aspetti della lingua giuridica. forme e prassi della...
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Aspetti della lingua giuridica. Forme e prassi della scrittura di
testi non normativi
Maria Vittoria Dell’Anna, Università del Salento
Citation: Dell’Anna, M. V. (2015), “Aspetti della lingua giuridica. Forme e prassi della scrittura di testi non normativi”, mediAzioni 18, http://mediazioni.sitlec.unibo.it, ISSN 1974-4382.
1. Linguaggio giuridico e testi giuridici
Tra le manifestazioni linguistiche e le modalità espressive adottate da chi, con
scopi e con ruoli culturali e professionali differenti, scrive o parla di diritto o sul
diritto o è coinvolto in una situazione comunicativa attinente al settore giuridico,
mi occuperò di lingua e scrittura giuridica non normativa, in particolare di lingua
e scrittura delle sentenze. Sposterò subito l’attenzione dalla riflessione sul
concetto e sugli usi del linguaggio giuridico al suo manifestarsi concreto nei
testi; meglio, al suo esistere, al suo essere nei testi: normativi, applicativi,
interpretativi, secondo l’elementare distinzione dei testi giuridici in base alle
attività di creazione di regole o di loro applicazione e interpretazione per cui
sono prodotti (mi richiamo alla sistemazione dei testi giuridici italiani proposta
da Mortara Garavelli 2001: 19-34).
La tripartizione appena detta è il risultato di una sistemazione elaborata
secondo un criterio funzionale. Osservando i testi giuridici secondo criteri
linguistici e testuali si delinea invece un quadro sostanzialmente bipartito: non
appena ci si muove al di là del testo normativo e dei canoni testuali della
prescrittività, ci si allontana dall’“uso prototipico della lingua” e l’aspetto
linguistico-testuale dei testi (dunque, non normativi) si apre alle possibilità non
irreggimentate del discorso mediamente e poco vincolante (a proposito di “uso
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prototipico” e di “vincolo”, mi richiamo alla nota tipologia testuale elaborata da
Sabatini 1990 e ad altri suoi interventi sul tema ora raccolti in Sabatini 2011).
Dal punto di vista linguistico-testuale i testi giuridici si distinguono tra testi che
normano e testi che non normano; il secondo gruppo si sdoppia secondo criteri
evidentemente anche pragmatici tra testi applicativi (od operativi o altra
denominazione in grado di definirli e raggrupparli) e testi interpretativi.
La suddivisione binaria e la rispondenza del testo giuridico al criterio della
normatività spiegano in definitiva la configurazione linguistica di tutti i testi
giuridici e ne motivano genesi e dinamiche di scrittura (Dell’Anna 2013: 22-29).
1.1. Linguistica dei testi giuridici
Gli interessi disciplinari e i criteri di metodo con cui investigare i testi giuridici
sono vari, e ripropongono i filoni di ricerca che almeno a partire dai primi anni
’90 del ’900 hanno animato, con tempi e approfondimenti diversi, gli studi di
linguistica giuridica in Italia: a) il linguaggio giuridico come varietà dell’italiano,
della sua storia e nella sua storia (per una panoramica anche storica rinvio a
Gualdo 2011); b) il linguaggio dell’amministrazione e della burocrazia; c) la
traduzione giuridica; d) la linguistica giudiziaria; e) il trattamento informatico dei
testi giuridici.
Da ciascuno il genere sentenza ricava proficue indicazioni di studio sia
nell’oggetto, sia nel metodo dell’indagine: a) il filone del linguaggio giuridico
come varietà dell’italiano – studio di tipo prevalentemente descrittivo – illustra il
complessivo assetto linguistico della sentenza, i tratti lessicali, morfosintattici e
sintattici più caratteristici (benché non esclusivi del genere sentenza né del
testo giuridico), le tendenze argomentative e la struttura testuale diffusa,
individuando elementi di condivisione o di variazione interni alla scrittura
giuridica (ossia elementi comuni o non comuni agli altri testi giuridici; si badi: si
tratta in definitiva di aspetti sia linguistico-testuali, sia redazionali); b) il filone del
linguaggio dell’amministrazione e della burocrazia, insieme alle applicazioni
pratiche aperte dal filone descrittivo appena detto, indirizza ora verso i testi
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giurisprudenziali gli strumenti di miglioramento e semplificazione linguistica dei
testi giuridici in vista di una loro più larga accessibilità al cittadino comune, cui
principalmente sono diretti: operazioni che hanno interessato sinora soprattutto
i testi normativi e i testi prodotti dalle amministrazioni pubbliche; c) il filone della
traduzione giuridica rielabora le acquisizioni ormai consolidate nel campo dei
testi (ancora) soprattutto normativi e amministrativi (anche sovranazionali,
comunitari) orientandoli verso la specificità di testi – le sentenze italiane – che
presentano aspetti lessicali e sintattici più articolati di quelli dei testi normativi e
che richiedono a chi traduce sia competenze linguistico-giuridiche nelle lingue e
nei sistemi giuridici di partenza e di arrivo, sia conoscenze sui meccanismi
testuali dei singoli tipi di testo giuridico della lingua di partenza; d) il filone della
linguistica giudiziaria consegna agli studi sulla sentenza l’insieme delle
acquisizioni relative alla comunicazione nei tribunali, alla realtà sociolinguistica
che fa da sfondo ai processi, alla sovrapposizione di testi e scriventi che
formano un fascicolo, ossia il “contenitore” dei documenti scritti e trascritti (nel
caso di verbalizzazioni di fasi processuali orali) prodotti durante l’intero
processo: consegna allo studio della sentenza gli strumenti per riflettere sulla
sua configurazione linguistica come risultato anche delle dinamiche di
intertestualità che agiscono nella scrittura del testo da parte del giudice (dalla
sintesi alla riformulazione, dalla citazione alla parafrasi, ecc.) e dei meccanismi
di reciproco scambio di prassi scrittorie tra il giudice e gli altri operatori del diritto
coinvolti nel processo (avvocati, ma anche cancellieri, operatori di polizia
giudiziaria, ecc.); e) il filone del trattamento informatico dei testi giuridici (per il
quale un ruolo preminente è svolto dai giuristi e dagli istituti di ricerca giuridica,
più che linguistica), infine, mettendo a disposizione degli studi linguistici
repertori di testi giuridici molto estesi per affondo diacronico e tipologia testuale,
consente ricerche lessicali mirate (il lessico è il campo che trova applicazioni
maggiori) nei singoli gruppi di testo e al tempo stesso comparazioni
automatiche e semiautomatiche tra generi e tipi di testo di una medesima
tradizione linguistico-culturale e giuridica: si tratta di un aspetto di metodo
rilevante, ad esempio, proprio nel lavoro di chi traduce, che può ricostruire
meglio la vicenda storica, semantica e pragmatica di una forma lessicale in un
dato periodo e in un dato genere di testi della lingua di partenza e giungere alla
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soluzione traduttiva più efficace (singolo traducente o locuzione e perifrasi
traduttive) nella lingua di arrivo.
