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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI FACOLTA’ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI CORSO DI LAUREA DI I LIVELLO IN FISICA TESI DI LAUREA IN FISICA Aspetti del Modello a Quark Relatori: Chiar.mo Prof.re Salvatore NUZZO Dr. Pietro COLANGELO Laureanda: Maria Teresa GRIPPO ANNO ACCADEMICO 2008/2009

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI

FACOLTA’ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E

NATURALI

CORSO DI LAUREA DI I LIVELLO IN FISICA

TESI DI LAUREA IN FISICA

Aspetti del Modello a Quark

Relatori:

Chiar.mo Prof.re Salvatore NUZZO

Dr. Pietro COLANGELO

Laureanda:

Maria Teresa GRIPPO

ANNO ACCADEMICO 2008/2009

Indice

Introduzione

Capitolo 1 – Simmetrie Unitarie SU(2)I e SU(3)F

1.1 Invarianza di spin isotopico

1.1.1 Indipendenza delle forze nucleari dalla carica

elettrica

1.1.2 Spin isotopico – Definizione e proprietà

1.2 Cenni di Teoria dei Gruppi

1.2.1 Gruppi e rappresentazioni: definizione

1.2.2 Rappresentazioni irriducibili

1.2.3 Prodotti tensoriali

1.2.4 Gruppi di trasformazione

1.3 SU(2) di isospin

1.3.1 Rappresentazione fondamentale

1.3.2 Rappresentazione coniugata

1.3.3 Rappresentazione regolare

1.3.4 Rottura di SU(2)I

1.4 SU(3) di sapore

1.4.1 La Stranezza

1.4.2 Idea generale di SU(3) e rappresentazione

fondamentale

1.4.3 Operatore di Casimir di SU(3)

1.4.4 Rottura di SU(3)

Capitolo 2 – Modello a Quark

2.1 Introduzione al Modello a Quark

p.1

6

6

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8

9

9

11

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32

2.1.1 Mesoni (Quarkonio)

2.1.2 Barioni (sistemi a tre quark)

2.2 Quark e rappresentazioni di SU(N)

2.2.1 Rappresentazioni di SU(2)

2.2.2 Rappresentazioni di SU(3)

2.3 Tabelle di Young

2.4 Mesoni

2.5 Barioni

2.6 Masse dei multipletti

Capitolo 3 – Adroni pesanti

3.1 Quark pesanti

3.1.1 Charm

3.1.2 Il quark Beauty

3.1.3 Spettro del charmonio e del bottomonio

3.1.4 Top

3.1.5 Il sistema dei quark

Capitolo 4 – Il sistema 𝒄𝒄 (charmonio) e 𝒃𝒃

(bottomonio)

4.1 Introduzione

4.2 Charmonio e bottomonio

Conclusioni

Appendice A

Appendice B

Bibliografia

Ringraziamenti

33

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43

46

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75

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84

86

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1

Introduzione

La ricerca dell‟origine dell‟Universo e il desiderio di conoscere la materia

nella sua componente più elementare hanno affascinato l‟uomo sin dai tempi

antichi, sin da quando, ad esempio, Anassimene di Mileto pensava alla materia

come costituita da acqua, fuoco, aria e terra, e 25 secoli dopo Mendeleev la

immaginava costituita da circa 100 elementi. La regolarità della tavola di

Mendeleev fu successivamente spiegata descrivendo i nuclei atomici come

costituiti da protoni e da neutroni, rispettivamente di carica elettrica e e zero. Tali

nucleoni sono tenuti assieme da una forza forte, che garantisce la stabilità del

nucleo, il quale legandosi agli elettroni genera gli atomi neutri, gli elementi di

Mendeleev.

Con la scoperta, oltre al neutrone ( 1932, Chadwick ), del pione ( 1947, Powell ) e

della Δ++( 1952 ), il numero delle particelle scoperte, soggette ad interazioni forti,

denominate adroni, iniziò ad aumentare, grazie anche a sviluppi tecnologici come

l‟invenzione della camera a bolle e della camera a scintilla negli anni ‟50. Queste

particelle si mostravano instabili, con vite medie dell‟ordine di 10−23𝑠, e quindi si

comprese che l‟interazione che genera tali decadimenti fosse l‟interazione forte

responsabile del legame nucleare. Ciò portò alla conclusione che un così elevato

numero di particelle non potessero essere tutte fondamentali, conclusione

confermata da vari esperimenti effettuati allo Stanford Linear Accelerator Center

SLAC alla fine degli anni ‟60: il protone e gli altri adroni dovevano avere una

struttura composta.

2

Alcune regolarità nelle interazioni di queste particelle furono spiegate come

conseguenza della conservazione di un numero quantico, lo spin isotopico o

isospin, quantità fisica matematicamente analoga allo spin e introdotta da

Heisenberg. Successivamente, nel 1953, fu necessario introdurre un altro numero

quantico, la stranezza, proposto da Gell-Mann e Nishijima per poter spiegare la

vita media “stranamente” lunga di alcune particelle.

Un passo nella descrizione degli adroni fu la teoria di Fermi e Yang (1949) di

riprodurre tutte le risonanze come stati legati protone – neutrone. Nel 1956

Sakata, per descrivere le particelle strane, estese questa idea aggiungendo il

barione Λ. Nel 1961, Gell-Mann e Ne‟eman fecero una ipotesi ulteriore, ovvero

che la stranezza e l‟isospin si potessero combinare in un gruppo di simmetria più

grande. Tale ipotesi fu chiamata “Eightfold way” perché tale gruppo di simmetria,

SU(3), ha otto generatori indipendenti e non richiama immediatamente la struttura

interna delle particelle. Esso implica che gli adroni formino dei multipletti,

insiemi aventi proprietà correlate e massa simile. Una comprensione più profonda

di SU(3) e del suo successo nel descrivere accuratamente le proprietà degli adroni

emerse nel 1964, quando Gell-Mann e Zweig proposero indipendentemente

l‟ipotesi che tutti gli adroni fossero composti di tre costituenti fondamentali,

chiamati “quark” da Gell-Mann, ciascuno dei quali si trasforma secondo la

rappresentazione fondamentale di SU(3). I quark sono fino ad oggi considerati

particelle elementari, cioè indivisibili, e quindi rappresentano i mattoni

fondamentali della materia. [1]

È interessante citare M. Gell-Mann: “Nel 1963, quando chiamai „quark‟

queste particelle, mi venne dapprima in mente il suono di una parola che avrebbe

potuto essere quo:k . Poi, in una delle mie occasionali letture di Finnegans Wake

di James Joyce, mi imbattei nella parola „quark‟ nella frase: “Three quarks for

Muster Mark”. Poiché „quark‟ ( che significa grido di un gabbiano ) doveva

chiaramente far rima con „Mark‟, oltre che con „bark‟ e altre parole simili, dovevo

trovare una scusa per pronunciarlo quo:k. […] Ragionai perciò che una delle

molte fonti del grido “Three quarks for Muster Mark” poteva essere “Three

3

quarts for Muster Mark” ( Tre quarti per il signor Mark ), dove la pronuncia

quo:ts di „quarts‟ poteva giustificare la pronuncia quo:k di quark. In ogni caso il

numero tre si conciliava perfettamente col modo in cui i quark si presentano in

natura.” [2]

Gell-Mann ipotizzò l‟esistenza di sole tre particelle fondamentali. Oggi sappiamo

che in natura esistono sei tipi di quark, o meglio di „sapori‟ di quark, ( up, down,

strange, charm, bottom, top ) con i relativi antiquark, le cui interazioni consentono

di spiegare la struttura di tutte le altre particelle. I quark formano particelle

chiamate adroni, che si dividono in barioni, particelle di spin semintero date dalla

combinazione di tre quark, e mesoni, particelle di spin intero composte invece di

un quark e un antiquark. Il loro comportamento è descritto dalla teoria detta

Cromodinamica Quantistica (o QCD), la quale si occupa delle interazioni nucleari

forti e quindi dell‟interazione tra gluoni (i quanti responsabili della forza nucleare

forte che tengono uniti i quark per formare gli adroni ) e quark, ai quali si

attribuiscono delle caratteristiche fisiche chiamate simbolicamente ( e

scherzosamente ) „colore‟. L‟interazione forte possiede due proprietà

fondamentali: la libertà asintotica, ovvero il fatto che quark e gluoni interagiscono

debolmente nelle reazioni ad altissima energia, e il confinamento, che indica che

le forze tra i quark non diminuiscono quando vengono allontanati, e che ci

vorrebbe un‟energia infinita per separare due quark.

Poiché la ricerca di quark liberi è costantemente fallita, si pensò inizialmente che i

quark fossero dei costrutti matematici e non delle particelle elementari. Gell-

Mann asserisce a tal proposito: “Quando proposi l‟esistenza dei quark, ero

convinto fin dal principio che essi fossero in qualche modo permanentemente

confinati. Designai tali quark come „matematici‟, spiegando con cura che cosa

intendevo con tale termine, in contrapposizione a presunti „quark reali‟, in grado

di emergere e rivelabili singolarmente. La ragione di questa scelta terminologica

stava nel mio desiderio di evitare discussioni con critici con tendenze filosofiche, i

quali avrebbero potuto chiedermi come potessi chiamare „reali‟ i quark, se erano

sempre nascosti. La terminologia si rivelò infelice. Numerosi autori, ignorando la

4

mia spiegazione dei termini „matematico‟ e „reale‟ – e il fatto che la situazione

che stavo descrivendo è quella universalmente riconosciuta come corretta - ,

hanno sostenuto che io in realtà non credevo all‟esistenza dei quark! ” [2]

Fu Richard Feynman ad argomentare che esperimenti ad alta energia mostravano

che i quark erano reali: egli li chiamò partoni, in quanto parte degli adroni.

L‟importanza della scoperta dei quark è stata quella di rivelare la semplicità e la

regolarità di cui è fatta la materia. Gell-Mann afferma: “Lo schema dei quark,

incorporato nell‟esplicita teoria dinamica della cromodinamica quantistica, ha

svelato la semplicità sottostante a una configurazione di stati in apparenza molto

complicata. Inoltre, tali stati interagiscono tutti attraverso l‟„interazione forte‟,

comprendente la forza nucleare. […] La cromodinamica quantistica ha rivelato

così la semplicità dell‟interazione forte, oltre a quella degli stati delle particelle

nucleari, che di tale interazione sono le protagoniste.” [2]

In tutto il vasto panorama di particelle, gli schemi di simmetria individuati

testimoniano tale semplicità e predicono le relazioni tra le proprietà delle

particelle che appartengono alla stessa rappresentazione del gruppo di simmetria,

mentre il Modello a Quark può connettere le proprietà delle particelle che

appartengono alle differenti rappresentazioni. [1] Esso rappresenta una conquista

importante per la Scienza e per la storia dell‟uomo, perché realizza un sistema

semplice ma efficace, un modello regolare che si accorda molto bene alle

evidenze sperimentali.

Questa tesi riporta gli elementi e le tappe nella costruzione del Modello a Quark,

dandone una descrizione fisico – matematica e in parte anche sperimentale.

È organizzata nel modo seguente.

Nel Primo Capitolo viene accennata la Teoria dei Gruppi, fornendo le nozioni

basilari per la descrizione dei Gruppi di Simmetria, di cui sono state esposte le

caratteristiche principali e le congruenze e le incongruenze con le evidenze

sperimentali. Nel Secondo Capitolo viene descritta la struttura dei multipletti

mesonici e barionici e le rappresentazioni simmetriche di tali particelle. Nel Terzo

5

Capitolo si descrive la scoperta dei tre quark pesanti, con una descrizione degli

esperimenti in cui sono stati osservati e mostrando certe analogie dei mesoni

pesanti con i mesoni leggeri nella loro struttura interna. Infine nel Quarto Capitolo

viene descritto il sistema del charmonio e del bottomonio, mostrando la

somiglianza con l‟atomo di idrogeno, osservabile dalla spettroscopia del sistema

𝑐𝑐 e del sistema 𝑏𝑏 .

6

Capitolo 1

Simmetrie Unitarie: SU(2)I e SU(3)F

1.1 INVARIANZA DI SPIN ISOTOPICO

Studiando lo spettro delle particelle note, si osservano molti casi in cui due

o tre particelle possiedono lo stesso spin, la stessa massa e la stessa parità; l‟unico

elemento che li distingue è la carica elettrica. Tra gli esempi abbiamo il neutrone

e il protone [ n (939,5 MeV) , p (938,3 MeV)] e i tre pioni [𝜋− (139,6 MeV), 𝜋0

(135 MeV) , 𝜋+ (139,6 MeV) ]1.

Queste famiglie sono chiamate multipletti di isospin: si può pensare alle particelle

sopra nominate come ad un‟unica entità, ovvero il nucleone e il pione. Ciò

suggerisce che gli autostati dell‟interazione forte presentino una degenerazione

che viene a mancare quando si considerano nel sistema anche le interazioni

elettromagnetiche: la differenza di massa fra stati con carica diversa è molto

piccola 𝑚𝑛 −𝑚𝑝

𝑚𝑝 = 0,0013 ;

𝑚𝜋+−𝑚

𝜋0

𝑚𝜋 = 0,033 , e quindi si può immaginare

il caso in cui le interazioni elettromagnetiche siano trascurabili. I livelli energetici

degeneri tra autostati dell‟interazione forte sono una conseguenza di una

simmetria dell‟Hamiltoniano.

1 In tutta la tesi si è posta la velocità della luce 𝑐 = 1.

7

Cerchiamo di analizzare questa degenerazione partendo dalla presenza di una

simmetria delle interazioni nucleari nello scambio neutrone - protone. [3]

1.1.1 Indipendenza delle forze nucleari dalla carica elettrica

Si sa che il nucleo atomico è composto da due tipi di particelle, il protone e

il neutrone, distinte in base alle loro proprietà elettromagnetiche e per una leggera

differenza di massa. Numerose evidenze sperimentali mostrano che le forze

nucleari sono insensibili alla carica elettrica. Per comprendere meglio tale

proprietà si possono analizzare i livelli energetici dei nuclei speculari. I cosiddetti

“nuclei speculari” sono quelle coppie di elementi in cui ciascun nucleo è ottenibile

dall‟altro scambiando tutti i protoni e i neutroni, e viceversa, ad esempio 𝐻13

2 e

𝐻𝑒23

1. Si osserva sperimentalmente che le energie di legame e i livelli energetici

dei nuclei speculari sono molto simili e diventano identici se si correggono gli

effetti coulombiani, ovvero gli effetti dell‟interazione elettromagnetica.

L‟uguaglianza dei livelli è un indizio che le interazioni forti p-p e n-n sono

identiche: infatti, i due nuclei che stiamo considerando hanno un ugual numero di

legami p-n, e differiscono solo per un legame p-p o n-n . Ciò porta alla

conclusione che esiste una “simmetria di carica” delle forze nucleari.

Poiché in due nuclei speculari si ha lo stesso numero di legami p-n, non si può dir

nulla sul confronto tra i legami n-n (o p-p) e i legami p-n: l‟“indipendenza dalla

carica” delle forze nucleari si ha se l‟interazione p-n è identica alle altre due. Per

ottenere delle indicazioni si può considerare il nucleo 𝐶612 al quale si aggiungono

due nucleoni. Le possibili configurazioni sono:

𝐶612

+ 𝑛𝑛 ≡ 𝐶614

+ 𝑝𝑝 ≡ 𝑂814

+ 𝑝𝑛 ≡ 𝑁714

I due nuclei 𝐶614 e 𝑂8

14 sono speculari, e in effetti le loro energie di legame sono in

accordo con la simmetria di carica. Invece lo stato fondamentale del 𝑁714 non lo è,

e inoltre il suo spin nello stato fondamentale 1+ è diverso da quello degli altri due

(1.1)

8

nuclei 0+. Se però consideriamo i livelli del 𝑁714 in riferimento al livello eccitato

a 2,31 MeV, che ha lo stesso valore di spin- parità 0+ degli stati fondamentali

degli altri due nuclei, si trova che questi sono identici. Questo esempio ci porta a

concludere che le tre interazioni p-p, n-n e p-n sono uguali all‟interno del nucleo.

[4]

1.1.2 Spin Isotopico – Definizione e proprietà

Quindi considerando l‟interazione nucleare, il protone e il neutrone

possono essere considerate non come due particelle distinte, ma come due “stati

degeneri” di una stessa particella, il nucleone. Questi due stati risultano

distinguibili solo mediante l‟interazione elettromagnetica che è sensibile alla

carica elettrica. In analogia con il concetto di spin ( per esempio l‟elettrone può

trovarsi in due stati distinti di terza componente di spin ), questa proprietà è stata

formulata introducendo la nozione di spin isotopico o isospin, il cui formalismo è

identico a quello dello spin. Nello “spazio di spin isotopico” esso viene

rappresentato da un vettore 𝐼 , che possiede tre componenti 𝐼1, 𝐼2 e 𝐼3. Gli

operatori diagonali sono 𝐼 2 e 𝐼3, con autovalori rispettivamente 𝐼 𝐼 + 1 e 𝐼3,

quest‟ultimo variabile da – 𝐼 a +𝐼 ; da ciò segue che ogni stato di isospin 𝐼 è

2 𝐼 + 1 volte degenere, cioè esistono 2 𝐼 + 1 stati fisici, nuclei o particelle,

formanti un multipletto di isospin e distinguibili solo in base alla carica. Così il

nucleone ha 𝐼 = ½, con componenti 𝐼3 = +1

2 per il protone e 𝐼3 = −

1

2 per il

neutrone. Quindi, in analogia con il formalismo di spin, i due stati si possono

scrivere come vettori a due componenti: |𝑝 = 10 𝑒 |𝑛 =

01 . Il fatto che

l‟operatore 𝐼 2 sia diagonale significa che il modulo del vettore 𝐼 è invariante per

rotazioni nello spazio di spin isotopico, e quindi 𝐼 si conserva nelle interazioni

forti; cioè le interazioni nucleari possono dipendere da 𝐼 ma non dalle sue

componenti. Il concetto di indipendenza dalla carica è stato così trasformato in

conservazione dello spin isotopico nelle interazioni forti o invarianza per

rotazioni nello spazio di isospin. [4]

9

Spieghiamo meglio questa invarianza ritornando al protone e al neutrone.

Considerandoli come un‟unica particella, il nucleone, quest‟ultimo può essere

rappresentato come un vettore colonna 𝑝𝑛 , ovvero un sistema a due stati

+ 1 2

− 1 2 che viene costruito con le stesse regole dello spin. Poiché si sta

considerando l‟interazione nucleare, insensibile alla carica elettrica, possiamo

affermare che scambiando p e n o combinandoli tra loro l‟interazione non cambia,

cioè si descrive lo stesso fenomeno: quindi si può affermare che il sistema risulta

essere invariante sotto queste trasformazioni, e che le forze nucleari forti,

responsabili della stabilità dei nuclei, sono invarianti per lo scambio. Si può

costruire un Hamiltoniano invariante quando si trasforma p e n. Una

trasformazione che si può applicare al sistema 𝑝𝑛 per mantenere questa

invarianza è analoga alle rotazioni. L‟analogia più ovvia è con l‟atomo di

idrogeno, in cui l‟Hamiltoniano, dipendendo solo dalla coordinata radiale r,

commuta con il momento angolare. [4] [5]

1.2 CENNI DI TEORIA DEI GRUPPI [6]

1.2.1 Gruppi e rappresentazioni: definizione

La Teoria dei Gruppi è un formalismo estremamente utile per spiegare le

simmetrie. Ne diamo alcune definizioni di base.

Un gruppo è un insieme 𝐺 munito di una legge di composizione che ad ogni

coppia di elementi a, b di 𝐺 associa un terzo elemento, appartenente a 𝐺, e che

rispetta le seguenti proprietà:

1. se 𝑓, 𝑔 𝜖 𝐺 allora 𝑕 = 𝑓𝑔 𝜖 𝐺;

2. se 𝑓, 𝑔, 𝑕 𝜖 𝐺, allora 𝑓 𝑔𝑕 = 𝑓𝑔 𝑕 𝜖 𝐺 (proprietà associativa) ;

3. esiste l‟elemento identità, 𝑒: ∀𝑓 𝜖 𝐺, 𝑒𝑓 = 𝑓𝑒 = 𝑓;

10

4. ogni elemento 𝑓 𝜖 𝐺 possiede un inverso,𝑓−1, così che 𝑓 𝑓−1 = 𝑓−1 𝑓 =

𝑒.

Un gruppo si dice finito se possiede un numero finito di elementi, altrimenti si

dice infinito. Il numero di elementi di un gruppo finito 𝐺 si chiama ordine di 𝐺.

Un gruppo si dice abeliano se la legge di composizione è commutativa, ovvero se

dati 𝑓, 𝑔 𝜖 𝐺, risulta 𝑓𝑔 = 𝑔𝑓.

Una rappresentazione di 𝐺 di uno spazio vettoriale 𝑉 su un campo 𝐾, è una

mappa 𝐷 che agisce sugli elementi di 𝐺 attraverso degli operatori lineari. Essa

agisce su 𝐺 e termina in GL(𝑉), che è il gruppo generale lineare di 𝑉, ovvero

l‟insieme di tutte le matrici invertibili del campo 𝐾. ( Il gruppo è detto speciale se

il determinante di tali matrici è pari ad +1 ).

Una rappresentazione di 𝐺 soddisfa le seguenti proprietà:

1. 𝐷 𝑒 = 1, dove 1 è l‟operatore identità nello spazio sul quale gli operatori

lineari agiscono.

