b nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien -...

48
19 Premessa In questo capitolo saranno esaminate le pro- blematiche generali relative al tema dell’ali- mentazione corretta e verranno considerate le informazioni più importanti riguardo al rapporto tra dieta e possibilità di ammalarsi. Nella relazione tra alimentazione e ma- lattie sono presenti incertezze e controver- sie non trascurabili. Nella trattazione degli argomenti abbiamo scelto quindi di ripor- tare quanto è rappresentativo di certezze, oppure, nell’ambito delle incertezze, espri- mere i concetti e le riflessioni pertinenti. Alimenti ed alimentazione: bisogni energetici e nutritivi L’organismo ha bisogno di energia e di so- stanze chimiche per svolgere le sue funzio- ni vitali, ossia per crescere, mantenersi e riprodursi e quindi per sopravvivere e vive- re. L’energia nel suo complesso e le sostan- ze chimiche di cui necessita sono ricavate dagli alimenti. Gli alimenti sono classica- mente definiti come sostanze “commestibi- li” in grado di fornire all’organismo l’ener- gia ed i nutrienti utili e necessari per sod- disfare le esigenze vitali; sono definiti pla- stici o energetici secondo la prevalenza di proteine o di glucidi o di lipidi. Gli alimenti con funzione protettiva e regolatrice ap- portano vitamine e sali minerali. Nel 1992 l’Istituto Nazionale della Nutri- zione (INN, oggi confluito nell’INRAN, Isti- tuto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, in collaborazione con la SI- NU, Società Italiana di Nutrizione Umana) ha diffuso una classificazione degli alimenti in 7 gruppi, finalizzata a migliorare le abi- tudini alimentari degli italiani, in particola- re ad evitare carenze nutrizionali. Alimenti del primo gruppo: carni fresche e conservate, prodotti itti- ci, uova. 1. Carni e frattaglie di bovini, suini, ovi- ni, equini, animali da cortile e selvag- gina. 2. Carne in scatola, salumi, ecc. 3. Pesci di mare e di acqua dolce, mol- luschi e crostacei, sia freschi sia con- gelati. 4. Uova. Forniscono proteine ad alto valore bio- logico, lipidi (acidi grassi saturi e coleste- rolo; le carni bianche ed il pesce contengo- no quantitativi discreti di acidi grassi polin- saturi) ferro, vitamine del gruppo B. Alimenti del secondo gruppo: latte e derivati. 2 Alimentazione, nutrizione e malattie Giancarlo Vannozzi

Upload: nguyenxuyen

Post on 21-Jan-2019

213 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

19

Premessa

In questo capitolo saranno esaminate le pro-blematiche generali relative al tema dell’ali-mentazione corretta e verranno consideratele informazioni più importanti riguardo alrapporto tra dieta e possibilità di ammalarsi.Nella relazione tra alimentazione e ma-

lattie sono presenti incertezze e controver-sie non trascurabili. Nella trattazione degliargomenti abbiamo scelto quindi di ripor-tare quanto è rappresentativo di certezze,oppure, nell’ambito delle incertezze, espri-mere i concetti e le riflessioni pertinenti.

Alimenti ed alimentazione:bisogni energetici e nutritivi

L’organismo ha bisogno di energia e di so-stanze chimiche per svolgere le sue funzio-ni vitali, ossia per crescere, mantenersi eriprodursi e quindi per sopravvivere e vive-re. L’energia nel suo complesso e le sostan-ze chimiche di cui necessita sono ricavatedagli alimenti. Gli alimenti sono classica-mente definiti come sostanze “commestibi-li” in grado di fornire all’organismo l’ener-gia ed i nutrienti utili e necessari per sod-disfare le esigenze vitali; sono definiti pla-stici o energetici secondo la prevalenza di

proteine o di glucidi o di lipidi. Gli alimenticon funzione protettiva e regolatrice ap-portano vitamine e sali minerali.Nel 1992 l’Istituto Nazionale della Nutri-

zione (INN, oggi confluito nell’INRAN, Isti-tuto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti ela Nutrizione, in collaborazione con la SI-NU, Società Italiana di Nutrizione Umana)ha diffuso una classificazione degli alimentiin 7 gruppi, finalizzata a migliorare le abi-tudini alimentari degli italiani, in particola-re ad evitare carenze nutrizionali.

• Alimenti del primo gruppo: carnifresche e conservate, prodotti itti-ci, uova.1. Carni e frattaglie di bovini, suini, ovi-ni, equini, animali da cortile e selvag-gina.

2. Carne in scatola, salumi, ecc.3. Pesci di mare e di acqua dolce, mol-luschi e crostacei, sia freschi sia con-gelati.

4. Uova.Forniscono proteine ad alto valore bio-

logico, lipidi (acidi grassi saturi e coleste-rolo; le carni bianche ed il pesce contengo-no quantitativi discreti di acidi grassi polin-saturi) ferro, vitamine del gruppo B.

• Alimenti del secondo gruppo: lattee derivati.

2Alimentazione, nutrizione e malattie

Giancarlo Vannozzi

Page 2: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

1. Latte fresco, UHT, sterilizzato, inte-ro, parzialmente scremato, scremato.

2. Latte condensato, latte in polvere.3. Yogurt, formaggi freschi e stagionati,ricotta.

Forniscono proteine al alto valore biolo-gico, calcio e fosforo, vitamine del gruppoB, vitamina A e vitamina D, lipidi.

• Alimenti del terzo gruppo: cereali ederivati, tuberi.1. Riso, frumento, segale, mais, orzo.2. Pasta, pane, prodotti da forno.3. Patate.Forniscono polisaccaridi (amido e fi-

bra), proteine a basso valore biologico, vi-tamine del gruppo B.

• Alimenti del quarto gruppo: legumisecchi (fagioli, piselli, fave, soia, lentic-chie).Forniscono proteine a medio valore bio-

logico, polisaccaridi (amido e fibra), vita-mine del gruppo B, ferro e calcio.

• Alimenti del quinto gruppo: grassi eoli da condimento.1. Burro, margarina, lardo, strutto,panna.

2. Olio di oliva, olio di semi.Forniscono lipidi (acidi grassi saturi,

monoinsaturi e polinsaturi; colesterolo), vi-tamine liposolubili.

• Alimenti del sesto gruppo: ortaggi efrutta fonti di vitamina A.Ortaggi e frutta di colore:1. Giallo o arancio (carote, zucca, pepe-roni, albicocche, pesche, cachi, melo-ne, ecc.).

2. Verde a foglia (spinaci, cicoria, indi-via, lattuga, radicchio, ecc.).

Forniscono caroteni (precursori dellavitamina A), altre vitamine, sali minerali(potassio, fosforo, magnesio), fibra, frutto-sio ed acqua.

• Alimenti del settimo gruppo: ortag-gi e frutta fonti di vitamina C.Ortaggi e frutta:

1. Aciduli: arance, mandarini, limoni,pompelmo, kiwi, ananas, fragole, mo-re, lamponi, pomodori e peperoni.

2. A gemme (broccoli, cavolfiore, cavo-li, verze, ecc.).

Forniscono vitamina C, altre vitamine,sali minerali (potassio, fosforo, magnesio),fibra, fruttosio e acqua.

Nel 2003 sono state pubblicate le Nuovelinee guida per una sana alimentazione ita-liana (INRAN, 2003) ed è stata propostauna classificazione nutrizionale degli ali-menti più semplice, articolata in 5 gruppi:

1. Cereali, loro derivati, tuberi.2. Frutta e ortaggi.3. Latte e derivati.4. Carne, pesce, uova e legumi secchi.5. Grassi da condimento.

Nutriente è definito ogni singolo com-ponente degli alimenti: le proteine sonoper esempio il principio alimentare dellacarne, così come l’amido è il principio ali-mentare della pasta, del riso e del pane. Inutrienti sono composti da unità elemen-tari più semplici: le proteine sono costitui-te da aminoacidi, i trigliceridi da gliceroloed acidi grassi, il lattosio da glucosio e ga-lattosio.Per alimentazione si indica la scelta, la

preparazione e l’assunzione degli alimenti.Per metabolismo si intende l’insieme di

tutte le trasformazioni chimiche e chimico-fisiche della materia vivente, cioè quei pro-cessi per mezzo dei quali la materia (orga-nica ed inorganica) viene utilizzata dall’or-ganismo. Nell’ambito della definizione ri-portata si comprendono i processi di scis-sione, di trasformazione e di sintesi deiprincipi nutritivi che l’organismo eseguecome conseguenza della nutrizione. Cata-bolismo è il processo di demolizione deinutrienti con liberazione di energia, men-tre anabolismo è il processo metabolicoche comporta l’utilizzazione dei nutrienti e

20

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Page 3: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

delle loro unità elementari per costruire“nuova” sostanza biologica vivente. L’ener-gia prodotta nei processi classici del cata-bolismo permette l’utilizzazione dei nu-trienti e la sintesi anabolica di nuovo mate-riale plastico. Il metabolismo (materiale edenergetico) indica la globalità delle trasfor-mazioni di materia (i nutrienti) e di ener-gia che avvengono nell’organismo. L’ener-gia chimica contenuta negli alimenti è tra-sformata in energia termica per la termore-golazione, in energia meccanica per il lavo-ro muscolare ed in energia elettrica per latrasmissione degli impulsi nervosi.L’unità di misura dell’energia è la chilo-

caloria (kcal). Una kcal equivale a 1000cal. In realtà l’unità di misura da impiegaredovrebbe essere il Joule (J), che è pari allavoro compiuto dalla forza di 1 newtonquando il suo punto di applicazione si spo-sta di un metro nella direzione della forza.Il chilojoule (kj) equivale a 1000 J e unakcal è pari a 4,186 kj.Il valore energetico dei diversi nutrienti

è il seguente: 1 g di proteine sviluppa 4 kcalcosì come 1 g di glucidi, mentre 1 g di lipidiproduce 9 kcal. L’acqua, i sali minerali e levitamine non hanno alcun potere calorico.

