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NOZIONI DI TEORIA FUNZIONALE DELL’ARMONIA La teoria funzionale dell’armonia può essere considerata come uno degli ultimi stadi di evoluzione dell’armonia tonale non cromatica. Questa teoria sintetizza il materiale armonico in tre funzioni: 1. Tonica: T 2. Sottodominante: S 3. Dominante: D La funzione di tonica ha ovviamente un carattere stabile, quella di sottodominante instabile, quella di dominante annulla l’instabilità centrifuga della funzione di sottodominante, riportando la successione armonica al dominio della funzione di tonica. È importante sottolineare che la nozione di funzione, prima di riferirsi ad una caratteristica specificamente musicale, soddisfa le esigenze cognitive di comprensione formale, distinguendo tre elementi e la relazione che li lega. In ciò riconduce quindi direttamente alle condizioni affinché, secondo la psicologia della forma, si abbia la comprensione di un fenomeno: distinzione delle diverse parti e della relazione che le mette in rapporto. La teoria funzionale deve la sua nascita a Hugo Riemann, studioso della seconda metà del secolo XIX; noi la considereremo in relazione alle revisioni successive, che hanno corretto alcune impostazioni rigide della formulazione originaria, adeguandola in modo più efficace alla pratica musicale e alle caratteristiche effettive ed evidenti dei brani musicali della letteratura tonale. Ogni funzione è rappresentata all’interno di una tonalità sia a livello principale che a livello secondario. Ovvero abbiamo che: 1. la funzione di tonica è rappresentata a livello principale dall’armonia del I grado, e a livello secondario dalle armonie di III e VI grado; 2. la funzione di sottodominante viene rappresentata invece principalmente dall’armonia di IV grado, e secondariamente dalle armonie di II e VI grado; 3. la funzione di dominante viene rappresentata a livello principale dall’armonia di V grado e a livello secondario da quella di III grado Con riferimento al saggio di Kirsch 1 riportato in bibliografia, gli accordi e le relative simbologie saranno, per il modo maggiore, considerando come tono di riferimento Do: In ordine, da sinistra a destra, gli accordi andranno letti come: 1. accordo di tonica 2. accordo di tonica parallelo, ovvero accordo del VI grado 1 Ernst Kirsch, Natura e struttura della teoria delle funzioni armoniche. Contributo alla teoria delle relazioni armoniche, in La teoria funzionale dell’Armonia, a cura di L. Azzaroni, Bologna, CLUEB, 1991, pp. 49-80.

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NOZIONI DI TEORIA FUNZIONALE DELL’ARMONIA

La teoria funzionale dell’armonia può essere considerata come uno degli ultimi stadi di evoluzione dell’armonia tonale non cromatica. Questa teoria sintetizza il materiale armonico in tre funzioni:

1. Tonica: T 2. Sottodominante: S 3. Dominante: D

La funzione di tonica ha ovviamente un carattere stabile, quella di sottodominante instabile,

quella di dominante annulla l’instabilità centrifuga della funzione di sottodominante, riportando la successione armonica al dominio della funzione di tonica.

È importante sottolineare che la nozione di funzione, prima di riferirsi ad una caratteristica specificamente musicale, soddisfa le esigenze cognitive di comprensione formale, distinguendo tre elementi e la relazione che li lega. In ciò riconduce quindi direttamente alle condizioni affinché, secondo la psicologia della forma, si abbia la comprensione di un fenomeno: distinzione delle diverse parti e della relazione che le mette in rapporto.

La teoria funzionale deve la sua nascita a Hugo Riemann, studioso della seconda metà del secolo XIX; noi la considereremo in relazione alle revisioni successive, che hanno corretto alcune impostazioni rigide della formulazione originaria, adeguandola in modo più efficace alla pratica musicale e alle caratteristiche effettive ed evidenti dei brani musicali della letteratura tonale.

