aperiodico anno i n.2

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BIMESTRALE SOCIO-CULTURALE Giugno/Luglio 1997 - Anno I Numero 2 Spedizione in a.p. - Comma 34 - Art. 2 - Legge 549/95 - Siracusa - Registrazione Tribunale di Siracusa n.3/1997 del 10 Marzo L’editoriale La disoccupazione. E’ il problema pri- mario della nostra società. Forze so- ciali, Sindacati, Governo sono tutti impegnati per affrontare questo gra- ve problema che affligge soprattutto il meridione dell’Italia. Non vi preoccupate, però. Non sta- remo qui ad affondare il coltello nel- la piaga ingigantendo numeri o fa- cendo del catastrofismo. L’Aperiodico cercherà di essere un pò più riflessivo e più vero, nel sen- so che dirà cose che si sanno, ma che si finge di non sapere. Perchè, forse, è più conveniente così. Parlo dei dati sulla disoccupazione. Giornalmente in Tv, su giornali e rivi- ste leggo dati preoccupanti. Leggo dichiarazioni preoccupanti dei sinda- cati. Guardo cortei di gente preoc- cupata per il lavoro. Sono preoccupato anch’io. Molto. Vorrei però andare oltre la preoccu- pazione che chiaramente, guai se così non fosse, ci unisce. Ricordo lo sciopero generale dei sin- dacati sortinesi del 7 febbraio 1996. Una giornata che mi è rimasta im- pressa nella memoria. Un lungo corteo, tante bandiere, tan- te parole. Tremila disoccupati: hanno gridato a gran voce i sindacalisti intervenuti. Dobbiamo fare questo, quest’altro. Oggi, ricordando quel 7 febbraio, mi sembra che siamo andati indietro. Sempre tremila disoccupati. E un cli- ma molto più teso soprattutto nel- l’ambiente forestale, unica grande risorsa del nostro paese che non riu- sciamo a sfruttare. O lo facciamo male, malissimo. Tremila disoccupati ripeto, come di- mostrano anche i dati che pubblichia- mo di seguito. Il 30% quasi della popolazione sortinese. Quasi un sortinese su tre. Macchine nuove, vestiti firmati, piz- zerie sempre piene, ecc.. Mi chie- do: è possibile? Mi rendo conto che quello che dirò qualcuno potrebbe anche non con- dividerlo: i numeri parlano da soli. Ma i numeri invece bisogna saperli leg- gere. A Sortino non ci sono tremila disoc- cupati. Ci sono tremila iscritti all’Uf- ficio di Collocamento. ... continua a pagina 2 Per la tua Pubblicità Inviaci i tuoi articoli ... Disoccupazione... A TTUALITÀ Un impegno quotidiano Pag.4-5 L E IMMAGINI RACCONTANO Pag.14 L' ANGOLO DELLA POSTA Pag.15 A RTE Roberto Sequenzia Pag.11 CULTURA Pag.6 POESIE Pag.12 TRADIZIONI Pag.8-9 L' INCHIESTA La disoccupazione Pag.2 SPORT Il Sortino in prima categoria Pag.7 LIBRI Pag.13 TECNOLOGIA Mondi virtuali Pag.10 A TTUALITÀ Cassonetti alla California Pag.3 verità e bugie

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Giugno/Luglio 1997

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Page 1: Aperiodico Anno I N.2

BIMESTRALE SOCIO-CULTURALEGiugno/Luglio 1997 - Anno I Numero 2Spedizione in a.p. - Comma 34 - Art. 2 - Legge 549/95 - Siracusa - Registrazione Tribunale di Siracusa n.3/1997 del 10 Marzo

... continua a pagina 2

L’editorialeLa disoccupazione. E’ il problema pri-mario della nostra società. Forze so-ciali, Sindacati, Governo sono tuttiimpegnati per affrontare questo gra-ve problema che affligge soprattuttoil meridione dell’Italia.Non vi preoccupate, però. Non sta-remo qui ad affondare il coltello nel-la piaga ingigantendo numeri o fa-cendo del catastrofismo.L’Aperiodico cercherà di essere unpò più riflessivo e più vero, nel sen-so che dirà cose che si sanno, mache si finge di non sapere. Perchè,forse, è più conveniente così. Parlodei dati sulla disoccupazione.Giornalmente in Tv, su giornali e rivi-ste leggo dati preoccupanti. Leggodichiarazioni preoccupanti dei sinda-cati. Guardo cortei di gente preoc-cupata per il lavoro.Sono preoccupato anch’io. Molto.Vorrei però andare oltre la preoccu-pazione che chiaramente, guai secosì non fosse, ci unisce.Ricordo lo sciopero generale dei sin-dacati sortinesi del 7 febbraio 1996.Una giornata che mi è rimasta im-pressa nella memoria.Un lungo corteo, tante bandiere, tan-te parole.Tremila disoccupati: hanno gridatoa gran voce i sindacalisti intervenuti.Dobbiamo fare questo, quest’altro.Oggi, ricordando quel 7 febbraio, misembra che siamo andati indietro.Sempre tremila disoccupati. E un cli-ma molto più teso soprattutto nel-l’ambiente forestale, unica granderisorsa del nostro paese che non riu-sciamo a sfruttare. O lo facciamomale, malissimo.Tremila disoccupati ripeto, come di-mostrano anche i dati che pubblichia-mo di seguito.Il 30% quasi della popolazionesortinese. Quasi un sortinese su tre.Macchine nuove, vestiti firmati, piz-zerie sempre piene, ecc.. Mi chie-do: è possibile?Mi rendo conto che quello che diròqualcuno potrebbe anche non con-dividerlo: i numeri parlano da soli. Mai numeri invece bisogna saperli leg-gere.A Sortino non ci sono tremila disoc-cupati. Ci sono tremila iscritti all’Uf-ficio di Collocamento.... continua a pagina 2

Per la tua

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articoli ...

Disoccupazione...

ATTUALITÀ

Un impegno quotidianoPag.4-5

LE IMMAGINIRACCONTANO

Pag.14

L'ANGOLO

DELLA POSTA

Pag.15

ARTERoberto SequenziaPag.11

CULTURA

Pag.6

POESIEPag.12

TRADIZIONIPag.8-9

L'INCHIESTA

La disoccupazione

Pag.2

SPORTIl Sortino in prima

categoriaPag.7

LIBRI

Pag.13

TECNOLOGIA

Mondi virtuali

Pag.10

ATTUALITÀCassonetti alla

CaliforniaPag.3

verità e bugie

Page 2: Aperiodico Anno I N.2

L'AperiodicoGiugno/Luglio 19972

ISCRITTI CON PRECEDENTI LAVORATIVI

UOMINI TOTALE

AGRICOLTURA 544 972INDUSTRIA 131 133SERVIZI 75 239MANODOPERA GENERICA 35 46

TOTALE 785 1390

ISCRITTI SENZA PRECEDENTI LAVORATIVI

UOMINI TOTALE

AGRICOLTURA 116 414INDUSTRIA 29 30SERVIZI 260 1058MANODOPERA GENERICA 20 64

TOTALE 425 1566

DATI COMPLESSIVI PER FASCE DI ETÀ

MENO DI 25 ANNI 25-29 OLTRE 29AGRICOLTURA 338 234 814INDUSTRIA 61 4 98SERVIZI 670 142 485MANODOPERA GENERICA 23 12 75

TOTALE 1092 392 1472

Pubblichiamo di seguito i dati relativi alla disoccupazione nel Comune di Sortino (aggiornati aGiugno 1997) forniti dall'Ufficio di Collocamento

Iscritti 2956

E’ diverso dal dire “disoccupato”. Il ragazzinoche a 15 anni si iscrive all’ufficio di colloca-mento mentre ogni mattina va a scuola aLentini o a Siracusa (sono più di cinquecento)è forse un disoccupato? E gli studenti univer-sitari sono disoccupati?Questo in prima analisi. Andiamo più in fondo.Quanti sono coloro che nel nostro paese lavo-rano, purtroppo, in nero, restando comunqueper il collocamento “disoccupati”? Quanti sonoi “picciotti” malpagati che ogni giorno lavoranocon i “mastri”, sempre in nero? A questa do-manda non è possibile dare una risposta cer-ca, almeno numericamente. E noi che amia-mo la precisione non la diamo. Ma secondodelle stime nazionali, il 70% dei cosiddetti “di-soccupati” lavora in nero.Con queste parole non voglio assolutamentesminuire il problema “disoccupazione” che ri-tengo invece davvero fondamentale, se voglia-mo che questo paese cresca e si sviluppi inun certo modo.Il problema, tuttavia, va spostato in un’altra di-rezione. Non si può più dire, e non lo possonodire i sindacati forti della platea che riescono arichiamare ad ogni manifestazione, che c’è il30% di disoccupati.Occorre invece dire: il lavoro c’è, bisognaregolarizzarlo. Attivarsi perchè i datori di lavo-ro, gli imprenditori che assumono in nero pos-sano, invece, mettersi in regola, possano usu-fruire di agevolazioni.Lo Stato, invece di dare sussidi di disoccupa-zione, dia sussidi per l’occupazione, diminu-endo per esempio tutte le tasse relative alleassunzioni e al mantenimento dei lavoratori perquanto riguarda la previdenza.Spenderebbe probabilmente gli stessi soldi, maridurrebbe di certo il lungo elenco dei disoccu-pati-occupati.Fra l’altro, lo Stato non è che faccia una politi-ca molto conveniente permettendo a chi èiscritto al collocamento, di lavorare in nero , enello stesso tempo sfruttare i turni dellaforestale, e sempre nello stesso tempo usu-fruire dei sussidi di disoccupazione. E il co-siddetto disoccupato, nel nostro paese, chiu-de l’anno con un bilancio... da impiegato. E iveri disoccupati, i più giovani che non rientra-

no più nei turni della forestale, che nonusufruiscono di nessun sussidio, subisconotutte le conseguenze di un sistema che vadavvero rivisto.Con questo, nessuna accusa ai lavoratori innero. In qualche modo bisogna pur andare avan-ti. Bisogna "arrangiarsi". E’ una nostra carat-teristica. Le accuse vanno fatte ai governi, alleamministrazioni, ai sindacati, che continuanoa fare orecchie da mercante. Il problema non

si risolve con le parole, con gli scioperi, o al-meno non solo con essi. Ci vogliono impegniseri, trasparenti. Regole meno severe dunqueper i datori di lavoro, e più controlli da partedell’Ispettorato per il Lavoro.Smettiamo di commiserarci e ripeterci allospecchio, prendendoci in giro che qui non c’èlavoro. Come fosse quasi una giustificazione.La situazione è difficile. Ci sono realtà partico-larmente difficili, ma lasciamo che i giovani cre-dano con ottimismo nel loro futuro. Lo Stato, iSindacati, nelle loro innumerevoli riunioni e con-ferenze, riflettano e siano capaci di fare scelteforti, che affrontino veramente il problema. Scel-te anche impopolari. Occorre però mettere daparte scontri politici fini a se stessi, numeri ditessere, interessi di convenienza.