2. ∀𝑔1, 𝑔2 𝜖 𝐺, 𝐷 𝑔1 𝐷 𝑔2 = 𝐷 𝑔1𝑔2 , ovvero la legge di composizione

del gruppo è applicata alla legge di moltiplicazione naturale, nello spazio

lineare sul quale gli operatori lineari agiscono.

3. Esiste l‟operatore inverso, 𝐷−1, tale che 𝐷−1 𝑔 𝐷 𝑔 = 𝐷 𝑔 𝐷−1 𝑔 =

1.

4. Vale la relazione 𝐷 𝑔−1 = 𝐷−1 𝑔 .

.

La dimensione di una rappresentazione è la dimensione dello spazio vettoriale sul

quale essa agisce.

11

1.2.2 Rappresentazioni irriducibili

L‟importanza di una rappresentazione è dovuta al fatto che essa opera in

spazi lineari, e che quindi si è liberi di scegliere la rappresentazione degli stati nel

modo più opportuno realizzando trasformazioni lineari. Se la trasformazione è

invertibile, i nuovi stati hanno la stessa rilevanza degli stati originari. Si genera

così una trasformazione sugli operatori lineari, così che si possa sempre realizzare

una nuova rappresentazione della forma

𝐷 𝑔 → 𝐷′ 𝑔 = 𝑆−1 𝐷 𝑔 𝑆

I nuovi operatori possiedono la stessa legge di composizione e le rappresentazioni

𝐷 e 𝐷′ si dicono equivalenti.

Gli operatori unitari (dato l‟operatore 𝑂, risulta che 𝑂+ = 𝑂−1 se 𝑂 è unitario)

risultano importanti per queste rappresentazioni: infatti, una rappresentazione si

dice unitaria se tutte le matrici 𝐷 𝑔 sono unitarie.

Una rappresentazione si dice riducibile se esiste un sottospazio che risulta

invariante sotto l‟applicazione degli operatori della rappresentazione di 𝐺, ovvero

se l‟azione di ogni 𝐷 𝑔 su qualsiasi vettore nel sottospazio è ancora nel

sottospazio. Chiamando 𝑃 l‟operatore di proiezione sul sottospazio, possiamo

scrivere formalmente queste proprietà nel seguente modo:

𝑃𝐷 𝑔 𝑃 = 𝐷 𝑔 𝑃 ∀𝑔 𝜖 𝐺

Una rappresentazione si dice, invece, irriducibile se non è riducibile.

Una rappresentazione è completamente riducibile se è equivalente ad una

rappresentazione i cui elementi di matrice hanno la seguente forma, ovvero la

forma è una matrice diagonale a blocchi:

𝐷1 𝑔 0 ⋯

0 𝐷2 𝑔 ⋯⋮ ⋮ ⋱

in cui 𝐷𝑖 𝑔 è irriducibile ∀𝑖.

Una rappresentazione nella forma diagonale a blocchi può essere riscritta come la

somma diretta delle sottorappresentazioni, 𝐷𝑖 𝑔 , ovvero riscrivendo la

(1.4)

(1.3)

(1.2)

12

rappresentazione originaria in una somma diretta di rappresentazioni irriducibili,

dette multipletti ( le rappresentazioni dei gruppi vengono invece chiamate

supermultipletti ). Da ciò consegue una ulteriore definizione di rappresentazione

completamente riducibile: essa è una rappresentazione che può essere scritta

come somma diretta di rappresentazioni irriducibili.

1.2.3 Prodotti tensoriali

Abbiamo detto che possiamo scrivere una rappresentazione

completamente riducibile come una somma diretta di rappresentazioni più piccole.

Possiamo inoltre unire rappresentazioni per averne una più grande. Supponiamo

che 𝐷1 sia una rappresentazione di dimensione 𝑚, che agisce su uno spazio il cui

vettore di base è 𝑗 , e 𝐷2 una rappresentazione di dimensione 𝑛, agente su uno

spazio con vettore di base 𝑥 . Possiamo generare uno spazio di dimensione

𝑚 × 𝑛 chiamato spazio del prodotto tensoriale, il cui vettore di base è dato dalla

coppia ordinata dei due vettori di base degli spazi originari, ovvero 𝑗, 𝑥 . Poiché 𝑗

può assumere valori da 1 a 𝑚 e 𝑥 da 1 a 𝑛, la coppia ordinata 𝑗, 𝑥 può assumere

valori differenti scelti tra le varie combinazioni 𝑚 × 𝑛.

Possiamo così definire la rappresentazione del nuovo spazio, chiamata

rappresentazione del prodotto tensoriale che si ottiene moltiplicando le due

rappresentazioni più piccole, 𝐷1 ⨂𝐷2. Gli elementi di matrice di 𝐷𝐷1 ⨂𝐷2 𝑔 sono

il prodotto di quelli di 𝐷1 (𝑔) e 𝐷2(𝑔):

𝑗, 𝑥 𝐷𝐷1 ⨂𝐷2 𝑔 𝑘, 𝑦 ≡ 𝑗 𝐷1 𝑔 𝑘 𝑥 𝐷2 𝑔 𝑦

dove 𝑗 𝐷 𝑔 𝑘 è definito come prodotto scalare in cui l‟operatore lineare agisce

su entrambi i vettori di base, ovvero è l‟elemento di matrice di tale operatore

lineare. Si osserva facilmente che essa è una rappresentazione di 𝐺 e che non è, in

generale irriducibile. Si noterà in seguito come è possibile decomporre

rappresentazioni del prodotto tensoriale riducibili in rappresentazioni irriducibili.

(1.5)

13

1.2.4 Gruppi di trasformazione

Esiste una legge di composizione naturale per le trasformazioni di un

sistema fisico. Infatti se 𝑔1 e 𝑔2 sono due trasformazioni, 𝑔1𝑔2 significa,

convenzionalmente, che si deve far agire dapprima 𝑔2 e poi 𝑔1nel sistema. Si è

utilizzato l‟avverbio “convenzionalmente” perché potrebbe valere il contrario, a

seconda della definizione data alla stessa. Comunque, entrambe danno una

definizione consistente di gruppo di trasformazione.

Se la trasformazione è una simmetria di un sistema quanto – meccanico, essa

muta lo spazio di Hilbert in uno equivalente. Esiste quindi per ogni elemento 𝑔

del gruppo 𝐺 un operatore unitario 𝐷 𝑔 che trasforma lo spazio di Hilbert in uno

equivalente. Questi operatori unitari formano una rappresentazione del gruppo di

trasformazioni poiché gli stati quantistici trasformati rappresentano il sistema

fisico trasformato. Quindi per ogni insieme di simmetrie, c‟è una rappresentazione

del gruppo di simmetria nello spazio di Hilbert. Inoltre, poiché gli stati trasformati

hanno la stessa energia degli originali, 𝐷 𝑔 commuta con l‟Hamiltoniano,

𝐷 𝑔 , 𝐻 = 0.

Come esempio prendiamo in considerazione il gruppo delle rotazioni: i) possiede

un elemento neutro che è la matrice identità che consiste nel non effettuare una

rotazione; ii) il prodotto di due rotazioni è ancora una rotazione, e si verifica la

proprietà associativa; iii) per ogni matrice di rotazione esiste la matrice inversa,

cioè la matrice che genera la stessa rotazione all‟indietro. Quindi si può affermare

che il gruppo delle rotazioni è chiuso rispetto alla “moltiplicazione”. Il gruppo

delle rotazioni è inoltre un gruppo di simmetria perché sotto tali operazioni un

sistema fisico isolato, e quindi la fisica ad esso correlata, rimangono invariati.

L‟invarianza per rotazioni è equivalente a definire lo spazio isotropo ed implica

l‟invarianza per rotazioni dell‟Hamiltoniano, che è la grandezza che definisce la

dinamica dei sistemi fisici. [7]

14

In particolare queste operazioni lasciano le probabilità di transizione di tale

sistema invariate. Supponiamo infatti che gli stati, mediante una trasformazione

R, si trasformino nel seguente modo:

𝜓 → 𝜓′ = 𝑈 𝜓 .

La probabilità che il sistema descritto da 𝜓 si trovi nello stato 𝜙 non deve

cambiare in seguito ad una rotazione R:

𝜙 𝜓 2 = 𝜙′ 𝜓′ 2 = 𝜙 𝑈+𝑈 𝜓 2.

Ciò significa che 𝑈 deve essere un operatore unitario. Gli operatori

𝑈 𝑅1 , 𝑈 𝑅2 , ⋯ (dove 𝑅1 , 𝑅2 ⋯ sono le matrici di rotazione) formano un gruppo

con la stessa struttura del gruppo originale 𝑅1 , 𝑅2 ⋯; questi formano una

rappresentazione unitaria del gruppo delle rotazioni. Inoltre, l‟Hamiltoniano

rimane invariato per un‟operazione di simmetria R del sistema. Gli elementi di

matrice sono infatti preservati:

𝜙′ 𝐻 𝜓′ = 𝜙 𝑈+𝐻𝑈 𝜓 = 𝜙 𝐻 𝜓

così che

𝐻 = 𝑈+𝐻𝑈 𝑜 𝑈, 𝐻 ≡ 𝑈𝐻 − 𝐻𝑈 = 0.

La trasformazione U non ha una dipendenza esplicita dal tempo, perciò

l‟equazione del moto

𝑖𝑑

𝑑𝑡 𝜓(𝑡) = 𝐻 𝜓(𝑡)

rimane invariata sotto operazioni di simmetria; come conseguenza il valore di

aspettazione di U è una costante del moto.

Per concludere, richiamiamo una proprietà importante delle rotazioni, e cioè che

esse possono essere espresse come prodotto di rotazioni infinitesime.

(1.6)

(1.7)

(1.8)

(1.9)

(1.10)

15

Abbiamo parlato di trasformazioni che riguardano lo spazio, ma esistono altri

gradi di libertà interni che possono essere soggetti a trasformazioni simili alle

rotazioni e che possiedono una simmetria interna. Un esempio è proprio lo spin

isotopico. L‟Hamiltoniano delle interazioni forti possiede una struttura di

simmetria, unitaria e speciale, SU(2), la simmetria di isospin (speciale perché,

come si vedrà in seguito, la matrice che rappresenta il gruppo ha determinante

uguale ad 1). L‟operatore di carica definisce, invece, una direzione nello spazio di

isospin (𝐼3), che rompe la simmetria di isospin eliminando la degenerazione. Un

esempio è, come abbiamo già visto, il nucleone. L‟esempio più semplice di

multipletto di SU(2) è la rappresentazione fondamentale o due – dimensionale,

ovvero un oggetto che può esistere in due stati che chiamiamo up e down (u,d). Il

protone e il neutrone sono un esempio di rappresentazione del gruppo di isospin

SU(2) con il protone che coincide con l‟up con 𝐼3 = +½, e il neutrone con il down,

con 𝐼3 = -½. Generalizzeremo ai quark up e down che possiedono le stesse

caratteristiche di questi stati e vengono utilizzati nella costruzione di particelle

quali i mesoni e i barioni. [5]

1.3 SU(2) di ISOSPIN [3]

1.3.1 Rappresentazione fondamentale

La simmetria di isospin nella fisica delle particelle è una proprietà che può

essere descritta dal gruppo di simmetria SU(2).

La rappresentazione fondamentale di SU(2) è il doppietto

𝜒 = 𝑢𝑑

Poiché le proprietà dell‟isospin sono analoghe a quelle dello spin, possiamo

considerare come esempio una particella di spin ½ . Questa particella può avere il

suo spin proiettato up o down lungo un asse z. A parte un fattore di fase, questi

(1.11)

16

due stati rimangono invariati sotto una rotazione intorno all‟asse z. La rotazione

attorno a z di un angolo 𝜗 trasforma gli stati come segue:

𝑢′

𝑑′ =

𝑐𝑜𝑠𝜗 𝑠𝑖𝑛𝜗−𝑠𝑖𝑛𝜗 𝑐𝑜𝑠𝜗

𝑢𝑑 = 𝑈(𝜗)

𝑢𝑑

dove |𝑢 = 10 𝑒 |𝑑 =

01 . Perciò otteniamo |𝑢′ =

𝑐𝑜𝑠𝜗−𝑠𝑖𝑛𝜗

𝑒 |𝑑′ = 𝑠𝑖𝑛𝜗𝑐𝑜𝑠𝜗

.

Notiamo che la matrice 2x2 𝑈 𝜗 è unitaria e quindi la norma è conservata: infatti

𝜒′+ ∙ 𝜒′ = 𝜒+𝑈+𝑈 𝜒 = 𝜒+𝜒.

In generale consideriamo la trasformazione 𝜒′ = 𝑈 𝜒, con U matrice 2x2 unitaria

e speciale (detU=1). Il gruppo di queste trasformazioni è noto come il gruppo

SU(2). La forma generale per U è

𝑈 = e(12

𝑖 𝜗 𝑛 ∙𝜍)

dove 𝜗 misura l‟angolo di rotazione attorno all‟asse 𝐧 e 1

2𝜍 sono tre matrici 2x2,

𝜍1, 𝜍2, 𝜍3. Queste ultime matrici sono chiamate generatori delle trasformazioni

infinitesime : infatti, per 𝜗 infinitesimi si ha

𝜒′ → 𝜒 + 𝛿𝜒

𝛿𝜒 ≡ 𝑖𝜗 𝑛 ∙ (1

2𝜍𝜒)

Quindi U è l‟operatore di rotazione, ed essendo 𝜗 arbitrario, questa equazione

descrive un set di trasformazioni generate dalle matrici 1

2𝜍 in uno spazio reale:

questo è il gruppo delle rotazioni. Dal punto di vista delle interazioni forti, lo spin

isotopico è esattamente conservato e tutti gli stati ottenuti sono degeneri.

L‟operatore U si può scrivere come una matrice 2x2 a elementi complessi che

genera trasformazioni in uno spazio complesso a due dimensioni. Si ha infatti,

espandendo l‟esponenziale in serie di potenze dell‟esponente:

𝑈 = 𝑒12𝑖(𝜍∙𝑛)𝜗 = 𝑒

12𝑖(2𝜍∙𝑛)

𝜗2 = 𝕀 + 𝑖 𝜍 ∙ 𝑛 𝜗

2−

(𝜍 ∙ 𝑛)2

2!

𝜗

2

2

− 𝑖(𝜍 ∙ 𝑛)3

3!

𝜗

2

3

+ ⋯

Poiché 𝜍 ∙ 𝑛 = 𝜍1𝑛1 + 𝜍2𝑛2 + 𝜍3𝑛3 = 𝑛3 𝑛1 − 𝑖𝑛2

𝑛1 + 𝑖𝑛2 −𝑛3 ≡ 𝐴 [avendo

assunto che le matrici 𝜍 siano le matrici di Pauli, come vedremo in seguito]; si ha

che: 𝐴2 = 𝕀, 𝐴3 = 𝐴 ⋯

(1.12)

(1.13)

(1.14)

(1.15)

(1.16)

17

Quindi 𝑈 = 𝕀 1 −1

2! 𝜗

2

2+

1

4! 𝜗

2

4− ⋯ + 𝑖𝐴

𝜗

2−

1

3!

𝜗

2

3+ ⋯ = 𝕀 𝑐𝑜𝑠

𝜗

2+

𝑖 𝐴 𝑠𝑖𝑛𝜗

2=

𝑐𝑜𝑠𝜗

2+ 𝑖𝑛3 𝑠𝑖𝑛

𝜗

2𝑖(𝑛1 − 𝑖𝑛2)𝑠𝑖𝑛

𝜗

2

𝑖(𝑛1 + 𝑖𝑛2)𝑠𝑖𝑛𝜗

2𝑐𝑜𝑠

𝜗

2− 𝑖𝑛3 𝑠𝑖𝑛

𝜗

2

= 𝛼 𝛽

−𝛽∗ 𝛼∗ .

È facile verificare che 𝑈𝑖𝑘𝑈𝑗𝑘∗ = 𝛿𝑖𝑗 , cioè la matrice U è unitaria. Consideriamo

allora che il det 𝑈 = 1: avendo scritto 𝑈 = e(12

𝑖 𝜗 𝑛 ∙𝜍) e utilizzando la relazione

(Hubbard – Stratonovich): det 𝑒𝐵 = 𝑒𝑇𝑟 𝐵 per una data matrice B, segue che le

matrici 𝜍 hanno traccia nulla. Inoltre, essendo 𝑈−1 = e(−12

𝑖 𝜗 𝑛 ∙𝜍) e 𝑈+ =

e(−12

𝑖 𝜗 𝑛 ∙𝜍+) uguali per matrici unitarie, segue che 𝜍+ = 𝜍. Quindi le matrici 𝜍

sono un set di matrici 2x2 con traccia nulla e Hermitiane [vedi Appendice A] il

cui schema generale è

𝜍 = 𝑎 𝑏𝑏∗ −𝑎

tale che 𝑎2 + 𝑏2 = 1. Ci sono solo tre matrici linearmente indipendenti di questo

tipo, e convenzionalmente si scelgono le matrici di Pauli:

𝜍1 = 0 11 0

𝜍2 = 0 −𝑖𝑖 0

𝜍3 = 1 00 −1

Queste matrici non commutano tra loro, ma soddisfano la regola di

commutazione:

1

2𝜍𝑖 ,

1

2𝜍𝑗 = 𝑖 휀𝑖𝑗𝑘

1

2𝜍𝑘

con 𝑖, 𝑗, 𝑘 (indici che possono assumere i valori 1,2,3) si intende la somma n di

indici ripetuti e 휀𝑖𝑗𝑘 =

0 𝑠𝑒 𝑐𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑑𝑢𝑒 𝑖𝑛𝑑𝑖𝑐𝑖 𝑢𝑔𝑢𝑎𝑙𝑖+1 𝑝𝑒𝑟 𝑝𝑒𝑟𝑚𝑢𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑝𝑎𝑟𝑖 𝑑𝑒𝑔𝑙𝑖 𝑖𝑛𝑑𝑖𝑐𝑖

−1 𝑝𝑒𝑟 𝑝𝑒𝑟𝑚𝑢𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑑𝑖𝑠𝑝𝑎𝑟𝑖 𝑑𝑒𝑔𝑙𝑖 𝑖𝑛𝑑𝑖𝑐𝑖

Questa è l‟algebra dei generatori di SU(2); 휀𝑖𝑗𝑘 sono le costanti di struttura del

gruppo. In generale, i generatori delle trasformazioni soddisfano la seguente

regola di commutazione:

𝑆𝑖 , 𝑆𝑗 = 𝑖 휀𝑖𝑗𝑘 𝑆𝑘 .

In generale per le rappresentazioni N-dimensionali di SU(2) si possono trovare tre

matrici NxN 𝑆𝑖 che soddisfano quest‟algebra, come si è fatto in due dimensioni; i

(1.17)

(1.18)

(1.19)

(1.20)

(1.21)

18

multipletti che sono trasformati da queste matrici sono le rappresentazioni N-

dimensionali di SU(2).

Ritornando alla rappresentazione fondamentale in due dimensioni, osserviamo che

la matrice 1

2𝜍3 è diagonale, e quindi

𝑢𝑑 sono gli autostati di questo operatore

con autovalori +1/2−1/2

rispettivamente:

1

2𝜍3 𝑢 =

1

2

1 00 −1

10 ≡

1

2

10 ≡

1

2 𝑢

1

2𝜍3 𝑑 =

1

2

1 00 −1

01 ≡ −

1

2

01 ≡ −

1

2 𝑑

Facendo agire le matrici 𝜍± ≡1

2 𝜍1 ± 𝑖 𝜍2 sui multipletti bidimensionali

otteniamo delle trasformazioni tra gli stati che differiscono di un valore pari a

1

2𝜍3 . Ad esempio, dalle espressioni di 𝜍1 e 𝜍2 otteniamo:

𝜍+ = 0 10 0

, e quindi:

𝜍+𝑢 = 0 10 0

10 ≡ 0 𝑒 𝜍+𝑑 =

0 10 0

01 ≡

10 ≡ 𝑢.

Le matrici 𝜍± sono note come operatori di innalzamento e abbassamento, e

soddisfano le seguenti relazioni di commutazione:

1

2𝜍3 , 𝜍± = ±𝜍± 𝑒 𝜍+, 𝜍− = 2

1

2𝜍3 .

Possiamo definire una combinazione di generatori che commuta con tutti i

generatori del gruppo. Questo operatore è chiamato “operatore di Casimir” ed è

dato dalla relazione:

𝐶 =1

2 𝜍+𝜍− + 𝜍−𝜍+ +

1

4𝜍3

2 =1

4 𝜍1

2 + 𝜍22 + 𝜍3

2 = 1

2𝛔

2

La generalizzazione al caso NxN dimensionale si ottiene ponendo al posto di

1

2𝜍1,2,3 , 𝑆1,2,3 e al posto di 𝜍±, 𝑆± e identificando l‟operatore di Casimir con S

2 .

Per una rappresentazione di SU(2) con dimensione N=2S+1, l‟autovalore di S2

è

S(S+1). Questo si può facilmente osservare facendo agire questo operatore su un

(1.22)

(1.23)

(1.24)

(1.25)

(1.26)

19

elemento del multipletto con valore massimo, cioè quando S3=S; infatti, facendo

agire S+ su 𝜒𝑚𝑎𝑥 , si ottiene 𝑆+𝜒𝑚𝑎𝑥 = 0. Quindi, essendo

𝐶 =1

2 𝑆+𝑆− + 𝑆−𝑆+ + 𝑆3

2 = 𝑆−𝑆+ + 𝑆3+𝑆32,

si ha che 𝐶𝜒𝑚𝑎𝑥 = 𝑆 𝑆 + 1 𝜒𝑚𝑎𝑥 .

