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L'esperienza di Arte e Sostegno

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Quaderni del volontariato 44

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a cura di Maria Pia Sannella

ARTE TERAPIA:

L’ARTE CHE AIUTA

L’esperienza di

“Arte e Sostegno”

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CesvolCentro Servizi Volontariatodella Provincia di Perugia

Via Sandro Penna 104/106Sant’Andrea delle Fratte06132 Perugiatel.075/5271976fax.075/[email protected]@pgcesvol.net

Pubblicazione a cura di

Con il patrocinio

della Regione Umbria

Progetto grafico e videoimpaginazione

Chiara Gagliano

© 2009 CESVOL

ISBN 88-96649-03-9

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I quaderni del volontariato, un viaggio attraverso un libro nel mondo del sociale

Il CESVOL, centro servizi volontariato per la Provincia diPerugia, nell’ambito delle proprie attività istituzionali, ha definitoun piano specifico nell’area della pubblicistica del volontariato.

L’obiettivo è quello di fornire proposte ed idee coerenti rispettoai temi di interesse e di competenza del settore, di valorizzare ilpatrimonio di esperienze e di contenuti già esistenti nell’ambitodel volontariato organizzato ed inoltre di favorire e promuoverela circolazione e diffusione di argomenti e questioni che possonoritenersi coerenti rispetto a quelli presenti al centro della rifles-sione regionale o nazionale sulle tematiche sociali.

La collana I quaderni del volontariato presenta una serie di pro-duzioni pubblicistiche selezionate attraverso un invito periodicorivolto alle associazioni, al fine di realizzare con il tempo unavera e propria collana editoriale dedicata alle tematiche sociali,ma anche ai contenuti ed alle azioni portate avanti dall’associa-zionismo provinciale.

I Quaderni del volontariato, inoltre, rappresentano un utile sup-porto per chiunque volesse approfondire i temi inerenti il socialeper motivi di studio ed approfondimento.

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Indice

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Premessa a cura di Maria Pia Sannella 8

CAPITOLO ILA RICERCA DELLE SCIENZE UMANE DALLA CRISI

DEGLI ANNI ’70 11

1.1 Gli studi sull’uomo e sulla sua educazione 13

1.2 L’Educazione nelle Risoluzioni Internazionalidel II Dopoguerra 18

1.3 L’Istruzione nell’Italia Post Bellica 20

1.4 La sfida degli anni ’80 all’Educazione 24

1.5 “La New Age” e la ricerca del benessere 32

1.6 L’approccio sistemico alla complessità 34

CAPITOLO IITERAPIA ED ARTE-TERAPIA 37

2.1 Dalla ricerca teorica alle terapie 38

2.2 Cosa si intende per terapia 40

CAPITOLO IIIL’ARTE TERAPIA E L’ATTIVITÀ DI “ARTE E SOSTEGNO” 45

3.1 Lavorare la creta 46

3.2 Presentazione di “Arte e Sostegno” 48

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Indice

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3.3 Le Attività di Arte e Sostegno 50

3.4 I Corsi per adulti 50

3.5 Collaborazione con Enti ed Istituzioniper il disagio sociale 54

3.6 Gli Incontri con i ragazzi Down 55

3.7 I Corsi per bambini 56

3.8 L’Animazione per anziani 61

Conclusioni 67

Bibliografia 69

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Rientrando dopo molti anni a Castiglione del Lago, prossima alpensionamento, mi sono iscritta ai corsi di ceramica per adulti,tenuti dalla locale Associazione “Arte e Sostegno” per continua-re a coltivare una passione per l’arte, anche praticata, che miaccompagna da tutta la vita. Ho iniziato dai primi rudimenti pro-vando a fare tutto quello che le “maestre” mi proponevano equanto mi veniva voglia di sperimentare. Dopo il primo corso, hofrequentato anche il secondo per ampliare la mia esperienza diproduzione-fruizione artistica; questa mi ha dato l’opportunità distar bene con me stessa e d’incontrare persone nuove che condi-videvano la mia passione. La mia partecipazione ad altri corsi peradulti, ai pomeriggi dedicati ai ragazzi Down, all’animazionepresso una Residenza protetta per anziani, mi ha dato l’opportu-nità di fare esperienze umane significative e di approfondire untema su cui avevo formulato una mia ipotesi: l’attività di “soste-gno”, destinata solo ai soggetti con disabilità certificate, nella suavisione più ampia di “aiuto attraverso l’uso dell’immaginazionee della comunicazione non verbale”, potrebbe essere estesa adun’utenza più ampia, segnata dal disagio della società post-indu-striale. Il lavoro che ho svolto nell’educazione speciale e nella formazio-ne degli insegnanti di sostegno mi ha portato ad approfondire gliaspetti teorico-sperimentali di questo settore della pedagogia,verificando, al contempo, la formalizzazione di due tipi di educa-zione separati tra loro, nonostante le normative ed il gran parlared’integrazione. Già verso la metà del secolo scorso, infatti,Augusto Romagnoli, il nostro primo tiflopedagogista, scriveva ilsaggio “Prima uomini poi operai” per reazione al riduttivismoeducativo dei non vedenti, indirizzati quasi esclusivamente versol’istruzione professionale (1949). Un riduttivismo che, come diròpiù dettagliatamente, investirà tutta l’educazione a causa dellaperdita di attenzione alle potenzialità creative ed unificanti del-l’emisfero destro, culla dell’immaginazione. L’idea di un “soste-

Premessa

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Premessa

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gno artistico” per tutti mi era venuta dalla lunga sperimentazionedi una scuola e di una realtà socio-educativa che non è poi cosìnormale, nella quale molti disagi affliggono anche i normodota-

ti. Per chiarirmi le idee ho indirizzato i miei interessi su tale pro-blematica, frequentando anche seminari e corsi di arte-terapiamentre entravo a far parte del Laboratorio di ceramica per impa-stare creta, stendere colori e sciogliere i miei nodi. Qui ho trova-to anche l’occasione per verificare le mie considerazioni e cono-scenze. Non sono tra le ceramiste più brave né tra le più produttive mami piace guardare, ascoltare, riflettere e confrontarmi su ipotesidi lavoro. Così è nato anche il progetto di questa pubblicazione,redatto da “Arte e Sostegno” in collaborazione con il Cesvol chel’ha approvato e che mi dà l’opportunità di condividere il miopercorso teorico-pratico perché possa essere di qualche utilità achi opera nel vasto mondo dell’educazione scolastica ed extra-scolastica.Di questo ringrazio “Arte e Sostegno”, il Cesvol, i miei Maestri,accademici e non, e tutti coloro che, allievi, anziani, bambini, mihanno aiutato a riflettere e a continuare ad apprendere.

Maria Pia Sannella

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Capitolo I

La ricerca delle scienze umane

dalla crisi degli anni ’70

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1.1 GLI STUDI SULL’UOMO E SULLA SUA EDUCAZIONE

L’attuale e diffusa richiesta di “terapie” e di “cura” ci porta ad inter-rogarci su quale sia il malessere da curare e su che cosa lo abbia ori-ginato. Cercheremo quindi di delineare un quadro sintetico deglistudi sulla moderna crisi dell’uomo e sulle proposte emerse perfronteggiarla nella ricerca delle scienze umane.Gli anni ’70 sono caratterizzati da una diffusa crisi sociale, econo-mica e valoriale che sfida la cultura a ripensare se stessa e a farsicarico della responsabilità del deterioramento della società demo-cratica, intesa da M. Mencarelli come società dell’essere (M.Mencarelli, 1986). La rapida industrializzazione del secondo dopoguerra ha prodot-to un cambiamento generalizzato e talmente rapido da non per-mettere un’adeguata elaborazione culturale capace di gestirlo; giàsul finire degli anni ’60, infatti, compaiono, nelle democrazieoccidentali post-belliche, i primi preoccupanti segni del disagioche sfocerà nelle manifestazioni del ’68.Sociologi, antropologi, filosofi, psicologi e pedagogisti, di diver-si orientamenti e nazionalità, cercano di mettere a fuoco i proble-mi che l’hanno determinata, concentrando la loro attenzione sul-l’uomo e sulla sua società.L’urgenza della ricostruzione post-bellica, infatti, malgrado i pro-nunciamenti degli Organismi Internazionali sulla necessità dellaformazione di cittadini “illuminati e coscienti”, ha visto prevale-re le rivendicazioni di tipo salariale su quelle culturali ed il lavo-ratore sul cittadino che avrebbe dovuto gestire il cambiamentosocio-politico. Si è così gradualmente insediata una visione dell’uomo funziona-le alla produzione ed al consumo, di cui le più svariate forme dipotere non hanno permesso che si prendesse coscienza critica,favorendo così l’instaurarsi di una società dell’avere (Mencarelli,1986).

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Una società governata dalle leggi del mercato e nella quale l’uo-mo è ridotto a quell’homo economicus, già preannunciato dalDewey agli inizi del secolo scorso. Il mondo della ricerca si èquindi posto, come prioritario, l’obiettivo di tornare a porsidomande sul significato dell’uomo che manifestava un’ansiametafisica di uguaglianza e giustizia e di reazione all’omologa-zione ed all’emarginazione. L’analisi degli esiti della frammenta-zione indotta dalla ricerca scientifica e tecnologica, fiorita colpositivismo, avviava gli studi verso un generalizzato tentativo diricomposizione dell’unità, riproponendo soprattutto la funzioneunificante della filosofia nella visione dell’uomo. La centralità dell’interesse per l’uomo, che caratterizzerà tutte lescienze umane, darà vita ad un nuovo umanesimo al quale ènecessario ricollegare il nostro discorso sull’arte terapia. Un primo cenno va fatto al filosofo tedesco M. Heidegger (1889-1976) per la sua concezione dell’uomo come essere-nel-mondo,

cioè di un soggetto che agisce prendendosi cura delle cose, deglialtri e di sé, assumendosi la gestione del progetto nel quale è statogettato.La sua presa di coscienza della morte, come certezza costitutivadella propria esistenza, gli darà la capacità di vivere autentica-mente tutte le possibilità che la precedono, prendendosi cura di sénel senso più ampio (Essere e tempo, 1927).Per l’esponente più noto della corrente esistenzialista, J. P. Sartre,la forma più significativa dell’esistenza umana viene dall’imma-

ginazione e dall’emozione, adottatate per rapportarsi al mondo edattribuirgli un significato. Lo sviluppo del suo pensiero lo porteràalla teorizzazione del concetto di angoscia, generata dal confron-to fra l’essere della coscienza dell’uomo, che elabora significatida attribuire alle cose ed agli eventi, e l’essere del mondo, intesocome realtà esterna ed indipendente da lui. La possibilità perl’uomo di accedere ad un’esistenza autentica risiede dunque nelladifficile scelta di “assunzione della propria responsabilità”.

