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ANNO XLV MARZO-APRILE 2010 88/10 BIMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI ROMA E PROVINCIA segue ARCHITETTURA a cura di Massimo Locci - PROGETTI Fes: riqualificazione della Place Florence 12 Francesca Rossi PROTAGONISTI ROMANI Pietro Barucci 15 Elio Piroddi EVENTI 50 anni dell’INARCH 20 Massimo Locci a cura di Carlo Platone - IMPIANTI Progettazione sostenibile in ambiti di pregio 24 Franco Gugliermetti, Federico Cinquepalmi, Fabrizio Cumo, Giuseppe Piras, Valentina Sforzini a cura di Giovanni Carbonara e Alessandro Pergoli Campanelli - RESTAURO La stazione di Montesanto 28 Alessandro Castagnaro a cura di Claudia Mattogno - URBANISTICA La via Francigena 32 Antonio Pietro Latini La via Francigena nel Comune di Formello 36 Stefania Pisanti La via Francigena come percorso di sviluppo locale 38 Sergio Celestino Consiglio dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Roma e Provincia (in carica per il quadriennio 2009-2013) Direttore Lucio Carbonara Vice Direttore Massimo Locci Direttore Responsabile Amedeo Schiattarella Hanno collaborato a questo numero: Mariateresa Aprile, Luisa Chiumenti, Claudia Mattogno, Alessandro Pergoli Campanelli, Giuseppe Piras, Carlo Platone, Francesca Rossi, Luca Scalvedi, Monica Sgandurra, Elio Trusiani, Massimo Zammerini Segreteria di redazione e consulenza editoriale Franca Aprosio Edizione Ordine degli Architetti di Roma e Provincia Servizio grafico editoriale: Prospettive Edizioni Direttore: Claudio Presta www.edpr.it [email protected] Direzione e redazione Acquario Romano Piazza Manfredo Fanti, 47 - 00185 Roma Tel. 06 97604560 Fax 06 97604561 http://www.rm.archiworld.it [email protected] [email protected] Progetto grafico e impaginazione Artefatto/Manuela Sodani, Mauro Fanti Tel. 06 61699191 Fax 06 61697247 Stampa AGB 1881 srl Via Antonio Bosio 22 00161 Roma Distribuzione agli Architetti iscritti all’Albo di Roma e Provincia, ai Consigli degli Ordini provinciali degli Architetti e degli Ingegneri d’Italia, ai Consigli Nazionali degli Ingegneri e degli Architetti, agli Enti e Amministrazioni interessati. Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano l’Ordine né la Redazione del periodico. Pubblicità Agicom srl Tel. 06 9078285 Fax 06 9079256 Spediz. in abb. postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1.DCB - Roma - Aut. Trib. Civ. Roma n. 11592 del 26 maggio 1967 In copertina: Riqualificazione della Place Florence a Fes, planimetria notturna Tiratura: 16.000 copie Chiuso in tipografia il 30 aprile 2010 ISSN 0392-2014 Presidente Amedeo Schiattarella Segretario Fabrizio Pistolesi Tesoriere Alessandro Ridolfi Consiglieri Loretta Allegrini Andrea Bruschi Orazio Campo Patrizia Colletta Enza Evangelista Alfonso Giancotti Luisa Mutti Aldo Olivo Francesco Orofino Christian Rocchi Virginia Rossini Livio Sacchi

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Page 1: ANNO XLV MARZO-APRILE 2010 88/10 - AR Magazine · la sua monografia edita da Electa (2009), di Ruggero Lenci. Oltre a una lunga introduzione dell’autore, alle schede dei progetti

ANNO XLVMARZO-APRILE 2010

88/10BIMESTRALE DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI ROMA E PROVINCIA

segue

A R C H I T E T T U R A

a cura di Massimo Locci - PROGETTI

Fes: riqualificazione della Place Florence 12Francesca Rossi

PROTAGONISTI ROMANI

Pietro Barucci 15Elio Piroddi

EVENTI

50 anni dell’INARCH 20Massimo Locci

a cura di Carlo Platone - IMPIANTI

Progettazione sostenibile in ambiti di pregio 24Franco Gugliermetti, Federico Cinquepalmi,

Fabrizio Cumo, Giuseppe Piras, Valentina Sforzini

a cura di Giovanni Carbonara e Alessandro Pergoli Campanelli - R E S T A U R OLa stazione di Montesanto 28

Alessandro Castagnaro

a cura di Claudia Mattogno - U R B A N I S T I C ALa via Francigena 32

Antonio Pietro Latini

La via Francigena nel Comune di Formello 36Stefania Pisanti

La via Francigena come percorso di sviluppo locale 38Sergio Celestino

Consiglio dell’Ordine degli Architetti,Pianificatori, Paesaggisti e

Conservatori di Roma e Provincia(in carica per il quadriennio 2009-2013)

DirettoreLucio Carbonara

Vice DirettoreMassimo Locci

Direttore ResponsabileAmedeo Schiattarella

Hanno collaborato a questo numero:Mariateresa Aprile, Luisa Chiumenti,

Claudia Mattogno, Alessandro Pergoli Campanelli, Giuseppe Piras,

Carlo Platone, Francesca Rossi, Luca Scalvedi, Monica Sgandurra, Elio Trusiani, Massimo Zammerini

Segreteria di redazione e consulenza editoriale

Franca Aprosio

EdizioneOrdine degli Architetti di Roma e Provincia

Servizio grafico editoriale:Prospettive Edizioni

Direttore: Claudio Prestawww.edpr.it

[email protected]

Direzione e redazioneAcquario Romano

Piazza Manfredo Fanti, 47 - 00185 RomaTel. 06 97604560 Fax 06 97604561

http://[email protected]

[email protected]

Progetto grafico e impaginazioneArtefatto/Manuela Sodani, Mauro Fanti

Tel. 06 61699191 Fax 06 61697247

StampaAGB 1881 srl

Via Antonio Bosio 22 00161 Roma

Distribuzione agli Architetti iscritti all’Albodi Roma e Provincia, ai Consigli degli

Ordini provinciali degli Architetti e degliIngegneri d’Italia, ai Consigli Nazionali

degli Ingegneri e degli Architetti, agli Enti e Amministrazioni interessati.

Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano

l’Ordine né la Redazione del periodico.

Pubblicità Agicom srl

Tel. 06 9078285 Fax 06 9079256

Spediz. in abb. postale D.L. 353/2003(conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1comma 1.DCB - Roma - Aut. Trib. Civ.Roma n. 11592 del 26 maggio 1967

In copertina: Riqualificazione della Place

Florence a Fes, planimetria notturnaTiratura: 16.000 copie

Chiuso in tipografia il 30 aprile 2010 ISSN 0392-2014

PresidenteAmedeo Schiattarella

SegretarioFabrizio Pistolesi

TesoriereAlessandro Ridolfi

ConsiglieriLoretta AllegriniAndrea BruschiOrazio CampoPatrizia Colletta

Enza EvangelistaAlfonso Giancotti

Luisa MuttiAldo Olivo

Francesco OrofinoChristian RocchiVirginia Rossini

Livio Sacchi

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P A E S A G G I O - a cura di Lucio Carbonara e Monica Sgandurra

40 La Francigena: aspetti paesaggistico-ambientaliEmanuela Biscotto

44 Via Francigena: riscoperta del valore dei luoghiGabriella Marucci

S P A Z I D E L L ’ A B I T A R E - a cura di Mariateresa Aprile e Claudia Mattogno

46 Abitare la periferia romana contemporaneaCarlo Cellamare

R U B R I C H E

49 LETTERE

50 LIBRI

53 ARCHINFO - a cura di Luisa Chiumenti

MOSTRERestauro della Fontana dell’Acqua Acetosa.La nuova sede della Fondazione Cloe.

EVENTI

Esposizione di Niki de Saint-Phalle.Le architetture di E. Hopper.Treviso: Carlo Scarpa e il Palazzetto.Fiber Art di Cecilia Natale.Concorso ProgettoSoggetto.

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AP R O G E T T I a cura di Massimo Locci

Obiettivo comune alle cittàdi Fes e di Firenze, che han-no sottoscritto un patto digemellaggio nel 1963, è

quello di realizzare interventi rivolti allatutela e valorizzazione del patrimonioculturale, al miglioramento dell’habitatlocale attraverso progetti che testimoni-no l’amicizia tra le due città, in un reci-proco scambio di conoscenze, suggestio-ni e riferimenti storici di cui entrambe lerealtà sono portatrici.

La riqualificazione della “Place Floren-ce”, uno dei principali spazi pubblici del-la “ville nouvelle” di Fes, dedicata dallacittà marocchina alla città di Firenze, ri-sponde a questo scopo e offre l’occasioneper una collaborazione concreta tra ledue città sia a livello culturale che tecni-co. Nel mese di agosto del 2008 vienebandito dal Comune di Firenze un con-corso internazionale di idee per acquisireproposte progettuali per il rifacimentodella piazza che, ubicata lungo l’Avenue

Un concorso per il rifacimento di uno deiprincipali spazi pubblici della cittàmarocchina, dedicato alla città di Firenze, haofferto l’occasione ai progettisti di creare unluogo simbolo che racchiuda le anime dientrambi i popoli, ne consolidi le relazioni e nepromuova lo sviluppo e lo scambio artistico,culturale e artigianale.

FES:RIQUALIFICAZIONEDELLA PLACEFLORENCE

Doppio sistema delle piazze

Sistema del verde e delle fioriture

Sistema dell’acqua

Francesca Rossi

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Hassan II, uno dei principali assi urbanidella città nuova già oggetto di numerosiinterventi di riqualificazione, rappresen-ta un luogo simbolico per la città nonchéimportante punto di incontro dei suoicittadini. Nel bando non vengono date indicazionidettagliate alla progettazione, per con-sentire ai concorrenti di esprimere con lamassima libertà creativa la propria inter-pretazione del luogo e delle finalità cui èpreposto, vengono però sottolineate al-cune caratteristiche cui i progetti do-vranno comunque rispondere: l’integra-zione con il contesto urbano e la valoriz-zazione del ruolo simbolico che la piazzaassume nello storico legame con la cittàdi Firenze; il massimo comfort ambien-tale e spaziale per i cittadini di Fes che ri-conoscono nella piazza un importanteluogo di vita e di aggregazione; una par-ticolare attenzione alla scelta dei materia-li, ai colori e alle finiture per garantire ilmassimo della qualità e delle prestazioniper rispondere ad esigenze di carattereformale, di sicurezza, durabilità e facilitàdi manutenzione; l’ottimizzazione del-l’organizzazione funzionale degli spaziinsieme alla valorizzazione dell’idea ar-chitettonica dal punto di vista degli arre-

di, dell’illuminazione e del trattamentodelle superfici al fine di garantire un am-biente urbano di alta qualità che garanti-sca un uso della piazza armonico e flessi-bile da parte di tutti, anche a coloro cheabbiano capacità motorie ridotte.Il progetto vincitore, di Marco Marrocchi(capogruppo) e Lara Turchini, due giova-ni architetti romani, risponde alle richie-ste del bando a partire da una chiara vo-lontà progettuale: creare un luogo simbo-lo che racchiuda le anime di entrambi i

popoli, ne consolidi le relazioni e ne pro-muova lo sviluppo e lo scambio artistico,culturale e artigianale attraverso evoca-zioni figurative, materiali e colori.I riferimenti concettuali scelti sono fortied efficaci, soprattutto l’immagine delleconcerie di Fes che, astratta e semplifica-ta, diventa generatrice di forme e di colo-ri, evocando funzioni ed esperienze loca-li (l’acqua, la luce, il giardino). A questa sisovrappone l’immagine schematizzata,forse con qualche forzatura, del tessuto

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urbano storico di Firenze e dei suoi mo-numenti più importanti che restituisce,attraverso l’utilizzo dei materiali tipicitoscani (pietra serena, pietra bigia e mar-mi policromi), l’idea di uno spazio ordi-nato e riconoscibile attraverso le sue ge-rarchie costitutive.Dalla sovrapposizione formale di questeimmagini nasce un doppio sistema dipiazze, uno dedicato alla città di Fes e l’al-tro dedicato alla città di Firenze, cui si ag-giunge il sistema del verde e delle fioritu-re (fiori di Medina, menta, legno di ce-dro, olivi profumati e palme) ed il siste-ma dell’acqua (formato da vasche di di-verse dimensioni e colori). I riferimentifigurativi ad entrambe le città si arricchi-scono ulteriormente attraverso l’utilizzo,per la pavimentazione, di pietre dure sul-le quali riprodurre schizzi di monumentie di manufatti storici, di mappe e di ve-dute antiche tra i più rappresentativi del-la città di Firenze e attraverso l’uso di mo-saici, ceramiche e decorazioni epigrafi-che tipici delle città marocchine. L’insieme di tutti questi elementi vieneordinato secondo una maglia formale re-golare articolata per moduli di dimensio-ni differenti (8 x 8m, 10x10m, 12x12m).L’immagine complessiva della piazza sem-bra così allontanarsi dall’idea di spazio in-troverso, riservato e segreto della tradizio-ne araba, dal tessuto irregolare e tortuosodella Medina, dal sistema dei recinti chesepara quartieri ed etnie, per rappresenta-re piuttosto l’immagine di una“città nuo-va”, che dialoga apertamente con le esi-genze di una società che cambia. In que-sto senso la molteplicità dei riferimentiutilizzati nel progetto può essere letta aldi là della celebrazione puramente for-male delle tradizioni culturali delle duecittà coinvolte, per essere la testimo-nianza di un superamento comune versoidentità più consapevoli e coese.

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L’intervista a Pietro Barucci vienepubblicata in occasione dell’uscita del-la sua monografia edita da Electa(2009), di Ruggero Lenci. Oltre a una

lunga introduzione dell’autore, alle schede deiprogetti e ai numerosi testi autografi di Pie-tro Barucci, il volume contiene le introduzionidi Leonardo Benevolo, Giorgio Muratore,

Alessandra Muntoni, Franco Purini. Neemerge una figura di alto profilo a livello na-zionale e, per alcuni versi, internazionale.Sempre attento alla dimensione urbana delprogetto architettonico declinato con il metodorazionalista, Barucci ha progettato e realiz-zato opere a Roma, Napoli, Livorno, Torino,oltre che diversi piani particolareggiati per di-

verse città della Tunisia e dell’Etiopia. La mo-nografia è stata presentata all’Accademia diSan Luca il 15 febbraio 2010 da PasqualeBelfiore, Giorgio Ciucci, Carlo Melograni,Elio Piroddi, Marcello Rebecchini, che nehanno messo a fuoco la figura di indiscussoprotagonista della scena architettonica eurbanistica italiana ed europea.

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PIETRO BARUCCI Intervista di Elio Piroddi auno dei protagonisti dellascena architettonica eurbanistica italiana ed europea.

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Palazzina in via Orione aiMonti Parioli – Roma,

1947 - con Carlo CestelliGuidi (strutture)

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D. Io credo che si possa dire di te: haiattraversato la vicenda dell’architetturaitaliana in linea retta. Saresti d’accor-do? Come interpreti questa asserzioneanche alla luce di ciò che avviene oggi inarchitettura ?R. Sono d’accordo sulla linea retta chetrae origine dal carattere un po’ baldan-zoso che avevo all’inizio della mia attivi-tà e che è rimasto a lungo pressoché im-mutato, ma che ha mostrato qualche ce-dimento negli anni Ottanta quando, neimiei sessanta, lavoravo a Napoli. Tu pe-rò osservi che anche il cedimento ha se-guito un percorso rettilineo e forse è co-sì: sono un incorreggibile razionalista,anche se trovo la definizione un po’ alti-sonante. In molti casi si è trattato dibuon senso comune, o così mi è parso. D. Saresti ancora capace di seguire unalinea retta? E magari la stessa? In altreparole, lungo quali linee di ricerca po-trebbe svilupparsi il tuo razionalismo? R. Resto sconcertato dal fatto che anchetu, come altri, continui a rivolgerti a mecome se avessi davanti un radioso futu-ro, che invece – come diceva Gassman –è dietro le spalle. Non so lungo quali li-nee di ricerca potrebbe svilupparsi il miorazionalismo. So per certo che non si svi-lupperà in alcun modo, ma non perchéabbia pentimenti o rimorsi, solo perchého chiuso. Ho sempre fatto ciò che misembrava necessario, con convincimen-to; è stato così anche al Laurentino, an-che a Taverna del Ferro - le mie opere piùdiscusse - ma che, quando le proposi, fu-rono accolte con largo consenso. Eranoin linea con le attese generali, anche se

troppo avanti rispetto a ciò che il sistemaavrebbe potuto capire e sostenere. D. Facciamo come nei concorsi universi-tari: non puoi presentare più di cinque osei tuoi progetti. Quali scegli? E perché.R. Volendo ricostruire il percorso “retti-lineo”, sono queste per me le opere piùsignificative:Roma – Palazzina Orione in via deiMonti Parioli / Livorno – Vari Quartie-ri, Mercato Ittico / Roma – Piazzale Ca-ravaggio / Roma – Quartiere Laurenti-no, Settore Nord Est / Napoli – PSER,Interventi di recupero al Casale di Barra,Edilizia di Completamento.La palazzina ai Parioli è il punto di par-tenza, il primo edificio; avevo adottatoVincenzo Monaco quale padre spiritua-le: il più abile, disinvolto architetto dipalazzine. È questa l’esperienza più pa-lingenetica: il brusco passaggio dai ban-chi di Valle Giulia al cantiere.

Poi il lungo tirocinio durante gli anniCinquanta a Livorno, specialmente suitemi dell’edilizia pubblica, conclusosi conla vittoria nel concorso nazionale per ilMercato Ittico, assieme a Beata Di Gad-do. A latere ho partecipato non senza con-vinzione ad una breve attività imprendi-toriale a Roma, da costruttore. Fu un pe-riodo sperimentale, alla ricerca di consoli-damento professionale, di conferme. Poi scoppiarono gli anni Sessanta: gli stu-di di urbanistica all’estero, le ricerche sul-la prefabbricazione, la Tecnosider S.p.A.,ma soprattutto Piazzale Caravaggio eviaggi importanti in Europa. A margine,frequentazioni di Adalberto Libera e fu-gace ritorno a Valle Giulia, al suo fianco.Fu questo il passaggio più stretto dellamia lunga storia, poi conclusosi, dopo lascomparsa di Libera, col deludente in-contro con Quaroni e con la decisione dilasciare per sempre l’università.

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Mercato Ittico – Livorno, 1961con Beata Di Gaddo, Antonio Michetti (strutture)

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Un periodo, quindi, frenetico, anche digrandi aperture, di scelte trancianti, direalizzazioni. La linea retta “ha tenuto”ancora, puntando risolutamente versogli anni Settanta, con i “tunnel” e i “pon-ti” del Laurentino. Credo che il progettodel Settore Nord Est del quartiere siauna importante stazione di transito lun-go quella linea retta. Non voglio certodisconoscere la mia convinta partecipa-zione a tutto il progetto urbanistico delQuartiere Laurentino, ma il progetto delSettore Nord Est racchiude in modoparticolare tutto lo spirito di quella in-trepida esperienza. Dalla quale sono ripartito poi per Napo-li, dove sono rimasto a lungo e, dopo al-terne vicende, ho chiuso il mio percorsodi architetto costruttore. La linea retta,di fatto, è terminata a Napoli. D. Quali consideri i tuoi ascendenti?Non solo italiani.R. Gli italiani: Arnaldo Foschini, MarioDe Renzi, Adalberto Libera, ma ancheVincenzo Monaco. Malgrado le tue per-plessità, i miei ascendenti sono proprioquelli, anche se il mio sguardo ha spessovagato altrove. Potrei aggiungere alcuniamici di mio padre, di cui ho ascoltato i di-scorsi quando ero in tenera età, quali Vit-torio Cafiero o Giuseppe Capponi, con iquali però non ho avuto frequentazioni.Ho una certa riluttanza, che forse ti sem-brerà incomprensibile, a citare i miei ri-ferimenti stranieri. Cose del passato.Quelli nostrani, che ti ho già elencato,sono coloro per cui ho provato un fortesenso di appartenenza, anche fisica, ditenerezza quasi filiale.

