assonime bilancio e certificati bianchi
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2/2012
Il Caso
La rilevazione in bilancio dei titoli di efficienza energetica denominati “certificati bianchi”
La rilevazione in bilancio dei titoli di efficienza energetica denominati “certificati bianchi” 2/2012
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IN BREVE
Il meccanismo dei “certificati bianchi” costituisce uno degli strumenti creati dal
legislatore al fine di incentivare la riduzione nel consumo energetico. Si tratta di titoli
emessi dal Gestore dei mercati energetici, a favore di determinati soggetti a seguito di
interventi che comportano risparmi di energia, i quali possono essere scambiati sul
mercato e devono essere trasmessi all’Autorità per l’energia in misura pari
all’ammontare degli obiettivi di risparmio assegnati.
Questo complesso sistema di incentivazione del risparmio energetico pone il problema
della corretta contabilizzazione dei “certificati bianchi” nel bilancio di esercizio delle
società di servizi energetici, che non risulta ancora risolto dai principi contabili
nazionali.
I certificati bianchi devono considerarsi assimilabili ai crediti con la conseguente
applicazione ad essi dei criteri di valutazione di tali beni previsti dal codice civile. Di
conseguenza, in base a questa impostazione, i “certificati bianchi” sono iscritti
nell’attivo circolante tra i crediti in un’apposita voce “titoli di efficienza energetica” e
devono essere valutati secondo il loro presumibile valore di realizzazione. In
contropartita a tale credito, la società iscrive un ricavo nella voce A5) “Altri ricavi e
proventi” del conto economico.
IL COMMENTO
La questione in esame riguarda la corretta modalità di contabilizzazione nel bilancio di
esercizio dei titoli di efficienza energetica denominati “certificati bianchi” da parte delle
società di servizi energetici (c. d. ESCO). Il problema, che presenta un certo rilievo
nella prassi, nasce poiché tanto la disciplina del codice civile in tema di bilancio di
esercizio quanto i relativi principi contabili nazionali non affrontano l’argomento.
Il meccanismo dei “certificati bianchi” costituisce uno degli strumenti creati dal
legislatore al fine di incrementare l’efficienza nell’uso dell’energia e in particolare di
incentivare la riduzione nel consumo energetico1.
1 Il meccanismo dei certificati bianchi, che si fonda sull’articolo 9, comma 1, del d. lgs. 16 marzo 1999, n. 79, e
sull’articolo 16, comma 4, del d. lgs. 23 maggio 2000, n. 164, risulta regolato dal decreto del Ministro delle attività
produttive 20 luglio 2004 sull’individuazione degli obiettivi quantitativi per l’incremento dell’efficienza energetica negli usi
finali di energia e dal decreto del Ministro delle attività produttive 20 luglio 2004 sull’individuazione degli obiettivi
quantitativi di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili.
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Questo sistema si fonda su obiettivi obbligatori di risparmio energetico, cui sono tenuti i
maggiori distributori di energia elettrica e gas naturale. Per adempiere a questi obblighi
i distributori possono attuare direttamente, o in collaborazione con terzi, progetti di
miglioramento dell’efficienza energetica, oppure possono acquistare titoli di efficienza
energetica che attestano il conseguimento di risparmi energetici da parte di altri
soggetti.
I titoli di efficienza energetica, denominati “certificati bianchi”, sono, infatti, emessi dal
Gestore dei mercati energetici, a seguito di interventi che comportano risparmi di
energia, a favore dei distributori di energia, delle società da essi controllate, delle
società operanti nei settori dei servizi energetici (c. d. ESCO), nonché degli enti che
hanno nominato i c. d. Energy manager, per un valore pari alla riduzione dei consumi
certificata. In particolare, in base alla valutazione e alla verifica dei risparmi energetici
realizzati dai singoli interventi, l’Autorità per l’energia autorizza il gestore ad emettere i
titoli.
I “certificati bianchi” possono essere scambiati all’interno di un apposito mercato
organizzato e gestito dal Gestore dei mercati energetici oppure attraverso contratti
bilaterali al di fuori del suddetto mercato.
Entro una certa data di ciascun anno le imprese di distribuzione devono trasmettere
all’Autorità per l’energia i “certificati bianchi” posseduti in ammontare pari agli obiettivi
assegnati.
I “certificati bianchi” sono dunque titoli che certificano la misura della riduzione dei
consumi conseguita. I distributori adempiono all’obbligo di risparmio energetico loro
imposto con la restituzione di un numero di certificati di valore energetico pari
all’obiettivo assegnato.