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In ambito fenomenologico M. Merlau-Ponty supera la contrappo-sizione di Sartre individuando nell’esperienza della percezione lospazio in cui soggetto ed oggetto interagiscono costruendosi reci-procamente. All’esistenzialismo ed alla fenomenologia si affian-ca il personalismo il cui tentativo è di porre al centro della rifles-sione filosofica e pedagogica la persona nella sua singolarità e

irripetibilità. Secondo E. Mounier la valorizzazione della perso-na, caratterizzata da libertà e trascendenza, si realizza nellacomunità, intesa come unità etica; in essa avviene il superamen-to dell’invidualismo, proprio della società borghese, e dell’annul-lamento del singolo in un collettivismo ateo. Il suo programmapedagogico e politico-culturale è centrato sulla “presa di coscien-za”, da parte del soggetto, della sua vocazione alla trascendenza

ed alla partecipazione sociale.Un altro contributo, importante per l’elaborazione di una nuovavisione dell’uomo, viene dal Pragmatismo, sorto negli Stati Unitialla fine dell’800 e poi diffusosi in Europa, che accoglie alcunielementi dell’evoluzionismo e contribuisce a realizzare il climaculturale della reazione al positivismo. Il suo esponente più noto,J. Dewey, sarà conosciuto in Italia dopo la seconda guerra mon-diale, grazie alla pubblicazione delle sue opere tradotte daLamberto Borghi (amico di A. Capitini e mio primo Maestro) cheaveva collaborato con lui, durante la sua permanenza negli USA,dovuta alla sua fuga dalle leggi raziali italiane. Come per gli altriappartenenti a questa corrente, la base fondamentale della cultu-ra e della conoscenza risiede per Dewey nell’esperienza non inquanto dato ma come problema da risolvere dal quale si original’idea. Il suo attivismo pedagogico ha esercitato, direttamente oindirettamente, una grande influenza nel liberare la scuola ameri-cana da pratiche antiquate. In Italia, malgrado il grande interessesuscitato nella cultura pedagogica, a partire dagli anni ’50, haavuto scarsa incidenza sul mondo della scuola. L’educazione hacontinuato a considerare l’apprendimento come un processo for-

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male, basato su un’attività mentale priva di capacità trasformati-va perché separata dalla sua fondamentale funzione di riorganiz-zazione dell’esperienza. Il nuovo umanesimo culturale degli anni’70 si sviluppa grazie anche al contributo di psicologi come A. H.Maslow, considerato il fondatore della psicologia umanistica(1971); di teorici dell’intelligenza come J. S. Bruner che elaborala concezione bicamerale della mente secondo cui la parte sini-stra del nostro cervello sarebbe deputata a svolgere operazioni ditipo logico-analitico, mentre quella destra presiederebbe all’atti-vità simbolica (1964); di filosofi della comunicazione come l’ita-liano G. M. Bertin che, nella sua prospettiva razionalista, sostie-ne che la formazione civile e politica del soggetto in età evoluti-va va promossa sulla base della ragione: “soltanto essa gli per-metterà di unificare, attraverso complesse mediazioni di caratte-re psicologico e culturale, i vari piani della sua vita personale(intellettuale, estetico, affettivo, fisico, professionale, etico) congli aspetti corrispondenti della vita collettiva, al di là di ognipenoso contrasto e di ogni reciproca dissipazione.” (1971, p.69).Tra i pensatori italiani che sostengono l’importanza di una ripre-sa di vigore della riflessione filosofica, nell’interesse della peda-gogia e di tutte le scienze umane con cui deve dialogare, va cita-to P. Prini del quale riteniamo emblematica l’opera “Umanesimo

programmatico” del 1965. L’Autore ritiene che “Lo statuto meta-fisico della persona umana può essere scoperto e riaffermato inmaniera ben più energica e con conseguenze ben più reali, quan-do ci si proponga seriamente di difenderci e di sottrarci da questaspecie di collettiva dissoluzione nell’anonimia e nel conformi-smo. Non c’è personalità autentica fuori da un certo radicalecomportamento di resistenza, d’indipendenza e di decisione”.Prini ritiene che, tra le correnti di pensiero a lui contemporanee,è stato l’esistenzialismo ad accentuare fortemente questo sensodella persona umana e, con Mounier ed altri filosofi dell’esisten-za, denuncia e analizza “i processi involutivi in cui l’esistenza si

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deforma e si degrada, si fa cioè “inautentica”, in conseguenza di

quella rinuncia ad ogni scelta impegnativa, ad ogni responsabilità

personale”. Riconosce come limite della filosofia moderna l’in-dividualismo e come “privilegio del nostro tempo l’aver messo inevidenza i veri termini del problema persona-società” sui cuireciproci, necessari condizionamenti si concentrerà la sua rifles-sione.L’uomo, còlto nella sua connotazione di essere-nel-mondo, diven-ta il nuovo soggetto di studio anche delle diverse correnti dellapedagogia, dal personalismo cristiano al neomarxismo, dove sievidenziano anche finalità di promozione sociale e civile.È il caso di P. Freire con la sua “Pedagogia degli oppressi”(1971)o di A. Agazzi che coglie il nesso fondamentale tra il principio“creativo” dell’attività umana e la “necessaria, insita variabilità etrasformazione progressiva dell’umanità e della sua civiltà”.Anche la “pedagogia della prassi rivoluzionaria” del neo marxi-sta B. Suchodolski investe su un futuro a favore dell’uomo, par-tecipe di un incessante processo democratico. L’Autore si soffer-ma soprattutto sui valori e propone una triplice problematica edu-cativa in rapporto alla verità, al bello ed all’esistenza. Ritiene chela pedagogia dell’essenza e quella dell’esistenza, insieme allacostruzione di idonee condizioni sociali, permetteranno la realizza-zione dell’uomo nella sua essenzialità e che educare il maggiornumero di uomini nel modo più completo possibile sia il grande edifficile compito che lo sviluppo della moderna civiltà pone allapedagogia (1972, p.133).

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1.2 L’EDUCAZIONE NELLE RISOLUZIONI INTERNAZIONALI

DEL II DOPO-GUERRA

Per cogliere l’ampiezza del dibattito e dell’impegno politico volti,nel secondo dopoguerra, alla ricostruzione materiale e morale dipopoli e territori devastati dal massacro bellico è opportuno accen-nare ai Pronunciamenti di alcuni Organismi Internazionali. Le Nazioni Unite, nella “Dichiarazione Universale dei DirittiUmani” (10 dicembre 1948), dedicano ampio spazio al dirittouniversale all’educazione, all’istruzione, alla conoscenza ed allaproduzione artistica, peraltro già sanciti dalla nostra Costituzionepromulgata il 27 dicembre 1947 ed entrata in vigore il 1° gennaio1948. In essa, infatti, si recita: Art.33: “L’arte e la scienza sonolibere e libero ne è l’insegnamento (...); Art.34: La scuola è aper-ta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, èobbligatoria e gratuita (...).Nel 1949, nella Conferenza di Elsinor, la prima indetta dall’Unesco,si gettano le basi concettuali e programmatiche di una ricostruzionecentrata sull’educazione dell’uomo considerato in stretta relazionecon la democrazia. Particolare importanza riveste l’Educazionedegli Adulti, principali artefici della ricostruzione, per i quali sisottolinea l’importanza degli studi volontari, intrapresi per svilup-pare capacità e attitudini personali.Tale educazione ha come fine la formazione di “cittadini illumina-ti e coscienti”, capaci di partecipare attivamente alla vita sociale,con senso di appartenenza alla comunità mondiale.Nella Dichiarazione finale della Conferenza di Montreal (UNE-SCO 1960) l’Educazione degli Adulti viene analizzata nella dupli-ce prospettiva di lotta contro l’analfabetismo e di risposta allacomplessità dei bisogni dell’uomo nella sua totalità; tale rispostapuò venire solo da un’educazione che duri per tutta la vita, nellaprospettiva dei continui cambiamenti futuri.

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È questo l’atto di nascita dell’idea di Educazione Permanente.Nel 1972 il Bureau International de l’Education proponel’Educazione Permanente ai singoli Stati come idea guida, intesacome “progetto di umanesimo adattato, da una parte alle tenden-ze prevedibili dello sviluppo economico e, dall’altra, ad un certosviluppo politico delle società future”. Per E. Faure essa è stru-mento di formazione globale e permanente per una nuova umanitàche sia adeguata agli impegni dello sviluppo tecnico, economico epolitico che attendono le democrazie di fine secolo. Questa conce-zione di educazione deve coinvolgere sia lo scolastico che l’extra-scolastico per l’esigenza di sintesi dei processi educativi.Ma è soprattutto importante l’idea che “se l’apprendere si prolun-ga per tutta la vita, tanto nella durata che nella diversità dei suoimomenti, e impegna tutta la società nelle sue risorse educative,sociali ed economiche, allora non si può fermare alla pur neces-saria revisione dei sistemi scolastici, e si deve pensare al proget-to di una comunità educante. Questa è la vera dimensione dellasfida educativa di domani” (E. Faure 1973, p. 40). Da questo momen-to il binimio Educazione Permanente-Democrazia sarà l’idea guidadella riflessione pedagogica.L’attività dell’UNESCO, in questo settore, procederà ad ulterioriapprofondimenti ed aggionamenti affiancata da altri Organismiinternazionali ed europei come l’OCSE, la Comunità Europea, ilConsiglio d’Europa che troverà, negli anni ’70, il suo momentodi svolta quando, di fronte alla crisi economica e sociale, punteràsullo sviluppo democratico delle società occidentali.Si susseguiranno nuove tappe, “caratterizzate, di volta in volta,dalla guerra fredda, dalla trasformazione industriale, dal crollodel sistema coloniale ottocentesco, dall’esigenza di porre nuovebasi per la politica educativa degli anni ’70, dai processi di radi-cale trasformazione dell’economia e della società avviatisi nelcorso degli anni ’70 ed ’80” (G. Bocca, 1993, p.5). Ma di tutto ciòquasi nulla passerà nel mondo dell’educazione scolastica, rima-

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sta legata alla Riforma del 1923, connotata dal contesto filosofi-co-culturale e sociale che l’aveva prodotta e a tutt’oggi non sosti-tuita da un riforma più rispondente ai profondi e complessi biso-gni culturali della nostra società.

