antonella beccaria - pentiti di niente

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  • 7/29/2019 Antonella Beccaria - Pentiti Di Niente

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    PENTITIDI NIENTE

    Antonella Beccaria

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    Antonella Beccariaha pubblicato per Stampa Alternativa: Uno bian-ca e trame nere Cronaca di un periodo di terrore(2007), Bambini di

    Satana Processo al diavolo: i reati mai commessi di Marco Dimitri(2006) e NoSCOpyright Storie di malaffare nella societ dellinforma-zione(2004). Curatrice dellantologiaCreative Commons in Noirusci-ta nel 2008 nella collana Millelire, collabora con le riviste MilanoNe-ra, Thriller Magazine e Carmilla e il suo testo Uno bianca: ombresu sette anni di terrore stato incluso nel catalogo della mostra Larte ela cultura parlano di Omissis. Ha tradotto diversi saggi sulla culturadella Rete e dal 2004 ha un blog sulquale anticipa, racconta e approfondisce alcune delle vicende che nar-ra nei suoi libri. Il suo indirizzo di posta elettronica [email protected].

    2008 Antonella Beccaria 2008 Stampa Alternativa / Nuovi Equilibri

    Questo libro rilasciato con licenza Creative Commons-Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia. Il testo integrale dellalicenza disponibile allindirizzo http://creativecommons.org/licen-ses/by-nc-nd/2.5/it/.

    Lautrice e leditore inoltre riconoscono il principio della gratuit del

    prestito bibliotecario e sono contrari a norme o direttive che, mone-tizzando tale servizio, limitino laccesso alla cultura. Dunque lautricee leditore rinunciano a riscuotere eventuali introiti derivanti dal pre-stito bibliotecario di questopera. Per maggiori informazioni, si con-sulti il sito Non Pago di Leggere: Campagna europea contro il prestito a

    pagamento in biblioteca(http://www.nopago.org/).

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    Italia depressa ma bella daspetto un bel paesotto che tenta di essere tutto

    Con dentro tanti modelli che mischia, confonde, conciliaRiesce a non essere niente lItalia

    Negli anni Sessanta fioriva,la gente rideva e comprava la macchina nuova

    Ma proprio in questi momenti si insinua uno strano rifiutoE si contesta lo Stato dItalia

    Bisogna ridare allItalia la folle allegria del benessere sano di ieriSenza disordini n guerriglieri

    Giorgio Gaber, Salviamo sto paese, 1978

    Devi rimuovere tutto, devi scorda tutto, lascia sta storia alle spalle.E allora: anno nuovo, rito nuovo. Ributtare tutti i pezzi a mare:

    pija la scatola nera dellaereo e ributtala a mare;la scatola nera del treno, ributtala a mare;

    la scatola nera della piazza, ributtala a mare.Nun finisce qui, perch a n certo punto er giudice,

    Ragazzacci, sto giudice che se occupa dee stragi, morto preoccupato, fa:

    Come, che , nun se fa! Tutto sto lavoro e nun famo pi gnente.So ventanni che faccio stinchieste, pi gnente.

    E tutta sta gente chi lassolve?.Quindi se mette a tavolino co un paio di pentiti creativi

    e due giorni dopo esce la rivelazione.

    Corrado Guzzanti nei panni di Rokko Smitherson,Avanzi, 1992

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    PREFAZIONE

    I DEMONI MODERNIdi Valerio Evangelisti

    Forse inevitabile che, a lato di fluviali movimenti di massa,

    durante fasi importanti di trasformazione politica e sociale, si for-mino pozze oscure, in cui sguazza una fauna dallincerto profilo.Dostoevskij, con I demoni, ne forn un esempio, romanzandomagistralmente un episodio di cronaca: lassassinio, da parte di ungruppetto di rivoluzionari russi guidato da Nestor Necaev, di unloro compagno. Anche lItalia degli anni Settanta, in preda alleconvulsioni positive e negative di mutamenti profondi, destinati alasciare il segno sui decenni successivi, ebbe il proprio Necaev: Car-

    lo Fioroni. Figura ancora pi sinistra, per non dire diabolica, del-lantesignano, il quale quanto meno non trad mai il credo gelidocui si era consacrato, n il ferreo catechismo (una regola benedet-tina, lo defin Bakunin) che ne sorreggeva la messa in pratica.Invece Fioroni, ucciso il compagno e supposto amico Carlo Saro-nio, trad un po tutti: chi era stato suo complice e chi non lo erastato affatto. Senza altre finalit se non quella della salvezza pro-pria. In ci, Fioroni ebbe il concorso semi-involontario dei poteridello Stato. Nel 1975, ai tempi delluccisione di Saronio, non eraancora giunta a forma compiuta la legislazione sui pentiti. Tut-tavia era prassi invalsa, e di vecchia data, concedere sconti di penain cambio di delazioni. Era quindi gi operante il meccanismo

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    perverso insito nel pentitismo. Vuotato il sacco sui delitti propri(spesso almeno in parte addossati ad altri, nei limiti del possibile)e incassati i relativi benefici, per ottenere benefici ulteriori non cche un mezzo: rivelare ci che non si sa, ma che gli inquirenti siattendono di udire, a conforto di proprie tesi.Le vittime di tale sistema di matrice inquisitoria, negli anni Set-tanta e oltre, furono innumerevoli. I pentiti vennero trascinatidi processo in processo a enfatizzare le proprie accuse contro impu-tati a stento conosciuti. Si arriv al delirio. Ecco Pietro Mutti accu-

    sare Yasser Arafat di armare le Brigate Rosse, ecco Roberto Sanda-lo dichiarare che Francesco Lorusso, ucciso a Bologna da un cara-biniere nel marzo 1977, era armato di pistola, eccetera. Un evi-dente equivoco extrapolitico che, riguardante lincolpevole EnzoTortora e vari delinquenti, tra giudici e camorristi, non riusc amettere in guardia sulluso distorto della delazione. Ma primo fratutti fu Carlo Fioroni, non propriamente infame questo gergodella malavita per psicologicamente contorto, a dir poco, a

    dimostrare quanto il sistema del pentitismo (tuttora in vigore,ricordiamocelo) facesse acqua.Dalle sue rivelazioni uscirono almeno due piste fasulle. Tutto unfilone dellinchiesta 7 aprile, vergognosa montatura che quantopi si sgonfiava, tanto pi in fretta veniva riscritta, e lintero casodi Alceste Campanile, assassinato a Reggio Emilia nel 1975. Ciche Fioroni andava svelando faceva a pugni con levidenza, e tut-tavia faceva comodo avallarlo. Era utile per uno Stato che avevaurgenza di liberarsi del fastidioso movimento dellAutonomia Ope-raia, e, nella vicenda Campanile, persino per i residui di LottaContinua vogliosi di colpire i rivali autonomi (nel 1999 il fasci-sta Paolo Bellini confess di avere ucciso il giovane reggiano).

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    Intanto, decine di persone, collegate a Saronio da chi lo avevasequestrato e assassinato veramente, avevano scontato anni di car-cere pi o meno preventivo, o patito la sofferenza dellesilio.Antonella Beccaria ricostruisce la storia di Fioroni-Saronio con sti-le che Jean-Patrick Manchette ha definito behaviorista: logico,basato esclusivamente sui fatti, privo di digressioni ideologiche opsicologiche. Ne esce un saggio di una suspense tremenda e uno deimigliori libri, tra i tanti che stanno uscendo, sulle pagine pi oscu-re degli anni Settanta. Discostandomi dallo stile scelto dallautri-

    ce, azzarder una morale della favola che le sue pagine mi han-no suggerito. I Demoni possono operare in ogni epoca, ma la lorodistruttivit massima solo quando collima con gli interessi que-sti s satanici di poteri superiori.

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    INTRODUZIONE

    UNA STORIACHE ATTRAVERSADUE DECENNI

    C una storia che taglia a met gli anni Settanta arrivando alambire quasi tutti gli Ottanta e che diventa un paradigma nonsolo dello sbando di alcuni personaggi che non trovano collo-cazione in quel decennio di ideali, ma anche di scontri politi-ci. quella di Carlo Saronio, giovane ingegnere della borghe-sia milanese che si avvicina alla sinistra extraparlamentare, mache finisce preda della bramosia di alcuni di questi personaggi.

    Oltre al dramma personale di un sequestro e di un omicidio,la vicenda di Carlo Saronio racconta anche la nascita di un feno-meno, quello della dissociazione dalla lotta armata, e della suastrumentalizzazione da parte di chi andava a caccia di sconti dipena. Riuscendo a ottenerli.Mentre si indaga su chi ha rapito lingegnere, la Milano che neemerge in un primo momento sembra una specie di Marsigliain cui il Mediterraneo viene sostituito dai Navigli e dalla dar-

    sena di Porta Ticinese, ma che nulla ha da invidiare alla disin-voltura dei banditi dOltralpe. Una Milano in cui la politicaarriva fino a un certo punto e la malavita fa da padrona tra eva-sioni, ricatti, giri di denaro da riciclare, bella vita ogni volta che

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    si arraffa un po di contante. Dove lumanit si scontra e perdedi fronte al profitto criminale e dove non esiste alcun codiceetico quando si decide di speculare anche su un cadavere in pre-cedenza fatto sparire.Ma poi allimprovviso lo scenario cittadino si modifica e que-gli stessi personaggi, dai protagonisti alle comparse, dalle vitti-me ai carnefici, diventano gli interpreti di un copione a sfon-do terroristico dove lOrganizzazione viene prima di tutto.Anche della solidariet verso un compagno e dellamicizia tra

    due giovani che stanno dalla stessa parte. Il cambiamento cosrepentino che non sembra di essere ancora in quei quartieri.Sembra a questo punto di aver attraversato i confini della realtper entrare in un romanzo di fantapolitica in cui si pu rac-contare tutto e il contrario di tutto.Eppure no. Carlo Saronio viene sequestrato e ucciso davvero.A non tornare per molto tempo sar per la ricostruzione diquesto delitto. Sono parole, quelle che si andranno via via pro-

    nunciando, che raccontano sempre lo stesso fatto, ma lo fannoogni volta in modo diverso. Il punto di partenza, che non simodifica mai, la sorte dellingegnere. Il resto ci che avve-nuto dopo, ma anche ci che si consumato prima del seque-stro muta senza tregua a ogni interrogatorio, a ogni deposi-zione. Non saranno mai identici la dinamica, i ruoli, le respon-sabilit, le appartenenze. Non si pu fare altro che ripartire sem-pre da zero, da quella sera dellaprile 1975 quando Carlo Saro-

    nio viene bloccato e costretto a salire su unauto sconosciuta.Da una dimensione criminale pasticciona e spietata, con il tem-po, con gli anni, si arriva a sostenere che quel ricco militantenon era pi utile neanche come pollo da spennare per la cau-