Giuseppe Matarazzo

A FIANCO I RECENTI ATTI INTIMIDATORI RIVOLTIALLE SEDE DEI SINDACATI SORTINESI DI CGIL-CISL-UIL. IL CENTRO IBLEO VIVE MOMENTI DI

TENSIONE PER LE PROBLEMATICHE RELATIVE ALLAFORESTALE E ALLA DISOCCUPAZIONE IN GENERE.

L'inchiesta

Page 3: Aperiodico Anno I N.2

L'AperiodicoGiugno/Luglio 1997 Attualità

Fantasia traumatica, me ne rendo conto, manon senza fondamento.Un esempio? Il degrado ambientale di una del-le zone più frequentate dai ragazzi sortinesi:la “California”.Alla California si può incontrare di tutto, dallabottiglia vuota alla lavatrice scassata.Oltre ad essere un luogo di aggregazione pertanti ragazzi, la California è un luogo d’incon-tro anche per i rifiuti.Il degrado ambientale e il rischio reale per lasalute dei cittadini, mal si conciliano con il ruoloche la “california” ha assunto nell’immaginariogiovanile.Alla California mancano i cassonetti per l’im-mondizia.Nel marzo scorso sono state raccolte in po-che ore quattrocento firme, esplicita richiestadi altrettanti giovani, affinchè si possa dotaretutta l’area di un adeguato numero di cassonettie cestini per contrastare il degrado e dare unsegnale di civiltà.E’ ovvio che per dare una certa armonia esteti-ca a questo luogo, i cassonetti da soli nonbastano, ma questa è un’altra storia.

Provate a fantasticare!Pensate di entrare a casa vostra e ditrovarvi di fronte a una discarica abusi-

va.Cosa fareste? Certamente non sareste con-tenti della sorpresa, ma non vi rimarrebbe nes-suna scelta, salvo quella di rimboccarvi le ma-niche per lavorare e ripulire bene tutta la casa.

California: bottiglie,carton-pizza, lattine, carte,lavatrici. E i cassonetti?

di Cesare Salonia

L'altra faccia della medaglia:i cestini fanno compagnia alle

carte ... per terra !!

Diamo i numeri !!!

3

IN ALTO A DESTRA LA "CALIFORNIA".A SINISTRA I RIFIUTI INCRIMINATI.

Due cartelli stradali posti a

10 metri di distanza all'in-

gresso del paese.

Valle dell'anapo:

6 o 7 Km ?

Melilli: 14 o 9 Km ?

Page 4: Aperiodico Anno I N.2

Povera Patria

Povera patria! Schiacciata dagli abusi del poteredi gente infame, che non sa cos’è il pudore,si credono potenti e gli va bene quello che fanno;e tutto gli appartiene.

Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni!Questo paese è devastato dal dolore...ma non vi danno un po’ di dispiacerequei corpi in terra senza più calore?

Non cambierà, non cambieràno cambierà, forse cambierà.

Ma come scusare le iene negli stadi e quelle dei giornali?Nel fango affonda lo stivale dei maiali.Me ne vergogno un poco, e mi fa malevedere un uomo come un animale.

Non cambierà, non cambierà,si che cambierà, vedrai che cambierà.

Voglio sperare che il mondo torni a quote più normaliche possa contemplare il cielo e i fiori,che non si parli più di dittature,se avremo ancora un po’ da vivere...la primavera intanto tarda ad arrivare.

Franco Battiato

A Paolo e Giovanni

Lacrime sgorgarono dagli occhi mieidi un’amarezzadi inutili speranzeera piena l’anima mia.

Da quel volto di donnatraspariva il dolore,il dolore di chi soffre la mortedel proprio compagno.

Quelle scene esaltavano l’orroredi chi si era compiaciuto a uccidere la giu-stizia. …l’onestà d’animo di uominiche avevano combattuto la mafia.

I loro corpi dilaniati dalle bombegiacevano sotto gli occhi sgomenti di gen-te comune.I loro nomi si aggiungono alle migliaia divittime di mafia,vittime dell’occulto potere politico.

Dacci la forza, Dio, di esaltarei sentimenti di giustizia e di perdono.Gratifica per sempre le loro anime,i loro nomi, il loro ricordo.

Dedicata a Paolo Borsellino e Giovanni FalconeMassimo Palumbo

2 Luglio 1996

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Campagna Abbonamenti 1997

La scuola media "Columba" organizza la Giornata della legalità

Un impegno quotidianoInaugurata la sala Falcone-Borsellino

Il Preside , Giuseppe Frazzetto, ricorda unafrase di PierPaolo Pasolini:”Lasolitudine:bisogna essere molto forti per

amare la solitudine; bisogna avere buone gam-be e una resistenza fuori dal comune”. E poiaggiunge:”Non tutti possiamo essere fuori dalcomune. Ma non possiamo aspettare il sacri-ficio di altri. L’impegno di lotta deve essere piùforte della rassegnazione e della sfiducia.Ilsenso della legalità non è un valore che si im-provvisa. La sua affermazione e la sua cresci-ta sono affidate alla collaborazione di tutti,perchè la forza della legge trionfi sulla leggedella forza”.

Orazio Mezzio, Sindaco di Sortino:“GrazieSig.ra Borsellino, perchè ha cambiato con co-raggio la sua vita. La data di oggi è una delletappe più importanti per la crescita sociale delnostro paese. Le istituzioni hanno il compitodi stimolare fiducia, soprattutto nei giovani. Lasperanza è per noi un obbligo”.

Il Prefetto di Siracusa, Elio Priore: “La pre-senza di Rita Borsellino è già un messaggioeloquente che non ha bisogno di commenti.Da sette anni sento parlare di cultura della le-galità. Ma quest’ultima non è una scienza, unaletteratura. Il messaggio che bisogna dare aigiovani è quello di una cultura di contrasto alla

illegalità. E’ facile chiedere di rispet-tare le leggi. Chiediamo di più: con-trastare l’illegalità”.

Rita Borsellino:“Da quel tragico 19luglio del 1992 ho capito che dove-vo vivere insieme agli altri e per glialtri. Avevo detto che non sarei piùtornata in Via D’Amelio. Invece an-cora oggi abito lì.“Paolo e Giovanni non sono morti. Siete voiche li tenete vivi. Siete voi che portate con levostre gambe le loro idee, i loro principi. Vede-re i vostri occhi che brillano, per una commo-zione vera, mi dà la forza disperare.Riappropriamoci della nostradignità.Stiamo vicini a quelli che ci mostranola via della verità. Sosteniamoli con la nostraintransigenza. Con il nostro impegno quotidia-no.“Vorrei concludere - dice con lavoce tremante Rita Borsellino -ricordando le ultime parole scrit-te da Paolo la mattina prima diessere ucciso, quelle che iochiamo il “suo testamento”:”Lalotta alla mafia, alle mafie nonpuò essere soltanto un’opera direpressione affidata ai magistratie alle forze dell’ordine. Ma è

compito di tutti.Deve essere unmovimento cultu-rale, morale, reli-gioso, che coin-volga tutti, chetutti abitui a sen-tire il fresco pro-fumo della libertàche si oppone al

4L'Aperiodico

Giugno/Luglio 1997Attualità

falso, al compromesso, alla complicità”.“Allora - conclude - è compito di ognuno di noi,ognuno nel suo piccolo, nel suo ambiente. Pa-olo e Giovanni lo hanno dimostrato con la lorovita e con la loro morte. Noi abbiamo l’obbligodi sperare. In questi anni ho partecipato amigliaia di incontri e di intitolazioni a Paolo dipiazze e sale. Vi chiedo di non lasciarlo soloin croce. Vi affido la sala. Andate a trovarlo.Salutate Paolo e sentitelo sempre vicino”.

Page 5: Aperiodico Anno I N.2

Attualità 5

"Si muore generalmente perché si èsoli o perché si è entrati in un gioco trop-po grande. Si muore spesso perchénon si dispone delle necessarie alle-anze, perché si è privi di sostegno.In Sicilia la mafia colpisce i servitoridello Stato che lo Stato non è riuscitoa proteggere".

Giovanni Falcone

"La lotta alla mafia non può essere sol-tanto un'opera di repressione affidataai magistrati e alle forze dell'ordine.Deve essere un movimento culturale,morale, religioso che coinvolge tutti,che tutti abitui a sentire il fresco profu-mo della libertà, che si oppone al fal-so, al compromesso, alla complicità".