1.3 L’ISTRUZIONE NELL’ITALIA POST-BELLICA

Alle enunciazioni cui si è accennato faranno seguito fatti poco rile-vanti ai fini del cambiamento auspicato.La prima Legge dell’Italia post-bellica è il Decreto Legislativo delCapo Provvisorio dello Stato del 17 dicembre 1947 n°1599 con-cernente “L’istituzione della Scuola popolare per combattere l’a-nalfabetismo, per completare l’istruzione elementare e per orienta-re all’istruzione media o professionale. La scuola è gratuita, diur-na o serale, per giovani ed adulti e viene istituita presso le scuoleelementari, le fabbriche, le aziende agricole, le istituzioni per emi-granti, le caserme, gli ospedali, le carceri e in ogni ambiente popo-lare, specie in zone rurali, in cui se ne manifesti il bisogno” (R.Moro, 1950, p.181).È evidente l’emergenza della lotta all’analfabetismo adulto in que-sta Legge che ha comunque il merito di aver ampliato la rete deiluoghi di istruzione che è pervenuta fino ai nostri giorni; forse pro-prio a questa emergenza è imputabile la resposabilità di non avertrattato l’aspetto fondamentale dei contenuti, metodi e finalità diuna nuova educazione. Certamente il Legislatore non si sarà postoil problema dando per scontata la Legge del 1923, nota comeRiforma Gentile che, con il contributo di Lombardo Radice, avevacodificato ogni aspetto strutturale e didattico della nostra scuola.Alla citata Legge n°1599 seguirono infatti una serie di Circolarie Decreti Ministeriali volti soprattutto alla riorganizzazionemateriale dell’istituzione scolastica come l’edilizia, le attrezzatu-re, le sovvenzioni, i compiti degli Enti locali, il trattamento eco-nomico ed il reclutamento dei docenti ed altro ancora, senza

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porre l’attenzione dovuta a programmi, metodi, formazione deidocenti in rapporto ai nuovi bisogni e alle diverse tipologie didiscenti. Per i “teorici” del Ministero della Pubblica Istruzione,infatti, l’apprendimento del leggere, scrivere e far di conto veni-va palesemente inteso alla stessa maniera per tutti gli scolari daisei ai cinquant’anni. La nostra scuola resterà sostanzialmente,oltre che legislativamente, quella della Riforma Gentile, caratteriz-zata da un intellettualismo, progressivamente scaduto nel nozioni-smo, che la terrà separata dalla vita.Il successivo proliferare di scuole tecniche ne è in parte la dimo-strazione anche se è soprattutto la pressione del mondo del lavo-ro ad indirizzare sull’istruzione professionale per l’acquisizionedi abilità facilmente spendibili e retribuite in una giovane etàattratta dall’indipendenza economica.Le proteste degli anni ’60 contro la precoce ed ingiusta “selezio-ne di classe” praticata, al termine della scuola elementare, con l’esame di ammissione alla Scuola Media o il passaggio allaScuola di Avviamento Professionale, avevano visto la promulga-zione, nel 1962, della Legge istitutiva della Scuola Media unica. Ma la sua cattiva gestione culturale, caratterizzata da un progres-sivo livellamento verso il basso, insieme ad un generale sbilan-ciamento dell’educazione verso l’istruzione tecnica richiesta dalmondo della produzione, hanno fortemente contribuito al perpe-tuarsi della divisione tra lavoro intellettuale e manuale in ambitosociale ma soprattutto in ambito educativo. Fino ai nostri giorni,nonostante la ripresa degli studi sull’uomo e la sua società, nono-stante le numerose e significative esperienze di scuole e docentiaperti all’innovazione, la nostra istituzione educativa è stata solomalamente rattoppata perché si è ignorato il suo fine primariodella formazione di cittadini “illuminati e coscienti” (UNESCO,1949).

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Sarà la lettura di “Lettera ad una professoressa” della Scuola diBarbiana (Firenze, 1978), dopo il drammatico esito delle lotte del’68-’69, a riproporre la questione dei contenuti e dei metodi perlo sviluppo di un uomo capace di essere socialmente diverso, cioènon omologato, e quindi padrone consapevole del proprio ruolosociale, capace di usare la propria espressività per uscire da unadimensione statica emarginante. La Scuola di Barbiana è la piùsignificativa testimonianza della necessità e possibilità di cam-biamento della prassi educativa, la scuola dove, per la prima voltain Italia, trova spazio quell’ “I Care”, divenuto oggi di moda, espesso usato senza cognizione di causa.Fu infatti don Lorenzo Milani a farne la bandiera della sua batta-glia contro la scuola dell’esclusione dove la storia personale efamiliare diveniva tout court storia scolastica (lo è ancor oggi inmaniera diversa, apparentemente meno classista solo perchéquella divisione in classi si è sbriciolata in una gran quantità diseparazioni di altro genere). Nella sua Lettera ai Giudici, del1965, il prete di Barbiana scrive: “Su una parete della nostra scuo-la c’è scritto grande: ‘I CARE’. È il motto intraducibile dei giova-ni americani migliori. Me ne importa, mi sta a cuore”. È il contra-rio esatto del motto fascista Me ne frego. Per comprendere meglio questa grande figura, che ebbe detrattorie nemici anche in seno alla stessa Chiesa cattolica, mi piaceaggiungere un passo dalla sua Lettera a Francuccio Gesualdi (4aprile 1967): “stasera ho provato a mettere un disco di Beethovenper vedere se posso ritornare al mio mondo e alla mia razza e saba-to far dire a Rino: ‘Il priore non riceve perché sta ascoltando undisco’. (...) Volevo anche scrivere sulla porta ‘I don’t care più’, mainvece mene care ancora molto.” (G. Pecorini, 2001). In questabreve riflessione si può leggere la difficoltà della sua battaglia perl’emancipazione culturale e sociale degli esclusi; un’impresasostenuta da amore autentico e conoscenza che ha dovuto affron-tare l’incomprensione della sua “razza” e le resistenze al cambia-mento degli stessi “difensori” degli umili.

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Intanto la rivendicazione dei diritti sociali e civili e della creati-vità contro la diseguaglianza, l’ingiustizia, l’alienazione e l’omo-logazione, della prima metà degli anni ’60, drammaticamentesfociata nel dramma della lotta armata e delle stragi, denuncial’incapacità culturale di una gestione pacifica e democratica deiconflitti sociali. Una breve ripresa del tentativo di renderemigliore la società compare verso la metà degli anni ’70 “chepresenta una molteplicità di iniziative nel quadro generale dell’e-ducazione permanente”. È del 1973 l’avvio delle esperienze delle‘150 ore’ (1973), concepite per permettere, attraverso appositicorsi, l’esercizio del diritto allo studio da parte dei lavoratori. Il coinvolgimento nelle lotte sindacali e nei Consigli di Fabbrica“li aveva infatti messi nella necessità di svolgere compiti [...] cherichiedevano strumenti culturali di cui si sentivano sprovvisti”(G. Bocca, 1993, p. 73). È questo un momento importante per l’e-mergere di una coscienza personale del fuitore dell’educazioneche, accanto ad un utilizzo dell’offerta educativa finalizzato alrecupero dell’obbligo scolastico o all’analisi politico-ideologica,pone esigenze di arricchimento culturale. La dinamica interna alle 150 ore offrirà importanti contributi di“alterità alla cultura ufficiale della scuola statale” come la possi-bilità di “raccordo tra intellettuali e masse al fine di produrre ilsuperamento della separazione tra lavoro intellettuale e manuale”e ponendosi come “momento di elaborazione di un sapere criticoe scientifico sulla società e sulla storia” (ivi, pp.77-78). La lettura dell’esperienza delle 150 ore, come riappropriazionesociale della cultura, avviene, nel 1981, anche in sede UNESCO.Ma l’involuzione politico-sociale della fine degli anni ’70, lega-ta alla strategia del terrore, vede un’utenza che non esprime più“né interessi di classe né valori collettivi, che cerca di dareespressione a bisogni di integrazione più che di partecipazionesociale”. Si assiste così ad un generalizzato tentativo di “ritornoalla normalità” nel disimpegno, nella gratificazione economica,

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nell’anonimato dell’omologazione e del privato, della societàdell’“avere”. Restano isolate le esperienze significative di educa-tori ed animatori socio-culturli non-violenti, come Danilo Dolciin Sicilia, Don Lorenzo Milani a Barbiana o Aldo Capitini aPerugia che si caratterizzano come “scuole alternative”ad unascuola ufficiale mal funzionante ed incapace di dare risposte effi-caci alla crescente richiesta di educazione e partecipazione demo-cratica.

1.4 LA SFIDA DEGLI ANNI ’80 ALL’EDUCAZIONE

Il mondo dell’educazione torna ad interrogarsi sulla sua funzionee sulla possibilità di un suo ruolo creativo per uscire dalla conflit-tualità sociale ed assume l’idea di Educazione Permanente comeidea guida in una società divenuta incapace di qualsiasi ricondu-zione ad unità significative e giustificanti. Di fronte ai problemiindotti dalla recessione economica, dalle divisioni prodotte daiconflitti ideologici sfociati nella violenza, dall’accentuarsi delletensioni internazionali e per cercare l’uscita da una sorta di cul-tura della disperazione, riprendono vigore gli studi sull’uomo neinuovi contesti socio-culturali dove anche le varie iniziative dieducazione degli adulti, che si erano diffuse, non erano riuscire adare risposte soddisfacenti.Nel 1980, presso l’Università dgli Studi di Siena e per iniziativadel Centro di Ricerca Sperimentazione e Documentazione diEducazione Permanente, si tiene un Seminario Internazionale daltitolo: “La sfida degli anni ’80 all’educazione”. L’ipotesi su cui sidiscute è se l’idea di Educazione Permanente, nell’ambito deldiscorso svolto dalla Pedagogia contemporanea sul rapporto edu-cazione-democrazia, sia in grado di sfidare la crisi delle democra-zie contemporanee e dell’educazione.

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Oltre agli Atti del Seminario (M. Mencarelli, 1981) è prezioso, perla trattazione del tema, un volumetto di M. Mencarelli-W. K.Richmond-B.Suchodolski che, nel confronto tra le loro diverseimpostazioni ideologiche, approfondiscono le tematiche delSeminario (M. Mencarelli, 1986). Vi si sviluppa il rapportoEducazione Permanente e Democrazia, sulla base dei concetti chia-ve di creatività, valori umani, solidarietà sociale e recupero di un’u-manità che sappia riappropriarsi della propria libertà e responsabi-lità personale. Questa nuova educazione non può realizzarsi con del“riformismo spicciolo” (destinato a naufragare sugli scogli del tatti-cismo) ma richiede “un grande comune impegno di creazione cultu-rale” (ivi, p. 7). Mencarelli sostiene che, malgrado la confusa e com-plessa crisi che può far apparire utopica l’idea di EducazionePermanente, “i movimenti di emancipazione oggi esistenti possonoanche essere interpretati (nei valori che riescono ad affermare) comel’emergere di una cultura nuova. La soglia delle difficoltà è consi-stente e davanti ad essa i leaders del movimento, per quanto abbia-no spesso l’aspetto di ‘angeli incapaci’, costituiscono una minoran-za creativa destinata a prevalere (Richmond). Il futuro, che al di làdella soglia può aprirsi, è colmo di incognite: ma può essere costrui-to con razionalità, con coraggio, con volontà e con immaginazione(Suchodolski) . Mencarelli chiarisce, in altri suoi scitti, chel’Educazione Permanente non riguarda solo l’età adulta perché nonè un particolare insegnamento ma una modalità costitutiva dell’ap-prendimento che si acquisisce con la prima educazione familiare escolastica. Il bambino rinforza la sua naturale predisposizione allacreatività e all’autonomia apprenditiva ricevendo risposte adeguatealle sue domande e strumenti cognitivi idonei per continuare a porlee a trovare autonomamente le risposte. M. Knowles, l’educatore americano che nel 1989 ha pubblicatola codifica del suo metodo autobiografico nell’educazione degliadulti (traduzione italiana 1996), riferisce, mediante la narrazio-ne autobiografica, che il suo percorso di educatore ha avuto ini-

