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Studi linguistici e di storia della lingua italiana Collana diretta da Maurizio Dardano 10

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Studi linguistici e di storia della lingua italianaCollana diretta da Maurizio Dardano

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LA PUBBLICAZIONE È STATA FINANZIATADAL DIPARTIMENTO DI ITALIANISTICA

DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI ROMA TREE DAL DIPARTIMENTO DI RICERCA LINGUISTICA,

LETTERARIA E FILOLOGICADELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MACERATA

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Testi BreviAtti del Convegno internazionale di studi(Università “Roma Tre”, 8-10 giugno 2006)

a cura diMAURIZIO DARDANOGIANLUCA FRENGUELLIELISA DE ROBERTO

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Copyright © MMVIIIARACNE editrice s.r.l.

[email protected]

00173 Roma, via R. Garofalo, 133 a/btel. (06) 72672233 telefax 72672222

ISBN 978-88-548-2363-1

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: dicembre 2008

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INDICE

Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

Parte I: Spazi teorici

GIULIO FERRONIVite brevi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

GRAZIELLA PAGLIANODefinizioni e interpretazioni:novelle e racconti in età moderna e contemporanea . . . . . . . . . . . . . . . 31

IØRN KORZENLa narrazione breve.Considerazioni inter- ed intralinguistiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49

DOMENICO FIORMONTEPragmatica digitale.Paratesti, microtesti e <metatesti> nel web . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65

ELLEN RÖTTERINKLa réception de la linguistique textuelle en France . . . . . . . . . . . . . . . . 85

Parte II: Dal Duecento all’Ottocento

RAYMUND WILHELMBrevità e/o narratività.Gli exempla del “Vulgare de elymosinis” di Bonvesin da la Riva . . . . . 101

MAURIZIO DARDANOFormule per ammaestrare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117

GIANLUCA FRENGUELLIMorfologie del sonetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141

GIANLUCA COLELLADescriptio brevis.Considerazioni su “Le Miracole de Roma” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163

CATHERINE GUIMBARDIl dir novellando secondo Madonna Oretta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 181

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CORRADO BOLOGNAGhiribizzi, ghirigori, e altre formedel pensare e dello scriver breve . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 189

ADRIANA PELOGli aforismi di Salvator Rosa.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 205

DIEGO POLITraduzione, citazione e rimandi in Leopardi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 229

ORNELLA MORONIStoria di un testo breve manzoniano:le “Strofe per una prima Comunione” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 245

ANNA MARIA BOCCAFURNILe ricette culinarie: un “viaggio” linguisticoattraverso la storia della cucina italiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 261

PAOLO D’ACHILLERiflessioni sull’epigrafia commemorativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 279

Parte III: Il Novecento e oltre

SIMONA COSTALacerti di vita: Flaiano e lo spazio della scrittura . . . . . . . . . . . . . . . . . 311

CLAUDIO GIOVANARDI – ILDE CONSALESLa lingua degli aforismi di Gesualdo Bufalino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 323

SABINE SCHWARZE“Ciclostilato in proprio”: lingua e strategie comunicativedi un corpus di volantini pisanidel movimento politico-sociale degli anni 1960-70 . . . . . . . . . . . . . . . . 341

PIETRO TRIFONEPillole di identità. Battute celebri del cinema italiano . . . . . . . . . . . . . . 357

MATTEO D’ARIENZO77 brevi prose: Luzi critico cinematografico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 367

JUAN CARLOS DE MIGUELLas crónicas teatrales de Marcos Ordóñezen el diario “el país” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 381

ELISA DE ROBERTODescrivere un libro in 25 parole:aspetti delle recensioni brevi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 401

6 Indice

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GUDRUN HELDL’esca in edicolala copertina di settimanali come testo breve . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 421

ANTONELLA STEFINLONGOScrivendo e gridando ti dico di no.I testi brevi del dissenso manifesto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 443

Abstracts dei contributi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 463

Indice dei nomi e delle cose notevoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 471

7Indice

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PRESENTAZIONE

Dall’8 al 10 giugno 2006, presso il Dipartimento di Italianisticadell’Università Roma Tre, si è svolto il Convegno internazionale Testibrevi organizzato da M. Dardano e da G. Frenguelli. Vi hanno parteci-pato 27 studiosi italiani e stranieri, provenienti dalle seguenti sedi uni-versitarie: Roma Tre, Roma “La Sapienza”, Macerata, Siena Stranieri,Paris IV, Valencia, Salzburg, Heidelberg, Augsburg. Due partecipantial Convegno non hanno consegnato le loro comunicazioni scritte.

L’idea di una messa a punto riguardante l’ampio settore dei testibrevi è nata dall’intento di definire i confini piuttosto vaghi e incertidi una produzione che, nonostante la diffusione in tutte le epoche sto-riche, è rimasta per lo più ai margini della ricerca. Novelle e cronachedi breve estensione, exempla morali, detti celebri e aforismi, libri diricordi e memorie di famiglia, note di acquisti di vendite e di transa-zioni commerciali, slogan pubblicitari ed elettorali, titoli orali e scrittidei moderni media, racconti orali della quotidianità, aneddoti, battute,barzellette, la varia chiacchiera (utile e non utile) dei nostri giornicompongono un panorama molto ampio e vario, del quale i ricercato-ri hanno esplorato singoli settori, senza affrontare una problematicagenerale riguardante l’intero campo.

Le comunicazioni presentate nel nostro convegno tentano di recarequalche chiarimento in varie direzioni. È sembrato opportuno suddivi-derle nel modo seguente. A una prima parte di carattere generale, cheraccoglie contributi riguardanti proposte e percorsi teorici, ne seguonouna seconda, comprendente un ampio arco storico che dai primi secoligiunge alla fine dell’Ottocento, e una terza, dedicata al Novecento e altempo presente. Pertanto abbiamo scelto di non presentare gli interven-ti nell’ordine in cui erano stati esposti durante le giornate del conve-gno, ma di proporne una nuova articolazione, convinti che in tal modosi possano evidenziare alcuni aspetti che emergono dal controversooggetto di studi rappresentato dai “testi brevi”.