Paolo Borsellino

NUMERI DI PUBBLICA UTILITÀ

I CITTADINI POSSONO RIVOLGERSI PER EVENTUALI

SEGNALAZIONI AI SEGUENTI NUMERI TELEFONICI:CARABINIERI 952103 (ORE DI UFFICIO)VIGILI URBANI 953072 (ORE DI UFFICIO)PRONTO INTERVENTO 112 (24 ORE)

L'AperiodicoGiugno/Luglio 1997

ACIPAS23 Giugno 1992-19975 Anni di Antiracket

Tanto è stato fatto.Molto si deve ancora fare.Percorriamo insiemela strada della legalità!

Tutti i cittadini che condividono questi principisono invitati ad associarsi e a partecipare alleattività dell'Acipas

Giovanni Falcone Paolo Borsellino

Cinque anni

Page 6: Aperiodico Anno I N.2

Vacanzeintelligenti

di Luigi Ingaliso

Ogni anno, in questo periodo, si ripeteun rituale che, da qualche tempo, èentrato a far parte delle nostre abitudi-

ni. Radio, TV e giornali non ci ripetono altro:“Per le vostre vacanze scegliete partenzeintelligenti,…orari intelligenti ecc”.La scelta di vacanze intelligenti è diventata l’os-sessione degli italiani ! Si fa a gara per supe-rare il vicino e dimostrare che la scelta com-piuta, in tema di vacanze, è la più intelligentedell’intero quartiere e, non contenti di ciò, sidà maggiore credito alle proprie convinzionicitando l’onnipotente e l’onnipresente TV: “Sai,stanotte alle tre parto in vacanza ! L’ha consi-gliato anche la TV!”.Come accade spesso, le informazioni del tubocatodico diventano manie da soddisfare neces-sariamente o, nei casi più gravi, fabbisogni vi-tali, senza i quali anche la vita perde di signifi-cato.Basta con questa paranoia! Diciamoci la veri-tà: le vacanze sono sempre qualcosa di intel-ligente si tratta di renderle anche interessanti.

La sfida potrebbe essere, se le parole hannoun senso, trasforma- re l’otium italicumnell’otium latinum. Non vi sug-geriamo di rinuncia-re al sole dellespiagge sicule o alfresco dei montiIblei, quanto di tro-vare degli spazinella giornata dadedicare ad altreattività che man-tengano in eser-cizio la vostramente.Per quanto ciriguarda il con-siglio che vidiamo è discegliere unbuon libro,accompa-gnato, per-ché no, daun buon tèfreddo.Nel panorama locale nonmancano certo spunti di lettura: per ini-ziare vi suggeriamo qualche libro del nostroconcittadino Salvo Zappulla o, per gli amantidell’urbanistica sortinese, lo “Zaccano con ve-

randa” di Antonio Ciaffaglione.Per coloro i quali, invece, volessero approfon-dire la storia del nostro territorio vi rammentia-mo il volume “Nel Regno dei Siculi” di Dionisio

Mollica e la guida “Pantalica” diAresco e Sanzaro.Agli amanti della cul-tura nostrana ricor-diamo, inoltre, che lacasa editrice Provad’Autore ha iniziato lapubblicazione di unacollana economica divolumetti dedicati allanarrativa, che presto tro-veremo in libreria ed inedicola. Agli habitué del-la lettura consigliamo unclassico, che, come di-rebbe Calvino, non guastamai. Ed in questo caso lascelta è illimitata, da Ver-ga ad Asimov. Infine per gliultras della lettura, comenon ricordare il padre Dan-te, gli intramontabili “Pro-messi sposi” o qualche poe-ma dell’antichità classica; airestanti irriducibili suggeriamo

il Talmud o le Upanisad.Buone vacanze e buona lettura !

Il pianistadi Salvo Zappulla

Ci risiamo. E’ il compleanno di una dellemie figlie, la famiglia come al solito è infervida attesa dell’avvenimento. Prepa-

rativi in grande, ovviamente, e il mio portafoglisi appresta a subire un duro e forse irrimediabilesalasso. “Quest’anno bisogna fare le cosesenza parsimonia” mi annuncia mia moglie. Come se non lo sapessi già. E quando maisi sono accontentati di normali festeggiamenti.Tanto i soldi li caccio io. L’ultima volta invitam-mo tutti i compagni di scuola, più i parenti e gliamici, quasi si trattasse di un matrimonio; e inpiù pretesero il musicista di professione chevenisse a cantare gli auguri. Ricordo che ven-ne un tizio con la barba lunga che alla finedella serata mi chiese due bei centoni. Portòla fisarmonica, ogni tanto le si impigliava nellabarbetta rimediando magre figure. “Quest’anno voglio un professionista vero” miordina la consorte, “basta figure meschine congli invitati. Cerca un pianista”. “E dove lo trovo un pianista? Non mi intendodi musicisti; non so nemmeno chi siano i mi-gliori sul mercato”. “Datti da fare!” Il tono non ammette repliche. Mentre il re-sto della famiglia si prepara a uscire per fareacquisti, consulto l’enciclopedia. I migliori,Mozart, Chopin, Beethoven… tutti deceduti.Urca che disastro! Ritorna mia moglie dalla cucina, le comuni-co la notizia con una punta di compiacimento:“I più grandi, Mozart, Chopin, Beethoven sonotutti passati a miglior vita. Ci deve essere sta-ta un’epidemia di pianisti ultimamente”. “Ma quali Chopin, Mozart, non voglio scono-sciuti a casa mia. Cerca sull’elenco telefonicopiuttosto, troverai il famoso Beppe Michetta”. “E chi è?” “Non lo so, me ne hanno parlato le mie ami-che; lo invitano in tutti i ricevimenti, con lui ilsuccesso è assicurato”. Escono lasciandomi solo. “Metti il tiramisùdentro il frigo”. L’ultima disposizione prima dichiudere la porta. Ci pensano sempre all’ultimo momento, la

festa è stasera e loro pretendono che io in fret-ta e furia rimedi il musicista. Consulto l’elenco, trovo il pianista, gli tele-fono. Fissiamo l’appuntamento. Tra un’ora opoco più sarà a casa mia per metterci d’ac-cordo sul prezzo. Approfitto dell’attesa per leg-gere un libro. La lettura è così avvincente chenon mi accorgo del tempo che passa. Il trillodel campanello mi interrompe mentre sonoassorto a leggere uno dei capitoli più belli. Sonocontrariato. Già l’idea del musicista per unaricorrenza così ordinaria mi indispone e quindisono prevenuto nei confronti del tizio che an-cora non conosco. Apro la porta. Mi ritrovo difronte un tipo giovanile, ben vestito. “Lei è ilpianista ?”. “Non si vede ?”. “Lo squadro per bene: “Forse i pianisti cel’hanno scritto in fronte che sono pianisti ?”. “Egregio signore, un pianista lo si riconoscedal trillo del campanello”. “A me è sembrato un comunissimo trillo,brutale e fastidioso”. “Lei è un ignorante. Non ha notato il toccomelodico, delicato, armonioso ?” “No”. “In ogni caso, anche per i non addetti ai la-vori, un pianista si può riconoscere dalle ditaaffusolate”. “Ma lei porta i guanti !”. “Anche i guanti sono affusolati”. Mi è già antipatico, ci tengo a farglielo sa-pere. “Sappia che il suo arrivo mi ha distoltoda una piacevolissima lettura”. Lo invito a entrare. “Ha portato con sé l’at-trezzo ?” “Il pianoforte ? Certo che no !” “Allora cos’ha in quella borsetta ?” “Roba personale”. “L’anno scorso il suo collega si è portato lafisarmonica dietro”. “Signore, la fisarmonica non è un pianofor-te”. “Come farà a suonare il pianoforte, visto cheio in casa non ne posseggo”. “Lo acquisti”. “Quanto costa?” “Un discreto pianoforte a coda, di fabbrica-zione tedesca, non più di trenta milioni”. Per poco non mi prende un colpo. “Risolve-remo il problema” biascico tanto per dire qual-cosa. La sua attenzione viene attirata dal pap-

pagallo. “E’ un pappagallo malese?” chiede puntan-do le dita verso la gabbia. Jonhatan – così sichiama il pappagallo – allunga il becco e perun pelo non gliele tronca. “Ah! Maledetto pap-pagallo!” Saltella per lo spavento e il dolore.“Guardi mi ha perforato i guanti. Per sua fortu-na non mi ha danneggiato le dita, avrebbe do-vuto vendere la casa per risarcirmi, le mie ditavalgono centinaia di milioni. Imbecille d’un pap-pagallo, e dire che li ho sempre detestati”. Lo spavento preso me lo ha reso più umano;l’avversione per il pappagallo più simpatico.Finalmente una persona che la pensa comeme in materia di pappagalli. Gli offro persino iltiramisù: “Vuole gradire un po’ di tiramisù, tan-to per stuzzicare l’appetito?” “Oh, non lo stuzzichi, è già arrabbiato perconto suo”. Affonda le dita della discordia neltiramisù. Tiro fuori anche la bottiglia del wischy.Prima di sera, quando arrivano gli invitati, ab-biamo fatto fuori l’intera bottiglia e il tiramisù.La festa della bambina ottiene grande succes-so, io e quel simpaticone del pianista abbia-mo cantato e suonato la trombetta del nonnoriscuotendo applausi a scena aperta. E, quelche più conta, non ho speso nemmeno unalira.

CARICATURA DI LISZT

Cultura6L'Aperiodico

Giugno/Luglio 1997

Page 7: Aperiodico Anno I N.2

Il viaggio di ritorno da Fiumefreddo fu tra ipiù lungi della mia vita.