Nei paragrafi che seguono illustrerò alcuni aspetti linguistico-testuali della
sentenza. Mi occuperò in particolare di lessico (§ 2, 3 e 4) e di sintassi (§ 5) per
il loro collegamento con alcune questioni di metodo e per i riflessi nell’attività di
traduzione: l’ausilio degli strumenti lessicografici e di archivi e banche dati nella
ricerca lessicale di ambito giuridico; la semplificazione come buona pratica
anche linguistica del processo.
2. Sentenze, lessico, fatti distribuzione testuale
Le sentenze accolgono un ventaglio lessicale così ampio da renderne
complessa un’esatta descrizione entro i confini dello stesso genere. Si tratterà,
piuttosto, di individuare modalità caratterizzanti con cui il lessico giuridico e non
giuridico ricorre nelle sentenze ed è modulato dalla penna dello scrivente
giudice (alludo non a scelte occasionali del singolo, pure rintracciabili qua e là
nei testi, ma ad abitudini portate dalla tradizione di appartenenza). Che cosa è,
intanto, “lessico giuridico”? Un tentativo di definizione incrocia criteri di natura
semantica e pragmatica: dal punto di vista semantico, è lessico giuridico
l’insieme dei significanti che hanno come significato nozioni e concetti di tipo
giuridico; dal punto vista pragmatico, dell’uso, è lessico giuridico l’insieme delle
parole e dei sintagmi che, anche prescindendo da una definita semantica
giuridica, ricorrono in testi giuridici poiché appartengono a vario titolo al
repertorio di usi e di abitudini lessicali degli operatori del diritto nella concreta
produzione di diversi tipi di testo del settore.
Le sentenze, insieme ai testi dottrinali, più di altri testi esibiscono la
stratificazione del lessico giuridico, immaginabile come una serie di tre cerchi
concentrici, nel più esterno dei quali i confini sfumano progressivamente verso
quelli del lessico comune. Per questo motivo, da una parte l’ampiezza del
ventaglio lessicale non permette di parlare di lessico delle sentenze, dall’altra
proprio l’ampia articolazione lessicale fa di sentenze e testi giurisprudenziali i
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contesti che meglio permettono di approdare a una descrizione esaustiva in
sincronia del lessico giuridico.
Nella sentenza il lessico giuridico ricorre accanto a una pluralità di altri lessici:
dal lessico comune al lessico tecnico degli ambiti disciplinari e professionali di
pertinenza della causa; al lessico tecnico dei testi secondari (le perizie, ad
esempio) che confluiscono nel fascicolo, istaurando rapporti intertestuali con la
sentenza; al lessico dell’argomentazione e della dottrina giuridica, diffusi
soprattutto nella Motivazione; alle forme colte, ai sinonimi vezzosi, ai connettivi
desueti, agli arcaismi, alle formule di rito, ai suffissati di matrice burocratica e in
definitiva al lessico non giuridico, non comune e non altrimenti tecnico, ma pure
attribuito allo stereotipo della tradizione giuridica e forense. Nella sentenza il
lessico giuridico è inoltre agito come prodotto di esigenze concettuali e tecniche
e come esito di costruzioni sintattiche che concorrono a produrre serialità e
tendenze derivative (pensiamo agli aggettivi con valore verbale in -ivo e -orio;
agli aggettivi e ai sostantivi rispettivamente in -bile e -bilità, che esprimono le
categorie della possibilità e della potenzialità e quelle, prettamente giuridiche,
del permesso e del divieto; alla sequenza di nomi di beneficiario in -ario, di
agente in -nte e -(t)ore e di paziente nelle forme participiali, al participio
passato, e gerundive).
La sentenza è dunque un contenitore capace di accogliere un universo
lessicale aperto a più vocabolari, a più forme e a più registri: a più vocabolari,
per fatti di semantica giuridica, di divisione disciplinare interna al diritto, di
specializzazione settoriale giuridica e non giuridica; a più forme e a più registri,
per fatti di sintassi, di retorica, di pragmatica testuale.
Ricordo che le componenti del lessico giuridico sono state descritte secondo
gruppi o categorie individuati in base a criteri di esclusività specialistica, di
contatto e interferenza con la lingua comune e con altri lessici settoriali, di livello
stilistico, di registro (Cortelazzo 2008; Dell’Anna 2008; Serianni 2012 [già
2003]): dai tecnicismi specifici (enfiteusi, fidefaciente, litisconsorzio, peculato,
promissario, promittente, usucapione, usufruttuario) ai tecnicismi collaterali di
uso stabile (azionabilità, caducare, cassazione, ordinatorio, pertinenziale,
procedibilità, riconvenzionale, ricorribile), dalle riformulazioni giuridiche
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(ablazione, occupazione, possesso) all’amplissimo insieme di collocazioni e
voci che individuano la categoria dei “prassismi”, etichetta con cui intendo i
diversi fatti di lessico che hanno origine nelle abitudini espressive orali e scritte
della comunicazione giuridica in un dato spaccato temporale (Dell’Anna 2008:
102-103). A mo’ d’esempio, attribuisco a quest’ultima categoria: 1) termini
diffusi nell’uso giuridico per tradizione di scrittura o di composizione (sono ben
impiegati anche nella comunicazione orale del settore), il più delle volte
sinonimi colti dettati da esigenze di innalzamento del registro (acclaramento,
adduzione, assumere, reiettivo); 2) la stereotipia in locuzioni e in perifrasi
utilizzate come formule di repertorio, spiegate dal facile adeguamento a modelli
cristallizzati nella tradizione del settore, senza che intervengano preferenze di
registro (il progetto di compiere una serie di reati o di atti illeciti è sempre un
disegno criminoso, mai un progetto o intento criminoso); 3) la ricorrenza
sistematica di parole comuni in determinati sintagmi, cui sono pertanto
semanticamente associate (contrasto ‘contrapposizione, conflitto’ in contrasto di
giurisprudenza); 4) la riformulazione semantica (con grado variabile di tecnicità)
conseguente a processi di lessicalizzazione, per cui la voce testa di un
sintagma può assumerne, per forza d’uso, il valore semantico anche in assenza
delle altre voci cui è legata (un’espressione come in sede di componimento
sottintende che si tratti del componimento del contrasto, che a sua volta
richiama il contrasto di giurisprudenza).