Questo complesso sistema di incentivazione del risparmio energetico pone delicate
problematiche in ordine alla qualificazione e alla contabilizzazione dei “certificati
bianchi”, che non risultano ancora risolte dai principi contabili nazionali.
Le soluzioni da adottare devono tener conto delle diverse posizioni in cui si trovano le
imprese rientranti nell’ambito di applicazione della disciplina.
In particolare la situazione appare diversa a seconda che si tratti di un’impresa
soggetta all’obbligo di raggiungere determinati obiettivi di risparmio energetico (quali le
imprese distributrici), oppure si tratti di imprese non soggette a tali obblighi (quali, come
nel nostro caso, le società di servizi energetici).
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Per quanto riguarda le società di servizi energetici, esse, a seguito della realizzazione,
per conto proprio2, di progetti finalizzati al risparmio energetico, maturano il diritto al
rilascio di certificati bianchi, i quali vengono accreditati a cadenza trimestrale.
Questo sistema di incentivazione del risparmio energetico costituisce, per le società di
servizi energetici, una componente di ricavi aggiuntiva che integra quella caratteristica
a riconoscimento degli interventi di risparmio energetico effettuati. Il ricavo viene a
maturazione con lo svolgimento delle predette attività, anche se la materiale
assegnazione dei titoli avviene a cadenza trimestrale. Di conseguenza, alla fine di ogni
esercizio, le società di servizi energetici si troveranno ad avere maturato, per le attività
poste in essere, il diritto ad ottenere un certo numero di certificati energetici che non
sono stati ancora assegnati (si pensi all’attività svolta nei mesi di novembre e
dicembre) e avranno in portafoglio un certo numero di titoli per i progetti realizzati dei
quali si è anche provveduto all’accreditamento dei certificati.
La prima situazione è sicuramente qualificabile in termini di diritto di credito. La società
vanta infatti nei confronti del Gestore dei mercati il diritto ad ottenere un certo numero
di “certificati bianchi” in relazione alle attività già svolte. Questo diritto andrà valutato in
base al criterio dettato dal codice civile per i crediti e quindi secondo il valore di
presumibile di realizzo3.
Si pone poi il problema di come valutare i “certificati bianchi” già nel portafoglio della
società di servizi energetici.
Una prima questione è se essi siano da classificare tra le immobilizzazioni o nell’attivo
circolante.
La distinzione nelle componenti dello stato patrimoniale tra le immobilizzazioni e l’attivo
circolante verte sulla funzione degli elementi nell’attività dell’impresa. Mentre rientrano
nelle immobilizzazioni i beni destinati a permanere nel patrimonio del’impresa e ad
essere utilizzati durevolmente nella sua attività, costituiscono attivo circolante gli
elementi del patrimonio generati dall’attività di produzione e di scambio o ad essa
destinati4. I titoli di efficienza energetica posseduti da società di servizi energetici sono
elementi patrimoniali generati dall’attività dell’impresa e per loro natura destinati ad
essere negoziati. Essi appartengono quindi alla classe dell’attivo circolante.
2 Le società di servizi energetici possono anche realizzare progetti di risparmio per conto di imprese distributrici di
energia consentendo a queste ultime di ottenere direttamente il rilascio dei certificati bianchi. 3 Cfr. articolo 2426, numero 8, del codice civile. 4 G. FRANCHI, L’attivo circolante, in L. A. BIANCHI (a cura di), La disciplina giuridica del bilancio di esercizio, Milano, 2001,
740.
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Non sembra quindi che possa essere adottata la soluzione seguita per le quote di
emissione dei gas ad effetto serra (c. d. emission trading). Al riguardo, le imprese che
non redigono il bilancio secondo i principi contabili IAS/IFRS hanno optato in via
prevalente per la soluzione di non contabilizzare dette quote, in base al principio
contabile OIC 24 secondo cui “le immobilizzazioni immateriali ricevute a titolo gratuito
non sono iscrivibili nell’attivo patrimoniale”5.
L’attivo circolante si articola in una serie di sottoclassi: le rimanenze, i crediti, le attività
finanziarie e le disponibilità liquide. Una volta chiarito che i “certificati bianchi”
posseduti da società di servizi energetici rientrano nella classe dell’attivo circolante,
occorre verificare a quale delle predette sottoclassi essi appartengono.
Le attività finanziarie comprendono tutti quegli elementi dell’attivo derivanti da forme di
impiego del capitale. Esse sono costituite sostanzialmente da partecipazioni al capitale
di altre imprese e titoli di debito; i ricavi correlati sono ricavi di natura finanziaria. Non
sembra quindi che i “certificati bianchi” possano rientrare in questa categoria.
L’alternativa si riduce quindi a considerare questi beni rimanenze o crediti.