Il fabbisogno energetico

L’apporto di energia di origine alimentaredestinato a compensare la spesa energeticadi individui che mantengano un livello di at-tività fisica economicamente necessaria e“socialmente desiderabile” e che abbianodimensioni e composizione corporea com-patibili con un buono stato di salute a lungotermine è definito fabbisogno energetico.Il bisogno energetico varia in funzione

di età, sesso, peso corporeo, altezza, atti-vità lavorativa, attività fisica e di particolaricondizioni fisiologiche quali gravidanza, al-lattamento, crescita. Il fabbisogno energe-tico è stabilito sulla base del dispendioenergetico, che rappresenta la risultante diquattro differenti componenti.

1. Costo energetico per il metabolismo ba-sale (in un individuo adulto sedentariorappresenta il 65-75% della spesa calori-ca quotidiana).

2. Costo energetico per lo svolgimento del-l’attività fisica (15-25% del consumoenergetico totale).

3. Costo energetico per la termoregolazio-ne.

4. Costo energetico per la termogenesi in-dotta dalla dieta.

Il metabolismo basale (MB) o metaboli-smo basale a riposo (Resting Metabolic Ra-te) è il bisogno energetico di base, definitoin inglese BMR (Basal Metabolic Rate). IlMB è l’insieme dei consumi energetici ne-cessari per svolgere le normali e fisiologi-che attività vegetative. Indica quindi il di-spendio calorico minimo dell’organismo perla regolazione e il mantenimento della tem-peratura corporea e del tono muscolare,per il funzionamento di vitali attività qualiquelle cardiorespiratoria, circolatoria eghiandolare. Il MB esprime l’energia spesain condizioni di riposo per il fisiologico fun-zionamento delle reazioni metaboliche vita-li. In una persona adulta è determinato dal-la sua massa e dalla composizione corpo-rea, oltre che dal sesso e dall’età. Come ab-biamo già affermato, in un individuo adultosano e sedentario, il MB incide per circa il65-75% del dispendio energetico totale.La Termogenesi Indotta dalla Dieta

(TID) rappresenta l’incremento del di-spendio energetico in risposta all’assunzio-ne degli alimenti e mediamente è valutatain circa il 7-15% del dispendio energeticototale. La TID varia in funzione della quan-tità e del tipo di alimenti ingeriti. Lo stimo-lo termogenico maggiore è dato dalle pro-teine e dagli aminoacidi (10-35% dell’ener-gia ingerita), mentre valori inferiori sonoattribuibili ai carboidrati ed ai lipidi.Il MB è stimato mediante equazioni pre-

dittive estratte dal rapporto FAO/WHO/UNU(1985) sul dispendio energetico (tabella

21

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Page 4: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

2.1); è espresso come quantità di energiaper unità di tempo (kcal/min o kcal/die).Per una valutazione del metabolismo ener-getico correlato all’attività fisica sono statiinoltre elaborati dei valori di correzione delMB, denominati LAF (Livelli di Attività Fisi-ca giornaliera), in base ai quali è calcolato ilfabbisogno calorico totale di ogni individuoconoscendo approssimativamente il livello(leggero, moderato o pesante) del suo lavo-ro esterno (tabella 2.2).

Dieta, dietoterapia, nutrizioneclinica: definizione e significato

Il concetto di dieta necessita di precisazio-ni: nel linguaggio comune significa “asti-nenza dal cibo per ragioni di salute” o dieta

dimagrante e sembra indicare un indirizzoben preciso che si può semplificare conl’assioma o la raccomandazione generica di“mettersi a dieta”.Queste convinzioni e tutte le afferma-

zioni simili, purtroppo largamente diffuse,sono errate o superficiali. In realtà tutti noisiamo a dieta, nel senso che tutti noi ci ali-mentiamo, più o meno diversamente, e se-guiamo dunque una dieta che è parte inte-grante ed articolata della nostra vita. Unadefinizione appropriata di dieta può esserela seguente: “Insieme degli alimenti chedevono giornalmente essere somministratiall’organismo per assicurare il fabbisognoproporzionato allo sviluppo o al rinnovo deitessuti e al consumo di energia (SalvatoreBattaglia, Grande Dizionario della LinguaItaliana, Torino: UTET 1991).

22

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Tabella 2.2 - LIVELLI DI ATTIVITÀ FISICA (LAF) DA UTILIZZARE PER STIMARE IL FABBISOGNOENERGETICO PER SESSO E CLASSI DI ETÀ

FASCE DI ETÀ (ANNI) LAF GIORNALIERI

ATTIVITÀ LEGGERA ATTIVITÀ MODERATA ATTIVITÀ PESANTE

MASCHI 18-59 1,55 1,78 2,01≥ 60 1,45

FEMMINE 18-59 1,56 1,64 1,82≥ 60 1,48

Tabella 2.1 - EQUAZIONI PER PREDIRE E CALCOLARE IL METABOLISMO BASALE (MB)SULLA BASE DEL PESO CORPOREO

CLASSI DI ETÀ MB IN KCAL/DIE

MASCHI 10-17 anni MB = 17,5 X peso (kg) + 65118-29 anni MB = 15,3 X peso (kg) + 67930-59 anni MB = 11,6 X peso (kg) + 879> 60 anni MB = 12,3 X peso (kg) + 609

FEMMINE 10-17 anni MB = 12,2 X peso (kg) + 74618-29 anni MB = 14,7 X peso (kg) + 49630-59 anni MB = 8,7 X peso (kg) + 829> 60 anni MB = 9,0 X peso (kg) + 688

Fonte: FAO/WHO/UNU, 1985.

Page 5: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

Si può considerare l’alimentazione unostile di vita (dieta deriva dal greco διαιτα esignifica stile di vita). Dieta vuol dire anche“insieme di alimenti”, un complesso nutriti-vo che consumiamo per sopravvivere e vi-vere.Nella sua più ampia e concreta accezio-

ne la dieta non comprende solo la cosid-detta razione alimentare, cioè il quantitati-vo alimentare in senso stretto, ma ancheogni possibile variazione della razione stes-sa, le modalità di cottura e di preparazionedei cibi, il numero ed il ritmo dei pasti nel-l’arco della giornata e la presentazione deipiatti. Nonostante il termine “dieta” sia unconcetto semplice, numerosi fattori e con-dizioni di vita orientano le scelte alimentarie tendono a legittimare una confusione sulsuo significato: un’interrelazione tra forzefisiologiche, psicologiche, sociali e cultura-li, controlla e modula l’orientamento ali-mentare di ogni persona. La conseguenzadi quanto affermato è che un concetto ele-mentare coinvolge un fenomeno complessoche elude la definizione stessa di dieta adispetto dell’importante ruolo che essapossiede nell’etiologia e/o etiopatogenesi dimolte malattie croniche.Stabilito questo, è chiaro che bisognerà

verificare se il nostro tipo di alimentazionesia idoneo a coprire al meglio le esigenze ele necessità biologico-metaboliche. Esisto-no linee-guida internazionali di comporta-mento alimentare e per l’Italia i LARN (Li-velli di Assunzione Raccomandati di Ener-gia e Nutrienti) con la funzione di compor-re un profilo nutrizionale adeguato per tut-ti i bisogni della popolazione.Ma al di là dei principi nutrizionali, delle

linee-guida e delle raccomandazioni ragio-nevoli che le evidenze epidemiologiche escientifiche confermano come veramenteutili ed opportune, bisogna affermare chealimentazione significa altro ed implicadavvero il modo di vivere, nella società co-me nell’ambito familiare. Gli alimenti nonsono solo materiali energetici o plastici,

non sono cioè unicamente materiali nutri-zionali.Ci alimentiamo non solo per scopi nutri-

zionali, ossia spinti da esigenze e fabbiso-gni strettamente fisiologici e metabolici,ma anche e soprattutto per piacere, perchél’alimentazione in quanto stile di vita è dav-vero sorgente di piacere, serenità ed armo-nia (o comunque dovrebbe esserlo). L’uo-mo non mangia grassi, zuccheri, proteine ovitamine, ma alimenti di cui ha imparato aconoscere ed apprezzare il gusto e l’aroma(Del Toma, 2000).Dobbiamo quindi considerare una verità

semplice ed ovvia, ossia un concetto chefrequentemente viene trascurato o del tut-to ignorato: gli alimenti sono “materiali”che vengono consumati anche per piacere.E tutta la storia umana passa anche attra-verso questo rapporto, tra uomo ed ali-menti o meglio tra uomini, donne e cibo,attraverso un percorso di secoli fatto di la-voro per il cibo, di lotta per il cibo, ma an-che per il piacere del cibo. Allora si puòdavvero comprendere pienamente (o sen-tirne almeno la portata) la forte connessio-ne tra l’uomo e il cibo, tra ciò che è e ciòche mangia, se superiamo i limiti strettidella fisiologia della nutrizione.La distinzione tra nutrizione e piacere

può sembrare arbitraria. In realtà questaprecisazione ci permette di sostenere chegli alimenti possiedono due importanti pro-prietà: un valore nutritivo e un valore edo-nistico. Il cibo e gli alimenti in senso latonon rappresentano unicamente l’oggettodei nostri bisogni metabolici, la modalità at-traverso la quale possano essere soddisfattii diversi fabbisogni. L’alimentazione è un fe-nomeno dinamico e vitale, temporalmentecostante e diversificato nei giorni, nelle di-verse età, momento di piaceri ed insieme dipiacevoli sensazioni evocate e modulate dalcibo-alimento in quanto tale ed insieme dal-la percezione cosciente dei sapori.Alimentarsi, e quindi l’atto del mangia-

re, può essere sicuramente considerato (e

23

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Page 6: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