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zio a quattro anni, nel particolare rapporto dialogico col padreche lo portava con sé nelle sue visite veterinarie: “durante il per-corso discorrevamo di ogni tipo di argomento...qualsiasi cosapossa incuriosire un bambino che sta crescendo. Ricordo distin-tamente la sensazione di essere alla pari con lui”, che sapeva“rispettare il mio pensiero”; da lui “imparai come si fa a pensarein maniera critica e ad apprendere dagli altri ponendo buonedomande” (Knowles, 1996, pp. 5-6 ). L’elaborazione teorico-pra-tica della sua andragogia aderisce alla psicologia umanistica diRogers e Maslow secondo cui l’uomo è un organismo vivente, untutto superiore alla semplice somma delle parti, autodiretto, incostante sviluppo, con una capacità quasi infinita di raggiungereil suo potenziale unico. Il suo metodo autobiografico è centrato sull’autoriflessività e sul-l’autoapprendimento ed è costituito dalla rielaborazione del pro-prio vissuto in vista del presente e del futuro. Presupposto delmetodo è la fiducia nelle potenzialità dell’uomo e lo scopo del-l’educazione è facilitare lo sviluppo di quel “potenziale unico”(ibidem, p.43) per incanalarlo verso obiettivi utili per tutti.L’applicazione di questo metodo è avvenuta quasi esclusivamen-te nella formazione extrascolastica, nonostante l’apprezzamentodel mondo accademico; (per una sintesi ragionata dell’argomen-to si rimanda al n° 6 dei “Quaderni del volontariato 2008” delCesvol di Perugia).In Italia, dove si è rapidamente diffuso. D. Demetrio, dell’Universitàdegli Studi di Milano, che ne è stato il maggior sperimentatore, col-loca l’autobiografia tra le modalità della cura di sé all’interno di una

visione ecosistemica dell’uomo (Demetrio, 1996). Numerose sonostate le applicazioni di questa metodologia, ma spesso depaupe-rata della sua valenza educativa, e quindi ridotta ad una prassidell’intervista. Contaminata dalle più efficienti ricerche di mer-cato, rappresenta uno dei molti esempi dell’utilizzazione perfinalità produttive di teorie e metodi dell’educazione che è inve-ce volta alla promozione dell’uomo in sé.

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Accanto ai contributi della ricerca sull’educazione degli adultivanno posti quelli dell’Educazione Speciale in cui si sperimenta-no importanti sintesi metodologiche per una cultura educativadell’integrazione scolastica. Alcuni specialisti del settore, muo-vendo dalla giustificazione teorica delle numerose esperienze,sostengono la ricaduta di benefici effetti sull’apprendimento deinormodotati laddove si promuovano modalità comunicativo-rela-zionali incentrate su linguaggi non verbali. Va per questo ricorda-ta Stefania Guerra Lisi che, verso la fine degli anni ’80, formaliz-za il suo metodo della globalità dei linguaggi, centrato sullemodalità espressive e comunicative del corpo, dopo averle alungo sperimentate, giorno per giorno, caso per caso, situazioneper situazione, con una carica creativa inesauribile (1987). La sua proposta è rivolta a tutto il gruppo classe, in cui si pratical’integrazione scolastica, come supporto alla didattica disciplina-re, in virtù dell’apertura alla ricchezza del simbolico offerta dalleattività di recupero della creatività personale. Gli elementi piùsignificativi delle indicazioni delle scienze umane per usciredalla crisi dell’uomo sono in gran parte contenuti nella propostadella Guerra-Lisi. La sua anima di educatrice l’ha portata infatti,per gran parte della sua vita, a tentare ogni strada per entrare incontatto con anime “senza porte e senza finestre”; ma è facilecomprendere come il mondo della scuola non abbia saputo epotuto accogliere la sua proposta per la propria consolidata rigi-dità burocratica e professionale. Dura è la sentenza del pedagogista Mencarelli che spiega taleimmobilismo con il fatto che gli educatori preferiscono pensarealla loro professione in termini di servizi per quelli che, per unaragione o per l’altra, devono essere tenuti in “statu pupillari”;qualsiasi interferenza esterna è da loro considerata una minacciaper le loro sicurezze ed il loro orgoglio professionale (1986, p.49). Dagli ultimi scritti di E. Fromm, pubblicati postumi da A.Fromm col titolo “La disobbedienza e altri saggi” (Mondadori,

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1982), emerge un’importante indicazione per dare il via al cambia-mento nelle società tecnologicamente avanzate che, indipendente-mente dalla loro ideologia politica, hanno ridotto l’uomo ad homo

consumens. La sua mèta principale non è più costituita, infatti, dal“possesso” di cose quanto piuttosto dalla possibilità di “consu-mare” in misura sempre maggiore “compensando la propria inte-riore vacuità, passività, solitudine e ansia”. Ma più l’uomo con-suma e più diviene schiavo dei crescenti bisogni che la societàindustriale crea e manipola, attraverso la pubblicità e la comuni-cazione di massa, per aumentare i suoi profitti (ivi, pp. 31-32).Non resta pertanto che la disobbedienza, intesa come “rifiutodella disumanizzazione in atto in queste società”, come richiamoalla “coscienza critica”. L’Autore chiarisce che non si tratta diuna pura ribellione finalizzata alla violenza ma, al contrario, dellascelta di divenire “possessori di ragione e amore”, anziché “accu-mulatori sconfitti e avviliti di cose e di odio”.Nel Saggio IV del testo citato, Fromm sostiene che, pur muoven-do da impostazioni diverse, le attuali correnti fondamentali dipensiero, cattolica, esistenziale e socialista, dialogano sulla sal-vezza dell’uomo intesa come liberazione dalla minaccia dellatotale perdita della sua esistenza spirituale. Egli afferma che“l’uomo è indipendente soltanto se si appropria della molteplicitàdel suo essere sotto tutti i punti di vista, in modo cioè da essereuomo completo” (ivi, p. 65). Si chiede cosa ne sia stato delle ideedi perfettibilità dell’uomo nel senso di progressiva liberazionedalla povertà, dall’ignoranza e dall’ingiustizia, e di perfettibilità

sociale, nel senso della realizzazione di una società di armonia,pace ed unione tra gli uomini e con la natura che erano state leidee fondanti della Costituzione Americana. Domanda che, neglistessi anni, si pone anche M. Mencarelli secondo cui la perdita ditensione verso i valori propugnati dai nostri Padri Costituenti halasciato spazio a quelli imposti dall’economia che ha instauratola società dell’avere. La scelta della disobbedienza di Fromm è in

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Mencarelli scelta di resistenza al dono della libertà ed alla verità,scelta che richiede il massimo dell’ immaginazione. Nelle nostresocietà, invece, non ha più spazio né l’immaginazione né il sen-timento e così, non essendo più capaci di vederci al posto dell’al-tro, non sappiamo porre limiti al nostro arbitrio né sentire la spin-ta ad impegnarci per il bene sociale (1986, p.101 e seguenti).Proprio l’importanza unanimemente attribuita all’immaginazioneporterà L. Borghi a quell’analisi del pensiero deweyano contenu-ta nel dattiloscritto “L’immaginazione e la sua portata educativanel pensiero di J. Dewey”, volta a dimostrare come questa ideamaturi in tutto il corso della sua riflessione con argomentazioniscientifiche ed elaborazioni filosofiche, a partire dal 1897, annodi pubblicazione, in America, de “Il mio credo pedagogico”. Solo un piccolo gruppo di studiosi, sostiene L. Borghi, ha presta-to attenzione a questo importante aspetto del pensiero del Deweyche considera l’esperienza estetica un’esperienza perfetta, l’e-sperienza tipo che non dovrebbe essere un’eccezione, ma unaregola di vita. In aggiunta al suo significato estetico, Dewey asse-gna all’arte anche un senso pedagogico e sociale. G. M. Bertinaveva già messo in luce i due aspetti più significativi espressi dalDewey in “Art as Experience”, (nel 1934 trad. it. 1999), riguardan-ti l’immaginazione come strumento fondamentale del processoestetico nella produzione artistica ma anche e soprattutto nei nor-mali aspetti della vita (1974). Ma il lavoro di L. Borghi va più inprofondità cercando di cogliere i passaggi teoretici che, a partiredal 1897, chiariranno il rapporto immaginazione-educazione. La cultura dell’immaginazione è fin da quegli anni l’aspetto cen-trale della sua concezione educativa. Questa facoltà, infatti, nonopera solo nelle attività espressive ma anche negli studi scientifi-ci consentendo una sorta di visualizzazione delle ipotesi che nonsarebbero verificabili nella realtà oggettiva; la stessa ricercascientifica fa ampio uso dell’immaginazione.

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Di grande importanza, anche per la sua attualità, è la denuncia diDewey della tendenza a separare l’esperienza quotidiana del fan-ciullo da quella immaginativa perché “l’immaginazione non èuna parte speciale del fanciullo (...) per lui dovunque e in qualun-que cosa che occupi la sua mente e la sua attività c’è un’ecceden-za di valore e di significato” (1949, p. 39). Nelle successive ela-borazioni del suo pensiero Dewey insisterà “sul riconoscimentodei diritti dell’immaginazione del fanciullo come elemento for-mativo”; la sua vita psichica, sostiene, è strettamente collegatacon il suo agire quotidiano e la sua esperienza immaginativa stanel “dare vita e luce a ciò che è ordinario” (1950, p.102).L’immaginazione, quindi, sta alla sua vita quotidiana come que-sta alla sua attività intellettuale. Su tale asserzione poggia il prin-cipio del ruolo fondamentale dell’immaginazione nella compren-sione sia delle materie letterarie che di quelle scientifiche; essapermette, infatti, di penetrare chiaramente “nel remoto, nell’as-sente, nell’oscuro” consentendo “la visione di realtà e possibilitàche non possono mostrarsi nelle normali condizioni della perce-zione sensibile”(1961, t. 170). È inoltre importante la riduzione,operata da Dewey, della distinzione tra ‘fase artistica’, momentodella produzione dell’arte, e ‘fase estetica’, momento della suapercezione e fruizione; fruitore e produttore convivono spessonella stessa persona cosicché egli parlerà di esperienza artistico-

estetica, precorrendo le più recenti teorie dell’arte come quella diCroce e Lukacs. Allo stesso modo viene mitigata la distinzionetra estetico ed intellettuale anticipando le teorie romantiche diSchiller e Schelling. Già in “Art as Experience” Dewey avevasostenuto che la qualità dei processi formativi è data dallo svilup-po di un atteggiamento estetico, compimento di quello scientifi-co, e che entrambi dovrebbero pervadere l’intera umanità percondurla al felice esito di un’esperienza integrale, definita pura

perché “liberata da fattori che la subordinano (...) a qualcosa cheè al di là di essa”.