1.3.2 Rappresentazione coniugata

Abbiamo visto che il protone e il neutrone possono essere identificati con

gli stati di up e down nella rappresentazione bidimensionale di SU(2) di isospin.

Se scriviamo gli antinucleoni come 𝑢 e 𝑑 , allora rispettivamente gli stati 𝑑 , 𝑢

hanno 𝐼 =1

2 e 𝐼3 = +

1

2, −

1

2 , proprio come il doppietto 𝑢, 𝑑 . Questa nuova

rappresentazione è nota come rappresentazione coniugata; convenzionalmente, la

dimensione di queste rappresentazioni viene così scritta

𝟐 ≡ 𝑢, 𝑑 , 𝟐∗ ≡ 𝑑 , 𝑢 .

Vediamo come questi stati si trasformano sotto isorotazioni.

Il doppietto fondamentale 𝜙 = 𝑢𝑑 si trasforma per isorotazioni in questo modo:

𝜙′ = 𝑈𝜙

con 𝑈 = exp 1

2 𝑖 𝜗 𝑛 ∙ 𝜍 ≡ 𝑐𝑜𝑠

𝜗

2+ 𝑖 𝑛 ∙ 𝜍 𝑠𝑖𝑛

𝜗

2. Quindi gli stati trasformati

possono essere scritti:

𝑢′ = 𝑐𝑜𝑠𝜗𝑢 + 𝑠𝑖𝑛𝜗𝑑 𝑒 𝑑′ = −𝑠𝑖𝑛𝜗𝑢 + 𝑐𝑜𝑠𝜗𝑑 .

Applicando l‟operatore di coniugazione di carica ad entrambi gli stati, ovvero

trasformando 𝑢 → 𝑢 e 𝑑 → 𝑑 , otteniamo:

𝑢 ′ = 𝑐𝑜𝑠𝜗𝑢 + 𝑠𝑖𝑛𝜗𝑑 𝑒 𝑑 ′ = −𝑠𝑖𝑛𝜗𝑢 + 𝑐𝑜𝑠𝜗𝑑 ,

e quindi

𝑑 ′

𝑢 ′ =

𝑐𝑜𝑠𝜗 −𝑠𝑖𝑛𝜗𝑠𝑖𝑛𝜗 𝑐𝑜𝑠𝜗

𝑑

𝑢 .

(1.27)

(1.28)

(1.29)

(1.30)

(1.31)

(1.32)

20

Se ridefinissimo il doppietto di questa rappresentazione come 𝑑

−𝑢 , otterremmo

nuovamente la matrice di trasformazione delle rotazioni. Possiamo perciò asserire

che il doppietto 𝜙 = 𝑑

−𝑢 si trasforma come 𝜙 ′ = 𝑈𝜙 con 𝑈 = exp 1

2 𝑖 𝜗 𝑛 ∙

𝜍. Così le antiparticelle si trasformano come la rappresentazione 𝟐 sotto SU(2). In

generale, per SU(N) ci sono le rappresentazioni fondamentali con dimensioni

𝑁 𝑒 𝑁∗. Nel caso di SU(2) abbiamo osservato che 2 𝑒 2∗ sono equivalenti, al

contrario le rappresentazioni 𝑁 𝑒 𝑁∗ non sono equivalenti.

1.3.3 Rappresentazione regolare

La rappresentazione più semplice dei generatori di un gruppo SU(N) sono

le 𝑁2 − 1 matrici N x N Hermitiane con traccia nulla, le tre matrici di Pauli per

SU(2). Usando queste matrici definiamo una rappresentazione 𝑁2 − 1

dimensionale, nota come rappresentazione regolare, la cui algebra è definita dalla

relazione di commutazione che identifica il gruppo: 𝑆𝑖 , 𝑆𝑗 = 𝑖 휀𝑖𝑗𝑘 𝑆𝑘 , in cui 휀𝑖𝑗𝑘

sono le costanti di struttura del gruppo, che non dipendono dalla rappresentazione

del gruppo stesso. Il gruppo, da noi considerato, può essere chiamato Gruppo di

Lie, proprio perché questi gruppi hanno la caratteristica di soddisfare la regola di

commutazione sopra citata e l‟algebra corrispondente.

Scegliamo 𝑆3 diagonale e troviamo una rappresentazione di matrici 3 × 3 così

definite

𝑆3 = 1 0 00 0 00 0 −1

𝑆1 =1

2

0 −1 0−1 0 10 1 0

𝑆2 =𝑖

2

0 1 0−1 0 −10 1 0

che soddisfa l‟algebra di SU(2). La base sul quale esse agiscono è composta di

autostati con autovalori pari a quelli di 𝑆3 = +1,0, −1. Considerando l‟isospin, i

tre autostati sono corrispondenti ai tre stati di carica del mesone 𝜋 , ovvero

𝜋+, 𝜋0 e 𝜋−.

(1.33)

21

Invece di questi stati di carica, possiamo realizzare una base alternativa che si

comporta come un vettore le cui componenti sono soggette alle rotazioni nello

spazio di isospin. La base è la seguente:

𝜋1 ≡

1

2(− 𝜋+ + 𝜋− )

𝜋2 ≡

1

2( 𝜋+ + 𝜋− )

𝜋3 ≡ 𝜋0

In questa nuova base gli elementi di matrice dei generatori sono:

𝜋𝑗 𝑆𝑖 𝜋𝑘 = −𝑖휀𝑖𝑗𝑘 .

Ad esempio

𝜋1 𝑆3 𝜋2 = −𝑖

2 𝜋+ 𝑆3 𝜋+ − 𝜋− 𝑆3 𝜋− = −𝑖 = −𝑖휀312 .

Questo vale in generale per ogni SU(N). Se l‟algebra del gruppo è definita da

𝐺𝑖 , 𝐺𝑗 = 𝑖 𝑔𝑖𝑗𝑘 𝐺𝑘 con M generatori 𝐺𝑖 (con 𝑖 = 1 ⋯ 𝑀 ) e 𝑔𝑖𝑗𝑘 le costanti di

struttura del gruppo, allora una rappresentazione può sempre ottenuta con

dimensione uguale al numero di generatori. Questa è la rappresentazione regolare,

ed è data da

𝑆𝑘 𝑖𝑗 = −𝑖𝑔𝑖𝑗𝑘 .

1.3.4 Rottura di SU(2)I

Un esempio particolare che rappresenta al meglio le proprietà di SU(2)

sopra discusse è lo spin, considerando così le rotazioni nello spazio reale. Un altro

esempio è l‟isospin, le cui rotazioni si realizzano nello spazio di spin isotopico.

Così come il momento angolare, e quindi lo spin, si conserva per una teoria

invariante per rotazioni nello spazio reale, anche l‟isospin si conserva se c‟è

invarianza sotto rotazioni nello spazio di isospin.

Tra gli esempi di multipletti di isospin ricordiamo:

𝐼 =1

2 → 𝑛𝑒𝑢𝑡𝑟𝑜𝑛𝑒 𝐼3 = −

1

2 ; 𝑝𝑟𝑜𝑡𝑜𝑛𝑒 𝐼3 = +

1

2 ;

𝐼 = 1 → 𝜋− 𝐼3 = −1 ; 𝜋0 𝐼3 = 0 ; 𝜋+ 𝐼3 = +1

(1.34)

(1.35)

(1.36)

(1.37)

22

Il protone e il pione hanno la stessa carica elettrica ma differiscono per il valore di

𝐼3. Possiamo così definire l‟operatore di carica

𝑄 =1

2𝐵 + 𝐼3

dove B è il numero barionico, pari ad 1 per il protone e 0 per il pione.

Considerando l‟operatore di isospin I e le regole di commutazione sopra definite

otteniamo

𝐼𝑖 , 𝐼𝑗 = 𝑖 휀𝑖𝑗𝑘 𝐼𝑘

da cui segue che

𝑄, 𝐼3 = 0 𝑒 𝑄, 𝐼1,2 ≠ 0

L‟operatore di carica non è invariante sotto isorotazioni. Infatti ha selezionato

l‟asse 3 come speciale: quindi la carica elettrica viola la conservazione

dell‟isospin, o, più in generale, l‟interazione elettromagnetica viola la

conservazione di isospin.

Se l‟Hamiltoniano commuta con i generatori 𝐺𝑖 di qualche gruppo di simmetria 𝐺:

𝐻, 𝐺𝑖 = 0 𝑝𝑒𝑟 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑒 𝑙𝑒 𝑖

allora quella simmetria è una proprietà esatta della Natura. Consideriamo il caso

in cui 𝐺𝑖 = 𝐼𝑖 , i generatori di isospin di SU(2). Scriviamo 𝐻 = 𝐻𝑓𝑜𝑟𝑡𝑒 + 𝐻𝑒𝑚 . È

plausibile pensare che l‟isospin sia un‟esatta simmetria delle interazioni forti e che

𝐻𝑓𝑜𝑟𝑡𝑒 , 𝐼𝑖 = 0 𝑒 𝐻𝑒𝑚 , 𝐼𝑖 ≠ 0 .

I contributi elettromagnetici all‟Hamiltoniano sono piccoli comparati a quelli forti

e quindi, in modo approssimato, la simmetria di isospin delle interazioni forti può

essere vista come una simmetria della Natura. L‟esistenza di questa simmetria

viene riscontrata nell‟esistenza dei multipletti di spin isotopico: tuttavia, se

l‟isospin fosse una simmetria esatta della natura allora il protone e il neutrone

dovrebbero avere la stessa massa. In realtà infatti esse sono leggermente differenti

e come abbiamo già detto, la differenza può essere attribuita ad effetti

elettromagnetici, che rompono la simmetria di isospin.

(1.38)

(1.39)

(1.40)

(1.41)

(1.42)

23

1.4 SU(3) di SAPORE [3]

1.4.1 La Stranezza

Nel 1947 fu scoperto il pione: fino ad allora il nucleone era stato

considerato come l‟unica particella esistente. In seguito, furono scoperte alcune

particelle che interagivano fortemente, erano prodotte abbondantemente nelle

interazioni pione – nucleone ( o nucleone – nucleone ) ed erano notevolmente

stabili rispetto alle scale temporali delle interazioni forti. Tali caratteristiche

valsero loro l‟appellativo di particelle “strane”. Queste apparenti contraddizioni

furono spiegate assumendo che la produzione di particelle strane avvenisse in

processi che non sarebbero potuti essere responsabili del loro decadimento. Inoltre

si osservò che le particelle strane potevano essere prodotte soltanto in coppie .

Questa proprietà delle interazioni forti di agire sulle particelle strane solo se

almeno due di esse partecipano alla reazione, fu formalizzata assumendo

l‟esistenza di un nuovo numero quantico per tutti gli adroni, le particelle

subatomiche soggette alla forza nucleare forte, accanto all‟isospin e al numero

barionico (numero quantico pari a 1 per i barioni, a -1 per gli antibarioni e 0 per

tutte le altre particelle). Esso fu chiamato stranezza, pari a zero per le particelle

non strane (n, p, 𝜋) e diverso da zero per le particelle strane ( K, o mesoni pesanti,

e iperoni, particelle più pesanti del protone). La stranezza doveva conservarsi

nelle interazioni forti ed elettromagnetiche, ma non in quelle deboli, responsabili

dei decadimenti, e quindi della lunga vita media di queste particelle.

L‟introduzione della stranezza fu ad opera di Gell-Mann e Nishijima, sulla base

dell‟estensione alle particelle strane della nozione di isospin.

Per introdurre la stranezza definiamo l‟operatore di carica elettrica come

𝑄 =1

2𝑌 + 𝐼3

dove la quantità Y è chiamata “ipercarica”, ovviamente definita come

(1.43)

24

𝑌 = 2(𝑄 − 𝐼3).

Y coincide con il numero barionico per il pione e per il nucleone, e si definisce

con 𝑌 = 𝐵 + 𝑆 per le particelle strane, con 𝑆 la stranezza. Dalla conservazione di

𝐼3 nelle interazioni forti deriva la conservazione dell‟ipercarica, per come è

definita, e, quindi, anche della stranezza. Per poter così classificare tutte le

particelle riscriviamo l‟operatore di carica nel seguente modo

𝑄 =1

2 𝐵 + 𝑆 + 𝐼3:

questa formula è alla base dello schema di Gell-Mann e Nishijima.

1.4.2 Idea generale di SU(3) e rappresentazione fondamentale

Con l‟esistenza di un nuovo numero quantico in aggiunta alla terza

componente di isospin, è naturale pensare che si debba allargare la simmetria di

isospin ad un gruppo più grande. Questo nuovo gruppo di simmetria deve unire gli

adroni con proprietà simili in rappresentazioni di multipletti.

L‟estensione da SU(2) a SU(3) è immediata se estendiamo il doppietto di base

𝑢, 𝑑 al tripletto 𝑢, 𝑑, 𝑠 e osserviamo le trasformazioni del vettore

𝜙 = 𝑢𝑑𝑠

della forma

𝜙′ = 𝑈𝜙

dove U è ora una matrice 3 x 3 unimodulare unitaria. Per analogia con SU(2),

possiamo scrivere U nella forma: 𝑈 = exp 1

2 𝑖 𝜗 𝑛 ∙ 𝜆 , dove le 𝜆𝑖 sono 8 matrici

3 x 3 indipendenti Hermitiane e a traccia nulla ( 8 perché tali sono i parametri

indipendenti di una tale matrice 3 x 3), analoghe alle matrici di Pauli di SU(2).

Convenzionalmente, vengono scelte le matrici di Gell-Mann, che sono le

seguenti:

(1.44)

(1.45)

(1.46)

(1.47)

25

𝜆1 = 0 1 01 0 00 0 0

𝜆2 = 0 −𝑖 0𝑖 0 00 0 0

𝜆3 = 1 0 00 −1 00 0 0

𝜆4 = 0 0 10 0 01 0 0

𝜆5 = 0 0 −𝑖0 0 0𝑖 0 0

𝜆6 = 0 0 00 0 10 1 0

𝜆7 = 0 0 00 0 −𝑖0 𝑖 0

𝜆8 =1

3

1 0 00 1 00 0 −2

Possiamo notare che sottogruppi SU(2) sono contenuti in SU(3). Infatti 𝜆1,2,3

hanno la seguente struttura

𝜍1,2,3 0

00 0 0

e quindi mostrano il sottogruppo di isospin di SU(2) il cui doppietto è (𝑢, 𝑑);

infatti scambiando 𝑢 con 𝑑 si hanno interazioni identiche. La forma delle matrici

𝜆6,7

0 0 000 𝜍1,2

indica l‟esistenza di un sottogruppo di simmetria SU(2) di SU(3) detto U-spin, il

cui doppietto è (𝑑, 𝑠) : rappresenta tutte le trasformazioni in cui 𝑑 e 𝑠 si

combinano mentre 𝑢 rimane invariato (l‟invarianza per U-spin implica, per

esempio, che le proprietà del kaone (𝑠𝑢 ) sono uguali a quelle del pione (𝑑𝑢 ) ). In

modo analogo, la forma delle matrici 𝜆4,5 indica l‟esistenza di un sottogruppo di

simmetria SU(2) di SU(3) detto V-spin, il cui doppietto è (𝑢, 𝑠) : rappresenta tutte

le trasformazioni in cui 𝑢 e 𝑠 si combinano mentre 𝑑 rimane invariato

(l‟invarianza per V-spin implica, per esempio, che le proprietà dell‟antikaone

(𝑠𝑑 ) e di 𝜋+ (𝑢𝑑 ) sono uguali). Si costruisce così il tripletto di base di SU(3).

FFiigguurraa 11..11: Tripletto di base di SU(3)

(1.48)

(1.49)

(1.50)

26

L‟operatore 𝐹3 ≡1

2𝜆3 è l‟operatore di isospin poiché, agendo su 𝑢, 𝑑, 𝑠 esso ha

autovalori rispettivamente pari a ±1

2, 0. Definiamo l‟operatore di ipercarica

𝑌 =2

3𝐹8 ≡

2

3∙

1

2𝜆8

Poiché 𝜆3 𝑒 𝜆8 sono generatori diagonali e commutano, possiamo costruire gli

stati in modo che siano autostati di 𝜆3 𝑒 𝜆8, ovvero dell‟isospin e dell‟ipercarica.

La regola di commutazione tra i generatori 1

2𝜆𝑖 , che caratterizza il gruppo SU(3) è

la seguente

1

2𝜆𝑖 ,

1

2𝜆𝑗 = 𝑖 𝑓𝑖𝑗𝑘

1

2𝜆𝑘

dove le costanti di struttura 𝑓𝑖𝑗𝑘 sono antisimmetriche sotto lo scambio di ogni

coppia di indici. Le matrici soddisfano anche relazioni di anticommutazione:

1

2𝜆𝑖 ,

1

2𝜆𝑗 =

1

3𝛿𝑖𝑗 + 𝑑𝑖𝑗𝑘

1

2𝜆𝑘

dove le costanti 𝑑𝑖𝑗𝑘 sono simmetriche rispetto allo scambio degli indici.

Possiamo riscrivere questi risultati ponendo 𝐹𝑖 ≡1

2𝜆𝑖 :

𝐹𝑖 , 𝐹𝑗 = 𝑖 𝑓𝑖𝑗𝑘 𝐹𝑘

Riportiamo i valori delle costanti di struttura 𝑓𝑖𝑗𝑘 e 𝑑𝑖𝑗𝑘 :

Costanti di struttura di SU(3)

𝑓123 = 1

𝑓147 = 𝑓246 = 𝑓345 = 𝑓257 = 𝑓516 = 𝑓637 =1

2

𝑓458 = 𝑓678 = 3

2

𝑑118 = 𝑑228 = 𝑑338 = −𝑑888 =1

3

𝑑146 = 𝑑157 = 𝑑256 = 𝑑344 = 𝑑355 =1

2

(1.51)

(1.52)

(1.53)

(1.54)

27

𝑑247 = 𝑑366 = 𝑑377 = −1

2

𝑑448 = 𝑑558 = 𝑑668 = 𝑑778 = −1

2 3

TTaabbeellllaa 11..11: Costanti di struttura di SU(3)

1.4.3 Operatore di Casimir di SU(3)

L‟operatore di Casimir per il gruppo SU(2), che commuta con tutti gli altri

operatori del gruppo, può essere riscritto nel seguente modo:

𝐶 = 𝐼2 =1

2 𝐼+𝐼− + 𝐼−𝐼+ + 𝐼3

2 =1

2 𝐼+,𝐼− + 𝐼3

2

i cui i tuoi autovalori sono 𝐼(𝐼 + 1). 𝐼+ = 𝐼1 + 𝑖𝐼2 è l‟operatore di innalzamento

di isospin, invece 𝐼− = 𝐼1 − 𝑖𝐼2 è l‟operatore di abbassamento, dove 𝐼1 ≡ 𝜍1 e

𝐼2 ≡ 𝜍2; entrambi agiscono sul modulo di 𝐼3 e non possono essere applicati

infinite volte su uno stato. Infatti raggiunto lo stato massimo 𝐼3 𝑀𝐴𝑋 , (stato tale per

cui applicando 𝐼+ un‟altra volta si ottiene zero) è necessario applicare 𝑝 volte 𝐼−

per arrivare allo stato 𝐼3 𝑀𝐼𝑁 . Possiamo così affermare che l‟intero 𝑝 identifica il

multipletto di isospin, ad esempio 𝑝 = 1 è un doppietto perché sono solo due gli

stati che è possibile ottenere tramite l‟applicazione di 𝐼+ e 𝐼−.

Abbiamo però considerato il fatto che esista lo stato con 𝐼3 𝑀𝐴𝑋 e lo stato con

𝐼3 𝑀𝐼𝑁 : ciò dipende dal fatto (che non dimostriamo) che lo spazio degli autovalori

è chiuso per SU(2). Ciò vale anche per SU(3).

L‟operatore invariante di Casimir in SU(3) è

𝐅𝟐 = 𝐹𝑖8𝑖=1 𝐹𝑖 =

1

2 𝐼+, 𝐼− + 𝐼3

2 +1

2 𝑈+, 𝑈− +

1

2 𝑉+, 𝑉− + 𝐹8

2

dove si definisce

𝐼± = 𝐹1 ± 𝑖𝐹2 𝐼3 ≡ 𝐹3

𝑈± = 𝐹6 ± 𝑖𝐹7 𝑌 =2

3𝐹8

(1.55)

(1.56)

(1.57)

28

𝑉± = 𝐹4 ± 𝑖𝐹5

Si può verificare, mediante le costanti di struttura sopra elencate, che

𝐼+, 𝐼− = 2𝐼3

𝑈+, 𝑈− =3

2𝑌 − 𝐼3 = 2𝑈3

𝑉+, 𝑉− =3

2𝑌 + 𝐼3 = 2𝑉3

Gli operatori 𝐼+, 𝑉+ e 𝑈− fanno tutti crescere il valore di 𝐼3, così si può definire

uno stato massimo tale che

𝐼+𝜙𝑚𝑎𝑥 = 𝑉+𝜙𝑚𝑎𝑥 = 𝑈−𝜙𝑚𝑎𝑥 = 0 .