La sentenza consente di osservare meglio che in altri testi del dominio giuridico
le collocazioni e i prassismi appena visti: al momento essi non ricorrono nei testi
normativi e sono poco o per nulla registrati dalla lessicografia dell’uso e storica
(che utilizza perlopiù proprio i testi normativi come fonti di reperimento ed
esemplificazione di lessico giuridico).
In un’ottica sia descrittiva, sia didattica, sia traduttiva, l’indagine sul lessico del
diritto è in generale tanto più efficace quanto più è basata sulla ricerca
sistematica e comparata in/tra testi giuridici di diverso tipo e sulla convergenza
di più strumenti di ricerca (dizionari, archivi di testi, banche dati) che
consentano di risalire alle concrete ambientazioni testuali di una voce e di
inquadrarne usi e accezioni reali.
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La distribuzione testuale del lessico giuridico è un aspetto della variazione della
lingua giuridica cruciale in molti contesti applicativi. La variazione è ben
rappresentata nei dizionari dell’uso e storici per il lessico giuridico tecnico o
radicato nella tradizione lessicografica (e testuale: almeno, dei testi normativi),
mentre è scarsamente rappresentata per le zone più dinamiche appena viste:
prassismi, stereotipi lessicali e formule di repertorio, riformulazioni semantiche
in seguito a processi di lessicalizzazione.
Soltanto la pratica di testi giuridici distinti per periodo storico e tipo testuale
permette di individuare alcune voci come voci giuridiche, di rilevare voci
altrimenti assenti o non trattate dai dizionari, di valutarne la ricorrenza e il valore
semantico nei testi anche al di là delle indicazioni offerte dai dizionari stessi.
Banche dati e corpora di testi giuridici possono fornire aiuti preziosi in tutti i
contesti didattici e applicativi. L’indagine nei repertori e l’osservazione
comparata tra testi normativi e non normativi migliora la selezione di voci,
esempi e fraseologia, recupera accezioni e voci ignorate o poco note e
contestualizza gli usi reali, perfeziona la marcatura diafasica e consente utili
retrodatazioni, favorendo un approccio proficuo anche in ambito interlinguistico.
È utile segnalare che proprio su questi presupposti di metodo si basa il lavoro
del gruppo di ricerca sui testi giuridici nell’ambito del Progetto PRIN 2012
Corpus di riferimento per un Nuovo Vocabolario dell’Italiano moderno e
contemporaneo. Fonti documentarie, retrodatazioni, innovazione (Coordinatore
Scientifico il Prof. Claudio Marazzini [Università del Piemonte Orientale]), che
ha l’obiettivo di fondare una lessicografia italiana di nuovo impianto basata su
spogli di corpora di testi bilanciati, con larga presenza di lingua non letteraria.
Per l’ambito giuridico (a cui fanno capo chi scrive, Jacqueline Visconti
[Università di Genova] e Francesco Romano ed Elisabetta Marinai [entrambi
dell’Istituto di Teoria e Tecnica dell’Informazione Giuridica di Firenze]), il corpus
comprenderà un campione di testi rappresentativi nel periodo di riferimento del
progetto – dall’Unità di Italia ad oggi – a copertura dei tre ambiti di attività in cui
suole suddividersi l’uso giuridico della lingua: la legislazione, la giurisprudenza,
la dottrina.
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3. Gli strumenti per lo studio del lessico giuridico
Quali strumenti soccorrono in particolare nello studio del lessico giuridico
italiano (contemporaneo, e no)?
Non mi soffermerò sulla lessicografia, per la quale è sufficiente ricordare i
vantaggi portati da una ricerca trasversale e concomitante nei dizionari dell’uso,
storici ed etimologici, ricca di spunti soprattutto per via dell’odierna disponibilità
di versioni informatizzate (on line o su supporto elettronico fisso): si pensi alle
ricerche avanzate consentite dai CdRom dei dizionari dell’uso e dalle versioni
on line – originarie o successive a processi di digitalizzazione di opere a stampa
– di dizionari storici come il Vocabolario della Crusca, il Tommaseo-Bellini e il
TLIO, dispensatori di accezioni semantiche, fonti e dati comunque utili anche
all’indagine sul contemporaneo (le cinque impressioni del Vocabolario della
Crusca e il Tommaseo-Bellini sono consultabili in versione digitalizzata a partire
dal sito Internet www.accademiadellacrusca.it; il TLIO è consultabile al sito
dell’Istituto Opera del Vocabolario Italiano www.vocabolario.org).
Conviene di più segnalare banche dati e corpora di testi già da tempo disponibili
(soprattutto, come accennavo, per iniziativa dei giuristi), ma forse non ancora
sufficientemente valorizzati dalla linguistica giuridica nell’impiego didattico e
applicativo.
Si tratta innanzitutto degli archivi Vocanet Lessico Giuridico Italiano-LGI e
Lingua Legislativa Italiana-LLI dell’Istituto di Teoria e Tecniche dell’Informazione
Giuridica del CNR (ITTIG), consultabili in una maschera di ricerca unificata
all’indirizzo Internet http://www.ittig.cnr.it/Banche
DatiGuide/vocabolario (d’ora in poi, il riferimento alla versione unificata è
indicato con “Vocanet LGI-LLI”). Gli archivi restituiscono dati lessicali con
contesti e immagini di schede cartacee tratti da documenti di legislazione,
dottrina e prassi dal 960 al 1980, per i testi dell’archivio LGI, e da Codici,
Costituzioni e leggi fondamentali in lingua italiana dal 1539 al 2007, per i testi
dell’archivio LLI. I risultati consistono non in dati lessicali già sistemati, ma in
attestazioni nei testi – appositamente schedati e indicizzati per ricerche lessicali
semplici o avanzate, con e senza operatori logici – che l’utente interpreterà
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caso per caso. La ricerca può essere effettuata nell’intero corpus o per singole
sezioni dei due archivi. È degna di nota, ad esempio, la ricerca entro singoli
gruppi di testi (solo di prassi, di dottrina o di legislazione), che per molte voci
restituisce anche in diacronia il quadro di una perfetta bipartizione tra testi
normativi e testi non normativi, così confermando analoghe dinamiche d’uso
riscontrabili nei testi contemporanei di cui ci occupiamo (cfr. ess. in § 4.).
