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La New Workforce

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Sergio Bologna

La New WorkforceIl movimento dei freelance:

origini, caratteristiche, sviluppo

Asterios

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©Sergio BolognaPrima edizione nella collana AD: Giugno 2015

©Asterios Abiblio Editore, 2015 posta: [email protected]

www.asterios.itIn materia di diritti questa pubblicazione si attiene alle norme

delle Creative Commons Public LicensesStampato in UE

ISBN: 978-8895146-23-2

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INDICE

IL MOVIMENTO DEI FREELANCE: ORIGINI, CARATTERISTICHE, SVILUPPO, 9

Il lavoratore salariato come titolare di diritti sociali, 10

Il lavoro autonomo, 11Ascesa e caduta del modello dello stato sociale, 13

Il freelance: lavoratore o impresa?, 14

LE TRASFORMAZIONI DEL LAVORO AUTONOMO

DALL’OTTOCENTO A OGGI, 16Il lavoro autonomo di seconda generazione, 20

LE PRINCIPALI DIFFERENZE TRA LA CONDIZIONE

DI LAVORATORE SALARIATO E LA CONDIZIONE

DI LAVORATORE INDIPENDENTE, 23Spazio, 23Tempo, 25

Forma della retribuzione, 26Lavoro relazionale, 27

Manutenzione delle competenze, 29Negoziato, 30

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FORME ED ESPERIENZE DI ORGANIZZAZIONE

DEL LAVORO INDIPENDENTE IN EUROPA

E NEGLI STATI UNITI (1995-2015), 32La Freelancers’ Union (FU) negli Stati Uniti, 34

L’esperienza italiana, 38European Forum of Independent Professionals

(EFIP), 44Conclusioni, 47Bibliografia, 49

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Nella civiltà occidentale il termine ‘lavoro’ ha avuto sempreil significato di un’attività svolta per conto di terzi da per-sone che traggono i loro mezzi di sussistenza da questa atti-vità. Questa è stata l’idea prevalente di lavoro, in particola-re dopo l’avvento del sistema capitalista. Il lavoro presup-pone una subordinazione, il lavoratore è subordinato adun’organizzazione che si chiama impresa, all’interno diquesta organizzazione il lavoratore svolge una mansioneche gli viene assegnata da chi dirige l’organizzazione, dalmanagement e dalle sue articolazioni periferiche. Le man-sioni possono essere di tipo intellettuale o manuale. Incambio di quest’attività svolta all’interno delle mansioniche gli sono assegnate, il lavoratore riceve una retribuzio-ne, un salario. Pertanto l’idea dominante di lavoro nel siste-ma capitalista è quella di ‘lavoro salariato’.La concezione del diritto che si era sviluppata dopo le

rivoluzioni borghesi della fine del Settecento, ed in partico-lare dopo la rivoluzione francese, aveva come preoccupa-zione fondamentale quella di stabilire i diritti dei cittadininello Stato secondo il principio dell’uguaglianza. Il sogget-to di diritto era il cittadino, la persona singola, indipenden-

Il movimento dei freelance: origini, caratteristiche, sviluppo*

* Il testo che segue è la versione italiana della lezione tenuta in lingua ingle-se presso l’Istituto Universitario Europeo di Badia Fiesolana il giorno 8 apri-le 2015 per il ciclo di seminari Marxism(s) in social movements.

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temente dal lavoro che svolgeva e dalla sua posizione socia-le. Lo Stato era il garante di questo diritto. Le costituzionidegli Stati stabilivano i diritti ed i doveri del cittadino versolo Stato e viceversa.Alla fine dell’Ottocento la situazione sociale nei paesi con

una struttura industriale avanzata subì le conseguenze del-l’espansione del modo di produzione capitalistico, unnumero sempre maggiore di cittadini diventava lavoratoresalariato, all’interno di un’azienda privata o di un’ammini-strazione pubblica, particolarmente numerose erano lepersone che lavoravano in fabbrica come operai. Accanto alsoggetto giuridico “cittadino” appare il soggetto giuridico“cittadino lavoratore”. Che cosa significa?