Dentro la Citroen AX del mio amico erava-mo quasi in apnea ed in preda ad un tremen-do blocco mentale; il nostro cervello era an-dato a sbattere sulla traversa della porta delFalcone assieme alla palla calciata da SaroDi Maria.Ci salvò solo una provvidenziale sosta inun’area di servizio, dove consumammo cor-netti in quantità industriale, e dove facendociforza iniziammo a pensare che da quel mo-mento bisognava cercare di vincere il cam-pionato di seconda categoria dell’anno pros-simo.Era stato un grandepomeriggio, dalle for-ti emozioni, e resta-va impressa nellamia mente l’immagi-ne dei 500 sortinesiche avevano rag-giunto lo stadio mes-sinese.Quest’anno il ritornoda San Agata liBattiati, il giorno incui il Sortino ha vin-to il campionato, èstato di tenore diver-so.I sortinesi a Battiatinon erano 500 ma 7(non c’era nemmenoil mio amico con l’AX)e la gioia era quasicontenuta, quasicome se si trattassedi un atto dovuto,come se il feeling trai sortinesi e la squa-dra si fosse improv-

La gioia dei tifosi, della dirigenza, dell'allenatore per il risultato conseguito

Il Sortino in prima categoriaDopo un'attesa lunga dieci anni

di Gabriele Astuto

L'AperiodicoGiugno/Luglio 1997 7

visamente interrotto.Certo la qualità e il carisma degli avversarinon ha mai invitato a trasferte oceaniche; se-dermi sotto il sole a strapiombo del campettodi Nesima a mezzogiorno (stile Nino non averpaura di calciare un calcio di rigore …) nonera esattamente la stessa cosa delle partiteinfuocate degli anni scorsi nei campi diPachino e Floridia.Non c’è dubbio però che non farebbe maleun pizzico di attenzione in più dei tifosi versoquesta squadra.Anche la vittoria finale è stata una festa qua-si indotta, senza cortei spontanei nel paese

alla fine della partita e con uno spettacolofinale in piazza che è servito quantomeno aravvivare la serata.Adesso giochiamo in prima categoria.Sono sicuro che l’esperienza sarà diversa daquella precedente, conclusasi con la scom-parsa del calcio da Sortino.Le basi sono sicuramente diverse.La società si è data una struttura notevole esi è dotata di un settore giovanile di livelloregionale.Quindi non sarà necessario stravolgere l’in-telaiatura della squadra ma andare avanti conrinforzi graduali attingendo ovviamente an-che da settore giovanile, che è composto daelementi già in grado di fare parte della squa-dra maggiore.Certo sarà una bella lotta dato che i vecchileoni non cederanno tanto facilmente le loromaglie.

SOPRA ALCUNI MOMENTI DEI FESTEGGIAMENTI.A SINISTRA LA SEDE DELL' A.S. SORTINO CALCIO

Come dimenticare l’annata del decano dellasquadra che peròsi butta su ogni pal-lone come se fos-se la sua primapartita.Di Saro Di Mariaconservo forse l’im-magine più bella diquest’anno.Quel goal straordi-nario segnato atempo abbondan-temente scadutocontro il Battiati inun plumbeo pome-riggio di Dicembre.Fu un goal che cifece credere chequesto era l’annobuono, che la pro-mozione sarebbestata nostra.E allora cari tifosi,riprendiamo a se-guire la nostrasquadra come fa-cevamo prima.Ci attendo tantetrasferte in campi

caldissimi contro squadre seguite da nume-rosi tifosi. Dobbiamo essere in molti.Io ci sarò sicuramente, credo ci sarà anche ilmio amico, se non potrà venire spero alme-no mi presti l’AX!

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Calcio

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I mestieri chescompaiono:“I Mitituri”(I Parte*)

di Luigi Buccheri

In questa puntata sulle nostre tradizioni, il-lustrerò “a messa” del grano, perché esi-steva anche “a messa” del fieno. Già ragaz-

zino di scuola, quando sentivo dire: “pa mes-sa”, “poi na messa”, “ni preparamu pa mes-sa”, ecc., tutte queste frasi evocavano nellamia mente la S. Messa e restavo frastornatonel tentativo di comprendere il vero significatodella parola dialettale. Perché, come ho avutomodo di constatare in anni successivi nel no-stro mondo agricolo “le messi” del grano era-no veramente il clou dei lavori agricoli, sia perla fatica fisica che comportavano, sia per lospazio di lavoro che si apriva a tutti i “iurnatari”,

I “cerauli” diS. Paolo

di Mario Lonero

San Paolo fu proclamato patrono diPalazzolo nel 1689.In passato la mattina del 29 giugno, gior-

no della festa, una processione di fanciulli, re-canti primizie e mazzi di spighe intrecciati connastri rossi, percorrevano il paese, seguiti daimassari a cavallo. Questi reggevano “u prisenti”,un drappo di seta ricamato, su cui le donnedai balconi buttavano fiori e petali di rose. Ve-nivano poi a centinaia i buoi e le mucche, lecapre e le pecore, infiocchettati con nastri rossie con la effige di S. Paolo sulla fronte. Sia inchiesa, sia per le strade si raccoglievano i“runa”, pani votivi offerti al Santo, consistentiin grosse ciambelle di pasta “cudduri” su cuiera impresso a rilievo un serpente o una taran-tola. Gli animali, terminata la processione, ve-nivano introdotti in chiesa e fatti inginocchiareall’altare maggiore, davanti alla statua del Santopatrono. Nell’immediato dopoguerra il parrocodecise di porre fine all’uso di introdurre animaliin chiesa e, il giorno di S. Paolo, sbarrò il por-tone e lasciò tutti, animali e devoti, dietro laporta. Le proteste si fecero così forti che ilpopolo scardinò il portone, introdusse gli ani-mali, portò il Santo in processione, assiemeal parroco inferocito. Naturalmente la chiesafu chiusa per un po’ di tempo e sconsacrata: ilparroco la ebbe vinta e da allora scomparvel’uso della benedizione degli animali in chie-sa.Ma non basta, il Pitrè nella sua raccolta di tra-dizioni popolari racconta di una processioneche si faceva sia a Palazzolo che a Solarinoed era quella chiamata dei “cerauli”. “Lo spet-tacolo che essa presenta è unico ed invano sicercherà in qualsivoglia altro paese dell’isola.Parlo dei cerauli e dei loro rettili a capo dellaprocessione. Diconsi cerauli certi uomini che,nati nella notte tra il 24 e il 25 gennaio, ricor-renza della conversione di S. Paolo, hanno nellacredenza popolare virtù veramente straordina-rie. Dotati di coraggio che non ha limite, nelmaneggiare impunemente vipere, aspidi,scorsoni e rettili velenosi d’ogni maniera, neguariscono i morsi, tengono fronte ai lupi man-

piena canicola, il simulacro del santo (operadello scultore Lorefice del 1507) esce dalla portaprincipale della bellissima basilica, già dedi-cata a S. Sofia, portato sulla “vara” da centina-ia di uomini a “spadda nura”, con un fazzolettoannodato sul collo (in origine alla fronte). Se-gue un numeroso corteo di donne scalze men-tre dall’alto del campanile piovono “’nzaiareddi”fettucce di carta colorata a mò di nastri recan-ti la scritta “W S. Paolo patrono di Palazzolo”.Quindi vengono fatti scendere dal campanilefin giù alla strada due angeli in carta pesta:questo lancio è importante ed è considerato dibuon auspicio se durante il percorso non in-ciampa e si ferma.Particolarmente contesi dai giovani sono i lun-ghi stendardi di velluto rosso con ricamato lostemma di S. Paolo; una spada su cui si at-torciglia il serpente.Nonostante la sua popolarità, il santo patronodeve stare attento a non oltrepassare, durantela processione, i confini della sua parrocchia,che nel passato vennero descrittti anche inpubblici documenti: ogni piccola trasgressio-ne provoca furibonde liti con gli abitanti delquartiere alto di S. Sebastiano.

Tradizioni

anche forestieri, ed in-fine perché era la pre-messa del raccolto or-mai prossimo.“A messa” in pratica sipreannunciava sin dal-la semina, perché ognisingola ditta organizza-va la quantità di terrenida mettere a coltura edil quantitativo disementi da adoperare.Man mano che l’annoagrario si snocciolavatutta la fraseologia eraadeguata, ad esempio:“poi ne misi ranni”, os-sia via via che il sole dalsolstizio d’inverno siavvicina all’equinozio diprimavera ed al solsti-zio estivo, le giornate dipari passo si allunganoe di conseguenza cre-ano “i misi ranni” cheerano il viatico per uncrescendo di lavori che si susseguivano sen-za sosta dall’alba al tramonto ed anche primae dopo, perché chi si recava in paese a per-

nottare, all’alba doveva essere all’”antu” fino altramonto. “A messa del grano” nell’ordine èpreceduta da quella del fieno che a parte la

nari e non si curano neppure dei cani arrab-biati. Indizio di siffatte virtù è la impronta diragno o di altro insetto velenoso, che essiportano sin dalla nascita sotto la lingua.Quello che importa sapere è il modo cheessi tengono per apparecchiarsi alla festae per provvedersi dei rettili necessari allaprocessione; e di questo vengo a parlare.Due, tre settimane prima della festa, i ceraulisi recano in campagna e, in sulmezzoggiorno, quando il sole è più cocen-te, danno alla caccia dei serpenti. Il modo èsemplicissimo. Prendono un filo d’avena, vitirano per lungo una sottilisima fenditura ene formano una sampogna molto primitiva.Così vi soffiano dentro cavandone un fischio,un sibilo acuto, per via del quale i colubrivengono subito fuori. Fischiano e guardanosul colubro apparso, ed il colubro è già“ciarmato”, affascinato dallo sguardo amma-liatore del ceraulo, il quale recitando men-talmente un certo scongiuro che sa solo lui,lo prende e lo mette in tasca. Questo lavorodura tanti giorni quanti ce ne vogliono amettere insieme un certo numero di serpiper la funzione. Si dice che lo scongiuro siail seguente o altro simile: “San Paulu,Maccia d’addauru, Spina pungenti, ‘Unmuzzicari a mia, Né mancu la genti!” Ma chipuò assicurarlo? Vedeteli in mutande questiuomini misteriosi dai visi magri e lividi, dagliocchi neri e saettanti, ingrottati nelle orbite edifesi dalle folte sopracciglia. Vedeteli con unagrossa cuddura sul capo, preceduti dal tam-burino e aventi in mano una biscia, chi allespalle o attorcigliato al collo un colubro dei piùlunghi, dei più grossi che si siano mai visti; chiun vassoio con sopra scorsoni ed altre serpi,adorne di gingilli e di nastri multicolori, racco-gliendo le offerte di quanti hanno ricevuto o pro-messo doni”. Quei rettili per opera dei ceraulisono innocui e non sgradevoli, nessuno ne hapaura né ribrezzo. Le cuddure che questi hanportato sul capo, vanno offerte a S. Paolo e,perché ritenute sacre, si mettono all’incanto,raggiungendo prezzi talvolta favolosi.Di questo insieme di riti è sopravvissuta solola raccolta dei pani: “i cudduri”, come nel pas-sato, sono raccolte la mattina della festa conun carro spinto a mano, “u carru ro pani”, conla musica, lo stendardo in legno dorato, il paneviene poi venduto all’incanto davanti alla chie-sa. Oggi il momento più importante della festaè “a sciuta”: all’una in punto del 29 giugno in