Ogni funzione è rappresentata all’interno di una tonalità sia a livello principale che a livello secondario. Ovvero abbiamo che:

1. la funzione di tonica è rappresentata a livello principale dall’armonia del I grado, e a

livello secondario dalle armonie di III e VI grado; 2. la funzione di sottodominante viene rappresentata invece principalmente dall’armonia

di IV grado, e secondariamente dalle armonie di II e VI grado; 3. la funzione di dominante viene rappresentata a livello principale dall’armonia di V

grado e a livello secondario da quella di III grado Con riferimento al saggio di Kirsch1 riportato in bibliografia, gli accordi e le relative

simbologie saranno, per il modo maggiore, considerando come tono di riferimento Do:

In ordine, da sinistra a destra, gli accordi andranno letti come:

1. accordo di tonica 2. accordo di tonica parallelo, ovvero accordo del VI grado

1 Ernst Kirsch, Natura e struttura della teoria delle funzioni armoniche. Contributo alla teoria delle relazioni armoniche, in La teoria funzionale dell’Armonia, a cura di L. Azzaroni, Bologna, CLUEB, 1991, pp. 49-80.

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3. accordo di tonica di sensibile (la “l” posposta alla “T” deriva dal tedesco “leitton” che vuol dire sensibile, indicando così il rapporto melodico semitonale che si ha tra la nota do dell’accordo di tonica e la nota si dell’accordo di tonica di sensibile), ovvero accordo del III grado

4. accordo di sottodominante 5. accordo di sottodominante parallelo, ovvero accordo del II grado 6. accordo di sottodominante di sensibile, ovvero accordo del VI grado 7. accordo di dominante 8. accordo di dominante parallelo, ovvero del III grado

L’accordo del VII grado viene considerato come un accordo di settima di dominante

mancante della fondamentale, e viene indicato come D7, dove la barra orizzontale, che in altri testi possiamo trovare diagonale, indica la soppressione della fondamentale dell’accordo; in altre parole, dall’accordo sol-si-re-fa, eliminando la fondamentale sol, otteniamo si-re-fa, ossia l’accordo del VII grado. Considerando poi la possibilità di avere un accordo Dl, ovvero accordo di dominante di sensibile, l’armonia risultante sarà si-re-fa #, accordo che, se pur tradizionalmente lontano dal tono di Do magg., nella teoria funzionale ha una valenza propria in questo tono.

Analogamente avremo per il modo minore:

In ordine, da sinistra a destra, gli accordi andranno letti come:

1. accordo di tonica minore 2. accordo di tonica minore parallelo, ovvero accordo del III grado della scala naturale 3. accordo di tonica minore di sensibile, ovvero accordo del VI grado 4. accordo di sottodominante minore 5. accordo di sottodominante minore parallela, ovvero accordo del VI grado 6. accordo di sottodominante minore di sensibile, ovvero accordo del II grado abbassato

(scala napoletana) 7. accordo di dominante minore 8. accordo di dominante minore parallela, ovvero accordo del VII grado della scala

naturale 9. accordo di dominante minore di sensibile, ovvero accordo del III grado della scala

naturale Il cerchietto anteposto ad ogni simbolo indica che siamo in presenza di un accordo di un tono

minore. In alcuni testi possiamo trovare convenzioni differenti, come la lettera “g” al posto della “l”, denominando i rispettivi accordi non come accordi di sensibile, bensì “contraccordi”2. Come in precedenza, l’accordo del VII grado sarà derivato da D7, intendendo ovviamente la dominante maggiore; ovvero, da mi-sol #-si-re, sopprimendo il mi, otterremo appunto l’accordo del VII grado: sol #-si-re. L’accordo del II grado, mancante nell’esempio, viene inteso come °S6, ovvero accordo

2 Si veda ad esempio Diether de la Motte, Manuale di Armonia, Scandicci (FI), La Nuova Italia Editrice, 1988, quarta ristampa: marzo 1992.

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della sottodominante minore, con la sesta al posto della quinta; perciò avremo una triade di re-fa-si invece che di re-fa-la, con il si che sostituisce il la. In questo modo viene conservata la funzione sottodominantica dell’accordo del secondo grado. Se presente la settima (si-re-fa-la, in rivolto re-fa-la-si) avremo °S5/6.