A scala nazionale ci sono stati i milanesi,per i quali ho provato grande ammira-zione e che considero ancora superiori anoi romani, praticamente in tutto. Dalrazionalismo ai revivals. Più seri, più im-portanti. Passando ai miti: dei Maestri ho amatopiù di tutti Corbu, anche più dei gran-dissimi Mies o Gropius (più come capo-scuola che come architetto), o Asplund.Di Corbu ho amato la creatività pro-rompente, che va oltre la razionalità, ungrande artista di tipo rinascimentale,polimorfo, irrefrenabile. Pittore, sculto-re, pubblicista. Le critiche alle sue archi-tetture fanno ridere. Venendo infine agli architetti militanti,per semplificare: prima Arne Jacobsen,poi Bakema e infine James Stirling, i trenomi che a mio avviso hanno dominato lascena internazionale durante gli anni del-la mia operosità. La resa di Stirling al post-

modern è stata per me un dolore fisico, dapiangere, come perdere una persona cara. Come Paese, più di tutti ho amato laGran Bretagna, per il primato nell’inno-vazione e per la capacità di trasferire im-mediatamente nella realtà le idee inno-vative più audaci.D. Senti o hai sentito di appartenere auna scuola o a una tendenza?R. Quanto al senso di appartenenza devoprecisare alcune cose. Per me, la ScuolaRomana è circoscritta al dopoguerra ed èstata soprattutto Mario Ridolfi, il Con-corso della Stazione Termini, il neoreali-smo, Mario Fiorentino, il gruppo del-l’APAO, Palazzo Del Drago, il Manuale,Metron. Persone e fatti che mi hannomolto interessato, che ho ammirato, chetalvolta mi hanno anche influenzato(INA Casa al Tuscolano), ma da cui misono sempre sentito diverso. Non condi-videvo in sostanza le tendenze evasive, al

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Centro Direzionale a Piazzale Caravaggio –Roma, dal 1963 - con Ugo Sacco, Arrigo Carè(strutture)

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limite del sedizioso, dall’empirismo scan-dinavo all’organicismo alla Zevi, dal Ti-burtino del gruppo Ridolfi-Quaroni ai ri-petuti tentativi di scardinare o attenuare ilRazionalismo, che ho sempre consideratola strada maestra da rispettare e da segui-re. L’arguto libello di Bargellini Control’Architettura Organica era per me oro co-lato. Sentivo di appartenere alla Scuola diValle Giulia, o meglio al versante moder-no della Scuola di Valle Giulia, quello diDe Renzi e Libera, con riferimenti a scalanazionale come Terragni o Pagano e a sca-la internazionale come Asplund o Mies.Poi, più avanti, ho sempre diffidato deirevivals, dei revisionismi, dei post-qual-che cosa e ho provato qualche affinità conarchitetti aventi a che fare in qualche mo-do con l’ingegneria, come Giancarlo DeCarlo, Lucio Passarelli o tu stesso, Elio Pi-roddi, e altri. Trovavo in loro un conforto,un senso di ponderatezza, di continuità,di stabilità. Il contrario insomma del no-madismo intellettuale alla Quaroni.D. E se dovessi scegliere cinque o piùprogetti contemporanei, in Europa ma

anche nel mondo, quali sono quelli cheti piacciono di più?R. Cercherei fra Corbu, Bakema, Stirling(prima della crisi), Moneo, Foster, Gehrye pochi altri. Mi restano le emozioni for-mative, indimenticabili: Ville Savoy, laMaison Suisse a Parigi, il Chrysler a NewYork, il Phoenix a Düsseldorf, il Gug-genheim a Bilbao. Sono più interessato aisentimenti che promanano dalle opere,che al loro valore assoluto; ad esempio, ladolcezza, la misura di Rafael Moneo, o lasatira travolgente di Gehry. D. Residenza sociale: torna la grandedimensione? Come ad esempio il Silo-dam di Amsterdam e il Mirador di Ma-drid di Mvrdv. Funziona? R. È un passaggio obbligato. Per le classiabbienti funziona, per quelle meno ab-bienti non funziona. Non resta che at-tendere la loro emancipazione. Ma aHong Kong funziona anche per loro.D. Ma, allora, anche Corviale e VigneNuove?R. Certamente, anche Corviale e VigneNuove.

D. In che cosa il progetto del Laurenti-no è peculiare rispetto agli altri grandiinterventi di edilizia sociale?R. Il Laurentino è un tentativo di creareun tessuto fatto di elementi ripetibili, piùla ricerca di un metodo di crescita chenon un progetto immobile e autorefe-renziale. Il Laurentino, o almeno la partedi edilizia pubblica sovvenzionata, è sta-to realizzato in un sol colpo, ma quandoabbiamo ricevuto l’incarico del progettourbanistico si pensava che dovesse essererealizzato per fasi, in tempi successivi an-che lunghi, da operatori diversi.Le insulae, quelle che poi Ruggero Lenciha chiamato le vertebre urbane, erano sta-te create in quello spirito e per quel fine.D. Quali ritieni che siano i punti o ipassaggi più critici nella costruzionedell’architettura: il planning, il pro-gramma di progetto (se c’è), la qualità,o le idee, del committente, la fase attua-tiva, la capacità, o la scarsa capacità me-dia, dei progettisti? R. Il progetto. Più della committenza,che pure è importantissima, più del fi-

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Pietro Barucci si laurea con lode nel luglio1946 e apre lo Studio professionale a Romanel 1947. Alla Facoltà di Ingegneria di Roma èstato Assistente di Giuseppe Nicolosi(1947/48) nel Corso di Architettura e Compo-sizione Architettonica. Alla Facoltà di Architet-tura di Roma – Valle Giulia è stato Assistente diArnaldo Foschini (1946/55) e di Adalberto Li-bera (1962/63) nel Corso di ComposizioneArchitettonica; poi Professore a contratto negli

anni ’80. Nel 1995/96 ha tenuto all’Universi-tà di Harvard a Cambridge (USA) un semina-rio sull’edilizia pubblica italiana nella secondametà del Novecento. È stato invitato a tenereseminari di studio presso le Università di Ro-ma, Venezia, Napoli. Dal 1950 al 1960 si occupa della redazione diprogetti di edilizia residenziale pubblica, comenel Quartiere INA Casa a Livorno-Coteto e nelcomplesso IACP del Quartiere Stadio-La Rosa di

Livorno. A Roma nei primi anni Sessanta realiz-za il Centro Direzionale del Piazzale Caravag-gio e l’edificio per uffici dell’Ente Nazionale Pre-videnza Medici in via Torino, 38.In contemporanea Barucci partecipa con esitipositivi a vari importanti concorsi di architettu-ra: come capogruppo insieme a G. Barucci, L.Benevolo, C. Melograni, U. Sacco ottiene il se-condo premio ex-aequo al Concorso per la Bi-blioteca Nazionale di Roma; in collaborazio-

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nanziamento, più del costruttore, piùdel contesto, più della gestione, e cosìvia. Conta soprattutto la mano, la cultu-ra, la qualità complessiva dell’architettoche progetta.D. E se lo stesso progettista, che suppo-niamo di qualità, fa una cosa ottima euna cosa pessima nello stesso periodo, emagari nella stessa città, dipende sem-pre da lui?R. Sì, soprattutto da lui.D. Anche nell’architettura moderna econtemporanea i capolavori non manca-no; ma non trascinano la produzione cor-rente, anzi spesso la plagiano con pessimirisultati (discorso non molto diverso si po-trebbe fare per la musica e, per moltiaspetti, anche per le altre arti). Se condi-vidi quali pensi che siano le ragioni?R. L’individualismo dilagante. Nessunoaccetta più di appartenere a una culturacomune, modesta, condivisa. Tutti vo-gliono essere super, diversi, liberi, ricchi,famosi. Per poi andare a sbattere mala-mente. Scusa per il luogo comune. D. Un’ultima domanda (che muove dal-

la mia lunga frequentazione aquilana)sulla ricostruzione del centro de L’Aqui-la: com’era e dov’era, liberi tutti o cosa?R. Com’era è impossibile. Anche La Fe-nice a Venezia è diversa. Occorrerebbeun piano di recupero colto, intelligente,largamente partecipato, come è stato inFriuli nel 1977. Credo che allo stato del-le cose nessuno sia più in grado di farlo.Dopo il fallimento dell’Irpinia, ha pre-

valso la burocrazia d’attacco alla Bertola-so, una protezione civile militarizzata,efficiente e incapace di cultura che in unsol colpo produce case squallidamenteabitabili, sparpagliate a caso, cancellan-do tutti i superstiti, possibili addentella-ti da cui potrebbe rinascere una città.Dal clima del soccorso nasce così un fer-vore autoritario e cieco, reo dell’inesora-bile falcidia dei tessuti umani e sociali.

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P R O T A G O N I S T I R O M A N I

ne con Beata Di Gaddo vince il Concorso per ilMercato Ittico di Livorno e in collaborazionecon G. Barucci e U. Sacco vince il premio per laricerca tecnologica nel Concorso per la CasaUnifamiliare Europea a Gand (Belgio). Inoltre, durante gli anni ’60, è stato incaricato divari piani urbanistici in Tunisia e, a seguito diConcorso Internazionale, in Etiopia. In entrambii casi ha aperto sedi locali dello Studio dove hasvolto i temi affidatigli dai rispettivi governi.

La vastissima opera professionale continua neglianni ’70 con numerose realizzazioni: il pianourbanistico e i progetti edilizi dei comparti IACPdel Quartiere Laurentino (30.000 abitanti) e delQuartiere di Torrevecchia, entrambi a Roma econtinua poi con le progettazioni per l’ISVEUR alQuartiere Tor Bella Monaca per 1.730 alloggi, eil Quartiere Quartaccio per 4.000 abitanti, sem-pre a Roma, quest’ultimo segnalato al PremioRegionale INARCH per il Lazio 1990.

Del 1982/93 è la partecipazione al Piano Stra-ordinario Edilizia Residenziale di Napoli, qualeconsulente responsabile del Consorzio Conces-sionario degli interventi di riqualificazione deiquartieri San Giovanni e Barra, vincendo il Pre-mio Nazionale INARCH 1991/92 per gli inter-venti di riqualificazione del Casale di Barra.Barucci ha donato il suo archivio privato all’Ar-chivio Centrale dello Stato ed è consultabilepresso la sede di Roma, via Simone Martini 145.

Pagina a fianco:• Quartiere 1° PEEP Laurentino 38 – Roma, dal

1973, con A. De Rossi, L. Giovannini, C. Nucci, A. Sostegni (progetto urbanistico)

In questa pagina, dall’alto:• Quartiere 2° PEEP Quartaccio – Roma, dal

1984, con M. Avagnina, S. Ombuen, G. Palombi, M.C. Perugia, P. Pizzinato

• Complesso ISES a Spinaceto – Roma, dal1966, con Luisa Anversa e Claudio Dall’Olio,Beata Di Gaddo, Ugo Sacco

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A lla presenza un folto pubbli-co di progettisti, imprendi-tori, uomini di cultura il 26ottobre 2009, all’Audito-

rium Parco della Musica, si è svolta la fe-sta-evento con la presentazione del libroe del DVD, edito da Edilstampa, proie-zioni di filmati e un concerto finale. Lapubblicazione documenta l’intera storiadell’IN/ARCH (nel DVD sono presentile immagini e la cronologia dell’archiviostorico; circa 2500 iniziative tra dibatti-ti, convegni, mostre, concorsi, studi eapprofondimenti disciplinari) in cui lacultura progettuale e imprenditoriale siè sempre confrontata con le istanze pro-venienti dalla collettività. I differenti ap-

procci disciplinari che da sempre al suointerno si sono confrontati, si rispec-chiano nel libro che volutamente acco-glie contributi di varie figure, anche conposizioni alternative, a testimoniare ilvalore del dialogo che rappresenta l’iden-tità plurima dell’Istituto Nazionale diArchitettura. Attraverso i vari saggiemerge la ricchezza dell’esperienza lungamezzo secolo e in parallelo della culturaarchitettonica italiana. Fin dalla fondazione, infatti, Bruno Ze-vi aveva coinvolto tutte le figure interes-sate al processo di realizzazione dell’ar-chitettura, alla qualità dello spazio urba-no e più in genere alla trasformazionedell’habitat. Tra i primi aderenti e soste-

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Dopo mezzosecolo dibattaglie per laqualitàarchitettonica,urbana eambientale, unbilanciodell’attivitàdell’IstitutoNazionale diArchitettura,un’istituzioneprofondamentecoinvolta neiprocessi ditrasformazionecomplessivadella società.

50 ANNIDELL’IN/ARCHMassimo Locci

1959

BRUNO ZEVI

GIUSEPPE SAMONÀ

ADRIANO OLIVETTI

PIERLUIGI NERVI

LUIGI MORETTI

LUDOVICO QUARONI

LIONELLO VENTURI E GIANNI PRÀ ADALBERTO LIBERA

E V E N T I

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nitori troviamo politici come FiorentinoSullo, Aldo Natoli, Emilio Battista eUgo La Malfa (questi ultimi sono statiPresidenti dell’Istituto), imprenditoricome l’editore Giulio Einaudi, Giovan-ni Agnelli e Adriano Olivetti, uomini dicultura come Giulio Carlo Argan, Um-berto Eco, Tullio De Mauro, AlbertoMoravia, Pierpaolo Pasolini, FrancescoRosi, artisti come Turcato, Perilli, Vedo-va, il giornalista Sandro Curzi. Attraverso una metodologia critico-ope-rativa si voleva sensibilizzare la collettivi-tà sul valore etico/economico della qua-lità architettonica e far emergere la con-sapevolezza che l’architettura è una for-ma di rappresentazione della nazione

stessa: dare conto della sua capacità pro-duttiva è una forma di prefigurazionedel futuro. L’IN/ARCH negli anni ha affrontatotutti i temi e le problematiche dello svi-luppo urbano, della tutela attiva dei cen-tri storici e del paesaggio, dell’innovazio-ne tecnologica e della valorizzazione del-lo spazio antropico nel suo complesso. L’azione coordinata di intellettuali, im-prenditori, politici, uomini della finanzae dei progettisti, era strumentale anche amettere in evidenza nei mass-media i te-mi dell’urbanistica e dell’architettura,cogliendo le opportunità della nascentecultura della comunicazione. Tra i più si-gnificativi l’impegno ad approfondire la

multidisciplinarietà, l’apertura per l’in-novazione tecnologica e di processo, ilconfronto con la realtà internazionale,utile per comprendere e superare l’arre-tratezza della realtà italiana.Tre gli strumenti più efficaci dell’azionedell’Istituto Nazionale di Architettura percomprendere e anticipare le nuove pro-blematiche disciplinari: i “Lunedì dell’Ar-chitettura”, che da 50 anni si svolgonoininterrottamente nelle 8 sedi regionali, iPremi Nazionali e Regionali (dal 1962 fi-no a oggi), i Convegni/Concorso di Pro-gettazione. I dibattiti dei Lunedì hannoaffrontato le relazioni tra l’architettura,l’arte, il design, il paesaggio, le nuove tec-nologie, gli impianti e le soluzioni per

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AE V E N T I

1961

1961 - GIULIO CARLO ARGAN DURANTE LA

CERIMONIA DI CONSEGNA DEI PREMI NAZIONALI

1961 - EMILIO BATTISTA E PALMA BUCARELLI

ALLA PREMIAZIONE DEI GIORNALISTIVINCITORI PER IL

MIGLIOREARTICOLO DI

ARCHITETTURA

1962 - PALAZZO

ABATELLIS -

PREMIO ALLA

SISTEMAZIONE

MUSEOGRAFICA

A CARLOSCARPA

1962 - RINASCENTE DI ROMA -

PREMIO REGIONALE LAZIO 1962 - ILMINISTROFIORENTINOSULLO

1962

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contenimento energetico. Il tema dellasostenibilità ambientale, in particolare, èstato sempre presente, soprattutto dallafine degli anni ’70, quando fu scelto unpresidente come Aurelio Peccei, animato-re del Club di Roma che aveva redatto ilRapporto sui Limiti dello Sviluppo.

I Premi rappresentano uno spaccato (strut-turato per categorie) dell’architettura ita-liana di questo mezzo secolo. Tra i vincito-ri i migliori progettisti, tra cui il GruppoBBPR, Quaroni, Samonà, Sacripanti, Ri-dolfi, Nervi, Moretti, Aymonino, Gabettie Isola, Michelucci, De Carlo, Scarpa, Za-

nuso, Gae Aulenti. Nelle ultime edizioniricordiamo Piano, Canali, Fuksas, Cerri,Benini, Passarelli, King e Roselli.L’esperienza dei Convegni/Concorso diProgettazione è stata estremamente pro-ficua; una formula inedita, sviluppatacon importanti aziende industriali e su

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1963

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1979 - CONVEGNO GLI INSEDIAMENTI ITALIANI NEGLI ANNI ‘80:

LAMBERTUCCI, ZEVI, RAY, TERRANOVA

CIPOLLETTA E LANFRANCO SECCO

1980 - CONVEGNO INARCH: VITTORIA, ZEVI, ROSSI

1979 - SETTIMANA DELL’ARCHITETTURA

1963 - LEMANI SULLACITTÀ DI F. ROSIPROIEZIONEE DIBATTITO

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temi di forte carica sperimentale. Sononate così le varie edizioni dei premiIN/ARCH-DOMOSIC, IN/ARCH-FINSIDER, IN/ARCH-SIR, IN/ARCH-ANIACAP che ci forniscono uno spacca-to efficace della ricerca italiana della secon-da metà del Novecento, innovativa sia per

le tipologie edilizie sia per le tecnologie. A cinquanta anni dalla fondazione, dun-que, dopo mille proficue battaglie per laqualità architettonica, urbana e ambien-tale, l’Istituto Nazionale di Architetturafa un primo bilancio della propria attivi-tà, ridefinendo ruolo e finalità di un’isti-

tuzione profondamente coinvolta neiprocessi di trasformazione complessivadella società, elevandone i valori civilidel costruire, creando un confronto trale forze coinvolte nel processo, puntan-do sull’innovazione dell’intero cicloideativo e realizzativo.

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P remessaIl progetto descritto si inseriscenella linea di uno studio che il Di-partimento di Fisica Tecnica della

“Sapienza” Università di Roma ha realizza-to nell’ambito di una convenzione di Ri-cerca con il Ministero dell’Ambiente e del-la Tutela del Territorio e del Mare, finaliz-zata all’elaborazione di linee guida e speri-mentazioni per una gestione sostenibiledelle attività umane nell’ambito del Siste-ma Nazionale delle Aree Protette. All’in-terno del progetto sono stati utilizzati an-che i risultati riguardanti la sostenibilitàenergetico-ambientale dei materiali, pro-veniente da una ricerca triennale promossadal MIUR nell’ambito dei progetti FISRper il periodo 2007-2008-2009, che hacoinvolto oltre all’ENEA e al CNR anchele Università di Roma, Palermo e Perugia. Questi interventi, oltre a promuovere

protocolli applicativi di tutte le miglioritecnologie a basso impatto ambientale eche favoriscono il più alto livello di qua-lità della vita umana, considerano alcunispecifici aspetti legati alla sicurezza ed al-le migliori pratiche per l’ottimizzazioneenergetica e strutturale.

Descrizione dell’intervento Il Dipartimento di Fisica Tecnica ha indi-viduato, in accordo con il Comune di Ro-ma, un’area all’interno del territorio di Ro-ma da valorizzare e riqualificare attraver-so la creazione di un parco urbano soste-nibile, in cui realizzare un padiglione –prototipo attraverso cui “testare” le “buo-ne pratiche” di progettazione in terminidi tecnologie a basso consumo energeticoe strutture a basso impatto ambientale.La struttura è ubicata presso il PVP diSpinaceto località Tor de Cenci, in

un’area parco complessivamente di 7000m2 di cui 500 dedicati alla struttura.All’interno del Padiglione si svolgerannoattività ludiche per bambini ed attivitàdidattiche finalizzate alla sensibilizzazio-ne dei più piccoli e delle loro famiglieverso i problemi ambientali.Il progetto ha tenuto conto delle seguen-ti prescrizioni, derivanti dai protocolliprecedentemente sottoscritti con la Di-rezione generale della protezione naturadel Ministero dell’Ambiente e della Tu-tela del Territorio e del Mare (MATTM):• utilizzo di materie prime rinnovabili

per le strutture;• ricorso alle energie rinnovabili per la ri-

duzione dei consumi di energia;• minimizzazione dell’impatto su suolo,

acqua e aria;• elevato comfort ambientale degli spazi

interni.