Ammettiamo ora di partire da questo stato 𝜙𝑚𝑎𝑥 ( assumendo sempre che esso

esista e che lo spazio degli autovalori sia chiuso in SU(3), cioè che qualsiasi

rappresentazione di SU(3) abbia un frontiera convessa nello spazio 𝐼3 − 𝑌,

all‟interno del quale possiamo riprodurre i multipletti di SU(3) ). Applichiamo 𝑉−

sullo stato 𝜙𝑚𝑎𝑥 𝑝 volte fino ad ottenere l‟altro angolo della frontiera, tale che

applicando 𝑉− ulteriormente si ottiene

𝑉− 𝑝+1𝜙𝑚𝑎𝑥 = 0.

Perciò 𝑝 è l‟indice per cui, se si applica 𝑉− a 𝜙𝑚𝑎𝑥 𝑝 + 1 volte, si ottiene zero.

Chiamiamo Φ = 𝑉− 𝑝𝜙𝑚𝑎𝑥 ; applicando 𝐼− 𝑞 volte su Φ raggiungiamo l‟altro

angolo dello spazio degli autovalori in modo tale che applicando 𝐼− un‟altra volta

otteniamo zero: quindi, 𝐼− 𝑞+1 𝑉− 𝑝𝜙𝑚𝑎𝑥 = 0. Perciò 𝑞 è l‟indice tale che , se si

applica 𝐼− a Φ 𝑞 + 1 volte, si ottiene zero.

La rappresentazione di SU(3) è completamente specificata dalla coppia di indici

(𝑝, 𝑞) che identifica ogni multipletto. Ad esempio, nell‟ottetto in fig. 1.2 il punto

A rappresenta lo stato 𝜙𝑚𝑎𝑥 . Gli operatori 𝐼+, 𝑉+ e 𝑈− sono disposti in modo tale

da ottenere degli stati che non appartengono al multipletto, in base ai valori dei

loro autovalori. Facendo agire 𝑉− una sola volta raggiungiamo il vertice B, perciò

𝑝 = 1; applicando su questo stato 𝐼−, anch‟esso una sola volta, otteniamo il

vertice C, per cui 𝑞 = 1: l‟ottetto è individuato dagli indici 𝑝, 𝑞 ≡ (1,1).

(1.58)

(1.59)

(1.60)

29

Adoperando questo metodo sul tripletto di SU(3) in fig. 1.3, si ha che 𝑝, 𝑞 ≡

(1,0); per l‟antitripletto, in fig. 1.3 , si ha che 𝑝, 𝑞 ≡ (0,1). Si riportano in

Tabella 1.2 i valori degli indici 𝑝, 𝑞 per diversi multipletti.

Dimensione 𝒑, 𝒒

𝟏 (0,0)

𝟑 (1,0)

𝟑 (0,1)

𝟖 (1,1)

𝟔 (2,0)

𝟏𝟎 (3,0)

TTaabbeellllaa 11..22: Rappresentazioni di SU(3)

Notiamo che la rappresentazione 𝟑 ha 𝑝, 𝑞 ≡ (1,0), invece 𝟑 ha 𝑝, 𝑞 ≡ (0,1).

Questo mostra che le due rappresentazioni non sono equivalenti, a differenza di 𝟐

e 𝟐∗ di SU(2). Osservando il diagramma per le rappresentazioni 𝟑 e 𝟑∗ in fig. 1.3,

notiamo che la non equivalenza è data dalla presenza del grado di libertà di

ipercarica, e quindi del numero barionico, che non compare nelle rappresentazioni

di SU(2), 𝑢, 𝑑 e 𝑑 , 𝑢 .

FFiigguurraa 11..22: Posizione di 𝝓𝒎𝒂𝒙 nell’ottetto di SU(3)

30

FFiigguurraa 11..33: Rappresentazioni 𝟑 e 𝟑∗di SU(3)

1.4.4 Rottura di SU(3)

In un gruppo di simmetria, gli adroni con proprietà simili vengono

raggruppati in multipletti. Questo è semplice per il gruppo di isospin SU(2),

perché il protone e il neutrone hanno massa quasi identica e quindi possono essere

raggruppati in un doppietto, la base per SU(2).

Invece, non esistono particelle strane che siano vicine per la massa ai nucleoni,

così l‟identificazione con un gruppo non risulta semplice. Infatti, SU(3) non è una

simmetria esatta: se lo fosse, tutti i membri di un dato multipletto sarebbero

degeneri, e quindi avrebbero ugual massa. Essa è rotta non solo dalle interazioni

elettromagnetiche sensibili ad 𝐼3, che danno differenze di massa di pochi MeV,

ma dal fatto, come vedremo, che le particelle strane contengono un tipo di quark,

appunto il quark 𝑠, di massa molto maggiore della massa dei quark leggeri (𝑢 e

𝑑).

In ogni caso, nella costruzione di multipletti, descritta nei prossimi paragrafi,

compaiono particelle strane e non strane. Questo suggerisce l‟esistenza di una

sottostruttura e mostra la necessità di introdurre delle particelle elementari, i

“quark”.

Abbiamo detto che il successo della simmetria di isospin SU(2) sta nel fatto che le

masse di 𝑢 e 𝑑 (quarks che possiedono le stesse caratteristiche dei protoni e

neutroni, ma con numero barionico pari ad 1/3 ) sono essenzialmente uguali.

Quando si introduce il quark 𝑠, presente nelle particelle strane, bisogna tener

31

conto della massa di questo quark. Appare ragionevole pensare che la differenza

di massa fra gli adroni sia dovuta ad una differenza di massa dei quark costituenti,

e che la simmetria di SU(3) di sapore è rotta per la differenza di massa dei quark.

Torneremo su questo punto nel capitolo seguente.

32

Capitolo 2

Modello a quark

2.1 INTRODUZIONE AL MODELLO A QUARK

Con gli esperimenti di diffusione altamente anelastica leptone – protone si

è compreso che protoni e neutroni non sono elementari, ma sono composti di

“partoni” ( i costituenti degli adroni ). Ci sono due tipi di partoni:

Particelle elettricamente neutre, chiamate gluoni che sono particelle vettoriali (di

spin 1) senza massa;

Fermioni di spin 1 2 chiamati quark, che possiedono cariche elettriche

frazionarie, ovvero 2 3 (𝑢) e − 1 3 (𝑑, 𝑠) della carica di un protone. Alle tre

varietà, o “sapori”, dei quark ipotizzate inizialmente, i quark up, down e strange,

si sono aggiunti altri tre quark: charm, beauty e top.

La continua scoperta di nuove particelle avvenuta fino agli inizi degli anni „60

portò a pensare che queste ultime fossero costituite da altre particelle elementari;

in particolare tutte le particelle fino a quel momento scoperte, potevano essere

pensate come composte da tre quark (barioni) o da un quark e un antiquark

(mesoni).

33

2.1.1 Mesoni ( Quarkonio )

Per quark di spin 1 2 , come l‟elettrone, si può pensare ai mesoni come

stati legati di quark e antiquark, “quarkonio”, in analogia al positronio, stato

legato di 𝑒+𝑒−. Nel positronio l‟elettrone e il positrone possono accoppiare i loro

spin e dare come risultato spin 1, che individua lo stato di tripletto, o spin 0, che

individua lo stato di singoletto. Inoltre, essi possono avere un momento angolare

orbitale, 𝐿 , che sommato allo spin, 𝑆 , fornisce il momento angolare totale del

sitema, 𝐽 = 𝐿 + 𝑆 . In Fisica Atomica i livelli energetici risultanti si indicano con

𝐿𝐽2𝑆+1 . Se ci fosse solo un flavour di quark, allora il sistema “quarkonio” avrebbe

una serie di livelli analoghi a quelli del positronio e ogni livello corrisponderebbe

ad un mesone. Gli stati (particelle) osservati corrisponderebbero alle seguenti

configurazioni:

𝑆10 𝑆3

1 𝑃11 𝑃3

0 𝑃31 𝑃3

2

𝜋 𝜌

𝑏10 𝑎0 𝑎1 𝑎2

essendo 𝑏10, 𝑎0, 𝑎1 e 𝑎2 quattro mesoni di massa nell‟intervallo (1.1 – 1.3) GeV.

Ma la spettroscopia mesonica non è così semplice. Il 𝜋, come già visto, possiede

tre stati di carica differenti, 𝜋+, 𝜋−, 𝜋0. Esiste un altro mesone neutro che

corrisponde a 𝑆10, chiamato 𝜂. Lo stesso per 𝑆3

1, in cui 𝜌 possiede tre stati di

carica, 𝜌+, 𝜌−, 𝜌0 ed esiste un mesone neutro 𝜔. Aggiungendo quindi un sapore, ci

aspetteremmo 4 mesoni per ogni livello. Ma, in seguito alla scoperta delle

particelle strane è diventato chiaro che ci sono 9 mesoni per ogni livello.

L‟analogia con il positronio risulta quindi non essere perfetta, visto che, a grandi

linee, i livelli energetici del positronio hanno la struttura coulombiana

dell‟idrogeno.

La spettroscopia dei mesoni leggeri ( di massa più bassa ) può essere riassunta

nella seguente tabella:

34

𝑆10 𝑆3

1 𝑃11 𝑃3

0 𝑃31 𝑃3

2

𝜋+ 𝜌+ 𝑏1+

𝑎0+ 𝑎1

+ 𝑎2+

𝜋0 𝜌0 𝑏10 𝑎0

0 𝑎10 𝑎2

0

𝜋− 𝜌− 𝑏1−

𝑎0− 𝑎1

− 𝑎2−

𝜂′ 𝜔 - 휀 𝑓1(1285) 𝑓2

𝜂 𝜙 - 𝑓0 𝑓1(1420) 𝑓2′

𝐾+ 𝐾+∗ 𝐾1+(1400) 𝐾0

∗+ 𝐾1+(1270) 𝐾2

∗+

𝐾0 𝐾0∗ 𝐾10(1400) 𝐾0

∗0 𝐾10(1270) 𝐾2

∗0

𝐾 0 𝐾 0∗ 𝐾 10(1400) 𝐾 0

∗0 𝐾 10(1270) 𝐾 2

∗0

𝐾− 𝐾−∗ 𝐾1−(1400) 𝐾0

∗− 𝐾1−(1270) 𝐾2

∗−

TTaabbeellllaa 22..11: Spettroscopia mesonica: gli stati osservati sono associati ai livelli 𝑳𝟐𝑺+𝟏𝑱

Tuttavia il sistema 𝑞𝑞 è profondamente diverso da un sistema legato con

interazione coulombiana. Infatti nel quarkonio la separazione tra gli stati d‟onda S

(L=0) e P (L=1) è dell‟ordine di 500 MeV. Se il sistema del quarkonio fosse

coulombiano, a 1 GeV di energia incidente su un pione si potrebbero liberare i

quark che lo costituiscono: ciò non accade. I livelli energetici del quarkonio sono

approssimativamente equispaziati in energia, e l‟afflusso continuo di energia

continua ad eccitare gli stati energetici più alti che decadono e producono molti

pioni, e mai quark liberi. Questa è una caratteristica fondamentale

dell‟interazione, che non consente di isolare i quark: va sotto il nome di

confinamento.

2.1.2 Barioni ( sistemi a tre quark )

Un altro modo in cui i quark si legano per formare particelle osservabili è

raccogliersi in gruppi di tre. Le particelle risultanti sono dette barioni, hanno spin

semintero e il sistema risultante è analogo ai nuclei composti da tre nucleoni.

Analogamente al caso dei mesoni, si osserva che mentre i barioni possono essere

35

liberati dai nuclei, i quark sembrano non essere liberati dai barioni. Questo

fornisce una conferma che l‟analogia con un sistema coulombiano fallisce, ed è un

ulteriore indizio che può spiegare la differenza della struttura di potenziale del

quarkonio e del positronio, e quindi l‟origine del confinamento dei quark.

Utilizzando la somiglianza con 𝐻3 (𝑝𝑛𝑛) e 𝐻𝑒3 (𝑛𝑝𝑝), osserviamo che

combinando 𝑢 e 𝑑 otteniamo il neutrone come combinazione di 𝑢𝑑𝑑 e il protone

come 𝑑𝑢𝑢. I tre quark di spin 1 2 accoppiati in onda S, danno un momento

angolare totale 𝐽 = 1 2 o 3 2 , corrispondenti a un nucleone o ad una Δ.

L‟aggiunta del terzo flavour, 𝑠, è necessaria per comprendere la struttura delle

particelle strane, come la Λ, che è un sistema 𝑢𝑑𝑠.

Il quadro dei sistemi a quark dei barioni è simile all‟esempio nucleare. Possiamo,

però, notare delle differenze rilevanti. Non esistono nel sistema a quark delle

particelle analoghe ai nuclei a molti elementi, oltre al fatto che un quark non è mai

stato rimosso né da un mesone né da un barione né è mai stato osservato libero

nell‟Universo. Un‟altra importante differenza con l‟esempio nucleare è che i

quark sembrerebbero non obbedire alla statistica di Pauli, ma ad una

“parastatistica” a gruppi di tre, cioè individualmente si comportano come bosoni,

a gruppi di tre si comportano da fermioni. In realtà, questo dimostra che esiste un

ulteriore grado di libertà, così che un quark possa avere lo stesso L e S di un altro,

ma trovarsi in uno stato differente rispetto al nuovo grado di libertà, o numero

quantico, senza violare il principio di esclusione di Pauli. Questo grado di libertà è

il colore: ogni sapore di quark può trovarsi in tre colori differenti. Combinando

quark di colore diverso si possono costruire solo poche combinazioni di colore

complessivo nullo ( singoletti di colore ), sicché i sistemi di quark possono

sistemarsi solo in pochi modi 𝒒𝒒 e 𝒒𝒒𝒒 e non 𝑞𝑞, 𝑞𝑞𝑞, 𝑞235…. che non hanno

colore nullo. Il grado di libertà del colore causa il fatto che un quark isolato

colorato si combina con un antiquark dello stesso colore o con una coppia di

quark di colori differenti, così che si formano mesoni e barioni “bianchi”, con

colore totale nullo. Come vedremo in seguito in dettaglio nel caso del sapore,

36

singoletti possono essere ottenuti dal prodotto tensoriale di un tripletto e un

antitripletto, o di tre tripletti.

2.2 QUARK E RAPPRESENTAZIONI DI SU(N)

Tutti gli adroni sono composti da particelle basilari, chiamate quark,

legate in differenti modi. La rappresentazione fondamentale di SU(3), il

multipletto dal quale tutti gli altri multipletti sono costruiti, è un tripletto. Essi

sono raggruppati come si osserva dalle due figure, rispettando la costruzione del

tripletto di SU(3) .

FFiigguurraa 22..11: Tripletti di base di quark e antiquark con tre sapori u, d e s

Ogni quark possiede uno spin pari ad 1 2 . Si è affermato che i barioni sono stati

legati, realizzati da tre quark e i mesoni da una coppia quark – antiquark. Questo

comporta che il numero barionico di un quark sia 1 3 , quello di un antiquark,

invece, − 1 3 , avendo i barioni 𝐵 = 1 ; invece, per i mesoni 𝐵 = 0. Nella

rappresentazione del tripletto osserviamo la presenza sull‟asse delle ordinate

dell‟ipercarica, pari a 𝑌 ≡ 𝐵 + 𝑆 . Questa grandezza serve a centrare i multipletti

nell‟origine del sistema di riferimento. La conservazione del numero barionico

implica che è impossibile distruggere o rendere libero un singolo quark, ma

possiamo annichilare o creare una coppia quark – antiquark. Inoltre i quark

mantengono la loro identità, ovvero il sapore, per transizioni forti o

elettromagnetiche.

37

Il quark si deve trovare in due sapori che formano il doppietto di isospin affinché

il neutrone e il protone possano essere distinti. Questa coppia di quark forma la

rappresentazione di base di isospin SU(2). Per distinguere il protone da Σ+ è

necessario un terzo sapore di quark. Esso porta con sé la stranezza, e con il

doppietto di isospin formerà la rappresentazione di base di SU(3).

Gell-Mann nel 1963 e Nishijima e Nakano, 1953, ipotizzarono una relazione fra

carica elettrica, numero barionico e stranezza: 𝑄 = 𝐼3 +𝐵+𝑆

2≡ 𝐼3 +

𝑌

2. In base a

questa relazione, i quark possiedono i numeri quantici indicati in tabella:

TTaabbeellllaa 22..22: Tabella riassuntiva dei quark

2.2.1 Rappresentazioni di SU(2)

Il gruppo di simmetria SU(2) può applicarsi a sistemi che possono esistere

in due stati, chiamati “up” e “down” o 𝑢𝑑 . Esempi già noti sono l‟isospin, dove il

sistema nucleone ha 𝐼 =1

2: lo stato “up”, che rappresenta il protone ha 𝐼3 = +

1

2, e

il “down”, che identifica il neutrone, ha 𝐼3 = −1

2. Un altro esempio familiare è un

oggetto con spin 1 2 , che, grazie ad un campo magnetico, il quale definisce una

GRUPPO DI SIMMETRIA

38

direzione z, si proietta in uno stato up con 𝑆𝑧 = +1

2 e in uno stato down con

𝑆𝑧 = −1

2, lungo l‟asse z.

Se combiniamo due oggetti con tali proprietà, abbiamo quattro possibili stati, tre

simmetrici e uno antisimmetrico per scambio dei due. Essi sono riportati nella

seguente tabella:

1𝑠𝑡 2𝑛𝑑 1 ⟷ 2 𝑠𝑐𝑎𝑚𝑏𝑖𝑜

𝑢 𝑢 𝑢𝑢

𝑢 𝑑 1

2 𝑢𝑑 + 𝑑𝑢

1

2 𝑢𝑑 − 𝑑𝑢

𝑑 𝑢

𝑑 𝑑 𝑑𝑑

𝑠𝑖𝑚𝑚𝑒𝑡𝑟𝑖𝑐𝑜 𝑎𝑛𝑡𝑖𝑠𝑖𝑚𝑚𝑒𝑡𝑟𝑖𝑐𝑜

TTaabbeellllaa 22..33: Stati di simmetria per due oggetti in SU(2)

In teoria dei gruppi scriviamo gli stati con il seguente formalismo di

decomposizione del prodotto tensoriale in rappresentazioni individuali ( vedi par.

2.3 ):

2 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖 1 × 2 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑖 2 = 𝟐 ⊗ 𝟐 = 𝟑⨁𝟏

mostrando che ci sono tre stati simmetrici e uno antisimmetrico, in cui il primo è

un tripletto, il secondo un singoletto. In questo modo si vede che le proprietà di

isospin coincidono con quelle di spin. Il fatto che si possa scrivere come somma

diretta è legato alle proprietà di simmetria delle funzioni d‟onda.

Un esempio familiare lo otteniamo proprio combinando due stati con spin 1 2 per

formare due stati con spin 1 o 0:

1

2⊗

1

2= 1⨁0

(2.1)

(2.2)

39

che riscritto in termini di (2𝑆 + 1) ci darà 𝟐 ⊗ 𝟐 = 𝟑⨁𝟏. Riscriviamo gli stati

riportati in tabella considerando il formalismo dei coefficienti di Clebsch –

Gordan che si ottengono combinando stati con spin 1 2 . Adoperando la notazione

𝑆1𝑆𝑧1; 𝑆2𝑆𝑧

2 → 𝑆𝑆𝑧 , otteniamo i seguenti stati:

𝑢𝑢 ≡ 1

2

1

2;1

2

1

2 = 11

𝑢𝑑 ≡ 1

2

1

2;

1

2−

1

2 =

1

2 10 + 00

𝑑𝑢 ≡ 1

2−

1

2;1

2

1

2 =

1

2 10 − 00

𝑑𝑑 ≡ 1

2−

1

2;1

2−

1

2 = 1 − 1

e questa è identica alla separazione fatta prima con tre stati con 𝑆 = 1 e uno con

𝑆 = 0.

Se combiniamo tre di tali oggetti abbiamo otto possibili combinazioni, come

mostrato in tabella:

𝑢𝑢𝑢

1

3 𝑢𝑢𝑑 + 𝑢𝑑𝑢 + 𝑑𝑢𝑢

1

3 𝑑𝑑𝑢 + 𝑑𝑢𝑑 + 𝑢𝑑𝑑

𝑑𝑑𝑑

1

2 𝑢𝑑 − 𝑑𝑢 𝑢

1

2 𝑢𝑑 − 𝑑𝑢 𝑑

1

3 𝑢𝑑 + 𝑑𝑢 𝑢

2− 𝑢𝑢𝑑 2

1

3 𝑢𝑑 + 𝑑𝑢 𝑑

2− 𝑑𝑑𝑢 2

𝑆𝑧 =3

2

𝑆𝑧 =1

2

𝑆𝑧 = −1

2

𝑆𝑧 = −3

2

TTaabbeellllaa 22..44: Stati di simmetria per tre oggetti in SU(2)

Possiamo osservare quattro combinazioni simmetriche, due stati a simmetria

mista, uno antisimmetrico e il resto simmetrici per lo scambio dei primi due

elementi, ma senza una simmetria semplice per gli altri possibili scambi.

