archivi e archivistica dal medioevo alla prima età moderna - medioevo - prima età... · la...
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L’ALTO MEDIOEVOGli archivi romani vengono in larga parte distrutti.
In questa fase sono soprattutto gli enti ecclesiastici e religiosi
(monasteri, vescovati, capitoli delle cattedrali) a organizzare e
conservare in maniera stabile i propri archivi. Non è un caso se la
documentazione più antica pervenuta sino a noi sia quasi
esclusivamente di origine monastica.
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I sovrani costituiscono archivi per lo più modesti, trasportati da una
località all’altra in seguito agli spostamenti della Corte (archivi
itineranti).
Gli archivi dei sovrani sono costituiti generalmente da documenti
concernenti il possesso dei loro beni. Insieme con il bene viene
trasferita anche la relativa documentazione (“tesori di carte”).
LA PUBBLICA FEDE
Con l’affermarsi di comuni e signorie si assiste a un rinnovato
interesse verso la costituzione di archivi “pubblici”, visti come
strumenti per esercitare diritti e privilegi sempre maggiori.
Con la rinascita del diritto, la dottrina si preoccupa di definire in
maniera precisa il concetto di pubblica fede dei documenti, ovvero di
quei documenti che possiedono valore probatorio, garantendo un
diritto (possesso, esenzione, etc.).
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diritto (possesso, esenzione, etc.).
Quando un documento gode di pubblica fede? I documenti emanati
dalle cancellerie secondo determinate forme (imperatore, papa,
sovrani, vescovi).
I Comuni in origine si servono dei notai, figure che, in nome
dell’imperatore o del pontefice, conferiscono pubblica fede ai
documenti.
IL RINASCIMENTO GIURIDICO
La pubblica fede dei documenti viene “rafforzata” anche in ragione
della loro conservazione duratura in un archivio. Più il documento è
antico e la sua conservazione è stata ininterrotta, maggiore sarà il
valore probatorio.
Secondo il diritto giustiniane, base del diritto rinascimentale, l’archivio
è infatti il “locus in quo acta publica asservantur (…) ut fidem faciant”
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è infatti il “locus in quo acta publica asservantur (…) ut fidem faciant”
Vari giuristi medievali ribadiscono la duplice condizione: il documento
deve essere emanato da soggetto dotato di pubblica fede e conservato
in un archivio pubblico.
Federico II nel Liber constitutionum Regni Siciliae stabilisce che
determinati documenti debbano essere conservati nell’archivio regio
affinché da essi “probatio efficax et dilucida possit assumi”.
LO JUS ARCHIVI
In età medievale il termine archivio è limitato: solo chi è dotato dello
jus archivi costituisce un archivio in grado di rafforzare la pubblicafede dei documenti.
Anche in questo caso sono le massime autorità civili ed ecclesiastiche a
possedere e conferire lo jus archivi.
Gli archivi comunali hanno dunque bisogno della figura del notaio,
tanto che in origine spesso era il notaio a conservare fisicamente le
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tanto che in origine spesso era il notaio a conservare fisicamente le
scritture comunali.
La più recente storiografia ha comunque ridimensionato il ruolo del
notaio che roga per il Comune. Con il passare del tempo si configura
sempre più come un funzionario. Le istituzioni comunali, di fatto, se
non di diritto, si dotano di una propria cancelleria e acquisiscono lo jusarchivi. A Genova sin dal XII secolo il Comune “crea” i propri notai,
anche prima di vedersi riconoscere tale diritto dall’imperatore.
ARCHIVI PUBBLICI E ARCHIVI PRIVATI
Documento dotato di pubblica fede perché emanato da un’autorità in
grado di conferire tale valore + conservazione in un archivio costituito
da soggetto dotato dello jus archivi = maggior valore probatorio.
Negli archivi si conservavano, e si conservano ancora, anche scritture
originariamente prive di pubblica fede (minute, memorie, appunti,
documentazione preparatoria). Questa documentazione si è conservata
più raramente, in ragione della minor importanza per il detentore
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più raramente, in ragione della minor importanza per il detentore
dell’archivio.
Analogamente esistevano complessi di documenti che oggi
considereremmo archivi a tutti gli effetti, costituiti da soggetti non
dotati dello jus archivi (esempio mercanti o famiglie). Anche questi
archivi si sono conservati più raramente
IL FONDO DATINI
DELL’ARCHIVIO D STATO DI PRATO
«Non conosco archivio
che per la mercatura
del secolo XIV possa
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del secolo XIV possa
dare una serie di libri
e carteggi compiuta
come quello».
Cesare Guasti
L’ARCHIVIO
(1348 - 1430)
125.000 lettere commerciali
10.000 lettere private
FRANCESCO DATINI
(1335 ca. - 1410)
Mercante di Prato
Dal 1350 al 1382 opera ad Avignone
Nel 1382 fa ritorno in Toscana,
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10.000 lettere private
1174 unità contabili
Oltre 6.000 lettere di cambio
ed altri titoli di credito
5.000 lettere di vettura
400 polizze di assicurazione
Nel 1382 fa ritorno in Toscana,
dove apre diverse sedi commerciali
(Pisa, Firenze, Prato)
Negli anni si espande: Genova
(1392), Catalogna (1393)
PRODUZIONE E CONSERVAZIONE
La produzione documentaria aumenta con la diffusione di nuovi
supporti: dal papiro alla pergamena (Alto Medioevo); dalla
pergamena alla carta (XII-XIII secolo).
In ambito comunale vi è tendenza a trascrivere su speciali registri
i documenti più importanti: libri iurium. Funzione duplice:
archivistica (migliore conservazione) e giuridica (maggiore
certezza dell’autenticità degli atti).