Il lavoratore salariato come titolare di dirittisociali

Significa che occorre prevedere un sistema di diritti pensa-ti specificamente per il cittadino lavoratore, occorre preve-dere accanto al diritto civile un ‘diritto del lavoro’. Ma nonbasta. Man mano che si diffonde il sistema capitalista è evi-dente la necessità per lo Stato di garantire non solo la liber-tà dei cittadini e la loro uguaglianza dinanzi alla legge maanche la loro sicurezza materiale, in particolare per il citta-dino lavoratore che, contratta una malattia o colpito da uninfortunio sul lavoro, non è più in grado di lavorare ed ha ildiritto a dei mezzi di sussistenza. Comincia a muovere cosìi primi passi, soprattutto nella Germania di Bismarck, ilcosiddetto Sozialstaat, il welfare state. Potremmo dire chel’emergenza della borghesia ha imposto i liberal rights,mentre lo sviluppo del movimento operaio dei lavoratorisalariati ha imposto i social rights. Là dove si è sviluppatoun movimento organizzato dei lavoratori con forti sindaca-

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ti e un forte partito dei lavoratori il welfare state è stato piùgeneroso.Dopo la prima guerra mondiale i principali paesi europei

hanno continuato ad allargare la sfera delle protezioni pre-videnziali e assistenziali per i cittadini includendovi oltre alsingolo lavoratore anche il suo nucleo familiare, maun’estensione ben più consistente di queste misure di poli-tica sociale si ebbe dopo la seconda guerra mondiale,seguendo principalmente due modelli: un modello univer-salistico proprio del sistema britannico e dei paesi scandi-navi ed un modello ‘occupazionale’ proprio della Germania,della Francia e in genere dei paesi continentali. Sistemauniversalistico vuol dire che lo stato s’incarica di dare unaprotezione di base uguale per tutti i cittadini, indipenden-temente dalla loro posizione lavorativa, ‘occupazionale’vuol dire che lo stato commisura il grado di protezione allacapacità dei cittadini di contribuire al finanziamento dellaspesa sociale; evidentemente chi gode di un reddito stabile,come i salariati, ne viene avvantaggiato. Il sistema italianoviene considerato a metà tra l’uno e l’altro dei due modelli.Tuttavia, aver fondato il diritto del lavoro ed i sistemi di pre-videnza e assistenza sociale sull’archetipo del lavoratoresubordinato salariato ha creato nel sistema giuridico deglistati capitalisti un vuoto, perché il legislatore ha dimenticatoche non esisteva soltanto la forma di lavoro salariato, alledipendenze di un’organizzazione privata o pubblica, ma esi-steva anche la forma di lavoro autonomo, indipendente.

Il lavoro autonomo

Come si definisce un lavoratore autonomo (o indipendente)?Si definisce come una persona che lavora per conto proprio,che non ha un salario perché non dipende da imprese priva-te o amministrazioni pubbliche, lavora da sola senza collabo-

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ratori salariati (in realtà lavoro autonomo può essere consi-derato anche quello con un livello minimo di organizzazio-ne). Possiamo fare degli esempi? Per molto tempo la maggio-ranza dei lavoratori indipendenti negli stati capitalisti è statacostituita da due categorie di persone: i contadini piccoli pro-prietari di un terreno o coltivatori diretti ed i piccoli commer-cianti, che tengono un negozio. Accanto a questi c’erano altredue categorie di lavoratori indipendenti: gli artigiani ed iprofessionisti delle professioni ‘liberali’. Gli artigiani veniva-no considerati come un residuo del periodo pre-capitalistico,un residuo che si sarebbe poco per volta estinto in quanto imestieri da essi esercitati sarebbero stati assorbiti dall’indu-stria. L’altra categoria, quella dei liberi professionisti (medi-ci, avvocati, notai, giornalisti) veniva considerata come unacategoria d’interesse pubblico, che svolge un’azione di sussi-diarietà rispetto allo Stato (gli avvocati garantiscono il citta-dino di fronte alla legge, i notai registrano degli atti pubblici,i giornalisti garantiscono la libertà di espressione e di infor-mazione). Contadini, commercianti, artigiani e professionisti non