(2.3)

40

Gli stati osservati risultano dall‟accoppiamento di tre particelle con spin 1

2. La

combinazione di due stati l‟abbiamo descritta precedentemente, ottenendo gli stati

con spin pari a 0 e a 1. Combinando questi stati con una terza particella otteniamo:

𝐷𝑎 𝑑𝑢𝑒 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑖𝑐𝑒𝑙𝑙𝑒 𝐴𝑔𝑔𝑖𝑢𝑛𝑔𝑖 𝑙𝑎 𝑡𝑒𝑟𝑧𝑎

(12)𝑎𝑛𝑡𝑖 → 𝑆12 = 0 ⊗1

2→ 𝑆 =

1

2

(12)𝑠𝑖𝑚 → 𝑆12 = 1 ⊗1

2→ 𝑆 =

1

2 𝑒 𝑆 =

3

2

TTaabbeellllaa 22..55: Combinazione di particelle con spin 1/2

Quindi lo stato 𝑆 =1

2 può essere formato sia con 𝑆12 = 0 (antisimmetrico) sia con

𝑆12 = 1 (simmetrico). Questo corrisponde ai due stati con simmetria mista

riportati in tabella nella colonna 3 e 4. Illustriamo perciò in Tabella 2.6 i risultati

possibili utilizzando i coefficienti di Clebsch – Gordan.

𝑆 = 1 ⊗ 𝑆 =1

2 𝑆 =

3

2 ⊕ 𝑆 =

1

2

𝑢𝑢𝑑 11;1

2−

1

2 →

1

3 3

2

1

2 +

2

3 1

2

1

2

1

2 𝑢𝑑 + 𝑑𝑢 𝑢 10;

1

2

1

2 →

2

3 3

2

1

2 −

1

3 1

2

1

2

𝑆 = 0 ⊗ 𝑆 =1

2 𝑆 =

1

2

1

2 𝑢𝑑 − 𝑑𝑢 𝑢 00;

1

2

1

2 →

1

2

1

2

TTaabbeellllaa 22..66: Combinazione di tre stati con spin 1/2

Combinando gli stati, otteniamo:

41

3

2

1

2 =

1

3 11,

1

2−

1

2 +

2

3 10,

1

2

1

2 =

1

3𝑢𝑢𝑑 +

2

3

1

2 𝑢𝑑 + 𝑑𝑢 𝑢 =

1

3(𝑢𝑢𝑑 +

𝑢𝑑𝑢 + 𝑑𝑢𝑢)

Si procede allo stesso modo anche per gli altri stati.

Questa descrizione si applica a combinazioni di 3 quark con spin 1 2 (descrizione

che sarà utile per la costruzione dei barioni).

Riassumendo:

1

1

2= 1𝑆 + 0𝐴 𝑜 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑛𝑜𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 2𝑆 + 1 2 × 2 = 3 + 1

1

1

2 ×

1

2= 1 ×

1

2 + 0 ×

1

2 =

3

2𝑠+

1

2𝑀,𝑆 +

1

2𝑀,𝐴

o

2 ⊗ 2 ⊗ 2 = 3 ⊗ 2 ⊕ 1 ⊗ 2 = 4 ⊕ 2 ⊕ 2

2.2.2 Rappresentazioni di SU(3)

L‟esempio più semplice è il caso di un oggetto che può esistere in tre

“tipologie” etichettate come 𝑢𝑑𝑠 . Questa è l‟estensione di SU(2).

L‟applicazione fisica più interessante è quella in cui adroni strani e non strani

sono descritti come sistemi di quark, ognuno dei quali si può trovare in tre tipi

diversi di “sapore” (up,down o strange).

Se combiniamo due oggetti con tali proprietà abbiamo nove possibili

combinazioni che possiamo suddividere in sei simmetriche e tre antisimmetriche.

Esse formano i multipletti 𝟔 e 𝟑 di SU(3). Il set 𝟑 è quello antisimmetrico. Essi

sono tabulati come segue

(2.4)

(2.5)

(2.6)

42

1𝑠𝑡 2𝑛𝑑 1 ⟷ 2 𝑠𝑐𝑎𝑚𝑏𝑖𝑜

𝑢 𝑢 𝑢𝑢

𝑢𝑑

𝑑𝑢

1

2 𝑢𝑑 + 𝑑𝑢

1

2 𝑢𝑑 − 𝑑𝑢

𝑑 𝑑 𝑑𝑑

𝑢𝑠

𝑠𝑢

1

2 𝑢𝑠 + 𝑠𝑢

1

2 𝑢𝑠 − 𝑠𝑢

𝑑𝑠

𝑠𝑑

1

2 𝑑𝑠 + 𝑠𝑑

1

2 𝑑𝑠 − 𝑠𝑑

𝑠 𝑠 𝑠𝑠

𝑠𝑖𝑚𝑚𝑒𝑡𝑟𝑖𝑐𝑜 𝑎𝑛𝑡𝑖𝑠𝑖𝑚𝑚𝑒𝑡𝑟𝑖𝑐𝑜

TTaabbeellllaa 22..77: Stati di simmetria per due oggetti in SU(3)

Notiamo che (𝑢𝑑) è il doppietto di SU(2) con 𝐼 =1

2; l‟aggiunta di (𝑠) estende il

gruppo ad SU(3) e cosi gli stati 𝑢𝑑𝑠 possiamo rappresentarli in un triangolo

invertito in un sistema di riferimento 𝐼3 − 𝑌. Questo si chiama “diagramma dei

pesi” per un tripletto. Per un antitripletto basta considerare la combinazione

𝑢 𝑑 𝑠 , la cui rappresentazione grafica si può anche ottenere utilizzando le

combinazioni 𝑢𝑑, 𝑢𝑠, 𝑑𝑠 che generano un triangolo, così otteniamo 𝟑 .

Per combinare tre oggetti, aggiungiamo 𝑢, 𝑑 𝑜 𝑠 agli stati a due corpi visti prima,

tale da avere 27 combinazioni di cui 18 dalla combinazione 𝟑 ⊗ 𝟔 e 9 dalla

combinazione 𝟑 ⊗ 𝟑 . Osserviamo infatti che

𝟑 ⊗ 𝟑 ⊗ 𝟑 → 𝟑 ⊗ 𝟔 ⊕ 𝟑 → (𝟏𝟎𝑺 ⊕ 𝟖𝑴,𝑺) ⊕ (𝟖𝑴,𝑨 ⊕ 𝟏)

(dove 𝑴, 𝑺 sta per misto – simmetrico e 𝑴, 𝑨 per misto – antisimmetrico) in cui

notiamo che la combinazione di 𝟑 ⊗ 𝟑 → (𝟖 ⊕ 𝟏). Quest‟ultima la

utilizzeremo in seguito per i mesoni.

(2.7)

43

2.3 TABELLE DI YOUNG [3]

Descrivendo i gruppi di simmetria unitari SU(2) e SU(3), abbiamo potuto

costruire i multipletti di particelle, combinando le rappresentazioni fondamentali

dei gruppi. Esiste, però, una regola diagrammatica per poter dedurre la

dimensione delle rappresentazioni irriducibili, che provengono dal prodotto di

altre rappresentazioni del gruppo. Essa è la tecnica delle tabelle di Young, che

può essere facilmente utilizzata per un qualsiasi gruppo SU(N). La

rappresentazione fondamentale viene denotata con un riquadro la cui dimensione

è 𝑁

≡ 𝑁

mentre l‟insieme di 𝑁 − 1 riquadri posti in colonna denota la rappresentazione

coniugata 𝑁∗

Quindi in SU(2) ≡ 2 o 2∗, invece per SU(3) abbiamo che ≡ 3 e

Osserviamo che per SU(2) la rappresentazione fondamentale e quella coniugata

coincidono, invece per SU(3) e, in genere, per SU(𝑁 ≥ 3), ciò non è vero. Le

tabelle di Young con una sola riga sono associate ad una rappresentazione

totalmente simmetrica, invece una sola colonna individua una rappresentazione

antisimmetrica. Se invece abbiamo un diagramma misto di righe e colonne, le

44

funzioni d‟onda risultano simmetriche per lo scambio degli indici di riga e

antisimmetriche per quelli di colonna.

Analizziamo come ottenere il prodotto di due rappresentazioni. Possiamo

aggiungere il riquadro in modo da creare una colonna o una riga, ottenendo così le

dimensioni corrispondenti:

𝑆𝑈 2 : 2 ⨂ 2 = 3 ⨁ 1

𝑆𝑈 3 : 3 ⨂ 3 = 6 ⨁ 3∗

Per calcolare la dimensione risultante per un gruppo arbitrario SU(N) dobbiamo

soltanto calcolare un rapporto.

Vediamo come si calcola il numeratore: per ogni diagramma che raffigura il

prodotto di rappresentazioni di SU(N), inseriamo 𝑁 in ciascun riquadro lungo la

diagonale, partendo dall‟angolo in alto a sinistra; lungo la diagonale

immediatamente sopra e sotto inseriamo la dimensione 𝑁 + 1 e 𝑁 − 1

rispettivamente e così via.

Il diagramma che segue ci fornisce un esempio:

Il numeratore sarà il prodotto di tutti questi numeri.

Il denominatore si calcola facendo il prodotto degli “hook”. Ogni riquadro ha un

valore di hook e tale valore si trova disegnando una linea che entra da destra alla

fine di ogni riga in cui giace il riquadro. Entrato nel riquadro, questa linea scende

verso il basso a 90° e procede lungo tutta la colonna fino a quando non ha lasciato

il diagramma. Il numero totale di riquadri che la linea ha attraversato, includendo

(2.8)

45

il box di partenza, è il valore dell‟hook associato a quel riquadro. Il prodotto di

tutti gli hook è il denominatore.

Ritornando al nostro caso otteniamo:

𝑁 ⊗ 𝑁 =𝑁(𝑁 + 1)

2⊕

𝑁(𝑁 − 1)

2

Così otteniamo per 𝑁 = 2, 2 ⊗ 2 = 3⨁1, invece per 𝑁 = 3 otteniamo 3 ⊗ 3 =

6⨁3∗.

Combiniamo ora invece tre oggetti in SU(N); alla combinazione sopra riportata va

aggiunto un altro riquadro alla riga e alla colonna formata dai due riquadri. Ci

sono una serie di regole precise per la costruzione dei diagrammi, in cui non ci

addentriamo; ci basta sapere che l‟unico diagramma concesso,oltre a quello

composto di una sola riga o di una sola colonna,è il seguente:

Combinando i riquadri in tutti i modi possibili, otteniamo questi diagrammi:

=𝑁 𝑁 + 1 (𝑁 + 2)

6⊕

𝑁 𝑁 − 1 (𝑁 + 1)

3

=𝑁 𝑁 − 1 (𝑁 − 2)

6⊕

𝑁 𝑁 − 1 (𝑁 + 1)

3

(2.9)

(2.10)

(2.11)

46

Così per 𝑁 = 2 abbiamo 2 ⊗ 2 ⊗ 2 = (4 ⨁ 2) ⨁ 2; bisogna stare attenti che in

una colonna non ci siano più di 𝑁 riquadri, perché non avrebbe senso e non

riusciremmo a determinarne la dimensione. Per 𝑁 = 3 otteniamo 3 ⊗ 3 ⊗ 3 =

(10 ⨁ 8) ⨁(8 ⨁ 1), che identifica la struttura dei multipletti barionici. Per

costruire quindi i multipletti mesonici, ovvero la configurazione 𝑞𝑞 , applichiamo

le stesse regole e risulta così:

3 ⊗ 3∗ = 8 ⊕ 1

In generale per qualsiasi rappresentazione di SU(N) il prodotto di 𝑁 e 𝑁∗ci

fornisce tale risultato:

Così otteniamo 𝑁 ⊗ 𝑁∗ = 1 ⊕ (𝑁2 − 1).

2.4 MESONI

Nel modello a quark, i mesoni sono composti da un quark e un antiquark

legati. Iniziamo con il combinare due sapori, 𝑢 o 𝑑. Le funzioni d‟onda si

ottengono come nei casi precedenti facendo le opportune sostituzioni, così

otteniamo

𝑁 − 1 𝑁 𝑁 − 1

(2.12)

(2.13)

47

𝐼 = 1, 𝐼3 = 1 = −𝑢𝑑

𝐼 = 1, 𝐼3 = 0 = 1

2(𝑢𝑢 − 𝑑𝑑 )

𝐼 = 1, 𝐼3 = −1 = 𝑑𝑢

𝐼 = 0, 𝐼3 = 0 = 1

2(𝑢𝑢 + 𝑑𝑑 )

Invece i tre sapori di quark 𝑢𝑑𝑠 combinati con qualsiasi dei tre sapori di

antiquark 𝑢 𝑑 𝑠 generano nove combinazioni di mesoni 𝑞𝑞 . La struttura di

multipletto risultante si osserva in fig. 2.2 ed è ottenuta sovrapponendo al tripletto

di base dei quarks i tre tripletti di antiquark, centrati ciascuno nel vertice del

tripletto [5].

FFiigguurraa 22..22: Rappresentazione del nonetto mesonico

I nove stati si dividono in uno ottetto di SU(3) e in un singoletto di SU(3), ovvero

il prodotto delle due rappresentazioni di SU(3) ci fornisce il seguente risultato:

𝟑 ⊗ 𝟑 → (𝟖 ⊕ 𝟏)

Quindi sotto operazioni del gruppo SU(3), gli otto stati si trasformano tra loro

dando ancora stati di SU(3), ma non si mescolano con lo stato di singoletto. Nella

struttura di SU(3) non c‟è alcuna ragione per cui l‟ottetto debba essere

(2.14)

(2.15)

48

accompagnato da un singoletto. Nel modello a quark questo è naturale e

l‟osservazione dei nonetti è un indicatore della presenza di 𝑞 nella struttura.

I nove mesoni pseudoscalari (spin 0) e vettoriali (spin 1) (disposti nell‟ottetto e

nel singoletto come in fig. 2.3) sono stati osservati sperimentalmente e sono

tabulati come segue

Contenuto di quark Carica Stranezza Nonetto pseudoscalare e vettoriale

𝑢𝑑 +1 0 𝜋+ 𝜌+

𝑢𝑢 , 𝑑𝑑 0 0 𝜋0 𝜌0

𝑑𝑢 -1 0 𝜋− 𝜌−

𝑢𝑢 , 𝑑𝑑 , 𝑠𝑠 0 0 𝜂0 𝜔0 (𝑢𝑢 , 𝑑𝑑 )

𝑢𝑢 , 𝑑𝑑 , 𝑠𝑠 0 0 𝜂′0 𝜙0(𝑠𝑠 )

𝑢𝑠 +1 +1 𝐾+ 𝐾+∗

𝑑𝑠 0 +1 𝐾0 𝐾0∗

𝑠𝑑 0 -1 𝐾 0 𝐾 0∗

𝑠𝑢 -1 -1 𝐾− 𝐾−∗

TTaabbeellllaa 22..88: Stati appartenenti al nonetto mesonico

FFiigguurraa 22..33: Nonetto mesonico pseudoscalare e vettoriale

49

Dobbiamo capire come si distinguono i tre stati neutri delle due rappresentazioni.

Sappiamo che le combinazioni di SU(2) neutre 𝑢𝑢 e 𝑑𝑑 sono:

𝐼 = 1, 𝐼𝑧 = 0 = 1

2(− 𝑢𝑢 + 𝑑𝑑 )

e

𝐼 = 0, 𝐼𝑧 = 0 = 1

2(𝑢𝑢 + 𝑑𝑑 )

(equivalenti alle funzioni d‟onda scritte sopra).

Procedendo per SU(3), i sapori 𝑠 e 𝑠 hanno 𝐼 = 0 nel sottogruppo SU(2). Quindi

possiamo combinare 𝑠𝑠 con l‟isoscalare 𝑢𝑢 + 𝑑𝑑 , ma non con l‟isovettore

−𝑢𝑢 + 𝑑𝑑 . Il singoletto di SU(3) deve contenere ogni sapore di quark in egual

misura, perciò otteniamo ( utilizzando la notazione SU(3), SU(2) )

1,1 = 1

3(𝑢𝑢 + 𝑑𝑑 + 𝑠𝑠 )

Poiché l‟isovettore non contiene 𝑠𝑠 , allora risulta

8,3 = 1

2(−𝑢𝑢 + 𝑑𝑑 )

La terza possibile combinazione deve essere ortogonale ad entrambe così da avere

8,1 = 1

6(𝑢𝑢 + 𝑑𝑑 − 2𝑠𝑠 )

Gli stati corrispondenti a tali combinazioni sono

1,1 ≡ 𝜂1 , 𝜔1

8,3 = 𝜋0, 𝜌0

8,1 = 𝜂8, 𝜔8

Gli stati 𝜔 e 𝜙 sono stati “mescolati”, pari a :

𝜙 =1

3𝜔1 −

2

3𝜔8 ≡ 𝑠𝑠

𝜔 = 2

3𝜔1 +

1

3𝜔8 ≡

1

2(𝑢𝑢 + 𝑑𝑑 )

L‟idea di “mescolamento” nacque dal fatto che non si sapeva quale dei due stati

tra 𝜔 e 𝜙 appartenesse all‟ottetto dei mesoni vettoriali e, soprattutto, perché i

valori aspettati delle masse non coincidevano con quelli sperimentali. Questo ha

(2.16)

(2.17)

(2.18)

(2.19)

(2.20)

(2.21)

(2.22)

(2.23)

50

portato al concetto di “mescolamento” tra ottetto e singoletto, come conseguenza

della rottura della simmetria di sapore, analogamente a quanto accade per la

simmetria SU(2) di spin isotopico. In questo caso le interazioni elettromagnetiche

rompono la simmetria e consentono delle transizioni che sarebbero, altrimenti,

vietate dalla conservazione di 𝐼. Mescolando linearmente lo stato di ottetto 8 e

di singoletto 1 , determiniamo altri due stati, che sono quelli osservati, 𝜔 e 𝜙.

Li scriviamo in questo modo:

𝜔 = + 8 sin 𝜗 + 1 cos 𝜗

𝜙 = − 8 cos 𝜗 + 1 sin 𝜗

𝜗 è un parametro che contiene la condizione di ortogonalità e prende il nome di

“angolo di mescolamento” di SU(3). Assumendo che la massa quadra di uno stato

sia data dall‟elemento matrice dell‟Hamiltoniano fra gli stati (ad esempio 𝑀𝜙2 =

𝜙 𝐻 𝜙 ), con manipolazioni algebriche risulta che:

tan 𝜗2 =𝑀𝜙

2 −𝑀82

𝑀82−𝑀𝜔

2

Dai valori delle masse trovati sperimentalmente ( 𝑀𝜔 = 782 𝑀𝑒𝑉; 𝑀𝜙 =

1020 𝑀𝑒𝑉; 𝑀8 = 934,5 𝑀𝑒𝑉 ) otteniamo 𝜗 = 38°. Essendo piuttosto grande il

mescolamento parleremo più opportunamente di nonetto. Per il multipletto di

mesoni pseudoscalari 𝜗 = 11°. Perciò gli stati 𝜂 e 𝜂′ sono quasi rispettivamente

l‟ottetto puro e il singoletto puro. [3]

Come ogni sistema legato quanto – meccanico, la coppia 𝑞𝑞 ha uno spettro

energetico corrispondente alle differenti eccitazioni, rotazioni, vibrazioni, che

devono corrispondere ai differenti stati mesonici osservati. Pur non conoscendo il

potenziale che lega il quark all‟antiquark, il modello riesce a spiegare molte

osservazioni.

Sappiamo che il quark ha spin 1

2 e così lo spin totale della coppia 𝑞𝑞 può essere o

1 o 0. Lo spin 𝐽 del mesone è la somma del vettore di spin 𝑆 e del momento

angolare orbitale L relativo di 𝑞 e 𝑞 . Inoltre la parità del mesone è 𝑃 = −(−1)𝐿,

dove il segno meno è dovuto al fatto che la parità intrinseca dei fermioni 𝑞𝑞 è -1,

(2.25)

(2.24)

51

invece (−1)𝐿 proviene dall‟inversione spaziale, in cui 𝜗 → 𝜋 − 𝜗, 𝜑 → 𝜋 + 𝜑 ,

della parte angolare della funzione d‟onda di 𝑞𝑞 , ovvero le armoniche sferiche

𝑌𝐿,𝑀(𝜗, 𝜑).

Tali definizioni ci permettono di chiarire meglio la denominazione data ai due

nonetti mesonici.

Il nonetto mesonico si dice pseudoscalare perché esso possiede spin pari a 0, ma

parità uguale a -1, ovvero in caso di riflessione spaziale le funzioni d‟onda

cambiano di segno, a differenza degli scalari, che hanno sempre spin pari a 0 ma

sono invarianti per riflessioni spaziali e quindi la loro parità è +1.

Il nonetto mesonico si dice invece vettoriale perché esso ha spin uguale ad 1 e

parità pari a -1, infatti per trasformazioni di parità esso cambia segno, a differenza

di quello assiale che ha parità uguale a +1. Possiamo quindi assegnare ai

multipletti vari valori di momento angolare orbitale data la relazione di parità pari

a 𝑃 = (−1)𝐿+1; per i mesoni pseudoscalari e per quelli vettoriali 𝐿 = 0, per i

mesoni scalari e assiali invece 𝐿 = 1.

Nei multipletti da noi descritti abbiamo assunto quindi che 𝐿 fosse pari a 0, ma

possiamo combinare valori più alti di 𝐿 con 𝑆 così da determinare altri multipletti.