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certezza dell’autenticità degli atti).
La documentazione sciolta viene disposta per lo più per tipologia
documentaria (lettere, missive, diplomi, patenti). All’interno di
ciascuna serie, invece, le scritture sono archiviate in ordine
cronologico o, più raramente, per materia.
Normalmente la documentazione viene custodita dal soggetto
produttore senza soluzione di continuità.
SICUREZZA E PENESpesso gli archivi, anche comunali, vengono conservati in
luoghi sicuri (ad esempio monasteri), chiusi in armadi con più
chiavi affidate a diversi funzionari.
Molti regolamenti prevedono pene severissime per il furto, la
distruzione o la falsificazione di documenti. La Chiesa giunge
a comminare pene spirituali, sino alla scomunica, mentre le
autorità civili si “limitano” alla pena di morte.
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autorità civili si “limitano” alla pena di morte.
Il reato più grave è la falsificazione. Il già ricordato Liberconstitutionum Regni Siciliae di Federico II, ad esempio,
prevede la pena di morte. A Siena nel 1292 si stabilisce la pena
di morte sul rogo per i falsari, mentre per il furto o la
distruzione di documenti si va da una pena pecuniaria al taglio
della mano.
I PRIMI ARCHIVI DI CONCENTRAZIONE
In alcuni casi, sin dal XIII secolo, si costituiscono archivi di
scritture non più utili al disbrigo degli affari correnti,
conservati separatamente rispetto alla documentazione più
recente. Esempi:
- A Cagliari nel 1332 Alfonso IV d’Aragona istituisce un archivio generale del Regno
di Sardegna.
- Sisto IV (1471-1484) dà il via a concentrazioni di archivi sia a Roma sia in altre
città dello Stato.
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città dello Stato.
-- Nel XIII secolo viene istituita la Camera actorum del Comune di Bologna,
destinata a raccogliere documentazione di diverse magistrature cittadine e
rilasciarne copia.
Nascono dunque istituti destinati a conservare
documentazione prodotta da altri enti/uffici, che tuttavia
continuano la propria attività e detengono un proprio archivio
“corrente”.
LA NASCITA DEGLI STATI
“NAZIONALI” E “REGIONALI”
Tra XV e XVI secolo in Europa si vanno affermando gli stati
“nazionali” e “regionali”.
Il sovrano aumenta la propria autorità rispetto ai poteri
particolari, che tuttavia non scompaiono.
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Territori sottoposti direttamente all’autorità del sovrano in
base a vincoli di diverso genere vengono progressivamente
integrati in un’unica compagine statale.
Classico esempio è la Francia. Con la conclusione della
Guerra dei cento anni (1453), Carlo VII, Luigi XI e Carlo
VIII danno il via a una fase espansionistica.
SPAGNA E IMPERO NEL PRIMO 500
Anche la Spagna rappresenta un caso emblematico.
Matrimonio tra Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona
(1469). Dopo la morte di Isabella, nel 1506, Ferdinando cinge
le corone di entrambi i regni.
Nel 1516 Carlo, figlio di Filippo d’Asburgo e Giovanna di
Castiglia, succede al nonno materno (assumendo il nome di
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Castiglia, succede al nonno materno (assumendo il nome di
Carlo I di Spagna). Nel 1519 eredita dal nonno paterno
Massimiliano d’Asburgo i domini asburgici e viene eletto
imperatore (Carlo V).
Nel 1555 Carlo divide i propri possedimenti tra il figlio Filippo
(Spagna, Paesi Bassi e possedimenti italiani) e il fratello
Ferdinando (corona imperiale; era già re di Boemia e
Ungheria).
I PRIMI GRANDI ARCHIVI DI
CONCENTRAZIONE
Nel processo di affermazione dello Stato moderno da “tesori di
carte” gli archivi diventano “arsenali dell’autorità”, attraverso i
quali rendere più efficace l’esercizio del potere da parte degli
organi governativi. I sovrani si preoccupano di gestire in
maniera più razionale i propri archivi.
Per la gestione dei territori di nuova acquisizione integrati nella
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Per la gestione dei territori di nuova acquisizione integrati nella
compagine statale è indispensabile possedere la
documentazione prodotta e conservata dalle autorità che
avevano esercitato il potere a livello locale.
Nasce di conseguenza l’esigenza di concentrare in un solo
luogo archivi posti in essere da soggetti diversi e in territori
diversi.
L’ARCHIVIO DI SIMANCAS - 1
Durante la rivolta dei comuneros (Castiglia, 1520) molti archivi
furono distrutti. Carlo V fu costretto a recuperare la
documentazione superstite.
Per salvaguardare i documenti utili al governo del Regno, gli
archivi castigliani sono concentrati nel castello di Simancas, nei
pressi di Valladolid, dove viene istituito l’Archivio generale
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pressi di Valladolid, dove viene istituito l’Archivio generaledella Corona di Castiglia (1543), la cui organizzazione è affidata
al figlio Filippo.
Filippo concentra a Simancas anche gli archivi “statali” del
resto della Spagna. Regolamento del 1583 ispirato alle norme in
vigore presso l’Archivio di Lisbona.
BIBLIOGRAFIA
E. LODOLINI, Storia dell’archivistica italiana, 2001, Capitoli 4, 5, 6 e 7.
APPROFONDIMENTI
P. DELSALLE, Une histoire de l’archivistique, 1998, Capitoli 5 - 6 - 7.
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P. DELSALLE, Une histoire de l’archivistique, 1998, Capitoli 5 - 6 - 7.
I. ZANNI ROSIELLO, Archivi tra passato e presente, 2005, Capitolo 2.