Nella prima parte, intitolata “Spazi teorici”, il lettore avrà modo di ve-rificare come la definizione della “brevità”, concetto trasversale a diversicampi di studio, sia sentita con maggiore istanza quanto più la qualifica di

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“breve” si rivela costitutiva sia di generi letterari con media o bassa codi-ficazione, sia di pratiche discorsive e di strategie linguistiche che orienta-no il nostro dire. Invece nella seconda parte, “Dal Duecento all’Ottocen-to” e nella terza, “Il Novecento e oltre”, si è privilegiato un ordine crono-logico, particolarmente adeguato a mettere in luce l’abbondanza di realiz-zazioni nelle quali la brevitas si svolge nell’arco della storia, assumendovarie configurazioni e valori a seconda delle epoche, dei generi testuali,del medium, degli ambienti e delle personalità che l’hanno promossa. Sitratta di una prospettiva che ci permettiamo di suggerire al lettore. Ovvia-mente, altri percorsi interpretativi potranno essere agevolmente ricostruitida chi legge: a tale scopo potrà tornare utile l’indice analitico che conclu-de il volume. Ma ora passiamo in rassegna i singoli saggi.

La prima parte si apre con l’intervento di Giulio Ferroni, Vite brevi,dove è delineata «una tipologia delle misure del modello biografico»,relativa a quella lunghissima e assai variegata tradizione che dagliesemplari antichi e medievali giunge, attraversando l’esperienza uma-nistica e rinascimentale, alle elaborazioni ottocentesche e primonove-centesche, per approdare infine sul terreno della parodia, nei ritratti dei“non illustri” e addirittura degli “idioti”, eseguiti con rapidi tratti da G.Pontiggia e da E. Cavazzoni.

Dopo aver ricordato, sulla scorta di una bibliografia mirata, chesono rari (e non sempre efficaci) i tentativi di definire una tipologia deitesti brevi, Graziella Pagliano, Definizioni e interpretazioni: novelle eracconti in età moderna e contemporanea, si sofferma sui caratteri diuna varia produzione che dall’Ottocento giunge ai giorni nostri (novel-le rosa e di costume, racconti per periodici, gialli, polizieschi, fanta-scienza ecc.). All’analisi di tali testi sembrano adattarsi le proposte dimetodo e i percorsi critici indicati da André Jolles.

Le ri-narrazioni scritte e orali di due episodi di Mr. Bean in italianoe in danese, svolte da studenti delle università di Torino e di Copena-ghen, sono studiate da Iørn Korzen, La narrazione breve. Considera-zioni inter- ed intralinguistiche, con il fine di comparare la strutturazio-ne di brevi testi narrativi nelle due lingue. In entrambi i casi i testi scrit-ti sono sintatticamente più complessi di quelli orali; ma le versioni ita-liane mostrano una maggiore propensione all’ipotassi e alla gerarchiz-zazione dei componenti sintattici.

Domenico Fiormonte, Pragmatica digitale. Paratesti, microtesti e<metatesti> nel Web, analizza i meccanismi pragmatici di alcune formetestuali del web, mostrando come i linguaggi di marcatura possono darforma sia agli aspetti esterni dei documenti digitali sia alle modalità diaccesso ai contenuti. Dopo aver esposto lo stato dei lavori in questo

10 Presentazione

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Presentazione 11

campo, si forniscono esempi di paratesti, microtesti e metatesti generatimediante codifica HTML e XML.

La réception de la linguistique textuelle en France è il tema affron-tato da Ellen Rötterink. I problemi della testualità sono solitamentetrattati nel contesto dell’analisi discorsiva: pertanto si richiedeun’indagine preliminare svolta sui due fronti, che appaiono per variaspetti complementari. La descrizione dei generi è svolta sulla base diun corpus di testi orali. Infine si propone un modello a tre livelli: i)macro- (tipo d’interazione, contesto, finalità), ii) meso- (sequenzediscorsive, contenuto), iii) micro- (materialità linguistica e semiotica).

La seconda parte del volume si apre con il contributo di RaymundWilhelm, Brevità e/o narratività. Gli “exempla” del “Vulgare de ely-mosinis” di Bonvesin da la Riva. Di questo poemetto dottrinale sonoesaminati 17 esempi con il fine di illustrarne la tensione compositiva estilistica, sottesa tra narratività e brevità. Di quest’ultima si delineauna specifica forma testuale, la quale potenzia l’effetto che la fruizio-ne del testo suscita nei destinatari. In tal modo le immagini «acquisi-scono un valore autonomo e indipendente dal contesto argomentati-vo». Se si vuole dare efficacia al messaggio, si deve ridurre la compo-nente narrativa, attuando una sorta di “ritrosia del narrare” («Wider-spenstigkeit des Erzählens»).

Il contributo Formule per ammaestrare di Maurizio Dardano esa-mina passi tratti da una scelta di testi brevi in prosa dei secoli XIV eXV (bestiari, lapidari, erbari, ricettari, raccolte di exempla, capitoli ditrattati e di enciclopedie ecc.) al fine di individuare i modi usati perintrodurre i singoli temi, per collegarli tra loro, per citare auctoritates,per gerarchizzare i contenuti presenti in una stessa opera. Questa miseen page è un’operazione indispensabile per venire incontro alle esi-genze dei lettori che esigono chiarezza, consultabilità, sistemi dirimandi interni e di citazioni. L’analisi riguarda aspetti sintattici,testuali e pragmatici, nonché l’interrelazione fra questi tre livelli.

Investigando i rapporti intercorrenti tra sintassi e assetto metrico dicirca 120 composizioni, che vanno dalle Origini allo Stilnovo, Gianlu-ca Frenguelli, Morfologie del sonetto, fornisce indicazioni sulla strut-tura assunta nel periodo prestilnovistico dalla più frequentata dellenostre forme metriche. In particolare ci si sofferma sulla polarità “ade-renza / tensione”: le proposizioni e i periodi coincidono o non coinci-dono con il verso e, rispettivamente, con le unità ritmiche (quartine,terzine, piedi, sirma, ecc.). Si approfondisce il confronto tra il sonettoantico (struttura metrico-sintattica tripartita: 8 + 3 + 3 versi) e il sonet-to trecentesco (struttura quadripartita: 4 + 4 + 3 + 3).

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Presentazione12

Gianluca Colella, “Descriptio brevis”.Considerazioni su “Le Mira-cole de Roma”, affronta problemi di carattere linguistico, filologico etestuale, riguardanti il noto volgarizzamento (risalente al XIII sec.) inromanesco antico dei Mirabilia Urbis Romae. Si analizzano in parti-colare tre aspetti: i) la relazione tra il volgarizzamento e la fonte lati-na; ii) il rapporto tra il macrotesto dell’operetta e i 63 capitoli in cuiessa si suddivide; iii) il carattere di alcuni stilemi particolarmentesignificativi (anafore, deissi, connettori, sviluppi nominali e paratatti-ci, formule di collegamento, riprese, elenchi) con i quali sono organiz-zate e svolte le sequenze descrittive .