rientravano nella categoria di lavoro salariato, né rientra-vano dal punto di vista sociologico nella categoria di prole-tariato, i cui interessi sono tutelati dal sindacato.Contadini, commercianti e artigiani venivano classificaticome piccola borghesia, i professionisti come media bor-ghesia. Il lavoro autonomo non è mai stato considerato ungruppo omogeneo, giustamente, mentre il lavoro salariatoin parte è stato considerato come costitutivo di un’interaclasse sociale, la classe operaia, in parte come componentedella piccola e della media borghesia, ma queste differen-ziazioni al suo interno non hanno incrinato la forte e com-patta unità rappresentata dal fatto di essere, tutti, operai,impiegati, tecnici funzionari e manager, dei lavoratori sala-riati, titolari del diritto a una protezione sociale e assisten-ziale da parte dello Stato. Poi, pian piano, le categorie dei

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contadini, dei commercianti e degli artigiani verrannoanch’esse inserite nel sistema della social security per ilgrande peso sociale (ed elettorale) che avevano mantenutoin certi paesi (in Italia l’assicurazione pensionistica obbli-gatoria per i lavoratori dipendenti fu introdotta nel 1919,per i coltivatori diretti nel 1957 e per gli artigiani nel 1959).Ai professionisti invece si lasciava il privilegio di potersiconfezionare un sistema previdenziale privato, a misuradelle loro esigenze. Quando, dagli Anni 70 in poi, nasconomolte nuove professioni che non vengono regolamentate espesso nemmeno riconosciute come tali, esse si trovano adessere escluse sia dal sistema degli Ordini professionali,proprio delle professioni liberali, sia dai sistemi dei com-mercianti, dei contadini e degli artigiani, in quanto si trat-ta prevalentemente di attività d’ordine intellettuale o tecni-co o creativo, le quali ben poco hanno a che fare con il com-mercio o con l’agricoltura oppure con il lavoro artigianalein senso stretto. Sono professioni che si caratterizzano inmoltissimi casi per l’uso delle tecniche digitali. Vedremo inseguito quali fattori hanno portato al loro sviluppo. La cosaimportante da tenere a mente ora è che il mancato inseri-mento di questo lavoro autonomo “di seconda generazio-ne” nel sistema della sicurezza sociale è stata la molla cheha portato alla formazione dei movimenti di cui parleremotra poco e che sono l’oggetto di questa conversazione. Matorniamo un momento alla storia del welfare state.

Ascesa e caduta del modello dello stato sociale

Subito dopo la seconda guerra mondiale la Gran Bretagnasi era posta all’avanguardia di tutti i paesi capitalisti con ilNational Insurance Act del 1946 e il National HealthService. La Germania, prostrata dalla guerra, divisa, impie-gherà alcuni anni, in occidente, a ricostruire il generoso

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livello di protezione sociale che l’aveva sempre contraddi-stinta. Ma alla fine ci riuscirà. Quindi si può dire che perquasi un secolo i sistemi di previdenza e assistenza socialehanno continuato a progredire, anche in Italia, mentre lastessa cultura capitalista ha accettato l’idea di un’economiache assicurava il benessere per tutti. La rottura avvenne inGran Bretagna con il governo Thatcher negli Anni 80 delNovecento e da allora iniziò un graduale arretramento cheha portato a ridurre fortemente la spesa sociale, a instaura-re in seno all’Unione Europea un pensiero neoliberale doveil principio della libera concorrenza diventa il principioassoluto, a concepire i servizi pubblici come servizi di mer-cato sottoposti alle regole della concorrenza. Inoltre, que-sto è un punto importante, in Gran Bretagna divenne pos-sibile optare per l’uscita dallo schema delle assicurazionipubbliche obbligatorie (contracting out o opting out fromthe State Earnings Related Pension Scheme, SERPS) e sce-gliere forme assicurative private, che ebbero un forte soste-gno da parte dei governi sia conservatori che laburisti. Èevidente che in questa situazione i sindacati dei lavoratorie tutte quelle forze politiche che intendevano arginare losmantellamento dello stato sociale, si preoccupavano inprimo luogo di difendere le protezioni previste per i lavora-tori salariati. Il lavoro indipendente, soprattutto quello di“seconda generazione”, fu sempre più messo ai margini edescluso anche dalle politiche attive del lavoro, cioé dai pro-grammi che incentivano l’occupazione.