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Particolarmente significativo, per il discorso sui giorni nostri, èciò che egli sottolinea nella sua opera pubblicata in America nel1929, ma tradotta in italiano solo nel 1966 col titolo “La ricercadella certezza”: in un mondo “incerto, instabile, precario e peri-coloso, la capacità di formulare ipotesi è la tavola di salvezza dalnaufragio nel vasto mare delle cose reali che circondano l’uomo”(1966, p.310) un mondo che Dewey ritiene l’ambiente idoneoalla nascita del pensiero e della funzione idealizzante dell’imma-ginazione. Tale funzione, come espresso in altre opere, riveste unruolo totalizzante di conoscenza perfetta, di collegamento passa-to-futuro per vivere a pieno il presente e modificarlo in funzionedell’idea di futuro: essa permette, infatti, tentativi di prova nelpensiero che non influenzano i fatti fisici, precorrendo e preve-dendo gli esiti di posssibili errori e fallimenti effettivi. Il carattere essenzialmente filosofico della concezione deweyanadell’immaginazione, da non confondersi con l’immaginario, cioèl’irreale, ha forse ispirato lo slogan anni ’60 l’immaginazione al

potere, molto vagamente riecheggiato nell’uso odierno della frasedi Dostoevsky “solo la bellezza salverà il mondo”. L’immaginativo,che è strettamente legato al cognitivo e all’affettivo apporta unadimensione innovativa alla conoscenza e svolge una fondamentalefunzione totalizzante: “Ogni atto può portare dentro di sé unacoscienza del tutto che consoli e che sostenga, di quel tutto al qualeesso appartiene e che in un certo senso gli appartiene (...). In presen-za di esso noi buttiamo via la mortalità e viviamo nell’universa-le.” (“Human Nature and Conduct”, trad. it. 1999, pp. 349-350).Questa straordinaria elaborazione concettuale degli inizi del XXsecolo, resta uno dei principali punti di riferimento nella crisi del-l’uomo e delle società democratiche dell’occidente ma non riescead incidere nella nostra educazione scolastica, come si è più volteevidenziato anche nel caso di altri contributi più recenti. La loroimportanza fondamentale sta, comunque, nell’aver creato quel-l’ampio clima culturale e sperimentale che ha aperto la strada ad

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una nuova coscienza umana e sociale, recepita da diverse aree delvolontariato e della ricerca personale di “cura”, confluita anchein vasti gruppi culturali.

1.5 LA “NEW AGE” E LA RICERCA DEL BENESSERE

Uno dei movimenti più importanti è quello della “New Age”,sorto in California nel 1965 e caratterizzato da una ricerca pluri-ma, intellettuale, psicofisiologica, artistica, cosmopolita e tran-sculturale che ha avuto una rapida e continua espansione in tuttii paesi occidentali. Ha rappresentato, e rappresenta, un veicolo didiffusione internazionale dell’incontro tra cultura orientale e cul-tura occidentale e ad essa vanno fatti risalire i più recenti incon-tri tra educazione e salute, pedagogia e terapia, epistemologiadella complessità ed attenzione per la ricerca filosofica buddhi-sta, induista e taoista.Uno studioso del movimento (N. Druy, 1993) ha evidenziato cheattorno ai teorici della New Age si ritrovano tutti coloro che, inpolemica con la spersonalizzazione prodotta dalla modernasocietà tecnologica, hanno rivalutato la coscienza, la soggettivitàe gli stati mentali “globali” contro il riduzionismo della scienza.Questi hanno indicato vie per espandere e modificare le percezio-ni fisiche, emozionali e cognitive di adulti in crisi, alla ricerca dinuovi valori, sia laici che trascendenti, incrociandosi con movi-menti pacifisti, ecologisti, animalisti ed antirazzisti.L’attenzione per il “cervello destro”, cioè per tutto quanto con-cerne la sfera della creatività e del pensiero divergente, porta laricerca new age del benessere psicofisico, generalmente perdutodall’occidente, a collegarsi ad un concetto orientale di integralità,presente nelle pratiche di meditazione, nello yoga e simili. Tale approccio è stato recentemente riscoperto dalla fisica teori-ca, dalla biologia, dalla sociologia e dalla psicologia contempo-ranea di James a cui si deve anche la formulazione della “plura-

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lità del sé”, in contrapposizione alle tesi tradizionali dell’occi-dente che, a partire da Platone, sostengono la prevalenza unifi-cante dell’io razionale. Il contributo dei vari protagonisti newage è quello di aver laicizzato percorsi di cura di sé, propri didiverse tradizioni religiose e metafisiche, finalizzandoli allaricerca del benessere psicofisico. Si sono così diffuse pratichemeditative ed introspettive, di distacco dalla materialità e neces-sità quotidiana, in cui convivono benessere personale e cura deglialtri in una continua autoeducazione permanente. All’espansionedi questo movimento si fa risalire l’ampia diffusione di varieforme di terapia, di prevalente ispirazione orientale e la circola-zione di un sapere non-occidentale.

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1.6 L’APPROCCIO SISTEMICO ALLA COMPLESSITÀ

L’elaborazione culturale della crisi, che aveva preso le mosse dal-l’analisi della frammentazione e disumanizzazione delle societàindustrializzate, perviene all’elaborazione del concetto di com-

plessità delle società post-industriali, come esito della frammen-tazione. (Bocchi-Ceruti, 1985).Questo “male”, già annunciato dai teorici della prima crisi, di cuisi è detto, è divenuto ora pressante e con esso debbono fare i contitutte le scienze dell’uomo, dalla speculazione filosofica alla cul-tura d’azienda. Siamo di fronte a ciò che J. Maritain aveva defi-nito “il bivio” che ci obbliga a scegliere fra il “parzialismo” e“l’integrità” dell’educazione. Egli sostiene che il parzialismo

educativo è la causa di molti affanni del mondo perché non si può

educare una sola parte dell’uomo senza subirne le conseguenze.Il suo umanesimo integrale resta un punto fermo della pedagogiadi tutti i tempi come la sua individuazione degli errori fondamen-tali dell’educazione del suo tempo e delle principali regole chedovrebbe invece osservare. La sua denuncia del misconoscimento dei fini dell’educazione,delle false idee riguardo al fine, del sociologismo, dell’intellet-tualismo si accompagna all’esortazione a liberare le buone ener-gie, a centrare l’attenzione sull’intima profondità della persona-lità e del suo dinamismo precosciente e a far lavorare insiememani e mente perché “l’intelligenza dell’uomo non è solo nella

sua testa ma anche nelle sue dita”. L’insegnamento deve libera-re l’intelligenza, non appesantirla, deve cioè ottenere “la libera-zione dello spirito mediante il dominio della ragione sulle coseinsegnate” (1963). Le società attuali sono ancora difronte al “bivio” mentre la ricer-ca culturale ha individuato nell’approccio sistemico la possibilesoluzione della complessità. L’uomo viene definito un sistema

costituito da mente, corpo e relazione in interazione continua.

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Nella visione pedagogica la mente è una struttura sistemica concompiti di organizzazione e regolazione nei confronti di tre intel-

ligenze, cognitiva, corporea e relazionale la cui diversa relazio-

ne e predominanza determina la varietà delle identità individua-

li. Ne consegue che il lavoro educativo va organizzato in funzio-ne dell’azione su ciascuna intelligenza tenendo conto del fattoche promuovere il mutamento anche di una sola di esse determi-na una complessiva riorganizzazione della mente. Il sistema èinfatti molto di più della somma delle sue parti perché rappresen-ta la sintesi della loro riorganizzazione e cambiare anche solo unaparte significa cambiare il tutto (D. Demetrio, 1993).La stessa visione sistemica è fatta propria dalla sociologia chesostiene l’impossibilità di ridurre il sistema sociale alla sommadelle sue parti. Ogni evento va concepito come parte di un conte-sto più ampio ed ogni intervento deve essere in grado di leggerele interazioni e le retroazioni che lo vincolano a questo contesto.Queste le asserzioni più significative della ricerca contemporaneache aprirebbero importanti possibilità operative se il mondo dellascuola, della formazione e della vita sociale non fosse lasciatosolo e disperso in tatticismi privi di forti idealità. Lavoro cultura-le ed impegno realizzativo continuano a percorrere strade separa-te che confluiscono solo nell’opera di persone “disobbedienti”,capaci di vivere, ed aiutare a vivere il cambiamento con fede eamore per l’uomo e la sua vita sociale.

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Capitolo II

Terapie ed Arte-terapia

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2.2 DALLA RICERCA TEORICA ALLE TERAPIE

L’intellettualismo, come uso pressoché esclusivo di razionalità,generalmente ritenuto il maggior responsabile della crisi dell’uo-mo e delle società occidentali, continua a detenere un primatoche, al di là delle buone asserzioni, perpetua l’antica separazionetra lavoro intellettuale e manuale, tra teoria e pratica, tra mente ecorpo. Per il cambiamento auspicato si è rivelato necessario, ma nonsufficiente, il vagheggiamento delle grandi rivoluzioni culturalima, visto il fallimento delle strategie finora adottate, vale forse lapena tentarne di nuove. Una, che ha antiche radici, si fonda sul-l’impegno quotidiano per i piccoli cambiamenti, orientati da un’idea guida ed un sentimento forte, operati prima in noi stessi,come ha dimostrato Francesco d’Assisi, e poi nelle piccolecomunità, come nella visione laica nonviolenta di A. Capitini,fondatore di Centri di Orientamento Sociale (COS), Centri diOrientamento Religioso (COS) ed altri.L’apporto delle ricerche, delle quali si è detto, consiste nella vali-dazione scientifica di una nuova concezione dell’uomo e dellasua società caratterizzate dalla costante, necessaria relazione trale parti; nell’aver evidenziato l’urgenza di riappropriazione, daparte dell’uomo, della sua integralità favorita dall’uso dell’imma-ginazione e dall’esperienza estetica. Di particolare interesse sonopoi le riflessioni emerse sulla “disobbedienza”, la “resistenza”, la“presa di coscienza” in un personale impegno per il cambiamen-to, che superi la paura della propria diversità, dell’ uscita dall’o-mologazione attraverso il recupero dell’essere. Un aiuto alladisobbedienza individuale può venire dall’incontro con chi mani-festa segnali di bisogni analoghi e che può dar luogo all’instau-rarsi di “sub-culture”, come avvenuto per la New Age, e comeavviene in molte forme oggi esistenti di associazionismo. Il con-fronto tra competenze culturali e terapeutiche non formali, puòdar luogo all’avvio di un autentico e duraturo cambiamento.