La documentazione storico-giuridica fruibile attraverso Vocanet LGI-LLI è
completata da IsLeGI, l’Indice Semantico del Lessico Giuridico Italiano
(consultabile all’http://www.ittig.cnr.it/progetti/is-legi/), in grado di individuare e
sistemare le relazioni semantico-concettuali tra le voci giuridiche estratte dagli
archivi digitali di documenti giuridici antichi e di facilitare lo studio di una data
parola grazie alla loro consultazione mirata. I risultati delle ricerche offrono un
prospetto sintetico, ulteriormente interrogabile, delle attestazioni complessive di
una voce nell’archivio oppure nei singoli gruppi di testi di dottrina, prassi e
legislazione, segnalando la data del più antico e del più recente documento in
cui la voce è registrata, così fornendo immediate informazioni sul ciclo di vita di
una data parola nei vari testi e momenti della storia del diritto e della nostra
lingua.
Ancora per iniziativa dell’ITTIG nascono l’Archivio DoGi e l’Archivio DoGi
Collettanee (consultabili agli indirizzi http://nir.ittig.cnr.it/dogiswish e
http://nir.ittig.cnr.it/dogiswish/dogiMono), che accolgono e offrono abstract e
sommari di articoli, note a sentenza, commenti a legislazione, rassegne
giurisprudenziali e normative, relazioni a convegni, recensioni critiche pubblicati
su supporto cartaceo ed elettronico in circa 250 riviste giuridiche italiane dal
1970 a oggi (per il primo archivio) e in opere collettanee non seriali dal 2009 a
oggi (per il secondo). L’ottica di studio e ricerca è dunque sincronica.
L’accoglienza di una data forma lessicale entro abstract e titoli di lavori tutto
sommato recenti se da una parte limita l’osservazione del lessico a segmenti
testuali molto brevi, peraltro sganciati dall’anima discorsiva e argomentativa dei
temi discussi, dall’altra è spia di un certo prevedibile acclimamento di quel
lessico (soprattutto per voci o locuzioni recenti o meno consuete nella tradizione
del settore) nella comunicazione e nella intercomprensione degli addetti ai
lavori prima ancora che nei testi (scritti): il titolo di un’opera è il biglietto da visita
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che di essa si offre all’utente, luogo di sintesi dei contenuti, momento di visibilità
di eventuali locuzioni e voci nuove lì adottate per nuovi istituti o concetti
giuridici. Un esempio è offerto da occupazione appropriativa, la cui datazione
più antica, al momento il 1982, è ottenuta proprio grazie alla ricerca nell’Archivio
DoGi. Questo esempio apre la riflessione sulle potenzialità offerte dalle banche
dati nella ricerca di locuzioni, unità polirematiche, collocazioni e unità
complesse che individuano la fraseologia specializzata del linguaggio giuridico
(esse spingono verso la settorialità). Si tratta di un capitolo ancora tutto da
esplorare nello studio del lessico specialistico e nella lessicografia specializzata
e no, fertilissimo di ricadute sulla conoscenza di questo lessico e sulle
conseguenti applicazioni pratiche (a partire dalla traduttologia e dalla linguistica
contrastiva).
Per l’indagine sincronica si segnalano le banche dati collegate ai siti Internet
“istituzionali” di legislazione e giurisprudenza: nate evidentemente con obiettivi
di informazione normativa e giurisprudenziale pubblica e al di fuori di specifici
interessi disciplinari di ambito linguistico, esse sono strumenti di prima mano
notevoli per l’indagine linguistica per mole di documenti archiviati, ampiezza
cronologica sul contemporaneo, versatilità d’uso e aggiornamento costante e
continuativo.
Per la legislazione si segnala il sito www.normattiva.it, che accoglie l’intero
corpus normativo statale (Codici e Costituzioni, leggi nazionali e regionali,
decreti legge, decreti legislativi e altri provvedimenti numerati) dalla nascita
dello Stato unitario a oggi. La banca dati rende i suoi servizi al linguista poiché
permette la consultazione a partire da ricerche testuali, con possibilità di ricerca
lessicale semplice e avanzata in uno o più testi, in singole loro sezioni (corpo
degli articoli, rubriche, ecc.), nell’intero archivio, in determinate fasce temporali.
L’accessibilità del corpus è attualmente in multivigenza: ogni documento può
essere consultato nel testo originario (ossia quello pubblicato in Gazzetta
Ufficiale), nel testo vigente e di fatto applicabile alla data di consultazione della
banca dati oppure nel testo vigente a qualunque data anteriore a quella indicata
dall’utente, che può così ricostruire eventuali variazioni nell’assetto complessivo
del testo (modifiche, integrazioni, sostituzioni, aggiunte) e, per il lessico,
eventuali variazioni microsincroniche (osservabili specie nei tempi “lunghi” dei
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vari codici succedutisi a partire dalla formazione dello Stato unitario: e tale
veste linguistica contemporanea è a sua volta termine di confronto con quella
dei codici preunitari messi a disposizione dagli archivi storici dell’ITTIG).
Per la giurisprudenza il quadro degli strumenti, ugualmente ampio, è più
articolato. Ricordo, intanto, che i maggiori archivi elettronici di testi giuridici
specificamente orientati alla ricerca e allo studio del lessico (gli archivi ITTIG)
non accolgono testi di giurisprudenza. Le numerose raccolte elettroniche di
giurisprudenza edite da case editrici giuridiche non sono liberamente fruibili (di
solito prevedono un abbonamento e una registrazione) e sono utilizzate
perlopiù per scopi professionali da magistrati, avvocati, notai e altri operatori del
diritto. Meglio fruibili (sia pure con variabile grado di accesso pubblico) da parte
dei non operatori del diritto sono le banche dati dei siti istituzionali della Corte di
Cassazione, della Corte Costituzionale e del Consiglio di Stato (rispettivamente
ai siti Internet www.cortedicassazione.it, www.cortecostituzionale.it,
www.giustizia.amministrativa.it). Le sentenze e le pronunce dei tre organi sono
rappresentative dell’amplissimo insieme di giurisprudenza nazionale (dai singoli
tribunali distrettuali alle alte corti) perché più hanno inciso nel tempo sulla
formazione di una fisionomia della sentenza in Italia, agendo da modello
linguistico per gli altri organi e gradi di giudizio, e perché il “dialogo delle Corti” è
ormai considerato tra i temi notevoli del diritto contemporaneo. Si aggiunge un
altro aspetto caro ai più recenti sviluppi della riflessione giuridica, notevole
anche sull’evoluzione del lessico giuridico: il dialogo delle alte Corti nazionali
con le corti sovranazionali (Corte di giustizia del Lussemburgo e Corte europea
dei diritti dell’uomo), nel cui scambio si definiscono e ri-definiscono concetti,
istituti, regole e categorie, che sono – in definitiva – parole, termini. Su questo
punto sono utili le osservazioni di Jacqueline Visconti e l’esempio significativo,
da lei commentato, di pena, “che nell’ottica della Corte europea dei diritti
dell’uomo azzera le distinzioni elaborate dal diritto interno tra pena e misura di
sicurezza, d’un canto, e pena e misura di prevenzione, dall’altro” (in Dell’Anna
et al. 2014: 186).