Il freelance: lavoratore o impresa?

Ma escludere il nuovo lavoro autonomo, i nuovi freelance,dal diritto del lavoro e dallo stato sociale non è bastato.Occorreva anche definire il lavoro indipendente come unafigura giuridica che non rientrava nell’universo del lavoro ma

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in quello dell’impresa. I lavoratori autonomi non furono defi-niti lavoratori ma bensì imprese, microimprese. Anche laCorte di Giustizia Europea, in una recente sentenza del 4dicembre 2014, ha ribadito che il lavoratori autonomi sonoimprese se non sono “economicamente dipendenti”, macome si possa fare questa distinzione tra chi è economica-mente dipendente e chi no, non è chiaro. Più dei giuristi tut-tavia ha potuto l’ideologia individualistica inculcata sistema-ticamente dai media e dalle scuole di management negliAnni 80, che hanno creato un archetipo di lavoratore indi-pendente, un cliché del freelance, come eroe solitario che,appoggiandosi esclusivamente sulle proprie doti individualidi carattere, aggressività, flessibilità, voglia di successo, desi-derio di emergere e in parte anche sulle sue risorse intellet-tuali e skill professionali, si fa largo nel mercato globale conil suo personal computer e il suo I Phone, come un Tarzanche si muove nella giungla appeso a una liana col suo coltel-lo alla cintola. Questa immagine neoliberale del lavoratorepostfordista assomigliava assai più a quella di un imprendi-tore che a quella di un lavoratore conto terzi. Quindi era faci-le convincere i freelance che essi non erano lavoratori bensìimprese, microscopiche ma pur sempre imprese.La presa di coscienza che ha portato in molti casi a costi-

tuire le associazioni di tutela degli interessi dei freelance èiniziata proprio dall’opera di smantellamento di questo cli-ché. È stato facile dimostrare che, secondo la teoria economi-ca classica, il termine ‘impresa’ indica un’organizzazionecomplessa, dove i diversi ruoli (detentori del capitale, mana-ger, lavoratori subordinati) sono ricoperti da diverse perso-ne. Non può una persona sola interpretare tutti i ruoli. Il ter-mine ‘impresa individuale’ è un non senso. Il lavoro indipen-dente è semplicemente un diverso modo di guadagnarsi davivere lavorando per conto di terzi. In tal modo era possibileriportare il freelance dentro l’ordine simbolico del lavoro.Tuttavia l’ideologia neoliberale aveva troppo peso, soprattut-

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to nel mondo anglosassone, perché i freelance se ne liberas-sero del tutto, tanto più che il termine ‘business’ permette dinon usare la parola ‘impresa’ per indicare un’attività che nonsi vuole chiamare ‘lavoro’. Business significa che lo spirito diimprenditorialità nel lavoro indipendente è la connotazioneprevalente, quella che denota semanticamente l’esistenza delfreelance in maniera più precisa che la relazione con un com-mittente. Di fatto, osservando i comportamenti delle associa-zioni di cui parleremo, noteremo facilmente che quelli appar-tenenti alla fascia di alto reddito preferiscono definirsiautoimprenditori, quelli che appartengono, e sono i più, aglistrati di reddito modesto o assai basso preferiscono definirsilavoratori. Ma proprio per questo avvertono molto forte l’in-giustizia della loro emarginazione da molte delle provviden-ze che ancora il residuo dello stato sociale riserva ai lavorato-ri salariati.