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L’adulto di oggi, alla ricerca della sua linfa vitale, trattenuta in unemisfero destro marginalizzato, è spesso nella solitudine dellasua sofferenza e del proprio incoffessato bisogno di trascenden-za. Ma sta forse mettendo in atto, inconsapevolmente, quella rea-zione che caratterizza la “Pedagogia degli oppressi” di P. Freire,spinto da una forza naturalmente insita in lui. Questa è scientifi-camente definita tensione anagogica, riconosciuta fin dall’anti-chità in tutte le culture, che lo porta a ricercare il proprio miglio-ramento in ogni situazione esistenziale.L’uomo possiede le potenzialità per il cambiamento fin dalle ori-gini della sua storia, caratterizzata dalla comunicazione di cre-denze, saperi, informazioni utili alla vita ma anche di stati d’ani-mo, emozioni, senso del sacro e di idee volte a costruire il con-senso per la coesione dei gruppi. Tale comunicazione, di cuirestano importanti tracce, si è avvalsa di un’ampia gamma dimodalità espressive: da quella verbale, orale e scritta, a quelle nonverbali come danza, pittura, disegno, graffito, musica e scultura infunzione simbolica, rituale o religiosa.Di fronte al bivio che si è riproposto alla nostra società, in cuicompaiono sempre più evidenti segni di ricerca di appagamentodi questi bisogni ancestrali dell’uomo, appare dunque più realisti-co collaborare con quanto è già in atto nel mondo adulto per com-pensare il disagio esistenziale.L’aggiunta di un’idealità forte, culturalmente elaborata in questadirezione, da parte di chiunque voglia contribuire allo sviluppodel potenziale umano, può facilitare l’instaurarsi di una culturadell’uomo e della società liberate dall’ingerenza omologante edisumanizzante del mondo produttivo.Tutto quanto detto, perdare validità scientifica all’attuale bisogno di cura, ci è sembratonecessario per tentare una ricomposizione tra elaborazione intel-lettuale e lavoro terapeutico giustificando entrambi ed eviden-ziando la pecurialità dei loro contributi.

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2.3 COSA SI INTENDE PER TERAPIA

Terapia è definita, in senso stretto, quella parte della medicinache cura le malattie e, in senso esteso, ha il significato di cura. Secompare come seconda parte di una parola composta del linguag-gio medico significa “metodo di cura”. Terapeutica è quindi lascienza della cura delle malattie e terapeuta è chi studia o sioccupa di terapeutica o un medico particolarmente competentenella cura delle malattie. Questa è la definizione secondo un notodizionario, definizione tecnica su cui si innestano le variazioni edistinzioni legate ai mutamenti culturali. Alle terapie farmacologiche per la cura o la diminuzione dellasofferenza del corpo e della psiche, facenti parte della medicinaufficiale, si sono infatti via via aggiunte le più disparate forme dicura e di terapie volte all’acquisizione del benessere psicofisicooltre che al supporto della malattia in senso stretto. Tale fiorituraè considerata da alcuni pedagogisti un chiaro segno del vuotocreato nell’uomo da un’educazione scolastica che non ha saputoo potuto prendere atto dei bisogni umani evidenziati dalla ricercaa cui si è fatto riferimento. Così la disattenzione per il ruolo fon-damentale dell’immaginazione e della creatività nell’apprendi-mento si è in qualche modo resa complice dell’interesse econo-mico per l’omologazione. Tale disattenzione ha fortunatamentespinto molti “disobbedienti” a lavorare al di fuori dello scolasti-co con proposte di formazione alternativa o di opportunità “tera-peutiche”. Nella nostra Regione, oltre al lavoro sperimentale per l’innovazio-ne didattica, svolto per qualche anno dalla Cattedra di Educazionedegli Adulti dell’Università di Perugia con il metodo autobiografi-co, va ricordata l’iniziativa della “Cittadella” di Assisi che da annisi pone come luogo di incontro e di formazione per arteterapeutiorganizzando Seminari e Corsi di Arteterapia.

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Ben nota, a volontari e non, è anche l’opera svolta dal Cesvol dellaProvincia di Perugia per la promozione, il sostegno e la divulgazio-ne di attività di cura no profit. Il Convegno Cesvol, tenuto neldicembre 2008 a Pila per il X anniversario dell’Associazione, harappresentato un momento ricognitivo e programmatico significa-tivo per “Le nuove vie del ben-essere”, mettendo a confronto ruolie prospettive delle “X-Terapie” nella provincia di Perugia.Nell’occasione, unica pedagogista tra terapeuti, come è accadutoaltre volte, ho potuto verificare la separazione esistente tra cultu-re dell’uomo e chiarire la mia visione di un’arteterapia per “nor-modotati”.Il confronto tra esperti ed operatori dell’area della malattia e delbenessere, sulle terapie non convenzionali (TNC) e X-terapie, miha rassicurato sulla mia visione psicopedagogica di un’arte-tera-pia per tutti. Al convegno si è parlato infatti di “alienazione” pro-dotta dalla malattia psicofisica, alla quale ho assimilato quellasociale, e dell’aiuto proveniente dalla condivisione delle emozio-ni e dei sentimenti attraverso varie tecniche comunicative assen-ti nell’educazione formale. Nel dibattito hanno trovato inoltre rispo-sta le domande che mi ero rivolta nel “1° Seminario di Arteterapia”,tenutosi nel 2005 presso la Cittadella di Assisi, sulla possibilità diincludere nelle Arti-terapie il lavoro pedagogico con l’arte.Nella sua relazione, infatti, Paola Luzzato, psicologa arteterapeu-ta, forse più nota a New York e Londra dove ha lavorato, rifacen-dosi alle radici storiche dell’arteterapia, sosteneva che essa sisostanzia dell’uso delle competenze dello psicologo-arteterapeu-ta, supportato dall’artista: “il campo e la specificità dell’arte-tera-pia è definito dalla duplicità della comunicazione Paziente-Terapeuta mediante il lavoro simbolico”. Questo mi aveva porta-to a dubitare della correttezza della mia ipotesi ma una successi-va elaborazione del dubbio, dovuta alla mia ostinata fiducia nel-l’educazione, avveniva nel III Seminario di Arteterapia del 2007(Cittadella-Assisi). Ne trassi il titolo di un breve scritto, “Le feri-

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te dell’anima”, pubblicato su “L’Incontro” del C.S.A di C. Lago,per veicolare, in modo semplice e sintetico, le idee lì maturate nelsenso psicopedagogico di “cura”. Ognuno di noi, scrivevo, ha lesue ferite e con esse convive attuando diverse strategie compor-tamentali; ma il dolore lavora dentro e a volte ricompare, inaspet-tato, turbando equilibri mentali, fisici, affettivi e relazionali. Per questo va tirato fuori raccontandolo in una maniera creativache non ci produce imbarazzo. Come altre attività artistiche, lamanipolazione della creta, docile sotto le nostre mani che model-lano ciò che la mente, il cuore, la tensione del momento dettanoloro, consente di realizzare qualcosa che potrà piacere o menoagli altri ed anche a noi stessi ma che, comunque, ora è là,impronta del nostro io sofferente o ritrovato, materializzato fuoridi noi che ci sentiamo più leggeri e più sicuri.Ogni terapia ha la sua utilità e particolarità curativa ma poichètutte le attività di produzione-fruizione artistica hanno, come si èdetto, un ruolo primario unificante, ritengo che offrire opportunitàdi questo tipo, al maggior numero possibile di persone, debbaessere l’impegno “terapeutico” di chi crede nel valore di un’edu-cazione integrale dell’uomo. Le carenze individute nel mondo del-l’istruzione possono in parte essere affrontate con il supporto diuna cultura e di una pratica dell’arte capillarmente diffuso.L’arteterapia è la madre di tutte le terapie in primo luogo perchéa questa conclusione ci porta tutto quanto si è sinteticamenteriportato sulla ricerca intorno alla crisi dell’uomo e della suasocietà; in secondo luogo perché quasi tutte le terapie del benes-sere sono centrate su forti componenti affettivo-relazionali, sim-boliche, immaginative, collegate all’esperienza sensoriale e pro-prie di quell’emisfero destro su cui ho richiamato l’attenzione.Molteplici sono le forme dell’arte e le modalità espressive di cia-scuna ed altrettanto varie le loro utilizzazioni terapeutiche in fun-zione del tipo di cura, di soggetto e di situazione.

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È evidente che il loro uso comporta una buona conoscenza del-l’arte impiegata, da tutti i punti di vista: della materia usata, dellepotenzialità e dei limiti insiti nella materia, delle possibilità delsuo uso e delle relative tecniche, dell’opportunità di inserimentodi altre arti. È inoltre necessaria la conoscenza delle diversità deipercorsi di apprendimento dei soggetti e delle regole da rispetta-re per favorire l’autonomia espressiva di bisogni personali.La concezione di arteterapia, come verificato al Convegno Cesvol2008, si è ampliata, così come il concetto di malattia che si è este-so a quello di benessere: restano i punti fermi delle competenzecongiunte e necessarie dell’artista e dello psicologo terapeuta nel-l’ambito più proprio della patologia grave. Ma la gradualità insitanell’ampio spazio della “cura” consente di utilizzare il lavoro conl’arte in situazioni di sofferenza, di marginalità, di chiusura nonstrettamente patologiche ma che hanno bisogno di essere alleviateo superate.L’arte che diviene arteterapia si caratterizza per essere autocen-trata e meramente espressiva per cui i prodotti e le modalità diproduzione servono a conoscere meglio il soggetto e a proporrel’attività più idonea a rinforzare o alleggerire gli stati d’animo, ipensieri, i movimenti. Ma anche quando la finalità prevalente diun soggetto è la realizzazione di oggetti, non vengono meno levalenze curative di cui si è detto perchè il confine tra la produzio-ne-fruizione artistica è molto sottile. Entrambe sono presenti nelleattività svolte dal Laboratorio di ceramica di “Arte e Sostegno”,caratterizzate dal senso della “cura” non solo per un circoscrittodisagio, ma anche e soprattutto per il più ampio disagio personalee sociale di cui soffre la nostra attuale “normalità”. In senso lato infatti l’arte-terapia consiste nella messa in atto di unprocesso creativo che, mediante l’uso di modalità espressivediversificate facilita lo sviluppo psico-sociale, cognitivo ed affetti-vo di ogni soggetto.