FESTA DI SAN PAOLO

8L'Aperiodico

Giugno/Luglio 1997

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L'AperiodicoGiugno/Luglio 1997 9Tradizionifatica e l’impegno è completamente diversanella tecnica. “A messa” era preceduta da unafase preparatoria molto meticolosa: 1) le don-ne provvedevano in paese a “fari a ‘nchiusa ri‘ncucciatu”, una sorta di ditalini piccolissimi,tipo cuscus, presso i pastifici locali: nella ViaMida quello “dei Carpinteri”, ove operava inqualità di pastaro il rinomato “Don IgnazioPuglisi”, il quale si era premuratoa mettere nei locali una targhettache diceva: “la bestemmia è unreato”. In Piazza S.Sofia vi era ilpastificio dei Serges. 2) dovevanoprovvedere a preparare gli indu-menti tipici delle “messi”:“manichetri”, dei bracciali che ve-nivano legati sopra il gomito rin-forzati nella parte superiore condelle pelli. Da qui il detto“s’attaccau i manichetri” per indi-care una persona energica. 3) “upittularu o pitturali”, per protegge-re tutto il corpo sia durante la mie-titura o la “‘nfasciatura ‘de legni”.4) l’ombroso cappello, doveva es-sere fornito da due asole per es-sere legato al mento. I compiti del-l’uomo: 1) provvedere a far prepa-rare dal fabbro: “fauci che renti efauscigghiuni che renti”, che in se-guito sono state sostituite “da fau-ci a tagghiu”. Questa si diffuse perl’opera di abili artigiani nel lentinese, in quantoessendo terreni pianeggianti e meno pietrosine consentivano l’uso e si ispiravano ai falcionimolto usati nel nord. Le falci con i denti dove-vano essere “ridentellate” e ritemprate dal fab-bro, magari dopo un giorno di lavoro, duravanodi più i “fauscigghiuni”, comunque erano abba-stanza noiosi per l’andirivieni che bisognavafare dal fabbro. Quindi appena apparse la “fau-ci a tagghiu” fu subito apprezzata in quantopoteva essere affilata sovente sul posto, conuna pietra smeriglio. Infatti la falce, appena sultaglio forma una patina di sporco per la polveree l’umidità dell’erba inizia a non tagliare più,mettendo a dura prova il lavoratore. Però leprime “fauci a tagghiu” erano pesanti e biso-gnava fare uno sforzo tipo sollevamento pesiper reggerla, quindi si sollecitava l’abilità del-l’artigiano per renderla più sottile e meno pe-sante. Tant’è che “u mitituri” alternava “fauci atagghiu” con “fauci che renti”, leggerissime.Finché i “fauci a tagghiu” furono prodotte in seriedall’industria e rese leggerissime “commu nafrinnula”. 2) Preparare i “cannetri” che servonoa proteggere le dita della mano sinistra, esclu-so il pollice, eccezionalmente si può fare ameno dell’indice. 3) Durante le “messi” ci siconcedeva un sorso di vino, che asciuga il su-

dore, il quale andava sistemato “nò varriletru”e si attingeva attraverso un buchino tappatoda un nodo di paglia. In pratica bisogna suc-chiare dando dei “bacetti”, ciò crea molto gu-sto e refrigerio. Il vino è vietato ai ragazzi, per-ché “ci crisci u baffu”. Dopo tutta questa meti-colosa preparazione si iniziavano i primi as-saggi dando la precedenza alle fave, (le quali

vanno mietute con la tecnica del fieno), poi“alena” (avena) e dopo “l’oriu”(l’orzo), il qualeva mietuto molto secco altrimenti fa “apalummetra”, mentre l’avena ed i grani si pos-sono mietere “ntiniri”. Non soffrono di questiguai. Se l’orzo non era pronto ci si dedicava aiprimi grani “chiù prummintii”, oppure in terreni“‘ca fanu chiù marina”, ossia terreni a quoteinferiori o più caldi, in parole semplici le zonedi Siracusa sono “marina”, mentre nelle zonedi Sortino, Ferla, Cassaro e Buccheri le “mes-si” sono più tardive. Però nella stessa zona visono differenze particolari che davano modo digiostrare l’organizzazione del lavoro. Infatti i“iurnatari” mietitori di professione venivano daAvola, poi facevano 20-25 giorni qui e salivanoverso Ferla, assommando circa due mesi dimietitura. Per noi a Sortino la mietitura era cir-ca un mese. Dopo questa lunga spiegazionesulla preparazione bisogna passare alla descri-zione della tecnica vera e propria, che ovvia-mente è completamente scomparsa è restanella mente dei nostri anziani, che se fosseroin grado di descriverla sarebbero una fonte ine-sauribile di informazioni sulle nostre tradizio-ni. “L’antu” del grano era amato e temuto nellostesso tempo per vari motivi. Intanto ci si pre-sentava bardati di tutto punto, con tutto l’ar-

mamentario che mi sono dilungato a descrive-re. Inoltre, se andiamo indietro in tempi piùremoti, era quasi proibito togliersi la camiciaper una sorta di pudore frammisto a moraleintriso di ipocrisia, tant’è che se qualche sog-getto era a lutto portava una pettorina nera, lalunghissima giornata ed il caldo facevano ilresto.

La tecnica può essere spiegatasemplicemente. Una volta che ilgiovane mietitore ha indossato i“cannetri” nella mano sinistra, conla destra impugna la falce ed incontemporanea con la falce racco-glie un gruppetto di spighe, le qua-li riunite vengono agguantate dallasinistra, molto impacciata dai“cannetri”, qui immancabilmente sicommette l’errore di tirare con en-trambe le mani,facendo venire lepiantine di grano con tutte le radicicosa imperdonabile, perché ilterriccio andando a finire nella pro-duzione la deprezzava. Quindi bi-sognava imporsi la disciplina di te-nere ferma la sinistra tirando ladestra con la falce. Si stentava unpo’ a coordinare i movimenti, madietro l’attenta guida dell’adulto allafine si apprendeva la tecnica, men-tre l’adulto spaziava sull’”anto”, ilragazzo restava in un angolino a

perfezionare la propria tecnica con qualcheurlaccio che tuonava: “ci nà dari picca ravantia fauci”. Frase che simboleggia anche unapersona che parla molto, magari a vanvera.Appunto: “chissu mi pari cà assai ci ni runaravanti a fauci”. Quando il ragazzo iniziava asentirsi sicuro e si lasciava prendere dall’entu-siasmo nasceva il pericolo che la falce chedoveva sempre finire sotto la mano sinistraandava a finire leggermente più alta andandosiad infilare tra le dita protette dai “cannetri”, mala stessa andando a lambire la nuda carne fa-ceva la prima ferita. In alcuni casi il ragazzo simetteva a piangere o più stoicamente abboz-zava una smorfia, l’adulto con vari metodi prov-vedeva a frenare il sangue che grazie al caldoestivo si raggrumava subito. 2° pericolo: nondosando opportunamente lo sforzo nei coordi-namenti la gamba che sostava più avanti, disolito la destra veniva colpita dalla falce sottoil ginocchio, creando vari tagli. Quindi è facilecapire che il coordinamento e lo sforzo ha tut-ta una sua tecnica particolare che va perfezio-nata sul campo, ma il tempo c’era ed i campianche.

*La seconda sarà pubblicata nel prossimo numero

Nunzio Bonnici, dipingere unsogno: una realtà migliore!Nunzio Bonnici, nato a Siracusa nel1929, un pittore antiaccademico, unautodidatta che è riuscito ad impor-si nel panorama artistico non solosiracusano.Le sue origini sono sortinesi.Un artista che ha dipinto una realtà“desiderata”. Contro una realtà checi circonda, fatta di compromessi edi condizionamenti.Ha partecipato nel 1957 alla MostraNazionale di Trieste. Nel 1967 unapersonale alla Galleria d’arte inter-nazionale di Firenze. Presente in nu-merose Collettive Nazionali e a varieEstemporanee di pittura.Tra le sue opere ricordiamo la Ma-

donna Negra, Il Venerdì Santo, Donne al Sole,Le Colline, Mareggiata, Villaggio al Sole, ASera...Ad alcuni mesi della scomparsa, ci siamo tro-vati a parlare con il figlio Salvo, che ha seguitole orme del padre, intraprendendo una grandecarriera artistica che lo ha portato ad esposi-zioni internazionali in Giappone, in Argentina,inserendosi nel panorama artistico nazionale.Il prof. Salvo Bonnici ci ha rivelato un senti-mento di attaccamento al paese di Sortino, con-fidandoci di avere il piacere di creare una mo-stra permanente dei quadri del padre.Tra l’altro ricordiamo che Nunzio Bonnici nel1985 vinse il primo premio nella mostra orga-nizzata in occasione della Sagra del Miele (nel-la foto con il sindaco Pippo Parlato).