Un ulteriore considerazione da fare è che in questa teoria le funzioni non cambiano per l’arricchimento o l’alterazione di un accordo, per cui una settima o una nona non cambieranno la funzione, ma la rafforzeranno oppure la indeboliranno. Ad esempio la settima costruita sulla dominante, D7, in questo caso rafforza la funzione corrispondente, in quanto, aumentando la dissonanza, cresce anche la dinamica risolutiva dell’accordo verso la funzione di tonica. Viceversa, applicando lo stesso procedimento all’accordo di tonica, ad esempio, avremo che la funzione viene indebolita, poiché l’armonia, con l’arricchimento attraverso una dissonanza, cambia da statica a dinamica, per cui la stabilità della funzione di tonica viene danneggiata. In alcuni casi si usa inoltre l’accordo con la sesta aggiunta, come nel caso della Sp, che in cadenza spesso presenta la settima, Sp7, e che può anche essere intesa come S5/6.

Occorrerà poi tenere presente, nell’analisi armonica, che i rivolti non concorrono alla definizione della funzione, e che tutte le progressioni possono essere ignorate dal punto di vista armonico, pur avendo la loro logica, in quanto rappresentano un procedimento più melodico che armonico, un processo che spesso serve a spostare il materiale musicale da un registro acuto ad uno più grave o viceversa. Nella cadenza composta, poi, il secondo rivolto dell’accordo del I grado, seguito dall’accordo del V, nell’armonia funzionale non viene considerato come funzione di tonica, bensì già come funzione di dominante, risolvendosi la quarta e sesta in una doppia appoggiatura dell’armonia di dominante; simbolicamente: D4/6-3/5.

Infine il simbolo “<” potrà indicare che la nota corrispondente dell’accordo è alterata in senso ascendente, mentre il simbolo “>” indicherà il contrario. Ad esempio T5< indicherà un accordo di tonica con la quinta alterata in senso ascendente. Convenzionalmente poi indicheremo con, ad esempio, D/T il caso in cui l’armonia si svolga su un pedale, specificamente in questo caso un pedale di tonica su cui troviamo un’armonia di dominante.

Per ciò che riguarda le seste italiana, francese, tedesca e napoletana, occorre aprire una breve parentesi. La sesta napoletana abbiamo visto essere praticamente la °Sl. Il de la Motte la definisce come sN, ovvero “napoletana libera”, quando avente funzione sottodominantica in cadenza; altrimenti viene indicata come sn. Riprendendo in parte le definizioni del de la Motte avremo che:

1. la sesta italiana è sostanzialmente un accordo di dominante della dominante (DD) con

settima e nona minore, e con soppressione della fondamentale, congiuntamente all’abbassamento della quinta; ovvero, in simboli: DD5>/7

2. la sesta francese sarà analogamente un accordo di DD con settima e con abbassamento della quinta, ovvero DD5>/7

3. la sesta tedesca sarà un accordo di DD con settima, nona minore e quinta abbassata, con soppressione della fondamentale, ovvero DD5>/7/9>

È noto come le più recenti teorie armoniche siano indirizzate verso concezioni monotonali,

per cui la modulazione acquista un significato nuovo, non come passaggio a tonalità autonoma, bensì come passaggio ad un tono che, per affinità vicina o lontana, conserva sempre un legame con la tonalità principale, ed anzi ha spesso la funzione di dare importanza momentanea ad una particolare regione armonica del tono di partenza, che si rapporta comunque con il tono principale, talvolta avvalorandolo in un certo senso per contrasto3. Anche la teoria funzionale dell’armonia tende ad allargare quelli che sono stati i confini tradizionali di una tonalità, inglobando all’interno di essa armonie che a prima vista sembrerebbero estranee. Uno dei modi attraverso il quale si raggiunge lo scopo è quello di inglobare in un tono maggiore anche la °D e la °S, con i rispettivi 3 Sulla concezione delle regioni armoniche si vedano i manuali di Arnold Schoenberg sull’armonia, specificamente Manuale di Armonia, Milano, Il Saggiatore, 1963, e Funzioni strutturali dell’armonia, Milano, Il Saggiatore, 1967.