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Aa cura di Carlo PlatoneI M P I A N T I

PROGETTAZIONESOSTENIBILEIN AMBITI DI PREGIO

Il caso studio di unPunto Verde Polivalentenel Comune di Roma

Franco GugliermettiFederico CinquepalmiFabrizio Cumo Giuseppe Piras Valentina Sforzini

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La struttura è composta da un unico edi-ficio concepito con tre corpi di fabbricafra loro comunicanti adibiti a funzioniludico ricreative. Le soluzioni impiantistiche adottateprevedono i seguenti sistemi e tecnolo-gie descritte in dettaglio nei paragrafisuccessivi:• tetto verde su un solo corpo di fabbrica;• recupero acque piovane e riuso delle

acque;• collettori solari per produzione acqua

calda sanitaria;• impianto fotovoltaico integrato nella

struttura e adesione al programma“Conto Energia”.

Il centro è strutturato come un laborato-rio didattico di integrazione di tecnolo-gie a basso impatto ambientale nel setto-re delle costruzioni mirato alla sensibi-lizzazione dei frequentatori e come polodivulgativo e dimostrativo sia a scala diquartiere sia per l’intera città di Roma.

Elementi progettuali sostenibiliSulla base di esperienze tecniche certifica-te da Enti di Ricerca sia italiani che euro-pei e nordamericani (CNR, ENEA, AWC,CWC), la progettazione è stata finalizzataalla realizzazione di un edificio a scopo lu-dico realizzato in un PVP del Comune diRoma con tutte le “buone pratiche” diprogettazione in termini di tecnologie abasso consumo energetico e strutture a bas-so impatto ambientale ma caratterizzateda elevate prestazioni tecnologiche.Tutte le tecnologie sotto elencate (in

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particolare le strutture in legno prefab-bricato) hanno tempi di realizzazione ra-pidi grazie a tecnologie di prefabbrica-zione esternalizzate, presentano caratte-ristiche di convenienza economica in-dubbia sia in fase realizzativa che di mes-sa in opera che a regime di utilizzo. Ulteriore vantaggio deriva dalla modu-larità di tali manufatti, che consente unagrande duttilità progettuale: sia nelleedificazioni totalmente nuove, sia in af-fiancamento agli edifici in fase di conso-lidamento e/o ristrutturazione a seguitodi lesioni sismiche.

Aspetti strutturali e tecnologici del legnoIn dettaglio è stato messo a punto un si-stema per la costruzione di edifici anche apiù piani, realizzati con struttura portan-te in pannelli lamellari di legno massicciodi spessore variabile dai 5 ai 30 cm realiz-zati incollando strati incrociati di tavoledi spessore medio di 2 cm. I pannelli ven-gono tagliati a seconda delle esigenze ar-chitettoniche completi di aperture perporte, finestre e vani scala e in seguito is-sati e collegati tra loro in opera con ango-lari metallici, chiodi a rilievi tronco-coni-ci e viti auto foranti; tali strutture, tutte diqualità certificata, sono caratterizzate daelevate prestazioni meccaniche e bassoconsumo energetico, ottimi livelli di sicu-rezza al fuoco e al sisma, comfort acusticoe durabilità nel tempo. L’indicazione dellegno come materiale strutturale innova-tivo per la realizzazione di costruzioni an-ti-sismiche in sostituzione del cementoarmato, limita l’impiego di quest’ultimoalla costruzione delle fondazioni in quan-to il legno vanta certamente quella bassadensità che consente di diminuire le mas-se inerziali, ossia i pesi coinvolti nella

struttura e questo fattore è certamente difondamentale importanza per aumentarela resistenza della struttura e diminuire ledeformazioni della stessa a seguito delleaccelerazioni imposte dal sisma.

Tecnologie energetiche sostenibili integrateNell’ottica della riduzione dei consumienergetici, molti Comuni d’Italia pun-tano oggi ufficialmente alle energie rin-novabili. Il Comune di Roma ha appro-vato una delibera che introduce l’obbli-go di adottare le energie rinnovabili perle nuove costruzioni: ogni edificio priva-to di nuova costruzione dovrà essere ali-mentato dalle fonti rinnovabili per il30% nel fabbisogno energetico totale ealmeno per il 50% nella produzione diacqua calda. La delibera dedica una par-ticolare attenzione agli aspetti esteticidei collettori solari, ovvero ogni installa-zione dovrà essere analizzata nel meritoper associare la migliore esposizione so-lare con l’esigenza di tutelare il patrimo-nio paesaggistico e culturale.I collettori termici riscaldano l’acqua sani-taria senza consumo di gas o di elettricità.Sono complementari allo scaldabagnoelettrico e alla caldaia a gas per ottenereacqua calda per il normale utilizzo dome-stico, infatti i collettori solari termici van-no considerati integrativi rispetto alletecnologie tradizionali, capaci quindi difornire direttamente solo parte dell’ener-gia necessaria all’utenza, energia che altri-menti dovrebbe essere prodotta dalla cal-daia tradizionale. La produzione di acquacalda sanitaria, con l’uso di energia elet-trica dissipata dalla resistenza presentenello scaldabagno, risulta un processo co-stoso dai punti di vista energetico, am-

bientale ed economico, se confrontatocon la produzione di acqua calda con cal-daie a gas. La sostituzione dello scaldaba-gno elettrico con un sistema integrato so-lare/gas interessa molte utenze domesti-che e pubbliche, di piccola taglia. Gli impianti fotovoltaici riducono la do-manda di energia da altre fonti tradizio-nali contribuendo alla riduzione dell’in-quinamento atmosferico (emissioni dianidride carbonica generate altrimentidalle centrali termoelettriche). Negli am-bienti domestici e condominiali i pan-nelli FV di piccole dimensioni possonoalimentare dispositivi posizionati in zonenon raggiunte dal servizio elettrico, adesempio nel giardino per alimentare lam-pioni. Gazebo FV, i tetti FV possono es-sere un buon complemento della rete perdiminuire i costi economici ed energeticiper l’alimentazione di piccoli manufattiedilizi e di strutture isolate o volutamen-te indipendenti dal contesto urbano.Vetri ad elevate prestazioni in termini ditrasmissione luminosa, controllo solare edisolamento termico; per controllare e mo-dificare la qualità o la quantità della lucesono stati studiati metodi e tecnologie deisistemi vetrati che hanno diverse funzio-ni, quali il controllo della radiazione sola-re, l’aerazione, il guadagno termico passi-vo, l’antiabbagliamento, la salvaguardiadella vista e della privacy, l’aumento del-l’illuminazione naturale e cosi via. Lenuove tecnologie hanno l’obiettivo di va-lorizzare e ottimizzare la luce naturale al-l’interno degli ambienti: diventa dunquecentrale al progetto il controllo e la gestio-ne della componente solare e luminosa. L’ottenimento di vetri speciali (colorati inmassa, riflettenti, basso-emissivi, antisola-ri), grazie a raffinate tecniche di deposizio-

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ne di ossidi e metalli sulla superficie e al-l’evoluzione della tecnologia, ha permessodi agire sempre più sul controllo solare,sull’isolamento termico e sul conteni-mento dei costi e dei consumi energetici.I vetri ad alta prestazione hanno caratte-ristiche tali da esercitare il controllo sullaradiazione solare massimizzando il rap-porto tra la trasmissione di luce e il valo-re di conducibilità termica. I vetri bassiemissivi conservano il calore d’invernograzie al coefficiente di trasmittanzamolto basso e mantengono il fresco nelperiodo estivo a causa del fattore solarepoco elevato e della bassa trasmissioneenergetica. Dunque lo studio delle pre-stazioni dell’involucro trasparente è rite-nuto fondamentale per il contenimentodei consumi e il miglioramento dell’effi-cienza energetica negli edifici.Nell’ambito delle tecnologie da speri-mentare si è proceduto attraverso:• la definizione in dettaglio delle tecno-

logie “passive” scelte in fase prelimina-re e la progettazione delle soluzioni tec-niche conformi;

• la definizione in dettaglio delle tecnolo-gie “attive” scelte in fase preliminare e ilrelativo dimensionamento di massima.

Tecnologie sostenibili legate al ciclo dell’acquaIl settore civile rappresenta ad oggi, unodei maggiori sfruttatori delle risorse idri-che, insieme al settore industriale. Ilmaggiore sfruttamento è legato ad usinon potabili, come scarico dei WC, irri-gazione del giardino ed elettrodomesti-ci. La risposta a tali problematiche stanella gestione sostenibile del ciclo delleacque, integrato nella progettualità. Tetto verde su parte della superficie della

copertura; nelle città non ci sono suffi-cienti aree verdi e quindi può essere deci-sivo l’inverdimento dei tetti per contri-buire al miglioramento del clima. Le su-perfici verdi contribuiscono a creare con-dizioni climatiche migliori rispetto allesoluzioni di copertura “tradizionali”:l’aria è più umida e pulita, la vegetazionerinfresca l’aria attraverso l’evaporazione,produce ossigeno e fissa le polveri. Du-rante le piogge il tetto verde funziona co-me una spugna provocando una forte ri-duzione del deflusso. Una gran quantitàdi questi tetti verdi, accumulando acqua,può contribuire a diminuire sensibil-mente il carico della rete di drenaggiodelle città. Possono essere risparmiati glioneri per costose opere di accumulo e laregolazione idrica. Il verde pensile portavantaggi anche ai proprietari degli edifi-ci. Un tetto verde fornisce anche isola-mento termico aggiuntivo. Le intempe-rie non hanno nessuna azione diretta sul-l’impermeabilizzazione e sulla strutturadelle coperture che sono così protette. Inestate è piacevolmente fresco, in invernosi risparmia sui costi di riscaldamento. Recupero acque piovane e riuso delle acquegrigie; in questo settore il 50% circa delfabbisogno giornaliero di acqua potabilepuò essere sostituito con acqua piovana.Gli impianti per il recupero dell’acquapiovana permettono la raccolta delle ac-que meteoriche per i più svariati utilizzi,consentendo un notevole risparmio di ac-qua potabile nel settore privato, negli edi-fici pubblici e industriali. Inoltre il recu-pero delle acque piovane riduce le quanti-tà eccessive, provocate dalle piogge ab-bondanti, che altrimenti confluirebberonella rete fognaria riducendone la capaci-tà depurativa. L’impianto per il recupero

dell’acqua piovana è composto da tre par-ti fondamentali: la cisterna, il filtro e il si-stema di pompaggio. L’acqua piovanaviene raccolta dal tetto e convogliata dalsistema di raccolta costituito da grondaiee pluviali in un collettore. Dal collettoreattraverso un filtro viene raccolta in ser-batoi provvisti di troppo pieno e di prote-zione contro l’ingresso di piccoli animali.Attraverso il funzionamento di una pom-pa sommersa l’acqua viene fatta passareattraverso una vasca di decantazione. Aquesto punto l’acqua raccolta è prontaper essere riutilizzata per gli usi non pota-bili della casa.

Risultati preliminari del monitoraggiodella strutturaÈ attualmente in atto un monitoraggiocomparato tra il modulo contenente l’in-sieme delle migliori tecnologie e quellostandard di riferimento, al fine di valuta-re l’efficacia sinergica delle tecnologiestesse. La campagna di misura è quasi ter-minata e già i primi dati raccolti sono in-dicativi: il sistema di produzione di ac-qua calda sanitaria e riscaldamento a ser-vizio dei bagni permette un risparmio diCO

2 giornaliera di 0,71 kg/giorno, men-tre il sistema fotovoltaico finalizzato al-l’illuminazione esterna (1,5 kWp) realiz-za una mancata emissione di CO2 pari a1,9 kg/giorno.Complessivamente il sistema di sfrutta-mento dell’energia solare permette di ri-durre le emissioni in atmosfera di CO2

di circa 2,6 kg/giorno.Per un’analisi dettagliata delle perfor-mance dell’involucro edilizio e del siste-ma di recupero e purificazione delle ac-que sono necessari rilevamenti protrattiper tempi più lunghi.

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P iazza Montesanto ha rappresen-tato, e idealmente rappresentaancora, una delle porte della cittàdi Napoli. Infatti, proprio all’in-

crocio tra via Ninni e via porta Medina,fu eretta nel 1640 da Cosimo Fanzago,uno dei maggiori esponenti dell’arte ba-rocca in Campania, la Porta Medina co-me ingresso alla città vicereale, demolitapoi nel 1873. Ma di lì a poco, nella stes-sa area saranno eretti i primi segnali di“PORTA” della città contemporaneacon la edificazione, nel 1882, delle ante-signane stazioni ferroviarie, della lineaCumana e poi di quella Metropolitana, esuccessivamente della stazione della pri-ma funicolare cittadina, che si inerpica-va creando il collegamento con la collinadel Vomero dal centro della città.La piazza e tutta l’area circostante hannosempre rappresentato un brano di città

ricco di gente che giunge, sbarca dai col-legamenti urbani su ferro, caratterizzatoda una intensa stratificazione storica, ar-chitettonica e sociale e da un pullulare difolla che, attirata anche dal vicino mer-cato della Pigna Secca, curiosa, acquistaprima di giungere alla centrale e storicavia Toledo. Per anni l’intera area è statavittima di condizioni di degrado am-bientale e sociale che ha coinvolto anchelo stato delle stazioni di trasporto pre-senti sul territorio.Nella politica delle nuove stazioni dellemetropolitane d’arte, sviluppata dallaRegione Campania, dall’assessorato aitrasporti e dall’assessore Ennio Cascettain particolare, rientra la progettazione ela rifunzionalizzazione della stazione diMontesanto, intesa come moderno polodi scambio. Napoli, città dove esiste unasorta di reticenza nei confronti dell’ar-

chitettura contemporanea, ha incaricatoper la realizzazione delle nuove stazionigli architetti più noti, molti appartenen-ti allo Star System internazionale, etero-genei e stravaganti: da Àlvaro Siza a Po-drecca, da Eduardo Soto de Mura a Ales-sandro Mendini, da Uberto Siola a GaeAulenti, da Massimiliano Fuksas a AnishKapoor, per citarne solo alcuni. Cosic-ché, in più occasioni, l’intero sistemametropolitano è stato definito un cam-pionario di architettura contemporanea. Il progetto della stazione di Montesanto

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LA STAZIONE DIMONTESANTO

Il nuovo polo discambio nel centrostorico di Napolirappresenta unasoluzione che coniugale preesistenze con unsistema di moderneinfrastrutture e che siinserisce nel contestoriqualificandolo.

a cura di Giovanni Carbonara e Alessandro Pergoli Campanelli

Alessandro CastagnaroRE

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Dall’alto e da sinistra:• Piazza coperta dalle antiche capriate

metalliche restaurate con passeggeri in attesa• Veduta a volo d’uccello, progetto sistema

integrato ad ampliamento stazione sull’areadell’ex ospedale militare

• Terminal dei treni con la copertura vetrata

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è stato affidato a Silvio d’Ascia, giovanearchitetto di origini napoletane, ormaida tempo trapiantato a Parigi, dove conAREP ha realizzato progetti di alto livel-lo qualitativo e vincitore di numerosiconcorsi, tra i quali quello della stazioneporta Susa di Torino.In questo progetto d’Ascia ha avuto uncompito difficile: rispettare e restaurarela preesistenza storica ed integrarla conuna stazione moderna, multifunzionale,tecnologica, che riuscisse a riammagliareuna serie di architetture e spazi urbani-stici ormai disaggregati e scollegati traloro. Si tratta di una soluzione che co-niuga le preesistenze con un sistema dimoderne infrastrutture, che si inseriscenel contesto riqualificandolo. La neces-saria demolizione delle numerose e pro-gressive superfetazioni realizzate nel cor-so del XX secolo ai vari livelli della sta-

zione ed il fedele restauro stilistico del-l’antico corpo di fabbrica originario,realizzato nel 1882 – costituito dal por-tico centrale con il loggiato superiore e idue torrini laterali –; l’integrazione fun-zionale e fisica delle due stazioni esisten-ti (Sepsa e Funicolare ANM) in un uni-cuum spaziale e volumetrico, valorizzan-do l’antico attraverso la realizzazione diun nuovo volume esterno in strutturad’acciaio e lamelle di vetro autopulenteper la Funicolare sul fronte nord; la ria-pertura delle due ali laterali del porticodi ingresso preesistente della facciataprincipale, come nella sua configurazio-

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A fianco, dall’alto:• Piazza Montesanto e la stazione in via di

completamento, emerge la piazza coperta conaffaccio al 2° livello

• Foto percorsi verticali interni

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potenziale dispositivo collinare di attrez-zature culturali di straordinaria qualitàarchitettonica ed ambientale (Comples-so della Trinità delle Monache, Certosadi San Martino, Castel Sant’Elmo).La stazione, recentemente inaugurata,assolve quindi al duplice obiettivo diuna razionalizzazione funzionale del si-stema dei percorsi interni e di una valo-rizzazione a scala urbana dell’intervento,inteso come elemento catalizzatore diun’opera di riqualificazione di un quar-tiere parzialmente degradato.Si tratta di un sistema architettonico cherispetta la morfologia originaria di base e

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ne originaria, per favorire la permeabili-tà funzionale e visiva tra l’edificio dellastazione e la rinnovata piazza Montesan-to, parzialmente pedonalizzata; la realiz-zazione di una copertura vetrata di circa1000 mq in corrispondenza dell’areabanchine; la realizzazione di un sistemadi circolazioni meccanizzate lungo i gra-doni del paradiso (6 scale mobili checonnettono la Piazzetta Montesanto conil Largo del Paradiso), in modo da ga-rantire il collegamento diretto con ilcomplesso conventuale della SS. Trinitàdelle Monache, ex-Ospedale Militare; larealizzazione, ancora, di una galleria sot-terranea come uscita supplementare disicurezza (con scale e scale mobili) a par-tire dalla coda delle due banchine cen-trali con una nuova uscita su vico Mon-tesanto e la possibilità di un futuro colle-

gamento intermodale con la stazione diMontesanto Olivella. Tutto questo faparte di alcuni dei temi affrontati e risol-ti brillantemente da Silvio d’Ascia. Temiche hanno consentito di ottenere un’ar-chitettura di qualità che, non avulsa dalcontesto, ma anzi ben fusa con l’intensavita di una parte di città, funge da mo-derno polo di scambio, rappresentando,inoltre, un luogo pubblico di integrazio-ne polifunzionale del settore dei traspor-ti con tutta la necessaria serie di attrezza-ture e servizi urbani.Come è stato, difatti, notato, l’attivazio-ne di un processo più ampio di riqualifi-cazione urbana dell’area del centro stori-co circostante, trova un punto di avvioproprio nella trasformazione dell’edifi-cio antico della stazione in moderno «fa-ro» del quartiere e testa di ponte di un

• Sezione longitudinalecon il percorso dellafunicolare

• Schizzi assonometrici di progetto

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le preesistenze per valorizzarle e per rein-terpretarle attraverso un linguaggio at-tuale, contemporaneo, mediante tecno-logie e materiali avanzati e un disegnocurato, ma che non si pone necessaria-mente al centro dell’attenzione. La sepa-razione dei flussi in ingresso ed in uscita,la realizzazione di un’ampia hall vetrataal piano banchine – zona d’attesa comu-ne, ottenuta con un sistema di tre ca-priate longitudinali in acciaio e vetro cheripetono per tre volte il loggiato libertyrestaurato che diventa un ampio balconeurbano su piazza Montesanto –; la co-pertura vetrata per la sopraelevata areadelle banchine con alle pareti delle arti-stiche foto di Mimmo Jodice che trac-ciano il percorso archeologico e paesag-gistico seguito dalla linea Cumana (dal-l’antro della Sibilla alla piscina Mirabi-lis); l’inserimento di funzioni commer-ciali – bar, tabacchi, edicola, info-point,book-store al piano terra; spazio poliva-lente, internet-point, bar-terrazza pano-ramica all’ultimo livello – ne fanno ne-cessariamente un terminal moderno.Ciò benché qualche dubbio sia stato ma-nifestato in merito al restauro del preesi-stente e alla grande vetrata esterna latera-le, importata da culture mitteleuropee,ove i sistemi di gestione e manutenzionesono sicuramente più efficienti. Solo recentemente si è appreso che la sta-

zione di Montesanto rientra in un pro-getto integrato di più ampio respiro nelcui ambito, su incarico del Comune diNapoli, d’Ascia ha progettato ai lati del-la stazione un sistema di scale mobili checollegano piazza Montesanto con il so-vrastante complesso dell’ex ospedale mi-litare. Quest’area oggi è frazionata in piùproprietà: Università Suor Orsola Be-nincasa e Comune di Napoli. Su di essal’autore ha redatto un Master Plan cheprevede – oltre a sistemi di collegamentoverticali che mettano in contatto direttola zona a valle con l’area interessata e conil sovrastante corso Vittorio Emanuele –delle infrastrutture sportive e ricreativeche andrebbero bene ad integrarsi con ilquartiere sottostante, il quale soffre ata-vicamente per carenza di tali attrezzatu-re che sarebbero di grande utilità ancheper i fruitori dei centri universitari. An-che questo è un progetto moderno benintegrato in un tessuto con preesistenzestoriche di grande rilievo. Ci si augurache, nonostante il frazionamento del-l’area tra diverse proprietà con differentidestinazioni di uso, rimanga un coordi-namento unico e generale che nonsmembri un coerente ed organico pianounitario. In sintesi, l’intero progetto did’Ascia per l’area di Montesanto rappre-senta un’architettura di qualità al servi-zio della società.