[5]

2.5 BARIONI

I barioni sono stati legati di tre quark (𝑞𝑞𝑞). In base alla classificazione di

sapore di SU(3) osserviamo che la composizione dei multipletti risulta più

complessa di quella dei mesoni. Infatti notiamo che le combinazioni possibili sono

27 e si possono realizzare i multipletti utilizzando la tecnica di sovrapposizione

del tripletto di base dei quark. Dapprima combiniamo due quark, così che la

rappresentazione di dimensione 9 risultante dal prodotto di due rappresentazioni

di dimensione 3, risulti completamente riducibile in due rappresentazioni di

dimensione 6 e 3, ovvero abbiamo

3 ⊗ 3 = 6⨁3 (2.26)

52

La rappresentazione di dimensione 6 è simmetrica, invece la 3 è antisimmetrica

per lo scambio di due quark. Aggiungendo il terzo tripletto si ottiene la

decomposizione in rappresentazioni irriducibili, già riportata nel paragrafo

riguardante la composizione di tre oggetti con spin 1

2, cioè

3 ⊗ 3 ⊗ 3 = 6⨁3 ⊗ 3 = 6 ⊗ 3 ⨁ 3 ⊗ 3 = 10 ⨁ 8 ⨁ 8 ⨁ 1

che viene così raffigurata.

FFiigguurraa 22..44: Multipletti barionici

Essi hanno le seguenti proprietà di simmetria [8] [9]:

Il decupletto è un multipletto completamente simmetrico ( S ) nello scambio di

ogni tipo di quark; ci sono tre possibilità con tutti i quark uguali (𝑢𝑢𝑢, 𝑑𝑑𝑑, 𝑠𝑠𝑠),

sei combinazioni con due quark uguali e uno differente

(𝑢𝑢𝑑, 𝑢𝑢𝑠, 𝑑𝑑𝑢, 𝑑𝑑𝑠, 𝑠𝑠𝑢, 𝑠𝑠𝑑) ed uno con tutti i quark differenti (𝑢𝑑𝑠); così

otteniamo la rappresentazione 𝟏𝟎

I due ottetti possiedono una simmetria mista, una mista – simmetrica (MS) e una

mista – antisimmetrica (MA) , le cui combinazioni sono possibili se almeno uno

dei quark è differente. Ci sono sei combinazioni con due quark uguali e uno

diverso; ciascuna di queste può essere MS ( per esempio 𝑢𝑑 + 𝑑𝑢 𝑢 2 ), o

MA ( per esempio 𝑢𝑑 − 𝑑𝑢 𝑢 2 ). Ci sono sei modi per realizzare le

combinazioni di quark differenti, di cui uno viene già utilizzato nella

combinazione S e una verrà utilizzata nella combinazione completamente

antisimmetrica A. Le rimanenti quattro combinazioni sono due per MS e una per

MA. Risultano così 8 MS e 8 MA.

Il sistema a tre quark può essere completamente antisimmetrico se essi sono tutti

differenti; quindi lo stato 1 è

(2.27)

53

𝑠𝑑𝑢 − 𝑠𝑢𝑑 + 𝑑𝑢𝑠 − 𝑢𝑑𝑠 + 𝑢𝑠𝑑 − 𝑑𝑠𝑢 6

La corrispondenza tra un barione e i quark non ha alcuna ambiguità se i quark

sono tutti uguali, invece quando almeno uno è diverso la situazione si complica e

perciò parliamo di simmetrie di scambio riferite ai quark.

Considerando i tre barioni con tutti e tre i quark identici

𝛥++ 𝑢𝑢𝑢 , 𝛥− 𝑑𝑑𝑑 𝑒 Ω− (𝑠𝑠𝑠), osserviamo che questi, trovandosi allo stato

fondamentale, hanno il momento angolare orbitale uguale a zero; quindi la

funzione d‟onda riferita alla parte spaziale è simmetrica. Anche la funzione

d‟onda riferita allo spin è simmetrica, essendo lo spin totale pari a 3

2. In

conclusione abbiamo stati di tre fermioni uguali che sono completamente

simmetrici, in contraddizione con il Principio di esclusione di Pauli. Da qui

l‟esigenza di introdurre un nuovo grado di libertà, il colore: ci sono tre sapori di

quark, ognuno con una differente carica di colore, chiamati rosso, verde e blu e i

barioni, come i mesoni, devono essere senza colore e perciò vengono chiamati

singoletti di colore.

La funzione d‟onda totale si può scrivere come il prodotto delle funzioni d‟onda

dei vari contributi:

Ψ = 𝜓𝑠𝑝𝑎𝑧𝑖𝑜 𝜓𝑠𝑝𝑖𝑛 𝜓𝑆𝑈(3)𝑓𝜓𝑐𝑜𝑙𝑜𝑟𝑒

Il principio di esclusione di Pauli richiede che tale prodotto sia antisimmetrico.

Perciò la funzione d‟onda di colore dei barioni è antisimmetrica nello scambio di

ogni coppia di quark.

I barioni che stiamo considerando si trovano nello stato fondamentale e quindi in

onda S e questo vale per i multipletti con 𝐽𝑃 = 1 2 + e 𝐽𝑃 = 3 2 +

, di cui

spiegheremo meglio in seguito le caratteristiche. Quindi 𝜓𝑠𝑝𝑎𝑧𝑖𝑜 è simmetrica e

segue che 𝜓𝑠𝑝𝑖𝑛 𝜓𝑆𝑈(3)𝑓 deve essere simmetrica.

Consideriamo le simmetrie delle combinazioni di tre doppietti di SU(2) per poter

spiegare questo paradosso, ovvero la rappresentazione 𝟐 ( cioè spin 1 2 ). Come

già descritto il prodotto di due rappresentazioni ci dà

2 ⊗ 2 = 1𝐴⨁3𝑆

(2.28)

(2.29)

(2.30)

54

dove i pedici indicano la simmetria corrispondente. Quindi otteniamo un

singoletto con spin totale 0 antisimmetrico e un tripletto con spin totale pari ad 1

simmetrico. Facendo il prodotto di tre doppietti otteniamo:

2 ⊗ 2 ⊗ 2 = (1𝐴 ⊗ 2)⨁(3𝑆 ⊗ 2) = 2𝑀𝐴⨁2𝑀𝑆⨁4𝑆

cioè costruiamo uno stato con spin 1 2 antisimmetrico nello scambio dei primi

due indici, uno stato con spin 1 2 simmetrico nello scambio dei primi due indici e

uno di spin 3 2 completamente simmetrico.

Da ciò combinando le simmetrie di sapore di SU(3) e quelle dei multipletti di spin

per rispettare il Principio di esclusione di Pauli, osserviamo che solo due

combinazioni sono possibili:

Un decupletto con spin 3 2 → 𝜓𝑆𝑈 3 𝑓𝑆 𝜓𝑠𝑝𝑖𝑛 ≡ (10𝑆 , 4𝑆)

Un ottetto di spin 1 2 → 1

2 𝜓𝑆𝑈 3 𝑓

𝑀,𝑆 𝜓𝑠𝑝𝑖𝑛𝑀,𝑆 + 𝜓𝑆𝑈 3 𝑓

𝑀,𝐴 𝜓𝑠𝑝𝑖𝑛𝑀,𝐴 ≡

8𝑀,𝑆 , 2𝑀,𝑆 + 8𝑀,𝐴 , 2𝑀,𝐴

Poiché abbiamo assegnato ad ogni quark uno spin – parità uguale a 1

2

+, il modello

a quark tiene conto della composizione e perciò si considera solo il decupletto con

𝐽𝑃 = 3 2 +, che corrisponde al caso in cui i tre quark sono in onda S con i tre spin

paralleli, e l‟ottetto con 𝐽𝑃 = 1 2 + che corrisponde alla situazione in cui i tre

quark sono sempre in onda S ma uno ha spin opposto agli altri due.

Essi vengono così rappresentati:

FFiigguurraa 22..55: Decupletto e ottetto barionico

(2.31)

55

La composizione delle particelle in termini di quark è tabulata come segue:

2.6 MASSE DEI MULTIPLETTI [9]

La caratteristica fondamentale che si evince dalle strutture dei multipletti è

la presenza di una simmetria tra le particelle, che comporta una equivalenza tra gli

stati di uno stesso sistema. La simmetria che contraddistingue i membri dei vari

multipletti coinvolge le funzioni d‟onda di spin e di sapore dei quark, come pure

quelle spaziali. Essa implicherebbe perciò una uguaglianza tra le masse delle

particelle: tuttavia si osserva dai dati sperimentali che ci sono deviazioni.

Analizzando il decupletto barionico si osserva che i membri di uno stesso

multipletto di isospin hanno essenzialmente la stessa massa centrale, e che i

diversi stati di carica differiscono in massa per pochi MeV, effetto dovuto alla

interazione elettromagnetica che genera uno splitting tra le masse. Gli stati con

𝐽𝑃 =1

2

+

Particella Quark

𝑛 𝑢𝑑𝑑

𝑝 𝑢𝑢𝑑

Σ− 𝑑𝑑𝑠

Σ0 𝑢𝑑𝑠

Σ+ 𝑢𝑢𝑠

Λ 𝑢𝑑𝑠

Ξ− 𝑑𝑠𝑠

Ξ0 𝑢𝑠𝑠

𝐽𝑃 =3

2

+

Particella Quark

Δ− 𝑑𝑑𝑑

Δ0 𝑑𝑑𝑢

Δ+ 𝑑𝑢𝑢

Δ++ 𝑢𝑢𝑢

Σ− 𝑑𝑑𝑠

Σ0 𝑑𝑢𝑠

Σ+ 𝑢𝑢𝑠

Ξ− 𝑑𝑠𝑠

Ξ0 𝑢𝑠𝑠

Ω− 𝑠𝑠𝑠

TTaabbeellllee 22..99: Composizione delle particelle del

decupletto e dell’ottetto barionico

56

stranezza possiedono una massa considerevolmente superiore agli altri stati, ma la

differenza per ogni incremento di stranezza è circa la stessa. In base a questa

ipotesi fu predetta la massa del barione Ω− formato da tre quark strani. I valori

delle masse sono i seguenti:

Particella Massa

Δ 1232

Σ 1384

Ξ 1533

Ω− 1672

TTaabbeellllaa 22..1100: Masse del decupletto barionico

La progressiva crescita della massa in corrispondenza dell‟aumento di stranezza

all‟interno del decupletto, può essere attribuita alla differente massa del quark 𝑠

rispetto ai quark 𝑢 e 𝑑, dell‟ordine di 150 MeV.

Si ha infatti, al crescere del contenuto di quark strani, per il decupletto 𝐽𝑃 = 3 2 +,

che:

Σ 1384 − Δ 1232 = 152 𝑀𝑒𝑉

Ξ 1533 − Σ 1384 = 149 𝑀𝑒𝑉

Ω− 1672 − Ξ 1533 = 139 𝑀𝑒𝑉

Si assume che le masse di 𝑢 e 𝑑 siano pressoché identiche e che la piccola

differenza presente sia dovuta all‟interazione elettromagnetica che comporta una

diseguaglianza di 3 – 5 MeV, come nei multipletti di isospin.

Per l’ottetto barionico 𝐽𝑃 = 1 2 + le masse dei membri del multipletto sono

tabulate come segue:

(2.32)

57

Particella Massa

N 939

Σ 1193

Ξ 1318

Λ 1116

TTaabbeellllaa 22..1111: Masse dell’ottetto barionico

Quanto detto per il decupletto barionico vale anche per l‟ottetto e quindi,

considerando l‟ipotesi di massa del quark strano, si ha che

𝑀Σ = 𝑀Λ ⇒ 1193 𝑀𝑒𝑉 ≅ 1115 𝑀𝑒𝑉

𝑀Λ − 𝑀N = 𝑀Ξ − 𝑀N ⇒ 177 𝑀𝑒𝑉 ≅ 203 𝑀𝑒𝑉.

Si nota un debole accordo tra le tre uguaglianze aspettate, come anche una grande

discrepanza tra le masse medie nel decupletto e nell‟ottetto. Questo implica che le

differenze tra le masse si presentano per altre motivazioni, ad esempio gli effetti

di separazione iperfine e le interazioni tra quark.

Analizzando per ultimo l’ottetto mesonico, si osserva che la relazione lineare delle

masse che vale per il multipletto barionico non risulta più adatta. Si può invece

applicare una formula empirica, utilizzando le masse al quadrato, ovvero:

2 𝑀𝐾02 + 𝑀𝐾 0

2 = 4𝑀𝐾02 = 𝑀𝜋0

2 + 3𝑀𝜂2

0,988 𝐺𝑒𝑉2 0,924 𝐺𝑒𝑉2

Essa cerca di trovare una relazione per spiegare le differenze di massa osservate,

dovute alle interazioni fra quark.

Se si attribuisce la differenza di massa fra i vari adroni in un multipletto,

semplicemente, alle masse dei quark 𝑢, 𝑑 e 𝑠, non si riescono a spiegare alcune

differenze evidenti, attribuibili solo alla interazione tra i quark. Tale discrepanza è

ascrivibile allo splitting iperfine dei livelli energetici adronici, che richiama il

diagramma energetico dell‟atomo di idrogeno, in cui ogni livello energetico, cui è

(2.33)

(2.34)

58

associato il numero quantico 𝑛, 𝑙 e 𝑗, si splitta in due livelli iperfini molto vicini.

Tale divisione è dovuta all‟interazione tra il momento magnetico del protone

costituente e l‟elettrone. Ritornando ai quark, l‟interazione magnetica tra la carica

elettrica e lo spin del quark risulta essere trascurabile, perché diventa dominante

una carica di colore che genera gli stessi effetti osservabili nell‟atomo di idrogeno.

Ci fermiamo con questa osservazione, perché un approfondimento esula dalle

finalità di questo lavoro di tesi.

59

Capitolo 3

Adroni pesanti

3.1 QUARK PESANTI

3.1.1 Charm [8]

L‟esistenza di adroni con un quarto sapore, chiamato charm, fu predetto

teoricamente.

Se i quark sono le sorgenti elementari del campo forte così come i leptoni lo sono

del campo debole, è naturale aspettarsi per una esigenza di simmetria tra le forze

fondamentali, che quark e leptoni siano in numero uguale. Per questa ragione,

Glashow nel 1964 ipotizzò l‟esistenza di un quarto quark, il “charm”, visto che

erano noti due leptoni carichi ( 𝑒 e 𝜇 ) con i rispettivi neutrini. L‟estensione della

simmetria di flavour da SU(3) a SU(4), tuttavia, si mostrò non significativa perché

la massa del quark charm risultò essere molto maggiore delle masse degli altri tre

quark. Qualche anno più tardi (1970) l‟idea del charm fu ripresa dallo stesso

Glashow, con Iliopoulos e Maiani (GIM), con lo scopo di spiegare la non

osservazione di correnti deboli neutre con cambio di sapore.

Il nuovo sapore, 𝑐, ha carica elettrica pari a + 2 3 e massa circa 1,5 𝐺𝑒𝑉; infatti,

le masse degli adroni “charmati” che lo contengono hanno un valore pari a

60

2 ÷ 3 𝐺𝑒𝑉. Il quark 𝑐 è un singoletto di isospin e ha stranezza nulla, mentre è

portatore di un nuovo numero quantico, C “charm”, con valore +1, che si

conserva nelle interazioni forti ed elettromagnetiche. I tre quark ordinari hanno C

nullo. La formula di Gell – Mann e Nishijima può essere generalizzata:

𝑄 = 𝐼3 +1

2(𝐵 + 𝑆 + 𝐶).

Nel 1974 S. Ting e i suoi collaboratori, in un esperimento a BNL ( Brookhaven

National Laboratory ) costruirono uno spettrometro con lo scopo di ricercare

particelle pesanti con i numeri quantici 𝐽𝑃𝐶 = 1−−. Fu scoperta una particella

chiamata 𝐽 e che doveva decadere in 𝑒+𝑒− , nella reazione

𝑝 + 𝑁 → 𝐽 + 𝑋 → 𝑒+ + 𝑒− + 𝑋.

Lo spettrometro doveva rivelare due particelle di segno opposto; la difficoltà

principale era che le due particelle cariche prodotte da protoni ad alta energia su

nuclei, erano quasi sempre pioni e raramente elettroni. Quindi lo spettrometro

doveva avere un alto potere di reiezione contro gli adroni e i pioni, e doveva

misurare i due momenti con grande precisione, sia in valore assoluto (𝑝1 e 𝑝2) sia

in direzione (𝜗1 e 𝜗2) . Note le energie e assumendo che le particelle fossero

elettroni, la massa del sistema 𝑒+𝑒− fu calcolata dalla massa invariante, con la

formula:

𝑚 𝑒+𝑒− = 2𝑚𝑒2 + 2𝐸1𝐸2 − 2𝑝1𝑝2 cos(𝜗1 + 𝜗2)

Le particelle cercate sarebbero dovute apparire come picchi nella distribuzione

delle masse invarianti. La figura 3.1 mostra la struttura dello spettrometro con due

bracci, uno per la rivelazione di particelle positive e uno per particelle negative.

FFiigguurraa 33..11: Spettrometro a due bracci a BNL ( Brookhaven National Laboratory )

(3.1)

(3.2)

(3.3)

61

In ogni braccio la misura dell‟angolo era indipendente dalla misura del momento,

avendo inclinato i dipoli magnetici nel piano verticale. Il potere di reiezione verso

i pioni fu ottenuto grazie all‟utilizzo, in ogni braccio di due contatori Cerenkov a

soglia, per rivelare gli elettroni, e di un calorimetro per misurare il profilo

longitudinale dello sciame, così da distinguere gli elettroni dagli adroni.

Nella distribuzione di massa 𝑚 𝑒+𝑒− venne osservato un picco molto intenso e

molto stretto intorno ad un valore di massa pari a 𝑀 ≈ 3,1 𝐺𝑒𝑉; essa è raffigurata

in fig. 3.2 :

FFiigguurraa 33..22: Distribuzione di massa 𝒎(𝒆+𝒆−) – particella 𝑱 [10]

Nello stesso periodo, il collider SPEAR di 𝑒+𝑒−, costruito da B. Richter e i suoi

collaboratori, fu operativo al Laboratorio SLAC ( Stanford Linear Accelerator

Center ). Esso raggiungeva energie di 8 GeV nel centro di massa 𝑒+𝑒− . Un

rivelatore, chiamato Mark I, fu completato con rivelatori di monitoraggio in un

campo magnetico e contatori di sciami. Dopo aver raccolto dati, per un certo

periodo ad alta energia, si decise di ritornare ad analizzare eventi ad energie di

circa 3 GeV. Variando le energie del collider a piccoli passi, venivano registrate le

sezioni d‟urto dei differenti processi; in tutte le sezioni d‟urto si osservava una

forte risonanza. I processi di cui si analizzavano le sezioni d‟urto in funzione

dell‟energia del centro di massa, erano i seguenti:

𝑒+𝑒− → 𝑕𝑎𝑑𝑟𝑜𝑛𝑠, 𝑒+𝑒− → 𝜇+𝜇−, 𝑒+𝑒− → 𝑒+𝑒−,

i cui andamenti sono sotto riportati in fig. 3.3:

(3.4)

62

FFiigguurraa 33..33: La particella 𝝍 nelle misure allo SLAC [11]

Si osservò che la risonanza aveva ampiezza molto elevata ed estremamente

stretta; la scoperta a SLAC era indipendente e tale particella fu chiamata 𝜓.

Pochi giorni dopo l‟annuncio della scoperta, lo stesso picco veniva osservato a

Frascati con ADONE, un altro collisionatore 𝑒+𝑒−. La particolare “strettezza” del

picco indicava che non poteva trattarsi di una normale risonanza, che a quella

energia sarebbe decaduta molto rapidamente, ma di una particella a vita media

lunga. Fra le ipotesi che furono fatte, quella che risultò corretta è che si trattava

della prima evidenza del charm. La nuova particella fu chiamata 𝐽/𝜓, ha i numeri

quantici 𝐽𝑃𝐶 = 1−− poiché decade in 𝑒+𝑒−. Successivamente, sempre nelle

collisioni 𝑒+𝑒−, vennero osservati altri stati con masse più elevate e con 𝐽𝑃𝐶 =

1−− interpretate come eccitazioni radiali del sistema 𝑐𝑐 e chiamate 𝜓′ , 𝜓′′ , ecc.