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    sa. E che il suo destino viene deciso da una potente e impla-cabile cupola eversiva responsabile, pi o meno direttamente,di tutta la violenza politica che si consumava ogni giorno intutta la nazione. Mi pento, mi dissocio e vi racconto tutto,diranno i responsabili della fine che Saronio fa. E parlano, scri-vono memoriali, chiedono di incontrare magistrati di procuredifferenti, indirizzano le indagini. Ma soprattutto si adeguanoa quelle che vengono definite emergenze investigative e pro-cessuali. In altre parole modificano la realt sulla base di oppor-

    tunit. Le loro, ovviamente. Ma vengono creduti.Il risultato che ne deriva ha un nome: il processo 7 aprileche, nei suoi vari gradi, avr lunico merito di smentire le paro-le di chi si definiva collaboratore di giustizia e che proclamavail proprio ripudio al terrorismo. E di dimostrare che il verticedella violenza rossa, quello che tutto avrebbe coordinato e chepuntava alla guerra civile, non era mai esistito. Le realt politi-che che pur commisero reati anche molto gravi si muovevano

    infatti senza contribuire a un disegno pi complessivo. Non ce-ra nessun giovane grande vecchio, come si disse di Toni Negri,Oreste Scalzone o Franco Piperno. Non ci furono fiancheggia-tori che, pur indicati dai sedicenti pentiti come tali, trascorse-ro comunque dietro le sbarre anni di carcerazione preventivain attesa che la loro innocenza fosse riconosciuta.Ci furono solo coloro che tentarono unestrema speculazionesu un ragazzo che avevano rapito e ucciso a met degli anni Set-

    tanta approfittando di una legislazione che cambiava e che dun-que non era ancora stata applicata, di una gestione dellemer-genza non sempre svolta nel rispetto dei diritti degli imputatie di vantaggiosi benefici in termini di anni di galera.

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    MILANO, 14 APRILE 1975:DAL SEQUESTRO AIPRIMI SOSPETTI

    Carlo Saronio scompare la sera del 14 aprile 1975, un lunedallapparenza come tanti altri. un ingegnere, ha 26 anni e,

    malgrado lappartenenza a una facoltosa famiglia della borghe-sia milanese, nutre simpatie neanche tanto celate alle stesse for-ze dellordine per la sinistra extraparlamentare e in particolareper alcuni personaggi che provengono dalle disciolte fila diPotere Operaio. Lultima volta che la madre, Anna Boselli, lovede a cena conclusa: intorno alle 22, Carlo prende le chiavidella sua auto, una Lancia Fulvia con cui va in giro da un po,e come accade spesso in quel periodo lascia lappartamento di

    corso Venezia per raggiungere un gruppo di amici che lo aspet-ta dalle parti di piazza Aspromonte.Nella notte nessuno si accorge che Carlo Saronio non rien-trato e chi avesse gettato unocchiata sul ciglio della strada sisarebbe accorto che lautomobile dellingegnere era al suoposto. Alle 9 del mattino successivo tuttavia giunge a casa Saro-nio una telefonata. E non la prima: altre due lhanno prece-duta tra le 8 e le 8 e mezza. Allapparecchio c sempre uno sco-nosciuto che non si qualifica e si limita a chiedere con insistenzadi parlare con la signora Boselli, ma il filtro dei domestici reg-ge e lanonimo telefonista decide di chiamare un altro nume-ro: quello degli uffici dellazienda di famiglia, che si trovano

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    nello stesso edificio, e parla direttamente con lamministratoredei Saronio, il ragionier Armando Damaschi. Lingegnere stato rapito. Richiamer tra poco per il riscatto. Poi riattacca.La lapidaria telefonata ha uno scopo preciso: dare il tempo allafamiglia e ai suoi collaboratori di verificare lassenza di Carlo.Vuoi mai che sia uno scherzo di cattivo gusto? Ma il giovane incamera sua non c. Per di pi a quel punto chi si affaccia sene deve accorgere per forza la Fulvia sotto casa, chiusa achiave, come se non fosse stata toccata o come se il giovane pro-

    fessionista avesse avuto il tempo, una volta lasciati gli amici, diriportarla sotto casa e parcheggiarla senza alcun disturbo. Maci che realmente accaduto nelle ore immediatamente prece-denti un mistero: di certo c solo che lui non si trova.Tempo mezzora e il telefono squilla di nuovo. ancora lo sco-nosciuto di poco prima che parla con Damaschi e che gli comu-nica in tono perentorio che per la liberazione dellostaggio la fami-glia dovr scucire cinque miliardi di lire in due rate. Tre i giorni

    concessi per il versamento della prima tranche di due miliardi emezzo: la data fissata il 18 aprile e quel giorno gli emissari deiSaronio dovranno seguire le informazioni che verranno lorocomunicate in seguito per raggiungere il luogo del pagamento.Nel corso di quelle prime ore i sequestratori giocano con il ter-rore della famiglia: chiamano di frequente, a volte facendo unatelefonata dopo laltra, poi interrompono le comunicazioni perqualche ora, lasciano che i parenti si macerino nellangoscia e

    poi tirano allimprovviso la corda, minacciano ritorsioni nelcaso le loro disposizioni non vengano seguite alla lettera.Aggiungono ansia allansia per piegare qualsiasi rifiuto alla trat-tativa. In una telefonata che infatti arriva alle 17 di quello stes-

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    so 15 aprile, si decide di dare uniniziale conferma del fatto chenessuno sta scherzando, la prima prova che a chiamare sonodavvero i rapitori di Carlo: allaltro capo c sempre la stessavoce, caratteristica, con un forte accento meridionale, che dicedove si trovano le chiavi dellauto che lingegnere aveva con squando stato portato via. Poi basta, non si dilunga in altri det-tagli, e che i familiari aspettino, seguiranno ulteriori contatti.Fin da subito vengono avvertite le autorit e i telefoni di casa edegli uffici sono messi sotto controllo. Per ci si rende conto

    che le trattative saranno tuttaltro che rapide. Innanzitutto laprima data del pagamento, il 18 aprile annunciato inizialmen-te, salta: da un lato, infatti, i congiunti dellingegnere nonvogliono sentir parlare di rate. Il loro scopo infatti quellodi pagare tutto in ununica soluzione, ma la cifra ragguarde-vole e metterla insieme affare che richiede tempo. Dallaltraper chiedono una prova che Carlo sia ancora vivo, ma i seque-stratori nicchiano, eludono la questione, la rimandano o

    minacciano e solo a undici giorni da quella prima telefonata, il26 aprile, dopo pressanti richieste in questo senso, sembranofinalmente accogliere quella che ormai ha assunto i toni di unasupplica: va bene, avranno quanto chiedono. Per ottenerlo chevadano al cinema Italia e raggiungano la toilette. Dentro la cas-setta dello scarico dellacqua, troveranno lorologio da polsodellingegnere. Ma troppo poco, non basta per fugare o anchesolo per rendere meno attanagliante langoscia della madre. E

    poi perch non fanno come in altri casi di sequestro di perso-na? Perch non inviano una fotografia che ritrae lostaggioinsieme a un giornale recente? Perch non spediscono uno scrit-to dellingegnere successivo al rapimento?

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    No, quellorologio non neanche vagamente sufficiente. Ifamiliari insistono, producano qualcosa di pi convincentealtrimenti niente riscatto. E allora la banda di rapitori, nel girodi poche ore, fa recapitare alcune informazioni poco note a pro-posito di Carlo: la prima riguarda una fotografia scattata tem-po addietro in America Latina in cui Saronio viene ritrattoaccanto a due bambini indios: talmente affezionato a quel-limmagine e al ricordo del viaggio che lha appesa in camerasua, sopra il letto; la seconda invece la descrizione di una

    cagnolina che la famiglia Saronio teneva nella sua villa diBogliasco, in provincia di Genova. Nessuno scritto per accom-pagna questa comunicazione, le informazioni vengono tra-smesse sempre al telefono ed vero che non sono notizie didominio pubblico, ma altrettanto vero che anche lentoura-ge delle vittima conosceva quei dettagli. Di pi per i rapitorinon possono fare, Carlo si rifiuta di collaborare. Dunque chela famiglia si accontenti: non proprio la prova che chiedeva,

    ma ci va vicino. A quel punto i nervi hanno gi ceduto e a que-sto punto si deve tentare il tutto per tutto per far tornare Car-lo a casa. Tanto basta quindi per concordare la cifra definitiva:470 milioni di lire, meno del dieci per cento della richiesta ini-ziale, da versare in ununica soluzione.Le trattative intanto si sono trascinate per giorni e ormai si arrivati al primo maggio, sono trascorse oltre due settimane dalrapimento, ed tempo di chiudere. Cos nel corso dei tre gior-

    ni successivi si prendono accordi sulle modalit di consegna: il4 maggio il ragionier Damaschi e lavvocato Alessandro Tonol-li, altro collaboratore di famiglia, devono salire a bordo dellaFulvia di Carlo portando con loro due valigie in cui sono custo-

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    diti i soldi. A quel punto inizia un percorso, una specie di cac-cia al tesoro, in cui si arriva nel primo punto indicato dai rapi-tori, si raccoglie un messaggio, un dettaglio concordato di vol-ta in volta, un qualsiasi elemento che suggerisca in quale dire-zione procedere. La prima tappa di questa caccia viene rag-giunta alle quattro del mattino quando i due professionistiapprodano allHotel Cavalieri di Milano. Qui attendono unatelefonata che giunge puntuale nel giro di poco e che ordinaloro di inforcare la tangenziale est del capoluogo lombardo,

    arrivare al chilometro 8 e di cercare il messaggio successivo sot-to un cartello stradale. L trovano unulteriore indicazione chedice loro di uscire a Cernusco sul Naviglio, parcheggiare lau-to nei pressi di una cava l vicino e di allontanarsi per mezzo-ra: al loro ritorno, se tutto sar andato secondo i piani, non cisaranno pi le borse con i quattrini. Ma quando la coppia diemissari torna indietro si accorge che non accaduto nulla, chequesto appuntamento andato a vuoto: i rapitori non si sono

    infatti presentati a ritirare il riscatto perch diranno pocodopo sempre al telefono avevano avuto limpressione cheunauto in borghese della polizia fosse in zona. Avevano ragio-ne.Nel contatto che segue lincontro alla cava di Cernusco, i rapi-tori non sono affatto teneri, fanno notare con violenza allafamiglia che la foglia lhanno mangiata e aggiungono si penti-ranno dello scherzo che hanno tentato di tirare loro perch mica

    sono scemi, lhanno vista bene quellAlfa Romeo Giulia che sta-zionava in zona. Sbirri, non poteva essere altrimenti, e chi vuoiche fosse a quellora in un posto tanto isolato? Dunque accu-sano ancora i malviventi non solo i Saronio hanno denun-