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STAZIONE DI MONTESANTO A NAPOLI

OperaStazione di Montesanto a Napoli - Polo di scambio di linee di trasportiregionali, metropolitane e funicolare - Potenziamento ed ammodernamentodella Ferrovia Cumana SEPSA.CommittenzaCommissariato Straordinario diGoverno, art. 11 - Legge 887/1984Presidente della Giunta Regionale della Campania, On. Bassolino; Assessore ai Trasporti Regionali, Prof. Ing. E. Cascetta; S.E.P.S.A., Presidente Avv. Bianco; Direttore Ing. AllagrandeConcessionariaA.T.I. Concessionaria - Associazionetemporanea di Imprese “Ferrosud 2Scarl”: COSTRUIRE SpA (Capofila, Ing. Fiore), IGC Costruzioni SpADirezione LavoriIng. Campobasso per la Committenza S.E.P.S.A.ProgettistiArch. Silvio d’Ascia con TECNOSISTEM Spa (Engineering)CollaboratoriM. Boenders, R. Camarda, A. Cossin, D. Dorell, A. Rocca (immagini); T. Raynaud (video); A. Cornuau, F. Levêque, M. Roggwiller, E. Macor Rosa, J. Edwards-Ibarra, V. Benini, A. Dubouz, E.Seif, C. de Sainte MarieEngineeringTECNOSISTEM Spa (Ing. Rionero)Responsabili del ProgettoIngg. G. Paone, M. Damonte ed E. Franco ConsulentiIng. F. Cavuoto con Ing. Falconio(consulente speciale strutture acciaio);Prof. Ing. Nuzzolo Studi trasportistici emodellizzazione dei flussiDati dimensionaliS.l.p. circa 7.000 m² su tre livelli (livv. piazza, banchine, ponte-terrazza)LocalizzazioneCentro storico di Napoli, isolato definitoda Piazza Montesanto a nord-est, Vico Montesanto a nord-ovest eGradoni del Paradiso a sud-ovestCronologiaProgettazione Preliminare (2003)Definitiva ed Esecutiva (2004-05)Esecuzione lavori (2005-08)Consegna cantiere: primavera 2008Inaugurazione di apertura integraledella stazione: 30 maggio 2008

• Pianta primo livello

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D a oggetto noto ad una ristrettacerchia di devoti, studiosi ed ap-passionati, negli ultimi tempi laVia Francigena è diventata ar-

gomento frequente di notizie, dibattiti,convegni, mostre tanto da rendere quasidel tutto superflua una presentazione. Èun itinerario – variabile nella storia e nel-l’uso attuale – che unisce Canterbury, inInghilterra, a Roma e che è stato usato, inparticolare a partire dall’inizio del secondomillennio, con finalità devozionali, daiviandanti diretti alla capitale della cristia-nità. Ma è stata anche una via di collega-mento tra le più importanti del continenteeuropeo, luogo di convergenza di uomini eculture e, ancora oggi, asse di riferimento

di straordinario interesse turistico e cultu-rale, percorso, prevalentemente a piedi, daun numero crescente di pellegrini.Con la progressiva affermazione di que-sto tema presso un pubblico allargato, èemersa una crescente quantità di attivitàeconomiche ed associative legate a que-sta realtà. Non sorprendono, dunque, leiniziative adottate da tempo dalla Presi-denza del Consiglio dei Ministri, anchegrazie alle quali la Via Francigena è statainserita tra gli itinerari culturali ricono-sciuti dal Consiglio d’Europa.Le Regioni italiane interessate dall’itine-rario sono, quindi, da qualche anno im-pegnate in attività di valorizzazione delpercorso ed il Lazio, grazie ad importan-

ti iniziative di politica pubblica sul tema(v. box pag. 35) ed alla sperimentazionetecnica che ne è derivata, ha assunto unruolo di leadership in questo senso tantoda aggiudicarsi il premio Federculture“Cultura di gestione” 2008.Tra le attività prioritarie, particolare at-tenzione è stata rivolta, tra l’altro, alladefinizione del tracciato all’interno delterritorio regionale, al suo adeguamentoed alla ricognizione delle opportunitàrelative ai beni culturali e alle struttureturistiche da coinvolgere nei processi divalorizzazione ed alla promozione.Con questo obiettivo, l’Atto di Organiz-zazione n. D 4717 del 22.12.2006, hacostituito “Un gruppo di lavoro interdi-

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Nel Lazio particolareattenzione è stata

rivolta alla definizionedel tracciato all’interno

del territorioregionale, al suo

adeguamento ed allaricognizione delle

opportunità relative aibeni culturali e alle

strutture turistiche dacoinvolgere nei

processi divalorizzazione e di

promozione delpatrimonio locale.

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Aa cura di Claudia Mattogno

LA VIA FRANCIGENA Antonio Pietro Latini

DIARIO DI VIAGGIO

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partimentale per la valorizzazione del-l’antico tracciato della Via Francigena esupporto tecnico alla cabina di regia del-la L.R. 40/99”. Il percorso, da adeguarecon interventi di messa in sicurezza e va-lorizzazione, è stato individuato in pri-ma battuta nella D.G.R. n. 820 del26.10.2007 “L.R. n. 19/06. Approva-zione del percorso laziale relativo al trat-to da Proceno a Roma dell’itinerario cul-turale del Consiglio d’Europa «La ViaFrancigena»”, ma ulteriori messe a pun-to sono ancora in corso, sulla base delladefinizione di dettaglio delle opere diadeguamento. Anche a questo fine è sta-to attivato un coordinamento tecnicodegli interventi affidati ai diversi Comu-

ni. Ad oggi sono stati attribuiti finanzia-menti a 14 dei 17 Comuni interessati (v.box pag. 35) ed è stata già completatal’istruttoria tecnica relativa all’assegna-zione delle ulteriori risorse per gli inter-venti sulla variante Cimina del tracciato.Nell’autunno 2008, è stato prodotto daSviluppo Lazio, sotto il coordinamentodell’Area Valorizzazione del Territorio edel Patrimonio Culturale della Regione,e distribuito ai Comuni interessati uninsieme di Regole quadro per le attivitàprogettuali e realizzative di competenzalocale. Lo studio completo è disponibileper la consultazione e l’acquisizione al-l’interno del sito dell’Assessorato Cultu-ra della Regione – strade e itinerari. I pri-

mi interventi di adeguamento del per-corso sono ormai nella fase di cantiere edè quindi possibile iniziare una riflessioneconcreta sugli esiti del processo attivatofinora, anche con l’obiettivo di unaeventuale messa a punto.

Le Regole quadroGli interventi di adeguamento del per-corso sono, quindi, responsabilità deiComuni interessati ma la Regione con-tribuisce tanto con la maggior parte del-le risorse finanziarie, quanto con le “Re-gole quadro di intervento” e l’assistenzatecnica per l’applicazione delle stesse.Le Regole, che contengono una ricogni-zione dettagliata dei territori attraversati

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ESEMPIO DI CARTOGRAFIA

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dal tracciato e, su questa base, un insie-me di raccomandazioni per le azioni dimessa in sicurezza e valorizzazione deicirca 220 chilometri tra percorso princi-pale e varianti, si articolano in un volu-me e tre allegati.Il volume, dedicato in modo specifico al-l’individuazione delle Regole quadro diintervento, si compone di due parti. Laprima, “analitico-interpretativa”, si dividein 324 schede di caratterizzazione che de-scrivono altrettanti tratti nei loro aspettifunzionali e paesistici, con rappresentazio-ni, annotazioni e dimensioni principali,ed anticipano una prima indicazione degliinterventi, necessari e raccomandabili.La seconda parte del volume propone unquadro degli indirizzi conformativi decli-nato in 15 schede rivolte alla messa apunto di altrettanti tipi ideali di tratto,individuati nel corso della ricognizione.Ogni scheda considera le misure appli-cabili ed i risultati attesi e propone alcu-ne suggestioni progettuali ed alcune rac-comandazioni tecniche. Ulteriori sche-de riguardano le caratteristiche tecnicheed alcune suggestioni per la selezione e lamessa in opera di elementi di arredo. Un“quadro di correlazione” descrive sinte-ticamente i vari tratti omogenei conside-rati e mette in relazione le schede di ca-ratterizzazione con le schede di indirizzoconformativo.Al volume principale sono allegati tre fa-

scicoli: il primo contiene una sequenzadi 4836 riprese fotografiche, fatta in mo-do da coprire la totalità del percorso; ilsecondo raccoglie una serie di 377 sezio-ni speditive, che specificano ulterior-mente i tratti considerati; il terzo contie-ne una previsione di larga massima, in340 schede di computo speditivo, della di-mensione degli interventi e dei costi pre-suntivi, su base parametrica. Questo ul-timo elaborato è una base di orienta-mento per le attività di programmazio-ne, da parte degli uffici regionali, e di as-segnazione dei finanziamenti.

L’architettura della sobrietàPer chi si occupa di pianificazione manon ha doti da veggente, non è facileprevedere che caratteristiche potrà avereun’architettura forte della dolorosa espe-rienza della crisi presente. Potrebbe sem-plicemente continuare i consueti eserci-zi muscolari, contrapporre agli sforzi diinterdizione totalizzante, azioni di sfon-damento a valanga, alimentando così lacasuale geografia dei nostri territori ur-bani e ostentare ancora ipertrofia e origi-nalità prêt-à-porter.Oppure, più incline alla sobrietà ed al ri-gore, potrebbe diventare più riflessiva edattenta, pronta a rispondere al meglio al-la diversità delle situazioni, molteplice,più specifica e più autenticamente plu-rale; meno esibita e sopra le righe, parsi-

moniosa di energie e di linguaggi; flessi-bile ed al contempo sinergica rispetto adun più ampio quadro di coerenza. Difficile dirlo. Con spirito di parte èpossibile, però, augurarsi che ricorranocon maggiore frequenza alcune delle ca-ratteristiche sperimentate nella redazio-ne delle Regole quadro e nella applica-zione nei progetti che le hanno prese a ri-ferimento.Non si tratta di grandi trasformazioni.Tutte hanno, piuttosto, le caratteristichedi piccole operazioni di curatela, che, co-ordinate, promettono, tuttavia, un sensi-bile impatto sulla qualità e sulle possibili-tà di utilizzazione virtuosa del territorio.Si interessano di parti del territorio, la“non-città”, cui la cultura disciplinare

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IMMAGINE INTERPRETATIVA

LA VIA FRANCIGENA, VEDUTE

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corrente assegna grande importanza maspesso con un atteggiamento grossolanoe prevalentemente incline a frenare letrasformazioni piuttosto che a progetta-re consapevolmente la loro valorizzazio-ne. Guardano a trasformazioni diffuse,nello spazio e nel tempo, sulla base di unsistema di riferimento, flessibile e adat-tabile in divenire: uno strumento “debo-le”, come sono le Regole quadro, di ac-compagnamento e non rigidamenteprescrittivo.Il processo di definizione degli interven-ti di adeguamento della Via Francigenasceglie, dunque, la strada della sussidia-rietà e della condivisione del potere deci-sionale con le comunità locali. Allo stes-so tempo esprime implicitamente una

simpatia per alcuni valori sommessa-mente rivoluzionari, considerate le mo-dalità oggi prevalenti nel campo dell’ap-plicazione dell’urbanistica e del governodelle trasformazioni territoriali: la cen-tralità della conoscenza, della pazientecostruzione del quadro analitico, finaliz-zata al progetto consapevole rispetto al-l’agevole immediatezza dell’intuizioneartistica; la preferenza per la collabora-zione rispetto alla competizione, alla cuiprogressiva diffusione le dinamiche di-sciplinari sembrano, invece, affidare cre-scenti ambizioni; e, infine, la predilezio-ne per i processi di definizione progressi-va e partecipata delle scelte rispetto allaconcentrazione (ed all’imperscrutabili-tà) dell’atto creativo.

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Iniziative varate dalla Regione Lazio• L.R. n. 19/2006: “Disposizioni per lavalorizzazione culturale, turistica eambientale della Via Francigena e deglialtri itinerari culturali regionali riconosciutida parte del Consiglio d’Europa”.• D.G.R. n. 717/2006: “L.R. n. 40/99.Approvazione criteri di priorità perl’utilizzo delle risorse riguardanti l’offerta ela promozione culturale, ambientale eturistica del patrimonio locale”.(La delibera inserisce la Via Francigena trale priorità dei progetti di valorizzazioneintegrata).• Atto dell’11.10.2006 della “cabina diregia”, istituita con D.P.R. n. T0456 del12.09.2006 e composta dai responsabilidelle Direzioni Regionali competenti inmateria di Cultura, Turismo, Ambiente eProgrammazione. (La cabina di regia approva la relazionetecnica nella quale l’antico percorso dellaFrancigena, esteso al territorio a sud diRoma è inserito tra le priorità dellavalorizzazione del territorio laziale).• D.C.R. n. 39/2007 di approvazione delProgramma Operativo Regionale (P.O.R.)2007-2013.(Il programma, oggi nella fase di selezionedegli interventi, ha inserito nell’Asse II“Ambiente e prevenzione rischi” anche lavalorizzazione e la promozione di itineraristorico-religiosi tra i quali la ViaFrancigena).

Le amministrazioni locali interessate daltracciato e coinvolte nelle attività diconcertazione interistituzionaleProvince: Roma e ViterboComuni: Proceno, Acquapendente, Grottedi Castro, San Lorenzo Nuovo, Bolsena,Montefiascone, Viterbo, Vetralla,Capranica, Ronciglione, Caprarola, Sutri,Monterosi, Nepi, Campagnano di Roma,Formello e RomaAree Naturali Protette: Riserva Naturale diMonte Rufeno, Riserva Naturale Lago diVico, Riserva Naturale Antichissima Città diSutri, Parco Regionale di Veio, ParcoRegionale di Roma Natura. ComunitàMontane: Monti Cimini e Alta TusciaLaziale

Le Regole quadroLo studio delle “Regole quadro di interventoper la Via Francigena” è stato prodotto daSviluppo Lazio S.p.A. per la Regione Lazio- Direzione Regionale Beni e AttivitàCulturali, Sport - Area Valorizzazione delTerritorio e del Patrimonio Culturale.Hanno redatto lo studio: Antonio PietroLatini (coordinatore), Marco Antonini,Roberto Capecci, Simone Quilici, RaffaellaSini, Riccardo Wallach – BATIMAT, con lacollaborazione di Antonio Colonna, PaoloFioretti, Nicola Milillo e Elena Pampana.

TIPO DI TRATTO

TIPO DI SOLUZIONE

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U n processo ampio e diffuso vedela riscoperta della Via Francige-na come asse portante per la va-

lorizzazione e il recupero, da un lato, deidiversi significati (storici, religiosi, cul-turali) che nel tempo hanno caratteriz-zato questo tracciato e, dall’altro, delsenso e della portata che questo stessotracciato assume sia in termini di valo-rizzazione e recupero del territorio (pae-saggistico, ambientale, etc.) che in ter-mini di promozione e sviluppo locale

(turistico, socio-economico, etc.). Al-l’interno di questo processo, in riferi-mento alle diverse iniziative europee enazionali volte alla valorizzazione del-l’antico tracciato, nel quadro dei provve-dimenti e dei finanziamenti disposti dal-la Regione Lazio, è stato realizzato il pro-getto di “riqualificazione e messa in sicu-rezza della Via Francigena” nel tratto ri-cadente nel Comune di Formello.Rispetto allo sviluppo complessivo dellaVia Francigena (da Canterbury a Roma),

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LA VIAFRANCIGENA NEL COMUNE DI FORMELLO

Stefania Pisanti

Riqualificazione e messa in sicurezza del tracciato lungo l’intero sviluppo nel territorio comunale e sua valorizzazione rispetto alle diverse risorse paesaggisticoambientali.

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Formello costituisce l’ultima tappaprima di arrivare a destinazione, portad’ingresso alla città santa. Fino ad oggi,la discontinuità del percorso e le criti-cità in attraversamento sul territoriocomunale inducevano i flussi di pelle-grini a scegliere tracciati alternativilungo la Via Cassia. La possibilità, peril Comune di Formello, di riportarel’itinerario all’interno del proprio ter-ritorio costituisce un’importante op-portunità rispetto alle diverse implica-

zioni che a tale itinerario si collegano.A partire dalla valutazione del tracciatoproposto dalla Regione Lazio (dal confi-ne con Campagnano, nella Valle del Sor-bo, fino al Comune di Roma, in prossi-mità della necropoli di Veio, per circa 10km), il progetto è stato orientato, sia perl’individuazione del tracciato definitivoche per la definizione delle diverse solu-zioni e tipologie di intervento, al perse-guimento di tre ordini di obiettivi: lacontinuità del tracciato lungo l’intero svi-luppo nel territorio comunale; la messa insicurezza del tracciato a salvaguardia del-la mobilità ciclo-pedonale; la valorizza-zione del tracciato rispetto alle diverse ri-sorse paesaggistico-ambientali e alla me-moria storica dei territori attraversati.Con tali finalità, il tracciato definitivo -che riconferma in parte il tracciato regio-nale con alcuni tratti in variante - riutiliz-za in parte la viabilità esistente, lungo stra-de che per tipologia e stato di conserva-zione consentono un’agevole e sicura

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RIQUALIFICAZIONE E MESSA INSICUREZZA VIA FRANCIGENA

REGIONE LAZIODirezione Beni ed Attività Culturali,Sport – Area Valorizzazione delTerritorio e del Patrimonio Culturale -D3730 del 30/10/2008.Riprogrammazione delle risorsefinanziarie FAS – Accordo di programmaQuadro in materia di beni e Attivitàculturali - APQ1COMUNE DI FORMELLOAssessorato Lavori PubbliciProgettazione preliminare, definitiva/esecutiva, e direzione lavoricoordinamento della sicurezza in fase diprogettazione ed esecuzione dei lavoriper la riqualificazione e messa insicurezza della Via Francigena nel trattoricadente nel Comune di Formellon. 48 del Reg. 18/03/2009RESPONSABILE PROCEDIMENTOIng. Federico VittoriGRUPPO DI PROGETTAZIONEArch. Stefania Pisanti - rappresentante ecoordinatore del gruppo professionaleProf. Arch. Lucio Carbonara -responsabile per gli aspetti urbanistico-territoriali e direzione lavoriArch. Gabriella Marucci - responsabileper la progettazione esecutivaArch. Basilio Polichetti - responsabile peril coordinamento della sicurezza in fasedi progettazione ed esecuzione lavoriIng. Raimondo Polidoro - consulente peraspetti specifici e interventi di trafficcalmingArch. Elio Trusiani con Arch. EmanuelaBiscotto - consulenti per gli aspettipaesaggistico-ambientaliIMPRESA ESECUTRICEF.lli Peretti – FormelloDirettore Tecnico del cantiere: MarcoPerettiIMPORTO DEL PROGETTO265.000,00 Euroimporto dei lavori a base d’asta168.735,66 Eurooneri per la sicurezza 6.820,05 Euroimporto del contratto 175.555,71 Euro

Dall’alto:• Sentiero in quota con visuale sul

Fosso dei Pantanicci• Strada per l’antica Mola

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mobilità ciclo-pedonale; recupera antichisentieri, attraversando ambiti di partico-lare valore storico, paesaggistico-ambien-tale; realizza nuovi percorsi ciclo-pedona-li, laddove la discontinuità del percorsooppure le criticità delle possibili alterna-tive lo richiedevano. Per la individuazio-ne del tracciato definitivo, ampio spazio èstato dato, nelle fasi di avvio del progetto,alla verifica degli itinerari alternativi(sentieri più o meno agevoli, letti di corsid’acqua, attraversamenti di animali). Ilfine era, sicuramente, quello di metterein sicurezza la mobilità ciclo-pedonale,ma anche di recuperare, all’interno del-l’itinerario, aree e situazioni di valore.Uno degli ambiti di maggiore qualità delprogetto deriva proprio dal “ritrovamen-to” di un’antica mulattiera che, in disusoda tempo e nascosta dalla vegetazione,conduce dalla Valle del Sorbo al centro ur-bano, superando un salto di quota di cir-ca 100 metri. Oltre a porsi come alterna-tiva ottimale alla strada carrabile (traffica-ta e difficile da mettere in sicurezza), il ri-pristino di questo sentiero consente di in-serire, nell’itinerario della Via Francigena,

un’area del Parco di Veio di grande valorenaturalistico, recuperando tra l’altro lamemoria storica dell’antica percorrenzache collegava Formello al vecchio mulinoancora visibile nel fondovalle.Dal confine con il Comune di Campa-gnano, attraverso l’intero territorio co-munale, il tracciato attraversa contestiambientali diversi - aree agricole, boschi,l’area urbana, il centro storico - fino al-l’area della necropoli etrusca, al confinecon il Comune di Roma. Lungo il trac-ciato, sono state previste soluzioni e tipo-logie di intervento differenti e di varia in-tensità, all’interno di nove “ambiti di in-tervento” e una serie di “interventi puntua-li” diffusi. Gli interventi spaziano ad am-pio raggio da interventi di recupero e ri-qualificazione del paesaggio ad interventidi viabilità, riorganizzazione e messa in si-curezza dei flussi di mobilità, fino ad in-terventi di tipo urbanistico e di organiz-zazione del territorio, in funzione dellediverse esigenze di informazione, di sosta,di ristoro e di accoglienza che si ricollega-no alla Via Francigena e che ne fanno oc-casione e motivo di sviluppo locale.