Questi stati vengono chiamati mesoni con charm nascosto (hidden charm), poiché

sono del tipo 𝑐𝑐 . Si trovano in configurazione 3𝑆1, con 𝐽/𝜓 stato fondamentale in

termini spettroscopici, ovvero stato 13𝑆1 , e 𝜓′ prima eccitazione radiale, 2

3𝑆1. Il

sistema 𝑐𝑐 può essere paragonato ad un “atomo”, il charmonio , in analogia al

positronio (𝑒+𝑒−), in cui il quark e l‟antiquark sono legati da una interazione

forte. I numeri quantici si costruiscono analogamente all‟atomo di idrogeno. Gli

stati principali del charmonio sono riassunti nella Tabella 3.1:

63

Mesoni 𝒄𝒄 [C=0]

Particella 𝑱𝑷𝑪 𝑳 𝑺

𝜂𝑐(1𝑆) 0−+ 0 0

𝜂𝑐(2𝑆) 0−+ 0 0

𝐽/𝜓(1𝑆) 1−− 0 1

𝜓(2𝑆) 1−− 0 1

𝜒𝑐0(1𝑃) 0++ 1 1

𝜒𝑐1(1𝑃) 1++ 1 1

𝜒𝑐2(1𝑃) 2++ 1 1

𝑕𝑐(1𝑃) 1+− 1 0

TTaabbeellllaa 33..11: Stati del charmonio di massa più bassa

Si è detto che gli stati del charmonio hanno charm nascosto. Per dimostrare

l‟esistenza di un nuovo quark bisognava osservare stati con charm manifesto (stati

con open charm). Oggi lo spettro delle particelle charmate è piuttosto completo:

infatti, sono stati osservati stati legati del tipo 𝑐𝑞 e 𝑐 𝑞, dove 𝑞 può essere uno dei

quark leggeri 𝑢, 𝑑 o 𝑠, mesoni con charm “evidente”. Essi sono raccolti nella

Tabella 3.2:

Mesoni con charm manifesto 𝒄𝒒 o 𝒄 𝒒

Particella 𝑱𝑷 𝑳 𝑺 𝑰𝟑

𝐷+ (𝑐𝑑 ) 0− 0 0 + 1 2

𝐷0 (𝑐𝑢 ) 0− 0 0 − 1 2

𝐷− (𝑐 𝑑) 0− 0 0 − 1 2

𝐷 0 (𝑐 𝑢) 0− 0 0 + 1 2

𝐷∗ 0 (𝑐𝑢 ) 1− 0 1 − 1 2

𝐷∗+ (𝑐𝑑 ) 1− 0 1 + 1 2

𝐷 ∗0 (𝑐 𝑢) 1− 0 1 + 1 2

𝐷∗− (𝑐 𝑑) 1− 0 1 − 1 2

64

𝐷𝑆+(𝑐𝑠 ) 0− 0 0 0

𝐷𝑆−(𝑐 𝑠) 0− 0 0 0

𝐷𝑆∗+(𝑐𝑠 ) 1− 0 1 0

𝐷𝑆∗−(𝑐 𝑠) 1− 0 1 0

TTaabbeellllaa 33..22: Stati con “open charm”

Come si può osservare le particelle pseudoscalari 𝐷+ e 𝐷0 formano un doppietto

di spin isotopico, invece 𝐷∗ 0 e 𝐷∗+ un doppietto di spin isotopico con spin 1

(vettoriale). Perciò, esse mostrano una analogia con i mesoni formati da quark

leggeri, sono costruite come nel sistema 𝑞𝑞 e sono distinguibili per lo spin e per la

terza componente di spin isotopico. [12]

3.1.2 Il quark Beauty [8]

Nel 1977 Lederman e i suoi collaboratori costruirono uno spettrometro a

due bracci al Fermilab, adatto per studiare coppie 𝜇+𝜇− prodotte da collisioni

adroniche ad alta energia. La reazione studiata era

𝑝 + 𝐶𝑢, 𝑃𝑡 → 𝜇+ + 𝜇− + 𝑋.

Un fascio di protoni di 400 GeV generato dal Tevatrone colpiva un bersaglio di

rame o platino. I due bracci dello spettrometro misuravano rispettivamente i

momenti delle particelle positive e negative. Poiché gli eventi da misurare erano

estremamente rari, lo spettrometro doveva sopportare un flusso intenso di

particelle e doveva essere in grado di rigettare pioni carichi e altri adroni,

utilizzando un sofisticato “filtro di adroni” collocato sul cammino delle particelle

secondarie, prima di entrare nei bracci dello spettrometro. Veniva posto, inoltre,

un blocco di berillio che arrestava gli adroni e lasciava passare soltanto i muoni,

comportando un peggioramento nella misura del momento. Le distribuzioni

osservate di massa 𝑚(𝜇+𝜇−) sono mostrate qui di seguito; la seconda immagine

differisce dalla prima poiché è stato eliminato il fondo non risonante.

(3.5)

65

FFiigguurraa 33..44: Distribuzione di massa 𝒎(𝝁+𝝁−) al Fermilab [13]

Si osservano tre risonanze, che furono chiamate Υ(“upsilon”). Studiando le

collisioni 𝑒+𝑒− ad alta energia a DESY (Amburgo) e a Cornell negli USA, si

osservarono risonanze con picchi estremamente stretti. Le sezioni d‟urto registrate

sono riportate nelle tre figure seguenti:

𝑚 1 𝑆31 = 9460 𝑀𝑒𝑉

66

FFiigguurraa 33..55: Sezioni d’urto adroniche misurate dall’esperimento CLEO al collider CESR 𝒆+𝒆− di

Cornell [14]

L‟esistenza di questi nuovi stati fu attribuita alla presenza di un nuovo quark,

chiamato beauty. Si introdusse un nuovo numero quantico 𝐵∗ = −1, conservato

nelle interazioni forti ed elettromagnetiche, ma non in quelle deboli.

Inoltre al beauty si attribuì carica − 1 3 e massa pari circa alla metà del più basso

stato legato, ovvero Υ, quindi circa 4,2 𝐺𝑒𝑉.

Come per il charm, anche per il beauty è possibile costruire stati legati, sia con

hidden beauty, ovvero il bottomonio, sia con open beauty .

Gli stati appartenenti al bottomonio sono del tipo 𝑏𝑏 , e si distinguono sia per il

valore crescente del numero quantico principale sia per i diversi valori di

momento angolare orbitale e di spin. Non tutti gli stati sono stati osservati: ad

esempio, la particella hb ( con 𝐽𝑃𝐶 = 1+− ) non è stata ancora rivelata.

𝑚 2 𝑆31 = 10023 𝑀𝑒𝑉

𝑚 3 𝑆31 = 10352 𝑀𝑒𝑉

67

Gli adroni con beauty con massa più bassa sono i mesoni pseudoscalari composti

di un antiquark 𝑏 e un quark tra 𝑢, 𝑑, 𝑠 e 𝑐 (𝑏 𝑞). Le particelle con beauty si

suddividono in stati pseudoscalari, con spin zero, e vettoriali, con lo spin pari ad

uno. Essi sono tabulati in Tabella 3.3:

TTaabbeellllaa 33..33: Stati del bottomonio e con “open beauty”: numeri quantici

Lo stato 𝐵𝑐∗ non è stato ancora osservato, mentre lo stato 𝐵𝑐

+ è stato osservato di

recente. [12]

3.1.3 Spettro del charmonio e del bottomonio

Raggruppando le particelle con hidden charm e hidden beauty e riportando le

masse determinate sperimentalmente, si può rappresentare graficamente lo spettro

del charmonio e del bottomonio, in analogia a quello del positronio. Le masse

delle particelle appartenenti al charmonio e al bottomonio sono raccolte in Tabella

3.4:

Mesoni 𝐛𝐛 [𝐁∗=0]

Particella 𝑱𝑷𝑪 𝑳 𝑺 𝑰𝟑

ηb 0−+ 0 0 0

Υ(1S) 1−− 0 1 0

Υ(2S) 1−− 0 1 0

Υ(3S) 1−− 0 1 0

χb0(1P) 0++ 1 1 0

χb1(1P) 1++ 1 1 0

χb2(1P) 2++ 1 1 0

χb0(2P) 0++ 1 1 0

χb1(2P) 1++ 1 1 0

χb2(2P) 2++ 1 1 0

hb 1+− 1 0 0 ?

Mesoni con beauty manifesto 𝒃 𝒒 o 𝒃𝒒

Particella 𝑱𝑷 𝑳 𝑺 𝑰𝟑

𝐵+(𝑢𝑏 ) 0− 0 0 + 1 2

𝐵0(𝑑𝑏 ) 0− 0 0 − 1 2

𝐵 0(𝑏𝑑 ) 0− 0 0 + 1 2

𝐵−(𝑏𝑢 ) 0− 0 0 − 1 2

𝐵∗ 1− 0 1 1 2

𝐵𝑠0(𝑠𝑏 ) 0− 0 0 0

𝐵 𝑠0(𝑠 𝑏) 0− 0 0 0

𝐵𝑠∗ 1− 0 1 0

𝐵𝑐+(𝑐𝑏 ) 0− 0 0 0

𝐵𝑐−(𝑐 𝑏) 0− 0 0 0

𝐵𝑐∗ 1− 0 1 0

68

TTaabbeellllaa 33..44: Masse note degli stati del charmonio e del bottomonio

Utilizzando tali dati otteniamo gli spettri in fig. 3.6 e in fig. 3.7:

Particella Massa [MeV/c2] 𝑱𝑷𝑪

𝜂𝑐 (1𝑆) 2980.3 0−+

𝜂𝑐 (2𝑆) 3637 0−+

𝐽/𝜓(1𝑆) 3096.9 1−−

𝜓(2𝑆) 3686.09 1−−

𝜓(3770) 3772.92 1−−

𝜓(4040) 4039 1−−

𝜓(4160) 4153 1−−

𝜓(4415) 4421 1−−

𝜒𝑐0 (1𝑃) 3414.74 0++

𝜒𝑐1 (1𝑃) 3510.66 1++

𝜒𝑐2 (1𝑃) 3556.2 2++

𝑕𝑐 (1𝑃) 3525.93 1+−

Particella Massa [MeV/c2] 𝑱𝑷𝑪

𝜂𝑏 (1𝑆) 9388.9 0−+

Υ(1𝑆) 9460.3 1−−

Υ(2𝑆) 10020 1−−

Υ(3𝑆) 10355 1−−

Υ(4𝑆) 10579 1−−

Υ(10860) 10865 1−−

Υ(11020) 11019 1−−

𝜒𝑏0 (1𝑃) 9859.4 0++

𝜒𝑏1 (1𝑃) 9892.7 1++

𝜒𝑏2 (1𝑃) 9912.2 2++

𝜒𝑏0 (2𝑃) 10230 0++

𝜒𝑏1 (2𝑃) 10255 1++

𝜒𝑏2 (2𝑃) 10268 2++ Charmonio

Bottomonio

69

FFiigguurraa 33..66: Spettro del charmonio

FFiigguurraa 33..77: Spettro del bottomonio

𝐽𝑃𝐶

70

Osservando gli spettri si evidenziano subito delle caratteristiche importanti; vi

sono delle particelle aventi lo stesso numero quantico principale, ma che

differiscono per l‟accoppiamento di 𝐿 e 𝑆 , quindi di 𝐽 , e per la massa, anche se la

lieve differenza può portare ad assumere che esse appartengano allo stesso

multipletto. È questo il caso di 𝜂𝑐 − 𝐽/𝜓 o degli stati 𝜒𝑐𝑖 , 𝑕𝑐 , e analogamente nel caso

del beauty. Si nota anche la presenza di eccitazioni radiali, ovvero quelle particelle

aventi differente numero quantico principale e stesso 𝐽𝑃𝐶 , caratterizzate da una

evidente differenza di massa. È questo il caso della 𝐽/𝜓 e 𝜓(2𝑆), 𝜒𝑐𝑖 e 𝜒′𝑐𝑖 , e

analogamente nel caso del sistema 𝑏𝑏 . [12]

3.1.4 Top [8] [15]

Se consideriamo i tre quark con carica − 1 3 (𝑑, 𝑠 e 𝑏) e quelli con

carica+ 2 3 ( 𝑢 e 𝑐), osserviamo che per simmetria, nel modello a quark occorre

che esista un sesto quark, con carica + 2 3 . Esso fu chiamato top, ed è portatore

di un nuovo numero quantico, 𝑇 = +1. La corrispondenza con i leptoni rimane,

visto che è stato osservato il leptone 𝜏, accompagnato dal suo neutrino. Fu

scoperto nel 1995 al collider Tevatron al Fermilab nell‟esperimento CDF, facendo

collidere protoni e antiprotoni con un‟energia del centro di massa pari a 1.8 TeV.

La scoperta avvenne circa 20 anni dopo il beauty. Essendo il top molto pesante,

più di 170 𝐺𝑒𝑉 in massa è stato necessario costruire acceleratori capaci di

raggiungere energie molto più elevate.

Il top è stato scoperto studiando il processo di seguito descritto. Si prenda un

quark, o un antiquark, immediatamente dopo la sua produzione in una collisione

adronica; esso si muove rapidamente in un campo di colore. L‟energia è così alta

che il campo si materializza in un numero di coppie quark – antiquark, le quali si

uniscono e formano adroni. Questo processo che cattura il quark in un adrone si

chiama “adronizzazione”, in cui il momento e l‟energia del quark viene

distribuita tra i vari adroni.

In particolare, nell‟esperimento in cui fu osservato il top, un protone e un

antiprotone, che viaggiavano in direzioni opposte lungo la direzione del fascio,

71

collidevano al centro del Collider Detector al Fermilab (CDF). Ad alte energie la

collisione avviene tra i quark e i gluoni; ogni quark o gluone porta con sé una

frazione di energia totale del protone o dell‟antiprotone, così che la collisione sia

abbastanza energetica da poter produrre il top. L‟impatto produceva quattro “jet”,

fasci di particelle aventi circa la stessa direzione del moto del quark originale

dopo l‟interazione, ed altre poche particelle. Due “jet”, identificati da un rivelatore

di vertice al silicio, provenivano dal decadimento di un quark 𝑏 e di un antiquark

𝑏 , mentre due dal decadimento di un bosone 𝑊 in un quark e un antiquark. Un

positrone energetico era prodotto da un altro decadimento di 𝑊, insieme con un

neutrino invisibile. “Jet” multipli, insieme con un positrone, allertavano gli

sperimentali per la possibile creazione del top. Un campo magnetico diretto lungo

la direzione del fascio curvava i cammini delle particelle cariche; la direzione

della curvatura mostrava il segno della particella carica e il raggio di curvatura il

suo momento. Attorno alla direzione del fascio era posizionato un calorimetro per

poter misurare l‟energia depositata dalle particelle emergenti. I dati raccolti

furono raffigurati come in fig. 3.8:

FFiigguurraa 33..88:: Distribuzione dell’energia depositata nella produzione del top nell’esperimento CDF al

Tevatron

L‟altezza della barra indica l‟energia depositata dalla particella. Oltre a CDF, fu

utilizzato al Fermilab, anche un altro rivelatore chiamato D; CDF fu utilizzato

per l‟analisi dei momenti, invece D fu ottimizzato per misurare l‟energia e

confermò i risultati sperimentali.

72

Nel caso del top non esistono stati legati formati da top, a vita media

sufficientemente lunga, infatti gli stati del tipo 𝑡𝑡 e 𝑡𝑞 non sono mai stati

osservati. Il top e l‟antitop, una volta prodotti, decadono quasi istantaneamente. Il

decadimento è debole, ma essendo 𝑡 molto pesante, il suo tempo di vita media è

molto più breve del tempo di adronizzazione. Sperimentalmente, il top viene

identificato osservando i suoi prodotti di decadimento. Esso decade più

probabilmente in stati finali contenenti un bosone 𝑊 e un quark ( o un antiquark)

𝑏 . Né il 𝑊 né il bottom possono essere osservati direttamente poiché instabili.

Da ciò si comprende il perché nell‟esperimento si osservano e si studiano i “jet”.

Quindi, un evento in cui si produce un top può essere analizzato studiando i “jet”

prodotti dai quark bottom. Inoltre il top si produce solo in coppia con l‟antitop. La

descrizione di un evento è riportata in fig. 3.9:

FFiigguurraa 33..99: Rappresentazione della produzione del quark top

Nell‟esperimento del CDF furono raccolti solo 12 eventi, che furono tuttavia in

grado di dimostrare che la massa del top, misurata ricostruendo i prodotti di

decadimento, è di circa 170 GeV.

3.1.5 Il sistema dei quark

Riassumendo quanto detto fino ad ora, si osserva che gli adroni hanno sei

numeri quantici, chiamati sapori, che sono: i due valori della terza componente di

isospin, 𝐼3, la stranezza, 𝑆, il charm, 𝐶, il beauty, 𝐵∗ e il top, 𝑇. Tutti i sapori si

conservano nelle interazioni forti ed elettromagnetiche e tale conservazione è

73

violata dalle interazioni deboli. Esiste un quark per ogni sapore. I quark non

esistono come particelle libere; negli esperimenti di collisioni fra adroni o leptoni,

i quark possono essere prodotti in modo isolato, ma immediatamente decadono, o

adronizzano, sicché non siamo in grado di osservarli come particelle individuali,

come per l‟elettrone o il muone. Si trovano negli adroni, ai quali vengono così

assegnati il sapore, il numero barionico e la carica elettrica. Essi hanno spin 1 2 e

parità positiva. Si può completare la formula di Gell – Mann e Nishijima

𝑄 = 𝐼3 +𝐵+𝑆+𝐶+𝐵∗+𝑇

2.

Per convenzione, il sapore di una particella ha lo stesso segno della sua carica

elettrica.

Si possono riassumere nella Tabella 3.5 le caratteristiche dei quark:

𝑄 𝐼 𝐼3 𝑆 𝐶 𝐵∗ 𝑇 𝐵 𝑌 𝑀𝑎𝑠𝑠𝑎

𝑑 −1

3

1

2 −

1

2 0 0 0 0

1

3

1

3 3 ÷ 7 𝑀𝑒𝑉

𝑢 +2

3

1

2 +

1

2 0 0 0 0

1

3

1

3 1,5 ÷ 3 𝑀𝑒𝑉

𝑠 −1

3 0 0 −1 0 0 0

1

3 −

2

3 95 𝑀𝑒𝑉

𝑐 +2

3 0 0 0 +1 0 0

1

3

4

3 1,25 𝐺𝑒𝑉

𝑏 −1

3 0 0 0 0 −1 0

1

3 −

2

3 4,2 𝐺𝑒𝑉

𝑡 +2

3 0 0 0 0 0 +1 1

3 4

3 174 𝐺𝑒𝑉

TTaabbeellllaa 33..55: Numeri quantici e masse dei quark

In Natura esistono tre famiglie di quark e leptoni, ognuna con la stessa struttura:

un quark di tipo up con carica + 2 3 , un quark di tipo down con carica − 1 3 , un

leptone con carica −1 e un neutrino. Questa simmetria è alla base della teoria del

Modello Standard , che descrive tutte le particelle elementari oggi note e tre delle

quattro forze fondamentali: l‟interazione forte, debole e elettromagnetica. Nel

Modello Standard le particelle fondamentali sono raggruppate in due categorie: le

particelle costituenti la materia, ovvero i quark e i leptoni, raggruppati in

“generazioni”, e le particelle mediatrici delle forze, ovvero i bosoni 𝑊 e 𝑍, il

fotone e i gluoni, dove 𝑊 e 𝑍 sono i bosoni che trasmettono la forza nucleare

(3.6)

74

debole, il fotone trasmette la forza elettromagnetica e i gluoni quella nucleare

forte che lega i quark all‟interno delle particelle.

I fermioni sono raggruppati in tre generazioni: la prima è composta dall‟elettrone,

neutrino elettronico e dai quark up e down. Tutta la materia ordinaria è costituita

da elettroni e dai quark 𝑢 e 𝑑. Le particelle delle altre due generazioni hanno

massa maggiore e per questo motivo i leptoni e i quark della seconda e terza

famiglia possono decadere in particelle più leggere costituite da elementi della

prima famiglia. Esse sono instabili e presentano una vita media breve.

Le generazioni possono essere rappresentate nella Tabella 3.6, che riassume tutte

le proprietà delle particelle elementari:

Costituenti della materia

QU

AR

K

MASSA

(GeV)

UP [𝒖] CHARM [𝒄] TOP [𝒕] CARICA

0,3 1,5 175,00 + 23

MASSA

(GeV)

DOWN [𝒅] STRANGE [𝒔] BOTTOM [𝒃]

0,3 0,5 4,5 − 13

LE

PT

ON

I

MASSA

(GeV)

ELETTRONE [𝒆−] MUONE [𝝁−] TAU [𝝉−]

0,0005 0,106 1,7 −1

MASSA

(GeV)

NEUTRINO

ELETTRONICO [𝝂𝒆] NEUTRINO

MUONICO [𝝂𝝁] NEUTRINO

TAU [𝝂𝝉]

0? 0? 0? 0

Mediatori delle forze

BOSONI

VETTORIALI FOTONE GLUONE

MASSA (GeV)

𝑾+ 𝑾− 𝒁𝟎 𝜸 𝒈

80 80 91 0 0

CARICA

ELETTRICA +1 -1 0 0 0

FORZA DEBOLE ELETTROMAGNETICA FORTE

TTaabbeellllaa 33..66:: Elementi del Modello Standard

75

Capitolo 4

Il sistema 𝑐𝑐 (charmonio) e 𝑏𝑏 (bottomonio)

4.1 INTRODUZIONE

Nel capitolo precedente è stato descritto il sistema 𝑞𝑞 , ovvero il

quarkonio, come un “atomo”, caratterizzato da precisi valori di 𝐿 , momento

angolare orbitale, di 𝑆 , momento angolare intrinseco di spin e di 𝐽 , momento

angolare totale, pari a 𝐿 + 𝑆 . Tale descrizione può essere completata

considerando 𝑃, l‟operatore di parità del sistema, pari a (−1)𝐿+1, e 𝐶, l‟operatore

di coniugazione di carica, il cui valore può essere dedotto dallo scambio di 𝑞 con

𝑞 e quindi dallo scambio di posizione e spin, così, combinando le due operazioni,

si ottiene 𝐶 = −(−1)𝑆+1(−1)𝐿 = (−1)𝐿+𝑆, dove il segno meno deriva dallo

scambio dei fermioni, (−1)𝑆+1 dalla simmetria degli stati di spin 𝑞𝑞 e (−1)𝐿

dalla inversione spaziale. Tutto ciò ha permesso di realizzare uno spettro di massa

per tali sistemi, in particolare per il charmonio e il bottomonio, in analogia con

l’atomo di idrogeno, in cui vengono raccolti gli stati legati con una certa massa e

un ben determinato numero quantico. L‟analogia con lo spettro atomico si nota

perché nello spettro del quarkonio ad ogni massa corrisponde una particella, così

come per ogni particella corrispondono vari livelli energetici; quindi la massa

76

coincide con i livelli energetici, e ogni particella viene identificata con il livello

energetico di uno stesso stato fondamentale. Questa descrizione implica la

presenza di un potenziale di interazione tra i quark, e la possibilità di predire vari

stati con 𝐽𝑃𝐶 . Si noti che esistono combinazioni che danno vita a stati non

consentiti, chiamati stati esotici, la cui evidenza sperimentale è oggetto di

dibattito. [9]

4.2 CHARMONIO E BOTTOMONIO

Il sistema del charmonio, e analogamente del bottomonio, è diventato il

prototipo ( come l‟atomo di idrogeno ) della spettroscopia mesonica. Lo spettro è

piuttosto chiaro, e gli stati osservati possono essere identificati con i livelli 1𝑆,

1𝑃 e 2𝑆 del sistema 𝑐𝑐 ( o 𝑏𝑏 ). Per poter determinare i livelli energetici del

charmonio ( e del bottomonio ) , si può risolvere 𝑢𝑛′𝑒𝑞𝑢𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑆𝑐𝑕𝑟𝑜 𝑑𝑖𝑛𝑔𝑒𝑟

indipendente dal tempo, con interazione istantanea tra i quark negli adroni e

considerando il charmonio come un sistema non relativistico. Un elemento

fondamentale in questa descrizione è il potenziale di interazione tra i quark nel

charmonio 2 ( o in generale per il quarkonio ); l‟energia potenziale 𝑉 descrive

l‟interazione tra i quark nel sistema di riferimento del centro di massa.