Le rimanenze comprendono le materie prime, sussidiarie e di consumo, i prodotti in
corso di lavorazione, i lavori in corso su ordinazione, i prodotti finiti e le merci, gli
acconti. In generale le rimanenze comprendono i beni destinati alla vendita o che
concorrono alla loro produzione6. Tra questi sono di nostro interesse i prodotti finiti e le
merci i quali sono rispettivamente i beni che risultano dal completamento del processo
di lavorazione e i beni acquistati da terzi per la rivendita7.
Nella categoria dei crediti ricompresi nell’attivo circolante rientrano i crediti di natura
commerciale che sorgono da rapporti di fornitura o altri rapporti non finanziari8. Essi
rappresentano il diritto ad esigere ad una data scadenza determinate somme da clienti
e da altri9. Si tratta di quei crediti sorti in relazione a ricavi derivanti da operazioni di
gestione caratteristica.
Se pure essi non sembrano direttamente collocabili in nessuna delle due categorie
sopra indicate, appare di gran lunga preferibile ritenere che si tratti di attività
assimilabili ai crediti.
5 Cfr. la nostra circolare n. 24/2006. 6 Cfr. Principio contabile OIC n. 13 sulle rimanenze di magazzino. 7 G. FRANCH, L’attivo circolante, in L. A. BIANCHI (a cura di), La disciplina giuridica del bilancio di esercizio, Milano, 2001,
742. 8 P. BALZARINI, I crediti, in L. A. BIANCHI (a cura di), La disciplina giuridica del bilancio di esercizio, Milano, 2001, 793. 9 Cfr. Principio contabile OIC n. 15 sui crediti.
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Come abbiamo detto, i “certificati bianchi” sono titoli che attestano la misura della
riduzione di consumi derivante da interventi e progetti di efficienza energetica. Essi
incorporano il riconoscimento di un beneficio, a seguito dell’adozione di un certo
comportamento virtuoso, consistente in una integrazione del ricavo caratteristico
monetizzabile con la loro vendita e sono funzionali a compensare un “obbligo” di
risparmio energetico.
Essi non si possono quindi considerare prodotti finiti, in quanto non costituiscono il
frutto diretto dei processi produttivi dell’impresa. Appare invece ragionevole ritenere
che siano attività che si possano più facilmente avvicinare ai crediti commerciali in
quanto sono attività, con un determinato valore economico, che hanno la funzione
ultima di compensare un “obbligo”, assegnate all’impresa a seguito dell’attività di
fornitura a clienti esterni della propria attività caratteristica.
Un analogo approccio è adottato anche nella bozza di principio contabile
dell’Organismo Italiano di Contabilità in ordine alla contabilizzazione dei c. d. “certificati
verdi”10.
L’assimilazione degli elementi attivi in esame ai crediti comporta l’applicazione ad essi
dei criteri di valutazione di tali beni previsti dal codice civile. Di conseguenza, in base a
questa impostazione, i “certificati bianchi” posseduti dalle società di servizi energetici
sono iscritti nell’attivo circolante tra i crediti in un’apposita voce “titoli di efficienza
energetica” e devono essere valutati secondo il loro presumibile valore di
realizzazione11. In contropartita a tale credito, la società iscrive un ricavo nella voce A5)
“Altri ricavi e proventi” del conto economico.
10 Cfr. la bozza di principio contabile sui certificati verdi attualmente in consultazione. 11Articolo 2426, comma 8, del codice civile.
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MATERIALI
Principio contabile OIC n. 13 sulle rimanenze di magazzino; Principio contabile OIC n.
15 sui crediti.; Bozza di principio contabile OIC sui certificati verdi attualmente in
consultazione.
INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
Per quanto riguarda un’analisi complessiva dei problemi trattati v. M. BUSSOLETTI (a
cura di), La nuova disciplina dei bilanci di società, Torino, 1993; G. E. COLOMBO, Il
bilancio di esercizio, in Trattato delle società per azioni Colombo Portale, Torino, 1994,
23. In tema di crediti v. P. BALZARINI, I crediti, in L. A. BIANCHI (a cura di), La disciplina
giuridica del bilancio di esercizio, Milano, 2001, 791. Sulle rimanenze v. G. FRANCH,
L’attivo circolante, in L. A. BIANCHI (a cura di), La disciplina giuridica del bilancio di
esercizio, Milano, 2001, 739. Per quanto riguarda la distinzione tra immobilizzazioni
finanziarie e crediti v. R. TALARICO, Le immobilizzazioni finanziarie, in L. A. BIANCHI (a
cura di), La disciplina giuridica del bilancio di esercizio, Milano, 2001, 627.
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