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accordi secondari, e, analogamente, in un tono minore la D e la S, con i rispettivi accordi secondari. Avremo così, ad esempio in Do maggiore, armonie come:

1. °D = accordo di sol minore 2. °Dp = accordo di si bemolle maggiore 3. °Dl = accordo di mi bemolle maggiore 4. °S = accordo di fa minore 5. °Sp = accordo di la bemolle maggiore 6. °Sl = accordo di re bemolle maggiore

Un secondo modo attraverso il quale si allargano i confini della tonalità è quello di introdurre

le sottodominanti e le dominanti secondarie, ovvero afferenti ad un accordo della scala presa in considerazione; un caso l’abbiamo appena trovato nell’accordo di dominante della dominante, indicato con DD. In questi casi la D o S secondaria viene messa fra parentesi, seguita dall’accordo cui si riferisce. Ad esempio il simbolo (D)Sp, da leggere come “dominante secondaria della sottodominante parallela”, in un tono di Do maggiore si riferisce all’accordo (o alla tonalità) di La maggiore, poiché la Sp è un accordo di re minore, e quindi la sua dominante sarà un accordo di La maggiore. In astratto è possibile stabilire una rete di relazioni esprimibili attraverso la seguente tabella: FUNZIONE BASE |S| SECONDARIA |D| SECONDARIA |T| = |DO| |FA| |SOL| S = FA M |SI b| |DO| D = SOL M |DO| |RE| Tp = Sl = la m |RE| |MI| Tl = Dp = mi m |LA| |SI| º Tp = º Dl = MI b M |LA b| |SI b| º Tl = º Sp = LA b M |RE b| |MI b| Sp = re m |SOL| |LA| Dl = si m |MI| |FA #| º S = fa m |SI b| |DO| º Sl = RE b M |SOL b| |LA b| º D = sol m |DO| |RE| º Dp = SI b M |MI b| |FA|

Kirsch, nel saggio citato, stabilisce invece le seguenti relazioni:

Tonica di partenza Tonica di arrivo Relazione di affinità Do M Do M T Do M Re bem. M ºSl Do M Re M (D)D Do M Mi bem. M (D)ºSp Do M Mi M (D)Tp Do M Fa M S Do M Fa diesis M (S)ºSl Do M Sol M D Do M La bem. M ºSp Do M La M (D)Sp

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Do M Si bem. M (S)S Do M Si M (D)Tl Tonica di partenza Tonica di arrivo Relazione di affinità Do M do m (ºS)D = ºT Do M do diesis m (ºS)ºSp Do M re m Sp Do M mi bem. m (ºS)SS4 Do M mi m Tl Do M fa m ºS Do M fa diesis m (ºS)ºSl Do M sol m (ºS)Sp = ºD Do M la bem. m l<(D)Tp>5 Do M la m Tp Do M si bem. m (ºS)S Do M si m Dl Tonica di partenza Tonica di arrivo Relazione di affinità do m do m ºT do m si m Dl do m si bem. m (ºS)ºS do m la m (ºS)Dp do m la bem. m (ºS)ºTp = ºTl do m sol m ºD do m fa diesis m (ºS)ºSl do m fa m ºS do m mi m Dp do m mi bem. m (ºS)ºDp = (ºD)ºTl do m re m (ºD)ºD do m re bem. m (ºS)ºTl Tonica di partenza Tonica di arrivo Relazione di affinità do m Do M (D)ºS = T do m Si M (D)Dp do m Si bem. M ºDp do m La M (D)ºDD6 do m La bem. M ºTl do m Sol M D do m Fa diesis M (D)Dl do m Fa M (D)ºDp do m Mi M l<(ºS)ºTp> do m Mi bem. M ºTp

4Per SS si intenda la Sottodominante M della Sottodominante M. 5È questa una funzione tripla. 6ºDD sta per dominante minore della dominante (maggiore).

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do m Re M (D)ºD do m Re bem. M ºSl

Rimane inteso che queste relazioni possono giustificare, nell’ottica di una concezione monotonale, sia successioni armoniche immediate, che regioni armoniche a largo raggio.