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Capitolo III

L’Arte-Terapia e l’Attività

di “Arte e Sostegno”

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3.1 LAVORARE LA CRETA

Impastare terra e acqua è uno dei giochi più amati dai bambiniche, prima di essere bloccati dal divieto di sporcarsi, sperimenta-no con gioia questa attività di esplorazione sensopercettiva delleproprie mani nella materia informe. Guardandoli ho più voltepensato che, senza il nostro controllo, si coprirebbero di fangocosa che, con danni accettabili, fanno con la sabbia del mare o dellago. Un uso del fango anch’esso antico quanto l’uomo, cometestimoniano i rituali di alcune tribù “non civilizzate” in molteparti del mondo e che ci è pervenuto, attraversando la storia, nelleforme delle cure termali. Il bambino ama questo gioco con laterra mista ad acqua e per questo motivo ha trovato spazio inalcune esperienze terapeutiche per soggetti con gravi e gravissi-mi handicap psico-fisici. Particolarmente significativa, intornoagli anni ’80, è stata quella di S. Guerra-Lisi che afferma che“Plasmare è comunicare a due sensi: verso l’interno e verso l’e-

sterno” (1987 p. 52). In breve tempo, poi, il bambino impara afinalizzare questo gioco alla costruzione di torri, piste, palline,torte decorate con foglie e sassolini da mangiare “per finta” in unrito relazionale simbolico.Questa apparente digressione viene dal fatto che molti studiosi didiverse discipline sostengono che le tappe dello sviluppo dell’uo-mo riproducono quelle dell’evoluzione della specie e quindiosservare un bambino è, non solo vedervi noi stessi, ma ciò chesiamo stati nella notte dei tempi; per questo il suo gioco ci affa-scina, per la nostalgia del gioco abbandonato che possiamo ritro-vare nell’attività artistica senza provare vergogna.L’arte della ceramica è, non a caso, una delle più antiche perchénaturale ed elementare: nasce dalla capacità dell’uomo di model-lare creta mista ad acqua per realizzare contenitori di uso quoti-diano, monili, statuette votive che acquistano durezza al caloredel sole, come avviene ancora in molti villaggi del mondo.

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Plasmando questa materia docile e piacevole al tatto, l’uomo sene compiace ed oltre che funzionale la fa bella, di forme diversee con decori entrando nel mondo del bello, del simbolico e delsacro.Sembra una fiaba ed in parte lo è in ciò che proviene dal ricordodel mio primo incontro con la creta, quando il tempo delle “tortedi terra” era assai lontano. Il resto è storia di un’arte che si svi-luppa ed arriva ai giorni nostri ampliando e perfezionando tecni-che ed impieghi ma continuando a farci bene all’anima.Intorno a quest’arte, goduta per se stessi ed offerta agli altri, ècresciuta l’Associazione “Arte e Sostegno” della quale presentia-mo le diverse attività, tutte in qualche modo collocabili nella“cura” di sé e/o dell’altro, due facce della stessa esperienza arti-stica, due risposte, spesso sovrapponibili, al bisogno di espansio-ne dell’io.

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3.2 PRESENTAZIONE DI “ARTE E SOSTEGNO”

L’attuale Associazione ONLUS “Arte e Sostegno”, di Castiglionedel Lago, nasce dalla passione per l’arte ceramica e dalla consape-volezza dei suoi benefici effetti sulla persona e sul suo modo direlazionarsi. Nell’anno scolastico 1995-96, Annalisa Perusi, inse-gnante di sostegno, e Graziella Sorci, insegnante di educazioneartistica, entrambe presso la Scuola Media Statale di Castiglionedel Lago, pensarono ad un laboratorio per aiutare gli alunni in dif-ficoltà, per disagio sociale e/o handicap.Messe in sinergia le loro esperienze e competenze, presentaronoun progetto in cui erano formulati i seguenti obiettivi e metodi:- far acquisire la capacità di manipolare materiali diversi;- far conoscere ed utilizzare varie tecniche plastiche;- far acquisire atteggiamenti di solidarietà all’interno del gruppo,di collaborazione con Associazioni locali di volontariato comeAVIS e AIDO e di apertura alle più ampie problematiche delmondo circostante;

- far maturare il senso di responsabilità personale, attraversol’assolvimento dei compiti legati all’attività plastica e sociale,destinando il ricavato della vendita dei loro manufatti ad asso-ciazioni benefiche.

Il progetto Perusi-Sorci fu approvato e sostenuto, anche economi-camente, dalla locale Sezione AVIS che, grazie al suo Presidentedott. Paolo Angori, rese possibile l’inizio delle attività. All’internodell’edificio della Scuola Media, in orario extra-scolastico pome-ridiano, le due insegnanti tenevano incontri settimanali gratuiticon 25-30 ragazzi. L’amore e la fiducia negli effetti benefici del-l’arte vennero ripagati da un costante incremento di alunni parte-cipanti e di operatrici volontarie. L’espandersi dell’iniziativa, perle numerose richieste provenienti da altre scuole e dai cittadini,fece sì che, nell’anno scolastico 1999-2000, l’aula “attrezzata”divenne troppo stretta e si trasformò nel “Laboratorio Trasimeno

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Fantasia” che organizzava anche corsi per adulti. Nel 2002 ilLaboratorio, per la sua riconosciuta utilità sociale, divenneAssociazione ONLUS denominandosi “Arte e Sostegno”, conchiaro riferimento all’unione delle competenze di Graziella Sorcie Annalisa Perusi, felice intuizione del futuro dell’Associazione.Stipulata una convenzione con il Comune di Castiglione delLago, rinnovata di anno in anno, le vennero assegnati locali indi-pendenti, adiacenti la stessa scuola, ed aumentarono attrezzature,iniziative, soci e lavoro. Un giorno alla settimana venne riserva-to all’attività con i ragazzi Down e gli altri a molteplici attivitàsocio-culturali. Il tessuto connettivo dell’Associazione e delLaboratorio è costituito da coloro che continuano a lavorare perse stessi e/o per gli altri, accomunati dal piacere di dar vita ad unsogno, ad un’ispirazione, ad un bisogno di trasferire all’esternoqualcosa che preme dentro.Nel 2007 si sono tenuti i primi corsi di ceramica per bambinidegli ultimi anni della scuola elementare: l’avvio della realizza-zione del mio desiderio di salvare uno spazio di creatività per legiovani menti che avevano iniziato a fare i conti con l’intellettua-

lismo deteriorato di una scuola vissuta, purtroppo spesso, consofferenza o frustrazione.Questi, in sintesi, i fatti dietro i quali si sviluppa una storia signi-ficativa di intuizioni, ipotesi, progetti e confronti al di fuori edall’interno dell’Associazione, dove convivono anime e finalitàdiverse ma unite dall’amore per l’arte ceramica.

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3.3 LE ATTIVITÀ DI “ARTE E SOSTEGNO”

L’azione complessiva dell’Associazione no profit “Arte eSostegno” è naturalmente più ampia delle attività svolte dal suoLaboratorio di ceramica ma è prevalentemente attraverso di esseche si realizzano le sue finalità statutarie di impegno “per il supe-ramento dei fattori che ostacolano la piena integrazione sociale,culturale e lavorativa soprattutto di soggetti svantaggiati” (Statuto, Art. 2)

3.4 I CORSI PER ADULTI

Mi piacerebbe affiggere la scritta di Don Milani all’interno delnostro laboratorio, certamente meno eroico e neppure scuolaalternativa come quella di Barbiana, ma un’extrascuola in cui sicerca, più o meno consapevolmente, di trovare sollievo alle feri-te dell’anima. Infatti chi frequenta i corsi di ceramica, e poi con-tinua a frequentare il laboratorio, lo fa mosso dal desiderio diavere un po’ di tempo per sé, di mettersi alla prova come arteficedi un qualcosa di cui attende l’uscita dal forno quasi come di unbambino che nasce. Chi è presente al conto alla rovescia del ter-mometro del forno aspetta (la ceramica ha tempi lunghi...cioènaturali!) e poi guarda, esclama, si complimenta con l’autrice chefiera si schernisce e chiede conferme; ma anche pareri criticisulla riuscita del manufatto che, tra ideazione, manipolazione,essiccamento, smaltatura, pittura, cottura ed altro, ne ha di insi-die di percorso!. Quello trascorso in laboratorio è dunque untempo per se stessi (anche quando lo si dedica agli altri) riserva-to ad un’attività creativa in cui, ci diciamo spesso, si riesce a“staccare” da un quotidiano dal quale siamo sempre più possedu-ti, invece di esserne costruttori; è il tempo per ritrovare un sémarginalizzato, mortificato, omologato da uno stile di vita che hamercificato tutto, imponendo bisogni, scelte, ritmi funzionali non

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all’uomo ma all’economia. Poi, dopo quel tempo rubato tra pennel-li, colori, creta appena modellata, ad un tratto si fa ora di tornare acasa e, come se la nostra bolla variopinta scoppiasse all’improvviso:“Oh Dio!...com’è tardi! Il tempo è volato. La cena,...il marito...ifigli... i nipoti...la lavatrice...! Alla prossima!”. Il ritmo, gli sguardi,i movimenti riprendono la consueta accellerazione...siamo atterrate.Si torna alla realtà quotidiana ma con qualcosa in più dentro di noi,con l’arricchimento prodotto dall’esperienza estetica vissuta ciascu-na in un suo modo speciale ma per tutte come “ricarica” per rientra-re nella solita vita. Questo è ciò che porta ogni anno molte donne afrequentare i Corsi di Ceramica che si tengono presso il Laboratoriodi “Arte e Sostegno”.In una prima riunione, fatta con tutte le persone che hanno invia-to la loro adesione, si individuano i bisogni riguardo ad orari,livelli iniziali di competenza ed obiettivi dei singoli partecipanti.Quindi si organizzano corsi pomeridiani e/o serali, di primo e/osecondo livello, di manipolazione e modellatura della creta o solodi pittura su biscotto pronto. Le socie fondatrici, o assimilate peranzianità di appartenenza e per competenza, insegnano le varietecniche secondo la gradualità propria di quest’arte ma non stan-no in cattedra, si “sporcano le mani” con gli allievi ed in breve sidiventa compagni di lavoro in cui chi più sa più mette. Ogniiscritto è un nuovo socio che, al termine del corso, a volte resta ea volte se ne va, prima o poi, ma in ognuno e di ognuno resta unsegno...nel ricordo o in manufatto rimasto lì, forse in attesa diessere ritrovato. Tutti i lavori che nascono nel laboratorio hannoun’impronta chiara che li collega all’autore perché sono usciti dalui e a lui riconducono per la peculiarità espressiva e manipolati-va di un’immaginazione che racconta un io normalmente relega-to ai margini dell’esistenza. Questa ricerca di un proprio spaziovitale, nella produzione-fruizione artistica, può avere un caratterecompensativo rispetto ad una vocazione negata o all’aver duvutorinunciare alla gratuità e libertà creativa di un’espressione e di una

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comunicazione significativa; può più semplicemente essere la ricercadi un sentirsi bene con se stessi e con gli altri, almeno finché la pittu-ra è fresca o la creta è molle. Tutto questo ed altro avviene median-te quella deweyana esperienza totalizzante, dovuta all’immagina-zione; e pura perché liberata da fattori che la subordinano a qual-cosa che è al di fuori di essa. Questo ho personalmente sperimen-tato in Laboratorio come quando, ad esempio, ho chiesto di acqui-stare un manufatto che mi era particolarmente piaciuto. L’autriceha voluto farmene dono in una sorta di reciproco imbarazzo per unapprezzamento non atteso e forse l’aver cercato di quantificare ilvalore di un oggetto non nato per questo. Dallo spiacevole equi-voco è comunque nato un nuovo tipo di amicizia, fatto di unatacita intesa più profonda.