Nel contributo Il dir novellando secondo madonna Oretta, Catheri-ne Guimbard propone un’interpretazione della celebre novella con cuisi apre la sesta giornata del Decameron, «non tanto come racconto diuna prova d’ingegno, quanto come metaforizzazione di una lezione dicomportamento». Infatti nel breve percorso espositivo si manifestauna «narrativizzazione della metafora» del cavalcare/novellare. Nerisulta che la sesta giornata «crea una superposizione cornice/attivitànarrativa, destinata a sottolineare l’importanza non solo di ricreareun’etica del comportamento, ma anche di fissare un codice retoricoche regoli i rapporti sociali».

Mediante un’analisi di lungo corso che dal Petrarca, attraversandoautori e scritture diverse, perviene ai giorni nostri, Corrado Bologna,Ghiribizzi, ghirigori e altre forme del pensare e dello scrivere breve,fornisce un panorama movimentato di questa tendenza scritturale edelle motivazioni che ad essa sono sottese. Si tratta di un modo divedere la realtà e di una tecnica che, soprattutto a partire dal Cinque-cento, animano le pagine di alcuni dei nostri maggiori autori: daglieccetera di Leonardo, ai ghiribizzi di Machiavelli e Guicciardini, aighirigori, schizzi, abbozzi, scarabocchi di tanti altri scrittori illustri.

All’interno della tipologia dei testi brevi gli aforismi occupano unaposizione particolare. Lo dimostra il contributo di Adriana Pelo, Gliaforismi di Salvator Rosa, nel quale, dopo una premessa dedicata aitratti fondanti del genere (“concisione”, “forma prosastica”, “deconte-stualizzazione”), ci si sofferma sui caratteri del paratesto e sulle strut-ture testuali e sintattiche della raccolta Teatro della politica. Sono ana-lizzati in particolare gli strumenti usati dall’autore per ottenere quella«sostenutezza formale», che rappresenta una costante del genere: pre-valenza di periodi monoproposizionali, formule brachilogiche, focaliz-zazione di alcuni costituenti, giochi di parole.

Indagando l’apparato intertestuale come forma breve, Diego Poli,Traduzione, citazione e rimandi in Leopardi, dimostra che per il poeta

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Presentazione 13

il tradurre non è un volgarizzare, come voleva la prassi cinquecentescadi adeguamento all’estetica umanistico-rinascimentale, ma piuttosto unmodo per accedere alla lingua, una fase di avanzamento e di conquistadi uno stile personale. Il prcesso della traduzione si configura essen-zialmente come un disvelamento dell’inquietante e del perturbanteinsiti nell’“antica semplicità”. Leopardi usa e riusa i materiali propri edegli altri, estraendoli da libri, di Antichi e di Moderni e da riviste dicultura e di scienza. I materiali sono rivissuti a un livello testuale supe-riore, dove s’incrociano molteplici citazioni e rimandi interni.

La Storia di un testo breve manzoniano: le “Strofe per una primaComunione” di Ornella Moroni fa rivivere le complesse vicende discrittura e riscrittura di versi composti, su richiesta di don Giulio Rattiparroco di S. Maria della Scala in S. Fedele e amico dello scrittore, peressere cantati da un coro di bambini della parrocchia, in procinto diricevere il sacramento. I componimenti, infatti, stampati in diverse ver-sioni a partire dal 1832, vennero più volte ritoccati dal Manzoni, fino al1848, anno della versione definitiva, che costituisce l’ultima volontàdell’autore.

I contributi appena visti si soffermano su due protagonisti dell’i-dentità letteraria italiana. Su un’identità minore, ma certo significati-va, richiama l’attenzione il saggio di Annamaria Boccafurni, Le ricetteculinarie: un “viaggio” linguistico attraverso la storia della cucinaitaliana, che mostra come questi brevi testi, nonostante il loro caratte-re stereotipico e ripetitivo, rivelino in vari modi e circostanze aspettidella fisionomia e della cultura di un popolo. Pertanto le ricette inte-ressano non soltanto lo storico della lingua, che in esse ritrova vocabo-li, espressioni, usi linguistici interessanti e spesso (si pensi al ricettariodell’Artusi) una spinta all’italianizzazione, ma anche il semiologo, dalmomento che il cibo, nelle fasi della preparazione, dell’esibizione edel consumo, rappresenta un importante sistema di segni e di scambioculturale.

Nelle sue Riflessioni sull’epigrafia commemorativa, PaoloD’Achille prende le mosse da un genere tipico del nostro Risorgimen-to e fondato sul significato ideologico e sull’impegno civile, esami-nandone i fenomeni sintattici, stilistici e testuali. Il corpus, riguardanteun arco cronologico che dall’Unità d’Italia arriva ai giorni nostri,comprende epigrafi presenti nelle città di Milano, Roma e L’Aquila.Particolare attenzione è prestata a vari tratti di queste scritture miratealla brevità, all’essenzialità, all’esaltazione di persone e di eventi: ci sisofferma sulla deissi spaziale, sulla scelta dei tempi verbali e su alcuneaffinità riscontrabili con i testi letterari, in special modo poetici.

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Presentazione14

La parte terza del volume si apre con un intervento di SimonaCosta, Lacerti di vita: Flaiano e lo spazio della scrittura, dove le fontidegli aforismi dello scrittore sono rintracciate nelle conversazioni enelle battute di spirito scambiate con amici e colleghi del settimanale“Il Mondo” o nel corso delle serate trascorse tra i caffè di Via Veneto edi Piazza del Popolo. Lettore attento di classici e di moderni, Flaiano,che si presenta come uno scrittore satirico sconfinante spesso nel tra-gico, tratta per lo più temi quali: i viaggi, la noia, il vagabondaggio,l’errore (come unico strumento vitale), la casualità intesa inun’accezione quasi pirandelliana.

Claudio Giovanardi e Ilde Consales, La lingua degli aforismi diGesualdo Bufalino, dopo aver passato in rassegna i più importantistudi compiuti sulla lingua e lo stile dello scrittore, ne descrivono eanalizzano gli aforismi, «caratterizzati da eterogeneità testuale e for-male», presenti in due raccolte Il malpensante e Bluff di parole. Feno-meni salienti sono «le asserzioni apodittiche e lapidarie, spesso conaprosdóketon finale», le interrogazioni e le esortazioni, gli spezzonidialogici, i giochi di parole, le citazioni. Nel complesso risalta«l’atteggiamento di un osservatore distaccato, che preferisce un disin-cantato sorriso all’asprezza e all’indignazione».