Sulle motivazioni che nei secolispinsero migliaia di pellegrini adattraversare l’Europa a piedi sfi-

dando intemperie, stenti, malattie ebriganti molto si è detto e scritto.Chi partiva sospendeva le proprie atti-vità, le occupazioni, il lavoro; salutava ipropri cari e si apprestava a vivere di ele-mosine per tutta la durata del viaggio,perché portare con sé beni e denari eraancora più rischioso; il viaggio potevadurare mesi o anche anni, secondoquello che capitava per strada; partirenon comportava alcuna certezza di arri-vare, e men che mai di tornare.Ma esisteva anche un lato ‘umano’ delviaggio: non solo c’erano la fede, la fa-tica, la fame e il dolore, ma anche il pia-cere della sosta, il desiderio di ristoro edi convivialità, la pausa oltre il previ-sto, la musica, i balli, nuove conoscen-ze, tentazioni peccaminose.

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LA VIAFRANCIGENACOMEPERCORSO DI SVILUPPOLOCALE

Sergio Celestino*

“Da Baccano… s’incomincia a scoprire la città di Roma, scuorgendosi

la palla della Croce di San Pietro…”Itinerario Italiano, 1807

CASCATA

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Man mano che la meta si avvicina, però,ecco di nuovo il desiderio, l’impazienza,l’aspettativa che si fa massima. A Monte-rosi è ancora possibile deviare per il san-tuario di Santa Maria del Sorbo, che ri-corda un antico miracolo. Già dal mon-te Razzano, fuggiti i miasmi della paludedi Baccano, si vede il mare.Poco più a levante, all’orizzonte, la cu-pola di San Pietro. Diversamente da altre zone d’Italia, cheda decenni valorizzano il tracciato dellevie di pellegrinaggio (basti pensare aiComuni della Val d’Orcia in Toscana, oa Sutri nel Lazio), la Via Francigena alsuo ingresso in Roma è sconosciuta aipiù, e nonostante percorra territori digrande pregio, non esercita ancora nes-suna forza attrattiva sui flussi turistici,né assume la forza di strutturare l’identi-tà del territorio che attraversa. Il tema è tanto più importante se si pen-sa che, contrariamente alle località ricor-date prima, qui siamo ormai in pienaarea metropolitana romana, dove da de-cenni si consuma suolo per le sole fun-zioni residenziali, generando un enorme

squilibrio territoriale che ha indebolitole comunità originarie, e dove non sonoancora sorti nuovi modelli di cittadinan-za in grado di ibridare la memoria con lacontaminazione, l’identità storica dellecomunità locali con la moltitudine delleindividualità, dei mestieri, delle cono-scenze, delle storie che provengono dallagrande città.Ecco perché parlare di Via Francigena al-l’ingresso in Roma, di valorizzazione tu-ristica oltre che storico-culturale, di retedi eventi, di servizi, di attività lungo ilpercorso, oggi costituisce un’operazionedi riequilibrio territoriale, di costruzionedi coesione sociale, di elaborazione diuna nuova idea dell’accoglienza e di unconsapevole senso di identità collettiva.Attraverso la riscoperta dell’identità edella storia di questo tratto di Via, quin-di, si persegue quello sviluppo ambien-talmente e socialmente sostenibile chetroppo spesso rimane solo uno slogan.Queste riflessioni hanno portato l’Am-ministrazione Comunale di Formello ascommettere sulla Francigena in quantoasset strategico per il proprio territorio,

convogliando notevoli risorse sia suazioni di tipo fisico (riqualificazione emessa in sicurezza del percorso, creazio-ne di un centro visite nel Palazzo Chigi)che immateriale (promozione turistica,messa in rete delle attività economiche edelle reti sociali, ideazione di eventi espettacoli tematici, ricerca e approfondi-mento delle fonti storico-documentali). Il tema ha anche avuto la funzione di sti-molare una progettualità di area più va-sta e di coinvolgere altre istituzioni, vistoche il percorso attraversa tre centri stori-ci di origine medievale (Campagnano,Formello e Isola Farnese), le Valli delSorbo (dichiarate Sito di interesse co-munitario), le necropoli e la città etruscadi Veio e straordinari paesaggi dell’AgroRomano: così sono nate l’Area Integrataex L.R.40/99 “Terre di Veio”, progettisull’asse II del POR Cultura, l’AutunnoFrancigeno come contenitore di eventi,e molto altro, configurando sempre dipiù la Francigena come un affascinantepercorso di sviluppo locale.

* Assessore all’Urbanistica del Comune di Formello (RM)

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TRATTO DELLA VIA FRANCIGENA IN PROSSIMITÀ DELLA NECROPOLI ETRUSCA

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D a tempo si va modificando nelsenso comune la considera-zione per i valori scenici delpaesaggio, per la conservazio-

ne delle sue peculiarità e dei caratteristorici rappresentati dalla morfologiaoriginaria, dalla vegetazione, dalle formegenerate dalla idrografia, dal patrimoniodei beni storici e architettonici. L’atten-zione si manifesta in iniziative che si svi-luppano in ambiti istituzionali diversi(Regione, Province, Comuni) e con dif-ferenti finalità.Le innumerevoli serie di elementi di na-tura fissa o transitoria che vengono coltedall’occhio dell’osservatore guardandoun paesaggio, determinano la forma delterritorio e cioè, quell’aspetto sensibileche è particolarmente apprezzato daviaggiatori e turisti. Il paesaggio, quindi,

LA FRANCIGENA: ASPETTIPAESAGGISTICO-AMBIENTALI

Emanuela Biscotto

L’immagine finale del progetto èquella di una sequenza episodica evariegata di elementi naturali edantropici di straordinaria intensitàfigurativa, collocati lungo un percorso morfologicamente articolato che incide longitudinalmente ilterritorio comunale di Formello,restituendogli una precisaconnotazione paesaggistica e unachiara identità culturale.

a cura di Lucio Carbonara e Monica Sgandurra

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ha il compito di raccontare le complesseinterrelazioni tra uomo e natura e di sti-molare l’occhio non solo a “guardare”,ma soprattutto a “vedere”, a saper indivi-duare quegli elementi che ne costitui-scono la “territorialità”. Partendo daquesti presupposti, l’obiettivo dell’inter-vento non è più solo la messa in sicurez-za del percorso, ma il recupero di un luo-go che abbia una precisa connotazionepaesaggistica e una chiara identità cultu-rale. In tal senso le analisi effettuate nel-la fase preliminare si sono rivelate fonda-mentali, fornendo indicazioni sullecomponenti paesaggistiche ed ambien-

Pagina a fianco:• Ingresso percorso lungo via Santa Maria

del Sorbo, dettagli progettualiIn basso:• Sentiero della Mola, dettagli progettuali

SENTIERO DELLA MOLA, DOPO L’INTERVENTO SENTIERO DELLA MOLA, PRIMA DELL’INTERVENTO

ANTICA MOLA

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tali del territorio in oggetto, con partico-lare riferimento ai caratteri morfologicie percettivi inerenti il rapporto tra realtàurbana/paesaggio naturale. Il quadroche è emerso è quello di un ambientedalla struttura variegata, con un com-plesso di scenari ed elementi non scindi-bili ed interagenti tra loro, esito della so-vrapposizione dei sistemi del costruito edegli spazi aperti. Si attraversano, così,ambiti a forte valenza naturalistica, con-traddistinti dalla presenza di corsi d’ac-qua ed elementi di carattere storico-ar-cheologico (Ambito 2 - Strada per l’anti-

ca Mola, Ambito 3 - Fosso dei Pantanic-ci), interrotti da tessuti urbani di naturacompatta (Ambito 5 - Centro urbano) ofrastagliata (Ambito 4 - via Bellomi),contrapposti a larghe trame di tessutoagrario (Ambito 8 - Fosso della Pietrara).Le visuali che si generano sono aperte edi ampio respiro nelle zone vallive,schermate da elementi naturali nei sen-tieri più interni, chiuse nei tratti urbani.Alcuni ambiti sono stati riconosciuti co-me emergenti dal punto di vista sia dellasicurezza che dei valori scenici e su di es-si si sono attuate le scelte progettuali più

significative, prima fra tutte l’individua-zione, per alcuni tratti, di percorsi alter-nativi rispetto al tracciato ufficiale. Talescelta è stata dettata, oltre che da condi-zioni di messa in sicurezza, dalla volontàdi recuperare antiche percorrenze “sim-bolo“ della memoria storica del posto,lungo le quali realizzare punti di sosta emeditazione di particolare rilevanza perla fruizione del paesaggio. Sono state co-sì inglobate, all’interno del progetto, lavalle del Crémera, la cascata e l’anticaMola. L’elemento naturale dell’acquapuò essere considerato il “connettivo” at-

• Sentiero della Mola, stralcioplanimetrico del progetto

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Dall’alto:• Via Bellomi, dettagli

progettuali• Sentiero lungo il Fosso dei

Pantanicci, dettagliprogettuali

• Percorso lungo il Fosso deiPantanicci, stralcioplanimetrico del progetto

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traverso cui implementare la ricono-scibilità delle relazioni sia tra le diver-se parti che entrano in gioco nel pro-getto sia tra queste ed il paesaggioesterno. Il Fosso della Pietrara ne co-stituisce un esempio: qui la presenzadi una rigogliosa vegetazione riparialeha permesso la realizzazione ex-novodi un percorso ciclo-pedonale om-breggiato e armonicamente inseritonel paesaggio esistente, mantenendo,su di un lato, l’ampia visuale verso lospazio aperto dei campi e delle varia-zioni morfologiche del terreno. Nelcaso, invece, di completa assenza diombreggiamento, soprattutto nel

tratto lungo il Fosso dei Pantanicci, sisono scelte soluzioni di tipo non invasi-vo come l’inserimento di alberature egrandi alberi isolati che costituiscono, alcontempo, elementi puntuali di riferi-mento/orientamento nel paesaggio sto-rico-agricolo. L’immagine finale del progetto è quelladi una sequenza episodica e variegata dielementi naturali ed antropici di straor-dinaria intensità figurativa collocati lun-go un percorso morfologicamente arti-colato che incide longitudinalmente ilterritorio comunale di Formello, resti-tuendogli quell’elemento identitario dicui ha bisogno.

A d una via percorsa da secoli si ècercato di attribuire un sensonuovo e attuale che vede, ac-

canto all’atto del pellegrinaggio versouna meta, la riscoperta del tempo lentodel cammino e la conoscenza dei luo-ghi attraversati laddove riescono adesprimere al meglio il proprio valore.La Francigena è il percorso ideale perlegarli tra loro mettendone in valore,oltre ai simboli d’arte e di fede, il pae-saggio nella sua interezza e complessi-tà. Il cammino è stato perciò interpre-tato nel progetto come occasione dicontatto con il territorio, di conoscen-

Il progetto per il territorio di Formello interpreta iltracciato come occasione di contatto con il territorio,di conoscenza delle suepeculiarità in ambitonaturalistico, storico-artistico, culturale, percatturarne le caratteristicheparticolari e per esprimerneil potenziale.

VIAFRANCIGENA:RISCOPERTADEL VALOREDEI LUOGHI

Gabriella Marucci

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Dall’alto:• Percorso lungo il Fosso della Pietrara

dettagli progettuali• Visuale sul Fosso della Pietrara

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za delle sue peculiarità in ambito natura-listico, storico-artistico, culturale, cer-cando di catturarne le caratteristicheparticolari e di esprimere di ogni luogo ilpotenziale.Come in un racconto gli interventi pro-posti accompagnano lo svolgersi del per-corso, indicando con piccole architettu-re di legno e pietra la strada nei suoi pun-ti più importanti.Su una grande lastra in travertino, inse-rita nel piano stradale in breccia tra duefasce di pavimentazione in ciottoli, è in-tarsiato il logo europeo della Francigenaper indicare il punto in cui dal Comunedi Campagnano si entra nel territorio diFormello. Qui, dove la vista si apre versola Valle del Sorbo, una pedana in legno aquota leggermente rialzata con panchein legno su due lati – luogo per la sosta digruppi, per momenti di preghiera o me-ditazione, per piccoli spettacoli o attivi-tà sportive – raggiungibile attraversouna sistemazione a gradoni del terreno,consente di soffermarsi in un luogo diparticolare bellezza, accanto al rumoredell’acqua e all’ombra degli alberi.Il cammino prosegue lungo la Valle delCrèmera, e due fasce di pavimentazionein ciottoli di fiume che evocano la pre-senza ricorrente dell’acqua, trasversalialla sede stradale, indirizzano il cammi-no ad ogni suo cambiamento. Voluta-

mente discreto, l’intervento prevedelungo questa valle solo due aree di sostacon panche e tavoli in legno sottolinean-done i luoghi più significativi.Ancora due fasce di pavimentazione,stavolta realizzata con sezioni di tronchiinfissi nel terreno battuto per sottolinea-re il contesto più naturale, segnalano ilpassaggio al percorso sull’antica mulat-tiera che porterà i pellegrini a salire alcentro urbano attraverso una stradamontana, per la quale si è prevista la ri-pulitura e la messa in sicurezza con il so-lo utilizzo di elementi lignei, valorizzatadall’introduzione di punti di seduta co-stituiti da lastre in pietra poste sulla pie-tra affiorante dal terreno.Usciti dal sentiero si giunge al centrostorico attraverso un strada asfaltata, checorre ripida tra pareti tufacee, segnalatanell’intervento nuovamente da fasce diciottoli tra bordi in travertino poste aidue estremi; lungo un lato è stato inseri-to un percorso pedonale pavimentato inasfalto di colore simile al tufo – realizza-to con resine anziché con bitume – cheindica il cammino proteggendo i pelle-grini dal traffico veicolare. Da qui si en-tra nel centro storico di Formello.Una seconda grande lastra in pietra conil logo della Francigena tra fasce di ciot-toli segnala il punto in cui, uscendo dal-la passeggiata nel centro storico, si ri-

prende il cammino sulla strada di cam-pagna con fondo in breccia che portaverso Sud. L’avvio di un secondo sentiero in terrenonaturale tra gli alberi è accompagnato,come alla Mola, da fasce di pavimenta-zione realizzate con sezioni di tronchi dilegno, e così la ridiscesa al percorso checorre lungo il fosso dei Pantanicci.In questo sentiero di nuova realizzazio-ne, lungo e rettilineo – su terreno stabi-lizzato con sottofondo in ghiaione –, ilprogetto ha previsto nuove alberature,con specie autoctone, e allargamenti delpercorso, segnati ancora da fasce di ciot-toli, dove sedute in legno su muretti inpietra costituiscono luoghi di sosta om-breggiati. Particolare attenzione è stataposta, su questo fondo di natura fango-sa, alla raccolta delle acque piovane.Si giunge quindi lungo strade esistenti,sempre accompagnati da fasce di pavi-mentazione diversa, a costeggiare il fossodella Pietrara, attraverso un nuovo sen-tiero in terra battuta, dove saranno indi-viduate aree di sosta aperte verso un pae-saggio di particolare pregio.A concludere il percorso nella sua parte aSud sono previste alcune sedute in legnolungo la strada che costeggia la Necropo-li di Veio ed un’ultima lastra con il logodella Francigena per segnalare il passag-gio del percorso nel Comune di Roma.

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VALLE DEL CRÈMERA

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L a questione delle periferie, dopoun lungo periodo di oblio1, sta ri-tornando al centro dell’attenzione(come alcuni recenti convegni e

pubblicazioni dimostrano2), anche sespesso in maniera incerta e un po’ super-ficiale. L’aspetto più problematico è pe-rò l’inadeguatezza e l’arretratezza deglistrumenti interpretativi e culturali concui spesso la questione viene affrontata.La periferia, infatti, viene spesso associa-ta alla parte di minor qualità, se non ad-dirittura a quella più degradata della cit-tà, all’interno di una dicotomia cen-tro/periferia che però non è più attuale.Due criteri, infatti, venivano tradizio-nalmente utilizzati all’interno di questadicotomia per individuare la periferia,

per considerarla come tale: un criteriogeografico, di distanza dal centro; uncriterio di associazione col degrado, siadi carattere urbanistico, che edilizio, chesociale. E questo, tra l’altro, portava ten-denzialmente, ed ancor più recentemen-te, ad associare la periferia con i luoghi dimaggiore insicurezza se non addiritturacon quelli più pericolosi e malfamati.Tutto ciò, quindi, faceva la differenzacon un “centro”, che era sia geograficoche di qualità (urbana e non solo). Ten-denzialmente l’andamento del mercatoimmobiliare confermava questa gerar-chizzazione spaziale della città.Ora non è più così. Anche se questa com-ponente di differenziazione all’internodella città esiste e indubbiamente sono

ancora molti i problemi di degrado fisicoe sociale presenti in vaste aree “periferi-che”, la dicotomia centro/periferia non sirivela più adatta a capire la città contem-poranea. La “periferia”, in senso geografi-co, infatti, è oggi composta di realtà mol-to diverse tra loro: dalle centralità e dalleinformi agglomerazioni di insediamentiproduttivi e di servizio ai nuovi quartieriresidenziali costruiti intorno ai grandicentri commerciali, dalle sempre piùestese borgate – o meglio città – abusivealle gated communities di alcune enclaveparticolarmente qualificate e benestanti.Non si possono più definire periferie al-cune borgate di pasoliniana memoria,dal Quarticciolo a Centocelle, che sonooggi completamente inglobate nel tessu-

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Ea cura di Mariateresa Aprile e Claudia Mattogno

ABITARE LA PERIFERIAROMANA CONTEMPORANEAConoscere la periferia significa conoscere la città, dove si

registra l’interpretazione dell’alloggio come“infrastruttura”, la lettura della città come

“macchina per abitare”, la ricerca continuadi brand urbani promossi dal mercato

nell’immaginario collettivo.