Sinora abbiamo sostanzialmente preso confidenza con il lessico armonico della teoria funzionale dell’armonia; occorre adesso effettuare un passo ulteriore, verso regole e criteri riguardanti al sintassi. Riemann, in un saggio pubblicato sotto pseudonimo7, afferma che tutte le successioni armoniche sono riconducibili a ben definiti modelli:

1. T-S-D-T 2. T-S-T-D-T8

Inoltre ogni successione può essere variata e/o ampliata attraverso alcuni procedimenti:

1. Sostituzione: ogni armonia principale può essere sostituita da una delle proprie armonie secondarie; ad esempio in T-S-D-T, posso sostituire alcune armonie ottenendo ad esempio T-Sp-D-Tp, senza mutare l’ordine funzionale della successione,con Sp in sostituzione di S e Tp in sostituzione di T.

2. Dilazione: ogni armonia principale può essere seguita da una o da entrambe le proprie armonie secondarie; ad esempio T-S-D-T può diventare T-Tl-Tp-S-Sp-D-D7-T, dove T-Tl-Tp rappresenta la dilazione della funzione di tonica, S-Sp di quella di sottodominante, D-D7 della funzione di dominante.

3. Replica: stabilendo che S-T sia una successione che chiameremo con Reimann “antitesi”, e che ugualmente D-T sia definita come “sintesi”, la replica di antitesi e/o sintesi consiste nel duplicare le rispettive coppie di armonie con altrettante coppie di corrispondenti armonie secondarie, da anteporre alla coppia principale o da farle seguire in successione; ad esempio, in T-S-T-D-T, potremo avere T-S-T-Sp-Tp-Dp-Tp-D-T, dove Sp-Tp rappresenta la coppia secondaria di S-T (ovvero Sp : S = Tp : T), quindi la replica dell’antitesi, successiva ad essa, mentre Dp-Tp rappresenta la coppia secondaria di D-T (ovvero Dp : D = Tp : T), che in questo caso precede la coppia principale. È ovvio che non è necessario che le armonie secondarie siano tutte parallele, potendo essere indifferentemente parallele o di sensibile, purché la successione abbia senso musicale e armonico.

4. Estensione: ogni armonia principale può essere estesa attraverso l’uso di un’altra armonia principale; tenendo conto che generalmente non ha senso la successione D-S, se non come forma particolare di cadenza di inganno, o come residuo modale, le estensioni possibili saranno: T-S-T, T-D-T, S-T-S, D-T-D, D-DD-D.

5. Combinazioni dei procedimenti sopra illustrati. Se applichiamo a quanto detto il principio di reversibilità, avremo che successioni armoniche

più ampie potranno essere ridotte, coerentemente alla segmentazione frastica della melodia, in modelli profondi più sintetici, mostrando l’articolazione armonica della frase, del periodo ecc., unendo quindi la funzione armonica al contesto formale. Mostriamo qualche esempio:

7 Hugibert Ries (Hugo Riemann), Logica musicale.Contributo alla teoria della musica, in L. Azzaroni, op. cit. 8 Riemann nell’articolo citato usa i numeri romani per indicare gli accordi, noi useremo comunque, per continuità con quanto spiegato in precedenza, i simboli propri della teoria funzionale.

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L’esempio precedente è preso dall’Album della Gioventù di Schumann, la “Marcia di

soldati”. Sopra il pentagramma ogni livello di linea vuole mettere in evidenza rispettivamente, dal basso all’alto, gli incisi, le semifrasi, le frasi. Notiamo che la prima semifrase è caratterizzata armonicamente da un’estensione di T attraverso la S. La seconda semifrase presenta anch’essa un’estensione di T, alla fine della semifrase, ora attraverso la D. A livello melodico le due estensioni sono collegate dal fatto che iniziano entrambe sulla nota “si”, per cui, così come a livello di frase troviamo un’altra estensione, ugualmente anche la melodia può essere letta ad un livello più astratto, come una successione del tipo “si……si la sol”, ovvero “si……sol”. Per evidenziare ancora lo stretto legame tra armonia e profilo melodico, vediamo come la prima estensione provoca la nota di volta “mi”, per cui a livello di semifrase viene evidenziata la successione melodica “re-mi-re” tra le prime due battute. Analogamente succede con l’inizio della seconda frase, mentre la fine del periodo presenta l’estensione della D attraverso la DD. Qui avviene la risoluzione della traiettoria armonica, con la cadenza sospesa sulla D, e quindi l’abbandono del periodo su una posizione armonicamente “aperta”, in attesa di conclusione.