Le banche dati accessibili ai siti di Corte di Cassazione, Corte Costituzionale e
Consiglio di Stato coprono periodi temporali differenti. Le più ampie sono la
raccolta di pronunce della Corte Costituzionale, che copre l’intero periodo che
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va dalla nascita della Corte nel 1956 ad oggi, e quella del Consiglio di Stato,
che archivia decisioni e pareri emessi a partire dal 1988. Al di là dell’elemento
cronologico, pure rilevante in sede di ricerca e valutazione dei dati, mette conto
sottolineare l’importanza di disporre di archivi di sentenze, un genere giuridico
finora poco o per nulla frequentato dalla pratica lessicografica e dalla linguistica
giuridica orientata allo studio del lessico. Oltre agli aspetti discussi sopra, rileva
il fatto che la sentenza funga al tempo stesso da luogo di creazione e luogo di
amplificazione lessicale. Molte parole e locuzioni nuove o nuove accezioni di
ambito giuridico si formano infatti per via dottrinale e giurisprudenziale; a partire
dalla sentenza, esse vengono poi accolte in testi normativi in seguito alla
progressiva stabilizzazione nel lessico del settore e a normali procedimenti
intertestuali; da qui, ancora, il lessico così “legittimato” dal testo normativo
ritorna nella sentenza circolandovi più diffusamente per numero di documenti e
contesti argomentativi. Di questa circolazione altrimenti opaca per l’osservatore
non giurista le banche dati di giurisprudenza sono finalmente un’occasione di
studio, confronto, indagine quantitativa e qualitativa (intra- e intertestuale, intra-
e interlinguistica).
Per il collegamento col dialogo nazionale e sovranazionale di corti e tribunali
italiani con gli organi di giustizia unionali e per la ricerca comparata in sede di
traduzione giuridica, uno strumento di indagine lessicale ricco di spunti operativi
e tuttavia ancora poco battuto è rappresentato dalle raccolte di giurisprudenza
messe a disposizione dai siti delle istituzioni europee. Mi riferisco in primo luogo
al sito della Corte di giustizia dell’Unione Europea www.curia.europa.eu (la
raccolta si raggiunge attraverso il percorso ‘Giurisprudenza → Raccolta
generale → Corte di Giustizia’). L’indagine sul lessico si pregia in questo caso
non solo del riscontro entro una banca dati sovranazionale, ma – aspetto
caratterizzante – dell’immediata possibilità di comparazione tra le soluzioni
traduttive adottate dalle varie versioni nelle lingue ufficiali dell’UE in cui ogni
decisione della Corte è tradotta: più di una banca dati multilingue (di cui a breve
pure apprezzeremo le qualità), uno strumento del genere suggerisce al linguista
e al traduttore soluzioni traduttive già contestualizzate nell’esposizione
argomentata del testo.
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Banca dati lessicale multilingue, infine, è IATE, InterActive Terminology for
Europe (accessibile al sito www.iate.europa.eu), che riunisce le banche dati di
istituzioni e organismi dell’Unione Europea con l’obiettivo di facilitare l’accesso
e armonizzare la terminologia comunitaria. Attiva nelle 24 lingue ufficiali
dell’Unione, IATE restituisce gli equivalenti nelle lingue di arrivo (tutte le lingue
ufficiali o le lingue selezionate durante la ricerca) a partire dall’immissione di
una voce o di una locuzione della lingua di partenza ed eventualmente di un
dato dominio d’uso (filtro di ricerca utile quando si voglia limitare l’osservazione
a un preciso ramo del diritto UE o di intervento politico, economico, legislativo)
e offre agli utenti, per ciascun equivalente, la definizione, un minimo contesto di
attestazione, il riferimento relativo al termine.
4. Il lessico giuridico tra pratica nei testi e ricerca in corpora e banche dati
Illustro ora alcune voci giuridiche in grado di spiegare i vantaggi di lavoro portati
dalla pratica degli strumenti nella ricerca lessicale e di suggerire al tempo
stesso miglioramenti operativi al lessicografo, allo storico della lingua, al
traduttore e al giurilinguista.
attoreo
La voce (di solito nelle locuzioni domanda attorea e pretesa attorea) ricorre in
sentenze di ambito soprattutto civile come aggettivo di relazione di attore ‘nel
processo civile, chi promuove l’azione legale’:
(1) In ordine alla rilevanza si osserva che la declaratoria di incostituzionalità
della legge denunciata priverebbe di base normativa la pretesa attorea,
influendo altresì sulla decisione dell’eccezione di incompetenza sollevata
dal Consorzio convenuto. [Corte Cost., sent. n. 78 del 26-03-1984]
(2) Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto che negava
la sussistenza dei fatti costitutivi della domanda, il giudice adito, espletata
istruttoria, respingeva la domanda attorea. [Corte Cass., sez. II civ., sent. n.
3224 del 21-10-2014]
S.v. attoreo i dizionari dell’uso e storici rinviano concordemente ad attorio (però
riferito anche al senso giuridico del sostantivo di base solo dal Devoto-Oli, dal
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Sabatini-Coletti e dal Vocabolario Treccani). Una rapida verifica nei repertori
giuridici mostra tuttavia che la forma maggioritaria è attoreo, la quale
esemplifica anche un caso di netta distribuzione testuale tra testi normativi e
testi non normativi. Nelle due varianti la voce è assente nell’archivio Vocanet
LGI-LLI; la voce ricorre invece, soltanto nella forma attoreo, nella scrittura
giurisprudenziale e dottrinale contemporanea: nel Foro Italiano (storica rivista
italiana di giurisprudenza e dottrina per l’occasione consultata nella versione in
DVD) si registrano 0 occorrenze di attorio e 290 di attoreo (241 [83%] sono al
femminile, di cui 143 nella locuzione domanda attorea).