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    ciato la scomparsa contravvenendo a quanto esplicitamentevietato, ma stanno collaborando con le forze dellordine. A que-sto segue un nuovo stillicidio di comunicazioni durante le qua-li per vengono via via lasciate da parte le minacce e riprendo-no le trattative.Si stabilisce cos che la data successiva per la consegna del dena-ro sar il 9 maggio. Questa volta si chiede che gli emissari del-la famiglia si muovano separatamente per confondere eventua-li pedinamenti da parte delle forze dellordine: Damaschi pren-

    der di nuovo la Fulvia mentre il cognato di Carlo, ErnestoMasolo, a bordo della propria autovettura, dovr puntare versoNova Milanese, entrare nel bar Corona e attendere nuove istru-zioni. Qui giunge puntuale una telefonata per lui e luomo vie-ne indirizzato verso una localit di campagna dove trover unmessaggio scritto. Nel foglietto gli si dir di imboccare lauto-strada dei Fiori Milano-Genova in direzione del capoluogo ligu-re e di fermarsi nei pressi di un ponte, allaltezza del chilometro

    148,400. Qui incontrer tre individui armati a volto copertoche prenderanno in consegna le valigie con il denaro. Non unaparola e nessun altro scherzo altrimenti a pagare sar Carlo.Questa volta tutto va liscio: il denaro viene consegnato, Erne-sto Masolo riprende la strada di casa con 470 milioni di meno,ma con la speranza che il cognato ricompaia presto. Per tuttiinizia la fase dellattesa pi lacerante, ma anche la pi vivida: laliberazione di Carlo. Tuttavia il giovane non ricompare quel

    giorno. Forse accadr il giorno successivo o forse occorre atten-derne qualcuno: lavranno magari portato lontano e deve ritor-nare in zona prima di essere rilasciato. Illusione, desiderio, fidu-cia si alternano in quelle prime ore, ma con il trascorrere del

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    tempo si trasformano in chimere, fantasie fino ad assumere iconnotati del miraggio, di unillusione che svanisce via via chetrascorrono le ore. E non ci sar nulla che arrester questo pro-cesso, che conterr un timore che si fa tracimante: Carlo Saro-nio scomparir per sempre e con lui, fin dalle ore successive alpagamento del riscatto, anche i rapitori svaniscono nel nulla.Non ci sar pi alcuna comunicazione, nessuna telefonata,neanche un messaggio scritto fatto ritrovare chiss dove.A questo punto, per, la squadra mobile della questura di Mila-

    no inizia a tirare gli estremi di una corda che ha teso intorno allabanda. Daccordo con la famiglia, i movimenti compiuti primae durante il pagamento del riscatto erano stati seguiti da lonta-no da agenti in borghese che si erano mossi con pi circospezio-ne rispetto al 4 maggio. Si erano sempre mantenuti a distanza,mai un veicolo delle forze dellordine si era avvicinato allautoche stava andando a consegnare un riscatto. Ma in quellocca-sione, il 9 maggio, quando il pagamento va a buon fine, non ave-

    vano tratto alcun dato su cui indagare. Sarebbe tuttavia il caso didire che non avevano tratto alcun elemento nuovo perch un ele-mento da cui partire ce lavevano gi. Lelemento ha un nome, sichiama Carlo Casirati, nato nel 1942 a Treviglio, in provinciadi Bergamo, ha precedenti penali per rapina e fino ai giorni con-vulsi del rapimento Saronio era irrintracciabile: di lui non si erapi saputo nulla dopo che il 20 febbraio 1974 era evaso dopoventi mesi di detenzione dal carcere di San Vittore. Ricompare

    per il 4 maggio, proprio il giorno di quel primo mancato paga-mento, anche se per arrivare alla sua identificazione occorrerancora qualche giorno. Sul momento si parla solo di un uomoche si materializza la notte in cui Armando Damaschi segue il

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    percorso indicato dai rapitori: per evitare che gli investigatori glisi avvicinino troppo in tempi in cui le comunicazioni mobili sonoancora molto lontane, si stabilito che il ragioniere, nel momen-to in cui sapr quale direzione prendere, lo scriva su un fogliet-to, lo inserisca in un pacchetto di sigarette e lo lasci cadere pri-ma di ripartire. Sto andando alla cava di Cernusco. Poi ingra-na la prima e parte, ma la polizia comunica via radio con la cen-trale la destinazione e c cos il tempo di allestire un servizio diappostamento e di raggiungere quellarea. Qui i malviventi si

    accorgono dei poliziotti, ma accade anche il contrario.In zona, infatti, oltre alla Giulia degli agenti, c anche unaltraauto, una Simca 1000, nascosta dietro un mucchio di detritiestratti dalla cava. Data lora si ormai prossimi allalba e illuogo, il fatto appare strano e cos la targa del veicolo viene anno-tata. A dirla tutta, non che ci si aspetti granch da quel con-trollo: se i rapitori sono furbi, quella macchina lhanno rubatae non si arriver a nulla. Invece ecco che arriva una sorpresa: sul-

    lauto non pende alcuna denuncia per furto, risulta intestata auna donna. E se sulle prime sembra che comunque sia un vico-lo cieco, vai a vedere meglio e ti accorgi che quella donna lamadre di un pregiudicato per di pi latitante: Carlo Casirati.Verifica ancora, fai qualche domanda in giro e salta fuori pro-prio che il figlio di quella donna, seppur ricercato, bazzica anco-ra in zona (vive infatti con la moglie a Sesto San Giovanni) edispone a proprio piacimento della Simca. Strano dunque che

    un personaggio come lui fosse in quella zona proprio quandoera in corso il pagamento di un riscatto. Se si tratta di una coin-cidenza, davvero curiosa, ma per gli investigatori non si trat-ta di una coincidenza, il pregiudicato coinvolto.

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    LUGANO, 16 MAGGIO1975: UNA VALIGIAPIENA DI DENARO

    Due giovani, un uomo e una donna, si avvicinano a unausi-liaria della polizia comunale di Lugano, Lucia Bernasconi, che

    sta pattugliando piazza Battaglini. Sono circa le quattro di unvenerd pomeriggio, le banche sono gi chiuse e lo rimarrannofino al luned successivo e la coppia due italiani che allappa-renza non sembrano avere nulla di particolare chiede alla vigi-lessa dove pu trovare un ufficio cambi. Lei li indirizza allisti-tuto Parini, poco lontano, in via Funicolare.Morta l, sembra, sul momento. E invece non passa mezzora chelagente svizzera viene avvicinata da una giovane donna, Maria

    Balestra, che ha assistito a una scena strana o quanto meno curio-sa: pochi minuti prima, mentre passeggiava insieme al marito sullungolago a poca distanza dellufficio cambi, ha notato due gio-vani, gli stessi due di prima, che tenevano una ventiquattroreaperta sulle gambe e la valigetta era zeppa di banconote di gros-so taglio. Lagente prende nota dei fatti e delle generalit delladonna e si dirige verso il parco dopo aver avvertito la centraleoperativa perch le mandi una pattuglia di rinforzo in via Pari-ni. Sulla stessa panchina indicata da Maria Balestra si trovanoancora i due italiani e allausiliaria sembra sospetto che abbianocambiato il denaro con tanta rapidit. A questo punto vengonofermati e portati negli uffici della polizia comunale.

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    Generalit e documenti. Cos risulta che la ragazza si chiamaMaria Cristina Cazzaniga e il giovane che laccompagna Pier-luigi Bordoli. La valigetta che custodiscono effettivamentepiena di denaro, ma non solo svizzero: le banconote sono dinazionalit diverse e in totale si tratta di poco pi di 65 milio-ni di lire. Che ci fanno con tutti quei quattrini? La coppiadichiara di essere arrivata a Lugano nella mattinata del giornoprecedente passando per il valico di Chiasso, di aver utilizzatouna Fiat 124 targata Reggio Emilia di un amico che li ha accom-

    pagnati nel viaggio oltre frontiera e che lunico scopo quellodi speculare sulla valuta. In modo lecito, sintende. Ma c qual-cosa che stride in quella versione. A unulteriore verifica, Bor-doli viene trovato con un passaporto intestato a unaltra perso-na, Silvio Tassan Solet, mantonavo, e con una patente a nomedi Adriano Balemi. Infine, in una specie di valzer di identit,quando litaliano compila il foglio di stato civile si qualificacome Carlo Fioroni.

    Nel frattempo altri agenti sono andati a cercare la Fiat 124, chetrovano parcheggiata a poca distanza dalla panchina dove sonostati trovati i due gi in caserma, e fermano anche il terzo gio-vane, Franco Prampolini. Inoltre, approfittando della chiusu-ra delle banche, riescono a recuperare il denaro cambiato. Fio-roni risulta avere 15 milioni e 7.310 lire italiane, pi di 122milafranchi svizzeri e oltre 96mila franchi francesi. Prampolini inve-ce viene trovato con quasi 4 milioni e mezzo di lire cambiate

    poco prima con altra valuta italiana e spiccioli in franchi fran-cesi. I poliziotti trovano anche tutte le ricevute dei movimentieffettuati tra il 15 e il 16 maggio a Lugano. Cos gli agenti, adisposizione dei quali ci sono i due giorni del fine settimana in

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    cui le attivit bancarie sono bloccate, possono partire per ulte-riori verifiche sulle banconote originarie e arrivano a due con-clusioni: nei cambi di valuta il terzetto italiano ha perso pi di1.500 franchi svizzeri, dunque i motivi speculativi non stannoin piedi, e quel denaro ha sicuramente provenienza illecita.Basta con le palle, che ora quei tre raccontino esattamente comestanno le cose. A prendere la parola Carlo Fioroni. Cheammette di non essere un normale cittadino italiano che giocacon la finanza.