L’esempio precedente si riferisce ad un Valzer di Schubert. In questo caso dobbiamo

evidenziare innanzitutto il fatto che tutto il periodo si svolge sostanzialmente a livello profondo come un’unica cadenza del tipo T-S-D-T. Interessante la piccola digressione, in forma di estensione, sulla funzione Sp, che attraverso la sua dominante (D)Sp acquista per un momento una posizione di rilievo. Le due frasi infine hanno una struttura differente: la prima consiste di due procedimenti simili, condotti per semifrase, del tipo estensione + altra funzione, a strutturare una progressione, ovvero estensione di T + funzione di S per la prima semifrase, e poi estensione di Sp + funzione di D per la seconda. L’ultima frase appare più statica, muovendosi intorno alla nota mi bemolle, con una estensione di D condotta su un ritmo armonico più lento rispetto alle estensioni precedenti. Da notare infine che la progressione genera un’ascesa verso l’ultima frase, per cui abbiamo un doppio gioco melodico, con le note iniziali delle mis. 1, 3, 5, ovvero do-re bemolle-mi bemolle, oppure con le note più gravi del gruppo in levare e delle batt. 2, 4, 8, ovvero mi bemolle, fa, sol, la bemolle.

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L’esempio precedente, tratto dalla sonata per pianoforte K 281 di Mozart, rappresenta il primo

tema della sonata. Appare evidente come il movimento armonico sia situato a livello profondo solamente alla fine del tema, in prossimità della cadenza, in quanto le prime tre semifrasi appaiono configurate sostanzialmente in tonica, attraverso una stratificazioni di estensioni della funzione di tonica. È questo un caso piuttosto frequente nella musica tonale, dove appunto la risoluzione armonica viene posticipata il più possibile.

Da questi brevi esempi abbiamo visto come la teoria funzionale dell’armonia permetta una visione strutturale più ampia dell’armonia tradizionale, organizzata a più livelli, in accordo con la segmentazione frastica. Se ciò è valido per periodi musicali o per piccole forma, lo è ugualmente a livello macroformale. Prendiamo ad esempio il primo movimento dell’op. 3 n. 1 di Haendel, la cui analisi, condotta attraverso la segmentazione basata sull’alternanza solo/tutti, può essere sintetizzata come segue: batt. 1-15 TUTTI 15 battute T batt. 1-5a: mot. A; progr. + cad. finale; I; (tot. 4.5 batt.)

batt. 5b-9: oboi soli; alternanza I-V; anticipazione del mot. A all batt. 9; (tot. 4.5 batt.) batt. 10-15: mot. A; T…………D; (tot. 6 batt.) (struttura tripartita)

batt. 15-21a SOLO

6.5 battute

D

ripetizioni e progressione con variante; D; motivo B

batt. 21b-24a TUTTI 3 battute D chiasmo: α β’/β’ α + cadenza batt. 24b-29a SOLO 5 battute D analogo al solo precedente batt. 29b-40a TUTTI * 11 battute Tp batt. 29b-33a: mot. A a Tp grado; (tot. 5 batt.)

batt. 33b-36a: oboi soli; alternanza Tp-Sp; anticipazione mot. A (batt. 35); (tot. 3 batt.) batt. 36b-40a: progressione sulla testa di A (struttura tripartita)

batt. 40b-47 SOLO * 7.5 battute Sp ripetizioni e canone; progressione; anticipazione di A batt. 48-52 TUTTI * 5 battute Dp mot. A a Dp grado * TRIPARTIZIONE? batt. 53-55a TUTTI 2.5 battute T Ripresa batt. 55b-65 SOLO 10.5 battute D batt. 55b-59a: solo analogo al primo; (tot. 4 batt)

batt. 59b-61a: oboi soli; figurazioni in quartine; (tot. 2 batt.) batt. 61b-65: solo violino; progressione; (tot. 4.5 batt.) (struttura tripartita)

batt. 66-72 TUTTI 7 battute D batt. 66-69a: mot. A; (tot. 3.5 batt.)