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10L'Aperiodico

Giugno/Luglio 1997

Mondi virtualidi Vincenzo Mosca

Un anno fa la realtà virtuale Internet, chia-mata VRLM in virtù del Virtual RealityModeling Language su cui si basa, ap-

parteneva ancora al futuro. Oggi ha raggiuntouno stadio in cui sono emerse numerosissimeapplicazioni scientifiche, commerciali e diintrattenimento, nonostante i mezzi tecnologi-ci e gli standard di programmazione del setto-re siano ancora agli albori.La realtà virtuale è un sistema computerizzatoche può immergere l’utente nell’illusione di unmondo generato dal computer e permette adesso di navigare in questo mondo a suopiacimento.

e successivamente nella Palla.Il progetto Cupola Live comprende anche unView Point System (un sistema per visite dalvivo in tempo reale) che invia immagini da unaWebcam, una piccola telecamera, posiziona-ta a circa 110 metri di altezza nella parte finaledella cuspide del Duomo, permettendo unavasta panoramica in tempo reale della partepiù significativa della città.Inoltre le innumerevoli informazioni, corredateanche da suoni, immagini e filmati, rendono ilsito web davvero avvincente ed interessante.Chiudendo la connessione al sito di Firenzel’immaginazione vola verso una realtà più vici-na alla nostra vita quotidiana: Pantalica. Im-maginiamo un sito internet su Pantalica, coninformazioni storiche, immagini dei luoghi piùsuggestivi, suoni tipici del luogo, filmati e pas-seggiate virtuali nelle grotte o lungo il fiume,notizie su Sortino e i suoi monumenti, sullemaggiori attività artigianali, sulle tradizioni po-polari …Fantasie virtuali o reali ?

Si pensi alle aree che traggono maggior bene-ficio da questa tecnologia come la manipola-zione molecolare, la modellizzazione e la pro-va di operazioni e procedure mediche, oppurela possibilità di visitare luoghi inaccessibili qualil’interno di un vulcano, lo spazio estremo, ilcorpo di un paziente vivo, visitare luoghi chenon esistono più, creare visualizzazioni arti-stiche impossibili, creare poesia virtuale, cre-are mondi che sfidano la fisica …La realtà virtuale è senza dubbio l’argomentoche più stimola la fantasia, l’immaginazione,la creatività di chi opera nel settore informatico.Nell’intento di appagare, perlomeno parzial-mente, la curiosità del lettore che si accingeper la prima volta a tali tematiche, ritengo utileed interessante considerare un’applicazioneonline sviluppata da un gruppo di studiosi ita-liani, per celebrare e valorizzare il monumento“simbolo della fusione tra tecnica e arte”: la

Cupola del Brunelleschidella Cattedrale di S. Ma-ria del Fiore di Firenze, lacui realizzazione e bellez-za è ancora oggetto di me-raviglia e di fascino miste-rioso.L’iniziativa Cupola Live, chelo studio Proposte Artisti-che di Firenze ha realizza-to in occasione dei 700 annidella costruzione del Duo-mo di Firenze (8 Settem-bre 1296-1996), mira a farconoscere, sotto un nuovoaspetto, un’opera che vivenel cuore di Firenze. Gli ele-menti del progetto fannoleva proprio sulle nuove tec-nologie: Internet, RealtàVirtuale, Multimedialità eWebCam. La sfida consi-ste nel riuscire a fonderestrumenti innovativi rispet-tando la natura profonda-mente umana di un’operad’arte.Entrando nel sito http://www.da ta . i t / p ropa r t /cupola.htm si può visitare,in maniera interattiva ed intre dimensioni, la Cupoladel Brunelleschi, entrareall’interno della Lanterna e,attraverso la Colonna Cava,nel cuspide (o pergamena)

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NELLA FIGURA A SINISTRA SONO INDICATE ALCU-NE INFORMAZIONI OFFERTE DAL SITO.IN ALTO È INDACATA LA POSIZIONE DELLA WEBCAMSUL DUOMO DI FIRENZE.

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Tecnologia

Page 11: Aperiodico Anno I N.2

L'AperiodicoGiugno/Luglio 1997 11Arte

CURRICULUMRoberto Sequenzia è nato a Sortino, dove vivee lavora. Svolge attività artistica fin dal 1970.Ha esposto a mostre e rassegne nazionali edinternazionali di pittura conseguendo ambitipremi e riconoscimenti. Tra i più importanti daricordare, il 2° premio al concorso internazio-nale di pittura-grafica-scultura “Salvatore Dalì”

milano, 1985, il riconoscimento per l’ar-te e la letteratura trofeo “Venus”, l’oscardi Montecarlo ’85, il primo premio col-lettiva “Arte e Amicizia” Siracusa,medaglia e diploma alla 17° Mostrainternazionale ASLA ’84, Palermo,1° premio al concorso di pittura “Lasettimana Santa” 1986, Sortino. “…La peculiare sua caratteristica èla capacità tecnica espressiva,proveniente dalle doti innate mes-se a frutto dall’assidua e scru-polosa metodica esercitazioneapplicata alla riproposizione fe-dele dei grandi capolavori edalla realizzazione di unarittrattistica iperrealistica, cui,del resto, hanno corrisposto

gli approcci impegnativi con l’ar-te moderna, soprattutto delle pittura me-

tafisica e della simbolistica; arte moderna in-travista, tuttavia, con l’occhio di chi sa distin-guere l’essenziale dal fatuo e superfluo per co-glierne i tratti positivi e rivalutarli in un’otticasuperiore, di fusione tra contenuto e forma, tralinea e colo-re, chemotivizzinoed esaltinoil messag-gio poliva-l e n t esoggettivisticomodernoinquadratonel lin-guagg iointramontabilee indero-g a b i l edell’obiet-t i v i t àontologica…”

Inno a Santa SofiaDall’oriente un prodigio divinoTi condusse in quest’umile suoloA indicarci il più retto cammino,o fanciulla con la treccia d’oro.

Rit. O Vergine e Martire Santa Sofianei tempi oscuri non ci lasciare!Sii buona guida al nostro errare,chiedi per noi le Tue Virtù.O Vergine e Martire Santa Sofianostra Patrona, con noi rimani,dà Luce a quei sentieri arcaniche fino a Dio giungano, ognor!

Qual Mirabil Sapienza sorpresee infiammò di quel popol i cuori!Quelle dotte parol tanto attese,qual sostegno e conforto ai dolori!

Una povera grotta Ti accolsePer sfuggire al furore paterno,dove un raggio di Luce Ti avvolse,dove assorta pregavi l’Eterno.

Sul Tuo fragile corpo indifesoman di rozzi soldati paganiTi reciser la treccia. Ma illesoIl Tuo Credo li rese inumani.

Qual miracolo in quel luogo amato!Sgorgò acqua d’incantoche profetici segni ha donatoai devoti dal cuore infranto!

Al cospetto del padre furenteTu non fosTi giammai ardita.Per la fede Tua forte e vincenteaccettasTi di dar la Tua Vita.

Roberto Sequenzia

Roberto Sequenziatra sacralità e surrealismo

La pittura di Roberto Sequenzia ci porta inun mondo irreale e suggestivo e pone unatematica psicologica profonda emanan-

do nell’insieme una ispirazione poetica e deli-cata. Il pittore nelle sue opere da un profondoscoramento e sconforto, che esprime continte abbrunite, ad un accenno difiducia nel futuro per il ri-sorgere dell’umanità,sino a raggiungere la spe-ranza di un barlume di gio-ia colorata di tenui rosa odi azzurri profondi.Il silenzio che è sintomo diriflessione profonda è ilsubstrato che permea tutte leopere del Sequenzia; silenzioe meditazione, interrogazionecon se stesso sul presente esul mistero dell’inconscio e delfuturo. Le figure umane vengonoportate a simbolo di una umani-tà che si pone come anelante adun avvenire fondato sui valori pri-mari della vita: la cultura, la civiltà,l’ordine democratico. Al di fuori, in- teressataal destino dell’uomo, c’è una Entità Supremache il pittore non raffigura ponendola come Entitàastratta ed immateriale, una Divinità sacra opagana che col tratto della mano poggiato sullibro della scienza e della vita umana indicaall’umanità straziata dalla guerre nucleari e dalletale progresso tecnologico un nuovo spiritodi verità assoluta ed incomparabile, vero edunico valore umano: la scienza a servizio del-l’umanità. S’appare in alcune opere una formadi ellenismo che riporta ad una lontana civiltàfelice e colta che è nel subcosciente del pitto-re in cui si indugia con piacere. In una opera siintravede la mano della Divinità ignota che s’ac-cinge a scrivere e segnare il destino dell’uomoche è totalmente assente accanto ad un edifi-cio vuoto e disabitato. E’ l’alba della creazio-ne, è il subconscio che ancora si cela nell’ani-mo umano, è il futuro destino della creaturache è ancora da tracciarsi. Ogni opera di Ro-berto Sequenzia dimostra una maturità di pen-siero e nello stesso tempo arte e poesia, filo-sofia e realtà, materia e spirito, sentimento egestualità, il tutto in una simbiosi perfetta chelascia molto alla immaginazione ed alla rifles-sione. M. Ferrauto

IN ALTO A SINISTRA R. SEQUENZIA.IN BASSO IL GRUPPO FOLCLORISTICO "LA ZAGARA"

COSTITUITO NEL 1977 DA SEQUENZIA.NELLA PAGINA ALCUNE SUE OPERE.