Proseguendo nell’osservazione delle forme brevi del Novecento siva oltre i testi letterari. Un prototipo del genere “testi brevi” è rappre-sentato dal volantino: lo dimostra l’analisi compiuta da SabineSchwarze, Lingua e strategie comunicative di un corpus di volantinipisani del movimento politico-sociale degli anni 1960-70. Di questostrumento di controinformazione, nato e sviluppatosi agli albori del-l’era tecnologica (indicativo l’uso del ciclostile), si sottolineal’eterogeneità sia formale sia linguistica, i caratteri della stereotipizza-zione e gergalizzazione del linguaggio. Inoltre si evidenzia il fatto cheil “volantino” e l’“opuscolo” seguono sviluppi funzionali e tematicipiuttosto divergenti. Prendendo lo spunto da ricerche compiute in taleambito da studiosi italiani e stranieri, si definisce una tipologia deltesto politico, basata su criteri linguistici e testuali.

Nel contributo Pillole di identità. Battute celebri del cinema italia-no Pietro Trifone, sulla scorta di un’ampia documentazione (dalle cele-bri battute di A. Sordi ai funambolismi verbali di Totò, dal “post-ses-santottismo” di N. Moretti alle freddure in italiano e in dialetto di tanticomici), dimostra come molti dei nostri film abbiano dato un significa-tivo contributo alla memoria collettiva e alla lingua comune degli ita-liani. Inoltre, «il linguaggio filmico dispone di una serie di specificistrumenti e procedimenti semiotici, che collaborano con le strategie

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Presentazione 15

propriamente testuali al fine di conseguire il tipo di suggestione ricer-cato». Ciò indubbiamente accresce la capacità di raggiungere le masse,dimostrata da questo medium popolare e di lunga tradizione.

Ancora al cinema o, meglio, alla critica cinematografica d’autore,si rivolge Matteo D’Arienzo, 77 brevi prose: Luzi critico cinemato-grafico. Inserite in una tipologia testuale, queste recensioni rivelano icaratteri linguistici, stilistici e testuali che sono a monte della loro effi-cace breviloquenza. Anche se rappresentano un segmento marginaledell’opera di Luzi, queste rapide note permettono di osservare, da unpunto di vista piuttosto particolare, la lingua dell’autore.

In un utile confronto con il contributo di M. D’Arienzo, si può leg-gere il saggio di Juan Carlos de Miguel, Las crónicas teatrales deMarcos Ordóñez en el diario “El país”, una ricerca riguardante lascrittura breve di uno dei più noti critici teatrali della Spagna dei nostrigiorni. In possesso di uno stile molto particolare, Ordóñez riesce acomunicare – per così dire – il massimo con il minimo, ricavandodalla lingua i più vari registri e mescolandoli tra loro secondo il gustodi un’alchimia postmoderna. Su una base di lingua colta si distendonoconiazioni espressive, giochi linguistici, colloquialismi e modi popola-ri: tutti questi elementi accrescono la comunicatività di un messaggiosempre percorso da un’evidente vena ironica.

Per dar notizia delle novità librarie, la stampa di oggi preferiscel’intervento breve, icastico, che racchiude il succo dell’opera nel girodi poche frasi, o addirittura di un’unica frase (spesso brillante e spiri-tosa). Elisa De Roberto, Descrivere un libro in 25 parole: aspetti dellerecensioni brevi, approfondisce i caratteri di questa tecnica, che sivale del coinvolgimento di vari livelli dell’analisi linguistica: frasisemplici tra loro coordinate, frasi nominali, frequente uso del discorsoriportato (si tratta per lo più di citazioni tratte dal testo recensito). Latestualità ellittica e i toni allusivi richiedono la continua cooperazionedel lettore.

Il saggio di Gudrun Held, L’esca in edicola: la copertina di setti-manali come testo breve fornisce un’altra prova del fatto che, nelnostro tempo, sono soltanto i testi brevi ad avere una ragionevole pos-sibilità di richiamare l’attenzione di un pubblico, continuamente fra-stornato da un’informazione onnipresente e invasiva. I caratteri dellabrevitas, fattore determinante di una cultura essenzialmente “promo-zionale”, sono indagati nelle multicolori covers di alcuni settimanalidi diffusione nazionale, mediante strumenti semiotico-linguistici chetengono conto, al tempo stesso, della cornice sociologica e psicologi-ca in cui titoli e sottotitoli “gridati” sono messi in mostra.

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Scrivendo e gridando ti dico di no. I testi brevi del dissenso manife-sto di Antonella Stefinlongo esamina una serie di scritture esposte e dicomunicazioni orali di vario tipo; le une e le altre indicano il dissensopolitico espresso nei riguardi delle istituzioni da varie parti e gruppi nelcorso degli ultimi anni in Italia. L’analisi focalizza vari tratti significati-vi della lingua e dello stile: «la struttura sintattica deve seguire, possi-bilmente un andamento lineare, paratattico, tale da consentire una deco-dificazione immediata degli elementi linguistici e una loro altrettantorapida memorizzazione e oralizzazione corale». Inoltre, sono eviden-ziate quelle «tecniche retoriche che consentono di sfruttare al meglio lecapacità fonosimboliche, ritmiche ed emozionali della lingua».

Come appare da questa rapida esposizione, i temi trattati nel Conve-gno appartengono a vari ambiti. Il presente volume si aggiunge, ci sem-bra dignitosamente, alla bibliografia riguardante le forme brevi (soprat-tutto dello scritto, ma anche del parlato). Infine ci sia concesso di espri-mere un altro motivo di soddisfazione. Nel presentare gli atti di un con-vegno ci si augura che l’iniziativa abbia un seguito, che qualcuno sappiariprendere il filo (i fili) del discorso. Orbene: questa volta abbiamo avutofortuna! Mentre queste pagine stanno per andare in stampa, le due colle-ghe e amiche Gudrun Held e Sabine Schwarze c’informano che, nel giu-gno del 2009, ad Augsburg, ci sarà un “Testi brevi 2. Teoria e praticadella testualità nell’era multimediale”. Un plauso alle due brave e solertiorganizzatrici.

Il finanziamento del Convegno è stato voluto dal Dipartimento diItalianistica dell’Università degli studi Roma Tre e dai due direttoriche in questi ultimi anni si sono susseguiti alla guida della struttura: ilprof. Paolo D’Achille e la prof. Ornella Moroni. La pubblicazione diquesti Atti si è giovata anche di un contributo del Dipartimento diRicerca linguistica, letteraria e filologica dell’Università degli studi diMacerata. Siamo grati a coloro che hanno creduto in questa iniziativae che l’hanno attivamente sostenuta. Un ringraziamento va anche adalcuni cari amici, Adriana Pelo, Maurizio Fiorilla e Francesco Bianco,i quali, in vari modi, hanno giovato alla buona riuscita delle tre giorna-te romane.