Le trasformazioni del lavoro autonomodall’Ottocento a oggi

Una volta chiarito che il lavoratore autonomo non è un’im-presa, dobbiamo specificare di quale tipo di lavoratoreautonomo intendiamo parlare quando affrontiamo ildiscorso sui movimenti dei freelance oggi. Il lavoro autono-mo, come quello salariato, si divide in due grandi categorie,manuale e intellettuale, com’è stato detto, ciascuna di essenel corso del Novecento ha subito dei cambiamenti. Perquanto riguarda le professioni intellettuali, il principalecambiamento si è verificato quando le grandi impresehanno cominciato a servirsi di professionalità specifiche dautilizzare nel settore della contabilità, del marketing, dellapubblicità, delle pubbliche relazioni, della gestione del per-

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sonale ecc.. In genere queste mansioni specifiche venivanosvolte da dipendenti salariati, ma in parte venivano svolteda professionisti indipendenti. Si trattava di attività benpagate, che spesso si sono organizzate esse stesse in formasocietaria. Nel settore della consulenza organizzativa almanagement e del budgeting si sono formate addiritturadelle grandi società multinazionali, come la McKinsey, laErnst&Young, la Deloitte ed altre. Competenze umanisti-che venivano utilizzate in specifici settori, come la pubbli-cità, dando lavoro a scrittori e poeti, competenze artistichevenivano utilizzate nella grafica pubblicitaria, psicologivenivano utilizzati nella gestione del personale o nelle rela-zioni industriali. Nasceva quindi un nuovo mercato e diconseguenza una nuova concezione delle competenzerispetto alle tradizionali professioni liberali. Il mercato eradominato dalla domanda delle grandi imprese, mentrenelle professioni liberali classiche (avvocati, medici) ladomanda era essenzialmente dei privati. Le competenzenon erano rigidamente vincolate a un percorso scolastico,c’era molto maggiore flessibilità. L’altro fenomeno che harivoluzionato nei primi decenni del Novecento il mercatodelle professioni intellettuali è stata la vera e propria esplo-sione della domanda di professioni tecniche da parte dellegrandi imprese, in particolare di ingegneri, ai quali era affi-dato un ruolo decisivo nei processi di razionalizzazione del-l’organizzazione del lavoro secondo i principi tayloristici.Ai fini del nostro discorso è importante sottolineare chequeste nuove professioni, in particolare quelle di tipo tecni-co, non svilupparono un proprio originale modello associa-tivo o di rappresentanza, ma seguirono il modello delleprofessioni liberali, costituendo anch’esse degli Ordini pro-fessionali (si pensi proprio agli ingegneri e ad altre profes-sioni tecniche, come i geologi, divenuti figure decisive nel-l’industria petrolifera). Quindi, malgrado la grande rivolu-zione avvenuta nel mercato nei primi del Novecento nel

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lavoro professionale, sul piano della rappresentanza pre-valse ancora la forma tradizionale adottata dalle professio-ni liberali, che all’interno dell’Ordine accolgono sia salaria-ti sia indipendenti. Un altro fenomeno contribuì a trasfor-mare profondamente il mercato delle professioni intellet-tuali e tecniche: la nascita della radio e del cinema, che por-tarono in evidenza molte nuove professioni nel campo dellacomunicazione e dell’entertainment. Sorsero in questocontesto altri modelli associativi e di rappresentanza degliinteressi, in parte mutuati dal sindacalismo operaio ed inparte mutuati dal sistema delle gilde (si pensi agli sceneg-giatori di Hollywood che ancor oggi sono organizzati nellaWriters Guild of America). I regimi fascisti organizzaronoalcune professioni intellettuali e artistiche in sindacati percontrollare meglio le attività che potevano avere influenzanella comunicazione di massa. Al tempo stesso, e l’espe-rienza italiana del governo Mussolini è molto significativa aquesto proposito, portarono molto avanti il riconoscimen-to delle professioni e la legittimazione degli Ordini. I primidecenni del Novecento sono anche gli anni in cui si manife-sta una grande diffusione del sindacalismo del lavoro sala-riato, ma l’adesione da parte dei white collar, cioè di colo-ro che svolgono funzioni che richiedono una specifica com-petenza professionale di tipo intellettuale e tecnico all’in-terno dell’impresa, fu in generale piuttosto debole. I whitecollar hanno un rapporto di maggiore fedeltà nei confrontidella direzione d’impresa e solo in pochi casi o in specifichecircostanze storiche (es. negli anni immediatamente suc-cessivi alla prima guerra mondiale in Germania) hannocondiviso gli atteggiamenti antagonistici degli operai.Cominciarono allora a diffondersi termini come brain wor-ker, Kopfarbeiter o Geistarbeiter che anticipano il terminedi knowledge worker usato oggi. La sociologia, in particolare la sociologia tedesca, comin-