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L'AperiodicoGiugno/Luglio 199712

Ciumi zzà Pasqua

Quanti fimmini ca t’hannu vantatupì l’acqua tò biniritta e beddaquanti robbi nni tia hannu lavatuvinennu ddocu cu la truscitedda.

’Sti fimmineddi tutti ddunucchiatiattornu la tò sponda pì lavariaccussì passavunu li jurnatiaccurzannu travagghiu cò cantari.

’St’acqua sirviva poi p’abbivirarili giardini d’aranci da cuntratat’avivunu pì forza apprizzarila vita era tantu travagghiata.

Oggi nun viri cchiù ddri lavannari,nun senti cchiù mancu la sà cantatasai ca lu travagghiu tu l’ha faricu la tò acqua sempri cchiù ‘nquinata.

Giuseppe Rio 1988

Sintiti sciurtinisi

Sintiti ‘sta storia sciurtinisivu riurdati primma lu paisica di tutta la pruvincia era ammintuatupicchì era sempri frequentatu.Tutti li siri c’era la gentisoprattuttu a li quattru cantie l’amici e li cumpari‘ddrocu si iunu a ‘ncuntrarie quannu ‘cca tutti erunu aiuntisi cuntaunu li so cuntiparrannu di li fatti di la iurnataci passava la siratae pi livarisi de quattru cantunerisi iunu a fari lu biccherima almenu finu all’unaperi peri c’era sempri la pirsuna.Ora lu paisi va canciannui picciotti vanu sbambannua sira c’è picca genti

picchì ci su strani muvimenticu si punci cu s’affummazzae scumparunu di la chiazzae si a qualcunu voi truvarine locali ta iri a ‘nfilarie nun sapennu unni iriunu sempri ‘ddra va a finirie macari a dritta a drittaognunu si fa la so filitta.Ma riturnannu a discussionifacemu sta riflessionicommu si fa a nun sciripi simani e simani ‘nteri?Commu si fa a stari bonivirennisi a televisioni?pi passari la siratanun c’è megghiu di na passiataparrari cu l’amici e li pirsunie non stari rintra comu tanti minchiuni.

Fabio Franzò

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La mia infanziaè sepolta laggiù,tra le colline,ove, d’estate,l’aria s’impregnadell’odore di zagara sbocciatae un lindo cimitero custodiscegli affetti e le speranze.La vita matrignam’ha costretto assai lontanoda quei luoghi di sognoe sento dentroche qualcosa s’è rotto:ho lasciato laggiù,tra le stoppie bruciate,una parte di me,la migliore.Eppure, chissà,forse un giorno

passerò da quei luoghisenza una stretta al cuore,ignoto a tutti,come uno straniero.

Giuseppe Briganti

Poesie

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Aspetta ca tucuntuScuola Media Statale di Lentini “Riccardo daLentini”. Gli alunni della 2 sez.E

“Quest’opera rappresenta un’esperienza didat-tica particolare: è nata dall’affetto e dall’affia-tamento che lega tra loro gli insegnanti e que-sti con la classe che si è impegnata nel lavo-ro; ha segnato un momento di crescita, di cam-mino, di scoperta.Insieme, educatori ed alunni, hanno unito leloro esperienze, hanno voluto capirsi e capirela loro realtà, hanno voluto esprimere un attod’amore per la città nella quale sono nati, vivo-no ed operano; dalla quale si aspettano acco-glienza per le loro speranze”.

Il PresideProf. Sebastiano Catalano

Librial punto di partenza raggiunto per l’escursio-

ne.Dei quattro percorsi consigliati (A

Pantalica da Sortino – Itiner.1, a Pantalica da Ferla –

Itiner. 2, la Valledell’Anapo – Itiner. 3, il

giro della Rocca – Itiner.4) il più elementare, ma

certamente non meno im-portante, è l’antico traccia-

to della ferrovia Siracusa-Vizzini (Itinerario 3) che, co-

steggiando il fiume Anapo, in-fonde suggestive immagini an-

che al turista più distratto. La gui-da, completa di fotografie a colori,

mappa della necropoli e traduzionein lingua inglese, offre l’opportunità

di far conoscere ed apprezzare unodegli angoli più interessanti ed affasci-

nanti della nostra terra.C. A.E. S.

Nel continuo ed eterno gioco del susseguirsidelle stagioni, la primavera gode di alcuni van-taggi che la rendono eternamente vincente.I colori, i profumi, il clima e, soprattutto, lo scac-co alla precedente e perennemente errata“manche” invernale, risvegliano la curiosità el’attenzione assopitesi nei freddi e bui mesiche via via si allontanano.In particolare, l’individuo continuamente attrat-to ed affascinato dalla natura risente maggior-mente di tale cambiamento e, pertanto, conestrema facilità si ritrova, già nelle prime oredelle giornate dedicate al riposo dall’attività la-vorativa, a dover maneggiare attrezzature utiliall’escursionista. Zaino, giacca a vento, map-pa e macchina fotografica costituiscono l’equi-

Aspetta ca tu cuntu” è un libro che su-scita diverse sensazioni, e dal qualesi possono tirare fuori moltissimiaspetti della nostra realtà: le tradizio-ni, il folklore, i gesti, i detti.E’ una ricerca che va premiata. Ancor più perchè a promuoverla èla scuola e gli autori sono i ragaz-zi. “Aspetta ca tu cuntu” è un’esi-genza di comunicare, di scoprirela storia di un paese, del propriopaese.Di scoprire che in Sicilia non c’èsolo mafia.Di scoprire con orgoglio la ric-chezza del nostro passato. Inqueste pagine i ragazzi han-no percorso un viaggio nellamemoria, facendo della pa-rola un messaggio, un gio-

co, un canto, una favola.g.m.

“Non vogliamo produrci nelle solitep r e s e n t a z i o n iiconograficamentescontate. Vogliamosolo dire che lavorandotutti insieme ci siamodivertiti. Abbiamo ritrova-to l’entusiasmo, la vogliadi “giocare” dei nostri annilontani. Anche per noi que-st’opera è stata il pretestoper un viaggio a ritroso: madentro di noi. Aiutando i ra-gazzi, esseri puri senza pas-sato, a ritrovare il passato de-gli altri, ci siamo fatti un po’bambini noi stessi, ritrovandola fresca gioia della “scoperta”.

Gli insegnanti

Pantalical’eterno fascinodel tempo

Zàccano converanda

di Sebastiano La Pila

“…scelte le migliori pietre di calce, si lasce-ranno macerare per molto tempo prima di ado-perarle acciocchè, se mai vi sarà qualche pie-tra poco cotta nella fornace, col lungo fermen-to ridotta dall’acqua a spegnersi, si lieviteràugualmente anch’essa. In percciocche’, se siadopererà fresca e non macerata, stesa chesia, getterà fuori delle [bullette], per le pietruzzecrude rimastevi nascoste: le quali pietruzzesono quelle, che messe in opera, quando van-no a stemperarsi, rompono e guastano il lisciodell’intonaco…”. E’ il De Architectura di Mar-co Vitruvio Pollione, architetto della Romaaugustea (I sec. a.C.), geniale precursore de-gli intonaci perfetti. Marco Vitruvio Pollione,probabilmente, non conosceva gli zaccani, nécon veranda né senza veranda. TonyCiaffaglione, antiArchitetto del “2000 A.C.”, nelpieno epicentro “del dibattito architettonico degliultimi anni”, avrebbe il suo bel da fare a spie-gare all’illustre collega che cos’è lo Zaccanocon Veranda. o “il fenomenale minizaccano”.Tony Ciaffaglione nel suo originale Zaccano conVeranda, scrive, con l’intelligenza dell’ironia,del “paese che si avvia a percorrere i viali della

paggiamento essenziale di colui che hascelto il trekking quale principale e salu-tare attività sportiva.Nella nostra esperienza, uno degli sce-nari più suggestivi, facilmente raggiun-gibile, esempio di fusione tra arche-ologia e natura e, pertanto, meta pre-ferita è la Necropoli di Pantalica.La scelta viene dettata non sol-tanto dai motivi appena specifi-cati, ma soprattutto dalle diver-se possibilità escursionisticheofferte da tale zona. Comeproposto in una recente pub-blicazione (E. Sanzaro –C. Aresco, PANTALICA –Guida completa per co-noscere la Necropoli, IlPonte Edizioni, 1997),gli Autori identificanoalcuni itinerari, al finedi fornire ai visitatori un’uti-le indicazione per la loro scelta,secondo le difficoltà oggettive che sta-gionalmente il terreno presenta ed in base

nuovi strumenti informatici che creano in se-rie, vittime inconsapevoli di infiniti “registra colnome”. Ciaffaglione si sofferma, così, sugli ele-menti costruttivi ed antropologici che definisco-

no formalmente e nella proprianaturale realtà lo zaccano: dal-la radice tipologica del tempiogreco [sic!] ai distruttivi interven-ti di maquillage cui“sovrintendono le maestranzelocali“.Sortino si colloca, in tal modo,con l’indispensabile contributo diUfficio Tecnico Comunale e Com-missione Edilizia, nonché di “tec-nici zaccaneschi” profondi cono-scitori del locale Regolamento Edi-lizio, “… tra i maggiori centri mino-ri siciliani con più alta percentualedi zaccani con veranda…”.Tradotta in astrazione matematica,la filosofia urbanistica dell’“homoxutiniensis” diventa una surrealeequazione di primo grado: “UTC/2+(CE) - 1= ZX dove X è la variabilee Z è la costante che naturalmentesta per zaccano”. “La saggistica”,conclude Ciaffaglione, non ha il il po-

tere di “intaccare il processo zaccanesco…”.Ed è vero. Ma almeno coinvolge il lettore, lotrasporta in una novella urbanistica moderna egli insinua il dubbio.

gloria patinata da rivista “à la mode”, diminizaccani e zaccani incappellati, pluvialiarancioni e fasce marcapianopluricromatiche, descriveun’architettura urbana che,improvvisamente, diventarupestre. E lo fa in manie-ra spumeggiante, ironica,opportunamente mordacee non poco dilettevole, de-dicando il frutto delle sueargute osservazioni “a tut-ti coloro che hanno a cuo-re il problema dell’am-biente urbano modifica-to dall’uomo”. Nel sag-gio, tra il serio (lapochezza delle soluzio-ni architettoniche oggiusate a Sortino) ed ilfaceto (le intervisteDoxa concluse in bir-reria o “a mangiare ri-cotta”), l’autoreripercorre le tappedell’evoluzione dellaspecie tipologicaabitativa sortinese: una sorta di adatta-mento del tempio greco alle individuali esigen-ze del “cliente”. Nasce così, nell’“apoteosi delgesto creativo” quel clone che è lo zaccanocon veranda. Un clone partorito dai “virtuosidell’Autocad”, tecnici dello zaccano e figli dei

13L'AperiodicoGiugno/Luglio 1997

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14 Le immagini raccontano

Alla California Stopall'alta velocità !!

