto ed invece il corpo di un uomo ci fa paura, ci

blocca, ci si chiede la ragione della sua morte? “Gli animali

sono stati creati in funzione dell'uomo”. No, non ci credo, è

troppo semplice. […] Il disprezzo per noi stessi a volte può

essere una buona arma per tentare di cambiare… […] Ed

ecco che ritorna il pensiero della carne mangiata dopo tre

giorni, e senza pensare l'addentavo… Non dici però che

avevi già mangiato del pesce, non era carne anch'esso? E le

uova? […] Ma ora confondo. Vomito, sperma, merda e pus,

tutto si mischia con la terra, col fango, con l'acqua e la terra

è concimata. Nasceranno frutti che poi mangeremo, irrorati

dal sudore, dal sangue delle bestie, dalle loro carni in

putrefazione lasciate lì a marcire. Ed ecco il teschio del cane

in una maschera tremenda di terrore… L'attimo prima della

morte. Se il feto capisce che lo si voglia uccidere, perché non

lo dovrebbe capire un pollo? Se è delitto uccidere un bambino,

perché non è delitto uccidere un uccello, un coniglio, un

pesce? “E per vivere come facciamo? Ci dobbiamo forse

mangiare i nostri figli?” Già. Vivere. La salute, il governo,

il lavoro e sempre più si accumula la fatica e lo schifo.»

(10/3/1986)

«Si suole dire che gli animali non hanno emozioni e

sentimenti: non c'è cosa più sbagliata di questa. […] Sono

solo deboli rispetto a noi e sono i più deboli quelli che non ce

la fanno, che si lasciano cadere e trascinare dalla marea,

insensibili, oramai, a tutto. […] un pesce è incastrato tra le

Page 28: animal (segnavia n. 1)

animal

26 rocce, morto ormai; le onde spostano il suo corpo in una

sembianza di vita che vita non è. Sbatte la pinna sugli scogli

e dal corpo escono le viscere ed i vermi. […] Eccoli gli

ultimi, i vinti: stanchi si lasciano andare… Ma siamo noi,

siamo noi in loro» (aprile 1986)

«Siamo noi quelli a cui chiederanno a buon diritto: «Tu

che cos'hai fatto quando hai saputo la verità sugli animali

che mangiavi?» […] Decidere che cosa mangiare (e che cosa

rifiutare) è l'atto fondante della produzione e del consumo

che determina tutti gli altri. Scegliere vegetale o animale,

agroindustria o fattoria a gestione familiare, non cambia il

mondo di per sé, ma insegnare a noi stessi, ai nostri figli,

alla comunità in cui viviamo e alla nostra nazione a optare

per la coscienza invece che per la comodità può farlo. Una

delle maggiori opportunità di vivere i nostri valori - o di

tradirli - sta nel cibo che mettiamo nei nostri piatti. E

vivremo o tradiremo i nostri valori non solo come individui,

ma come nazioni. […] Per quanto oscuriamo o ignoriamo

questo fatto, sappiamo che l'allevamento intensivo è

inumano nel senso più profondo del termine. E sappiamo

che la vita che creiamo per gli esseri viventi più in nostro

potere ha un'importanza profonda. La nostra reazione

all'allevamento intensivo è in definitiva un test su come

reagiamo all'inerme, al più remoto, al senza voce; è un test

su come ci comportiamo quando nessuno ci costringe ad

agire in un modo o nell'altro. Essere coerenti non è

obbligatorio, ma confrontarsi con il problema sì.» (Jonathan

Safran Foer)

Page 29: animal (segnavia n. 1)

animal

27 «La sofferenza, il dolore fisico degli animali e delle

persone che ti sono accanto ti portano sempre una pena nel

cuore, uno struggimento, un'angoscia senza voce. È allora

che ti rendi conto della miseria delle tue grida, della profonda

pagliacciata, della inutilità dei tuoi lamenti. Di fronte al

dolore degli altri, di tutti gli altri, non si può fare altro che

chinare la testa e piangere per le proprie ipocrisie. […] E

allora basta, basta parole!» (14/6/1986)

Dopo tutto, è dal 1986 che sono vegetariano [2015].

Page 30: animal (segnavia n. 1)

animal

28

Bibliografia

- S. Castignone (a c. di), I diritti degli animali,

il Mulino, 1985.

- J. M. Coetzee, La vita degli animali, Adelphi,

2000.

- J. M. Coetzee, Elizabeth Costello, Einaudi,

2004.

- Plutarco, Del mangiare carne, Adelphi, 2001.

- J. Rifkin, La civiltà dell'empatia. La corsa

verso la coscienza globale nel mondo in crisi,

Mondadori, 2010.

- J. Safran Foer, Se niente importa. Perché

mangiamo gli animali?, Guanda, 2010.

Page 31: animal (segnavia n. 1)

Note biografiche

Luca Rando nasce nel centro dell’Italia l’11 febbraio 1967.

Non ha patria se non quella che di volta in volta gli offrono i libri che

legge in solitudine, spesso in campagna, dove arriva dopo lunghe

camminate.

Cresce con due amori, la poesia e il teatro, per malinconico isolamento

il primo, il secondo per ansia di comunità.

Nell'amicizia e nelle associazioni di cui ha fatto (e fa) parte ha trovato

il luogo del pensiero e dell'azione; nella famiglia e nella scuola il luogo

dell'incontro e dell'amore.

Il 1 febbraio 2002 coniuga pensiero e incontro cullando suo figlio.

Oggi quando guarda i figli o i suoi alunni prova un moto di felicità, lo

stesso della domenica mattina ad occuparsi dei beni comuni vicino casa.

* * *

Nicola Sguera nasce a casa sua il 20 giugno 1967.

Vive un'infanzia senza ombre, se non quelle che la sua fantasia bizzarra

trasforma, di notte, in orchi e vampiri.

Nel 1984 nasce a nuova vita: smette di mangiare carni per empatica

compassione, rompe il patto con il Dio della sua tradizione familiare e co-

nosce la sua futura moglie. Meglio sarebbe non essere mai nati, ripete

spesso.

Il 24 gennaio del 1990 sua madre decide di impartirgli l'ultimo memo-

rabile insegnamento: «nella mia fine è il tuo inizio».

Nel mercoledì delle ceneri del 1998 si inginocchia nuovamente, e prega

un Dio sconosciuto: per la prima volta comprende il senso della parola

“amen”.

Quando la sera osserva sua figlia, raccolta in un sonno finalmente se-

reno, e pensa a sua madre, ai suoi alunni, al vino, alla poesia di Char, alle

canzoni di Nick Cave e all'Inter, benedice e «sì, in fondo, altissimo, non

onnipotente buon Signore, grazie».

Luca Rando e Nicola Sguera hanno animato, insieme, «la rosa necessaria», uscita

dal 1993 al 1999. Nicola Sguera ha pubblicato una raccolta di brevi saggi (In quieta

ricerca, Percorsi Editore, 2012) e una raccolta di poesie (Per aspera, Delta 3 Edizioni,

2013).

Insegnano entrambi: il primo Lettere nel Liceo Classico di Potenza, il secondo Fi-

losofia e Storia nel Liceo Classico di Benevento.

Page 32: animal (segnavia n. 1)

2

segnavia, n. 1, gennaio 2016 LUCA RANDO

La vita degli animali p. 1

Dopo un sogno p. 16

Animal p. 18

Se niente importa p. 21

NICOLA SGUERA

Senza idillio p. 6

Ora p. 17

Bibliografia p. 28