cognitivo/cognitorio
L’aggettivo cognitivo è trattato dai dizionari nell’accezione di ambito scientifico e
psicologico (basti vedere il trattamento del GRADIT: cognitivo ‘TS 1 TS psic. →
conoscitivo; 2 TS filos. → gnoseologico’; s.v. conoscitivo è assente ogni
riferimento al dominio giuridico). Lo spoglio di sentenze e testi di dottrina
suggerisce anche un diffuso valore giuridico (‘relativo a un procedimento di
cognizione; di competenza a giudicare’), analogo a quello registrato dai
dizionari per cognitorio (GRADIT: cognitorio ‘TS dir. che si riferisce al processo
civile di cognizione’). La pratica testuale rimodula le informazioni
lessicografiche, attribuendo alle due voci un’equivalenza semantica, accertata
nelle locuzioni fase cognitiva/cognitoria e potere cognitivo/cognitorio (e
sottolinea l’interesse di locuzioni e unità polirematiche anche per l’indagine
lessicale sui singoli componenti):
(3) Sulla tutela cognitiva dell’espropriato contro i risultati dell’assegnazione
e della distribuzione forzata. [L. Montesano, in «Rivista trimestrale di diritto
e procedura civile», 1970, in Archivio DoGi]
(4) E a detta individuazione […] queste sezioni unite devono provvedere
indipendentemente dalle argomentazioni prospettate dai ricorrenti,
avvalendosi della latitudine dei poteri cognitivi che le competono nella
materia. [Cass., sez. un. civ., sent. n. 7291 del 09-12-1986, in Foro Italiano]
(5) È, infatti, affermazione ricorrente in giurisprudenza quella per cui, ove
venga riconosciuta - in fase cognitiva o esecutiva - la continuazione tra più
reati, alcuni dei quali oggetto di condanna all’esito di giudizio abbreviato, e
altri di condanna all’esito di giudizio ordinario, la riduzione ex art. 442 cod.
15
proc. pen. opera solo sui reati giudicati con rito abbreviato. [Corte Cass.,
sez. V pen., sent. n. 47073 del 20-06-2014]
Assente nell’archivio Vocanet LGI-LLI e in repertori di testi normativi, cognitivo
ricorre prevalentemente in testi giuridici contemporanei di tipo giurisprudenziale
e dottrinale, dove anzi è più attestato di cognitorio (pure assente nell’archivio
Vocanet LGI-LLI e in repertori normativi). Una rapida verifica in IATE esclude
l’uso del valore giuridico della voce nelle banche dati delle istituzioni europee.
delibativo/delibatorio
Delibativo e delibatorio, almeno a prima vista, giacché ricorrono in testi giuridici,
richiamano il giudizio di delibazione, ‘quello che dà efficacia sul territorio
nazionale a una sentenza emessa in altro stato’. I due aggettivi non sono
registrati dai dizionari; nei testi giuridici ricorrono anche con un valore sganciato
da quello tecnico del sostantivo, riferendosi alla particolare attività cognitiva del
giudice che, senza entrare nel merito delle questioni, si limiti a una valutazione
dall’esterno della legittimità formale di norme e atti. Questo valore si individua
spogliando soprattutto testi di dottrina e giurisprudenza, dove i due aggettivi
sono attestati rispettivamente almeno dal 1960 e dal 1965 (ess. 6 e 8); più
recente, e quantitativamente minoritaria, è l’attestazione in testi normativi, dove
le due voci ricorrono dai primi anni ’90 del ’900 (es. 10).
(6) Nella memoria a stampa del 24 novembre 1960, la difesa del Ricci
insiste nelle precedenti tesi. Combattendo l’eccezione sollevata dalle
controparti in ordine all’insufficienza del giudizio di rilevanza della questione
di legittimità costituzionale formulato dalla Corte di appello, richiama le
sentenze della Corte costituzionale n. 60 del 25 maggio 1957 e n. 4 del 27
gennaio 1959, sostenendo che è inammissibile il sindacato della Corte
costituzionale sul merito del giudizio di rilevanza. Il carattere meramente
delibativo dell’atto del giudice che prospetta la questione di legittimità
costituzionale permetterebbe che, una volta affermata la identità della
questione stessa con altra già decisa alla Corte (sent. n. 70 del 15
novembre 1958), l’ordinanza sia sufficientemente motivata, anche se
soltanto per relationem. [Corte Cost., sent. n. 75 del 22-12-1960]
(7) L’a. esamina i due aspetti della omologazione di società di capitali:
l’aspetto delibativo (sindacato di legalità giudiziale) e l’aspetto processuale
(procedimento giurisdizionale di omologazione). Nell’ambito del primo
profilo l’a. illustra i rapporti tra omologazione ed iscrizione della società nel
registro. [P.V. Luchena, Omologazione di società di capitali: aspetto
16
delibativo ed aspetto processuale, in «Vita notarile», 1980, in Archivio
DoGi]
(8) Va anche qui ricordato che la giurisprudenza ha attenuato la portata
della norma in esame, interpretandola nel senso di ammettere
l'impugnativa quando il decreto sia incorso in violazione di diritto o sia
andato oltre l'esame preliminare della richiesta; ma, mentre questo
atteggiamento della giurisprudenza è esso stesso un indizio della
particolare gravità della norma, resta il fatto che è proprio l'insindacabilità
del provvedimento emesso in base ad una valutazione puramente
delibatoria degli indizi che contrasta con le garanzie che la Costituzione ha
voluto assicurare al diritto di difesa, in ogni stato e grado del procedimento
giudiziario. [Corte Cost., sent. n. 70 del 23-06-1965]
(9) […] il temperamento suggerito dalla difesa dei sig. (…) ha il difetto di
rendere incerti ed aleatori – in quanto affidati alla correttezza di una
cognizione meramente delibatoria – i limiti della competenza arbitrale.
[App. Roma., sent. del 24-01-1991, in Foro Italiano]
(10) Copia dell’atto delibativo emanato ai sensi dei commi 4 e 5 del citato
art. 7 della legge n. 302/1990, divenuto efficace, è subito trasmessa
d’ufficio dal ministero dell’interno al prefetto cui sia stata già inviata copia
del provvedimento sottoposto a delibazione. [art. 3, c. 2, D.M. 29-08-1991,
n. 319, in www.normattiva.it]
Se riflettiamo sulle implicazioni nel lavoro sui testi e nel lavoro di traduzione,
esempi del genere mostrano come in un’ottica traduttiva lo studio comparato
del lessico non riguardi soltanto la raffrontabilità dei testi di partenza e arrivo,
l’esistenza nelle due lingue di uno stesso riferimento concettuale o comunque di
equivalenti che al concetto rimandino in modo univoco. Senz’altro il cardine di
ogni riflessione sulla traduzione dei testi giuridici è rappresentato dalla
terminologia specialistica; e senz’altro i criteri della raffrontabilità e
dell’equivalenza semantica sono prioritari nel caso dei tecnicismi e di quella
quota del lessico giuridico, fatta perlopiù di sostantivi e locuzioni sostantivali,
che veicola concetti e istituti giuridici. In altri casi la pregnanza semantica può
risultare meno netta. Abbiamo visto come cognitivo – disponibile al repertorio
linguistico dello scrivente italiano nella principale accezione di ambito
psicologico – copra evidentemente anche l’accezione giuridica di cognizione,
affiancandosi a cognitorio e offrendosi rispetto a questo come forma principale
in termini di attestazioni complessive nei testi: è un dettaglio, ma pure
significativo, che riguarda dall’interno l’uso del lessico nel testo italiano, prima
17
ancora che i fatti o i problemi connessi alla traduzione. Una ricostruzione del
genere è stata consentita soltanto a partire dallo spoglio di testi non normativi,
che consegnano all’utente (giurista e non giurista, traduttore e non traduttore)
un quadro lessicale più variegato e al tempo stesso più completo di valori,
ambiti e contesti d’uso rispetto a quello dei testi normativi e in generale rispetto
ai dati lessicografici.