    Sono ricercato nel mio paese, aggiunge il giovane agli agentidella polizia comunale. Faccio parte delle Brigate Rosse.Trasalgono i poliziotti di Lugano, di fronte a quella sigla chesanno bene che cosa significa, e chiamano la polizia cantonaleche dispone il fermo del terzetto. E Fioroni, incalzato dagliinterrogatori, ammette: s, quel denaro frutto di una rapina aun furgone portavalori abusivo commessa da lui e da altri ter-roristi. Ma litaliano mente ancora perch le matrici delle ban-

    conote recuperate raccontano invece unaltra storia: i quattrini sostengono gli inquirenti italiani nel frattempo avvertiti daicolleghi svizzeri fanno parte dei 470 milioni di lire pagati peril riscatto di Carlo Saronio.Fioroni nega per giorni, con quel sequestro lui non ha nulla ache fare, ma il 27 maggio crolla e dice di voler raccontare final-mente la verit: quel denaro arriva effettivamente dal rapi-mento, ma il suo ruolo nella faccenda si limita al riciclaggio

    delle banconote. Il 12 maggio precedente, infatti, aveva incon-trato a Treviglio, in provincia di Bergamo, Alice Carobbio, ladonna di Carlo Casirati, il pregiudicato notato nei pressi dellacava la notte del 4 maggio quando avrebbe dovuto avvenire il

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    pagamento poi conclusosi in niente. Fioroni lo avrebbe avvici-nato per conto delle BRdopo la sparizione di Saronio, di cuiera amico: lingegnere milanese infatti era nel mirino di Casi-rati, stando a quando sostiene il sedicente brigatista, perchproprio il criminale comune gli aveva proposto qualche setti-mana prima di rapire il facoltoso ricercatore.Una volta rintracciato da Fioroni, Casirati avrebbe ammesso difar parte della banda, anzi, di esserne il capo, e se il sedicentebrigatista avesse in qualche modo collaborato ci sarebbe stata

    una fetta anche per lui. In particolare aggiunge Fioroni ser-vivano informazioni personali su Saronio perch si rifiutava dicollaborare e i rapitori non potevano fornire alla famiglia noti-zie utili a dimostrare che lostaggio era ancora in vita. Se quel-le informazioni le avesse messe a disposizione luomo che pro-veniva dalle fila di Potere Operaio, allora il dieci per cento delmaltolto sarebbe stato suo.Fioroni prosegue nelle sue dichiarazioni alla polizia e racconta

    ancora di non poter decidere l per l da solo, di avere bisognodellavallo del suo gruppo di appartenenza. Il quale lo autoriz-za a prestarsi al gioco per due motivi: in primo luogo Fioronipu adoperarsi affinch a Saronio non sia fatto del male e poi,una volta rilasciato lostaggio, per impartire una severa puni-zione ai comuni che fanno sparire un politico. Ecco dun-que che Fioroni accetta lofferta di Casirati e quando lo incon-tra di nuovo, gli racconta un paio di particolari che lo aiute-

    ranno nelle trattative: la fotografia scattata con i bambini indiose la descrizione di una cagnolina che viveva nella villa di fami-glia, in Liguria. E quando si tratta di riscuotere il suo dieci percento, Fioroni si ripresenta puntuale: prende un treno per Tre-

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    viglio dove incontra Alice Carobbio, la moglie di Carlo Casi-rati, che gli consegna una valigetta in cui ci sono 67 milioni dilire. Di questi, cinquanta milioni sono il compenso della col-laborazione di Fioroni al sequestro e i restanti diciassette glivengono affidati dal suo complice comune perch li ricicli oltreconfine a nome suo. Fioroni accetta anche in questo caso per-ch specifica custodire quei quattrini in pi gli serve perrimanere in contatto con Casirati e avercelo a portata di manoquando decider di passare allazione punitiva.

    Intanto parla anche di Maria Cristina Cazzaniga e di FrancoPrampolini: sono compagni, militano nella stessa formazioneextraparlamentare (che a questo punto gi non sono le BrigateRosse, anche se non si riesce a capire bene di quale si tratti), masono del tutto estranei al sequestro e soprattutto sono alloscu-ro della provenienza del denaro. Sapevano solo che occorrevaripulirlo. Dunque che gli investigatori ne tengano conto nelvalutare la loro posizione. E s, un altro della banda di Casirati

    lha incontrato: un comune che conosce solo con il suo sopran-nome, lo scotennato, e che aveva trascorso diversi anni nellaLegione Straniera. O almeno cos gli avevano raccontato.Intanto la stampa italiana d ampio risalto allarresto di Carlo Fio-roni in Svizzera e dalle fotografie pubblicate sui giornali il porti-naio e altri domestici di casa Saronio lo riconoscono. A renderlicerti di averlo gi incontrato, quel tizio, sono in particolare leimmagini che compaiono sul Corriere della Sera del 18 aprile

    1975 e sulla Notte del giorno successivo: quello il giovane cheera stato ospite di Carlo poche settimane prima, a marzo. Con luicera anche una ragazza che era stata presentata come sua moglie:la polizia accerta che si tratta di Maria Cristina Cazzaniga.

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    MILANO, GIUGNO 1975:LE INDAGINISI ESTENDONO

    Il 4 maggio, si diceva, il giorno in cui la banda che rapisceCarlo Saronio commette il primo e principale errore: Casirati

    viene notato dagli agenti in borghese che seguono lauto usataper andare a pagare il riscatto. Le dichiarazioni di Fioroni sem-brano confermare che la pista corretta e nel frattempo si sonoaggiunti ulteriori dettagli raccolti dagli inquirenti.Nei giorni successivi al mancato pagamento, la polizia si pre-senta a casa di Stella Carobbio, la sorella di Alice, compagna diCasirati, e sia lei che il marito, Giuseppe Beratti, dichiarano cheeffettivamente il 19 maggio il malavitoso che vive con Alice ave-

    va consegnato loro una Simca 1000 con lo stesso numero ditarga di quella vista nella cava: la devono restituire alla madredi lui perch Casirati se n comprata una nuova e non ne hapi bisogno. Inoltre fino a qualche giorno prima aveva vissutoinsieme alla donna in un appartamento di Sesto San Giovan-ni, affittato sotto la falsa identit di Antonio Angeloni, e la cop-pia era scomparsa proprio in corrispondenza del pagamento delriscatto senza fornire alcuna spiegazione al padrone di casa esenza lasciare nuovi recapiti ai parenti.Ma occorre rintracciare anche lo scotennato, lex-legionario dicui parla Fioroni dal carcere svizzero, e in aiuto arrivano infor-mazioni fornite dalle questure della Calabria: un tizio con lo stes-

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    so soprannome lo conoscono, si chiama Giustino De Vuono, un altro criminale comune anche se ufficialmente si manterreb-be con una pensione della Legione Straniera, e guarda caso saltafuori che era stato visto in Lombardia proprio nei mesi precedentiil sequestro. Il 15 gennaio 1975, infatti, davanti a un bar di Mila-no, in via Neera, ha luogo un conflitto a fuoco in cui rimangonoferiti due noti pregiudicati, Vincenzo Bellardita e Nicola Venti-miglia: a sparare loro, secondo le testimonianza, sarebbe stato unindividuo che assomiglia a De Vuono. Il quale, dicono gli infor-

    matori, si trasferito al nord in cerca di fortuna e si inserito negliambienti malavitosi che ruotano attorno a quel bar.Nelle settimane successive alla sparatoria, per, De Vuono spa-risce dalla circolazione: lui il principale sospettato del feri-mento di Bellardita e Ventimiglia e non gli conviene rimanerein zona, ma resta in contatto con una donna, Gioele Bongio-vanni. A confermare il collegamento ci sono alcune intercetta-zioni telefoniche e la voce di De Vuono, una volta registrata,

    viene fatta ascoltare ai familiari di Carlo Saronio che riceveva-no le chiamate dei sequestratori: quella la voce anonima cheli minacciava e dava loro informazioni? S, affermano i paren-ti della vittima, e sono sicuri per due ragioni: il marcato accen-to calabrese e un intercalare specifico, costante, un diciamoripetuto quasi in ogni frase.Unulteriore conferma la si cerca da Fioroni: ancora detenutoin Svizzera, gli vengono sottoposte sia le registrazioni della voce

    che le fotografie segnaletiche e lui afferma che entrambe sonodello scotennato. lui, Giustino De Vuono. Ma il crimina-le non si trova e lunico modo per arrivarci forse la donna,Gioele Bongiovanni, che viene pedinata. Succede cos che il 6

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    giugno 1975 lei esce di casa, prende lauto, fa qualche giro, epoi si ferma di fronte a un appartamento di via Ronchi, a Mila-no. L dentro rester per un po e quando ricompare sul porto-ne del palazzo con luomo che gli investigatori stanno cer-cando. La coppia viene fermata e scattano le perquisizioni per-sonali e domiciliari. Addosso a De Vuono vengono trovate unaSmith & Wesson 38 Special e una Beretta 7.65 mentre a casasua saltano fuori altre due pistole di grosso calibro, munizionie documenti falsi. Ci sono infatti due carte didentit intestate

    rispettivamente a Dario Morandotti e a Franco Rossi e unapatente di guida sulla quale viene riportato il nome di MariaSaltellani. Da altri documenti trovati nellappartamento di viaRonchi emerge che De Vuono lha affittato il 15 maggio pre-cedente, venti giorni esatti prima, a nome di Franco Rossi. Inol-tre da febbraio, a sparatoria di via Neeva ancora recente, avevapreso in locazione un altro appartamento che si trova in via Bea-to Angelico, sempre a Milano, firmando un contratto compi-

    lato a nome di Massimo Vannoni.Guarda caso questultimo domicilio si trova molto vicino a unacabina del telefono, la stessa da cui dicono i tabulati il 18aprile era partita alle 12.48 una telefonata per la famiglia Saro-nio durante la quale uno sconosciuto dal marcato accento cala-brese trattava per conto dei rapitori la liberazione dellingegnerescomparso. Al momento dellarresto di De Vuono in via Bea-to Angelico risultano sue ospiti due ragazze, Maria Chiara Ciur-

    ria e Patrizia Scarpina, e la fotografia della prima stata appli-cata sulla patente falsa trovata nella nuova casa del calabrese.Sempre lei possiede inoltre cinque banconote da diecimila lireprovenienti dal riscatto.

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    Ma la posizione di De Vuono destinata ad aggravarsi ulte-riormente: quando la sua fotografia viene pubblicata su un quo-tidiano, Armando Damaschi e Alessandro Tonolli, i collabora-tori della famiglia Saronio che si occupano dei contatti con imalviventi, si accorgono di averlo gi incrociato, quellindivi-duo, e non ci mettono molto a ricordare dove: la sera del 23aprile precedente si trovavano in un bar, il Bar Bis, dove i rapi-tori avevano ordinato loro di andare e di sedersi in attesa di uncontatto. A un certo punto si era affacciato un uomo, aveva

    squadrato tutti gli avventori e poi se nera andato subito. Cin-que minuti dopo il telefono del bar squillava: erano i seque-stratori di Saronio.Gli investigatori proseguono nei loro accertamenti. Perquisi-zioni condotte a casa dei genitori e della sorella di De Vuono,Maddalena, portano a ulteriori elementi: una somma di dena-ro di poco meno di tre milioni di lire e le ricevute di dieci ver-samenti eseguiti tra il 16 maggio e il 4 giugno da una tale Fran-

    ca Colosimo, alias Maddalena De Vuono, di 200mila lire cia-scuno. Destinataria: Gioele Bongiovanni. Per questultima nonc modo di evitare larresto per favoreggiamento e concorso infalso e ricettazione: sarebbe stata lei, secondo laccusa che si vacostruendo, ad aver fornito a De Vuono i documenti con leidentit fittizie e sempre suo sarebbe un foglio sul quale sonoannotati tutti i negozi di Milano che vendono uniformi mili-tari e due taglie di abiti, la 48 e la 56.