Carlo Cellamare

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to urbano consolidato e che anzi rappre-sentano per molti versi realtà qualificate,in termini di tessuto sociale presente, didimensione umana della vita urbana, dicollegamenti nei trasporti, di prossimitàalle aree centrali, così come testimoniaanche il lievitare del costo della casa inqueste aree.Viceversa, aree centrali o della città con-solidata mostrano molti spazi caratteriz-zati dal cosiddetto degrado (basta pensa-re alla situazione lungo il Tevere, anchenei tratti che attraversano il centro stori-co), così come la movida notturna e l’“in-vasione dei tavolini” incidono molto ne-gativamente sulla vivibilità del “centro” eci segnalano la privatizzazione dello spa-zio pubblico e la svendita della qualitàurbana e architettonica che è l’orgogliodella città. D’altra parte, molti abitantidelle nuove “periferie” non frequentanopiù il centro storico nel tempo libero onel week-end; addirittura alcune nuove

generazioni non lo conoscono più, prefe-rendo i grandi centri commerciali e igrandi multisala collocati a corona lungoil GRA, o altri poli commerciali analoghi(da Cinquina, ad esempio, non si superapiù il polo di Porte di Roma, se non al piùper arrivare a Talenti).Nuovi insediamenti come, ad esempio,la Bufalotta – Porte di Roma ci racconta-no di una città, la “città del mercato”, ca-ratterizzata da un’edilizia piuttosto qua-lificata (o che pretende di essere tale) edai costi piuttosto elevati, dalla presenzadi attrezzature, infrastrutture e servizi(ma, per ora, tutti da completare) e dallaprevalenza di un ceto medio borghese (ecomposto soprattutto da coppie giova-ni) in cerca di una residenza adeguata aimodelli sociali e culturali e all’immaginecollettiva che si vanno affermando e chesono promossi.A fronte del lento eclissarsi della “cittàpubblica” e dell’affermazione forte della

“città del mercato”, uno spazio estrema-mente rilevante in una città come Romalo sta conquistando la “città autocostrui-ta”, che va anche aldilà del tradizionaleabusivismo che ha storicamente caratte-rizzato lo sviluppo urbano di Roma e larisposta al problema della casa, non ade-guatamente affrontato dalla program-mazione urbanistica. Generazioni e tipo-logie diverse di “abusivi” si sono ormaisucceduti nel tempo (Lico, 2009), dal-l’abusivismo per necessità al sistema abu-sivismo/condono come sistema di specu-lazione immobiliare e finanziaria orga-nizzata e programmata; così come la vi-cenda dei consorzi di autorecupero e dei“toponimi” mostra processi di sviluppourbano e di gestione della cosa pubblicache sono tutti da approfondire3. La “cittàautocostruita”, che sembrerebbe tipica diben altri contesti, da Istanbul a Città delMessico (Duhau e Giglia, 2008), caratte-rizza invece fortemente la nostra “perife-

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Pagina a fianco:• L’edilizia del quartiere

Bufalotta - Porte di Roma

Questa pagina, dall’alto:• L’insediamento di

Borghesiana• Il Quartiere Rinascimento a

Bufalotta

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ria”, con aspetti discutibili, ma anche conelementi di grande interesse.La periferia è la città. Conoscere la peri-feria significa oggi conoscere la città nel-le sue diverse sfaccettature, spesso pococonosciute e frequentate, per come è og-gi in questa disarticolazione che non lafa più essere “città”, almeno per comel’avevamo conosciuta4.La stessa idea di degrado viene messa indiscussione, perché è vero che perman-gono le baraccopoli e vi sono grandissi-mi problemi in molte parti della città,estremamente rilevanti e ancora da risol-vere, ma è anche vero, ad esempio, chenella “città autocostruita”, pur con tuttii problemi presenti (mobilità, alcuni ser-vizi, centri di riferimento e spazi pubbli-ci, ecc.), una valutazione della qualitàdella vita percepita offre spunti sorpren-denti: oltre al tenore di vita superiore alComune nel suo insieme, la recente in-dagine sulle “Condizioni di vita neiquartieri ex abusivi dell’area metropoli-tana di Roma” dell’AIC (AssociazioneItaliana Case) e dell’Unione Borgate ri-leva la presenza di meno caos, meno cri-minalità, meno inquinamento e “il ten-tativo di questi insediamenti di ripro-durre la struttura ‘paese’ in un ambitometropolitano che per tanti aspetti li ve-de estranei”. Analogamente, ad esem-pio, gli abitanti della borgata/quartieredi Cinquina ritengono che non vi sia pa-ragone tra l’abitare nel proprio quartiereo nei nuovi insediamenti residenziali diBufalotta – Porte di Roma, dove “nonandrebbero mai a vivere”.Studiare, conoscere e tornare a frequen-tare oggi la periferia romana ci interrogaquindi sui modelli di abitare che si van-no affermando, dove registriamo l’inter-pretazione dell’alloggio come “infra-

struttura”, la riduzione dell’abitare a “re-sidenza” (intesa come “funzione”),un’interpretazione conseguente dellacittà come “macchina per abitare”, la ri-cerca continua di brand urbani promos-si dal mercato nell’immaginario colletti-vo (Cellamare, 2009). È interessante no-tare come alcuni degli stessi nuovi abi-tanti di Bufalotta – Porte di Roma per-cepiscano il grande centro commerciale.Al di là delle tradizionali critiche mosseai centri commerciali e al fallimento del-la politica delle centralità come sistemaper “riqualificare la periferia”, sono daconsiderare gli “effetti urbani” di questerealtà, le implicazioni per la vita quoti-diana degli abitanti. Un “incubo”, una“piovra”, un “buco nero” che assorbetutta la vita, soprattutto tutto il tempoextra-lavorativo; così viene percepito damolti abitanti. Alla fine e senza alternative, nel tempolibero, o anche solo per comprare il pa-ne, dalla propria abitazione (dove si svol-ge tutta la propria vita privata) si scendein garage a prendere la macchina per an-dare fino al centro commerciale (passan-do per il parcheggio interrato) per pas-sarvi in alcuni casi anche intere giornate.Lo spazio intermedio, anche nella sua fi-sicità, scompare; esistono solo la propriaabitazione ed il centro commerciale (checerto non è uno “spazio pubblico” neltradizionale senso della parola). Lo “spa-zio pubblico” che pure esiste ed è ben cu-rato in questi quartieri, perde completa-mente il suo senso e, per ora, non vedealcuna frequentazione.

Riferimenti bibliografici- AA.VV. (2009), lungoiltevere. Episodi di muta-zione urbana, Franco Angeli, Milano- Cellamare C. (2009). “Saxa Rubra. Idee di cittàe modelli di abitare a confronto”, in AA. VV. lun-goiltevere. Episodi di mutazione urbana, FrancoAngeli, Milano.- Duhau E., Giglia A. (2008), Las reglas del demor-de: habitar la metrópoli, Siglo XXI Editores, Méxi-co, D. F.- Ferrarotti F., Macioti M. I. (2009), Periferie. Daproblema a risorsa, Sandro Teti Editore, Roma- Ilardi M., Scandurra E. (a cura di, 2009), Rico-minciamo dalle periferie. Perché la sinistra ha persoRoma, manifestolibri, Roma- Lico C. (2009), Anni di cemento, Stampa Alter-nativa/Nuovi Equilibri, Viterbo

1 Che data quasi dai lavori degli anni ’70 e ’80 diFranco Ferrarotti e del suo gruppo di ricerca.2 Tra le pubblicazioni recenti, ad esempio, Scan-durra, Ilardi (a cura di, 2009), Ferrarotti, Macioti(2009) e AA.VV. (2009).3 Un gruppo composto da progettisti e ricercatori,italiani e stranieri, sta sviluppando un interessan-te percorso di ricerca su queste aree e su questi te-mi (SMU – Self Made Urbanity research). Cfrhttp://smu-research.net/. 4 Il dibattito su questi temi è molto ricco e riman-da a temi e concetti come la “città-mondo”, la“morte della città”, la “città di città”, ecc..

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E In questa pagina:• Il centro commerciale Porte di Roma

sull’orizzonte del quartiere della Bufalotta

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Riceviamo e volentieripubblichiamo la nota del prof. Valter Bordini, Ordinario di ProgettazioneArchitettonica e Urbana pressola Prima Facoltà di Architettura“La Sapienza” di Roma.

Parcheggi a Roma.Difendiamo lenostre piazze!Nell’indifferenzaper la qualitàurbana

Il tema “parcheggi a Roma” èun altro caso in cui la continuitàassurda e piatta tra la vecchiaAmministrazione e la nuova èpurtroppo evidente. È mancataqualsiasi riflessione, un minimoscatto di orgoglio per affermareuna propria linea culturale epolitica. E tutto questo cidispiace, ci offende e ci togliesperanza.Roma manca di parcheggi, èpiena di auto in sosta cheingombrano le strade e imarciapiedi come non si vedein nessun’altra città europea.Ma il problema di costruirnenon è tecnico, perchétecnicamente è oggi possibilefare quasi tutto, è politico eculturale, perché si devedecidere cosa è veramenteopportuno fare, sapendo chemodificare l’ambiente urbanopuò essere una conquista diqualità per tutti, oppure unasconfitta che si paga con ildegrado formale e socialedell’ambiente esistente. Politicoe culturale, dicevo, se la politicaè un progetto collettivo cheserve a decidere insieme e peril meglio il destino delle nostrecittà, quale tipo di vita cittadinae di qualità urbana vogliamorealizzare e trasmettere ainostri figli.

Il tema parcheggi a Roma nonè stato mai affrontato cometema collettivo e di cultura dellacittà, come un piano d’insiemecontenente anche soluzionimolto diverse tra loro, perché lacittà non è omogenea erichiede soluzioni diverse anchenei parcheggi. Dovrebberoesserci parcheggi diversi perdimensione e tipologia: a terra,ipogei, e soprattutto inelevazione, al posto di edificida rottamare e di spazi vuoti,dovrebbero essere integrati conattività commerciali e per iltempo libero, in modo darenderli redditizi, piacevoli esicuri.L’Amministrazione precedenteaffrontava il problema in modosporadico ed esclusivamentetecnico ed economicistico (conun’ideologia più da vecchicostruttori-palazzinari che daaggiornati amministratori)arrivando a proporre ladistruzione, con sei piani diparcheggio interrato, dellacollina del Pincio e dintorni, emolte altre assurde soluzioni.Gli oltre 350 parcheggi sonostati localizzati su propostadelle imprese, e spesso e adlibitum traslati in funzionedell’interesse di queste (postiauto previsti in zone periferichesono stati “trasferiti” in centro,dove il valore di un boxquadruplica).Per rendersi conto del difetto difondo di questo tipo disoluzioni basta frequentare leassemblee dei vari Comitati dicittadini organizzati controquesto tipo di “parcheggi”, inrealtà box-cantine privati sottoil suolo pubblico, chedistruggono le piazze esistentisenza togliere auto in sosta insuperficie, perché le cantinesono spesso acquistate dainegozianti vicini (vedi PiazzaMelozzo da Forlì) come utilidepositi. Se si decide di fare unparcheggio sotto una piazzaoccorre sapere cosa comportaper la città in quel luogo: se èun parcheggio sotto areapubblica, dovrebbe avere postiauto sia privati che a rotazionee non box-cantine, poi ogni

piano di parcheggio ha duerampe, una di entrata e una diuscita, oltre a numerose uscitedi sicurezza, pozzi diventilazione e uno o piùascensori. Se la piazza o la viadove si interviene haalberature, queste verrannodistrutte. Ogni piano in piùraddoppia le rampe, le uscite disicurezza, ecc.È chiaro che una piazza consotto una struttura del genere sitrasforma in un coperchiotecnologico pieno di buchi e diemergenze, e la piazza vienedistrutta come tale, perdendoogni rapporto organizzativo esociale con la città intorno. Percui, ad esempio, una piazzaimportante, come PiazzaGentile da Fabriano, che SaintJust nel piano del 1909 disegnòcome terminale sul Tevere di unimponente tridente di tre vialiimpostato sull’antica viaFlaminia, verrebbe ridotta acasuale accessorio delparcheggio-cantine sottostante.Il risultato sarà un puntualedisastro ambientale.

Dobbiamo aggiungere che leimprese che si propongono,imprese quasi sconosciute e concapitale sociale bassissimo,che non effettuano gliindispensabili accurati studipreliminari urbanistici, socio-ambientali, idrogeologici, perlo più danno ben pocoaffidamento per la sicurezza ela stabilità degli edificicircostanti. Vedi ad esempio ilcaso di Via Andrea Doria, conil vicino bel complessoresidenziale di Mario De Renzi.Il cambio di Amministrazionepoteva permettere unariflessione sul che fare, ci sipoteva aspettare un cambio dilinea culturale, un diversoascolto delle esigenze e dellavolontà dei cittadini, circa ilfuturo di questi progetti e dellaqualità di vita della città,almeno guardando e imitandole altre capitali europee. Invecenessuna discussione, nessundibattito su questi progetti èstato promosso neppure dallanuova Amministrazione eassistiamo ad una piatta

continuità, senza il minimodesiderio di confronto, senzaun sussulto di orgoglio dischieramento, di responsabilitàper proporre una propria rottapolitica. E questo pensiero “unico”delude profondamente tutti noiche forse ingenuamenteabbiamo sperato in uncambiamento ormai ovvio enecessario, e mostra, e si stavedendo nelle assemblee deinumerosi Comitati cittadini anti-parcheggi-cantine, che tral’altro si vanno coordinando, enel silenzio dei Municipi, comeil gap culturale sembri esserecomune e diffuso anche tra inuovi Amministratori. Riflettasoprattutto Sergio Marchi,responsabile della Mobilità.

Valter Bordini

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A cura di Federico BilòA partire da Giancarlo De CarloGangemi Editore, Roma

Il libro raccoglie gli interventidei relatori al convegno tenutosialla facoltà di architettura diPescara nel 2006. Molti epuntuali sono i contributi chehanno analizzato le diversesfaccettature della suaesperienza di architetto,urbanista, critico, saggista,docente all’università(Venezia,Yale, MIT) eall’ILA&UD, l’istituto da luistesso fondato per darecontinuità nella didattica alleacquisizioni sperimentate sulpiano professionale eintroducendo in Italia lametodologia del workshop diprogettazione. Alcuni interventisi segnalano per ilcoinvolgimento diretto eumano, Franco Berlanda eBruno Gabrielli in particolare, oper il taglio interpretativo,faccio riferimento ai saggi diCarmen Andriani, MaristellaCasciato, Giangiacomo Dardia,Rosario Pavia, Sara Protasoni el’intervista a Maria LuisaPolichetti, che ha collaboratocon De Carlo a Urbino.Nell’introduzione Federico Bilòevidenzia la ricchezza di temidel lavoro di De Carlo e lacapacità di indirizzare laricerca verso un mix equilibratotra indirizzo teorico econcretezza del fare. Attraversole sperimentazioni concorsuali,l’insegnamento e gli scritti, lasua visione dell’architettura si èstrutturata come un percorsonella complessità, agitando nelprogetto anche dubbi,

conflittualità e volutedisarmonie (Continuità/Crisi). Protagonista dell’architetturacontemporanea, non soloitaliana, Giancarlo De Carlo(1919-2005) appartiene alla“terza generazione” diarchitetti moderni, quella che,parafrasando Giedion, crea lasaldatura con i Maestri, maanche una discontinuità tral’esperienza delle Avanguardiee le ricerche contemporanee.Sfuggendo alle classificazioni ealle tendenze ha sviluppato fortiprincipi di autonomia daidettami funzionalisti, o piùdogmaticamente razionalisti, euno specifico interesse per lametodologia in progress,coniugando la varietà ericchezza spaziale con ilconcetto di forma a sviluppoaperto. Una riflessioneprofonda che non deve esserescambiata come un abbandonodella modernità, semmai comeuna messa a punto di unmetodo alternativo, quale sipalesa nella sua relazione alCIAM del 1959 e nellacontemporanea apertura alTeam 10. Durante gli anni della guerraDe Carlo si era avvicinato aiproblemi sociali e politici, chesono stati fondanti nella suaoperatività successiva,rintracciabile in particolare nelvalore della partecipazionecollettiva al processo diideazione e realizzazionedell’opera, che sintetizzavanell’espressione “autenticitàsociale dell’architettura”. Ne èconseguito il rifiutodell’autonomia disciplinare, siacome astrazione concettuale siacome esercizio di stile. AlFormalismo ha semprecontrapposto una metodologiapragmatica e una coniugazionedi sensibilità poetiche e diapprocci razionali. In tal sensoFederico Bilò fa riferimento atre “conseguenze” operative(Transizione dal Funzionalismoalla Partecipazione, attacco alFormalismo, attaccoall’Autonomia disciplinare),tutte discendenti da un unicopensiero etico che ècontemporaneamente contro eper : contro il primato del

linguaggio e dei suoi collari, afavore dell’interdipendenza ditutte le componenti, culturali,sociali, economiche, spaziali,figurative. Infine De Carlo, in anticiporispetto al dibattito attuale, si èfortemente impegnato contro ildisastro ecologicodell’urbanizzazionecontemporanea, proponendodifferenti modelli di sviluppo.L’obiettivo era creare luoghid’identità plurima e architetturenon mimetiche con il contesto,che di volta in volta sianocapaci di inventare un nuovorapporto con il paesaggio, omeglio con il territorio, comeera solito precisare: “Credo cheil territorio sia l’universo entro ilquale ogni evento spazialeconsiste e si rivela. Il territorio èmatrice di ogni cosa”.

Massimo Locci

Roberto BianchiSensibili mutazioni costruttive.Riflessioni sulla nuovamaterialità del progetto, delletecniche e dei materialidell’architettura contemporaneaLaruffa Ed.Villa San Giovanni (RC) 2009

Nell’ambito delletrasformazioni e mutazioni inatto nella contemporaneità delprogetto di architettura, RobertoBianchi avanza una serie diriflessioni sui temi che caratterizzano la complessitàdel panorama architettonicoattuale con la pluralità deilinguaggi espressivi, delletecniche e dei materialicostruttivi. Il libro, come si leggenella prefazione, è organizzato

in tre parti: a) “lo spazio delprogetto” che affronta icambiamenti e letrasformazioni del costruirecontemporaneo ponendoparticolare attenzioneall’individuazione dei linguaggiespressivi nonché ai caratteriemergenti della tecnicacostruttiva odierna; b) ”ladimensione delle tecniche” chedefinisce le tecnologieintrodotte di recente nellapratica progettuale chepongono l’architetto in unaposizione centrale nel processoedilizio quale figura diriferimento nel rapporto tracompetenze specialistiche eprassi costruttiva; c) “laconsistenza dei materiali”individua le capacità tecniche eprestazionali dei nuovimateriali introdotti sul mercatonegli ultimi anni che risultanoessere sempre più compatibilicon le esigenze specifiche delprogetto contemporaneo diarchitettura.Ne lo spazio del progettol’architettura è vista inrelazione alle mutazioni deifenomeni urbani e territoriali econseguentemente al ruolo che,sempre più, è chiamata adassolvere in relazione aicambiamenti in atto; un ruoloche, in alcuni casi, supera lasua stessa fisicità e il rapportocon il luogo per porsi comestruttura dinamica, leggeraquasi immateriale per diveniresimbolo di quella modernitàliquida di cui parla Bauman.Non a caso Roberto Bianchiinizia le sue riflessioni propriodalle urbanità liquide e dallanecessità, ormai condivisadalle varie discipline cheinvestono il fatto urbano eterritoriale, di ripensare ereinventare i processidecisionali per riprogettareprocessi e prodotti. Inpeculiarità contemporanee esintassi compositive si ponel’accento rispettivamente sullaevoluzione delle tecniche comerisposta alla flessibilità d’usodello spazio contemporaneo esui plurimi significati nei qualisi manifesta e si trasforma lasintassi compositivatradizionale secondo

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l’orientamento/approcciomateriale, plastico e tecnico diconcepire il progetto. Treatteggiamenti che, secondoBianchi, sono “espressione diun fare contemporaneo cheraffigura il caratterecomunicativo di un’epocacaratterizzata da tendenzecontraddittorie, come lagenericità e il ritorno alparticolarismo, cherappresentano un modo dioperare completamentenuovo”. Ne la dimensione delletecniche trovano spazio leprotesi epidermiche, ovvero lemolteplici pelli che l’involucroarchitettonico indossa: pellinelle quali il materiale lascia ilsuo ruolo costruttivo eprestazionale per trasmettere lapropria qualità tattile esensoriale. In velocitàcontrollate la riflessioneriguarda il rapido sviluppodelle tecnologie informatiche eil significato architettonico chequeste nuove tecnologiepossono assumere neltrasformare e modificare treparametri del tradizionalepercorso progettuale, comeaffermano Ben Van Berkel eCaroline Bos: la possibilità diesplorare rapidamente leprefigurazioni spaziali, ilsovvertimento del percorsotradizionale che affidava allapianta il ruolo di primo inputprogettuale ed infine ilcoinvolgimento di altri saperidisciplinari nell’intero processoedilizio. In semplicitàparticolari il low tech vieneesplorato non come pretestoper sconfessare l’high tech macome approccio e modo di“lavorare strettamente aderenteal tempo presente”. Ne laconsistenza dei materiali il testoattraversa ed esplora lecaratteristiche dei nuovimateriali innovativi in funzionedelle diverse necessità tecnichee creative ponendo al centrodelle tre trattazioni, inerentitrame sensibili, molecolarifrenesie e economie materiali,l’interesse verso nuovetecnologie come stimolo per lacreatività progettuale el’innovazione di linguaggio.Il testo è integrato da molte

citazioni e brani deiprotagonisti dell’architetturamoderna e contemporanea:citazioni che rappresentano unriferimento culturale preciso epuntuale alle riflessionipresentate oltre a costituireun’interessante e ben articolataantologia critica. Questoconsente di leggere l’apparatocritico congiuntamente al testoma anche singolarmenteoffrendo pertantoun’apprezzabile flessibilità nellemodalità di lettura e fruizionedel testo stesso. Il riccoapparato fotografico offre uninteressante panoramadell’architettura contemporaneanonché un’accurata selezionedando vita ad un percorsonarrativo per immagini dovetrovano spazio i volumiarchitettonici, la loro pelle, iparticolari costruttivi e imateriali più innovativi che licostituiscono e rappresentano.Una riflessione ampia e daimolteplici sguardi quella cheRoberto Bianchi ci propone: untesto che tenta di sistematizzareconoscenze tecnico progettuali esapere pratico in un percorsoche apre la riflessione a nuoviscenari disciplinari esperimentali.