bat. 69b-72: cadenza finale; (tot. 3.5 batt.) T

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Come possiamo osservare abbiamo che:

1. la struttura tripartita domina formalmente sia a livello inferiore che superiore; 2. emergono alcuni procedimenti formali tipici della musica strumentale, come

l’alternanza, la progressione, la ripetizione; 3. soprattutto dobbiamo evidenziare, dal punto di vista armonico, la diversione tonale

nella sezione centrale, fondata appunto su regioni armoniche facenti riferimento a triadi secondarie, diversione che però, globalmente considerata nella sua successione Tp-Sp-Dp, quindi T-S-D, non replica altro che una grande cadenza a livello secondario.

Quindi in sintesi non possiamo parlare veramente di modulazione nella sezione centrale, in

quanto, sia per il tipo di regioni armoniche toccate, sia per la loro successione, strutturata a ricreare appunto una sorta di cadenza secondaria, il tono principale non viene obliterato, ma viene ulteriormente confermato dalle armonie secondarie, rappresentandone comunque il punto di riferimento.

Anche in forme ancora maggiori come ad esempio il melodramma, possiamo applicare un metodo analogo di analisi e interpretazione armonica. Prendiamo ad esempio una sinossi del Don Giovanni di Mozart, riportando le tonalità delle varie parti, così come deducibili dall’armatura in chiave:

ATTO I

SEZIONE TIPOLOGIA BATTUTE TONALITÀ GRADO AGOGICA Ouverture 292 re m/Re M :

°T/T I Andante; Molto

allegro Scena I nº 1 Scena II rec. Scena III rec.

Introduzione 210 Fa M: °Tp III (= V) Molto allegro

nº 2 Rec. e duetto 222 re m: °T I Allegro assai; Maestoso; Allegro; rec.; Maestoso; Adagio in tempo; Tempo I

MUTAZIONE Scena IV rec. 39 Scena V nº 3 rec.

Aria 168 Mi b M: °Sl II (= IV) Allegro

nº 4 Aria 172 Re M: T I Allegro; Andante con moto

Scena VI rec. 10 Scena VII nº 5 Coro 86 Sol M: S IV Allegro Scena VIII rec. 53 nº 6 Aria 96 Fa M:°Tp III (= I) Allegro di molto Scena IX rec. 35 nº 7 Duettino 82 La M: D V Andante Scena X rec. 16 nº 8 Aria 45 re m: °T I Allegro Scena XI rec. Scena XII rec.

24

nº 9 Quartetto 88 Si b M: °Sp VI (= IV) Andante rec. 7

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Scena XIII nº 10 Rec. e aria 140 Re M: T I Allegro assai; Andante; stringendo il tempo; Tempo I; Andante; Tempo I; Andante

Scena XIV rec. 10 [nº 10a] Aria 74 Sol M : S [IV] Andantino

sostenuto Scena XV rec. 45 nº 11 Aria 160 Si b M: °Sp VI (= I) Presto MUTAZIONE Scena XVI rec. 26 nº 12 Aria 99 Fa M: °Tp III (= I) Andante

grazioso rec. 16 nº 13 Finale 653 Do M: °Dp

Fa M: °Tp re m: °T Fa M: °Tp Si b M: °Sp

VII (= V) III (= V) I III (= I) VI (= I)

Allegro assai And.; Allegret. ? Menuetto Adagio

MUTAZIONE (segue Finale) Mi b M: °Sl

Do M: °Dp Sol M: S re m: °T Fa M: °Tp Do M: °Dp

II (= IV) VII (= V) IV I III (= I) VII (= V)

Allegro Maestoso Menuetto Allegro assai And. maest. All.; Più stretto

ATTO II

SEZIONE TIPOLOGIA BATTUTE TONALITÀ GRADO AGOGICA Scena I nº 14 Duetto 70 Sol M: S IV Allegro assai rec. 46 Scena II nº 15 Terzetto 84 La M: D V Andantino rec. (Scena III) nº 16