    Attenzione perch questo elemento non da poco e se ne par-ler tra poco. Intanto per gli inquirenti maggior rilievo hannoaltri dettagli: testimonianze di vicini di casa di De Vuono e unarubrica telefonica lo mettono in relazione a un altro personag-

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    gio, Gennaro Piardi, conosciuto in giro con il diminutivo diCiccio e visto spesso con il calabrese nel bar di via Neera, dovea met gennaio si spara, e in quello di via Aselli. Che centriqualcosa con il sequestro? da accertare cos come da accer-tare la posizione di un altro individuo, Ugo Felice, che in gale-ra c dal 24 giugno 1975 per detenzione di armi e sospettospaccio di stupefacenti: tra gli oggetti rinvenuti in suo posses-so, c anche una banconota da 100mila lire proveniente dalriscatto. Era ancora a piede libero quando la famiglia Saronio

    versava i 470 milioni per liberare Carlo.Ma la rete delle presunte complicit sembra non arrestarsi anco-ra. Il giorno dopo larresto di Felice, viene portato a San Vit-tore anche un altro uomo: Luigi Carnevali, sospettato di avercompiuto un furto in un appartamento di Como. Anche tra isuoi effetti c una banconota che faceva parte del riscatto.Accusato a questo punto di concorso in sequestro, rifiuta di for-nire qualsiasi informazione sulla persona che gli ha dato quel

    biglietto. Non resta che indagare su di lui per cercare di capirela provenienza del denaro. Cos gli agenti della squadra mobi-le vanno in una trattoria di via Bengasi dove Carnevali avevalavorato in precedenza come cameriere, ma che aveva conti-nuato a frequentare anche dopo. E qui i titolari, Santa Gran-doni e Luigi Kolbe, raccontano qualcosa di interessante: Car-lo Casirati e Alice Carobbio erano due clienti abituali da circasette mesi e nei primi dieci giorni di maggio avevano pranzato

    almeno per un paio di volte con due giovani: il primo assomi-glia molto a Carlo Fioroni mentre il secondo sicuramenteFranco Prampolini. I ristoratori ne sono certi perch in una diquelle occasioni questultimo aveva dimenticato il suo borsel-

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    lo sul tavolo e loro, trovandolo, avevano cercato un riferimen-to per capire a chi appartenesse, leggendo le generalit riporta-te sulla carta didentit. Gli accertamenti delle forze dellordi-ne si erano dunque allargati ai locali pubblici della zona: Casi-rati e Carobbio avevano frequentato anche una gelateria di viaPadova e qui ad attenderli spesso cera Ciccio, cio GennaroPiardi.

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    MILANO,22 DICEMBRE 1975:UNA PRIMA VERSIONE

    Ha provato a resistere nel corso di quei mesi, ha provato adaddossare la responsabilit ai comuni e ha provato anche a

    calarsi nel quadro criminale che via via le indagini tracciava-no, descrivendosi come una specie di salvatore, colui che pro-va tutto quanto in suo potere pur di salvare un amico. MaCarlo Fioroni, una volta estradato in Italia, confessa tutto (oalmeno cos dichiara) e sar talmente nutrita la sua confes-sione da andare a occupare 107 pagine dattiloscritte. Fioro-ni, che si vede che di cose da raccontare ne ha, ne scriver altresei solo per confermare quanto detto al giudice istruttore

    Gerardo DAmbrosio. Quando si decide a parlare, ammet-tendo di aver giocato un ruolo fondamentale nellorganizza-zione del sequestro Saronio, fa una premessa: Indipenden-temente dalle intenzioni politiche che ne sono state allorigi-ne, per un processo doloroso di autocritica che mi ha impe-gnato in questi mesi, ritengo di poter valutare questa impre-sa di cui mi assumo interamente la responsabilit, come laconseguenza aberrante di un modo di fare e di intendere lin-tervento politico. Scagiono completamente gruppi od orga-nizzazioni con cui posso aver avuto rapporti, nel senso che iltermine politico che ho usato si riferisce non a rapporti orga-nici ma ad un clima politico. Scagiono con questo anche i

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    compagni Prampolini e Cazzaniga, a loro insaputa parzial-mente coinvolti in questa faccenda.Parole complicate, frasi al limite del senso logico, per prose-guire raccontando che dal luglio al dicembre 1974 si era con-cesso una specie di vacanza per costruire quei rapporti chelo avrebbero portato a organizzare il sequestro. Sequestro chesembra prendere concretamente forma tra il dicembre 74 eil febbraio dellanno successivo, ma poi pare scemare perchnon riesce a mettere insieme una banda.

    Fioroni per non si perde danimo e nel marzo 1975 si pre-senta a Carlo Casirati, gli offre di lavorare insieme al rapi-mento Saronio e aggiunge che lui lo fa per la causa, verserla sua percentuale per finanziare la lotta armata. Casirati dalcanto suo non si tira indietro: dispone dellorganizzazionenecessaria e tutto ci di cui ha bisogno sono informazioni sul-la vittima. Quelle ce le mette Fioroni a iniziare dal tipo di autoche Saronio usa e dalla relativa targa. Inoltre, Saronio una

    faccia sconosciuta? Non c problema: il politico fissa per il14 aprile un appuntamento con il giovane in un bar di Mila-no e avverte il comune che segue da lontano lincontro.Intanto i due chiacchierano e Saronio, del tutto ignaro di ciche si sta organizzando, racconta a quello che credeva un ami-co che un periodo in cui fa un po tardi: dopo cena esce, rag-giunge alcuni conoscenti e rincasa tra luna e le due di notte.A questo punto il piano deve scattare subito. Del resto il grup-

    po di Casirati gi pronto e le notizie fornite da Fioroni suglispostamenti serali di Saronio sono solo lultimo tassello man-cante allazione. Unazione preparata con meticolosit: quel-la sera, infatti, tra la mezzanotte e luna e mezza, ad attende-

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    re lingegnere c unAlfetta con due carabinieri a bordo, unadivisa che calza loro a pennello, e nessun testimone in giro. Imilitari, una volta che Saronio ha parcheggiato, gli si avvici-nano e gli dicono che lo devono seguire. Accertamenti, forse,e Saronio, da una ventina di giorni in odor di indagini anti-terrorismo anche se a suo carico pare non essere stato ancorapreso alcun provvedimento, non oppone resistenza e pensache debba trattarsi di un controllo, al massimo una notte incella di sicurezza in attesa che la sua posizione venga chiarita.

    Cos sale sullauto dei militari, ma deve accorgersi presto chequelli non sono davvero carabinieri, anche se indossano unadivisa. Nellabitacolo, sul sedile posteriore, ci sono anche altredue persone, due sconosciuti, che non sfoderano nessun tes-serino di riconoscimento e Saronio, probabilmente in mezzoai due, ha la conferma che quelli non centrano nulla con nes-sun accertamento e non stanno andando in caserma, ma chis-s dove e per chiss quale motivo. Allora sempre secondo il

    racconto di Fioroni, che tuttavia non presente quella seraper non farsi riconoscere lostaggio abbozza una reazione,si agita, forse cerca di scavalcare gli uomini che lo affiancanoe qualcuno gli preme sul volto un tampone imbevuto di ane-stetico, forse cloroformio, lo stordisce e lAlfetta pu partirealla volta di Sanremo per nascondere Saronio nella villa di unex-croupier del casin.Risvegliatosi dallo stordimento, lingegnere milanese non

    vuole avere niente a che fare con le trattative avviate daisequestratori e rifiuta di collaborare. a questo punto cheFioroni fa un altro pezzo del suo lavoro e fornisce le infor-mazioni taciute da Saronio. Il quale, dopo il pagamento del

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    riscatto, non viene rilasciato perch la cifra troppo mode-sta rispetto alle reali possibilit della famiglia e deve essereconsiderata solo un acconto. Nel frattempo, malgrado lin-terruzione di qualsiasi contatto con la banda, Carlo verreb-be trasferito dalla Liguria alla Calabria, dove secondo Fioro-ni si trova ancora.Ma non pu fornire agli inquirenti informazioni pi detta-gliate perch oltre a Casirati non conosce altri componentidella banda, se non De Vuono che si sarebbe occupato dei

    contatti con la famiglia. Anche le altre notizie sarebbero solodi seconda mano: il gruppo dei sequestratori avrebbe dovutoessere composto per una met da calabresi e per laltra da ber-gamaschi, ma questi ultimi a un certo punto si sarebbero tira-ti indietro costringendo a una campagna acquisti dellultimomomento affidata a De Vuono. Oltre ai bergamaschi c darimpiazzare anche un altro personaggio, un tale Silvio,appena finito in galera per tentato furto: lannuncio del suo

    arresto viene dato proprio il giorno in cui Casirati presentaDe Vuono a Fioroni in una trattoria di Lambrate. A un cer-to punto, durante il pranzo, si presenta infatti una donna,Gioele Bongiovanni, in lacrime perch il Silvio quella mat-tina si era beccato una condanna a sei mesi di reclusione.Ma c un altro personaggio della mala lombarda di cui Fio-roni fa il nome: Rossano Cochis1, un comune che appar-tiene alla banda dei bergamaschi e che inizialmente dice il

    politico avrebbe dovuto partecipare al sequestro. Lo haconosciuto nel luglio 1974 e, a detta questa volta di Casirati, come lui nel pieno di unevoluzione politica: va dunquerecuperato ideologicamente, aggiunge. Ma poi non se ne fa

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    pi nulla: Cochis e Casirati litigano, il primo non si fida delsecondo. Anzi ne ha una considerazione piuttosto bassa e cosi loro contatti si interrompono: ognuno si mette a lavorareper proprio conto.Nel frattempo le fila dei presunti sequestratori in carcere si allungata. La notte del 19 ottobre 1975 un individuo vedepassare una volante della polizia e cerca di darsi alla fuga, magli agenti a bordo lo bloccano e lo identificano. Si tratta diFrancesco Berruti che con s ha un revolver 38 Special non

    denunciato e carico. A una verifica pi approfondita si sco-pre per che la carta didentit delluomo falsa e in realt sitratta di Ciccio, Gennaro Piardi, il pregiudicato che avevaincontrato pi volte Casirati e Del Vuono nel periodo che ave-va preceduto e seguito la sparizione di Saronio. Fonti confi-denziali della polizia dicono inoltre fin da giugno che Piardi uno degli autori materiali del sequestro al quale avrebberocollaborato anche altri due comuni, Demetrio Poma e Giu-

    seppe Cleopatria.Gli stessi confidenti aggiungono anche altri elementi: il 15settembre Ciccio si era registrato sempre con il nome diFrancesco Berruti allHotel Nasco di Milano. Con lui cera-no altre due persone: Adriano Rivetta (identit falsa sotto cuisi cela Enrico Merlo detto il Micio) e Giovanni Mapelli. EPiardi nei mesi successivi al rapimento non era stato fermo,ma aveva proseguito in continue peregrinazioni in diverse

    regioni. Se in settembre, sempre in compagnia di Rivetta-Merlo e Mapelli, aveva alloggiato in vari alberghi nella zonadei laghi lombardi, era accaduto che appena dopo il paga-mento del riscatto, dal 23 al 26 maggio 1975, fosse arrivato

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    allHotel Miramare di Santa Margherita Ligure. Questa vol-ta era con Rossano Cochis, Vincenzo Bizzantini e AntonioGerace. Dopodich una comitiva composta da Mapelli,Cochis e Rivetta era ripartita e in luglio si presentava allHo-tel Calalunga sullIsola della Maddalena. Qui insieme a lorocomparivano altri due personaggi: Pierina Tassarin e GuidoFaccioni. Indagando ulteriormente, si accerta che dietro aquesto rutilare di identit si celano sempre le stesse persone:Faccioni infatti non sarebbe altri che Gennaro Piardi, che in

    Sardegna ci arriva a bordo di un motoscafo nuovo di zeccaacquistato per tre milioni di lire da un rivenditore milanese epagato in contanti da Giovanni Mapelli con soldi pare anticipati da Rossano Cochis. Il quale butta sul piatto un ter-zo del valore del natante e convince Maria Santa Cometti,amante di Enrico Merlo, a partecipare al prestito a favore diPiardi perch tanto questi ha diversi crediti da esigere. Lac-quisto del motoscafo per sarebbe stato fatto per conto di

    Casirati che qualche giorno lo trascorre pure lui allHotelCalalunga della Maddalena insieme ad Alice Carobbio.Tornando a Gennaro Piardi, questi in Sardegna prima esibi-sce un milione e mezzo di lire in contanti, poi prosegue levacanze sul lago Maggiore e infine espatria senza avere adattenderlo un lavoro che gli permetta di mantenersi. Dunquedeve poter contare sul denaro che porta con s. Tutto questoper mal si adatta allimmagine che fino a quel momento la-

    veva caratterizzato: un venditore ambulante male in arneseche gira lItalia per smerciare capi dabbigliamento e checomunque rimane sul groppone economico di qualche ami-co che ogni tanto gli allunga un po di denaro.

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    Insomma per tutti a moltiplicarsi non sembrano solo essere inomi, ma anche il denaro. Se Casirati e Piardi infatti eranonoti per essere degli spiantati, dopo la met di maggio inizia-no a disporre di somme allapparenza ingenti e la circostan-za, considerata ben pi di una coincidenza, si trasforma ancheper Piardi in unaccusa per concorso in sequestro di persona.E in dibattimento le sue presunte responsabilit si appesanti-ranno con un capo di imputazione per omicidio.

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    PRIMAVERA 1976:NUOVI ARRESTI E LEPRIME CONFERMESULLA MORTEDI SARONIO

    Nella prosecuzione delle indagini gli inquirenti decidono disentire Rossano Cochis. Del resto testimonianze a suo cariconon mancano: Fioroni dichiara che, pur appartenendo alla cri-minalit comune, gli era stato indicato da Casirati come un sog-getto da utilizzare a scopi politici, anche se poi non se ne sareb-be fatto pi nulla. Inoltre si sarebbe incontrato di frequente siaprima che dopo il pagamento del riscatto con Gennaro Piardi,

    la cui posizione nel frattempo si aggrava: i suoi presunti com-plici lo indicano infatti come colui che ha ucciso materialmenteCarlo Saronio.In un primo momento si decide di convocare Rossano Cochiscome testimone e non come indiziato perch farebbe parte delgruppo dei bergamaschi che si chiama fuori dal sequestro: inquesto caso diventerebbe un teste dellaccusa e potrebbe dareun contributo determinante nel lavoro di ricostruzione del-lintero organigramma della banda. Alla peggio aiuter a com-prendere le reali ragioni che hanno spinto Fioroni a sequestra-re lamico e compagno Saronio.Se intercettare Cochis non affare semplice per gli investiga-

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    tori, ecco che arriva un colpo di fortuna: viene fermato per gio-co dazzardo e intanto meglio fargli qualche domanda in piprima che scompaia di nuovo. Cos Cochis ammette di cono-scere Casirati e di aver discusso con lui di Saronio e del suo rapi-mento, un grosso affare avrebbe aggiunto il malavitoso di ori-gine bergamasca, ma di non poter aggiungere altro: nutrivascarsa stima per Casirati e cos gli ha dato retta fino a un certopunto finendo per declinare lofferta.Se la proposta di collaborare al grosso affare viene fatta a

    Cochis la sera stessa del sequestro, il malavitoso sfodera un ali-bi per dimostrare che non vi ha preso parte: aveva un appun-tamento per cena con una ragazza sarda, una certa Giusy (madi lei assicura non sa nientaltro), quando viene improvvi-samente colto da un mal di denti bestiale e inizia a girare perMilano alla ricerca di un dentista che lo curi oltre il normaleorario. Alla fine riesce a trovarlo, uno studio che rimane aper-to ventiquattrore su ventiquattro, in una traversa di via Tori-

    no, via dellUnione, in pieno centro. Ma Cochis non schiva lar-resto: di fronte a una serie di domande sui suoi rapporti conPiardi e con Fioroni, si ostina a non rispondere anche dopo averincontrato il suo difensore di fiducia, Santo Giuffrida.Per gli investigatori, di fronte alla situazione di stallo che si venuta a creare, il primo accertamento da compiere a caricodella fantomatica Giusy e in seconda battuta occorre arriva-re allabitazione di Cochis. In tre giorni giungono i primi risul-

    tati: la ragazza in realt si chiama Anna Mazzau e non une-stranea, ma la compagna del bandito ormai da alcuni mesi,tanto che i due vivono insieme. Lei per nega malgrado le per-quisizioni portino alla luce parecchi oggetti suoi a casa di

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    Cochis. A suo carico vengono poi rinvenute alcune agende: sudi esse la giovane ha scritto del suo legame sentimentale con ilbandito bergamasco. Falsa testimonianza, laccusa che vieneformulata a suo carico e arresto immediato. Ma mettere insie-me ulteriori elementi che leghino la coppia al sequestro Saro-nio difficile, tanto che, da successivi controlli, emerge che ildenaro prestato da Cochis a Piardi aveva una fonte diversa, nonlegata al rapimento, e in parte arrivava dalla madre delluomoche lo raggiunge in Sardegna e gli allunga un altro po di con-

    tanti.Del fatto ne viene a sapere Cochis che, pur non modificandole dichiarazioni in precedenza rese agli investigatori, ammettedi aver voluto nascondere lidentit della ragazza. Per proteg-gerla, dice lui. Per far sparire prove e denaro, sostengono gliinvestigatori, incuriositi dalle disponibilit economiche supe-riori alla norma delluomo. E tanto basta per modificare i capidi imputazione che diventano concorso in sequestro di perso-

    na e in omicidio. Ma Cochis non attende che il cappio giudi-ziario si stringa intorno a lui: poco tempo dopo evade e si dalla macchia cementando negli investigatori la convinzione chesia coinvolto.Nel frattempo si arriva a identificare con precisione anche ilSilvio raggiungendo la certezza che si tratti del marito di Gioe-le Bongiovanni: Silvio Cavallo, arrestato il 2 aprile 1975,meno di due settimane prima del sequestro Saronio, per ten-

    tato furto e processato per direttissima il successivo 10 apriledal tribunale di Milano, finendo per vedersi infliggere sei mesidi reclusione. Interrogato l11 marzo 1976 su quel rapimento,Cavallo dichiara di conoscere lo scotennato, che gli era stato

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    presentato nellestate del 1974 da Bellardita e Ventimiglia, neera diventato successivamente buon amico e la sparatoria di viaNeera non solo non aveva scalfito il rapporto tra i due, ma loaveva cementato grazie agli interventi pacificatori di Cavallo. Iloro incontri avvenivano sempre nei pressi di via Beato Ange-lico, dove viveva De Vuono, e qui il topo dappartamento ave-va conosciuto il collega Casirati, un onesto ladro come luiche improvvisamente ripudia letica criminale e si d alla poli-tica. Ma a un certo punto avviene anche unaltra serie di cam-

    biamenti: innanzitutto la comitiva si sposta eleggendo comenuovo luogo di ritrovo un bar di viale Giovanni da Cermena-te che aveva aperto nel febbraio 1975. E cambiano anche idiscorsi: dai furti pi o meno profittevoli, Casirati inizia a par-lare di sequestri di persona. Il salto avviene gli avrebbe con-fidato ancora grazie al fortuito incontro di compagni chegli avrebbero fornito dritte su possibili ostaggi e, per confer-mare quanto sostiene, sfodera un foglietto su cui era stata

    appuntata una lista di una quindicina di persone appartenentia famiglie facoltose.Casirati confida a questo punto allamico Cavallo di aver accet-tato la proposta dei politici di mettersi in affari con loro e diaver coinvolto prima i bergamaschi e poi De Vuono. Le dichia-razioni di Cavallo non sono sempre cos lineari e chiare, ma allafine ammette di sapere anche dellesistenza dellelenco di nego-zi di Milano che vendono divise militari. Quello stesso elenco

    trovato a casa sua dopo larresto di De Vuono. Lo sa per unmotivo molto semplice: Casirati gli aveva affidato il compitodi reperire le uniformi, ma non lo porta a termine perch nelfrattempo viene arrestato.

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    E parla di un ultimo elemento, il pi agghiacciante. In un col-loquio in carcere con la moglie, Gioele Bongiovanni, che a suavolta confermer nel corso di un successivo interrogatorio, leigli confida quanto le ha raccontato Vincenzo Bizzantini: Saro-nio morto, ucciso la sera stessa del sequestro. Di fronte alleparole della moglie, Cavallo reagisce dubitando dellafferma-zione, frutto magari di una voce che circola ma che sarebbe pri-va di fondamento. Ma a confermargliela lo stesso Bizzantiniquando anche lui viene arrestato nel gennaio 1976 e rinchiuso

    a San Vittore: vero, lingegnere stato ammazzato, anche senon sa dirgli di pi sulle modalit. Glissa anche sulla fonte diquellinformazione: di certi argomenti meglio non parlare.

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    MALAVITOSI IN VACANZATRA GIRIDI APPARTAMENTI,DENARO E AUTO

    Tra i giri di appartamenti a ridosso e immediatamente succes-sivi al sequestro Saronio, un punto in comune c: lagenziaimmobiliare Meson e meglio controllare allora tutti i contrat-ti di locazione che ha stipulato. Le sorprese non mancano. Deiservizi di questagenzia ne hanno infatti usufruito il 14 maggio1975 il pregiudicato Vincenzo Bizzantini e Gennaro Piardi,soprannominato anche Ciccio il Bello, che avevano affittatoinsieme un appartamento in via Marcona e avevano versato un

    anticipo di un milione e 215mila lire tenendo per limmobi-le pochissimi giorni. A questo proposito, Bizzantini ammetteinfatti di aver affittato quella casa nel maggio 1975 per contodi Carlo Casirati, ma di averla disdetta tra il 22 e il 23 maggio:il 20 di quel mese infatti lo stesso Bizzantini viene fermato eidentificato durante un controllo dalla polizia mentre, alla gui-da di una A112 Abarth acquistata due giorni prima, sta accom-pagnando a Treviglio Gennaro Piardi e Rossano Cochis.Lutilitaria dellAutobianchi in quegli anni non era diffusissimaa Milano e un facile controllo al pubblico registro automobili-stico permette di verificare che unauto di quel modello era sta-ta immatricolata nel maggio 1975 proprio da Gennaro Piardi.

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    Ma al concessionario accade qualcosa di inusuale nel periodoche intercorre tra lordinazione e il ritiro del veicolo, avvenutonel settembre 1975. Il rivenditore infatti ricorda il nome di Piar-di, ma dice di non poterlo identificare per una ragione moltosemplice: non lha mai visto in faccia. A ordinare lauto infattinon era stato direttamente lui, ma Brunello Puccia, il gestore diun bar di via Roggia Scagna, che ne ordina anche unaltra pers e che gli consegna il certificato di residenza di Gennaro Piar-di. Ma salta fuori anche unulteriore auto, la terza, identica alle

    precedenti, acquistata da un amico del barista, Alberto Monfri-ni. Tutte le utilitarie sono state pagate per intero in contanti.Strano, pensano gli inquirenti, che decidono di controllare iconti correnti di Puccia e di Monfrini accorgendosi che tra il15 maggio e il 17 giugno 1975 il secondo aveva effettuato unversamento sempre in contanti di 10 milioni di lire e chenello stesso periodo entrambi avevano ricevuto assegni circola-ri di importo simile da un tale Giuseppe Astore. Il quale a sua

    volta finisce nellindagine e si vede che aveva effettuato ancheversamenti a proprio favore il cui valore complessivo supera gliimporti poi girati a Puccia e Monfrini.Astore sembra cascare dalle nuvole quando si ritrova indagatoe nega ogni addebito: sostiene di non conoscere Monfrini e tut-ti i movimenti economici, che ne comprendono altri in con-tanti, non sono altro che un favore a Puccia con il quale ha unrapporto che rasenta la banalit: i due infatti vivono uno di

    fronte allaltro, sullo stesso pianerottolo, in un condominio divia Meucci. Astore prosegue raccontando che il dirimpettaiogli sempre sembrata una brava persona o quanto meno unoche di casino mai ne aveva fatto e che aveva sempre risposto

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    con gentilezza alle richieste dettate da contatti da buon vicina-to. Tanto che quando Puccia gli si presenta e gli chiede un pre-stito che restituir nel giro di qualche giorno per concludere unaffare, Astore non ha sospetti e gli d in pi riprese non ricor-da se due o tre milioni di lire. Per lui non un grosso sforzoperch le sue disponibilit finanziarie sono sempre cospicue:titolare con il padre di una fabbrichetta per la lavorazione deilamierati, di denaro contante ne maneggia parecchio. Effet-tuate le verifiche su quanto dice, gli investigatori stabiliranno

    che non ha mentito.In proposito, invece, a mentire sembra essere Puccia: s, queldenaro glielha dato il vicino di casa, ma per aver commercia-lizzato materiale in lamiera per conto suo. Solo che i riscontriin questo caso mancano e scatta un mandato di cattura nei suoiconfronti e nei confronti di Monfrini per favoreggiamento rea-le nel sequestro Saronio. Ma continuare a rimanere zitti perdifendersi e difendere qualcun altro non deve avere pi senso

    per la banda. E cos, dopo le prime confessioni, anche altri ini-ziano a parlare. Lo stesso Puccia nellaprile 1976 decide di rac-contare quello che sa e ci che riferisce inizialmente agli inqui-renti di aver ricevuto da Carlo Casirati tra il 10 e il 21 mag-gio dellanno precedente una somma complessiva di 60 milio-ni di lire, anche se tiene a precisare non conosceva affattola provenienza di quel denaro. Il suo compito doveva limitarsial riciclaggio e per farlo aveva utilizzato alcuni uffici di cambio

    in Svizzera, ma soprattutto il casin di Saint Vincent. Inoltresi era prestato anche per acquistare la A112 Abarth per contodi Casirati facendola intestare a Gennaro Piardi il cui nome erastato usato da Casirati per il ritiro.

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    Nel racconto di Puccia a questo punto arriviamo al 21 maggio1975: da quel giorno, Casirati scompare da Milano malgradovantasse ancora crediti da chi doveva riciclare il denaro delriscatto. A farlo fuggire dal capoluogo lombardo larresto diCarlo Fioroni, ma Casirati non dimentica i suoi debitori: qual-che giorno dopo infatti telefona a Puccia e gli impone di con-segnargli i 10 milioni che ancora deve versargli. Lo far a Civi-tavecchia dove il malavitoso milanese si rifugiato. E cos avvie-ne. I due si danno appuntamento in un bar non lontano dal

    porto e qui Casirati gli confida la provenienza dei quattrini: ilsequestro Saronio. Ma non solo: aggiunge particolari che gliinvestigatori hanno solo intuito fino a questo momento, inattesa per della conferma che vada oltre la lista dei rivendito-ri di uniformi militari.Senza mai fare il nome dei complici, Casirati racconta a Puc-cia che ad attendere Saronio davanti alla sua abitazione quellanotte cera una pattuglia di falsi carabinieri in divisa e che pro-

    prio riferendosi a un presunto controllo lo avevano avvicinatoe fatto salire sulla loro auto. Una volta in trappola, per, coluiche doveva stordirlo aveva premuto con eccessiva forza sul vol-to dellingegnere un tampone imbevuto di una sostanza tran-quillante, uccidendolo. A rianimarlo i componenti del com-mando ci avrebbero pure provato (Fioroni dichiara che Casi-rati si sarebbe pure fermato in una farmacia per acquistare uncardiotonico), ma vista linutilit di qualsiasi intervento di

    pronto soccorso scaricano il cadavere dallabitacolo e lo nascon-dono nel bagagliaio. Alcuni dei sequestratori non rinuncianoinfine a raggiungere il covo presso cui Saronio sarebbe dovutoessere tenuto prigioniero e gli altri invece concludono quella

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    tragica notte tornandosene tranquillamente a casa propria.Rimane per quel corpo che occorre far sparire e cos sempresecondo il racconto che Puccia fa dellincontro con Casirati aCivitavecchia e delle confidenze che questi gli fa qui la not-te successiva ci si d un nuovo appuntamento per la sepolturasenza per specificare il luogo, che dice di non conoscere conesattezza, forse dalle parti di Treviglio o di Cassano DAdda: ledue localit lombarde non sono molto distanti, a separarle nonci sono nemmeno sette chilometri. Qui comunque la salma di

    Saronio non sarebbe rimasta a lungo. Un mese pi tardi, quan-do Fioroni viene arrestato in Svizzera, Casirati viene colto dalterrore che il politico possa cantare tutto alla polizia e si fa for-za: da solo torna dove era stato sepolto Saronio, lo dissotterrae da qui lo trasporta in un cantiere facendo in modo che il cor-po finisca in un blocco di cemento che avrebbe poi gettato inuno dei laghetti dellIdroscalo di Milano.Le confidenze di Casirati a Puccia, almeno quelle fatte nel bar

    del litorale laziale, si concludono qui, ma i contatti non si inter-rompono. Casirati infatti gli telefona qualche giorno dopo siamo ormai al luglio 1975 dallisola della Maddalena dovesta trascorrendo le vacanze come se nulla fosse insieme alla suafamiglia e insieme ad Alberto Monfrini. Questa volta Casiratisi limita a dirgli che sta per andare allestero insieme alla suacompagna, Alice Carobbio, e dunque Puccia deve andare aprendere la A112 che gli lascer parcheggiata nella piazzetta del-

    lisola con le chiavi nascoste sotto un sedile. Puccia va dunquea prelevare lauto e gi che c anche lui si ferma sullisola doveincontra una faccia conosciuta: Gennaro Piardi, Ciccio, lostesso che Casirati gli aveva presentato poche settimane prima,

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    che va in giro insieme a Cochis e a Mapelli e a due donne: unadi queste risponde al nome Piera Tassarin, ma in realt si chia-ma Maria Santa Cometti, lamante di Merlo che aveva contri-buito ad anticipare i soldi per gli acquisti di Gennaro Piardi esi era data da fare per riciclare 15 milioni del riscatto Saronioaprendo un conto bancario che chiude quasi subito. Sempre leiin seguito si preoccuper di spedire del denaro in carcere a Piar-di e a pagare le spese legali per la sua difesa. Una volta avviatala fase istruttoria, Maria Santa Cometti rifiuter sempre di rive-

    lare il nome di chi le aveva consegnato quelle somme di dena-ro. Per il momento, per, va notato che il mondo piccolo perquesta banda di deliquenti, che si sia a Milano o in giro per lI-talia.I malavitosi in vacanza alla Maddalena per vogliono la vettu-ra. Puccia gliela consegna senza opporre alcuna resistenza, delresto quellauto intestata a qualcun altro. Ma il tutto avvienenella pi totale tranquillit, tanto che di sera si svolge una came-

    ratesca cena allHotel Calalunga a cui partecipano Puccia,Monfrini, Mapelli, Piardi, Cochis e un personaggio che tuttichiamano usando un soprannome. il Micio, identificatosuccessivamente come Enrico Merlo, e alla comitiva si aggre-gano anche due donne: una che sta con Cochis e laltra conMerlo.Casirati invece, che resta comunque in contatto telefonico conPuccia perch ci sono sempre quei 10 milioni da riciclare e resti-

    tuire, sembra sparito dalla circolazione. Per i quattrini tuttaviaoccorre prendere tempo perch quel denaro non c pi: nel ten-tativo di ripulirlo dice Puccia lo ha perso tutto al casin diLondra e secondo lui Casirati e Alice, che insistono per ritorna-

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    re in possesso della somma pur senza arrivare mai a minacce, sem-bra che non stiano pi in Italia e nemmeno in Europa. Secondoil ricettatore, sarebbero fuggiti in Venezuela, a Caracas.Per ricostruire o quanto meno per avere unidea di una par-te dellorganico della banda dei comuni che collabora con ipolitici al sequestro Saronio, ecco dunque che vengono in aiu-to i registri e le testimonianze del personale dellhotel presso ilquale si danno convegno i malavitosi lombardi: qui infatti ven-gono registrati Guido Faccioni, Adriano Rivetta e Pierina Tas-

    sarin, cio le identit fittizie sotto cui si celano Gennaro Piar-di, Enrico Merlo e la sua compagna, Maria Santa Cometti.Partono ulteriori perquisizioni che comprendono anche labi-tazione di questultima donna, e qui salta fuori un quadernet-to, un vero e proprio registro contabile su cui sono state anno-tate dallautunno successivo a quella vacanza sullisola dellaMaddalena le somme che Cochis e Mapelli le hanno conse-gnato. Viene inoltre descritto il modo in cui questo denaro,

    dopo essere entrato, usciva perch consegnato a Piardi o a tito-lo di pagamento degli avvocati difensori di quelli che intantoerano finiti in carcere.A questo punto riprendono anche gli accertamenti bancari earriva la conferma che dal gennaio 1976 Maria Santa Comettiaveva versato su un conto corrente aperto appositamente pres-so la filiale di corso Buenos Aires del Banco di Sicilia una som-ma di quindici milioni costituita da 98 banconote da cento-

    mila lire e 104 da cinquantamila lire. Questa cifra rimane fer-ma sul conto fino al 20 aprile 1976, qualche giorno dopo lacattura di Mapelli, quando la donna la ritira con un unico pre-lievo rifiutandosi per di dire a chi lha consegnata: per lei scat-