Elio Trusiani

Roberto CarratùIIluminare gli spaziTeoria e praticaDario Flaccovio Editore 2009

Spesso i libri che riguardanol’illuminotecnica risultano esseredei trattati di fisica sulla luce odei complessi manuali di teoria

illuminotecnica che pocoattengono alle problematichereali di chi lavora sul campo eche giornalmente si deveconfrontare con questi temi.Spesso invece, al professionista,allo studente, al curioso o alcultore della materia sarebbeutile avere un semplice“strumento da lavoro” da cuiapprendere tutti i trucchi delmestiere, e ciò non attraversocomplesse formule o calcoli diilluminotecnica, che magarisaranno utili in una fasesuccessiva, ma attraverso unasemplice comprensione deifenomeni fisici e psicofisici chesono alla base della teoriailluminotecnica e soprattuttoattraverso un correttoinquadramento del problemaluce nel contesto di un benpensato progetto di architettura.Questo testo, aggiornato con leultime tecniche e tecnologieilluminotecniche, è redatto informa di utile guida perdistricarsi nei meandri di unamateria certamente complessa,che se affrontata in manieranon corretta risulta complicata,ma se compresa nella suaessenza più intima,estremamente avvincente edaffascinante.È profonda convinzionedell’autore pensare che la luceha una forma, reale e concreta,e quindi come una qualsiasiforma di arte necessita diessere creata, pensata, ideataed immaginata, in pocheparole progettata. La luce,anche se non ci pensiamospesso, perennemente cicirconda ed avvolge gli oggettiche incontra, diventando essastessa una realtà costruttiva chemodella superfici, plasmavolumi e delimita gli spazi. Perquesto motivo è necessarioinstaurare un diverso approccioalla complessa problematicadella progettazionearchitettonica, ove la luce, sianaturale che artificiale, comespesso accade, non è “unproblema da risolvere poi…” enon la si deve lasciareaffrontare a personeimprovvisate, non competenti ointeressate ad altro, ma è, edeve rimanere, il fulcro centrale

di un corretto iter progettuale.Alla base delle motivazioni chehanno spinto l’autore aredigere questo testo vi èsenza dubbio la fermaconvinzione che la forma dellaluce deve esprimere, questenecessità, questi concetti,queste opportunità, crearesensazioni e dare loro dellerisposte concrete. Illuminare glispazi deve diventare unapratica per creare dellesensazioni e stimolare delleemozioni, un processo quasimentale, solo in questo modosi restituisce alla scienzailluminotecnica lo status diarte.Il libro è strutturato in forma dimanuale ove i capitoli inizialiriguardanti la natura dellaluce, il meccanismo dellavisione umana, le grandezzafotometriche, la teoria sulconcetto del colore e sullesorgenti luminose e sugliapparecchi illuminanti (I, II, III,e IV), sono propedeutici per lacomprensione dei temi trattatisuccessivamente. Nel capitoloV si affronta la tematica dellaprogettazione illuminotecnicaove, divisi per tipologie, sonoaffrontati i temi ricorrenti nellaprofessione comel’illuminazione di interni diabitazioni, uffici, spazicommerciali, luoghi per il cultoe di esterni come illuminazioniurbane, parchi, monumenti egiardini. Nel capitolosuccessivo si affronta latematica della progettazionedella luce naturale con unaparticolare attenzione alcalcolo ed alla verifica deidispositivi di ombreggiamentifinalizzati al risparmioenergetico. Il capitolo VIIriguarda il renderingilluminotecnico ed i suoimetodi di rappresentazione.In appendice si trovano utilischede per la scelta degliapparecchi luminosi ed unulteriore approfondimentosulla teoria della luce. Si ècurata e privilegiata inparticolare l’impostazione delprogetto della luce con esempied utili indicazioni edapplicazioni pratiche.

Livio De Santoli

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Mario Manieri EliaRoma dall’acqua alla pietraCarocci Editore 2009

A coloro che, ancora, sonoalla ricerca di un luogo“altro”, distante dairassicuranti approdi deglistereotipi e delle facilicertezze, Mario Manieri Eliaindica, attraverso un preziosocahier de voyage, il camminoverso una città di acqua e dipietra: Roma. Ad essa, e a una sua naturainaspettatamente anfibia, eglici introduce attraverso il fineintreccio di mitologia, storia earchitettura, seguendo unpercorso diacronico che nemette in evidenza di volta involta le sostanzialiinterdipendenze. E svelaintenzioni e progetti di coloro iquali, nel corso di una storiamillenaria, hanno tentato dimodificarne il volto attraversoi luoghi e i manufatti dellacittà; gli stessi “topoi” cui hadedicato una vita di studi e,come pochi, comprende edama. Un taglio inedito che l’insignestorico intraprende senzaoperare scelte selettive tra levarie componenti semanticheanche quando in contrasto traloro, come il titolo stessoprefigura. Il rapportoevolutivo, quasipartenogenetico, tra acqua epietra, elementi generatoridalle evidenti valenzesimboliche, è infatti sintesi diun’impressionantestratificazione di segnifondativi talora in conflitto enondimeno strettamente

correlati; ma anchesuperamento di un confrontoinesorabilmentecontrappositivo di termini inantitesi, che prelude in realtàa una loro compresenza.L’autore ci svela così lemolteplicità bipolari congenitealla Città, ancora sussistenti etangibili nella stessamorfologia urbana, frutto dellediverse concezioni attraversocui re, imperatori esuccessivamente ponteficihanno tradotto la propriaegemonia su Roma nell’ansiadi dominarla, prefigurandoviceversa tasselli del suo piùampio e complesso mosaico.Una trama, in continuaevoluzione, per la quale lanostra guida, nel concludere ilpercorso espositivo, arriva aproporci - sia pure in formaparzialmente virtuale - ilprogetto del ripristino di unattraversamento storico delTevere. Le duplicità genetiche, che giàtrovano riscontro nei mitifondativi della Cittàrispecchiandosi nellesembianze dal voltopalindromo del dio Giano,divengono dunque il filoconduttore di una sapientedissertazione costantemente inequilibrio tra la gravitas deicontenuti e la sottile levitasdella brillante narrazione. Equindi, a sua volta, bifronte.Un testo straordinariamentedenso che colpisce perl’efficacia dei riferimenti, lapuntualità delle citazioni, lasottile ricerca etimologicaattraverso cui Mario ManieriElia ci rivela il senso profondodei fenomeni legati allanascita dell’Urbe e al suosviluppo attraverso i secoli.Senza rinunciare, di tanto intanto, al suo pungente sense ofhumor. Una lettura senzadubbio colta, che si rendenondimeno accessibile anchea coloro i quali si avvicinino aquesti temi da neofiti, giacché,prerogativa dei classici,oltrepassata la sogliadell’erudizione, diviene lagenerosa condivisione di unvasto e poliedrico sapere.

Francesco Lenzini

Alessandra CazzolaPaesaggi coltivati, paesaggio da coltivareGangemi editore 2009

Ci sono almeno tre motivi per iquali vale la pena di leggere ilbel libro di Alessandra Cazzola“Paesaggi coltivati, paesaggioda coltivare”. Il primo motivo èl’ampiezza della dottrina che lagiovane ricercatrice dimostra dipossedere; il secondo èl’acutezza delle analisi checonduce; il terzo l’interesse delleproposte che avanza nella parteconclusiva del volume. Ampiezza della dottrina non èespressione enfatica. Fin daltitolo l’autrice dichiara qual è ilsuo punto di vista nell’affrontareuna tematica divenuta negliultimi dieci anni, grazie anchealla Convenzione europea del2000, assai vasta e di grandeattualità. Il paesaggio che sivuole “coltivare” è il paesaggioagrario. Ad esso sono dedicatel’introduzione e la prima partedel volume, che contengonoun’ampia rassegna dellaletteratura dal secondodopoguerra ad oggi: dai classicidi Emilio Sereni e di LucioGambi, a Manlio Rossi Doriafino ai più recenti Donadieu oDematteis. Letture vaste chel’autrice mostra di aver messobene a profitto, come si desumedalla rapida ma densaricostruzione della vicenda dellepolitiche agricole dalla riformaagraria del dopoguerra allapolitica agricola comune. Definito il punto di vista, lecategorie interpretative e lavicenda storica recente, nellaseconda parte lo sguardo si

rivolge al territorio dellacampagna romana: qualcosa dipiù di in “caso di studio”.Piuttosto un ambito nel qualeverificare l’appropriatezza diquel punto di vista e di quellecategorie interpretative. L’autricemette qui a frutto ricerchepluriennali sul campo ed unapartecipazione culturale seria eprofonda. Evita le seccheideologiche così diffuse edannose per la questioneessenziale della difesa dell’Agroromano e affronta il tema da unpunto di vista più serio edocumentato. “Secondo l’otticadi sostenibilità da adottare –sostiene - L’Agro romano oltread essere sede di attivitàproduttive, svolge un ruoloessenziale nel bilancioambientale e insediativo delsistema urbano come riservaindispensabile di risorseprimarie (aria, acqua, terra,paesaggio). La tutela dei suoicaratteri, la valorizzazione efruizione delle qualità storiche epaesistiche rappresentanoquindi un obiettivofondamentale per la città,premessa indispensabile per ilmantenimento degli equilibriterritoriali ”(p. 145).Discendono da questaimpostazione sia una criticarigorosa delle pianificazioniseparate, da superarerompendo gli steccati del rigido“riparto delle competenze” innome dell’applicazione “delcriterio flessibile della ‘lealecollaborazione’”, sia ladenuncia vigorosa dei dannidell’abusivismo e deirecentissimi rischi di ulterioreconsumo di suoli dell’Agro,magari in nome del socialhousing. Infine, nella terza ed ultimaparte del volume,semplicemente intitolata “Unaproposta”, l’autrice si avventuraad indicare alcune linee diintervento, solidamente fondatesu una analisi storica,funzionale e morfo-tipologicadelle diverse realtà dell’Agro.Ma qui il recensore evita disvelare chi sia l’assassino edinvita il lettore a prendere inmano il libro.

Domenico Cecchini

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Restauro dellaFontanadell’AcquaAcetosaDa lungo tempo in abbandono(circa mezzo secolo!) il Parcodella secentesca Fontanadell’Acqua Acetosa mostravaormai un degrado chesembrava irreversibile, con lafontana totalmente infestatadalla vegetazione, mentresoltanto una delle tre cannellerisultava ancora funzionante,erogando quell’acqua di cuiben note sono le qualitàaddirittura “terapeutiche”, cosìcome venivano elogiate già inepoca romana, per lecaratteristiche acidule-ferruginose.Dopo numerose manifestazionie proteste portate avanti damolte Associazioni ambientali,Enti diversi e privati cittadini,per il ripristino di uno storicomonumento dalla fortesuggestione ambientale, ilCircolo Canottieri Aniene, dasempre impegnato nel sociale(oltre ad essere una storicaAssociazione Sportiva dialtissimo livello, nata a Romanel 1892), ha reso possibile ilrestauro del manufatto,secondo le modalità di seguitoesposte.Nel 2003 il sondaggionazionale che periodicamenteviene compiuto con l’iniziativade “Il luogo del cuore” lanciataanni or sono dal FAI, ha fatto sìche la Fontana dell’AcquaAcetosa si posizionasse alprimo posto nella graduatoria,ottenendo i massimi voti perdecretarne la possibilità di unrestauro.Il Bando allora disposto dallaSoprintendenza ai BeniCulturali del Comune di Roma éstato subito accolto con grandeimpegno dal Circolo CanottieriAniene, in particolare nellapersona del suo PresidenteGiovanni Malagò, che ottennein concessione “la custodia e la

manutenzione del costituendoParco della Fontana dell’AcquaAcetosa, previa realizzazione,a cura e spese proprie, delrestauro della monumentalefontana e della riqualificazionedella circostante area verde”. La situazione in cui si trovava ilcomplesso era la seguente: lastrada era ormai quasiaderente alla fontana – ninfeo,né si potevano più leggere levarie iscrizioni storiche, quasicompletamente ricoperte dapesanti incrostazioni. Inoltrerisultava compromessa anche lastatica, perché numerose lastredel rivestimento lapideoapparivano pericolosamentesollevate. Pertanto, una voltastabiliti i lavori, essi sono statipreceduti da un opportunoadeguamento della situazioneviaria affidato al Dipartimentoai Lavori Pubblici che, perampliare l’area di rispettodinanzi al monumento haprevisto una modifica dellasede stradale nel trattocompreso fra la stazioneferroviaria e il piazzaledell’Acqua Acetosa. Inoltre si éstabilito di realizzare, attornoalla fontana, per un sia pureparziale ripristino di quella chedoveva essere la situazioneambientale originaria, unpiccolo Parco recintato di circa3000 mq.La prevista ripiantumazione diun certo numero di alberi, perricreare la quinta alberata allespalle della fontana non é poistata realizzata, per lapresenza di un massettocementizio che é stato rinvenutoal di sotto della pavimentazionein sampietrini.Il progetto si é rivolto quindi

verso la realizzazione di unalarga aiuola attorno al Ninfeo,in modo da raccordare fra lorole quote diverse, effettuare larevisione del selciato e lasistemazione delle pendenzenella fascia attorno allafontana, pavimentata inconglomerato, che é statariportata al livello originario,per consentirne in definitiva unamigliore fruizione e un miglioreaccesso, realizzando anche un“parterre” erboso nello spazioantistante.Ricordando come la dott.ssaCardilli, negli anni del suomandato si sia molto prodigataper la buona riuscita delprogetto, é stata poi incaricataquale Responsabile delProcedimento la dott.ssa AnnaMaria Cerioni, mentre l’incaricoquale Responsabile dei Lavori éstato affidato all’architettoFrancesco Fiorentini (con lacollaborazione di PaoloLuccardi).Il restauro è iniziato con lapreventiva rimozione delle partia rischio e in particolare con ilpre-consolidamento e larimozione delle stuccatureincongrue e della vegetazioneinfestante. È seguita poi lapulitura chimica e meccanicadi ogni superficie, facendoaderire nuovamente le partidistaccate, mediante opportuniadesivi ed imperniazioni.Trattate poi le parti metallichecon gli antiossidanti, si sonorealizzate le nuove stuccature,la finitura in cocciopesto deipaini di copertura, larubricatura delle iscrizioni edegli idrometri ed infine unacorretta applicazionedell’adeguato protettivo.

Un grave pericolo per le areeadiacenti alla fontana era dasempre rappresentato daiperiodici allagamenti dovuti allefrequenti perdite d’acqua dellafontana. Perciò, per un controllodella regolare erogazionedell’acqua del Peschiera l’ACEAha effettuato la verifica dellatenuta idraulica della rete didistribuzione dell’acquedotto edell’efficienza del sistema dicaptazione, drenaggio edeflusso dell’acqua di falda,potenziando con un nuovocollegamento la rete dismaltimento delle acque chiare.Un nuovo sistema di tubazioniper la distribuzione dell’acquapotabile si é accompagnato adun nuovo manufatto di manovrainterrato che ha consentito dirialimentare le tre cannelle.

L.C.

Parco dell’Acqua Acetosa- Responsabile del

Procedimento: Anna MariaCerioni

- Progettazione: Luisa Cardilli,coordinamento - Maria LuisaFerrea, Nicoletta Cardano;con la collaborazione diZètema Progetto Cultura s.r.l.

- Responsabile dei Lavori:Francesco Fiorentini con lacollaborazione di PaoloLuccardi

- Direzione Lavori eProgettazione esecutiva:Francesco De Tomasso

- Coordinamento sicurezza:Anna Tonelli

- Impresa esecutrice: SO.V.E.D.s.r.l.

- Direzione Cantiere: DinoFabrizi

- Collaboratori: MarcoBorraccesi, Ugo Bozza

- Restauro A.R.A. s.n.c.- Direzione restauro: Claudia

Camiz, Francesca Farachi - Restauratori: Saverio

Ceravolo, Marco Di Raimo,Lara Onorino

- Impianti Idrici: ACEA ATO2 SpA

- Impianto di illuminazione:ACEA ILLUMINAZIONE SpaACEA DE SpA – IlluminazionePubblica

- Sponsor: ACEA SpA - BNL Gruppo Paribas - MaireTecnimont SpA

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O Oa cura di Luisa Chium

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La nuova sede dellaFondazioneCloeIl benessere psicofisico negliambienti di lavoro attraversol’uso funzionale del colore

Attraverso l’immagine delluogo, il progetto cromaticodella sede della FondazioneCloe, vuole interpretare lamissione stessa dellaFondazione: un punto diincontro di pensieri, idee,ricerche e progetti darealizzare, con l’obiettivo diporre al centro dei suoi interessii fenomeni socio-economici,ottimizzando i processi dicambiamento del sistemaagricolo e alimentare delterritorio e dell’ambiente, percreare e mantenere unasintonia costante tra l’uomo e lanatura, l’individuo e il suoterritorio.L’ambiente, tendenzialmente,deve evocare sensazioni esuggestioni, ci deve dareinformazioni ed emozionicreando un’ergonomiasensoriale, intesa comearmonia tra l’habitat e la nostrafisiologia, migliorando laqualità della vita e attribuendocarattere ad ogni luogo.Il colore è un linguaggio dicomunicazione non verbale cheinforma, mobilita emozioni,condiziona l’umore,contribuisce a valorizzare laqualità dell’offerta: è un grandemezzo espressivo ed unostrumento di sottile persuasione,che influenza la relazione tra ilfruitore, l’ambiente ed i suoiinterlocutori.Secondo il metodo diprogettazione COLORE E …®,i colori sono stati studiati inmodo funzionale all’uso deglispazi ed ai fruitori e non dalpunto di vista estetico. Larilevanza è data dallo studiodegli effetti che il colore, nellasua qualità fisica di ondaelettromagnetica, producesull’individuo e nell’ambiente.L’impianto planimetrico e la

preesistenza di pavimenti,rivestimenti e porte daconservare e migliorare,essendo tutti materiali datati ein parte obsoleti, hannocondizionato le sceltecromatiche.I cromatismi individuati sonostati scelti dalla “tavolozza”della natura, utilizzando i piùadatti alle attività ed ai fruitori:• L’attività intellettuale che vi sisvolge e la determinatezza alla

realizzazione dei progetti,consigliano l’uso dei gialli edegli aranci, stimolanti psichici,solari e avvolgenti.• Il dialogo, lo scambio, laserietà delle direttive siconcretizzano nel verdegermoglio e verde rinascita,sobri e solidi, che ci rimandanoalla nuova vita della natura, algermoglio che si fa forte (Cloe)e che trasmettono l’idea diaffidabilità e sicurezza.