I curatori

Roma, novembre 2008

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Parte I:

Spazi teorici

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Giulio Ferroni (Roma La Sapienza)

VITE BREVI

Come ha suggerito Michail Bachtin, è la percezione della “mortedell’altro” a rendere possibile l’individuazione del personaggio, lapercezione di una “vita” individuale chiusa in se stessa e come talenarrabile nella sua interezza o comunque nella sua specificità, nel suovalore di esperienza definitivamente fissata, «tel qu’en soi même enfinéternité le change», per citare il verso iniziale del Tombeau d’EdgarPoe di Mallarmé, particolarmente caro a Proust e poi a GiacomoDebenedetti. Alla narrazione della vita dei personaggi fittizi fa da con-traltare (non siamo certo in grado di dire se la precede: ma certo la ali-menta, la nutre con i suoi modelli) quella degli uomini illustri, di per-sonaggi reali (o supposti tali), la cui immagine viene fissata e raccon-tata da dopo: riconosciuti e proposti a modello in quanto “divenuti”,definitivamente “cambiati” dall’eternità in un’identità finale. Quellodei De viris illustribus, da Cornelio Nipote a Suetonio a San Girolamoa Gennadio di Marsiglia a Isidoro di Siviglia a Petrarca (a cui siaggiungono le varie raccolte di Vite, da Plutarco a Vespasiano daBisticci a Paolo Giovio a Vasari), costituisce un modello formale chesi è sviluppato con una lunghissima tradizione, con raccolte variamen-te articolate di “vite” di dimensioni diverse, ma in cui acquista notevo-le rilievo la forma breve, fino ad un’estrema concisione, che può arri-vare a pochissime righe, specialmente quando mancano quasi del tuttoinformazioni adeguate. La concisione sembra d’altra parte costituire ildato più arcaico, trovando la sua forma esemplare negli epigrammi(con gli eventuali brevi testi di commento) che accompagnavano leimagines di uomini famosi: è il caso della raccolta di 700 immagini diVarrone (portata a termine nel 39 a.C.), dove la narrazione della vita siponeva in forma necessariamente breve, insieme all’epigramma, comesostegno / spiegazione del ritratto del singolo personaggio.

Questo rapporto della vita “breve” con il ritratto si riproporrà anco-ra in Petrarca, che intorno alle biografie del suo De viris illustribuslavorò in varie fasi della sua esistenza: in una prima fase (1338-1339)

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lavorò su personaggi della Roma antica (con alcune biografie assaibrevi, ma anche con altre, e specialmente quella di Scipione, di parti-colare ampiezza); in una seconda fase (forse nel 1351) toccò perso-naggi biblici e del mito greco; e infine nei suoi ultimi anni arrivò acomporre un’epitome del più vasto De viris (Quorundam clarissimo-rum heroum epithoma), completata da Lombardo della Seta, destinataa illustrare la decorazione della sala del palazzo di Francesco da Car-rara a Padova, e ne intraprese anche un’ulteriore riduzione, un com-pendium, anch’esso completato da Lombardo della Seta. E non vadimenticato, vero e proprio controcanto all’impresa di Petrarca, quel-la, rivolta all’universo femminile (non casualmente, da chi alle donneaveva destinato il Decameron), del De mulieribus claris del suo amicoBoccaccio

Nella molteplicità di biografie e ritratti accumulatisi nella tradizio-ne (da non trascurare, ovviamente, l’ampio settore delle vite dei santi,o quello delle vite che accompagnano particolari generi letterari, comele Vidas dei trovatori, o i per noi più familiari necrologi, coccodrilli,obituaries, ecc.), si può riconoscere tutta una tipologia delle misure delmodello biografico, dalla forma più ampia, articolata e distesa, a quel-la più breve e concisa, da autori che si impegnano in biografie singole,che dedicano l’attenzione ad un solo personaggio (si ricordi la Vita diCastruccio Castracani di Machiavelli), a costruzioni di ampie opere/repertorio, spesso con ambizioni enciclopediche (in cui le singole bio-grafie possono assumere anche misura breve o brevissima: vastissimaè la gamma dei repertori eruditi, fino ai dizionari biografici, alle vocidelle moderne enciclopedie, alle nuove forme di enciclopedie digitali,telematiche, ipertestuali). Al modello classico dei De viris illustribus edelle vite fissate in costruzioni enciclopediche o in repertori specializ-zati (vite di scrittori, di artisti, di ecclesiastici, ecc.) si affiancanoforme irregolari ed atipiche, che dalla presentazione degli eventi stori-ci, delle grandi imprese, dei fatti gloriosi o eccessivi, evadono versoaneddoti o particolari marginali: così i brevi profili del secentescoJohn Aubrey, venuti alla luce nel 1898 con il titolo Brief lives chieflyof Contemporaries, e subito ammirati da Marcel Schwob, già autoredelle singolari e affascinanti Vies imaginaires (1896). E tra l’altro unaPréface alla raccolta di Schwob fu saccheggiata da D’Annunzio nellapremessa alla Vita di Cola di Rienzo (apparsa in tre puntate sullanuova rivista «Il Rinascimento», 1905-1906: molto più ampia la pre-messa, indirizzata ad Annibale Tenneroni, nell’edizione in volume del1912), che voleva essere il primo pezzo (ma fu il solo composto) diuna raccolta di Vite di uomini illustri e di uomini oscuri: ed è di non

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trascurabile interesse il fatto che D’Annunzio parli del proposito «diaccostare agli uomini illustri taluni uomini oscuri ch’io conobbi dapresso e guardai intentissimo, specie quelli che più squallida passionesostennero per aver mancato alle loro alte sorti o per aver peccato con-tro sé mortalmente. O forse farò una invenzione d’una figura per rac-contare coperto alcuna delle mie vite segrete»1. La Vita di Cola diRienzo, vera e propria riscrittura della celebre Cronica dell’Anonimoromano, ha comunque una misura piuttosto ampia. Ma se teniamoconto del richiamo dannunziano agli uomini oscuri e ad un possibileintreccio tra dati storici e dati autobiografici (le mie vite segrete), e seconsideriamo il possibile sovrapporsi di vite reali e vite immaginarie,destinato a produrre ogni sorta di deviazione (sia nella struttura chenelle dimensioni) dal modello biografico De viris illustribus, possia-mo trovare anche nelle battute dello scrittore abruzzese qualche pre-supposto di alcuni esperimenti biografici del tardo Novecento che neiloro stessi titoli si pongono in contraddizione e in paradossale conti-nuità con quell’antica tradizione.