5. Sintassi. Semplificazione e leggibilità dei testi
La sintassi della sentenza italiana rappresenta un momento centrale per gli
interventi di linguistica giuridica orientati alla semplificazione; attività che,
inizialmente incentrata quasi soltanto sui testi prodotti dalle pubbliche
amministrazioni, da qualche anno ha allargato lo sguardo al funzionamento
della comunicazione nelle aule dei tribunali, anche per merito di una coscienza
progressivamente aumentata all’interno dello stesso mondo forense e
giudiziario e di un mutato concetto del buon funzionamento del processo inteso
pure nel senso delle buone prassi linguistiche. Soprattutto la sezione della
sentenza che espone i motivi della decisione è fatta di periodi molto lunghi, con
una subordinazione ricca e fenomeni di sintesi sintattica e di inversione
dell’ordine normale degli elementi frasali che complicano la lettura e la
comprensione del testo: in una parola, la sua leggibilità. È stato anzi da più parti
rilevato che la tradizionale oscurità del linguaggio giuridico interessa soprattutto
i testi della giurisprudenza, per gli aspetti sintattici più che per quelli lessicali:
una quota del lessico giuridico pure oscura e incomprensibile per il profano,
quella dei tecnicismi (mono- e polirematici), è d’altro canto ineliminabile,
contribuendo alla tecnicità della comunicazione del settore e al carattere della
lingua giuridica come lingua di specialità o, meglio, come lingua settoriale.
Eliminate o ridotte le zone lessicali più impervie e non necessarie al tecnicismo,
gli interventi di semplificazione riguardano in particolare alcuni tratti sintattici.
Vale la pena richiamare brevemente i fenomeni più diffusi e attestati in modo
significativo (si escludono dunque soluzioni individuali), che derivano da una
“selezione, significativa da un punto di vista quantitativo, di alcune tra le
possibilità offerte dal sistema della lingua comune” (Rovere 2005: 242), come
18
avviene in generale per la morfosintassi dei linguaggi specialistici: fenomeni di
inversione (anticipazione dell’aggettivo al sostantivo, dell’avverbio al verbo, del
complemento oggetto al predicato verbale, del complemento d’agente al
participio passato nelle forme passive, del predicato al soggetto); omissione
dell’articolo e conseguente tendenza a impiegare le preposizioni semplici in
luogo delle articolate; tendenza alla nominalizzazione; uso del passivo;
costruzioni sintetiche e subordinazione implicita (enclisi del -si con l’infinito retto
da verbo modale, frasi ridotte, uso del participio presente con valore verbale,
uso con valore verbale di aggettivi in -ivo e -orio, proposizioni causali implicite,
sovraestensioni dell’infinito in causali implicite o in proposizioni completive,
costrutti dipendenti participiali). Alcuni fenomeni attengono piuttosto a fatti di
stile, di registro, e non appesantiscono la lettura del testo (inversione,
omissione dell’articolo); altri intervengono nell’organizzazione complessiva della
frase e del periodo, complicandone la struttura e la comprensibilità (costruzioni
sintetiche, subordinate implicite, alcuni casi di nominalizzazione).
Gli esempi che seguono riportano stralci di sentenze (passi tratti da Motivazioni)
in cui si annidano alcuni dei fenomeni di complicazione sintattica appena visti;
per ciascun esempio propongo una riscrittura semplificata: si ottengono talvolta
periodi più lunghi, i quali risultano tuttavia più fluidi e richiedono al lettore uno
sforzo minore per ricomporre la struttura profonda della frase e, in definitiva, per
comprendere il messaggio.
(11) Del pari irrilevante deve ritenersi, secondo il ricorrente, la mancata
approvazione, in sede di discussione parlamentare sulla legge di delega
del 5 marzo 1985 n. 74, di un emendamento volto ad abolire l’inciso
«carattere di impresa […]. [Corte Cass., sez. un. pen., sent. del 28-02-
1989]
Secondo il ricorrente si deve ritenere che la mancata approvazione […] è/
sia ugualmente irrilevante. […]
(12) Il collegio ritiene sostanzialmente fondate le considerazioni svolte nel
ricorso della s.p.a. […] parcheggi e ne condivide le conclusioni. [Corte
Cass., sez. un. civ., sent. n. 4989 del 6-05-1995]
Il collegio ritiene che le considerazioni svolte nel ricorso della s.p.a. […]
siano sostanzialmente fondate […].
19
(13) Nel ricorso per cassazione il procuratore generale ha articolato motivi
in tutto corrispondenti a quelli dedotti in sede di appello […] non di rado
proponendo […] un assetto motivazionale coinvolgente profili di censura
non direttamente dedotti nell’atto di impugnazione. [Corte Cass., sez. VI
pen., sent. del 17-02-1998].
[…] il procuratore generale ha articolato motivi in tutto corrispondenti a
quelli […] non di rado proponendo […] un assetto motivazionale che
coinvolge profili di censura […].
(14) Il nesso causale può essere ravvisato quando […] si accerti che,
ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva
dell’evento hic et nunc, questo non si sarebbe verificato […]. [Corte Cass.,
sez. un. pen., sent. del 10-07-2002]
[…] poiché si era ipotizzato/nel momento in cui si ipotizzasse che la
condotta doverosa che aveva impedito l’evento fosse stata realizzata dal
medico, questo […]
(15) A sostegno della pronuncia il giudice del gravame ha osservato: - che
sussiste la giurisdizione del giudice ordinario e la competenza del giudice
del lavoro ex art. 409 c.p.c., perché l’oggetto della pretesa è ricollegabile ad
una prospettata posizione di diritto soggettivo del presunto avente diritto
per radicarsi la stessa direttamente nella legge e non nella discrezionalità
della pubblica amministrazione. [Corte Cass., sez. un. civ., sent. n. 212 del
23-05-2001]
[…] poiché la stessa si radica direttamente nella legge […]
(16) […] la s.r.l. […] chiedeva, inoltre, accertarsi che nulla era dovuto alla
società convenuta la quale aveva rinunciato ad ogni suo credito derivante
dal contratto di appalto stipulato fra le parti, con condanna della medesima
al risarcimento dei danni. [Corte Cass., sez. un. civ., sent. n. 7292 del 17-
05-2002]
[…] la s.r.l. chiedeva, inoltre, che si accertasse che nulla era dovuto alla
società convenuta […].