ne abbiamo ampia dimostrazione sia scien-tifica che sociale e storica) uno dei “piaceripiù grandi” della vita. Mangiare rappresen-ta un’esperienza sensoriale completa ingrado di trasformare lo stato d’animo diuna persona, indurre sensazioni nuove, in-fluenzare comportamenti oltre che modu-lare o anche condizionare molte funzioninervose e fisio-biologiche.L’alimentazione è dunque stile di vita

nell’accezione più completa e vasta del ter-mine. Alimentarsi implica scegliere, prepa-rare e condividere con l’ambiente quantoapparentemente può sembrare un momen-to solo privato e strettamente personale.L’atto del mangiare non è allora solo un’e-sperienza sensoriale o un processo fisio-biologico correlato ai bisogni nutrizionali:l’atto del mangiare è un atto culturale efrequentemente può diventare occasionedi comunione di sentimenti e di conoscen-ze, incontro umano e sociale. Stimoli am-bientali di varia origine e natura, meccani-smi complessi, ormonali e neurosensoriali,le abitudini della famiglia, la storia e il vis-suto, tutto quanto infatti determina e con-diziona il nostro stile di vita e quindi la no-stra διαιτα.Rispetto al passato tendiamo però ad

alimentarci sull’onda di messaggi d’immagi-ne diffusi dai media: delicati ed automaticiinput orientano e modulano l’alimentazio-ne o meglio il nostro “stile di vita alimenta-re”. Negli ultimi 20 anni sempre più inquie-tanti proposte e irrazionali tendenze hannotentato di trasformare fortemente il sensostorico e culturale dell’alimentazione inquanto tale, al di là dei significati nutrizio-nali. L’ossessione dietetica ha lentamentemedicalizzato ogni nostra scelta alimenta-re, la prevenzione delle malattie attraversola dieta è divenuta una costante e/o un’im-posizione. L’educazione alimentare fattaper slogan e frasi fatte sta creando indivi-dui iper-informati, orientati, convinti chel’alimentazione nell’ambito di un esaspera-to “salutismo” possa offrire una vita eterna

e completamente esente da malattie e di-sordini. Spesso la nostra dieta finisce perdiventare uno standard “globalizzato”, fre-quentemente iper-ricca di alimenti energe-tici ed iperproteici, pasti preconfezionati,pronti per l’uso, una “specie di tutto” varia-mente combinato e di difficile lettura culi-naria. Ma può accadere il contrario, anchenello stesso ambito sociale o sociocultura-le: la continua ed incessante ricerca dellostato di salute e del mantenimento del pe-so corporeo induce molti individui a farsisedurre e condizionare dalla incessantepubblicità che li spinge ad adottare com-portamenti alimentari non rispondenti alleattuali conoscenze scientifiche in tema dinutrizione ed alimentazione.Le scelte alimentari personali, spesso

uniformi negli anni quale complesso insie-me di esperienze, di consigli, di idee, diideologie, rispecchiano sempre e comun-que un’articolata storia fatta di emozioni,spinte culturali, talora tendenze religiose,ma le attuali trasformazioni economico-so-ciali e probabilmente il nuovo volto dellaciviltà stanno modificando in modo pene-trante anche il nostro stile alimentare emai come adesso sono esplosive le con-traddizioni sociali in tema di alimentazionee nutrizione.Nonostante una nuova cultura nutrizio-

nale, più attenta alle problematiche sem-plici o complesse correlate alla nostra vita,alla sua qualità, al futuro, la maggioranzadelle linee-guida dominanti spinge, taloraoculatamente ma spesso in modo del tuttodisordinato e caotico, la famiglia o la singo-la persona al consumo irragionevole, a vol-te fortemente privo di freni o limiti. All’in-terno dei sempre più grandi ed efficienticentri commerciali, dove le nostre sceltealimentari sono pilotate da promozioni eofferte, la famiglia (spesso riunita come sesi trattasse di una gita o di una passeggia-ta) viene orientata alla spesa del superfluo,dell’esagerato, del pacco gigante (maxi-confezione di biscotti o di merendine, con-

24

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Page 7: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

fezione famiglia di carne, confezioni darifornimento di gelati, ecc.). Emergonoquindi ben chiari determinati segnali: laspinta all’iperconsumo, all’acquisto “a tuttii costi” e all’approvvigionamento di diversi-ficati articoli e soprattutto di generi ali-mentari come se fosse imminente unaguerra o una grave calamità, ma anchel’austerità “salutistica”, che spinge ideolo-gicamente al rifiuto dell’alimentazione bio-logicamente definita “equilibrata”.Delineati in modo schematico e con vo-

luta approssimazione questi due tipi di mes-saggi, sembra doveroso sottolineare che lenuove inquietanti emergenze, tra le quali lapiù importante è l’obesità, potranno essereaffrontate e minimizzate nel loro rovinosoimpatto medico-sociale se comunità scienti-fiche, intelligenze ed eccellenze culturali,industrie alimentari e strutture governativetroveranno una nuova strada per una diver-sa e nuova cultura del cibo, degli alimenti eanche del vivere insieme.Nell’ambito della patologia, la dieta ac-

quista il significato di dietoterapia o tera-pia dietetica. La dietoterapia valuta comee quanto modificare della dieta fisiologicanormale, in relazione all’effettivo stato cli-nico, metabolico e nutrizionale del pazien-te, al fine di curare o correggere gli errorialimentari e gli squilibri metabolici e valu-ta quindi gli adattamenti quantitativi equalitativi che è corretto apportare allanormale alimentazione (Del Toma, 1995),in rapporto a malattie e disordini nell’am-bito di un’articolata strategia che sappiaprospettare un intervento terapeuticopreventivo e riabilitativo. La dietoterapia,spesso interpretata come “sinonimo” diprescrizione dietetica che contempli undogmatico e prolisso elenco di alimenti daescludere o da limitare, assume un signifi-cato più ampio, anche se più complesso,avendo la funzione di intervenire in tuttequelle situazioni non necessariamente pa-tologiche dove un “riequilibrio nutriziona-le” può essere comunque vantaggioso per

la salute. Evitando semplicistiche genera-lizzazioni, sono accettabili le seguenticonsiderazioni.

1. Dieta significa modo di alimentarsi, “sti-le di vita” alimentare.

2. Il termine dieta non ha alcun riferimen-to alla dietoterapia.

3. Esistono malattie, disordini, necessitàfisiologiche e funzionali che richiedonoprecisi interventi dietetici (dietoterapiapropriamente detta).

In considerazione della diversità esi-stente tra alimentazione e nutrizione e delfatto che i due termini sono spesso utilizza-ti indifferentemente, sarà opportuno sotto-lineare che con il termine di nutrizione ci siriferisce a quel complesso di processi efunzioni che consentono e modulano la di-gestione, l’assorbimento dei nutrienti con iconseguenti e correlati scambi materiali edenergetici, mentre con nutrizione clinica siindica quella serie di interventi destinatinon alla prevenzione primaria oppure allaprescrizione di diete “ideali” ma agli adat-tamenti necessari per fronteggiare i più di-versi stati morbosi mediante opportunemodifiche della dieta (Del Toma, 2006).

Lineamenti generali didietoterapia e nutrizione clinica

La dietoterapia ha lo scopo di eliminarei sintomi ed i segni di malattie correlabiliad errori dietetici o causati dall’alimenta-zione stessa, minimizzare o ritardare l’evo-luzione di molte malattie degenerative cro-niche, correggere o prevenire la malnutri-zione, fornire un supporto nutrizionale nel-le condizioni patologiche caratterizzate damoderate, ma fortemente evidenti, defi-cienze nutritive al limite della più severamalnutrizione. La dietoterapia svolge inol-tre un ruolo essenziale nella riabilitazionedel paziente con malattie capaci di deter-minare alterazioni dello stato nutrizionale

25

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Page 8: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

con varie o molteplici modalità e nel recu-pero delle funzioni vitali compromesse dastress chirurgici o gravi patologie.Prima di prescrivere o programmare

un approccio dietoterapico, deve essereesaminato con accuratezza se esista o noun bisogno nutrizionale reale per cui siaconcretamente indicato un piano di tera-pia dietetica, stabilito il quale devono es-sere considerate nella loro globalità leesigenze del paziente affetto da probleminutrizionali. Fissato un piano preliminaredi terapia, deve essere valutata l’accetta-bilità del programma da parte del pazien-te stesso.La pianificazione di una dieta deve talo-

ra prevedere accertamenti clinici e biou-morali tendenti a misurare lo stato nutri-zionale: la valutazione dello stato nutrizio-nale, che dovrà risultare tanto più precisaquanto più gravi saranno le condizioni delmalato, serve a quantificare le problemati-che biologiche del paziente esaminando leintercorrelazioni tra dieta, malattia e fabbi-sogni. Nella programmazione di una dietasono necessarie informazioni sull’adegua-tezza qualitativa e quantitativa della dietaabituale, sui gusti e sulle tendenze alimen-tari del paziente.La prescrizione di una dieta diventa al-

lora il primo ed essenziale passo di un in-tervento nutrizionale. La dieta “terapeuti-ca” (tabella 2.3) nella gran parte dei casisarà volta a modificare alcune caratteristi-che di composizione quantitativa o quali-tativa dell’alimentazione normale (dieteipocaloriche, diete ipercaloriche, diete po-vere in grassi, diete ricche in fibra, dieteiposodiche, ecc.); altre volte la prescrizio-ne riguarda solo la consistenza degli ali-menti (diete liquide, semiliquide, ecc.).Talora il piano dietetico modifica sia laqualità che la composizione quantitativadell’alimentazione. Nel diabete mellito, peresempio, la dietoterapia può prevedere si-multanee e rilevanti modifiche della dietaabituale: ridotto introito calorico giornalie-

ro, variazioni del tipo di glucidi e dellaquantità di grassi. In altre malattie, qualil’encefalopatia epatica in corso di cirrosicon ascite, l’intervento nutrizionale sarànecessariamente articolato e complesso(diete spesso ipercaloriche, con riduzionedell’apporto proteico e con limitazione delsale). In determinate situazioni l’interven-to dietoterapico modifica completamentesia l’alimentazione fisiologica che la via disomministrazione dei nutrienti (nutrizioneartificiale, parenterale o enterale). La die-ta per una specifica condizione dipendeinoltre dalla gravità e dallo stadio dellamalattia, dai bisogni nutrizionali, dalle ca-ratteristiche del paziente, dall’ambientedove avviene il trattamento (in ospedale oa casa).

Equilibrio e varietà di una dieta

La composizione di una dieta ed i suoi rap-porti con il fabbisogno energetico e con lenecessità per l’accrescimento, lo sviluppopsicofisico, la risposta alle malattie, devonoessere considerate le variabili più impor-tanti nel condizionamento di un buono sta-to di salute o, come si usa dire oggi, di unaqualità di vita ottimale.La dieta, intesa come scelta razionale di

alimenti e come ripartizione armonica deivari nutrienti, diventa il mezzo più idoneoper prevenire malattie, disordini metabolicie disturbi funzionali. I LARN (Livelli di As-sunzione Raccomandati di energia e Nu-trienti per la popolazione italiana), utilizza-ti per il calcolo dei bisogni nutritivi, sonouna valida linea orientativa per gli operato-ri del settore sociosanitario ed in particola-re per coloro che si occupano di program-mazione dietetica (www.sinu.it).Stabiliti i presupposti fisiologici e teorici

di un intervento dietetico, un’alimentazio-ne è razionale, capace di rispettare i gusti ele abitudini personali e di corrispondere apieno alle esigenze reali dell’organismo, seassolve i seguenti scopi:

26

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Page 9: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

1. Assicurare un’idonea introduzione dienergia mediante una corretta propor-zione dei vari nutrienti.

2. Garantire una dieta di base “appetibile”.3. Prevenire carenze o eccessi nutrizionali(assoluti o relativi per un determinatonutriente), capaci in tempi variabili diprovocare disturbi o malattie.

Le concezioni nutrizionali classiche sibasano su due concetti fondamentali: l’a-spetto quantitativo e quello qualitativo.Una corretta alimentazione deve fornireuna quantità di energia razionalmente cor-relata ai bisogni globali della persona.L’introduzione energetica in eccesso

comporta obesità, la carenza energeticacausa magrezza. Nell’ambito di un idoneoequilibrio calorico, deve essere realizzatol’equilibrio qualitativo, che consiste in unapporto armonico dei diversi nutrienti(proteine, lipidi, glucidi, vitamine, minera-li) in proporzioni tra loro ottimali.Il concetto d’alimentazione razionale è

connesso a quello d’alimentazione variata.Un’alimentazione è razionale solo se com-pleta ed adeguata e quindi se la scelta de-gli alimenti è quanto più possibile diversifi-cata. Considerando che le raccomandazionigenerali per il singolo e/o per gruppi di po-polazione devono essere semplici e didatti-che, bisogna far comprendere che variarela scelta degli alimenti significa alimentarsiin modo corretto. Variare opportunamentelo stile alimentare in tutte le sue “moda-

lità” aumenta la probabilità di assumere re-golarmente e nelle giuste quantità i nu-trienti dei quali si ha bisogno per garantireuna nutrizione ottimale e proteggere così ilproprio equilibrio metabolico e psicofisico.Un’alimentazione variata ha inoltre il

“potenziale obiettivo” di ridurre al minimo irischi correlati all’incompletezza di alcunialimenti e talora i pericoli conseguenti al-l’assunzione ricorrente di sostanze poten-zialmente nocive presenti in certi cibi o na-turalmente o come conseguenza di mano-vre tecnologiche di conservazione e/o dimanipolazione industriale. Il concetto dellanecessità di variare gli alimenti per compor-re un’alimentazione equilibrata deve esserereso comprensibile tramite la spiegazione dideterminati principi nutrizionali, la cui os-servanza permette la concreta realizzazionedi leggi e teorie, spesso considerate ma dif-ficilmente seguite e divulgate. Tra questiprincipi nutrizionali è opportuno ricordareche non esiste l’alimento completo in gradodi fornire tutti i nutrienti nelle giuste quan-tità e nei giusti rapporti. Deve essere sotto-lineato che, con l’unica eccezione del lattenell’alimentazione del neonato nei primimesi di vita, nessun alimento dovrebbe es-sere definito come assolutamente indispen-sabile. Molti alimenti possono quindi esseresostituiti da altri con proprietà nutritive si-mili e numerosi alimenti contengono più diun principio nutritivo in discreta quantità.Nella necessità di delineare le conside-

razioni teoriche sulla “reale bontà” di un’a-

27

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Tabella 2.3 - MODIFICHE DELLA DIETA USUALE: LE COSIDDETTE DIETE TERAPEUTICHE

1. Diete con modifica della consistenza degli alimenti (diete liquide, semiliquide, ecc.)

2. Diete con modifiche della frequenza dei pasti

3. Diete con modifiche quantitative (riduzione o aumento delle kcal totali) con o senza modifiche della composizio-ne in macro o micronutrienti (diete ipocaloriche, diete ipercaloriche, ecc.)

4. Diete con modifiche quantitative di singoli nutrienti, senza modifica dell’entità dell’introito energetico (diete ipo-proteiche, diete iposodiche, diete senza lattosio, ecc.)

5. Diete di esclusione (dieta aglutinata, dieta per allergie alimentari)

Page 10: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

limentazione variata in raccomandazioni edindirizzi comportamentali, ritenuti correttiin base ad osservazioni scientifiche ed epi-demiologiche, è riportato nella tabella 2.4quanto al momento è auspicabile e dimo-strato.

L’educazione nutrizionale: ruolodel dietista e del medico

Avendo stabilito i presupposti essenziali diuna razionale alimentazione e consideran-do che il rapporto tra dieta e salute non èun’astrazione ma una realtà (il nesso tradislipidemie e aterosclerosi è forse la docu-mentazione più incisiva in tal senso), è uti-le per il momento riportare alcune racco-mandazioni nutrizionali dimostrate comeopportune per la prevenzione delle più si-gnificative malattie (tabella 2.5). Nono-stante le corrette informazioni per una nu-trizione adeguata (e non solo quelle già va-lutate come sicure) siano ampiamentepubblicizzate, è sempre più incalzante ri-proporre una diversa strategia di interven-to che veda il dietista e il medico impegnatia diffondere queste linee-guida nutriziona-li, nella consapevolezza che il messaggio diuna “sana alimentazione” non sia mediatoda operatori sanitari o altre figure, non cul-turalmente addestrati e preparati alle veri-fiche costantemente critiche che simili im-

postazioni richiedono nel tempo. Secondoquanto affermato, si può concludere che ilruolo del dietista e del nutrizionista è sen-za dubbio amplificato e diverso rispetto alpassato. Le nuove problematiche e la pos-sibilità sempre maggiore di coinvolgimentodi questi professionisti esigono infatti unintervento non puramente dietetico: nelmomento stesso in cui si devono dare ri-sposte pertinenti ai bisogni del paziente edella persona sana, esiste la necessità diuna fase educativa, necessariamente diver-sificata a seconda delle situazioni ambien-tali e personali, nell’ambito della quale sipossa sviluppare un piano formativo com-prendente consigli e suggerimenti, capacidi incidere sulle abitudini e sullo stile di vi-ta alimentare.L’insieme dei messaggi, che il dietista e il

medico possono trasmettere, diventa l’oc-casione, in numerose situazioni, per modifi-care il comportamento alimentare del pa-ziente e della famiglia, per correggere spe-cifiche credenze nutrizionali e per minimiz-zare le molteplici preoccupazioni che deri-vano da una lettura non sufficientementeattenta delle informazioni, che ormai tantapubblicistica sapientemente è in grado didiffondere con ogni mezzo e stravagantimodalità. Sebbene l’educazione alimentaresia materia culturalmente difficile ed esigaincessantemente di essere aggiornata, il

28

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Tabella 2.4 - ALIMENTAZIONE VARIATA: INDIRIZZI COMPORTAMENTALI E RACCOMANDAZIONI

1. Evitare di consumare quantità eccessive o ripetute ogni giorno di uno stesso nutriente, anche di quelli che si so-no dimostrati capaci di apportare alle giuste dosi benefici accertati

2. Alternare le modalità di cottura, soprattutto per minimizzare i possibili rischi connessi a determinati sistemi dicottura

3. Consumare preferenzialmente gli alimenti di stagione (frutta e verdura di stagione)

4. Evitare di consumare ogni giorno o più volte alla settimana alimenti proteico-lipidici qualitativamente sovrapponi-bili, come ad esempio carne e formaggi, latte e dolci, pesce e carne, carne e uova

5. Variare la quota proteica settimanale, sostituendo la carne con i legumi, con le uova, con il pesce (riducendo oriequilibrando l’apporto proteico complessivo)

Page 11: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

dietista o il medico, interessato agli aspettinutrizionali della persona sana o malata de-ve riuscire a delineare, esprimere e pro-muovere concetti chiari con semplicità esenza schematismi pseudoscientifici.Al di là delle necessarie proposte educa-

tive in grado di modificare atteggiamentialimentari individuali e collettivi, quelloche forse sembra essere il problema cen-trale per il medico e per gli operatori delsettore medico-nutrizionale è l’interventodietoterapico in patologia. Alcune conside-razioni sono a questo punto legittime.Spesso la dietoterapia è ritenuta un’ap-

pendice ai trattamenti medici e farmacolo-gici o non è valutata nella sua potenzialevalidità quale strumento di cura. Dramma-ticamente comune sembra l’atteggiamentoopposto, cioè quello dell’enfatizzazione de-gli accorgimenti e dei consigli dietetici.Sempre più diffuso è il fenomeno della

dieta che risolve e corregge malattie e di-sturbi: non è raro osservare diete per la cel-lulite, per l’acne e altre svariate malattiedermatologiche, così come esistono e dila-gano diete per “rimanere giovani ed in for-ma” e diete per la caduta dei capelli, per le“famose” e spesso inesistenti gastriti, per lemalattie infiammatorie croniche intestinali,per ipotetiche epatopatie, per l’artrosi, perl’allergia che sempre più frequentemente èritenuta la causa di molteplici malattie.La dietoterapia (ma questa non dovreb-

be essere chiamata dietoterapia) diventa

allora la panacea magica per tutte le malat-tie e per molti disordini fisiologici e meta-bolici. Anche quando potrebbe essere utileun aggiustamento dietetico, questo tipo diterapia nutrizionale, reclamizzato peraltrocon modalità diverse, ma sempre sapiente-mente dettagliate, incide in modo irrazio-nale proponendo deleterie linee comporta-mentali di assoluta inefficacia. La realtà ele conseguenze di un’alimentazione e diuna dietoterapia “non ragionevoli”, per nul-la comprensibili soprattutto perché in con-trasto con le certezze e le informazioniscientifiche verificate e convalidate nel cor-so di molti anni, sono diverse. Sembra inol-tre essenziale delineare e proporre conestrema chiarezza i rischi che possono de-rivare da stili alimentari ed approcci diete-tici dominati o indotti da errate informazio-ni, falsi profeti ed improvvisati “esperti” innutrizione clinica (tabella 2.6). Credenze eluoghi comuni, enfatiche indicazioni su de-terminati accorgimenti dietetici (per ognidisturbo esiste il rimedio, il farmaco), varieed anche ostinate ciarlatanerie su moltepli-ci disturbi e disordini (basti citare che orasecondo molti “esperti” la persona obesa èin eccesso ponderale per fenomeni di intol-leranza alimentare) testimoniano una si-tuazione che nessuno deve trascurare.Quello che la dietoterapia, in quanto di-

sciplina medico-nutrizionale con determi-nati presupposti scientifici basati su infor-mazioni e osservazioni biologiche, cliniche

29

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Tabella 2.5 - RACCOMANDAZIONI PER UNA CORRETTA NUTRIZIONE

1. Seguire una dieta quanto più variata

2. Mantenere il peso corporeo il più vicino possibile a quello ideale

3. Ridurre l’introito dei grassi ed in particolare l’introito degli alimenti ricchi di acidi grassi saturi e di colesterolo

4. Ridurre il consumo di glucidi semplici

5. Aumentare il consumo di fibra alimentare

6. Limitare l’assunzione di alcool

7. Limitare il consumo di sale

Page 12: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

e sperimentali, deve chiedersi è soprattut-to quando, come e a quale scopo interveni-re: domandarsi quindi se esiste un bisogno,se esista veramente la giusta indicazionead una modificazione dietetica, come poterintervenire, quale finalità primaria o secon-daria possieda la “cura dietetica” e cosadover modificare dell’alimentazione.Se nel diabete mellito, nelle dislipide-

mie e nell’obesità (ma anche nelle malattiegastroenterologiche, quali ad esempio lamalattia celiaca e la stipsi cronica, nellemalattie nefrologiche ed in determinate si-tuazioni patologiche del fegato), la dieto-terapia ha un suo ruolo preciso e docu-mentato, non altrettanto si può dire perquelle condizioni, che non richiedono al-cun trattamento dietetico o per quelle al-terazioni funzionali al limite della reale pa-tologia organica, dove la dieta come tera-pia è inutile e non può svolgere un ruolocurativo, così come appare giusto ricorda-re che in tante malattie la dietoterapiaesplica effetti positivi senza assurgere amomento terapeutico essenziale o essereil cardine della terapia.

Non deve essere dimenticato che talorasono, per così dire, “inventate” malattieper costruire un trattamento che il più del-le volte è proprio dietetico. Raffinate, su-perficialmente suffragate da miracolosescoperte scientifiche ed affermate comeassolute certezze o nuovissime prospettive,sono sempre più presenti e pubblicizzatelinee nutrizionali che hanno la finalità ol’ambizione di modificare la nostra alimen-tazione alla luce di sporadiche, non con-trollate né verificate nel tempo, dimostra-zioni o evidenze cliniche. Il supporto scien-tifico di molti messaggi nutrizionali mancadel tutto o deve essere attentamente ana-lizzato con successive ricerche biologiche,epidemiologiche e cliniche.L’ipotesi, per esempio, che l’utilizzo di

alcuni supplementi vitaminici (vitamina Ee/o C) sia realisticamente vantaggioso nelproteggere dall’aterosclerosi è un dato in-dubbiamente importante ed è sicuro che ilruolo positivo degli antiossidanti nella die-ta è sottostimato o trascurato dai ricerca-tori; d’altra parte le rilevazioni scientifichenon autorizzano al momento a trasmettere

30

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Tabella 2.6 - ALIMENTAZIONE E NUTRIZIONE LA REALTÀ:LE CONSEGUENZE, I RISCHI

La realtà• Informazioni errate, non razionali• Carente cultura medico-scientifica• Interessi economici

Le possibili conseguenze• “Semplicizzazione” nutrizionale• Ossessione dietetica, miti ed errori• Retorica del “genuino”• Mode dietetiche• Enfatizzazione della dieta quale causa, concausa e terapia di malattie• Spesa economica

I rischi• Noncuranza o mistificazione delle certezze• Pregiudizi e proibizionismo dietetico• Austerità dietetica, fanatismo dietetico• Modificazione della qualità di vita con aggravamento di malattie o disordini• Disturbi del comportamento alimentare

Page 13: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

e diffondere messaggi nutrizionali e racco-mandazioni dietetiche definitive, tendentiad un incremento generalizzato di tali vita-mine allo scopo specifico di prevenire lemanifestazioni anatomiche e cliniche in-dotte dall’aterogenesi. La stessa riflessionepuò essere espressa per altri nutrienti oalimenti, quali il fish-oil, la cui attività è co-nosciuta (è in grado di modulare l’assettolipidico) ma le verifiche scientifiche nonsono però ancora del tutto immuni da per-plessità. Considerando che un qualsiasisuggerimento nutrizionale offerto alla sin-gola persona e tanto più all’intera popola-zione è fortemente incisivo e capace di ap-portare variazioni dietetiche persistenti neltempo e spesso irreversibili, è chiaro che ladietoterapia, intesa nella sua più ampia ac-cezione, ha bisogno di continui approfondi-menti, affinché possa fare proposte conclu-sive e valide per il singolo e per tutti, conuna doverosa prudenza che il ragionamen-to critico e la cautela scientifica impongo-no costantemente.

Formazione della dieta

Nella formazione di una dieta individuale,in base ai parametri dell’età, del sesso, del-l’attività fisica e lavorativa e del metaboli-smo basale, deve essere determinato il fab-bisogno energetico giornaliero. Le racco-mandazioni sui diversi livelli di assunzionedei singoli nutrienti sono elaborate inclu-dendo un margine che tenga conto dellavariabilità dei fabbisogni individuali alloscopo di soddisfare al meglio e con suffi-ciente precisione le esigenze della quasi to-talità dei membri sani di una popolazione;questo approccio operativo non può essereapplicato alla stima dei fabbisogni energe-tici, le cui raccomandazioni rappresentanoi fabbisogni medi di gruppo. Il fabbisognoenergetico è quindi definito sulla base distime del dispendio energetico piuttostoche, come avveniva in passato, sulla basedella stima dell’apporto energetico con la

dieta (LARN, 1996). La rilevazione dell’ap-porto energetico con la dieta può, infatti,risultare viziata dal fatto che questo nonobbligatoriamente corrisponde alla realedomanda energetica e può pertanto nonessere compatibile con un razionale man-tenimento a lungo termine del peso e dellacomposizione corporea.Nella tabella 2.7 è riportata l’indicazione

di un range di fabbisogno energetico peradulti italiani (18-60 anni) in funzione delpeso e del tipo di attività, sebbene apparesempre più preferibile calcolare i bisognicalorici di individui e di gruppi omogenei dipopolazione sulla base analitica di informa-zioni precise relative al peso reale o desi-derabile e al profilo il più possibile esattodelle attività svolte (LARN, 1996).Stabilito il fabbisogno energetico, la

quota calorica deve essere ripartita tra inutrienti fondamentali (proteine, lipidi,glucidi).Nel soggetto adulto e in condizioni fisio-

logiche normali si considera ottimale unaripartizione energetica quotidiana che pre-veda il 10-15% di proteine, il 25-30% di li-pidi ed il 55-65% di glucidi; una voltaorientativamente calcolati il fabbisognoproteico e quello lipidico, secondo le rac-comandazioni e gli indirizzi ritenuti più ap-propriati e corretti, diventa, per così dire,inevitabile che l’apporto glucidico non pos-sa essere inferiore al 50-55% delle calorierichieste e la linea dietetica generale tendeanzi a innalzare in modo significativo lapercentuale dei carboidrati da assumerenell’ambito della dieta razionale indicata.L’apporto di proteine non deve essere

superiore ai valori raccomandati (0,75g/kg), corrispondente al 10-15% dell’ener-gia totale, quota che dovrà essere aumen-tata in situazioni fisiologiche quali la gravi-danza e l’allattamento. Le proteine sononutrienti indispensabili per una regolarecrescita dei bambini e per un fisiologico ac-crescimento dei ragazzi e degli adolescenti,ma è un errore credere che in qualsiasi età

31

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Page 14: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

sia necessario ricorrere ad abbondantiquantitativi di proteine, e quindi di carne,latte, formaggi. Per ogni individuo esisteuna dose giornaliera di proteine che è defi-nita di “sicurezza”; apporti più rilevantinon arrecano vantaggi metabolici, non ser-vono a nutrirsi meglio e non migliorano ilrendimento psicofisico.L’apporto di lipidi non deve superare il

30% delle kcal totali, anche se probabil-mente è da ritenere legittimo e accettabilealla luce delle più recenti acquisizioni pro-porre una riduzione al 25% soprattutto nel-l’età adulta. La ripartizione dell’apporto lipi-dico deve inoltre prevedere un limitato in-troito di acidi grassi saturi (7-10%). È op-portuna un’attenzione particolare al conte-nuto di acidi grassi insaturi tendente a pri-vilegiare gli acidi grassi monoinsaturi (acidooleico), con un apporto di acidi grassi es-senziali corrispondente al 2-6% della quotacalorica quotidiana globale. Secondo le at-

tuali conoscenze bisogna comunque affer-mare che è ancora difficile stabilire la ripar-tizione ottimale tra i vari tipi di acidi grassi:i valori suggeriti nella dietologia generale enella dietoterapia delle più comuni dislipi-demie devono essere interpretati al mo-mento come orientativi al fine di consentiremodelli alimentari realistici e razionali.Le raccomandazioni internazionali, clas-

sicamente riportate da diversi anni, soprat-tutto dagli autori anglosassoni, di assumerecirca il 10% delle kcal globali sotto formadi acidi grassi polinsaturi sono giustificabilisulla base non solo di dimostrazioni scien-tifiche ma per il fatto che le fonti predomi-nanti di grassi vegetali disponibili pressoquesti paesi e popolazioni sono ancora, tut-to sommato, le margarine e gli oli di semi.In realtà l’abitudine storica al consumo diolio di oliva, tipica del nostro tipo di ali-mentazione, permette di abbassare al 5-7%delle kcal l’apporto dei polinsaturi.

32

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Tabella 2.7 - INDICAZIONE DI UN RANGE DI VALORI DI FABBISOGNO ENERGETICO PER ADULTIITALIANI (18-60 ANNI) IN FUNZIONE DEL PESO E DEL TIPO DI ATTIVITÀ CONDOTTA

UOMINI

PESO (KG) FABBISOGNO (KCAL/DIE)

ATTIVITÀ LEGGERA ATTIVITÀ MODERATA ATTIVITÀ PESANTE

55-60 2140-2250 2575-2715 3045-320560-65 2220-2360 2675-2840 3160-336065-70 2300-2465 2770-2975 3280-351570-75 2380-2575 2870-3100 3395-367075-80 2465-2680 2970-3230 3510-382580-85 2545-2790 3070-3360 3630-3975

DONNE

PESO (KG) FABBISOGNO (KCAL/DIE)

ATTIVITÀ LEGGERA ATTIVITÀ MODERATA ATTIVITÀ PESANTE

40-45 1540-1730 1690-1900 1875-211045-50 1645-1795 1805-1970 2000-218550-55 1750-1855 1920-2040 2130-226055-60 1855-1960 2035-2150 2260-238560-65 1920-2060 2105-2265 2340-251065-70 1980-2165 2175-2380 2410-2640

Page 15: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

Per quanto riguarda i glucidi, la loro as-sunzione fornisce il restante fabbisogno ca-lorico. Fissati i fabbisogni proteici e lipidi-ci, l’apporto in glucidi non dovrebbe scen-dere sotto il 55% della quota calorica gior-naliera. Il livello degli zuccheri semplicinon deve rappresentare più del 10-12%dell’energia totale della dieta; le acquisizio-ni sull’indice glicemico e sui vantaggi deri-vanti da un uso costante di fibra alimenta-re sono favorevoli ad una dieta meno re-strittiva. L’amido sarà il glucide essenzialee sotto forma di cereali (pasta, pane, riso)rappresenta il “centro” di un’alimentazioneequilibrata per evitare che la persona pos-sa trarre una quota considerevole di ener-gia dai glucidi semplici o dai lipidi.Un livello ottimale di introito di fibra ali-

mentare deve raggiungere i 30 g/die e sem-bra rappresentare un obiettivo facilmenteraggiungibile per la popolazione italiana. In-dipendentemente da calcoli “dietologici” ac-curati, anche se spesso opportuni e razionali,sufficienti quantità di fibra possono essereagevolmente realizzate nell’alimentazioneusuale perseguendo semplici linee-guida nu-trizionali quotidiane sia nell’adulto sia nelbambino, consistenti nel recupero di specifici“valori” alimentari, quali il consumo costantedi frutta, verdura, legumi, cereali. L’apportodi vitamine, oligoelementi e minerali è garan-tito dalla frutta, verdura e quindi dalla com-pletezza e varietà della dieta formulata.

SCELTA DEGLI ALIMENTI E SUDDIVISIONEDEI PASTI

L’equilibrio di una dieta deve essere garan-tito dall’armonica integrazione dei diversialimenti. In base alle esigenze personali, aigusti, alle raccomandazioni ed alle lineeteoriche già espresse, è elaborata la dieta.Nella logica pianificazione della “razione

alimentare” per singoli individui e/o percollettività, la scelta degli alimenti e dellemodalità di cottura più idonee e gradite,così come la suddivisione ragionata dei pa-sti, richiedono un’attenzione particolare e

rappresentano comunque nel loro insiemeuno dei momenti “nutrizionali” più difficili.Innanzi tutto, nella scelta degli alimenti

per i pasti quotidiani (ma più opportuna-mente dovrà essere “consigliata” o program-mata una dieta settimanale) bisogna preci-sare che, come già ricordato, nessun ali-mento contiene tutti i principi nutritivi, eogni giorno si dovranno pertanto consumarealimenti diversi: il principio espresso dell’al-ternanza degli alimenti ne condiziona quindiuna scelta razionale. Le stesse modalità dicottura dovranno variare in funzione dei po-tenziali effetti negativi di alcuni sistemi dicottura e manipolazione dei cibi e delle per-dite nutritive correlate, anche se non sem-pre quantificabili. La suddivisione dei pastirappresenta insieme alla necessaria variabi-lità ed alternanza degli alimenti un puntoessenziale di ogni intervento dietetico: unacorretta ripartizione quantitativa e qualitati-va dei nutrienti può risultare di grande van-taggio nel sano e nel malato. Esistono al ri-guardo opinioni divergenti e contradditto-rie. Specifiche, ma complesse evidenze fi-siologiche inducono spesso rigorose e nonadeguate raccomandazioni nutrizionali.Evitando esagerate e dogmatiche gene-

ralizzazioni, bisogna ammettere che la di-stribuzione dei pasti è spesso personale;inevitabilmente non può essere che arbi-trario uno schema che individui giorno pergiorno una schematica ed artificiosa suddi-visione delle kcal in 3-4 pasti.Più giusto sembra personalizzare la die-

ta, renderla dinamica e variabile in funzio-ne dell’età, dell’attività lavorativa, dei gustie delle tendenze individuali, dello stato nu-trizionale, dello stato di malattia: è proprioqui infatti che è diverso il problema dieteti-co relativamente alla persona in ottime obuone condizioni di salute oppure al sog-getto con disordini o malattie.Una tradizionale, ma sicuramente giusta,

ripartizione della razione alimentare preve-de una prima colazione e due pasti princi-pali: la prima colazione dovrebbe prevedere

33

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Page 16: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

il 15-20% delle kcal globali, il pranzo il 40-50%, la cena il 30%. Ma tale orientamento,nonostante appaia accettabile e pertinenteal fine di una razionalizzazione della dieta,può variare in funzione dello stato nutrizio-nale e delle abitudini del soggetto senza chele variazioni siano necessariamente causa didanno o di disordini metabolici rilevanti.Sembra quindi prospettabile raccoman-

dare ed affermare come ragionevole quan-to segue: ripartizioni troppo elastiche, cioèpiù di 3-4 pasti al dì, frammentazioni ripe-tute della razione alimentare o al contrarioconcentrazioni caloriche nell’ambito di ununico pasto, possono incidere, se moltoprolungate nel tempo, sul benessere gene-rale oppure apportare disordini e disturbianche solo funzionali.La necessità di esprimere i fabbisogni

energetici e in nutrienti indicati dai LARNin quantità di alimenti ha portato a quanti-ficare in modo standardizzato le porzioni dialimenti. Infatti le Linee Guida per una Sa-na Alimentazione Italiana sono in grado dioffrire suggerimenti razionali e opportuniconsigli per scelte alimentari capaci dimantenere un buono stato di salute e pre-venire appunto malattie e disordini, manon danno indicazioni riguardo la quantitào il numero di porzioni di alimenti che de-vono essere assunte ogni giorno o ogni set-timana.Si definisce porzione la quantità stan-

dard di alimento espressa in grammi (g),che si assume come unità di misura da uti-lizzare per un’alimentazione equilibrata; in-dipendentemente dal contenuto di nu-trienti, la porzione deve essere conformealla tradizione alimentare ed essere di di-mensioni ragionevoli (alimentarsi è e deverimanere comunque un piacere della vita).

I grassi nella dieta: riflessioni,osservazioni, luoghi comuni

Alla luce delle scelte alimentari ed infunzione di un primo accenno ad una delle

problematiche più interessanti della dieto-terapia, è importante richiamare l’attenzio-ne sulla questione della quota lipidica rite-nuta raccomandabile e delle implicazioniche diverse modulazioni, quantitative equalitative, dell’introito di grassi possonocomportare per l’organismo. Controversiesono tuttora presenti quando si affronta ilproblema delle sostanze grasse alimentari.Gli interrogativi sembrano essere i seguenti:

1. Qual è il contenuto di lipidi che è giustoassumere?

2. In quali situazioni diventa imperativo ocorretto modificare la quota lipidica?

3. Quale grasso sembra migliore?5. Quali sono i grassi più accettabili perun’efficace prevenzione delle più rile-vanti malattie degenerative?

6. Esistono malattie che risentono negativa-mente dell’effetto dei grassi alimentari?

Non esistono dubbi che una riduzionedella quota lipidica giornaliera è opportunaper prevenire le malattie cardiovascolari subase aterosclerotica. Gli studi epidemiologicie clinici hanno da tempo evidenziato che unaripartizione quantitativa dei più importantinutrienti è utile nell’ambito di un razionaleprogramma di prevenzione dell’aterosclerosi.La guerra al colesterolo in particolare ha

una sua logica, sebbene secondo unanimiconsensi e dimostrazioni rilevanti esista latendenza a tentare un riequilibrio lipidicoquantitativo e qualitativo generale, piuttostoche stilare un elenco prolisso di alimenti ric-chi di colesterolo da proibire ed intoccabili.Si ritiene quindi che una riduzione della quo-ta lipidica deve essere prescritta soprattuttonelle seguenti malattie e disordini metabolici:

1. Dislipidemie.2. Diabete mellito.3. Obesità.4. Ipertensione arteriosa.5. Cardiopatia ischemica cronica.

Le raccomandazioni dietetiche valideper tutti i pazienti con dislipidemia sono

34

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Page 17: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

sostanzialmente considerabili opportuneper l’intera popolazione, anche se in molticasi l’intervento presenterà determinatedifferenziazioni operative, alla luce dell’in-dispensabilità delle misure nutrizionali chedovranno frequentemente essere adottatecon maggiore incisività. Per quanto riguar-da la seconda e la terza problematica, oc-corre fare alcune considerazioni. Incom-prensibili ed inquietanti credenze orienta-no le scelte culturali dietetiche e condizio-nano i consumi alimentari di larga partedella popolazione, distraggono l’attenzionedalle problematiche nutrizionali più impor-tanti e forse sono la causa di disordini me-tabolici e funzionali, ancora sottostimati.Nonostante numerose dimostrazioni

scientifiche, osservazioni epidemiologicheed adeguate campagne di informazioneculturale, tuttora circolano a proposito deigrassi idee confuse e messaggi promozio-nali di incerto e quanto mai pericoloso si-gnificato (tabella 2.8). Una generica ed ir-razionale cultura alimentare sui “grassi” stadominando nella trattatistica di più o menolargo consumo, su riviste che si occupanodi ecologia nutrizionale, sulla stampa talora(ma non sempre) molto sensibile ai mes-saggi e ai bisogni della popolazione, ed infi-ne nell’ambito delle raccomandazioni bibli-che che esperti “dietologi” persistentemen-te e con ostinatezza suggeriscono con ocu-lata saggezza, facendo leva su antichi e ra-dicati luoghi comuni. L’attuale realtà delleinformazioni scientifiche, l’evidenza speri-mentale e gli studi di fisiologia della nutri-zione nonché la conoscenza dell’effettoglobale o specifico su organi o apparati deigrassi alimentari hanno permesso di rag-giungere determinate certezze sull’argo-mento.Se sono indubbiamente controversi o al-

meno non risolti i problemi concernenti i“grassi cosiddetti migliori” al fine della rea-lizzazione di una dieta razionale ed equili-brata, in grado di prevenire malattie e di-sordini oppure correggere alterazioni fun-

zionali ed organiche in atto, non esistonoincertezze sul fatto che particolari grassialimentari, soprattutto quelli animali,quando consumati in eccesso, possono rap-presentare un fattore di rischio per specifi-che malattie o essere concausa di disordinimetabolici.Considerando l’insieme delle sostanze

grasse alimentari, deve essere però ricor-dato che alcuni prodotti definiti “vegetali”sono ricchi di grassi saturi e pertanto latradizionale distinzione tra grassi animali egrassi vegetali perde di significato allorchési conoscono le componenti essenziali deitrigliceridi che costituiscono “quel grassoalimentare” e cioè gli acidi grassi. Proprioper la diversa tipologia degli acidi grassi siè potuto individuare e caratterizzare il ri-schio potenziale derivante dall’assunzionedi determinati grassi alimentari.Queste riflessioni permettono di sinte-

tizzare quanto segue:

1. Non esiste il grasso migliore e nell’ambi-to dei vari tipi di grassi è possibile cono-scere e quindi differenziare i meriti e idifetti di ciascuno di essi.

2. L’alimentazione prevede un quantitativolipidico estremamente diverso.

3. Individuato per ipotesi il grasso ideale, ènella realtà difficile e praticamente im-possibile concepire una dieta che con-templi solo quel tipo di grasso.

Numerose ed articolate osservazioni, va-lidate ed approfondite negli ultimi 15-20anni, hanno permesso di individuare cheesiste un documentato rapporto tra com-parsa, sviluppo e probabilmente progres-sione delle malattie degenerative atero-sclerotiche e introito lipidico; ma i risultatiscientifici hanno fatto intravedere che nontutti i lipidi sono pericolosi e quindi nontutte le sostanze grasse alimentari presen-tano effetti nocivi in senso aterogenetico.La nuova realtà, confortata soprattutto dal-le ricerche epidemiologiche, esprime uno

35

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Page 18: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

scenario estremamente diverso dal passa-to, quando l’unico nemico era rappresenta-to dal colesterolo alimentare. Al momentoattuale, al di là delle ovvie incertezze cheun simile problema è in grado di evocare,sappiamo che determinati grassi (quelli sa-turi, di provenienza sia animale che vegeta-le) svolgono un ruolo non trascurabile (peralcuni assolutamente significativo) nel pro-cesso di aterogenesi e che altri tipi di gras-si, quali ad esempio i monoinsaturi e alcunipolinsaturi hanno un effetto preventivodell’aterosclerosi.Se tuttora permangono dubbi culturali

sul ruolo svolto da taluni grassi nello svi-luppo dell’aterosclerosi (soprattutto perquanto riguarda i polinsaturi omega-6 in ri-ferimento alla loro azione ipoteticamenteprotettiva), conosciamo il pericolo rappre-sentato dall’introito di prodotti alimentaricontenenti acidi grassi trans (quali le mar-garine cosiddette vegetali). Risultati epide-miologici e metabolici hanno confermato iprimi sospetti su questo tipo di sostanzegrasse alimentari, largamente usate nel

mondo occidentale e in particolare negliUSA.È stata stabilita, infatti, una correlazio-

ne causativa positiva tra consumo di acidigrassi trans e rischio di malattia cardiova-scolare (Willett e Ascherio, 1994; Mozaffa-rian et al., 2006); considerando che l’in-troito di questi grassi è in incremento ne-gli USA ed in altri paesi ed alla luce dellascarsa informazione che viene data sull’ar-gomento (non esiste per esempio una pre-cisa regolazione che contempli con accu-ratezza la descrizione sul tipo di grassoutilizzato e soprattutto dilaga il consumodi fast-food e di altri prodotti ambigua-mente definiti come “liberi da colesterolo”o “cucinati in olio vegetale”), è sempre piùopportuna (o forse urgente?), una capilla-re sensibilizzazione della popolazione peruna scelta responsabile dell’alimento piùidoneo dal punto di vista nutrizionale pro-prio in funzione del fatto che gli stessiconsumatori hanno un limitato controllosul loro introito di acidi grassi trans (Mi-chels, Sachs, 1995).

36

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Tabella 2.8 - I GRASSI NELL’ALIMENTAZIONE: LUOGHI COMUNI E PREGIUDIZI

1. L’olio di oliva è più grasso dell’olio di semi2. Gli oli di semi fanno ingrassare di meno3. Gli oli di semi sono più leggeri dell’olio di oliva4. La margarina è leggera e meno grassa del burro5. L’olio di oliva deve essere usato solo per condire6. I grassi sono nocivi per il fegato

Non potendo esaminare criticamente gli innumerevoli pregiudizi e le errate credenze relative ai grassi alimentari, al-cune delle quali sono state sopra riportate quale esempio, possiamo sintetizzare alcuni concetti fondamentali, sot-tolineando che:

1. Ogni olio è un grasso al pari del lardo e dello strutto; gli oli sono grassi vegetali, il lardo e lo strutto sono grassianimali, ma comunque grassi

2. La margarina è un surrogato del burro, ottenibile con procedimenti chimici da qualsiasi grasso, e come tale de-ve essere considerata, cioè un grasso di qualità decisamente inferiore e non certo naturale

3. Gli oli di semi sono grassi come l’olio di oliva, sviluppano lo stesso numero di kcal, apportano quindi la stessaquantità di energia e fanno “ingrassare” come ogni altro grasso in proporzione alla quantità utilizzata; l’olio disemi non è più leggero dell’olio di oliva; è solo più fluido, cioè meno denso; non esiste dunque l’olio più legge-ro, o meno calorico o meno grasso; la presunta leggerezza di un olio è un non-senso alimentare e nutrizionale

4. Una sostanza è più o meno grassa (o leggera) secondo la percentuale di lipidi in essa contenuta; ebbene que-sta percentuale è massima proprio negli oli di semi e di oliva che sono grassi allo stato puro

5. Il consumo di grassi alimentari non provoca malattie epatiche

Page 19: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

Stabilito pertanto che la problematicasui grassi alimentari presenta indubbie dif-ficoltà operative, data la complessità del-l’argomento e le specifiche controversieculturali, e senza entrare in merito al rap-porto tra dieta, dislipidemie e malattie, og-getto di altro capitolo, bisogna precisareche le conoscenze attuali consentono diaffermare con relativa sicurezza che unaparticolare assunzione alimentare di gras-si, sia dal punto di vista quantitativo chequalitativo, può risultare dannoso per l’or-ganismo o rappresentare una condizioneconcausale rilevante nell’etiologia di moltemalattie e principalmente della malattiacardiovascolare aterosclerotica. Tra i di-versi lipidi, un ruolo certamente incisivonell’ambito di questa correlazione è svoltodal colesterolo e dai trigliceridi particolar-mente ricchi in acidi grassi saturi. Pertan-to, gli alimenti di origine animale e/o diorigine vegetale, che risultano essere co-stituiti in larga parte da simili grassi o checomunque rappresentino una percentualenon indifferente all’interno dell’alimenta-zione usuale, sono da ritenersi potenzial-mente pericolosi, soprattutto se inseritinell’ambito di una dieta ipercalorica. L’at-tenzione nutrizionale, pur nelle problema-tiche concettuali e nelle premesse operati-ve di una dieta razionalmente programma-ta, deve basarsi su queste specifiche cer-tezze e presentarsi disponibile a variazioniculturali e pratiche allorché verifiche ocontrolli scientifici ne dimostrino l’inconsi-stenza o la precarietà.Un aspetto che merita di essere analiz-

zato riguarda il “non-senso” nutrizionale ditalune regole dietetiche ancora imperantinella trattatistica tradizionale, più volte inmodo ossessivo riproposte in schemi dieto-terapici “curativi” di malattie e disordini. Igrassi sono incriminati di essere la causa dicosì tante malattie e molteplici disturbi cheil “buon senso” inviterebbe paradossalmen-te a concepire e suggerire per l’intera po-polazione diete totalmente alipidiche.