Ad un determinato rovesciamento fa già pensare il titolo di un bel-lissimo libro dello scrittore francese Pierre Michon, Vies minuscules(1984): otto vite di personaggi sconosciuti del luogo d’origine dell’au-tore, la Creuse, personaggi marginali evocati in ciò che di loro hapotuto sapere la voce narrante (l’autore?), che li ha sfiorati, incontrati,ne ha avuto notizia nella sua infanzia e giovinezza. Nelle tracce diqueste vite si afferra la consistenza di un duro mondo contadino che siè andato trasformando e perdendo nel volgere del secolo: qui le imma-gini delle piccole vite emergono da un intreccio di ricordi e di imma-ginazioni, su di uno sfondo autobiografico, su di una continua interro-gazione del disperdersi e vanificarsi dell’esperienza, dell’illusoria maessenziale densità dei rapporti umani. I ritratti dei personaggi affiora-no da situazioni sempre diverse; delle loro vite traspaiono soltantoquei tratti che la voce narrante è riuscita ad afferrare o ipotizzare. Siaffacciano ipotesi contrastanti su vicende, intenzioni, progetti, esiti,destini, e spesso il ricordo si volge verso un esplicito ambito “immagi-

1 G. D’Annunzio, Prose di ricerca, a cura di A. Andreoli e G. Zanetti, tomosecondo, Mondadori, Milano, 2005, p. 1995. Nella sua costruzione D’Annunziointende rifarsi all’«arte latina della biografia: che non è se non l’arte di scegliere ed’incidere tra i lineamenti innumerevoli delle nature umane quelli che esprimono ilcarattere, che indicano la più rilevata o profonda parte dei sentimenti e degli atti edegli abiti, quelli che appariscono i soli necessarii a stampare una effigie che nonsomigli ad alcun’altra» (cit., pp. 1990-1991).

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nario”. Nomi, date, luoghi, circostanze vengono comunque registratiin termini precisi, ma nei contesti più diversi e senza seguire nessunordine precostituito. Siamo evidentemente ben lontani dai formularidei De viris illustribus: il linguaggio dal lessico fortemente rilevato edalla sintassi densa e avvolgente sfugge ad ogni effetto di pura regi-strazione. La misura delle singole vite non è omogenea: dipende ognivolta dall’investimento autobiografico e dallo spessore delle situazionievocate; si può andare da circa quaranta pagine a meno di dieci, men-tre, comunque, se la misura non è sempre letteralmente “breve”,l’aggettivo minuscules del titolo finisce inevitabilmente per chiamarein causa la stessa misura del racconto, anche se di per sé intenderebbeconnotare soltanto l’orizzonte delle esistenze dei personaggi in que-stione e del loro “minuscolo” mondo.

In termini esplicitamente parodici il rapporto con la tradizione èindicato nel titolo stesso delle Vite degli uomini non illustri di Giu-seppe Pontiggia, 1993 (che ricalca quello delle Vitae virorum illu-strium di Paolo Giovio): si tratta di un libro nato direttamente dallacultura classica dell’autore, dalla sua passione per i dizionari biogra-fici e dalla casuale sollecitazione del catalogo di una libreria antiqua-ria, che vedeva succedersi nell’ordine i titoli delle Vite brevi di uomi-ni eminenti di Aubrey, delle Vite parallele di Plutarco, delle Viteimmaginarie di Schwob. Pontiggia presenta diciotto vite immaginariedi personaggi qualunque, anche queste vies minuscules, con precisio-ne di registrazione anagrafica, seguendone tutto l’arco in ordine cro-nologico, dalla nascita (con diretta indicazione del contesto familiaree talvolta anche del tipo di parto) alla morte (con vero e proprio refer-to sulle cause e sulle circostanze del decesso), con attenzione ai pic-coli eventi e rapporti di esistenze completamente inserite in orizzontiborghesi e piccolo borghesi in tutto l’arco del Novecento, con svaria-te proiezioni oltre, nel nuovo secolo/ millennio (di vari personaggi siproietta la morte molto più in là rispetto alla pubblicazione del libro:così di Bertelli Claudia, Una goccia nell’oceano divino, essa si fissaaddirittura al 3 agosto 2018). In una scrittura che si muove variamen-te e ironicamente verso la misura del rendiconto annalistico, dellacronaca, delle formule burocratiche, della voce di enciclopedia odizionario, del linguaggio semicolto e familiare, dei luoghi comunicollettivi, della varia circolazione della lingua dei media, le Vite diPontiggia sembrano voler rendere storicamente memorabile ciò chedi per sé non lo è: nell’estrema concisione della sintassi, nel dominioquasi totale della paratassi, nell’uso prolungato del tempo presente(un presente non propriamente storico/ narrativo, ma quasi fotografi-

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co, da registrazione burocratica) fanno risaltare in piena luce la con-cretezza di piccole storie e vicende, la schematica semplicità deglioggetti e dei rapporti quotidiani di cui sono fatte queste vite, le illu-sioni su cui spesso esse si reggono, il loro costante adeguarsi amodelli sociali non compresi e non dominati fino in fondo, il loroinevitabile precipitare verso una fine. La dimessa banalità con cuitanti individui hanno attraversato porzioni più o meno ampie delNovecento trova la sua naturale collocazione nel ritmo breve e rapidodella biografia. Il titolo di ogni pezzo sintetizza qualche caratteredella vita del personaggio, che la inquadra entro atteggiati significatio dimensioni simboliche (Viaggio alle sorgenti del Nilo, Iside, Lastrada nel bosco, ecc.): e l’ordinato sviluppo del resoconto biograficoè preceduto da un’epigrafe con appropriata citazione letteraria e dallafissazione del nome del personaggio nel burocratico ordine cognome+ nome. La velocità della forma breve, il rapido susseguirsi dentro diessa dei dati, delle date, dei piccoli eventi che si svolgono comunqueentro il turbine rovinoso della grande storia, che ne subiscono i mar-gini, sembra come corrispondere al precipitare del tempo, all’inevita-bile esaurirsi di quelle vite segnate da un “non sapere”: i diversi per-sonaggi (insieme ai loro familiari e a quanti ne condividonol’esistenza) sembrano costituiti da una sproporzione tra l’immagine disé (la costruzione immaginaria della propria identità, i desideri e leambizioni che essa comporta), e occasioni, possibilità, esiti reali;sproporzione che quasi sempre essi si ostinano a non vedere, sfug-gendo ad un vero confronto con il mondo materiale e sociale che laimpone, ma inevitabilmente piegandosi al suo peso. Questo movi-mento di non coscienza e di illusione può dare esiti di comicità allostesso tempo leggera e crudele, nell’osservazione degli ambiti in cuiregolarmente si svolge la vita di questi personaggi: l’amore e il sesso(matrimoni felici e infelici, fedeltà ostinate e tradimenti nascosti, maquasi sempre con un senso di non risoluzione, di non riconoscimento,di estraneità); la famiglia nella sua costruzione e nella sua continuità,con i contrasti e le difficoltà dei rapporti tra le generazioni, nella mol-teplicità dei fili che collegano padri e figli, madri e figli, fratelli esorelle, ecc.; il lavoro, con la vita operosa di onesti e rigorosi profes-sionisti, costruttori di solide fortune, ma anche artefici di rovinosi fal-limenti; l’identità sociale, con l’adesione totale ai valori collettivi ealla morale borghese e piccolo borghese o al contrario con inopinatetrasgressioni e cadute nel disonore; la ricerca di un altrove convenzio-nale, suggerito da artificiosi modelli sociali, modesto e provincialebovarismo.