• La costanza nella crescita,l’abbondanza della natura,materna e lussureggiante, èespressa dal rosso prugna chesi confronta con i verdi per undialogo cromovisivo armonico,utilizzando l’accostamento deicolori complementari.• Il turchese, nella sala in cui ilverde germoglio e il verderinascita si susseguono asimboleggiare la varietà dellanatura, rappresenta il cielorasserenante, che riportaemotivamente all’apertura edall’abbattimento della barrierainterno/esterno, dilatando glispazi e dando la sensazione difar penetrare il cielo all’interno.• Il neutro caldo, derivatodall’arancio desaturato,armonizza e coordina ilpanorama cromatico,coadiuvato poi dal legnonaturale della zoccolatura edelle mostre delle porte, cherappresentano il filo continuodelle idee e dei principi dellaFondazione; i pannelli delleporte rosa carne, preesistenti,servono a ricordare il corpodell’individuo nella natura e neiprogetti da realizzare. Tutti icromatismi verticali descritti siriflettono sui bianchi del soffitto,del pavimento e delle finestre,colorandoli delle proprie diversesfumature. Sulle pareti coloratecon il neutro è esposta lamaggior parte dei quadri dellamostra d’arte contemporanea diAntonio Carbone, inauguratadal prof. Amerigo Restucci,rettore IUAV di Venezia emembro del CdA della Biennaledi Venezia. La straordinariaalternanza di forme e coloridinamici, briosi o distensivi,contribuisce all’uso funzionaledel colore per il miglioramentodel comfort psico-fisico e perl’umanizzazione nei luoghi dilavoro.L’utilizzo del “giusto colore”, nelprogetto di Daniela De Biase incollaborazione con PatriziaColletta, rappresenta un valoreaggiunto che conferisceall’habitat una veste estetica diqualità e gradevolezza allostesso costo di un “intervento inbianco e nero”.

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M O S T R E

Esposizionedi Niki de Saint-PhalleUn percorso carico disuggestione, nella mostra diNiki de Saint-Phalle presso laFondazione Roma Museo, losviluppo artistico molto vario esingolare di una protagonistadella Pop Art, attraversodisegni, dipinti, sculture efotografie che illustrano la suastessa vita, i suoi incontri, lesue contraddizioni, in uncrescendo emozionale che halasciato una forte traccia di sé. In un allestimento alquantoscenografico la mostra, curatada Stefano Cecchetto, hapresentato, per la prima voltain Italia, un’antologica cheraccoglie circa 100 opere diNiki de Saint-Phalle,provenienti per la maggiorparte dalla “Niki CharitableArt Foundation”,organizzazione no-profitcreata dopo la sua scomparsa,con lo scopo di promuoverne eproteggerne l’eredità artistica.Niki de Saint-Phalle, pittrice,scrittrice e performer nacquea Neuilly sur-Seine nel 1930,ma visse poi in America finoalla fine dei suoi giorni(avvenuta a San Diego nel2002) e fu proprio la passioneper l’Arte che la aiutò asuperare, a un certo puntodella sua esistenza, il difficileperiodo in cui venne colpita daun pesante esaurimento.Ed ecco nascere alcune dellesue opere maggiormentecariche di energia ed impetovitale; e sono queste che,organizzate in unasuccessione di quattro“capitoli”, senza peraltroseguire un percorsocronologico, sono statepresentate nella mostraromana, mettendo in risalto unsusseguirsi di esperienze e dimaturazioni diverse, raccoltein una significativa serie di“stanze della memoria”.E se in alcuni dipinti realizzati

tra gli anni ’50 e ‘60 sipossono cogliere citazionirisalenti a Mirò, come pure aMax Ernst o a Victor Brauner,del tutto originali sono lenumerose opere monumentali,in particolare le fontane,collocate in diversi spazipubblici in vari paesi delmondo. In Italia, a Garavicchio,presso Capalbio, in Toscana,ecco sorgere, nel 1979, unatra le sue più noterealizzazioni: il “Giardino deiTarocchi” ispirato al ParcoGuell di Gaudì a Barcellona erealizzato, a proprie spese,con il marito Jean Tinguely.Ultima sezione della mostra, ilGiardino dei Tarocchi, è statopresentato con i relativibozzetti e disegni.Risalta, dalla successione delleopere in mostra, come ilpercorso creativo di Niki si siasvolto in quel particolare“processo di acquisizione”, acominciare dalla primasezione, “Origini”, in cui si

racconta la nascita concettualedel suo percorso artistico, conle prime esperienze legate alleinfluenze surrealiste eall’interesse per il lavoro diAntoni Gaudì, fino allaconsapevolezza di unametamorfosi che porta l’artistaa sperimentare nuovilinguaggi e nuovi temiiconografici in una propria,sempre maggioreconsapevolezza, di cui si puòcaptare forte testimonianza nel“Diario Californiano” cui elladedicò ogni giorno degli ultimianni trascorsi in California(dai primi anni ’90), fino allamorte sopraggiunta nel 2002.Il prezioso Catalogo, edito daSkira e curato da StefanoCecchetto, illustra ampiamentel’opera di quest’artista, cheebbe una vita moltoaffascinante non solo sulpiano artistico, ma anche suquello umano e strettamentepersonale. Giunta alla fama fin daglianni ’50 e ’60, dopo inumerosi dipinti prodotti neglianni precedenti, con lesculture policrome (Nana),celebri in tutto il mondo, dopoil movimento di liberazionedella donna, iniziò adesplorare a fondo il mondofemminile, realizzando unaserie di sculture assolutamenteal di fuori e al di là delleconcezioni usuali eaccademiche, in cui portò ladonna ad essere protagonistaassoluta, in una grande“felicità creativa”, permeata di“gigantismo”.

L.C.

Le architetture di E. HopperLa capacità di Hopper divisualizzare le architetture simanifesta particolarmente inquella produzione cui dà vitaal suo ritorno in America dopoil soggiorno a Parigi, quando sifermerà nel Massachusetts dovedipingerà, a Truro e a CapeCod Cobb’s Barns and DistantHouse, South Truro (la base deisuoi soggiorni), Capron House;House on Pamet River e CapeCod Sunset, in cui appaionoalcune figure, ma sono ferme emeno vive delle strutturearchitettoniche che si staglianoinvece forti e potenti nei lorocontorni e forme essenziali,sullo sfondo di un paesaggiofatto di dune e verzure.E quindi appare evidente come,anche se, come nelle pitture diNew York, la figura umanariappare, é pur sempre la pietradelle costruzioni che riempie latela, in quanto attentamenteosservata dall’interno di unastanza o da una finestra, tantoda fare attribuire all’artista ilsimbolico appellativo di “geniodelle finestre, guardate dadentro e da fuori”.Particolarissimo si presental’allestimento “STOP EMOTION”realizzato dal teamMaster IDEA, guidato dall’arch.Luca Cendali, voluto dalPresidente Emmanuele F. M.Emanuele e appositamenteideato per gli spazi museali diFondazione Roma, che hannocosì presentato alcunefondamentali opere di Hopperquali “ricostruzioni di spazifisici”, esaltati nel loro valore

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architettonico su cui il visitatorepuò addirittura interagire.Scenografiche e suggestiveambientazioni si susseguonocosì nell’impostazionecronologica e tematica delcuratore amplificando il flussoemozionale della narrazioneattraverso le opere. Le scenefissate dall’artista attraverso laluce nei suoi dipinti, sono fontedi immaginazione e dilatazionetemporale per chi guarda, cosìcome avviene nel raccontocinematografico teatrale oletterario. Corposo e molto interessante ilcatalogo edito da Skira in unanuova edizione rispetto a quellache ha corredato l’esposizionemilanese, con i saggi di CarterFoster, Carol Troyen, SashaNicholas, Goffredo Fofi,Demetrio Paparoni, LuigiSampietro e Vittorio Sgarbi.L’artista viaggiò in Europa trevolte (fu a Parigi con tre lunghisoggiorni, dal 1906 al 1907,nel 1909 e nel 1910) e furonosoprattutto le esperienzeparigine a dare un’improntaforte al suo modo di vedere erappresentare la città, che nonlo abbandonò più, anche dopoessersi stabilito definitivamentea New York, dal 1913. Senza essere un “cronista” ,Hopper fu tuttaviaparticolarmente attento alleevoluzioni del mondodell’epoca; basti pensare anchesoltanto alla tecnologia: dallavendita e la veloce diffusione

del telefono o della lampadinaelettrica, della correntealternata e dell’aeroplano, delgrammofono e della radio,delle previsioni del tempo edegli abiti fatti, del cinema edell’automobile” (cfr. L.Sampietro, “ Hopper e ilcontesto storico americano” inCatalogo a cura di Carter. E.Foster, Skira, febbraio 2010).Egli infatti continuò sempre adelaborarne i ricordi in quellache chiamava la “gestazionedella mente”, generando indefinitiva temi e tecniche cheavrebbero poi caratterizzato lasua arte.Fra le varie sezioni dellamostra vorremmo segnalare inparticolare quella dedicata aidisegni : “L’elaborazione diHopper: dal disegno alla tela”,in cui si coglie la straordinariamano di Hopper disegnatore.Si coglie anche in tal modo ilsuo stesso metodo di lavoro,evidente nel corposo gruppo didi segni preparatori: dal “TheSheridan Theatre” (1937),novità assoluta per la sederomana, ai famosi taccuini,all’Artist’s Ledger Book III, ilblocco d’appunti che egliriempiva insieme alla moglie enel quale si vedono abbozzatimolti dei suoi dipinti a olio.La mostra è arricchita altresìda un importante apparatofotografico, biografico estorico, in cui viene riper corsala storia americana dagli anni’20 agli anni ’60 del XX secolo:la grande crisi, il sogno deiKennedy, il boom economico. Curata da Carter Foster,conservatore del WhitneyMuseum che ha concesso perl’occasione il nucleo piùconsistente di opere, la mostra,realizzata con ilcoordinamento scientifico diCarol Troyen, ha presentatoanche importanti prestitiprovenienti dal BrooklynMuseum of Art di New York,dal Terra Foundation forAmerican Art di Chicago, dalColumbus Museum of Art e,per la sede di Roma, anche dalNewark Museum del NewJersey.

L.C.

Treviso: Carlo Scarpa e il PalazzettoCurata da Guido Pietropoli, lamostra “Carlo Scarpa e ilPalazzetto”, prodotta dalMAXXI Museo nazionale dellearti del XXI secolo - Centroarchivi MAXXI architettura incollaborazione con il CentroInternazionale di Studi diArchitettura Andrea Palladio diVicenza e dall’Archivio di Statodi Treviso, è stata promossadalla Regione del Veneto, dalMinistero per i beni e le attivitàculturali, e dal ComitatoParitetico per la conoscenza ela promozione del patrimoniolegato a Carlo Scarpa. L’esposizione é stata incentratasulla figura di Aldo Businaro,committente di Carlo Scarpaper gli annessi alla villa “IlPalazzetto”. L’incontro traScarpa e Businaro ebbe luogoin occasione del viaggio inGiappone di una delegazionedi architetti e designer italiani,nel 1969, cui parteciparonoentrambi: da quell’incontroprese l’avvio un originale,quanto fortunato sodalizio cheli avrebbe tenuti costantementelegati alla residenzaseicentesca del committente.Situato nella campagna a sud-est di Monselice, il secentescocomplesso della villa apparivacostituito dal corpo dominicale,da una piccola costruzioneadibita a casa del custodeverso sud, da una grandefabbrica destinata a stalle efienile a ovest e da unpadiglione ottocentesco apianta rettangolare posto anord.Nell’arco di circa sette anni, apartire dal 1971, Carlo Scarpaebbe l’incarico di progettarvidiversi elementi, fra cui il murodi cinta e gli accessi principalee posteriore, il berceau, laceleberrima aia, e di attuareanche il recupero delpadiglione adiacenteall’ingresso. Dal 2005 Aldo Businaro e ifigli hanno affidato

l’esecuzione di una scalaesterna (già prevista lungo lafacciata occidentale delPalazzetto), all’architetto TobiaScarpa, che comunque nelproprio progetto ha seguitoattentamente e realizzato ingran parte i disegni del padre.La mostra vuole mettere in luceil lungo lavoro di restauro e ri-disegno della corte dominicaledella villa. Da qui il titolo dellamostra che, a ragione, si puòconsiderare una “rapsodiaarchitettonica”, in quantoautori diversi hannocollaborato per realizzare uninsieme armonioso, che indefinitiva potesse “raccontare”i quattrocento anni di storia delPalazzetto. Il work in progressdei vari interventi progettati daCarlo Scarpa è documentatoattraverso disegni originaliconservati al Centro CarloScarpa e che fanno parte deifondi degli architetticontemporanei del MAXXI

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Centro archivi MAXXIarchitettura e inoltre sonopresenti disegni autografi delmaestro custoditi in unacollezione privata edall’architetto Fabrizio Zulianidi Este, collaboratore diScarpa. Esposto anche ilmodello ligneo del complessodel Palazzetto e il catalogodella mostra dedicata alPalazzetto che si tenne a Tokyoal Museo d’artecontemporanea Watari-um (20maggio-30 agosto 1993) unalbum di rilievi architettonici edelle fotografie originali cheritraggono Carlo Scarpa eAldo Businaro.Piccole sezioni del filmdocumentario che il registaRiccardo De Cal ha girato sugliinterventi di Carlo Scarpa,nonché sulle fasi intermedie efinali della realizzazione dellascala esterna (Carlo/TobiaScarpa) e della pensilinad’ingresso a sud (TobiaScarpa), sono state proiettatesu una delle pareti, insieme aspezzoni di interviste inedite.

L.C.

Fiber Art diCecilia NataleUn suggestivo incontro fra leopere di Fiber Art di CeciliaNatale e il lavoro creativo diCambellotti, firmato nell’apriledel 1926 per la Sala delleColonne in Castel Sant’Angelo,é stato suggellato dallaesposizione ivi realizzatarecentemente con l’efficace eindovinato allestimento curatodall’architetto FrancescoCongiu. Per non parlare poi del“contributo” eccezionale cheall’alternarsi dei vivaci colori,della variegata assonanza framateriali e tessuti diversi, hannodato, in certe ore dellagiornata, gli scorci di una “cittàEterna” che da semprepartecipa agli eventi realizzatiin Castel Sant’Angelo e inparticolare dalla elevataposizione, affacciata sul Tevere,che si coglie dalle finestre dellaSala delle Colonne.

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ConcorsoPROGETTOSOGGETTOProgettoSoggetto è il concorsoper cortometraggi dedicatiall’Architettura, organizzato daMediarch (www.mediarch.it), ilcanale multimediale webdell’Ordine degli Architetti diRoma e Provincia, incollaborazione con In/Arch,Festa dell’Architettura di Roma,CinemAvvenire,PresS/TFactory_AssociazioneItaliana Architettura e Critica.La selezione è aperta a tutti esarà possibile partecipare conpiù di un’opera.Le opere proposte, di duratacompresa tra i 3 e i 15 minuti,dovranno fornire una lettura di

E come sottolinea molto beneFranca Zoccoli nellapresentazione in Catalogo (ed.Palombi), é “proprio dallatessitura” che prende l’avvio“l’itinerario artistico di CeciliaNatale che trova appagata dallatrama e dall’ordito la vocazionealla tridimensionalità, comeanche il bisogno di includere lapercezione tattile nelprocedimento creativo. Presto, lospessore del tessuto le appareinsufficiente e l’esigenza dispazio diventa più marcata.Costruisce allora corposi telaiusando materiali di scarto – retimetalliche, tondini di legno, tubiper impianti elettrici - nei qualiintesse strisce di tessuto, di carta,di gomma, corde o catenelle,sempre prelevate dallaquotidianità.L’operazione avviene con unospirito diverso da quello deldadaismo: l’artista non presenta,utilizza. E si discosta anche dallaprocessualità del new dada.Invece di impastare i suoi “objetstrouvés” in un magma terroso,come Jasper Johns, o di farlidialogare con la pittura, comeRauschenberg, la Nataleintreccia cose appartenenti adambiti concettualmente irrelati.Questi reperti, conservandociascuno le proprie qualitàsemantiche, entrano in rotta dicollisione con il supporto e fra diloro, sollecitando significatinuovi. In ciò l’artista è semmaipiù vicina alle antiche“quiltmakers” che, per realizzarele trapunte, usavano frammenti diabiti smessi, ritagli di vecchiecoperte e lenzuola, ricchi del lorocarico di vissuto.Ed é anche da considerare, ciòche è stato messo così bene inluce dalle opere in mostra, come“il percorso creativo manuale delfilo nell’opera d’arte, si identifichicon un “processo che esalta lapersonalità del tecnico comedell’artista attraverso il dialogotra materiali, fibre e colori nellaloro infinita, seppur rigorosa

combinazione” (cfr. Sandilanes.a.s., Azienda promotricedell’esposizione, in Catalogocit.).La conoscenza della Fiber Art(produzione artistica che non ècerto “nuova” nell’ambito delleaffermazioni artistiche moderne,a cominciare ancora dallaBauhaus), non è tuttavia cosìdiffusa come ci si potrebbeaspettare da una forma d’arteche in modo così profondo sicollega alla “tradizione”. L’artista ha esposto 17 opereprodotte dal 1995 al 2009 cheriguardano la sua esperienza inquesto ambito artistico, maturatain lei dopo la lunga pratica deltessere tradizionale. E in effetti,come giustamente sottolinea ilprof. Strinati nella introduzione inCatalogo: “L’esperienza diCecilia Natale è quasi unica nelpanorama artistico italianoattuale”. Ed è così che la strutturazionestessa dei materiali, che sicontaminano armoniosamentenelle varie opere, fa sì che “nellarielaborazione”…“il linguaggiodella tessitura, svincolatodall’artigianato con uso dimateriali e tecniche nonconvenzionali, porta a dar vitaad oggetti che si innestano nellospazio circostante rendendoloaddirittura partecipe dell’ eventocreativo, spesso anche attraversoil movimento” (cfr. LuisaChiumenti in Catalogo cit.).Una mostra dalla quale ognivisitatore ha potuto in effettitrovare spunti diversi per unariflessione personale, stimolato invario modo dalla originalità enovità delle opere, dai colori,dalle forme, dai materiali e letecniche, in una atmosferapregnante di tradizione, disimboli, ma anche, forse, di una…“svolta” verso panoramiartistici innovativi, in un processoevolutivo particolarmenteinteressante anche per le nuoveaccezioni con cui presentamateriali pur sempre tradizionali.

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http://www.mediarch.it/comunicazioni/bando_progettosoggetto.pdf

UNA PRECISAZIONE

Per una svista, su AR n. 86/09, l’articolo pubblicato a pagina 24 dal titolo “Spirito verde” è apparso senza la citazione dell’arch. Cinzia Di Renzo autrice del testo. Ce ne scusiamo con l’interessata e con i lettori.

un contesto ambientale, diun’architettura o gruppo diarchitetture, di uno o più oggettidi design, di nuovi orientamentidella ricerca, attività creative equant’altro possa essere legatoal mondo dell’architettura.Le opere vincitrici, selezionate dauna giuria di esperti nei campidel cinema, dell’architettura edella comunicazione visiva,verranno proiettate nel corso diun evento specifico organizzatonell’ambito della Festadell’Architettura di Roma,programmata per giugno 2010,con la presentazione al pubblicodegli autori, ai quali verràconsegnata una targa premio.Mediarch opererà per garantirela più ampia diffusione deicortometraggi premiati.Il bando è scaricabile allapagina: