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L’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali Azione penale ed esecuzione penale Il meccanismo dell'esecuzione delle pene detentive (art. 656 c.p.p.) a) condannato in custodia cautelare per lo stesso titolo da eseguire b) condannato in stato di custodia cautelare in carcere per altro fatto c) condannato detenuto per lo stesso o diverso titolo - equiparazione al detenuto del latitante e dell’evaso d) condannato agli arresti domiciliari (art 656.10 c.p.p.) e) condannato in espiazione di pena detentiva già ammesso a misura alternativa f) Il condannato tossicodipendente l’ordine di esecuzione

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L’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali

Azione penale ed esecuzione penale

Il meccanismo dell'esecuzione delle pene detentive (art. 656 c.p.p.)

a) condannato in custodia cautelare per lo stesso titolo da

eseguire

b) condannato in stato di custodia cautelare in carcere per altro

fatto

c) condannato detenuto per lo stesso o diverso titolo -

equiparazione al detenuto del latitante e dell’evaso

d) condannato agli arresti domiciliari (art 656.10 c.p.p.)

e) condannato in espiazione di pena detentiva già ammesso a

misura alternativa

f) Il condannato tossicodipendente

l’ordine di esecuzione

2

Azione penale ed esecuzione penale

Il Pubblico Ministero oltre ad essere titolare dell’azione penale, è promotore

dell’esecuzione penale.

Infatti, ha il compito di curare d’ufficio l’esecuzione dei provvedimenti, proporre le sue

richieste al giudice competente e intervenire in tutti i procedimenti di esecuzione.

Già il datato Ordinamento Giudiziario (R.D. 30 gennaio 1941, n. 12) prevede tra le

attribuzioni del PM l’esecuzione del giudicato.

Dispongono infatti testualmente gli artt. artt. 73 e 78 dell’Ordinamento giudiziario

73. (Attribuzioni generali del pubblico ministero). Il pubblico ministero ...fa eseguire i

giudicati ed ogni altro provvedimento del giudice, nei casi stabiliti dalla legge.

Art 78. (Attribuzioni del pubblico ministero nel processo di esecuzione). Il pubblico

ministero promuove la esecuzione delle sentenze e degli altri provvedimenti del giudice

penale, secondo le disposizioni del codice di procedura penale e delle leggi a questo

complementari.

Le sentenze e gli altri provvedimenti del giudice civile sono fatti eseguire di ufficio dal

pubblico ministero nei casi preveduti dalla legge.

La predetta funzione non ha subito sostanziali mutamenti all’entrata in vigore del nuovo

codice di procedura penale del 1988.

Infatti, l’art. 655 c.p.p. prevede che “Salvo che sia diversamente disposto, il pubblico

ministero presso il giudice indicato nell’articolo 665 cura di ufficio l'esecuzione dei

provvedimenti.

Il pubblico ministero propone le sue richieste al giudice competente e interviene in tutti i

procedimenti di esecuzione.

La svolta della predetta funzione si è avuta con l’approvazione della L. 27 maggio 1998

n. 165, meglio conosciuta come legge Simeone - Saraceni, che ha attribuito al PM il

compito di curare per intero la fase dell’esecuzione, affidando ad esso una serie di poteri

- doveri di verifica di situazioni di fatto e di diritto e, soprattutto, di essere garante di una

3

corretta informazione del condannato in ordine alle misure alternative alla detenzione

previste dall’ordinamento, applicabili in astratto al caso specifico.

In particolare, la L.165/1998 ha dato rilievo automatico alla possibilità per il condannato

di espiare la pena detentiva nelle forme previste dalla Legge, ricorrendone i presupposti,

istituzionalizzando il collegamento tra esecuzione penale e misure alternative

all’esecuzione penitenziaria, trasferendo queste ultime dall’ambito per così dire

dispositivo – in quanto era rimesso alle scelte del condannato - a quello obbligatorio, di

competenza del pubblico ministero, organo come detto promotore dell’esecuzione.

Infatti, è previsto, in via generale, l’obbligo per il pubblico ministero di sospendere

l’ordine di esecuzione in tutti i casi - salvo eccezioni - in cui il limite di pena residua è

uguale o inferiore ai tre anni (sei, in alcuni casi), prevedendo al contempo, il dovere di

informare il condannato della possibilità di ottenere misure alternative da parte della

competente autorità giudiziaria.

Inoltre, in caso di presentazione di debita istanza entro i termini, dovrà assicurare l'avvio

del procedimento di sorveglianza facendosi tramite per l'inoltro della stessa al giudice

competente.

Peraltro nel caso di condannato agli arresti domiciliari dovrà addirittura attivare d’ufficio il

procedimento di sorveglianza per la valutazione dell’applicabilità di una misura alternativa

alla detenzione.

Appare quindi di fondamentale importanza conoscere il funzionamento del procedimento

esecutivo delle pene detentive, dovendo l’operatore di giustizia – giudice, pm, avvocato -

prevedere già nella fase procedimentale le conseguenze che la presenza di determinati

reati e determinate pene comportano riguardo la procedura di esecuzione.

Il meccanismo dell'esecuzione delle pene detentive (art 656 c.p.p.)

L’art. 656 c.p.p., prevede un articolato e complesso meccanismo di esecuzione della pena

detentiva, basato su una macro divisione, per così dire quantitativa, tra condanne a pena

detentiva superiore a tre anni (sei anni, nei casi di cui agli artt. 90 e 94 T.U. Stupefacenti)1

1 Art. 90, D.P.R. 9.10.1990, n. 309) - Sospensione dell'esecuzione della pena detentiva. 1. Nei confronti di persona che debba espiare una pena detentiva inflitta per reati commessi in relazione al proprio stato di

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- nel qual caso deve essere emesso l’Ordine di Esecuzione e Carcerazione (OC) - e

tossicodipendente, il tribunale di sorveglianza può sospendere l'esecuzione della pena detentiva per cinque anni qualora, all'esito dell'acquisizione della relazione finale di cui all'articolo 123, accerti che la persona si è sottoposta con esito positivo ad un programma terapeutico e socio-riabilitativo eseguito presso una struttura sanitaria pubblica od una struttura privata autorizzata ai sensi dell'articolo 116. Il tribunale di sorveglianza, qualora l'interessato si trovi in disagiate condizioni economiche, può altresí sospendere anche l'esecuzione della pena pecuniaria che non sia stata già riscossa. La sospensione può essere concessa solo quando deve essere espiata una pena detentiva, anche residua e congiunta a pena pecuniaria, non superiore a sei anni od a quattro anni se relativa a titolo esecutivo comprendente reato di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. 2. La sospensione della esecuzione non può essere concessa e la relativa domanda è inammissibile se nel periodo compreso tra l'inizio del programma e la pronuncia della sospensione il condannato abbia commesso altro delitto non colposo punibile con la reclusione. 3. La sospensione dell'esecuzione della pena rende inapplicabili le misure di sicurezza nonché le pene accessorie e gli altri effetti penali della condanna, tranne che si tratti della confisca. La sospensione non si estende alle obbligazioni civili derivanti dal reato. 4. La sospensione della esecuzione della pena non può essere concessa più di una volta. 4-bis. Si applica, per quanto non diversamente stabilito ed ove compatibile, la disciplina prevista dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Art. 94, D.P.R. 9.10.1990, n. 309) - Affidamento in prova in casi particolari. 1. Se la pena detentiva deve essere eseguita nei confronti di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi, l'interessato può chiedere in ogni momento di essere affidato in prova al servizio sociale per proseguire o intraprendere l'attività terapeutica sulla base di un programma da lui concordato con un'azienda unità sanitaria locale o con una struttura privata autorizzata ai sensi dell'articolo 116. L'affidamento in prova in casi particolari può essere concesso solo quando deve essere espiata una pena detentiva, anche residua e congiunta a pena pecuniaria, non superiore a sei anni od a quattro anni se relativa a titolo esecutivo comprendente reato di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Alla domanda è allegata, a pena di inammissibilità, certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da una struttura privata accreditata per l'attività di diagnosi prevista dal comma 2, lettera d), dell'articolo 116 attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza, la procedura con la quale è stato accertato l'uso abituale di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche, l'andamento del programma concordato eventualmente in corso e la sua idoneità, ai fini del recupero del condannato. Affinché il trattamento sia eseguito a carico del Servizio sanitario nazionale, la struttura interessata deve essere in possesso dell'accreditamento istituzionale di cui all'articolo 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, ed aver stipulato gli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies del citato decreto legislativo. 2. Se l'ordine di carcerazione è stato eseguito, la domanda è presentata al magistrato di sorveglianza il quale, se l'istanza è ammissibile, se sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per l'accoglimento della domanda ed al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, qualora non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza del pericolo di fuga, può disporre l'applicazione provvisoria della misura alternativa. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al comma 4. Sino alla decisione del tribunale di sorveglianza, il magistrato di sorveglianza è competente all'adozione degli ulteriori provvedimenti di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. 3. Ai fini della decisione, il tribunale di sorveglianza può anche acquisire copia degli atti del procedimento e disporre gli opportuni accertamenti in ordine al programma terapeutico concordato; deve altresì accertare che lo stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza o l'esecuzione del programma di recupero non siano preordinati al conseguimento del beneficio. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 92, commi 1 e 3. 4. Il tribunale accoglie l'istanza se ritiene che il programma di recupero, anche attraverso le altre prescrizioni di cui all'articolo 47, comma 5, della legge 26 luglio 1975, n. 354, contribuisce al recupero del condannato ed assicura la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati. Se il tribunale di sorveglianza dispone l'affidamento, tra le prescrizioni impartite devono essere comprese quelle che determinano le modalità di esecuzione del programma. Sono altresí stabilite le prescrizioni e le forme di controllo per accertare che il tossicodipendente o l'alcooldipendente inizi immediatamente o prosegua il programma di recupero. L'esecuzione della pena si considera iniziata dalla data del verbale di affidamento, tuttavia qualora il programma terapeutico al momento della decisione risulti già positivamente in corso, il tribunale, tenuto conto della durata delle limitazioni alle quali l'interessato si è spontaneamente sottoposto e del suo comportamento, può determinare una diversa, più favorevole data di decorrenza dell'esecuzione. 5. L'affidamento in prova al servizio sociale non può essere disposto, ai sensi del presente articolo, più di due volte. 6. Si applica, per quanto non diversamente stabilito, la disciplina prevista dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificata dalla legge 10 giugno 1986, n. 663. 6-bis. Qualora nel corso dell'affidamento disposto ai sensi del presente articolo l'interessato abbia positivamente terminato la parte terapeutica del programma, il magistrato di sorveglianza, previa rideterminazione delle prescrizioni, può disporne la prosecuzione ai fini del reinserimento sociale anche qualora la pena residua superi quella prevista per l'affidamento ordinario di cui all'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354. 6-ter. Il responsabile della struttura presso cui si svolge il programma terapeutico di recupero e socio-riabilitativo è tenuto a segnalare all'autorità giudiziaria le violazioni commesse dalla persona sottoposta al programma. Qualora tali violazioni integrino un reato, in caso di omissione, l'autorità giudiziaria ne dà comunicazione alle autorità competenti per la sospensione o revoca dell'autorizzazione di cui all'articolo 116e dell'accreditamento di cui all'articolo 117, ferma restando l'adozione di misure idonee a tutelare i soggetti in trattamento presso la struttura.

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condanne a pena inferiore ad anni tre - per le quali deve essere emesso Ordine di

Esecuzione e Carcerazione con Sospensione (OCS).

Si sottolinea che ai fini della determinazione del limite massimo di pena entro cui va

disposta la sospensione dell'ordine di esecuzione di cui all'art. 656, comma quinto, cod.

proc. pen., occorre tenere conto della detrazione dovuta all'indulto, per il quale risultino

sussistenti tutte le condizioni di applicabilità, indipendentemente dalla già avvenuta

adozione del relativo provvedimento da parte del giudice2.

Nell’ambito delle condanne a pena detentiva inferiore ad anni tre, sono previste poi una

serie di eccezioni alla regola della sospensione, che tengono in conto “la qualità della

condanna o delle condizioni del condannato”, per le quali non è prevista la sospensione

dell’ordine di carcerazione, situazioni entrambe riconnesse ad una presunzione di

pericolosità del condannato, in quanto ritenuto ex lege non idoneo all’ottenimento dei

benefici penitenziari, seppure condannato con pena inferiore a tre (o sei anni) di

reclusione.

Nel corso del tempo, l’individuazione dei casi di esclusione della sospensione dell’ordine

di carcerazione, che risente in maniera evidente delle scelte di politica criminale e di tutela

della sicurezza, per le quali l’opzione del carcere recupera, anche in presenza di pene

detentive brevi, le sue finalità di repressione e di prevenzione, ha subito notevoli modifiche

sia direttamente, con l’introduzione ad esempio del divieto di sospensione per i condannati

a pena detentiva di durata inferiore a tre anni ma riconosciuti recidivi, ai sensi dell’at. 99,

comma 4, c.p., sia indirettamente, con le modifiche apportate all’art. 4-bis della legge 26

luglio 1975, n. 354.

In forza del rinvio previsto nell'art. 656 comma 9 lett. a) c.p.p. tutte le condanne per i reati

previsti dall’art. 4, bis L. 26 luglio 1975, n. 354, comportano l'ordine di carcerazione

senza sospensione.

Il rinvio dell'art. 656, comma 9, lett. a), c.p. deve intendersi di natura formale, in quanto

non recepisce materialmente la norma richiamata e i suoi presupposti soggettivi di

applicabilità, ma si limita ad affidare alla norma richiamata l'individuazione delle categorie

di delitti, di cui fornisce quindi un elenco che va estrapolato escludendo dalla norma la

parte diversamente dispositiva.

Il novero dei reati di cui all'art. 4 bis L. 354/1975 (legge penitenziaria) - frutto di

2 Cassazione penale , sez. I, 17 giugno 2009, n. 26203 (Conf. sez. I, 4 giugno 2009 n. 24942, Turiello, n.m.)

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integrazioni progressive – riportato in calce - deve considerarsi indifferente circa la data

di modifica dell'elenco (frutto di stratificazioni complessive), posto che la valutazione in

ordine alla non sospensione della pena è retta dal principio processualpenalistico

"tempus regit actum," applicabile a tutti i rapporti esecutivi pendenti al momento della

decisione.

Aspetto interessante assume stabilire se la commissione di uno dei reati indicati nel

citato art. 4 bis, legge penitenziaria, sia idoneo, anche nella forma del tentativo a vietare

la sospensione dell’ordine di carcerazione.

La Giurisprudenza di legittimità esclude infatti dall’ambito di applicazione dell’art.4 bis

ord.penit. i delitti rimasti allo stadio del tentativo3 e prevede altresì lo scioglimento del

cumulo al fine di circoscrivere l’operatività della norma de qua ai soli delitti ivi

contemplati4.

Stesse considerazioni vanno mosse al trattamento severo introdotto dal pacchetto

sicurezza del 2008, che ha esteso il divieto di sospensione dell’esecuzione ai condannati

per i reati di cui agli articoli 423-bis, 624, quando ricorrano due o più circostanze di cui

all’art. 625 c.p., 624-bis c.p., e i delitti in cui ricorre la neo introdotta aggravante dell’avere

commesso il reato in stato di clandestinità sul territorio nazionale, prevista dall’art. 61 n.

11 - bis c.p.

In merito al reato di furto pluriaggravato preme qui evidenziare che, anche se dalla lettura

della norma non appare ictu oculi, il divieto di sospensione dell’esecuzione della pena

detentiva sussiste, oltre nel caso in cui ricorrano due o più delle circostanze aggravanti

contemplate dal primo comma dell’art. 625 c.p., anche nell’ipotesi in cui ad una

aggravante di cui al primo comma concorra altra fra quelle indicate dall’art. 61 c.p., ciò in

quanto non si spiegherebbe un diverso trattamento di esecuzione della pena in ipotesi

delittuose ritenute di eguale gravità e sanzionate in modo analogo5.

Le aggravanti in questione (come pure all’aggravante di cui all’art. 61, comma 1, n. 11-

bis), c.p., introdotta dalla legge n. 125/2008), conformemente al principio valevole per

ogni altra aggravante, dovranno essere ritualmente contestate per produrre l’effetto di

precludere la sospensione dell’esecuzione della pena detentiva. Di contro, appare

3 (cfr. DELLA CASA, Art.1 l.n.165 del 1998; Cass.20 maggio 1993, Scialpi) 4 Cass.sez.Un., 5 ottobre 1999, Ronga; Cass.19 febbraio 1998, Bardanzellu; Cass.21 febbraio 1997, Manzi; Cass.12 giugno 1996, Ghisu; Contra: Cass.11 novembre 1996, Bitti, Cass. 23 aprile 1997, Nolano 5 Degl’Innocenti, Le cause di non sospensione dell’esecuzione della pena detentiva ex art. 656 comma 9 c.p.p. alla luce delle recenti modifiche legislative, in Rass. Pen. Crim.1/2007, pp. 35 e segg.

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sostenibile che, una volta contestate, produrranno l’effetto preclusivo anche qualora

siano state prese in considerazione nell’effettuare il giudizio di bilanciamento, ai sensi

dell’art. 69 c.p., e “ritenute” subvalenti.

Per quanto riguarda l’incidenza della recidiva sulla sospensione dell’esecuzione della

pena detentiva, vi è da dire che con la c.d. Legge Cirielli - L. 5 dicembre 2005, n. 251 - è

stata introdotta la lettera C) all’art. 656, comma 9, c.p.p., che prevede l’esclusione della

sospensione dell’esecuzione della pena detentiva per i condannati già dichiarati recidivi

che, con la sentenza da eseguire, siano stati riconosciuti colpevoli di un altro delitto non

colposo (recidiva reiterata - art. 99, comma 4, c.p.)6.

A tal proposito, occorre rilevare che gli effetti della recidiva reiterata sull’esecuzione della

pena incidono direttamente, indipendentemente dal reato giudicato e dal quantum di pena

inflitta, sulla immediata messa in esecuzione in forma carceraria della condanna.

Occorre comunque che la recidiva sia stata non solo “ritenuta”, ma anche applicata in

concreto, con il relativo aumento di pena o l'avvenuta considerazione nel giudizio di

bilanciamento delle circostanze7.

Ciò poiché l’applicazione della recidiva quoad poenam è “facoltativa” (tranne i casi di cui

all'art. 99, comma 5, c.p.) e, ancorché “ritenuta” sussistente, potrebbe essere esclusa dal

giudice nella determinazione del trattamento sanzionatorio.

La giurisprudenza ritiene univocamente che il divieto di sospensione in esame si applichi

anche ai casi in cui la recidiva sia stata applicata in una sentenza passata in giudicato prima

dell'entrata in vigore della legge, trattandosi di previsione di natura processuale che

6 Art. 99 c.p. -Recidiva. [I]Chi, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, ne commette un altro, può essere sottoposto ad un aumento di un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto non colposo. [II]. La pena può essere aumentata fino alla metà: 1) se il nuovo delitto non colposo è della stessa indole; 2) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso nei cinque anni dalla condanna precedente; 3) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso durante o dopo l'esecuzione della pena, ovvero durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all'esecuzione della pena. [III]. Qualora concorrano più circostanze fra quelle indicate al secondo comma, l'aumento di pena è della metà [IV]. Se il recidivo commette un altro delitto non colposo, l'aumento della pena, nel caso di cui al primo comma, è della metà e, nei casi previsti dal secondo comma, è di due terzi. [V]. Se si tratta di uno dei delitti indicati all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, l'aumento della pena per la recidiva è obbligatorio e, nei casi indicati al secondo comma, non può essere inferiore ad un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto. [VI]. In nessun caso l'aumento di pena per effetto della recidiva può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo.

7 Sez. 4, Sentenza n. 29989 del 26/06/2007 Ce. (dep. 24/07/2007 ) Rv. 236944 Muserra II divieto di sospendere l'esecuzione delle pene detentive brevi in caso di recidiva reiterata è subordinato non già alla qualità di "recidivo" del condannato, bensì alla circostanza che la recidiva di cui all'art. 99, comma quarto, cod. pen. sia stata "applicata", cioè effettivamente valutata in quanto circostanza aggravante soggettiva ed abbia perciò prodotto conseguenze concrete sulla pena irrogata.

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opera nel momento della sua concreta applicazione.

Infatti, la recidiva ha natura mista e non produce solo effetti sostanziali, per i quali vige il

principio di irretroattività, ma anche effetti processuali, essendo ostativa alla concessione

dei benefici penitenziari ed alla sospensione dell'esecuzione, tutelati costituzionalmente

dal principio di razionalità e dal principio di difesa, sempre che la recidiva sia stata

effettivamente valutata in quanto circostanza aggravante soggettiva ed abbia perciò

prodotto conseguenze concrete sulla pena irrogata.

Infine, si precisa che ai sensi dell'art. 4, comma 2, d.l. 30 dicembre 2005, n. 272,

recante, tra l'altro, disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi (G.U.

n. 303 del 30 dicembre 2005), convertito, con modificazioni, in L. 21 febbraio 2006, n. 49

(G.U. n. 45 del 27 febbraio 2006), «La disposizione di cui alla lettera e) del comma 9

dell'articolo 656 del codice di procedura penale non si applica nei confronti di

condannati, tossicodipendenti o alcooldipendenti, che abbiano in corso, al momento del

deposito della sentenza definitiva, un programma terapeutico di recupero presso i servizi

pubblici per l'assistenza ai tossicodipendenti ovvero nell'ambito di una struttura autorizzata

nei casi in cui l'interruzione del programma può pregiudicarne la disintossicazione. In tale

caso il pubblico ministero stabilisce i controlli per accertare che il tossicodipendente o

l'alcooldipendente prosegua il programma di recupero fino alla decisione del tribunale di

sorveglianza e revoca la sospensione dell'esecuzione quando accerta che la persona lo ha

interrotto»..

Come già accennato, gli interventi legislativi intervenuti, sono di immediata applicazione

alle esecuzioni in corso, posto che si tratta di modifiche inerenti norme processuali,

sorrette dal principio tempus regit actum.8

Sul punto, se la dottrina, in linea generale, è propensa a estendere il principio di

irretroattività delle norme penali di cui all'art. 25, comma 2, Cost. a tutte le disposizioni

limitative dei diritti di libertà, tra le quali rientrano indubbiamente anche quelle che

escludono la sospensione della carcerazione e l’applicazione di misure alternative alla

detenzione, di contrario avviso è dalla costante giurisprudenza di legittimità.

La Suprema Corte è costantemente concorde nell’affermare che le disposizioni

concernenti le misure alternative alla detenzione, in quanto attengono soltanto alle

8 Cass. Sez. 1, Sentenza n. 5618 del 29/01/2008 Ce. (dep. 05/02/2008 ) Rv. 238869 Sammartino - II divieto di sospensione dell'esecuzione della pena nei confronti del condannato al quale sia stata applicata la recidiva prevista dall'art. 99, comma quarto, cod. pen., deve essere applicato anche se la condanna in esecuzione sia stata pronunciata prima dell'entrata in vigore della legge n. 251 del 2005 modificatrice dell'art. 659, comma nono, lett. e), cod. proc. pen., la cui disciplina non ha natura sostanziale, sicché è manifestamente infondata la relativa questione di legittimità costituzionale, sollevata con riferimento agli artt. 3,25, comma secondo, 27 Cost..

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modalità esecutive della pena irrogata e non riguardano l'accertamento del reato e

l'irrogazione della pena, non hanno carattere di norme penali sostanziali, e quindi - in

assenza di specifiche norme transitorie - soggiacciono al principio tempus regit actum e

non alla disciplina dell'art. 2 c.p. e dell'art. 25 Cost.9.

a) condannato in custodia cautelare per lo stesso titolo da eseguire

L’art. 656, comma 9 lettera b) stabilisce che la sospensione dell'esecuzione non può

essere disposta “nei confronti di coloro che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire,

si trovino in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene

definitiva.

Tale norma, in modo chiaro ed inequivocabile, vieta di disporre la sospensione dell’ordine

di carcerazione nei confronti del condannato che si trovi in custodia cautelare per il fatto

per il quale è stato condannato, ancorando il momento di valutazione della condizione ad

una situazione che potrebbe non essere più attuale nel momento in cui viene emesso

l'ordine di esecuzione.

b) condannato in stato di custodia cautelare in carcere per altro fatto

Benché non vi sia univocità di vedute, la giurisprudenza prevalente è favorevole alla

sospensione con riferimento al caso del condannato in stato di custodia cautelare in

carcere per altro fatto al momento della messa in esecuzione della sentenza. Tale

circostanza infatti non comporta di per sé l'impossibilità per il condannato di presentare

istanza di ammissione ad una misura alternativa, talché la relativa istanza non può

9 per tutte Cass. Sez. I n. 4421 del 20.9.1995, P.M. in proc. Molinas, rv. 202514; Sez. I, n. 6297 del 17.11.1999, Brunello).

Parimenti, riguardo alla legge 165/1998, che ha appunto modificato l'art. 656 c.p.p., le Sezioni Unite ebbero modo di statuire che le nuove disposizioni si applicavano ai rapporti non ancora esauriti (sent. n. 20 del 26.10.1998, P.M. in proc. Griffa, rv. 211467). Sulla stessa linea si iscrivono ex plurimis Sez. I, n. 5976 del 30.11.1998, De Fazio, rv. 212106, che richiama espressamente il principio tempus regit actum; Sez. I, n. 6356 del 15.12.1998, Galluccio, rv. 212713, che qualifica come norma processuale quella dell'art. 656 c.p.p.; Sez. I, n. 999 dell'I 1.2.2000, Patì, rv. 215502, secondo cui, in virtù del principio tempus regit actum, il nuovo testo dell'art. 656 c.p.p., in quanto norma processuale e non sostanziale, si applica immediatamente anche per gli ordini di carcerazione emessi prima dell'entrata in vigore della novella legislativa, che non abbiano avuto esecuzione durante il vigore della precedente disciplina. Da ultimo la questione è stata affrontata anche con Sentenza SS.UU, n. 24561 del 2006 Rv. 233976 P.M. in proc. Aloi. Le disposizioni concernenti l'esecuzione delle pene detentive e le misure alternative alla detenzione, non riguardando l'accertamento del reato e l'irrogazione della pena, ma soltanto le modalità esecutive della stessa, non hanno carattere di norme penali sostanziali e pertanto (in assenza di una specifica disciplina transitoria), soggiacciono al principio "tempus regit actum", e non alle regole dettate in materia di successione dì norme penali nel tempo dall'art. 2 cod. pen., e dall'art. 25 della Costituzione. (In applicazione di tale principio, le S. U. hanno ritenuto che, in un caso in cui vi era stata condanna per il delitto di violenza sessuale, la sopravvenuta inclusione di tale delitto, per effetto dell'art. 15 della legge 6 febbraio 2006 n. 38, tra quelli previsti dall'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario in quanto tali, e non più soltanto come reati-fine di un'associazione per delinquere, comportasse l'operatività, altrimenti esclusa, del divieto della sospensione dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 656, comma nono leti. a), cod.proc.pen., non essendo ancora esaurito il relativo procedimento esecutivo al momento dell'entrata in vigore della novella legislativa).

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essere considerata inammissibile. Appare in realtà difficile pensare che il condannato

che si trovi in misura cautelare per altro fatto, possa in concreto beneficiare di misure

alternative10.

c) condannato detenuto per lo stesso o diverso titolo - equiparazione al

detenuto del latitante e dell’evaso

Secondo l'orientamento prevalente, nel caso di sopravvenienza di titolo esecutivo nei

confronti di persona che si trovi già in stato di detenzione per altro titolo definitivo, il

pubblico ministero non deve procedere alla sospensione dell'esecuzione della pena.

Invero, dai lavori preparatori della L. n. 151 del 1998 e dalla relazione di

accompagnamento alla stessa si ricava che una delle principali ragioni ispiratrici della

novella dell'art. 656 c.p.p. è da ricercare nell'esigenza di evitare a quei condannati, nei cui

confronti esistono i presupposti per l'ammissione al regime alternativo alla detenzione,

l'introduzione in istituto penitenziario e di garantire, in questa prospettiva, un meccanismo

di attivazione della concessione dei benefici penitenziari, idoneo ad eliminare inammissibili

discriminazioni per coloro che non sono assistiti da adeguata informazione e difesa

tecnica. E' evidente la volontà del legislatore di assicurare il mantenimento dello status

libertatis nei confronti di coloro che possono aspirare ad uno dei regimi alternativi senza

prima transitare per il carcere. Infatti, mentre può fondatamente presumersi una ridotta

pericolosità, con conseguente prognosi di applicabilità dei benefici penitenziari, riguardo al

condannato a pena detentiva breve, che si trovi in stato di libertà al momento in cui la

sentenza diviene definitiva, vige la presunzione inversa nei confronti del soggetto

destinatario di un provvedimento di custodia cautelare in carcere relativo al fatto per cui è

10 Cass. ,Sez. 1, n. 5995 del 04/02/2009 Ce. (dep. 11/02/2009 ) Rv. 243362 Ferretti (Annulla senza rinvio, Gip Trib. Reggio Emilia, 3 Luglio 2008) La sospensione dell'ordine di esecuzione delle pene detentive brevi va disposta anche nei confronti di chi si trovi in stato di custodia cautelare per fatto diverso da quello oggetto della condanna da eseguire.

Massime precedenti Conformi: N. 8498 del 2001 Rv. 219095, N. 38511 dei 2002 Rv. 222530, N. 37174 del 2004Rv. 230023, N. 377 del 2005 Rv. 230725

Massime precedenti Difformi: Cass. N. 5143 del 1999 Rv. 214665, N. 17827 del 2002 Rv 221441, N. 43579 del 2003 Rv. 227470, N. 8720 del 2004 Rv. 228157, N. 6779 del 2005 Rv. 232938, N. 12620 del 2006Rv 234547, N. 18362 del 2007 Rv. 236413, N. 9213 del 2008 Rv. 239218 Sez. 1, Sentenza n. 37174 del 22/06/2004 Ce. (dep. 22/09/2004) Rv. 230023 Di Pietro La sospensione dell'ordine di esecuzione delle pene detentive brevi prevista dall'art. 656, comma quinto, cod. proc. pen. va disposta anche nei confronti di chi, nel momento in cui la relativa sentenza diviene irrevocabile, si trovi in stato di custodia cautelare per fatto diverso da quello oggetto della condanna da eseguire.

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intervenuta condanna irrevocabile, sebbene lo stesso si trovi di fatto in libertà per essersi

volontariamente sottratto all'esecuzione della stessa.

Quanto detto, può essere esteso al del latitante o dell'evaso, destinatari di un

provvedimento di custodia cautelare relativo al fatto per cui è intervenuta condanna o di

ordine di carcerazione, che si trovino di fatto in libertà per essere evasi o per essersi

volontariamente sottratti all'esecuzione dello stesso.

Pertanto, la sospensione dell'esecuzione della pena ex art. 656 c.p.p., comma 5, è

applicabile soltanto nei confronti dei condannati in stato di libertà - trattandosi di istituto

volto ad impedire l'ingresso in carcere di coloro che possono aspirare ad uno dei regimi

alternativi - e non anche nei riguardi di coloro che, al sopravvenire di un nuovo titolo

definitivo, si trovino latitanti a un provvedimento restrittivo della libertà personale, e versino,

pertanto, in uno stato equiparabile alla custodia in carcere.

Tale interpretazione non si basa sull’estensione delle ipotesi di esclusione della

sospensione dell'ordine d'esecuzione di cui al comma 9 dell’art. 656 c.p.p;

Infatti, esclude l'applicazione dell'art. 656, comma 5, c.p.p. (e delle relative deroghe)

basandosi sulla disciplina di cui all'art. 656 comma 1 c.p.p. che contempla il caso di chi

si trovi in stato di detenzione al momento dell'esecuzione del titolo sopravvenuto.

E' evidente che, seguendo la predetta interpretazione, nessun problema di ordine

teorico o pratico sorge qualora il cumulo tra la pena in esecuzione e la pena da eseguirsi

superi il limite di pena per la legittimazione alle misure alternative, tuttavia potrebbe

invece apparire contraria ad equità la messa in esecuzione di pena che, anche dopo

l'operazione di cumulo materiale, si mantenga la pena residua al di sotto della soglia dei

tre o sei anni.

d) condannato agli arresti domiciliari (art 656.10 c.p.p.)

Diversa procedura è invece prevista per chi si trovi agli arresti domiciliari per il titolo

da eseguire. In tal caso è prevista un’articolata procedura che impone al Pubblico

Ministero di disporre la sospensione dell'esecuzione dell'ordine di carcerazione e

trasmettere d'ufficio gli atti, senza ritardo, al tribunale di sorveglianza perché provveda

alla eventuale applicazione di una delle misure alternative di cui ricorrano i presupposti

(non necessariamente la detenzione domiciliare).

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e) condannato in espiazione di pena detentiva già ammesso a misura

alternativa

La fattispecie è regolata dall’art. 51 bis l.p., secondo cui, in caso di sopravvenienza di

nuovi titoli di esecuzione, durante l'esecuzione di una misura alternativa, spetta al

magistrato di sorveglianza disporre in via provvisoria - in attesa della definitiva

valutazione del Tribunale di Sorveglianza - la prosecuzione della pena complessiva

("tenuto conto del cumulo delle pene") nella stessa forma alternativa. Qualora il

magistrato di sorveglianza giunga a determinazione negativa, disporrà la sospensione

della misura alternativa e l'accompagnamento in carcere del condannato, in attesa della

successiva e definitiva valutazione del Tribunale.

Si ritiene che il magistrato di sorveglianza possa procedere alle determinazioni sulla

pena sopravvenuta indipendente dalla sussistenza di un ordine di esecuzione emesso

dal Pubblico Ministero, il quale provvederà appena possibile all'emissione del

provvedimento cumulo, che dovrà tenere conto della decisione della magistratura di

sorveglianza, se già intervenuta. Nulla impedisce che il Pubblico Ministero giunga

comunque, prima della decisione del magistrato di sorveglianza, all'emissione dell'ordine

d'esecuzione, anche previo provvedimento di cumulo, senza ordine di carcerazione

f) Il condannato tossicodipendente

L'art. 656 comma 5 prevede la possibilità di sospensione delle pene fino ai sei anni,

quando si versi "nei casi di cui agli articoli 90 e 94" DPR 309. Il limite è di quattro anni

nei casi di cui all'art. 4 bis ordinamento penitenziario.

656.5. Se la pena detentiva, anche se costituente residuo dì maggiore pena, non è

superiore a tre anni o a sei anni nei casi di cui agli articoli 90 e 94 del testo unico

approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e

successive modificazioni, il pubblico ministero, salvo quanto previsto dai commi 7 e 9,

ne sospende l'esecuzione

l’ordine di esecuzione

L'ordine di esecuzione contiene le generalità della persona nei cui confronti deve essere

eseguito e quanto altro valga a identificarla, l'imputazione, il dispositivo del

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provvedimento e le disposizioni necessarie all'esecuzione. L'ordine è notificato al

difensore del condannato nominato per la fase dell'esecuzione o, in difetto, al difensore

che lo ha assistito nella fase del giudizio, e nei casi in cui è previsto, con l'avviso che

entro trenta giorni può essere presentata istanza, corredata dalle indicazioni e dalla

documentazione necessarie, volta ad ottenere la concessione di una delle misure

alternative alla detenzione.

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Articolo 656 c.p.p. (1) Esecuzione delle pene detentive.

1. Quando deve essere eseguita una sentenza di condanna [533; 29 reg.] a pena

detentiva [18 c.p.; 742], il pubblico ministero emette ordine di esecuzione con il quale, se il condannato non è detenuto, ne dispone la carcerazione. Copia dell'ordine è consegnata all'interessato.

2. Se il condannato è già detenuto, l'ordine di esecuzione è comunicato al ministro di grazia e giustizia (2) e notificato all'interessato.

3. L'ordine di esecuzione contiene le generalità della persona nei cui confronti deve essere eseguito e quanto altro valga a identificarla, l'imputazione, il dispositivo del provvedimento e le disposizioni necessarie all'esecuzione. L'ordine è notificato al difensore del condannato [6555 ].

4. L'ordine che dispone la carcerazione è eseguito secondo le modalità previste dall'articolo 277.

5. Se la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non è superiore a tre anni o sei (3) anni nei casi di cui agli articoli 90 e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, il pubblico ministero, salvo quanto previsto dai commi 7 e 9, ne sospende l'esecuzione. L'ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato e al difensore nominato per la fase dell'esecuzione o, in difetto, al difensore che lo ha assistito nella fase del giudizio, con l'avviso che entro trenta giorni può essere presentata istanza, corredata dalle indicazioni e dalla documentazione necessarie, volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative alla detenzione di cui agli articoli 47, 47-ter e 50, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e di cui all'articolo 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, ovvero la sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'articolo 90 dello stesso testo unico. L'avviso informa altresì che, ove non sia presentata l'istanza, o la stessa sia inammissibile ai sensi degli articoli 90 e seguenti del citato testo unico (4), l'esecuzione della pena avrà corso immediato (5) (6).

6. L'istanza deve essere presentata dal condannato o dal difensore di cui al comma 5 ovvero allo scopo nominato al pubblico ministero, il quale la trasmette, unitamente alla documentazione, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero. Se l'istanza non è corredata dalla documentazione utile, questa, salvi i casi di inammissibilità, (7) può essere depositata nella cancelleria del tribunale di sorveglianza fino a cinque giorni prima dell'udienza fissata a norma dell'articolo 666, comma 3 (8). Resta salva, in ogni caso, la facoltà del tribunale di sorveglianza di procedere anche d'ufficio alla richiesta di documenti o di informazioni, o all'assunzione di prove a norma dell'articolo 666, comma 5 (8). Il tribunale di sorveglianza decide entro quarantacinque giorni dal ricevimento dell'istanza (9).

7. La sospensione dell'esecuzione per la stessa condanna non può essere disposta più di una volta, anche se il condannato ripropone nuova istanza sia in ordine a diversa misura alternativa, sia in ordine alla medesima, diversamente motivata, sia in ordine alla sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'articolo 90 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.

8. Salva la disposizione del comma 8-bis, qualora l'istanza non sia tempestivamente presentata, o il tribunale di sorveglianza la dichiari inammissibile o la respinga, il pubblico ministero revoca immediatamente il decreto di sospensione dell'esecuzione. Il pubblico ministero provvede analogamente quando l'istanza presentata è inammissibile ai sensi degli articoli 90 e seguenti del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, nonché, nelle more della decisione del tribunale di sorveglianza, quando il programma di recupero di cui all'articolo 94 del medesimo testo unico non risulta iniziato entro cinque giorni dalla data di presentazione della relativa istanza o risulta interrotto (10). A tal fine il pubblico ministero, nel trasmettere l'istanza al tribunale di sorveglianza, dispone gli opportuni accertamenti (10) (11).

8-bis. Quando è provato o appare probabile che il condannato non abbia avuto effettiva conoscenza dell'avviso di cui al comma 5, il pubblico ministero può assumere, anche presso

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il difensore, le opportune informazioni, all'esito delle quali può disporre la rinnovazione della notifica (12).

9. La sospensione dell'esecuzione di cui al comma 5 non può essere disposta: a) nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio

1975, n. 354, e successive modificazioni, nonchè di cui agli articoli 423-bis, 624, quando ricorrono due o più circostanze tra quelle indicate dall'articolo 625, 624-bis del codice penale, e per i delitti in cui ricorre l'aggravante di cui all'articolo 61, primo comma, numero 11-bis), del medesimo codice, fatta eccezione per coloro che si trovano agli arresti domiciliari disposti ai sensi dell'articolo 89 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni (13);

b) nei confronti di coloro che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva;

c) nei confronti dei condannati ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto comma, del codice penale (14) (15).

10. Nella situazione considerata dal comma 5, se il condannato si trova agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire, il pubblico ministero sospende l'esecuzione dell'ordine di carcerazione e trasmette gli atti senza ritardo al tribunale di sorveglianza perché provveda alla eventuale applicazione di una delle misure alternative di cui al comma 5. Fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, il condannato permane nello stato detentivo nel quale si trova e il tempo corrispondente è considerato come pena espiata a tutti gli effetti. Agli adempimenti previsti dall'articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, provvede in ogni caso il magistrato di sorveglianza (16). (1) Articolo così sostituito dall'art. 1 l. 27 maggio 1998, n. 165. (2) Ora ministro della giustizia ai sensi del d.lgs.. 30 luglio 1999, n. 300, come modificato da ultimo dal d.l. 18 maggio 2006, n. 181, conv., con modif., in l. 17 luglio 2006, n. 233. (3) Le parole «o sei» sono state sostituite alle parole «ovvero a quattro», in sede di conversione, dall'art. 4-undevicies1 lett. a)d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, conv., con modif., in l. 21 febbraio 2006, n. 49. (4) Le parole «o la stessa sia inammissibile ai sensi degli articoli 90 e seguenti del citato testo unico» sono state sostituite alle parole «nonché la certificazione da allegare ai sensi degli articoli 91, comma 2, e 94, comma 1, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309», dall'art. 4-undevicies1 lett. a) d.l. n. 272, cit., in sede di conversione. (5) Comma modificato, dall'art. 101 lett. a) e b) d.l. 24 novembre 2000, n. 341, conv., con modif., in l. 19 gennaio 2001, n. 4, in sede di conversione. (6) V. l. 1° agosto 2003, n. 207, in tema di sospensione condizionata dell'esecuzione della pena detentiva nel limite massimo di due anni. (7) Le parole «utile, questa, salvi i casi di inammissibilità,» sono state sostituite alle parole «prescritta o necessaria, questa» dall'art. 4-undevicies1 lett. b) d.l. n. 272, cit., in sede di conversione. (8) Il secondo e il terzo periodo sono stati inseriti, in sede di conversione, dall'art. 101 lett. d)

d.l. n. 341, cit. (9) Comma modificato, in sede di conversione, dall'art. 101 lett. c) d.l. n. 341, cit. (10) Periodo aggiunto dall'art. 4-undevicies1 lett. c) d.l. n. 272, cit., in sede di conversione. (11) Comma modificato, in sede di conversione, dall'art. 101 lett. e) d.l. n. 341, cit. (12) Comma modificato, in sede di conversione, dall'art. 101 lett. f) d.l. n. 341, cit. (13) Le parole da «, fatta eccezione,» alla fine della lettera sono state aggiunte dall'art. 4-undevicies1 lett. d) d.l. n. 272, cit., in sede di conversione. Successivamente l'art. 2 d.l. 23 maggio 2008, n. 92, conv., con modif., dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, ha aggiunto le parole: «nonchè di cui agli articoli 423-bis, 624, quando ricorrono due o più circostanze tra quelle indicate dall'articolo 625, 624-bis del codice penale, e per i delitti in cui ricorre l'aggravante di cui all'articolo 61, primo comma, numero 11-bis), del medesimo codice,». (14) Comma così sostituito dall'art. 9 l. 5 dicembre 2005, n. 251. Il testo del comma era il seguente: «9. La sospensione dell'esecuzione di cui al comma 5 non può essere disposta: a) nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n.

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354, e successive modificazioni; b) nei confronti di coloro che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva». (15) Ma v. art. 42 d.l. n. 272, cit., che così dispone: «2. La disposizione di cui alla lettera c) del comma 9 dell'articolo 656 del codice di procedura penale non si applica nei confronti di condannati, tossicodipendenti o alcooldipendenti, che abbiano in corso, al momento del deposito della sentenza difinitiva, un programma terapeutico di recupero presso i servizi pubblici per l'assistenza ai tossicodipendenti ovvero nell'ambito di una struttura autorizzata nei casi in cui l'interruzione del programma può pregiudicarne la disintossicazione. In tale caso il pubblico ministero stabilisce i controlli per accertare che il tossicodipendente o l'alcooldipendente prosegua il programma di recupero fino alla decisione del tribunale di sorveglianza e revoca la sospensione dell'esecuzione quando accerta che la persona lo ha interrotto». (16) Comma modificato, in sede di conversione, dall'art. 101 lett. g) d.l. n. 341, cit.

Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (in Suppl.

ordinario alla Gazz. Uff., 31 ottobre, n. 255). - Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza (1) (2) (3) (4) (5) (6) . (JERVOLINO VASSALLI)

TITOLO VIII DELLA REPRESSIONE DELLE ATTIVITÀ ILLECITE

CAPO II DISPOSIZIONI PROCESSUALI E DI ESECUZIONE

Articolo 90

Sospensione dell'esecuzione della pena detentiva.

1. Nei confronti di persona che debba espiare una pena detentiva inflitta per reati commessi in relazione al proprio stato di tossicodipendente, il tribunale di sorveglianza può sospendere l'esecuzione della pena detentiva per cinque anni qualora, all'esito dell'acquisizione della relazione finale di cui all'articolo 123, accerti che la persona si è sottoposta con esito positivo ad un programma terapeutico e socio-riabilitativo eseguito presso una struttura sanitaria pubblica od una struttura privata autorizzata ai sensi dell'articolo 116. Il tribunale di sorveglianza, qualora l'interessato si trovi in disagiate condizioni economiche, può altresí sospendere anche l'esecuzione della pena pecuniaria che non sia stata già riscossa. La sospensione può essere concessa solo quando deve essere espiata una pena detentiva, anche residua e congiunta a pena pecuniaria, non superiore a sei anni od a quattro anni se relativa a titolo esecutivo comprendente reato di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni (1) 2. La sospensione della esecuzione non può essere concessa e la relativa domanda è inammissibile se nel periodo compreso tra l'inizio del programma e la pronuncia della sospensione il condannato abbia commesso altro delitto non colposo punibile con la reclusione (2) . 3. La sospensione dell'esecuzione della pena rende inapplicabili le misure di sicurezza nonché le pene accessorie e gli altri effetti penali della condanna, tranne che si tratti della confisca. La sospensione non si estende alle obbligazioni civili derivanti dal reato (3) . 4. La sospensione della esecuzione della pena non può essere concessa più di una volta (2). 4-bis. Si applica, per quanto non diversamente stabilito ed ove compatibile, la disciplina prevista dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni (4) . (1) Comma sostituito prima dall'articolo 6 del D.L. 14 maggio 1993, n. 139, conv. in legge 14 luglio 1993, n. 222 e successivamente dall'articolo 4-septies del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272. (2) Comma così modificato dall'articolo 4-septies del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272.

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(3) Comma sostituito dall'articolo 4-septies del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272. (4) Comma inserito dall'articolo 4-septies del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272. (1) Vedi D.M. 29 agosto 1997, n. 338, recante individuazione delle particolari esigenze delle strutture giudiziarie e penitenziarie ai fini della sicurezza al loro interno. (2) Il riferimento a soprattasse e/o a pene pecuniarie, nonché ad ogni altra sanzione amministrativa, ancorché diversamente denominata, contenuto nel presente provvedimento, è sostituito con il riferimento alla sanzione pecuniaria di uguale importo (art. 26, comma 1, d.lg. 18 dicembre 1997, n. 472). I riferimenti eventualmente contenuti nelle singole leggi di imposta a disposizioni abrogate si intendono effettuati agli istituti e alle previsioni corrispondenti risultanti dal citato d.lg. 472/1997. Salvo diversa espressa previsione, i procedimenti di irrogazione delle sanzioni disciplinati dal citato d.lg. 472/1997, si applicano all'irrogazione di tutte le sanzioni tributarie non penali (art. 26, comma 1, d.lg. 18 dicembre 1997, n. 472). (3) Il d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51, ha soppresso l'ufficio del pretore e, fuori dai casi espressamente previsti dal citato decreto, le relative competenze sono da intendersi trasferite al tribunale ordinario. Lo stesso decreto ha soppresso l'ufficio del pubblico ministero presso la pretura circondariale e ha provveduto a trasferirne le relative funzioni all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale ordinario. Inoltre, qualora il presente provvedimento attribuisca funzioni amministrative alternativamente al pretore e ad organi della P.A., le attribuzioni pretorili si intendono soppresse; sono altresì soppresse le funzioni amministrative di altre autorità giurisdizionali, eccezion fatta per il giudice di pace, se attribuite in via alternativa tanto al pretore che ad organi della P.A. Inoltre il potere del pretore di rendere esecutivi atti emanati da autorità amministrative è soppresso e gli atti sono esecutivi di diritto. Infine, qualora il presente provvedimento preveda l'obbligo di determinati soggetti di rendere giuramento innanzi al pretore per l'esercizio di attività, questo si intende reso innanzi al sindaco o ad un suo delegato. (4) A partire dal 1° gennaio 1999 ogni sanzione pecuniaria penale o amministrativa espressa in lire nel presente provvedimento si intende espressa anche in Euro secondo il tasso di conversione irrevocabilmente fissato ai sensi del Trattato CE. A decorrere dal 1° gennaio 2002 ogni sanzione penale o amministrativa espressa in lire nel presente provvedimento è tradotta in Euro secondo il tasso di conversione irrevocabilmente fissato ai sensi del Trattato CE. Se tale operazione di conversione produce un risultato espresso anche in decimali, la cifra è arrotondata eliminando i decimali (art. 51, d.lg. 24 giugno 1998, n. 213). (5) A decorrere dalla data di nomina del primo governo costituito a seguito delle prime elezioni politiche successive all'entrata in vigore del d.lg. 30 luglio 1999, n. 300, le prefetture sono trasformate in uffici territoriali del governo; il prefetto preposto a tale ufficio nel capoluogo della regione assume anche le funzioni di commissario del governo (art. 11, d.lg. 300/1999, cit.). (6) Vedi, anche, l'articolo 90 del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.

Articolo 94

Affidamento in prova in casi particolari.

1. Se la pena detentiva deve essere eseguita nei confronti di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi, l'interessato può chiedere in ogni momento di essere affidato in prova al servizio sociale per proseguire o intraprendere l'attività terapeutica sulla base di un programma da lui concordato con un'azienda unità sanitaria locale o con una struttura privata autorizzata ai sensi dell'articolo 116. L'affidamento in prova in casi pArticolari può essere concesso solo quando deve essere espiata una pena detentiva, anche residua e congiunta a pena pecuniaria, non superiore a sei anni od a quattro anni se relativa a titolo esecutivo comprendente reato di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Alla domanda è allegata, a pena di inammissibilità, certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da una struttura privata accreditata per l'attività di

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diagnosi prevista dal comma 2, lettera d), dell'articolo 116 attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza, la procedura con la quale è stato accertato l'uso abituale di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche, l'andamento del programma concordato eventualmente in corso e la sua idoneità, ai fini del recupero del condannato. Affinché il trattamento sia eseguito a carico del Servizio sanitario nazionale, la struttura interessata deve essere in possesso dell'accreditamento istituzionale di cui all'articolo 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, ed aver stipulato gli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies del citato decreto legislativo (1).

2. Se l'ordine di carcerazione è stato eseguito, la domanda è presentata al magistrato di sorveglianza il quale, se l'istanza è ammissibile, se sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per l'accoglimento della domanda ed al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, qualora non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza del pericolo di fuga, può disporre l'applicazione provvisoria della misura alternativa. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al comma 4. Sino alla decisione del tribunale di sorveglianza, il magistrato di sorveglianza è competente all'adozione degli ulteriori provvedimenti di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni (2).

3. Ai fini della decisione, il tribunale di sorveglianza può anche acquisire copia degli atti del procedimento e disporre gli opportuni accertamenti in ordine al programma terapeutico concordato; deve altresì accertare che lo stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza o l'esecuzione del programma di recupero non siano preordinati al conseguimento del beneficio. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 92, commi 1 e 3 (3) .

4. Il tribunale accoglie l'istanza se ritiene che il programma di recupero, anche attraverso le altre prescrizioni di cui all'articolo 47, comma 5, della legge 26 luglio 1975, n. 354, contribuisce al recupero del condannato ed assicura la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati. Se il tribunale di sorveglianza dispone l'affidamento, tra le prescrizioni impartite devono essere comprese quelle che determinano le modalità di esecuzione del programma. Sono altresí stabilite le prescrizioni e le forme di controllo per accertare che il tossicodipendente o l'alcooldipendente inizi immediatamente o prosegua il programma di recupero. L'esecuzione della pena si considera iniziata dalla data del verbale di affidamento, tuttavia qualora il programma terapeutico al momento della decisione risulti già positivamente in corso, il tribunale, tenuto conto della durata delle limitazioni alle quali l'interessato si è spontaneamente sottoposto e del suo comportamento, può determinare una diversa, più favorevole data di decorrenza dell'esecuzione (2).

5. L'affidamento in prova al servizio sociale non può essere disposto, ai sensi del presente articolo, più di due volte.

6. Si applica, per quanto non diversamente stabilito, la disciplina prevista dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificata dalla legge 10 giugno 1986, n. 663.

6-bis. Qualora nel corso dell'affidamento disposto ai sensi del presente articolo l'interessato abbia positivamente terminato la parte terapeutica del programma, il magistrato di sorveglianza, previa rideterminazione delle prescrizioni, può disporne la prosecuzione ai fini del reinserimento sociale anche qualora la pena residua superi quella prevista per l'affidamento ordinario di cui all'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (4) .

6-ter. Il responsabile della struttura presso cui si svolge il programma terapeutico di recupero e socio-riabilitativo è tenuto a segnalare all'autorità giudiziaria le violazioni commesse dalla persona sottoposta al programma. Qualora tali violazioni integrino un reato, in caso di omissione, l'autorità giudiziaria ne dà comunicazione alle autorità competenti per la sospensione o revoca dell'autorizzazione di cui all'articolo 116e dell'accreditamento di cui all'articolo 117, ferma restando l'adozione di misure idonee a tutelare i soggetti in trattamento presso la struttura (4). (1) Comma, da ultimo, così modificato dall'articolo 10 del D.L. 24 novembre 2000, n. 341 e successivamente sostituito dall'articolo 4-undecies del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272. (2) Comma sostituito dall'articolo 4-undecies del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272. (3) Comma così modificato dall'articolo 4-undecies del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272.

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(4) Comma aggiunto dall'articolo 4-undecies del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272.

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Legge 26 luglio 1975, n. 354 (in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff., 9 agosto, n. 212). - Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà (1) (2) (3) (4) (5) (6) . (RIFORMA ORDINAMENTO PENITENZIARIO)

TITOLO I TRATTAMENTO PENITENZIARIO

CAPO VI MISURE ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE E REMISSIONE DEL DEBITO

Articolo 47

Affidamento in prova al servizio sociale (1).

1. Se la pena detentiva inflitta non supera tre anni, il condannato può essere affidato al servizio sociale fuori dell'istituto per un periodo uguale a quello della pena da scontare (2) (3).

2. Il provvedimento è adottato sulla base dei risultati della osservazione della personalità, condotta collegialmente per almeno un mese in istituto, nei casi in cui si può ritenere che il provvedimento stesso, anche attraverso le prescrizioni di cui al comma 5, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.

3. L'affidamento in prova al servizio sociale può essere disposto senza procedere all'osservazione in istituto quando il condannato, dopo la commissione del reato, ha serbato comportamento tale da consentire il giudizio di cui al comma 2 (4).

4. Se l'istanza di affidamento in prova al servizio sociale è proposta dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della pena, il magistrato di sorveglianza competente in relazione al luogo dell'esecuzione, cui l'istanza deve essere rivolta, può sospendere l'esecuzione della pena e ordinare la liberazione del condannato, quando sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per l'ammissione all'affidamento in prova e al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione e non vi sia pericolo di fuga. La sospensione dell'esecuzione della pena opera sino alla decisione del tribunale di sorveglianza, cui il magistrato di sorveglianza trasmette immediatamente gli atti, e che decide entro quarantacinque giorni. Se l'istanza non è accolta, riprende l'esecuzione della pena, e non può essere accordata altra sospensione, quale che sia l'istanza successivamente proposta (5).

5. All'atto dell'affidamento è redatto verbale in cui sono dettate le prescrizioni che il soggetto dovrà seguire in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale, alla dimora, alla libertà di locomozione, al divieto di frequentare determinati locali ed al lavoro.

6. Con lo stesso provvedimento può essere disposto che durante tutto o parte del periodo di affidamento in prova il condannato non soggiorni in uno o più comuni, o soggiorni in un comune determinato; in particolare sono stabilite prescrizioni che impediscano al soggetto di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati.

7. Nel verbale deve anche stabilirsi che l'affidato si adoperi in quanto possibile in favore della vittima del suo reato ed adempia puntualmente agli obblighi di assistenza familiare.

8. Nel corso dell'affidamento le prescrizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza.

9. Il servizio sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita.

10. Il servizio sociale riferisce periodicamente al magistrato di sorveglianza sul comportamento del soggetto (6).

11. L'affidamento è revocato qualora il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della prova.

12. L'esito positivo del periodo di prova estingue la pena detentiva ed ogni altro effetto penale. Il tribunale di sorveglianza, qualora l'interessato si trovi in disagiate condizioni economiche, può dichiarare estinta anche la pena pecuniaria che non sia stata già riscossa (7).

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12-bis. All'affidato in prova al servizio sociale che abbia dato prova nel periodo di affidamento di un suo concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della sua personalità, può essere concessa la detrazione di pena di cui all'articolo 54. Si applicano gli articoli 69, comma 8, e 69-bis nonché l'articolo 54, comma 3 (8) (9) . (1) Articolo modificato dall'articolo 4 della legge 12 gennaio 1977, n. 1, dall'articolo 7 della legge 13 settembre 1982, n. 646, dall'articolo 4 bis del D.L. del 22 aprile 1985, n. 144 ed, infine dall'articolo 11 della legge 10 ottobre 1986, n. 663. (2) La Corte costituzionale, con sentenza 11 luglio 1989, n. 386, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui non prevede che nel computo delle pene, ai fini della determinazione del limite dei tre anni, non si debba tener conto anche della pena espiata. (3) Per un'interpretazione autentica del presente comma, vedi l'articolo 14-bis del D.L. 8 giugno 1992, n. 306. (4) Comma sostituito dall'articolo 2 della legge 27 maggio 1998, n. 165. La Corte costituzionale, con sentenza 22 dicembre 1989, n. 569, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nel testo precedente la modifica, nella parte in cui non prevedeva che, anche indipendentemente dalla detenzione per espiazione di pena o per custodia cautelare, il condannato potesse essere ammesso all'affidamento in prova al servizio sociale se, in presenza delle altre condizioni, avesse serbato un comportamento tale da consentire il giudizio di cui al precedente comma 2 (5) Comma sostituito dall'articolo 2 della legge 27 maggio 1998, n. 165. (6) La Corte costituzionale, con sentenza 15 ottobre 1987, n. 343, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui - in caso di revoca del provvedimento di ammissione all'affidamento in prova per comportamento incompatibile con la prosecuzione della prova - non consente al Tribunale di sorveglianza di determinare la residua pena detentiva da espiare, tenuto conto della durata delle limitazioni patite dal condannato e del suo comportamento durante il trascorso periodo di affidamento in prova. (7) Comma così modificato dall'articolo 4-vicies semel del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272. (8) Comma aggiunto dall'articolo 3 della legge 19 dicembre 2002, n. 277. (9) La Corte Costituzionale, con sentenza 16 marzo 2007 , n. 78 ( in Gazz. Uff., 21 marzo 2007, n. 12), ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente articolo, ove interpretato nel senso che allo straniero extracomunitario, entrato illegalmente nel territorio dello Stato o privo del permesso di soggiorno, sia in ogni caso precluso l'accesso alle misure alternative da esso previste.

TITOLO I TRATTAMENTO PENITENZIARIO

CAPO I PRINCIPI DIRETTIVI

Articolo 4 Bis

Divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti (1) (2).

1. L’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per i seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia a norma dell’articolo 58-ter della presente legge: delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, delitto di cui all’articolo 416-bis del codice penale, delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, delitti di cui agli articoli 600, 600- bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 601, 602, 609-octies [, qualora ricorra anche la condizione di cui al comma 1-quater del presente articolo,] e 630 del codice penale,

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all’articolo 291-quater del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e all’articolo 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Sono fatte salve le disposizioni degli articoli 16-nonies e 17-bis del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni (3) (4).

1-bis. I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi ai detenuti o internati per uno dei delitti ivi previsti, purche` siano stati acquisiti elementi tali da escludere l’attualita` di collegamenti con la criminalita` organizzata, terroristica o eversiva, altresì nei casi in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, accertata nella sentenza di condanna, ovvero l’integrale accertamento dei fatti e delle responsabilita`, operato con sentenza irrevocabile, rendono comunque impossibile un’utile collaborazione con la giustizia, nonche` nei casi in cui, anche se la collaborazione che viene offerta risulti oggettivamente irrilevante, nei confronti dei medesimi detenuti o internati sia stata applicata una delle circostanze attenuanti previste dall’articolo 62, numero 6), anche qualora il risarcimento del danno sia avvenuto dopo la sentenza di condanna, dall’articolo 114 ovvero dall’articolo 116, secondo comma, del codice penale (3).

1-ter. I benef ìci di cui al comma 1 possono essere concessi, purché non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalita` organizzata, terroristica o eversiva, ai detenuti o internati per i delitti di cui agli articoli 575, 600-bis, secondo e terzo comma, 600-ter, terzo comma, 600-quinquies, 628, terzo comma, e 629, secondo comma, del codice penale, all’articolo 291-ter del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, all’articolo 73 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'articolo 80, comma 2, del medesimo testo unico, all’articolo 416, primo e terzo comma, del codice penale, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 473 e 474 del medesimo codice, e all’articolo 416 del codice penale, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, del medesimo codice, dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale e dall’articolo 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni (3) (4).

1-quater. I benefìci di cui al comma 1 possono essere concessi ai detenuti o internati per i delitti di cui agli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater e [, qualora ricorra anche la condizione di cui al medesimo comma 1, ] 609-octies del codice penale solo sulla base dei risultati dell’osservazione scientifica della personalità condotta collegialmente per almeno un anno anche con la partecipazione degli esperti di cui al quarto comma dell’articolo 80 della presente legge. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano in ordine al delitto previsto dall’articolo 609-bis del codice penale salvo che risulti applicata la circostanza attenuante dallo stesso contemplata (3) (5).

2. Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1 il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni per il tramite del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione del condannato. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni. Al suddetto comitato provinciale può essere chiamato a partecipare il direttore dell'istituto penitenziario in cui il condannato è detenuto.

2-bis. Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1-ter il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni dal questore. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni. (6)

3. Quando il comitato ritiene che sussistano particolari esigenze di sicurezza ovvero che i collegamenti potrebbero essere mantenuti con organizzazioni operanti in ambiti non locali o extranazionali, ne dà comunicazione al giudice e il termine di cui al comma 2 è prorogato di ulteriori trenta giorni al fine di acquisire elementi ed informazioni da parte dei competenti organi centrali.

3-bis. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla

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detenzione previste dal capo VI, non possono essere concessi ai detenuti ed internati per delitti dolosi quando il Procuratore nazionale antimafia o il procuratore distrettuale comunica, d'iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione o internamento, l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata. In tal caso si prescinde dalle procedure previste dai commi 2 e 3 (7) . (1) Articolo aggiunto dall'articolo 1 del D.L. 13 maggio 1991, n. 152. (2) Rubrica sostituita dall'articolo 15 del D.L. 8 giugno 1992, n. 306. (3) Comma sostituito dall'articolo 15 del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, modificato dall'articolo 11 del D.L. del 24 novembre 2000, n. 341, dall'articolo 6 della legge del 19 marzo 2001, n. 92, dall'articolo 12 del D.lgs. del 25 luglio 1998, n. 286 sostituito dall'articolo 1 della legge 23 dicembre 2002, n. 279, modificato dall'articolo 15 della legge 6 febbraio 2006, n. 38 ed infine sostituito dall'articolo 3, comma 1, lettera a) del D. L. 23 febbraio 2009, n. 11. La Corte costituzionale, con sentenza 27 luglio 1994, n. 357 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del secondo periodo del presente comma, come sostituito dall'art. 15, primo comma, lett. a), del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, nella parte in cui non prevede che i benefici di cui al primo periodo del medesimo comma possano essere concessi anche nel caso in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, come accertata nella sentenza di condanna, renda impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, sempre che siano stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera certa l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata. Successivamente la Corte costituzionale, con sentenza 1° marzo 1995, n. 68 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del secondo periodo del presente comma, come sostituito dall'art. 15, primo comma, lett. a), del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, nella parte in cui prevede che i benefici di cui al primo periodo del medesimo comma possano essere concessi anche nel caso in cui l'integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità operato con sentenza irrevocabile renda impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, sempre che siano stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera certa l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata; Con sentenza 14 dicembre 1995, n. 504 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nel testo sostituito ad opera dell'art. 15, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, nella parte in cui prevede che la concessione di ulteriori permessi premio sia negata nei confronti dei condannati per i delitti indicati nel primo periodo del comma 1 dello stesso art. 4-bis, che non si trovino nelle condizioni per l'applicazione dell'art. 58-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, anche quando essi ne abbiano già fruito in precedenza e non sia accertata la sussistenza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata. Con sentenza 30 dicembre 1997, n. 445 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non prevede che il beneficio della semilibertà possa essere concesso nei confronti dei condannati che, prima della data di entrata in vigore dell'art. 15, comma 1, del d.-l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 1992, n. 356, non abbiano raggiunto un grado di rieducazione adeguato al beneficio richiesto e per i quali non sia stato accertatata la sussistenza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata. Con sentenza 22 aprile 1999, n. 137 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non prevede che il beneficio del permesso premio possa essere concesso nei confronti dei condannati che, prima della entrata in vigore dell'art. 15, comma 1, del d.-l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, abbiano raggiunto un grado di rieducazione adeguato al beneficio richiesto e per i quali non sia stata accertata la sussistenza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata. (4) Comma modificato dall'articolo 15, comma 6, della legge 23 luglio 2009, n. 99 (5) Comma modificato dall'articolo 2, comma 27, lettera a), numeri 1) e 2), della legge 15 luglio 2009, n. 94. (6) Comma aggiunto dall'articolo 1 del D.L. 14 giugno 1993, n. 187 e successivamente modificato dall' articolo 1 della legge 23 dicembre 2002, n. 279 e dall'articolo 3, comma 1,

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lettera b), del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11. (7) Comma aggiunto dall'articolo 15 del D.L. 8 giugno 1992, n. 306.

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Elenco dei reati previsti dall’art. 4 bis Legge 354/75 prima delle modifiche apportate dall’art. 3 D.L. 11/2009 (gli articoli indicati in grassetto sono previsti dal primo periodo del primo comma; gli altri dal secondo periodo)

Elenco dei reati previsti dall’art. 4 bis Legge 354/75 dopo le modifiche apportate dall’art. 3 D.L. 11/2009 (gli articoli indicati in grassetto sono previsti dal primo periodo del primo comma; gli altri dal secondo periodo)

Elenco dei reati previsti dall’art. 4 bis Legge 354/75 dopo le modifiche apportate dall’art. 3, della L. 9/2009, di conversione con modificazioni del D.L. 11/2009, che ha sostituito il comma 1 ed introdotto i commi 1 bis, 1 ter, 1 quater (comma 1 grassetto e sottolineato – 1 ter grassetto)

Delitti commessi con finalità di terrorismo 416 c.p. finalizzata a commettere delitti contro la personalità individuale (artt. da 600 a 604 c.p) e 609 bis c.p., 609 ter c.p, 609 quater c.p., 609 octies c.p 416 bis c.p. 575 c.p. 600 c.p. 600 bis, primo comma, c.p. 600 ter, primo e secondo comma, c.p. 600 quinques c.p. 601 c.p. 602 c.p. 609 bis c.p. 609 ter c.p 609 quater c.p 609 octies c.p 628, terzo comma, c.p. 629, secondo comma, c.p. 630 c.p. 291 ter DPR 43/1973 (T.U. Materia Doganale) 73, 80, comma 2, D.P.R. 309/90 (T.U. Stupefacenti) 74 D.P.R. 309/90 (T.U. Stupefacenti) 12, commi 3, 3 bis e 3 ter D.L.vo 286/98

Delitti commessi con finalità di terrorismo 416 c.p. finalizzata a commettere delitti contro la personalità individuale (artt. da 600 a 604 c.p) e 609 bis c.p., 609 ter c.p, 609 quater c.p, 609 octies c.p 416 bis c.p. 575 c.p. 600 c.p. 600 bis, primo comma, c.p. 600 bis, secondo e terzo comma, c.p. 600 ter, primo e secondo comma, c.p. 600 quinques c.p. 601 c.p. 602 c.p. 609 bis, escluso il terzo comma, c.p. 609 ter c.p 609 quarter, primo comma, c.p 609 quarter, secondo comma, c.p 609 octies c.p 628, terzo comma, c.p. 629, secondo comma, c.p. 630 c.p. 291 ter DPR 43/1973 (T.U. Materia Doganale) 73, 80, comma 2, D.P.R. 309/90 (T.U. Stupefacenti) 74 D.P.R. 309/90 (T.U. Stupefacenti) 12, commi 3, 3 bis e 3 ter D.L.vo 286/98

Delitti commessi con finalità di terrorismo 416 c.p. finalizzata a commettere delitti contro la personalità individuale (artt. da 600 a 604 c.p) e 609 bis c.p., 609 ter c.p, 609 quater c.p, 609 octies c.p 416 bis c.p. 575 c.p. 600 c.p. 600 bis, primo comma, c.p. 600 bis, secondo e terzo comma, c.p. 600 ter, primo e secondo comma, c.p. 600 ter, terzo comma, c.p. 600 quinques c.p. 601 c.p. 602 c.p. 609 bis c.p. 609 ter c.p 609 quarter c.p 609 octies c.p 628, terzo comma, c.p. 629, secondo comma, c.p. 630 c.p. 291 ter DPR 43/1973 (T.U. Materia Doganale) 73, 80, comma 2, D.P.R. 309/90 (T.U. Stupefacenti) 74 D.P.R. 309/90 (T.U. Stupefacenti) 12, commi 3, 3 bis e 3 ter D.L.vo 286/98