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    tano laccusa e larresto inizialmente per falsa testimonianza epoi per ricettazione, falso in carta didentit e favoreggiamen-to reale.Ma, in base a quanto ricostruiscono le indagini, i favoreggia-tori sono anche altri. Nel corso di ulteriori verifiche bancarie,emerge che il 21 aprile 1975 tale Domenico Papagni aveva dueassegni circolari da quattro milioni intestati ad Alberto Mon-frini e in seguito girati a Brunello Puccia. Il conto corrente sucui avvengono le operazioni stato aperto da Papagni presso la

    Banca del Monte e da qui sono partiti sempre verso Monfrinialtri due assegni il 12 e il 30 giugno 1975 del valore rispettiva-mente di due milioni e di 700mila lire. Inoltre, nel periodocompreso tra il maggio e il giugno sempre di quellanno, Papa-gni si era visto accreditare 150 milioni da Pietro Cosmai e queldenaro era stato prelevato in pi riprese fino a prosciugare deltutto il deposito. A questo punto per entrambi scatta laccusadi favoreggiamento reale: lipotesi che Papagni girasse a

    Cosmai le somme da riciclare e questi le facesse rientrare puli-te tramite lettere di accredito emesse dalla Banca di Bisceglie.

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    IL COMPAGNO FIORONI,LAMBIGUOE IL CARNEFICE

    Carlo Fioroni un personaggio strano, controverso, antipati-co. Anche ambiguo, per i suoi ex-compagni di Potere Operaio

    che lo hanno soprannominato il professorino, un po perchinsegna alle scuole medie e un po perch si atteggia a saputocon i compagni. Solo alla fine degli anni Settanta dir ai giu-dici che questo atteggiamento al contempo spocchioso e dimes-so era stato studiato per salvaguardare nel periodo della sua pre-sunta clandestinit sia lui che il gruppo allinterno del qualeoperava. Nella prima fase della sua militanza, quando inizia adavvicinarsi a Potere Operaio, sono ancora da venire le dubbie

    dichiarazioni e il quantomeno discutibile quando non pro-prio mendace memoriale che Fioroni scriver nel carcere diMatera contribuendo ad alimentare le accuse mosse nel pro-cesso 7 aprile contro Antonio Negri, Oreste Scalzone, Nan-ni Balestrini, Alberto Magnaghi, Gianni Sbrogi, Augusto Fin-zi, Francesco Bellosi, Lucio Castellano, Mario Dalmaviva,Luciano Ferrari Bravo, Alberto Funaro, Libero Maesano, Gio-van Battista Marongiu, Jaroslav Novak, Gianfranco Pancino,Giorgio Raiteri, Adriana Servida, Francesco Tommei, EmilioVesce, Paolo Virno, Lauso Zagato e Domenico Zinga.Dalla fine degli anni Sessanta al sequestro Saronio, il nome diCarlo Fioroni emerge a pi riprese. C il suo rapporto con

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    Giangiacomo Feltrinelli e con i GAP, i Gruppi di Azione Par-tigiana, di cui si parler pi avanti. C lappartamento di viaBruschi a Milano, lo stabile dove anni pi tardi verr rinvenu-ta la tipografia delle Brigate Rosse, lappartamento [che] eradi un compagno ritenuto da tutti affidabile, intellettualmentepreparato, anche se piuttosto pasticcione sul piano pratico:Carlo Fioroni2. colui che va dai compagni, come accade aFranco Berardi, e li bolla come non veri bolscevichi, senten-dosi rispondere: Non me ne dispiaccio affatto3, ma che a sua

    volta viene giudicato senza mezzi termini: non era solo trop-po debole di carattere per fare il rivoluzionario, ma anche ilpentito4.Carlo Fioroni nasce a Cittiglio, in provincia di Varese, il 18 giu-gno 1943 e in paese c chi sogghigna di un suo vezzo: andarein giro custodendo sempre in tasca una vecchia Glisenti scari-ca, una pistola calibro 9 progettata allinizio del Novecento eutilizzata nelle due guerre mondiali dal Regio Esercito per veni-

    re sostituita tra il 1942 e il 1943 dalla Beretta 34.Uno scatto di ci che appare altruismo verso i compagni MariaCristina Cazzaniga e Franco Prampolini sembra avercelo quan-do inizia ad ammettere il suo coinvolgimento nel sequestro diCarlo Saronio: il loro ruolo, dice infatti, si sarebbe limitato alriciclaggio del denaro, ma ne ignorerebbero leffettiva prove-nienza: il riscatto. Non chiedono, i due, ma non esiterebbero aprestarsi perch secondo quanto dice Fioroni rispettano per

    fede politica di svolgere determinate attivit nellambito di Soc-corso Rosso, organizzazione articolata in Italia e allestero che,a partire dagli anni Settanta, fornisce assistenza a pi livelli(legale, economica e logistica) ai compagni che ne hanno biso-

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    gno. E Fioroni aggiunge uninformazione che rimane nondimostrata e dunque altro non che veleno: secondo lui, se gliscopi ufficiali di Soccorso Rosso sono noti a tutti, ce ne sonoaltri che fanno capo a strutture clandestine. A esse Prampolini,di cui si fida e che conosce dai tempi delluniversit, avrebbeaderito o di esse ne era quantomeno a conoscenza.Sono i temi, questi, che gli avvocati difensori di Prampolini edi Cazzaniga utilizzano per ribattere le accuse: i reati compiu-ti dai loro assistiti sono la conseguenza aberrante dellaiuto

    concesso a un compagno politicamente emarginato comeraCarlo Fioroni dopo la morte di Feltrinelli, lo spostamento dimolti personaggi dei GAP e POTOP verso le Brigate Rosse e lafine dellesperienza di Potere Operaio stesso, nel 1973, dopo ilrogo di Primavalle (16 aprile) e il convegno di Rosolina (giu-gno). Fioroni, per assicurarsi la collaborazione dei due compa-gni, aveva come unica arma a proprio favore una rete di con-tatti su cui far leva utilizzando la sua fama di militante rivolu-

    zionario. E per fare ci poteva scegliere tra due canali princi-pali: rivolgersi a quei giovani borghesi che, in forza di una sor-ta di senso di colpa derivante dalla loro posizione sociale avvan-taggiata, erano disponibili a sporcarsi le mani; inoltre coinvol-gere la criminalit comune che, meglio se alla ricerca di unaqualche motivazione politica, come si diceva di RossanoCochis, il proprio tornaconto ce laveva assicurato. Pi o meno.Carlo Fioroni non era un nome sconosciuto per le forze del-

    lordine, gi si era fatto notare il 25 febbraio 1972. Siamo aQuarto Oggiaro, quartiere popolare della periferia milanese, ec un gruppo di giovani che si sposta in automobile per met-tere nelle cassette delle lettere volantini firmati da Lotta Con-

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    tinua, Potere Operaio Gruppo Liberatorio di Quarto Oggia-ro. Se il volantinaggio sembra uno dei tanti di quel periodo,ad attirare lattenzione della polizia il contenuto di fogli chevengono distribuiti, contenuto che appare molto simile al testodiffuso dalle Brigate Rosse per rivendicare pochi giorni primatre attentati a colpi di molotov contro presunti fascisti. La casadi Fioroni, che si trova a Milano in via Casati 39, viene quin-di perquisita il 29 febbraio e saltano fuori documenti falsi: unaprima carta didentit su cui c la fotografia delluomo ma le

    generalit indicate sono quelle di Lorenzo Maggi, una secondadella moglie di Fioroni a nome di Marcella Voltri e una paten-te di guida rilasciata a Sandra Diotto, smarrita e denunciata nelsettembre dallanno prima. Infine salta fuori anche un appun-to che fa riferimento a un altro alloggio, quello di via GalileoGalilei 6, gi finito al centro di unindagine alla vigilia delsecondo anniversario della strage di piazza Fontana5. Poi uncaricatore per una pistola calibro 9: Fioroni, quando gli agen-

    ti di pubblica sicurezza gli piombano in casa, ha addosso unapistola ma riesce a disfarsene mentre non fa in tempo a butta-re un revolver che non viene per scovato.Lepisodio sul momento ritenuto tutto sommato marginale eil professorino non viene accusato di nulla, tanto meno di farparte del livello clandestino di una qualche organizzazione. Dicerto non si sospetta che Fioroni faccia parte di Lavoro Ille-gale, il braccio armato e clandestino di Potere Operaio: il grup-

    po infatti aveva fin dal 1971 fatto circolare una voce in base allaquale luomo non faceva pi attivit politica. Almeno non conloro. E questo nonostante nel settembre dellanno prima la ter-za conferenza di Potere Operaio, tenutasi a Roma, avesse

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    annunciato quantomeno a parole il passaggio alla lottaarmata attraverso tre momenti: la pratica costante dellappro-priazione, la pratica costante dellinsurrezione e la praticacostante della rivoluzione armata6. Il 14 marzo 1972 poi la que-stura di Roma diffonde un rapporto con cui annuncia la nasci-ta di una nuova organizzazione: il FARO (Fronte armato resi-stenza operaia), ritenuto responsabile di due attentati dinami-tardi e di uno incendiario avvenuti nella capitale il 5, il 10 el11 dicembre 1971. Va perquisita la sede di Potere Operaio, si

    dicono gli inquirenti, e ottenuto il mandato vengono seque-strati diversi documenti ritenuti sospetti. Tra questi un elencodattiloscritto di appartenenti a POTOP e a capolista c CarloFioroni, indicato come responsabile della struttura milanese.Inoltre ce n un altro, di elenco: quello che riporta i nomi dialcuni magistrati che, si dice, sarebbero orientati in favore diPotere Operaio e disponibili a trattare lesito dei processi in cor-so a Roma contro i fascisti.

    Ma il 14 marzo 1972 accade anche un altro fatto che sconvol-ge questo s e nel modo pi radicale possibile buona partedella sinistra extraparlamentare e non solo: quella mattina, aipiedi di un traliccio dellalta tensione di Segrate, viene trovatoil corpo di un uomo ucciso da unesplosione. Il documento chegli viene trovato addosso lo identifica come Vincenzo Maggio-ni. Il suo vero nome per un altro: Giangiacomo Feltrinelli,leditore rivoluzionario che, abbandonata la casa editrice che

    aveva fondato nel 1954, si d alla clandestinit assumendoanche lidentit di