Canzonetta

46 44

Re M: T

I

Allegretto

Scena IV rec. nº 17

Aria

27 84

Fa M: °Tp

III (= I)

Andante con moto

Scena V/VI rec. nº 18

Aria

47 104

Do M: °Dp

VII (= V)

Grazioso

MUTAZIONE Scena VII rec. nº 19 (Scena VIII)

Sestetto

9 277

Mi b M: °Sl Re M: T do m: °S°S Mi b M: °Sl

II (= IV) I VII (= V) II (= IV)

Andante Molto allegro

Scena IX rec. nº 20

Aria

11 106

Sol M : S

IV

Allegro assai

Scena X rec. nº 21

Aria

14 101

Si b M: °Sp

VI

Andante grazioso

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Scena Xa rec. nº 21a

Duetto

41 96

Do M: °Dp

VII (= V)

Allegro moderato

Scena Xb + Xc rec. Scena Xd = nº 21b

Rezitativo ed aria

42 165

Mi b M: °Sl

II (= IV)

Allegro assai; Allegretto

MUTAZIONE Scena XI rec. nº 22

Duetto

86 108

Mi M: DD

II (= IV)

Allegro

MUTAZIONE Scena XII rec. nº 23 rec.

Recit. ed aria

16 116 4

Fa M: °Tp

III

Risoluto; Larghetto; Allegretto moderato

Scena XIII nº 24 Scena XIV Scena XV Scena ultima

Finale 871 Re M: T Si b M: °Sp Fa M: °Tp re m: °T Sol M : S Re M : T

I VI (= IV) V I IV I

All. vivace Allegro assai Molto allegro Andante Più stretto Allegro Allegro assai Presto

Nella tabella precedente non sono state considerate le tonalità dei recitativi in quanto per loro struttura modulanti e più funzionali alla parola che non alla musica.

Prima di trarre le conclusioni occorre premettere che, in considerazione del numero di battute, possiamo considerare i due Finali degli atti come vere e proprie unità a sé. Soprattutto nel caso del secondo Atto dove il Finale rappresenta circa un terzo dell’intero Atto secondo, comprensivo del Finale stesso. Dal punto di vista armonico avremo che nel primo atto, escluso il Finale, le funzioni armoniche corrispondenti alle tonalità sono:

°T/T °Tp °T °Sl T S °Tp D °T °Sp T S °Sp °Tp che, ridotte, corrispondono a: °T °S °T °S °T D °T °S °T °S °T °T °S °T D °T °S °T °S °T °T D °T °S °T °S °T °T °S °T °S °T °T °S °T °T Ugualmente nel Finale del primo atto avremo: °Dp °Tp °T °Tp °Sp °Sl °Tl S °T °Tp °Dp ovvero: D °T °S °T °S °T D D °T °S °T D D °T D D

Page 12: armonia-funzionale

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Nel secondo atto sino al finale abbiamo invece: S D T °Tp °S°S °Sl T °S°S °Sl S °Sp °Tl °Sl DD °Tp ovvero: °S D °T °S °S T °S °T °S D °T °S D °T °S °T °S °T °S D °T °S D °T °S °T °S D °T °S D °T °S D °T L’ultimo finale: T °Sp °Tp °T S T quindi: °T °S °T °S °T °T °S °T °T Il tutto quindi acquisterebbe una logica formale di ampio respiro secondo le seguenti considerazioni:

1. la prima parte del primo atto appare fondamentalmente imperniata sulla funzione di °T 2. il primo finale rimane aperto su D 3. la prima parte del secondo atto invece non è riducibile ad un'unica funzione, ma partecipa a

livello profondo di due grandi cadenze 4. l’ultimo finale riporta sostanzialmente a °T, funzione su cui è principalmente basato.

Rimandiamo ad altra sede la verifica di eventuali collegamenti tra le funzioni individuabili a livello macroformale, che stabiliscono una logica strutturale e dei punti di volta funzionali ben precisi, e la struttura drammaturgica del libretto.