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Adulti al lavoro

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3.5 COLLABORAZIONE CON ENTI ED ISTITUZIONI PER IL DISAGIO

SOCIALE

Nell’Associazione si discute e si progetta anche e soprattutto unlavoro per gli altri, secondo l’intento che le aveva dato inizio nel1995. Distinguere nelle attività del laboratorio la cura di sé dallacura dell’altro, come ho già detto, è molto difficile perché le due,soprattutto per chi rimane e vive la vita dell’associazione, si com-penetrano arricchendosi reciprocamente.

Rientra tuttavia nellalibera scelta di cia-scun socio aderire omeno alle proposteche vengono fatte adArte e Sostegno peraccogliere personesegnalate per unaparticolare situazionedi sofferenza, disabi-

lità o disagio sociale e relazionale. Le richieste vengono dallo Sportellodel cittadino del Comune di Castiglione del Lago che tiene rapportianche con il Tribunale per minorenni di Perugia. Negli incontri programmatici si valutano le difficoltà del sogget-to, l’opportunità di inserirlo nei corsi, di riservargli spazi perso-nali o di lasciargli la libertà di frequentazione ed utilizzazione dellaboratorio e dei materiali con l’appoggio di un socio responsabi-le. Gli esperti di ceramica valutano le diverse opportunità chequesta pratica offre in relazione ai bisogni della persona per indi-rizzarla verso le più idonee. Il percorso poi si sviluppa giorno pergiorno, autoregolandosi in un rapporto amicale di reciproca fidu-cia e di confronto in cui si cerca di realizzare l’equilibrio ottima-le tra tecnica e libertà espressiva per favorire una comunicazionesignificativa.

Le mani raccontano

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3.6 GLI INCONTRI CON I RAGAZZI DOWN

Un giorno alla settimana, da tempo il lunedì, è dedicato all’atti-vità di manipolazione con ragazzi e ragazze down, un piccologruppo ormai legato da amicizia, tra loro e con noi. Ciascuno hadifficoltà e potenzialità proprie nel rapporto con la materia chel’educatore deve saper cogliere come opportunità per favorire larelazione interno-esterno. L’oggetto prodotto, dal bistorto baston-cino all’assemblamento del colombino, gioca un ruolo importan-te nella visualizzazione di potenzialità altrimenti inespresse.Il compiacimento altrui diviene autocompiacimento e la gratifi-cazione rinforza l’esperienza ed accresce l’autostima. In qualchecaso, questa attività ha facilitato l’inserimento lavorativo di alcu-ni soggetti.Quelli del lunedì sono pomeriggi particolarmente movimentati egiocosi in cui l’atmosfera amicale favorisce la comunicazioneverbale anche di chi la evita così come il contatto con la creta. In quei pomeriggi di incontro gratificante tra amici, di comunelavoro giocoso, il culmine della gioia collettiva e della condivi-sione arriva comunque con la merenda! Baci, abbracci e arrive-derci alla prossima settimana.

La gioia dell’attività condivisa

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3.7 I CORSI PER BAMBINI

Rivolti a bambini di 4° e 5° Elementare, sono nati dalla volontàdi offrire uno spazio riservato all’immaginazione, alla creativitàe alla manipolazione che, centrali nella Scuola materna, diventa-no progressivamente marginali nell’educazione scolastica suc-cessiva. Ha così inizio quel dimezzamento dell’uomo che produ-ce il senso di disagio e di perdita che porta gli adulti alLaboratorio. Un disagio che appartiene a quella crisi dell’uomocontemporaneo su cui si sono interrogate le scienze dell’educazio-ne, indicando i presupposti per il suo superamento. Rimandiamo aquanto precedentemente esposto per comprendere meglio il sensodelle attività che stiamo presentando ed in particolare questa ini-ziativa di “cura per la normalità”.I bambini che, oltre alla scuola dell’obbligo, frequentano anchealtre attività, sono arrivati al laboratorio di ceramica sotto il pesodei loro enormi zaini, lamentando la loro stanchezza e con la spe-ranza, negli occhi, di potersi scatenare. Dopo un iniziale trambu-sto, l’attrazione per la creta, di un’infanzia non lontana, ha fattoconcentrare il movimento sulle mani, attivando il pensiero comeguida delle dita e della coordinazione oculo-manuale.Al primo incontro sono emerse piccole resistenze, insicurezze epaura di sporcarsi già indotte da stili di vita adulti familiari e sco-lastici: avvertivo la sensazione di una voglia di volare trattenuta,frenata anziché opportunamante indirizzata. I più bloccati e dipen-denti dalle indicazioni delle ceramiste sono apparsi i più bravi ascuola e a casa, i più liberi quelli ritenuti irrequieti e disattenti. È strano che mi venga improvvisa l’associazione con i disobbe-

dienti, quelli di Fromm?In pochi incontri, mettendo insieme competenza artistica e psico-pedagogica, l’attesa di ordini è divenuta richiesta di consigli, laproduzione per copia di modelli, personalizzazione del prodottoe tentativo di libera creazione; l’agitazione scomposta si è auto-

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regolata per la necessità di difendere il proprio lavoro e, di con-seguenza, quello altrui; la valorizzazione di ogni singolo risulta-to ha favorito il superamento della competizione e l’apertura alloscambio di suggerimenti e alla collaborazione, almeno lì, con lacreta, in un altro mondo. Il mondo “dell’esperienza perfetta”dove ogni oggetto prodotto parla di un bambino tutto intero, conesuberanze o incertezze tra le sue grandi potenzialità, della suamaturazione sociale e comunicativa, del suo tipo di sensibilità edi controllo formale finalizzato alla gioia della realizzazione diun prodotto artistico personale.L’opera d’arte, esibita con orgoglio ai genitori, spesso fatta peressere donata loro, è il frutto di un percorso personalissimo dispinta all’esterno; di una motivazione ritrovata a fatica dentro disé. Prendere il proprio posto di lavoro con la propria creta, loscambio degli utensili necessari, il ripristino della pulizia di tuttoquanto utilizzato per lasciare posto ad altri sono alcune delleregole apprese e rispettate avendone capita l’utilità e sono anchequelle che più hanno sorpreso i genitori.Non ho ancora potuto verificare quanto e cosa sia rimasto in lorodi questa esperienza ma già il modo in cui mi dicono “ciaoMariapia”, quando li incontro, mi sembra abbastanza per ripro-varci.

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Le bambine operose e felici

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3.8 L’ANIMAZIONE PER ANZIANI

Da un progetto patrocinato dal Cesvol di Castiglione del Lago eredatto in collaborazione con i responsabili della ResidenzaProtetta e Centro Diurno “Olindo Brancaleoni” di Panicale, unincantevole borgo medievale su uno dei colli affacciati sul lagoTrasimeno, è nata l’esperienza di animazione per gli anziani deivolontari di Arte e Sostegno.Il processo di abbandono progressivo della nostra metà creativa,colto ai suoi inizi nei bambini della seconda infanzia, verificatonel diffuso malessere degli adulti che approdano al laboratorio,evidenzia il suo punto di arrivo negli anziani istituzionalizzati ,malgrado l’ottimizzazione dei servizi costantemente perseguitain questa struttura.La marginalità sociale dell’anziano, decretata dalla visione pro-duttivistica della nostra società, che pur si compiace di iniziativeframmentarie di recupero della memoria di usi e costumi di unmondo disperso, resta comunque un dato di fatto.L’anziano, economicamente improduttivo, troppo legato ad unpassato di valori e di esperienze “scientificamente superate”,considerato un peso ingombrante, viene rimosso. La visione cheil mondo ha di lui lo porta a restarsene in silenzio, in attesa delsuo ultimo autobus.Nella prospettiva dell’animazione che caratterizza questa strutturae che comprende anche la creazione di opportunità di incontro conl’ambiente esterno, l’attività ceramica si è inserita con due finalità:una di riapertura espressivo-comunicativa ed un’altra di valorizza-zione del prodotto come testimonianza di una presenza. Per mobi-litare le energie residue di questi anziani è infatti importante parti-re dall’opera, far cioè vedere l’utilità dell’impegno finalizzato allarealizzazione di oggetti da regalare a figli, nipoti o amici e daesporre in una mostra cittadina.

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Uno scopo esterno al puro piacere della produzione è necessarioper attivare meccanismi assuefatti alla rinuncia e alla sopravvi-venza statica. Così, tra resistenze, ritrosie un po’ civettuole delledonne, rifiuti virili, schermaglie e ironia, si lavora: si muovono lemani, come si può e si scioglie la lingua, ci si conosce e ci si affe-ziona.La mostra finale, organizzata in modo ammirevole dai responsa-bili e dal personale tutto della struttura, è stata presentata ufficial-mente in una festa di tutta la cittadinanza intervenuta. Il bisognofondamentale di questi anziani del rapporto col mondo esterno,normalmente favorito dalla struttura, ha avuto, in questa occasio-ne, il valore aggiunto del loro protagonismo artistico, unanime-mente riconosciuto e significativamente gratificante.

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Volontarie ed anziane a Panicale

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L’intreccio del “colombino”

L’attenzione e l’allegria

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Conclusioni

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Al Cesvol di Castiglione del Lago mi è giunto da Sara un aiutoinatteso per concludere. Le dicevo che questo lavoro soffre diuno squilibrio, ricorrente nella rielaborazione personale, tra l’a-rea teorica e quella pratica. Lei mi ha risposto che si tratta inve-ce di una ricerca di equilibrio. Aveva capito, in una rapida scorsadel testo per motivi tecnici, la motivazione più profonda del mioimpegno. Come ho più volte cercato di evidenziare, il problemadi fondo della difficoltà del cambiamento culturale auspicato,consiste proprio nella separazione e nell’incapacità di comunica-zione tra abilità, competenze e conoscenze. Procedendo separata-mente tra loro e addirittura all’ interno di ciascuna, diminuisconol’efficacia dei loro contributi e talvolta la neutralizzano nelladifesa del proprio particolare. Le conclusioni, quindi, ciascun interessato potrà trarle a propriomodo. Da parte mia ho fatto il possibile per comunicare il mio“percorso di ricerca”, indicandone tappe e difficoltà, esponendo-mi, in prima persona, a quel rischio di intellettualismo che hodenunciato ma del quale sono io stessa vittima. Il mio amore perl’arte e la sua costante pratica lo ha compensato ma non risolto.A mia discolpa posso dire che ci ho sempre provato e continuo aprovarci, come testimonia questo lavoro fatto per “far pace nelmio cervello” ma anche per dare un’indicazione a chi vorrà acco-glierla.

Maria Pia Sannella

Conclusioni

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