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I limiti e i passi essenziali di ogni vita sono fissati in date memo-rabili, che talvolta si incontrano, dal loro piccolo e marginale univer-so, con date cruciali della storia: ne possono sortire inopinate combi-nazioni, come la data della morte di Terzaghi Mauro (Il bastone diMogano), che ha luogo «il 24 ottobre 1942, la prima notte in cuibombardarono Milano»2. Nel secco procedere dei dati e degli eventisi insinuano frammenti dei pochi dialoghi che hanno avuto un valorerisolutivo nella vita del personaggio in questione, e alcune banalissi-me frasi che restano memorabili per il soggetto e eventualmente perla sua famiglia, come quella che lo stesso Terzaghi ha proferitodurante una gita in barca nella rada di Lierna alla signorina EnzaPozzoli, giovane «spregiudicata» e sportiva che poi è divenuta suamoglie («E lui le dice ammirato la frase che resterà memorabile negliannali della famiglia:/ “Signorina, lei ha la remata classica.”»)3. Sonoi lacerti di vita più convenzionali, le parole e gli oggetti più esterioried inerti a dare un senso a queste esistenze, a reggere il loro rapidoscorrere nel mondo e nel tempo; così Corridoni Alfredo (Scarpe spe-ciali), basso di statura e schiacciato dalla superiorità dell’aitante fra-tello, ha comunque un eccezionale successo con le donne, grazieall’uso accorto di una frase banalissima e ingannevole: «Ha trovatouna frase che incuriosisce e che lui non rivela neanche agli amici,perché non gli rubino il segreto: “Io ho capito qualcosa di te”. Fun-ziona sempre. Lui non sa quasi mai che cosa ha capito, ma sente cheè un particolare un po’ strano, un po’ misterioso e torbido, una vogliainsieme di pulito e di sporco che lui differisce sempre di chiarire, fin-ché, la prima volta che fanno l’amore, è come se si svelasse da sé»4.Simmetrie, coincidenze, combinazioni, legate sempre alle misureconvenzionali di queste esistenze e del mondo in cui si svolgono, nonfanno che sottolineare la loro casuale e quasi allucinata normalità:così Buti Umberto (Incontrarsi), che ostinatamente ha rifiutato lacultura letteraria e classica che il padre cercava di inculcargli, si tro-verà in vecchiaia, come paradossalmente tornando bambino, a «leg-gere le favole di Fedro con la traduzione interlineare di Chiarini»,con questa reazione: «Quanta verità. È stupito di trovarla così acces-sibile. Così semplice. Forse è stata l’ombra di suo padre a tenerlo

2 Cito dal Meridiano delle Opere di Pontiggia, a cura e con saggio introduttivo diD. Marcheschi, Mondadori, Milano 2004, p. 1115.

3 Opere, cit., p. 1112.4 Opere, cit., p. 1154.

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lontano dai classici. Ma ormai è tardi»5. Nella vita di Molteni Franca(La presenza scenica) si segue l’esistenza di una piccolo borghesedella provincia lombarda che ha affidato la propria identità al ricordodella passione culturale del padre nemmeno conosciuto (il quale col-lezionava libri su Napoleone) e soprattutto ad un’esperienza teatralefatta nella giovinezza e presto abbandonata, ma rimasta nel ricordo asegnare un senso di distinzione, un piccolo, banale, illusorio convin-cimento di un proprio valore personale, un affidarsi a «sogni» cheella è convinta di avere ereditato dal padre: in comico contrasto conil succedersi di eventi del tutto comuni, da un matrimonio senzaamore, alla condizione di vedova di guerra, ai sacrifici per il mante-nimento e l’educazione dei figli. La umile semplicità di questa vita«teatrale» è come evidenziata per contrasto dall’epigrafe iniziale,attinta ad una lettera di Eleonora Duse («Si ama come si ama e si èartisti come si sente»), che sembra illuminare il carattere illusorio del“sentire” su cui si regge questa esistenza così elementare, così pienadi illusione e di un’infelicità che rifiuta di prendere coscienza di sé.L’illusione di sé, la faticosa costruzione di identità comunque votateall’evanescenza, che lo sguardo del biografo apparentemente impas-sibile registra nella sua impenetrabile e fragile chiusura, tra derisionee pietà, è la cifra in cui si raccoglie il senso di queste vite di questiuomini e donne non illustri.

Un passo ulteriore solo a un anno di distanza (1994) ci porta dallaallucinata elementarità di queste esistenze così integralmente “norma-li” (normali anche nelle loro anomalie, nelle loro evasioni e trasgres-sioni) agli svolgimenti maniacali delle Vite brevi di idioti di ErmannoCavazzoni, che si presenta come «il calendario di un mese», formatoda trentuno pezzi (quanti sono appunto i giorni del mese) seguiti daun breve Epilogo in soprannumero. Nella presentazione Al lettorel’autore afferma che «ogni giorno porta la vita di una specie di santo,che patisce e gode come i santi tradizionali. Poi il nostro mese fini-sce, perché a questo mondo tutto deve finire, anche le nostre brevivite di idioti»6. Sulle vite di questi idioti si proietta così la scansionerituale delle vite dei santi: essi appaiono in realtà come figure di santiparadossali, la cui santità consiste in una disposizione a vivere ilmondo alla rovescia, ad organizzare l’esistenza in funzione di qual-che mania particolare, di qualche passione abnorme, di una dilatazio-

5 Opere, cit., pp. 1137-1138.6 E. Cavazzoni, Vite brevi di idioti, Feltrinelli, Milano 1994, p. 7.

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ne di aspetti marginali o casuali della realtà. Gli idioti mettono al cen-tro di se stessi e della propria esperienza cose, abitudini, predilezioniche per gli individui normali sono insignificanti, inessenziali, perico-lose; e lo fanno con uno spirito sistematico e consequenziario, proce-dendo senza esitazioni verso gli esiti estremi a cui queste scelte liconducono. In questo modo essi svelano l’altra faccia della realtà edella normalità, fanno esplodere la follia che giace sottol’intelligenza, la parte di follia che è in ciascuno di noi; indicano inanticipo, spesso con una mite tenerezza, la strada di follia a cui sem-bra tendere l’intera civiltà umana.