(17) Con memoria del 14 febbraio 2000 la parte civile […] ha chiesto il
rigetto del ricorso, […], con condanna alle ulteriori spese di giudizio. [Corte
Cass., sez. un. pen., sent. del 5-07-2000]
[…] ha chiesto che il ricorso fosse rigettato […]
(18) La convenuta, nel costituirsi, eccepiva, pregiudizialmente,
l’improponibilità della domanda […]. [Corte Cass., sez. un. civ., sent. n. 226
del 25-05-2001]
20
La convenuta […] eccepiva […] che la domanda fosse improponibile [non
fosse proponibile/ non poteva essere proposta/ non potesse essere
proposta]
Particolarmente ostica è la lettura del passo che segue (colonna di sinistra),
accompagnato da una proposta di semplificazione, tra altre possibili (colonna di
destra). L’intervento comporta aggiustamenti minimi, segnalati dal corsivo:
segmentazione dell’unico lungo periodo in periodi più brevi, aggiunta di
connettivi utili o necessari alla nuova configurazione logico-sintattica,
sostituzione dei costrutti impliciti con le forme esplicite equivalenti, sostituzione
dello stile nominale con quello verbale, riduzione di parentetiche e frasi
incidentali, parziale diverso ordinamento delle sequenze informative.
Cass., sez. un. pen., sent. del 20-11-
1996
La corte d’assise – che, peraltro, assolse
l’Osmanovic dall’appena evocato delitto di
sequestro di persona, non ritenendo che
tale accusa avesse un convincente
supporto, essendo a ritenere che la
Kindlova (ospite, nel suo paese, d’un
orfanotrofio) si fosse indotta a seguire
l’Osmanovic in Italia, per la
prospettazione fattale d’una possibilità di
vita migliore – ricostruiva i fatti, ritenuti
producenti del convincimento di reità ex
art. 600 e 602 c.p., opinando –
nell’apprezzamento dell’attendibilità dei
termini di fatto, di rilievo, che si sono
ricordati sopra, quando si è riferito circa il
contesto accusatorio, cui attiene la
regiudicanda – che si fosse trattato d’una
«situazione di concreta riduzione di una
persona umana a livello di cosa, spostata
senza consenso, da un luogo ad un altro,
da Acilia e Tor Vaianica [sic], da un
“padrone” all’altro, valutata nei termini di
rendimento, dunque prezzata e venduta».
Semplificazione
La corte d’assise assolse l’Osmanovic dal
delitto di sequestro di persona appena
evocato, poiché non riteneva che tale
accusa avesse un supporto convincente.
Riteneva invece che la Kindlova (ospite,
nel suo paese, d’un orfanotrofio) fosse
stata indotta a seguire l’Osmanovic in
Italia poiché le era stata prospettata la
possibilità di una vita migliore. La corte
d’assise ricostruiva i fatti, che avevano
prodotto il convincimento di reità/che
avevano convinto sulla reità ex art. 600 e
602 c.p., e apprezzava l’attendibilità dei
termini di fatto, di rilievo, ricordati sopra
circa il contesto accusatorio cui attiene la
regiudicanda. Opinava tuttavia che si
fosse trattato d’una «situazione di
concreta riduzione di una persona umana
a livello di cosa, spostata senza consenso,
da un luogo ad un altro, da Acilia e
Torvaianica, da un “padrone” all’altro,
valutata nei termini di rendimento, dunque
prezzata e venduta».
Non tutti gli interventi hanno lo stesso peso nella semplificazione. Le modalità di
riscrittura dipendono ogni volta da fattori cotestuali che la pratica del testo su
cui si lavora porterà a valutare correttamente per giungere a una soluzione che
21
ne garantisca la buona tenuta. Il concetto di semplificazione va in ogni caso
attualizzato, affinché da attività a posteriori (più che opportuna, in ogni caso, in
sede traduttiva) diventi pratica in fieri di buona scrittura, abitudine a mettere in
forma testi rispettosi a un tempo del genere di appartenenza e della grammatica
di un ricevente potenzialmente universale.
La semplificazione dei testi giuridici e dei testi giurisprudenziali nella specie ha
riflessi anche nel lavoro di chi traduce. Le ragioni non risiedono nella mera
trasferibilità di un costrutto da una lingua all’altra: tanto più per il testo giuridico,
il lavoro di traduzione non comporta (anzi, la esclude) una riproposizione delle
strutture sintattiche, per le quali il testo di partenza e il testo d’arrivo conservano
i tratti caratteristici della lingua e del genere testuale di appartenenza
(eventualmente rispondenti a prassi di redazione portate, dall’interno, dal
sistema giuridico: pensiamo alla prima persona singolare soggetto
regolarmente utilizzata dal giudice delle sentenze di common law e ai riflessi
sintattici di questo tratto morfologico). Per un genere testuale come la sentenza,
conservare i tratti sintattici e i canoni redazionali della lingua di partenza nella
lingua di arrivo oppure intervenire su di essi (per normalizzarli, semplificarli,
sostituirli) dipenderà da un obiettivo: salvaguardare il passaggio logico-
concettuale che ogni costrutto del testo di partenza consegna (e vuole
consegnare) al testo di arrivo e operare scelte linguistiche efficienti e ragionate.
Così, nella traduzione di una sentenza italiana i punti potenzialmente
problematici portati dalla veste sintattica possono essere affrontati a partire da
una preliminare versione interna (“di servizio”) normalizzata, ripulita da inutili
lungaggini periodali, riscritta ad esempio secondo i suggerimenti di
semplificazione proposti sopra. Al di là del termine di confronto, al di là della
lingua e del sistema giuridico e socio-istituzionale di arrivo, al di là di possibili
differenze di natura e funzioni della sentenza nelle lingue e nei sistemi implicati
(fatti su cui al traduttore non è dato intervenire), per il testo italiano
un’operazione del genere rappresenta in primo luogo un fattore di leggibilità e
un elemento per un’interpretazione valida ed efficace: un presupposto
fondamentale, dunque, per ogni buona traduzione.
22
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