cia ad accorgersi dell’esistenza del lavoro indipendente, che

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non è rappresentato dai sindacati ed è rappresentato maledalle associazione professionali o dagli Ordini. Sociologi edeconomisti come Werner Sombart, Theodor Geiger, EmilLederer, Hans Speier, Götz Briefs, hanno analizzato il feno-meno del lavoro autonomo e delle sue forme di rappresen-tanza. L’aspetto più interessante del loro lavoro è quelloche interpreta lo sviluppo del lavoro autonomo come unsintomo della crisi del ceto medio. Essi capiscono che i con-cetti di borghesia e di proletariato sono insufficienti a spie-gare la frammentazione sociale che si è prodotta dopo laprima guerra mondiale in seguito alle trasformazioni tec-nologiche e organizzative del taylorismo e del fordismo.Anche noi, oggi, quando osserviamo le dinamiche di svilup-po del movimento dei freelance ci accorgiamo di toccarecon mano la crisi del ceto medio.Resta da dire qualcosa sugli altri gruppi di lavoro autono-

mo, in particolare i contadini ed i commercianti. Anche icontadini piccoli proprietari, che coltivavano un fondo conl’ausilio dei familiari, sono stati considerati, come gli arti-giani, un gruppo sociale in via di estinzione, perché l’indu-strializzazione dell’agricoltura li avrebbe trasformati tuttiin braccianti salariati e operai agricoli. Ma il loro pesosociale era troppo importante per ignorare la loro richiestadi essere inclusi nel sistema della sicurezza sociale. I picco-li commercianti, anch’essi considerati un residuo pre-capi-talistico dopo la nascita dei grandi magazzini e delle grandicooperative di consumo, venivano anch’essi inseriti nelsistema della sicurezza sociale ma in posizione marginalerispetto a quella dei lavoratori salariati. Né gli uni né glialtri tuttavia hanno dato vita a forme specifiche di rappre-sentanza del lavoro autonomo, sicché anche da questopunto di vista potremmo dire che i freelancers’ movementdi oggi sono un fenomeno del tutto nuovo e senza prece-denti nel passato. Prima di tutto rappresentano un nuovotipo di knowledge workers e di indipendenti dell’èra digi-

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tale, in secondo luogo non associano lavoratori salariati,sono organizzazioni esclusivamente di lavoratori autono-mi, non rappresentano una sola professione ma molte pro-fessioni di carattere intellettuale, tecnico, creativo, sia diservizi alle imprese che di servizi alle persone ed infinesono associazioni che interpretano un ruolo sia di tipostrettamente sindacale che di pressione lobbyistica.

Il lavoro autonomo di seconda generazione

Una situazione completamente nuova si è venuta a crearenegli ultimi decenni del Novecento con la nascita e lo svi-luppo di un nuovo tipo di lavoro autonomo, prodotto daiprofondi cambiamenti avvenuti a) nell’organizzazione dellavoro, b) nella tecnologia, c) negli stili di vita.Per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro, le

imprese manifatturiere e di servizi hanno cominciato afocalizzarsi intensamente sulla flessibilità e sulla rapidarisposta alla domanda di mercato, per cercare di diventarepiù agili e più snelle. Per ottenere questo risultato hannoiniziato a decentrare, a esternalizzare molte funzioni pro-duttive e commerciali e si sono concentrate soltanto sulcore business. Il processo di outsourcing ha portatoall’esterno molte mansioni che prima erano svolte all’inter-no, sono nate, soprattutto in Italia, moltissime microim-prese di subfornitura e molti artigiani o professionisti indi-pendenti, per i lavori manuali i primi, per i lavori intellet-tuali i secondi. Negli Anni 90, anche in seguito ad alcunedifficoltà che ha incontrato lo sviluppo economico globalema soprattutto per il cambiamento del quadro competitivodovuto alla globalizzazione ed allo sviluppo della Cina e deipaesi emergenti, le imprese hanno iniziato un sistematicoprocesso di downsizing che ha portato all’espulsione dicentinaia di migliaia di lavoratori dotati di esperienza e di