Del resto, nella stessa presentazione Al lettore, Cavazzoni sugge-risce che, dopo i trentuno giorni di queste Vite, il calendario potrebbeproporre altri mesi o anche ricominciare da capo, «forse su un altropianeta; ma ogni volta l’umanità è di un gradino più idiota. Forse inun lento progresso, di pianeta in pianeta, si giunge all’assoluta e tota-le idiozia, in cui nessuno ricorda più niente, neanche le cose più ele-mentari, come ad esempio sentirsi qualcuno diverso da un sasso o daun meteorite. Questo sarebbe lo stato beato»7. Le singole vite (dallamisura generalmente più breve di quelle di Pontiggia: ce ne sonoanche di due sole pagine) offrono dunque percezioni e stati diversidell’idiozia, che perlopiù si concentrano su momenti particolari del-l’esistenza dei personaggi e comunque non ne seguono mai lo svilup-po completo dalla nascita alla morte. Nei continui stravolgimenti deirapporti consueti tra le cose, la lingua procede veloce e come sospe-sa, quasi a caricare su se stessa, sul proprio ritmo, il filo di idioziaattribuito ai personaggi. La distinzione dei singoli casi, svolta comese volesse condurre ad una paradossale tipologia, fa sì che non sisegua il procedimento annalistico e cronistico: non si scandisce ilsuccedersi degli eventi nella regolarità del tempo, ma si punta sul-l’eccezionalità delle varie deviazioni, che spesso in un singolo pezzochiamano in causa più di un personaggio o addirittura si moltiplicanoin più direzioni (così nel numero 13, Il carnevale del Cinquantasei,si dà come una moltiplicazione di follie originate dalla distribuzionedei nasi finti dal comune di Centanni nel 1956, «la sera di martedìgrasso, per allietare la festa d carnevale degli impiegati»)8. Ogni setteposizioni peraltro (corrispondenti al giorno finale di ogni settimana)ci sono pezzi costituiti da rapide elencazioni di casi diversi di suicidi

7 Vite brevi di idioti, cit., p. 7.8 Vite brevi di idioti, cit., p. 59.

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(Suicidi lavorativi, Suicidi con errore, Falsi suicidi, Gli amanti suici-di), che fanno scorgere la suggestione di antichi almanacchi enciclo-pedici e popolari, in cui potevano trovarsi elenchi di morti strane eparadossali, come quelle dei morti dal ridere o della morte felice, lacui tradizione risale fino all’antichità classica e ha un esito suggesti-vo nel X capitolo del Gargantua di Rabelais, autore peraltro moltoamato da Cavazzoni.

Esempio notevole di pezzo concentrato su di un solo personaggiopuò essere preso dal numero 2, I re magi: l’idiozia di Raffaello Pela-gatti trova il suo centro nella sua passione maniacale per le celebrifigure del Vangelo e dell’immaginario infantile, gli esotici signoridell’Oriente guidati dalla cometa nel loro viaggio per recare doni aGesù Bambino. Questa predilezione dell’idiota per i tre re si appog-gia su di una demenziale teoria, secondo cui Cristo sarebbe un extra-terrestre fatto sbarcare sulla terra proprio dai magi, e agisce comica-mente sull’ambiente in cui egli si trova a vivere: dà luogo ad unaserie di paradossali scambi comici, che prendono di mira la culturapolitica degli anni Cinquanta, il piccolo mondo delle sezioni del Par-tito Comunista Italiano, i conflitti tra comunisti e cattolici. La comi-cità sprigiona in primo luogo dal tentativo del Pelagatti di conciliarela propria fede e la propria bislacca teoria sui re magi con il marxi-smo, dagli incontri e scontri che egli si trova ad avere sia con i com-pagni di partito che con il clero cattolico, fino alla sua amichevolefrequentazione di un prete strambo che sostiene che Marx ed Engelsnon siano mai esistiti ed è a lui legato anche dal nome, Pelacani, dop-pio e rovescio comico di quello di Pelagatti.

Come esempio dei pezzi sui suicidi, che moltiplicano dentro di séil gioco seriale su cui è costruito l’insieme delle Vite brevi di idioti,ricordo Suicidi lavorativi, catalogo di diciassette casi di suicidi para-dossali, veri o presunti, i cui soggetti si sono sempre avvalsi per ucci-dersi degli strumenti e delle condizioni del proprio lavoro. Si tratta diuna stramba galleria, in cui si alternano situazioni di elementare sem-plicità (come quella del sarto che si impicca con il metro da sartoria)ad altre più complesse ed elaborate. Questo orizzonte non escludemomenti acutamente satirici, come è il caso del poeta, che mette inridicolo certe sperimentazioni di poesia elettronica, indicando nel suosuicidio col gas l’affermazione di un globale senso drammatico perla sua poesia senza senso. Varie del resto sono nel libro le situazioniin cui l’idiozia si riconduce a matrici culturali: come nel caso del pit-tore che dipinge soltanto delle righe sempre uguali e giura che si trat-ta della sua autobiografia, spalleggiato da un critico che individua in

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quelle composizioni «un elemento tenebrico» (è 11. Il pittore Cimet-ta, «nativo di Orte ma residente ad Orvieto»)9. O ancora in quello di30. Il romanziere realista, su un tale che appunto «si riteneva scritto-re realista. Perciò scriveva tutto quello che gli capitava. Si chiamavaVincenzo, ma nel romanzo compariva con il nome di Ernesto. Tuttociò che faceva, lo faceva ai fini di scriverlo» 10. La scrittura el’esistenza di costui sono scandite da una serie di fogli in cui si regi-strano sempre le stesse vicende: girare per la città, entrare in un caffèe rimanervi seduto ad un tavolino, fumando e partecipando alla vitadel caffè. È in fondo il sogno della coincidenza tra vita e scrittura,che agita sotterraneamente tanta letteratura grande e piccola: unsogno che da moltissimi scrittori è stato attraversato nei modi piùdiversi e contrastanti, dal rigore più assoluto ed eroico alla più banalesuperficialità, ma di cui Cavazzoni scopre qui quasi con nonchalancetutta la stralunata assurdità.

9 Vite brevi di idioti, cit., p. 53.10 Vite brevi di idioti, cit., p. 137.