In analogia con l‟atomo di idrogeno, il cui potenziale è Coulombiano, del tipo

𝑉 = −𝛼

𝑟 , il potenziale del charmonio dipende dalla distanza tra i due quark. Tra

le varie possibilità, un potenziale che descrive con successo i dati sperimentali è

quello di Cornell, che ha la forma:

𝑉 𝑟 = −4

3

𝛼𝑠

𝑟+ 𝑏𝑟

dove 𝛼𝑠 è la costante di accoppiamento forte e misura la forza dell‟interazione. Il

primo termine è simile al potenziale coulombiano dell‟atomo di idrogeno, ciò vuol

dire che a piccole distanze prevale un potenziale di tipo elettrostatico e

l‟interazione cresce negativamente al ridursi della distanza: a piccole distanze

2 La descrizione che segue vale anche per il bottomonio.

(4.1)

77

l‟interazione è attrattiva con una costante di accoppiamento maggiore di quella

coulombiana ( che è proporzionale al quadrato della carica ).

A grandi distanze il potenziale elettrostatico tende ad annullarsi: se l‟interazione

fosse esclusivamente descritta da questo termine, esisterebbe una quantità finita di

energia, l‟energia di legame, che permetterebbe la ionizzazione del sistema legato.

Ciò non accade per il charmonio: infatti, qualsiasi energia si fornisca al sistema, il

quark non viene liberato e non diventa un sistema isolato per distanze sempre

crescenti. Il termine 𝑏𝑟 risulta adatto per la descrizione di questo fenomeno,

perché indica che il potenziale cresce sempre linearmente. Il parametro 𝑏 indica il

peso di questo termine, che viene chiamato potenziale confinante , perché

suggerisce l‟idea, che pur fornendo quantità elevate di energia il quark non sarà

mai isolato dal sistema, ovvero non esistono quantità di energia finita che

ionizzano il sistema; anzi all‟aumentare della distanza i quark interagiscono

maggiormente e all‟aumentare dell‟energia si possono creare altre coppie del tipo

quark – antiquark ma mai uno stato isolato. La differenza tra il potenziale

coulombiano e quello del charmonio si può osservare in fig. 4.1:

FFiigguurraa 44..11: Rappresentazione del potenziale coulombiano (blu) e del charmonio (rosso)

Nel potenziale di Cornell sono stati trascurati i termini di interazione spin – orbita

e spin – spin , che determinano le differenze tra i livelli energetici sia per diversi

5 10 15 20

3

2

1

1

2

3

78

valori di momento angolare, e quindi gli stati 𝑆, 𝑃…, sia per i differenti stati di

tripletto e singoletto. Nella spettroscopia atomica tali splitting sono chiamati

rispettivamente struttura fine ed iperfine.

Tale descrizione risulta essere una ragionevole prima approssimazione, poiché i

valori sperimentali delle masse sono prossimi ai valori predetti dalla risoluzione

dell‟ equazione di Schro dinger, considerando gli stati 𝑐𝑐 come fermioni non

relativistici in un potenziale Coulombiano più un termine confinante.

L‟equazione è data da

𝐻Ψ = 𝐸Ψ

dove 𝐻 è l‟hamiltoniana del sistema costituito dai quark nel sistema di quiete del

centro di massa e consta di un termine cinematico relativistico e del potenziale

generalizzato quark – antiquark, ovvero 𝐻 = 𝐻0 + 𝑉𝑞𝑞 (𝑟 ), dove 𝐻0 =

𝑝 𝑞2 + 𝑚𝑞

2 + 𝑝 𝑞 2 + 𝑚𝑞

2 , ( ponendo 𝑐 = 1 ); Ψ è la funzione d‟onda dell‟adrone

costituito dai quark; 𝐸 coincide con l‟energia di riposo dell‟adrone e quindi con la

sua massa.

Essendo la massa del quark charm grande, si può introdurre la seguente

approssimazione per l‟energia cinetica:

𝐸𝑞 ≈ 𝑚𝑞 +𝑝 2

2𝑚𝑞

Se si trascurano gli effetti relativistici l‟equazione di Schro dinger, nella

rappresentazione delle coordinate, si può scrivere così ( ponendo la costante di

Planck h = 1) :

−∇1

2

2𝑚1−

∇22

2𝑚2+ 𝑉 𝑟 Ψ = (𝑀 − 𝑚1 − 𝑚2)Ψ

dove 𝑀 è la massa del mesone, 𝑚1 e 𝑚2 le masse dei quark. Passando nel sistema

del centro di massa l‟equazione diventa:

p 2

2𝑚+ 𝑉 𝑟 Ψ = (𝑀 − 𝑚1 − 𝑚2)Ψ

dove 𝑚 è la massa ridotta: 𝑚 =𝑚1𝑚2

𝑚1+𝑚2.

Il campo di forze delle interazioni forti è centrale e si può quindi utilizzare la

separazione delle variabili, diagonalizzando energia, momento angolare totale e la

(4.2)

(4.4)

(4.5)

(4.3)

79

sua componente lungo l‟asse. L‟equazione da risolvere per determinare gli

autovalori, e quindi le masse del mesone, e le autofunzioni, ovvero gli stati e di

conseguenza le particelle dello spettro, è quella radiale, avendo fattorizzato la

funzione d‟onda totale:

𝜓 𝑟 = 𝑌𝑙 ,𝑚 (𝜗, 𝜑)𝑢𝑙 𝑟

𝑟

e avendo semplificato la parte angolare. L‟equazione radiale è la seguente:

𝑢 ′′ (𝑟)

2𝑚+ 𝐸 − 𝑉 𝑟 −

𝑙 𝑙+1

2𝑚𝑟2 𝑢 𝑟 = 0

Questa equazione fornisce le autofunzioni radiali e i relativi autovalori, i quali

dipendono da due numeri quantici 𝑛 e 𝑙; la massa del mesone sarà quindi data

dalla relazione

𝑀𝑛𝑙 = 2𝑚𝑞 + 𝐸𝑛𝑙

A seconda dei numeri quantici si hanno degli stati 1𝑆 se 𝑛, 𝑙 = (1,0), 2𝑆 se

𝑛, 𝑙 = (2,0) e 2𝑃 se 𝑛, 𝑙 = (2,1) e così via, in corrispondenza dei quali

vengono trovati gli stati legati di quark – antiquark. Confrontando i valori ottenuti

sperimentalmente con le soluzioni numeriche dell‟ equazione di Schro dinger

utilizzando il potenziale di Cornell, si è potuto constatare che tale modello risulta

adeguato a descrivere il sistema del charmonio e del bottomonio.

Si potrebbe pensare di utilizzare questo modello anche per i quark leggeri 𝑢, 𝑑 e

𝑠, ma avendo questi una massa molto piccola rispetto al charm o al bottom, gli

effetti relativistici risultano essere non trascurabili e la descrizione risulta in molti

casi non adeguata ai dati sperimentali. [9] [16] [17] [18] [19]

(4.6)

(4.7)

(4.8)

80

Conclusioni

Gell-Mann comprese che il Modello a Quark aveva bisogno di essere inglobato in

una teoria unificata, che riuscisse a spiegare stati e sistemi che non risultano

ancora di facile comprensione. Il Modello Standard inglobò il Modello a Quark e

quindi la sua regolarità e capacità di poter predire particelle con caratteristiche

simili tra loro. Tali proprietà sono state descritte nel corso di questo lavoro,

cercando di mettere in evidenza l‟esistenza di una simmetria che rende

comprensibile la struttura di ogni particella.

Il Modello a Quark stabilisce un ordine nel “mare” di particelle scoperte e di

rendere armoniche e soprattutto reali quelle strutture matematiche che descrivono

in modo ottimale le evidenze sperimentali.

Tale Modello è riuscito a rendere semplice ciò che appariva complesso e caotico,

a trovare le regole e gli strumenti adatti, per poter collegare tutti gli elementi e

dare un senso all‟esistenza dei quark.

Ovviamente il Modello a Quark possiede dei limiti, come ad esempio la non

perfetta uguaglianza delle masse dei multipletti mesonici e barionici e l‟assenza di

una struttura matematica regolare per i quark pesanti analoga ai quark leggeri.

Inoltre esistono ancora dei problemi insoluti, come ad esempio la possibile

esistenza di stati “esotici”, non previsti dal Modello a Quark, che richiederebbero

una modifica di esso. Essi sono detti “adroni esotici”; sono soggetti

all‟interazione forte ma non possiedono lo stesso contenuto di quark degli adroni

ordinari. Si dividono in barioni esotici, tra cui citiamo il pentaquark, composto da

quattro quark e da un antiquark, ovvero 𝑞𝑞𝑞𝑞𝑞 , e mesoni esotici, tra cui

81

ricordiamo il tetraquark, composto da due coppie quark – antiquark, 𝑞𝑞 𝑞𝑞 . Tali

stati sono possibili da un punto di vista matematico; infatti, utilizzando la Teoria

dei Gruppi e l‟algebra ad essa correlata, si osserva che, formalmente, è possibile

realizzare, anche stati a più quark, prodotti di rappresentazioni, riscrivibili, come

somma di rappresentazioni irriducibili. [ Si veda il calcolo in Appendice B ] La

difficoltà consiste nella verifica sperimentale di tali particelle e nella realizzazione

di un modello teorico adatto. Evidenze di essi sono state osservate in alcuni

esperimenti, ma sono in attesa di conferma.

Un esempio di stati problematici riguarda lo spettro del charmonio. Negli ultimi

anni sono stati osservati in alcuni esperimenti ( Babar e Belle [20] ) stati non

facilmente descrivibili nel Modello a Quark, che mostrano la presenza di

particelle con caratteristiche di difficile interperetazione, come per esempio

X(3940), X(3872), Y(4260), Y(3940), Z(3930), Z(4430).

Un diagramma aggiornato dello spettro del charmonio è indicato in figura 1.

Alcuni stati come Z(4430) hanno carica elettrica non nulla e contenuto 𝑐𝑐 : infatti,

sono stati osservati nei decadimenti, per esempio per la 𝑍+ 4430 : 𝑍+ → 𝜓′𝜋+.

Anche questi, tuttavia, devono essere confermati sperimentalmente.

82

FFiigguurraa 11: Spettro del charmonio con nuovi possibili stati 𝒄𝒄 [21]

Consideriamo un altro esempio, la X(3872). Essa fu osservata nel 2003 in

Giappone durante l‟esperimento Belle nel decadimento di 𝐵± in 𝐾±𝑋 e 𝑋 →

𝐽/𝜓𝜋+𝜋− e, in seguito, dall‟esperimento Babar; il suo nome X indica il fatto che

non sono ancora note tutte le sue proprietà e 3872 indica invece la massa di tale

particella. Si osserva che la massa della X(3872) è pari alla massa di 𝐷0𝐷 ∗0, e

quindi una interpretazione per questo stato potrebbe essere che tale particella sia

una molecola, formata da due mesoni 𝐷𝐷 ∗, con 𝐽𝑃𝐶 = 1++. Ovviamente ci sono

ancora numerosi dubbi da chiarire e caratteristiche da spiegare.

Si può concludere che i Modelli fino ad ora costruiti non sono ancora perfetti, e i

ricercatori continuano costantemente il loro lavoro, per poter comprendere

l‟armonia nella Natura.

83

Appendice A

Data una matrice 𝑀 = 𝑒𝑖𝐴 unitaria, è facile dimostrare che la matrice 𝐴 è

Hermitiana.

Infatti:

Essendo per ipotesi 𝑀 = 𝑒𝑖𝐴 unitaria, 𝑒𝑖𝐴 𝑒𝑖𝐴 +

= 𝕀.

Verifichiamo dapprima due relazioni utili per la dimostrazione finale:

1. 𝑒𝑖𝐴 +

= 𝑒−𝑖𝐴+

2. 𝑖𝐴 + = −𝑖𝐴+

Verifichiamo la (𝐴. 2).

𝑖𝐴 + = 𝐴+𝑖+ = 𝑖+𝐴+ = −𝑖𝐴+

Verifichiamo la (𝐴. 1).

𝑒𝑖𝐴 + = 𝑖𝐴 𝑛

𝑛 !

+∞𝑛=0

+

= 𝑖𝐴 +

𝑛

𝑛 !

+∞𝑛=0 =

−𝑖𝐴+ 𝑛

𝑛 !

+∞𝑛=0 = 𝑒−𝑖𝐴+

Quindi possiamo affermare che

𝑒𝑖𝐴 𝑒𝑖𝐴 +

= 𝕀 = 𝑒𝑖𝐴 𝑒−𝑖𝐴+

Moltiplicando a destra entrambi i membri per 𝑒𝑖𝐴+ si ottiene

𝑒𝑖𝐴 ∙ 𝑒−𝑖𝐴+∙ 𝑒𝑖𝐴+

= 𝕀 ∙ 𝑒𝑖𝐴+ ⇒ 𝑒𝑖𝐴 ∙ 𝕀 = 𝕀 ∙ 𝑒𝑖𝐴+

⇒ 𝑒𝑖𝐴 = 𝑒𝑖𝐴+⇒ 𝑨 = 𝑨+

Quindi 𝑨 è Hermitiano. [7]

(𝐴. 1)

(𝐴. 2)

(𝐴. 3)

(𝐴. 4)

(𝐴. 5)

84

Appendice B

Si consideri la rappresentazione 𝟑 di SU(3), che identifica il tripletto

fondamentale dei quark. Ricordiamo che il prodotto di rappresentazioni può

essere riscritto come somma di rappresentazioni irriducibili, utilizzando le Tabelle

di Young: per i mesoni, composti da un sistema quark – antiquark, si ha che

3 ⊗ 3 = 8 ⊕ 1

per i barioni, formati da tre quark, le rappresentazioni sono riducibili in

3 ⊗ 3 ⊗ 3 = 10 ⊕ 8 ⊕ 8 ⊕ 1.

Possiamo allora analizzare gli stati a molti quark.

Dapprima si analizzi il tetraquark. Esso è composto da quattro quark, ovvero è un

sistema 𝑞𝑞 𝑞𝑞 ; tale stato può essere studiato come il prodotto di due

rappresentazioni mesoniche, cioè

𝑞𝑞 𝑞𝑞 = (3 ⊗ 3 ) ⊗ (3 ⊗ 3 )

e, per quanto detto per i mesoni, risulta

3 ⊗ 3 ⊗ 3 ⊗ 3 = 8 ⊕ 1 ⊗ 8 ⊕ 1 =

= 8 ⊗ 8 ⊕ 1 ⊗ 8 ⊕ 8 ⊗ 1 ⊕ 1 ⊗ 1 .

È quindi possibile combinare quattro quark e riscriverli come somma di

multipletti non più riducibili, utilizzando la rappresentazione fondamentale di

SU(3).

Questo vale anche per il pentaquark, sistema composto da cinque quark, cioè

𝑞𝑞𝑞𝑞𝑞 , che può essere analizzato come il prodotto di una rappresentazione

barionica e una mesonica:

𝑞𝑞𝑞 𝑞𝑞 = 3 ⊗ 3 ⊗ 3 ⊗ 3 ⊗ 3 .

Considerando le rappresentazioni irriducibili per i barioni e i mesoni, si ottiene

(𝐵. 1)

(𝐵. 2)

(𝐵. 3)

(𝐵. 4)

(𝐵. 5)

85

3 ⊗ 3 ⊗ 3 ⊗ 3 ⊗ 3 = 10 ⊕ 8 ⊕ 8 ⊕ 1 ⊗ 8 ⊕ 1 =

= 10 ⊗ 8 ⊕ 10 ⊗ 1 ⊕ 8 ⊗ 8 ⊕ 8 ⊗ 1 ⊕ 8 ⊗ 8 ⊕ 8 ⊗ 1 ⊕

⊕ 1 ⊗ 8 ⊕ (1 ⊗ 1)

Si può concludere che, per la Teoria dei Gruppi, è possibile combinare qualsiasi

rappresentazione per realizzarne delle altre, le quali, però, hanno bisogno del

supporto sperimentale per poter essere considerate reali e non puro calcolo

formale.

(𝐵. 6)

86

Bibliografia

[1] D. Flamm, and F. Sch𝑜 berl, Introduction to the quark model of elementary

particles, Gordon and Breach, New York, 1982.

[2] M. Gell-Mann, Il quark e il giaguaro. Avventura nel semplice e nel

complesso, Bollati Boringhieri, 2000, 2nd

edizione.

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[4] K. S. Krane, Introductory nuclear physics, John Wiley and Sons, 1988.

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course in modern particle physics, John Wiley and Sons, 1984.

[6] H. Georgi, Lie algebras in particle physics: from isospin to unified

theories, Westview Press, 1999.

[7] G. Nardulli, Meccanica Quantistica I, Principi, Franco Angeli, 2001.

[8] A. Bettini, Introduction to elementary particles, Cambridge University

Press, 2008.

[9] D. H. Perkins, Introduction to High Energy Physics, Cambridge University

Press, 2000, 4th

edizione.

87

[10] J. J. Aubert at al. , Experimental observation of a Heavy Particle J ,Phys.

Rev. Lett. 33: 1404, 1974.

[11] A. Boyarski et al. , The Quantum Numbers and Decay Widths of the psi,

Phys. Rev. Lett. 34: 1357, 1975.

[12] Particle Data Group, Review of Particle Physics, 2008.

[13] S. W. Herb et al. , Observation of a Dimuon Resonance at 9.5 GeV in 400

GeV Proton – Nucleus Collisions , Phys. Rev. Lett. 39: 252, 1977.

[14] D. Andrews et al. , Observation of Three Upsilon States, Phys. Rev. Lett.

44: 1108, 1980.

[15] T. M. Liss and P. L. Tipton, Scientific American, The discovery of the top

quark, Settembre 1997, p. 57.

[16] G. Nardulli, Meccanica Quantistica II, Applicazioni, Franco Angeli, 2001.

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Phys.Rev.D72:054026,2005.

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3th

edizione.

[20] P. Colangelo, F. De Fazio, R. Ferrandes, S. Nicotri, New open and hidden

charm spectroscopy, Proceedings of “Continuous Advances in QCD”,

Minneapolis, 2006.

[21] A. Bevan, Flavour physics at B-factories and other machines, European

Physical Society‟s, High Energy Particle Physics Conference Krakow,

Poland, 2009.

88

Ringraziamenti

Cercherò di ringraziare tutti coloro che in questo periodo hanno vissuto con me la

realizzazione di questa tesi, che rappresenta la conclusione di un cammino di studi

arduo ma ricco di soddisfazioni e di emozioni, e mi scuso in partenza se ho

dimenticato qualcuno. Vorrei perciò ringraziare:

il Prof. Salvatore Nuzzo per aver creduto in me e nelle mie capacità,

affidandomi tale lavoro di tesi e per non aver mai smesso di incoraggiarmi;

il Dr. Pietro Colangelo per aver costruito con me passo dopo passo questa

tesi, con immensa pazienza e straordinario entusiasmo, e per avermi

mostrato la passione verso il proprio lavoro; il Dr. Giuseppe Zito per

avermi seguita con competenza durante il tirocinio; ringrazio tutti e tre per

aver accresciuto il mio bagaglio culturale e per avermi mostrato cosa vuol

dire lavorare con un fisico;

tutti i miei compagni di corso, che come me sanno cosa vuol dire

raggiungere un obiettivo importante e hanno vissuto ogni momento di

questi tre meravigliosi anni; Lucia, che oltre ad essere la mia compagna di

studi, è una vera amica e ha condiviso con me le gioie e le amarezze, le

ansie e le soddisfazioni in tutti questi tre anni; Bruno, Santo, Francesco,

Paola, Vittoria, Piero, Giacomo, Gerardo con cui ho vissuto momenti

fantastici anche al di fuori delle mura del dipartimento;

la mia famiglia per non avermi fatto mai mancare nulla e per aver

supportato con amore ogni mia scelta; Jerry e Serena che più di tutti hanno

89

vissuto ogni mio cambiamento di umore, ma che mi hanno sempre dato la

loro comprensione e il loro amore; tutti i miei amici che mi hanno sempre

mostrato il loro sostegno.