Si è concluso il corso di “Educazione agroalimetare L’apee il miele” rivolto ai bambini della scuola elementare di Sortino

Chiesa Madre o

Chiesa di Campagna ?

Ancora chiusa !

Rally Mare Monti 1997

Ciak si inizia !

Hai curiosità fotografichesu Sortino ?

Inviale all'Aperiodico !Utilizza la cassetta postale

situata al Circolo Rinascita.

L'AperiodicoGiugno/Luglio 1997

Consegnato "L'ape d'Oro '97"ai Cappuccini

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L'AperiodicoGiugno/Luglio 1997 15

Caro Giuseppe, sono una bambina di 21 mesie ti scrivo perchè mi vedo costretta, in cosìtenera età, a rivolgermi al direttore di un gior-nale per cercare di risolvere un problema.Tutto è iniziato quando è arrivato il bel tempo,quando papà e mamma hanno cominciato aportarmi nella piazza antistante la Chiesettadi S.Pietro. E’ accaduto che essendo ancoramolto piccola e quindi ancora insicura nel cam-minare sono caduta. Il fatto in sè non ha nien-te di particolare (cado decine di volte al gior-no), però quando mamma mi ha tirato su ave-vo le gambette piene di una cosa rossa. Ionon capivo cosa era, ma poi mamma mi haspiegato che era sangue ed il sangue uscivadalle mie gambe perchècadendo mi ero tagliata coni vetri che ci sono nellapiazza. (E’ una vergo-gna!!!!).Questa prima spiegazioneio non l’ho capita tanto, in-fatti, non riuscivo a spiegar-mi come mai nelle centina-ia di cadute “casalinghe”non mi era mai uscito san-gue ed invece alla primacaduta al “chiano” (io lochiamo così) si.Due giorni dopo sono torna-ta al chiano, stavolta conmio zio, ma anche con luisono caduta e nuovamentemi è uscito sangue. Quan-do sono tornata a casa, piangendo ho detto apapà di togliere i vetri dal chiano (stavolta ave-vo capito cosa era stato a tagliarmi le ginoc-chia e la manina), ma papà mi ha risposto chenon era compito suo farlo, ma era dovere dichi amministra Sortino. Cosa volesse dire nonl’ho capito, però ho sentito subito dopo papàche diceva a mamma che aveva parlato giàtre volte con il sindaco e due volte con il Presi-

riamente, fin quando il chiano non sarà pulito,in campagna. Dove? O in quella del Sindaco oin quella del Presidente del Consiglio. Marta

Piccola Marta, non posso che ringraziarti perla lettera che mi hai inviato. L’ho letta con par-ticolare attenzione e molta emozione. E’ laprima che ricevo come Direttore dell’Aperiodico.Sono lieto di poter inaugurare questo spaziodedicato ai lettori, con la tua lettera, con lalettera di una bambina.Ritengo sia significativo.Il problema che hai sollevato sarà, come haiscritto, un problemino per qualcuno, ma nonper te. Questo è uno dei tanti problemini delnostro, e ti assicuro, anche di tanti altri paesie città. Eppure sono proprio i problemini a dare,

a volte, più fastidio. E poi- ti chiederai - se si trattadi problemini non dovreb-be essere più facile ancherisolverli? Certo. Solo chesono talmente piccoli chese non si è attenti, non sivedono.Figuriamoci se siè sordi o scemi, come tudici. Mi auguro che quandoavrai il giornale in mano,gli amministratori abbianofatto il loro dovere e il“chiano “ sia pulito. Incaso contrario ci penseràil nostro giornale aricordarglielo.E magaripotrai leggere queste pa-gine (o ascoltarle da

mamma e papà) proprio al “chiano” di S.Pietro.Ringrazio i genitori di Marta per l’attenzione eil senso civico che hanno dimostrato; per gliauguri, l’incoraggiamento, il sostegno alla no-stra iniziativa espresso nelle righe successivealla lettera. Ci riempie di entusiamo e di ener-gia il sapere di non essere soli.

L'angolo della posta

Via i vetri da piazza S. Pietrodente del Consiglio.Io chi sono questi due, francamente, non loso, ma immagino che devono essere due per-sone importanti. Purtroppo poverini, visto cheda allora è già passato parecchio tempo, e nien-te è stato fatto, ho capito che i due o sonosordi o sono scemi. Il chiano resta pieno divetri. Ora, visto che fa più caldo e mammainsiste sempre più nel vestirmi con gonne epantaloncini ho pensato fra me e me: se que-sto problemino (per chi cammina tranquillamen-te e bene), che per me è un problemone, nonlo risolvo da sola, va a finire che al terminedell’estate sarò combinata un “Santo Lazzaro”(cosa vuol dire non lo so, ma lo dice spesso

nonna).Quindi ho deciso di scriverti nella speranza chetu questa lettera la pubblichi sul prossimo nu-mero, non per rimproverare i due che dicevapapà (poverini loro sono sordi o scemi) ma peravvisare tutti i miei coetanei di non farsi porta-re al chiano di S.Pietro perchè è pieno di vetri.Se poi in famiglia qualcuno insiste dissuade-telo e convincetelo invece a portarvi, provviso-

UNA BIMBA GIOCA IN PIAZZA S. PIETRO.SOTTO I VETRI SPARSI PER LA PIAZZA.

Scuola elementare di via Specchi.A lezione...di umidità!Cinquanta genitori di alunni della Scuola ele-mentare di Sortino hanno scritto una lettera alSindaco di Sortino, alla Direttrice Didattica, alPresidente del Consiglio Comunale, al Presi-dente del Consiglio di Circolo all’Ufficiale Sa-nitario del Comune di Sortino, per evidenziareun problema che riguarda la struttura scolasti-ca dell’Istituto di via Specchi. Il cosiddetto “Ca-stello” che poco si addice ad una scuola, ne-cessiterebbe di una grande ristrutturazione.Il problema principale che i genitori fanno no-tare è relativo alle aule ubicate al piano terra,assolutamente non idonee ad ospitare dei bam-bini, per una umidità davvero insopportabile.Un problema che da diverso tempo si sottoli-nea, anche da parte delle stesse insegnanti.“Siamo in grado di documentare -scrivono igenitori - una serie eccessiva di malanni ine-renti l’apparato respiratorio e le frequenti as-senze per malattia di molti bambini.Ambienti poco accoglienti che non motivano estimolano l’alunno nell’apprendimento e nellasocializzazione. È tempo che le istituzionimettano al primo punto del proprio ordine delgiorno il problema scuola. Ognuno per le pro-prie competenze e responsabilità”. Il sindaco,Orazio Mezzio, ha detto di aver attenzionatola situazione. “E’ chiaro purtroppo, che nonabbiamo attualmente soluzioni alternative perla scuola elementare all’istituto di via Spec-

chi. Dobbiamo quindi cercare di risolvere il pro-blema all’interno. Spostando per esempio lebiblioteche al piano terra e trasferendo al pri-mo piano alcune aule, quelle più colpite dal-l’umidità”. Una soluzione che necessita comun-que di lavori di adeguamento delle aule. Chetutto si svolga in estate, per consentire ai bam-bini di vivere, sin da settembre, un sereno annoscolastico.

Centro Applicazioni lenti a contattoPiazza G. Verga 11 Sortino

Tel. 0931/952053

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L'AperiodicoGiugno/Luglio 1997Progetto "L'Aperiodico"

L'AperiodicoDirettore responsabileGiuseppe Matarazzo

RedazioneLuigi Ingaliso

Vincenzo MoscaGrafica ed impaginazione

Vincenzo MoscaStampa

Tipolitografia TuminoSortino

Hanno collaborato a questo numero:Gabriele Astuto,Giuseppe Briganti,

Luigi Buccheri, Fabio Franzò,Sebastiano La Pila, Mario Lonero,Massimo Palumbo, Giuseppe Rio,

Cesare Salonia, Salvo Zappulla.

Reg. Trib. Siracusa n.3/1997del 10 marzo 1997

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ARREDAMENTI

SORTINOVia Libertà, 40/78 Tel. (0931)952178

GRAZIEGRAZIEIN ALTO LA SALA DEL CIRCOLO RICREATIVO GIOVANILE DI SORTINO. A

SINISTRA VINCENZO MOSCA, MARIO MATERA, LUIGI INGALISO, EGIDIOORTISI, GIUSEPPE FRAZZETTO E GIUSEPPE MATARAZZO.

19 Aprile 1997Presentazione dell'Aperiodico.Ringraziamo le numerosissime persone che con la loro partecipazionehanno reso più viva ed interessante la serata inaugurale del nostroperiodico. Un particolare ringraziamento al Circolo Ricreativo Giovaniledi Sortino.

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