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professionalità. Una parte di essi ha trovato il modo disopravvivere diventando lavoratori indipendenti.La trasformazione più profonda però è avvenuta con la

nascita e lo sviluppo dell’informatica. I computer, le macchi-ne da calcolo, come venivano chiamate, esistevano dalla finedegli Anni 50 del Novecento, la rivoluzione è avvenuta con ilpersonal computer e la creazione del web. La persona singo-la quindi ha potuto dotarsi di una macchina con la qualepoteva svolgere da qualunque punto e con costi tendenti allozero una serie di attività prima riservate esclusivamente aun’organizzazione d’impresa. La Rete globale consentiva direstare connessi con banche dati, istituzioni, partner com-merciali, di accedere a un mercato globale senza intermedia-ri, di porre le basi di un business individuale, di un’attivitàche poteva diventare ragione di sopravvivenza. Il lavoroautonomo poteva essere svolto in maniera più semplice, piùefficace e meno costosa. Venivano abbassate fortemente lebarriere all’ingresso, veniva abbattuto il costo dell’informa-zione, si poteva iniziare un’attività di lavoro indipendentecon un minore investimento di capitale. Nascevano molte“nuove” professioni, non solo nel campo dell’informatica(analisti, programmatori, web designer ecc.), mentre alcuneprofessioni esistenti da tempo venivano completamente tra-sformate (si pensi all’introduzione delle tecniche digitali nelcampo dell’immagine e del suono).La terza forza di cambiamento è stata l’innovazione degli

stili di vita. Innanzitutto è aumentato il numero di personeche vivono da single, per le donne con figli a carico il lavo-ro indipendente è stata una soluzione possibile del doppioruolo femminile, è aumentata la mobilità fisica delle perso-ne, grazie all’abbattimento dei costi del trasporto collettivo,in particolare del trasporto aereo, si sono diffuse pratichesportive, di benessere, di cura del corpo, i settori del turi-smo e della ristorazione, dell’entertainment, dei media sisono gonfiati ed hanno occupato le centinaia di migliaia di

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persone che prima erano assorbite da settori manifatturie-ri; sono nate al loro interno molte “nuove” professioni. Lacrisi dei servizi pubblici, colpiti dalla sempre maggioremancanza di risorse, ha portato alla privatizzazione di alcu-ni servizi, che possono essere forniti da lavoratori autono-mi, da freelance (si pensi ai servizi di nursery). Il lavoroautonomo è diventato una scelta più facile, più popolare,ma anche una necessità, nei paesi a capitalismo avanzato.Ha avuto una fase promettente dal punto di vista del reddi-to che era possibile ricavare da un’attività indipendente;alcune professioni, nel settore della consulenza o dell’infor-matica, potevano procurare dei redditi analoghi a quelli deltop management delle imprese negli Anni 80 e inizio Anni90, ma dalla metà degli anni 90 in poi si è verificata unasempre maggiore polarizzazione tra un ristretto gruppo diprofessionisti ad alto reddito e la grande massa dei freelan-ce che guadagna quanto un impiegato di basso livello, men-tre con la crisi del 2008 è iniziato un vero e proprio crollodei redditi dei freelance.Tutta questa nuova generazione di lavoratori autonomi si

sono trovati a dover affrontare il mercato senza protezionisociali o con un livello di protezione elementare, hanno laprospettiva di godere di una pensione ai limiti della sogliadi povertà o di non poterne godere affatto. Hanno soffertosoprattutto di mancanza di visibilità. I partiti politici hannocercato l’appoggio elettorale presso i lavoratori salariati, ipensionati, i commercianti. Si sono dimenticati del lavoroautonomo. Anche lo Stato se n’è dimenticato, al punto chesolo negli ultimi anni, dopo la crisi, sono state raccolte dellestatistiche sul lavoro autonomo. I freelance, consideratiimprese, non erano contemplati nella labour statistics. Ilprimo impulso alla costituzione di associazioni di freelanceè stato quello di uscire ‘from the dark side of the moon’, diacquistare visibilità, di avere un’identità, di poter dire “chisiamo”.