Tra i nutrienti considerati a lungo re-sponsabili di apportare danno al fegato, i li-pidi sono infatti quelli più ostinatamente ci-tati come causa “nociva” per questo orga-no; ecco quindi le proibizioni qualitative inriferimento soprattutto alle carni di maiale,agli oli, ai fritti, ai sughi, sospettati erronea-mente di determinare malattie epatiche.In realtà non esistono dimostrazioni che

giustifichino l’impostazione di diete ipolipi-diche nelle malattie del fegato e non è le-gittimo diminuire i grassi nella dieta perprevenire le epatopatie. I dati scientificistorici forse ci possono aiutare a capiremeglio questa problematica tuttora larga-mente dominante anche in certa trattatisti-ca. Nel 1914 Opie ed Alford dimostraronoche ratti alimentati con zucchero di cannaed avena erano più resistenti all’intossica-zione da cloroformio rispetto ai ratti ali-mentati con diete ricche in grassi (Opie eAlford, 1914).Da queste osservazioni emerse la con-

clusione che l’introito di lipidi rappresen-tasse un fattore aggiuntivo di rischio nellemalattie del fegato. In realtà le diete diOpie e Alford erano marcatamente inade-guate dal punto di vista nutrizionale e leconclusioni del lavoro non esprimono unarealtà scientifica razionale e fisiologica-mente corretta.Per ottenere risultati in grado di confuta-

re le prime e classiche convinzioni medichee dietetiche, bisogna aspettare il 1962 quan-do Crews delineò i seguenti punti erronei darimuovere nella cultura medica (Crews eFaloon, 1962; Marcelli e Rando, 1996), chein sintesi sono elencati di seguito:

1. La steatosi epatica deriva direttamentedai lipidi assunti con l’alimentazione.

2. Un danno epatico può essere prodottoda diete ad alto contenuto in grassi.

3. I lipidi sono poco assorbiti nelle patolo-gie epatiche.

4. Le diete ipolipidiche sono efficaci nellaterapia delle malattie epatocellulari.

37

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Page 20: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

Probabilmente è stato il significato disteatosi epatica e la sua non perfetta cono-scenza a consentire la formulazione di pre-scrizioni non opportune o dannose.La steatosi del fegato, pur essendo isto-

logicamente rappresentata da una precipi-tazione intraepatica di lipidi, riconoscemolteplici aspetti etiopatogenetici come adesempio l’abuso di alcol, la grave malnutri-zione proteica, il diabete mellito, l’obesità,nessuno dei quali è associato o correlabilead un’azione diretta dei grassi alimentari.Al riguardo è utile ricordare che la sommi-nistrazione di quantità cospicue di glucidiin corso di nutrizione parenterale può de-terminare steatosi epatica e che propriol’introduzione dei lipidi nelle miscele nutri-tive ha permesso una riduzione delle epa-topatie steatosiche nei trattamenti protrat-ti di nutrizione parenterale totale (Tubili,1995). È il glucosio, infatti, la sorgente li-pogenetica più rilevante, quando soprat-tutto la dieta diventa ricca di carboidrati epovera di lipidi.I grassi quindi, indipendentemente dal-

la sorgente alimentare, non esplicano atti-vità lesiva sul fegato e non è giusto attri-buire ad essi un ruolo steatogeno prima-rio. È vero che in alcuni pazienti con ma-lattie gastroenterologiche, quali la pan-creatite cronica, una restrizione lipidicapuò essere vantaggiosa e far parte quindidi un programma dietoterapico, ma lamaggioranza della patologia digestiva edepatobiliare non necessita quasi mai di ag-giustamenti dietetici che comprendanouna riduzione della quota lipidica o co-munque una marcata deviazione dalle li-nee-guida stabilite e ritenute comunemen-te valide.In particolare si può peraltro affermare

che l’epatite acuta classica e le epatopatiecroniche, anche nelle fasi di scompensoepatocellulare, non risentono positivamen-te di alcuna dieta ipolipidica né di un di-verso uso dei grassi utilizzati nell’alimenta-zione.

L’abolizione di determinati cibi, come lacarne di suino o le tanto incriminate frittu-re, non è una misura dietetica appropriatain nessuna malattia digestiva né ha maitrovato razionali conferme quale rimedioterapeutico efficace. Le sostanze grassealimentari d’altra parte non sono ricono-sciute epidemiologicamente e clinicamentecome causa di malattia epatica o di disturbiorganici dell’apparato digerente.

Alimentazione e malattie

L’alimentazione può essere causa di malat-tie e/o disordini metabolici. Un’alimenta-zione non corretta e l’inattività fisica sonodue dei principali fattori di rischio dell’i-pertensione arteriosa, dell’obesità, del dia-bete mellito, delle dislipidemie.

IPERALIMENTAZIONE E OBESITÀ

L’eccesso ponderale e l’obesità sono corre-labili ad ipernutrizione. L’obesità è ricono-sciuta un fattore di rischio per numerosecondizioni patologiche (diabete mellito,ipertensione arteriosa, cardiopatia ische-mica, artrosi). Oltre a dimostrazioni epide-miologiche storiche che hanno indicatoun’associazione tra obesità e neoplasie(Nomura et al., 1985), evidenze scientifi-che recenti hanno delineato che i fattoriambientali e soprattutto la dieta rappre-sentano la causa di circa il 30% delle neo-plasie nei paesi sviluppati (Key et al.,2002).

DIETA E MALATTIE CARDIOVASCOLARI

L’aterosclerosi è la causa della maggioranzadelle malattie cardiovascolari. L’eccessoalimentare ed in particolare di cibi ad altocontenuto di grassi animali e/o di glucidiraffinati può essere fattore favorente lacomparsa di dislipidemie, a sua volta re-sponsabili di un aumentato rischio per ma-lattie cardiovascolari. È stato calcolato chenel 2001 le malattie croniche hanno contri-

38

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Page 21: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

buito al 60% dei 56,5 milioni di morti nelmondo e approssimativamente al 46% delcarico globale mondiale per malattia edinoltre la metà di tutte le morti nel mondoè attribuita alle malattie cardiovascolari(WHO, 2002).L’obesità è associata frequentemente ad

ipertensione arteriosa. Nello stesso indivi-duo sono spesso presenti ipertensione ar-teriosa, obesità, ipercolesterolemia. Oltreall’iperalimentazione, un esagerato consu-mo di sale rispetto ai fabbisogni fisiologiciè ritenuto causa favorente l’ipertensionearteriosa. Un consumo di cloruro di sodionon superiore ai 6-7 g/die sembra consenti-re un’efficace misura di prevenzione dell’i-pertensione arteriosa, anche se esistonocontroversie sull’opportunità di estenderea tutta la popolazione questo tipo di racco-mandazione.

RUOLO DEI RADICALI LIBERI E DEGLIANTIOSSIDANTI IN PATOLOGIA

Per radicale libero si intende ogni speciechimica (atomo o molecola) provvista diuno o più elettroni spaiati nell’orbitale pe-riferico (Halliwell, Gutteridge, 1989); taleconfigurazione conferisce ai radicali liberiun’elevata reattività correlata alla necessitàdi cedere o acquistare un elettrone per as-sumere uno stato energetico più stabile(Farinati et al., 1997). I radicali liberi, chemaggiormente interessano la patologiaumana, derivano dal metabolismo dell’ossi-geno (in particolare il radicale idrossilico el’anione superossido).I radicali liberi dell’ossigeno sono mole-

cole di ossigeno instabili, altamente reatti-ve, con un elettrone spaiato che tende aformare doppi legami stabili, interagendocon l’omeostasi tessutale umana mediantealterazioni di biomolecole, con inclusionedi proteine, lipidi ed acidi nucleici (Giaco-sa, Filiberti, 1996). La formazione di radi-cali liberi (o comunque una perdita delcontrollo delle loro azioni) è ritenuta unacausa importante di danno cellulare.

Se risulta indubbiamente provato e per-tanto convincente che la produzione di ra-dicali liberi dell’ossigeno è indispensabileper la sopravvivenza dell’organismo (peresempio l’effetto battericida), è altrettantovero che la presenza di “scavengers” di taliradicali, ovvero di enzimi deputati alla loroinattivazione (superossido-dismutasi, cata-lasi e perossidasi), è necessaria per la nor-male omeostasi cellulare (Brunelleschi,1989). Queste sostanze sono in grado di in-durre alterazioni ossidative nei confrontidelle membrane cellulari e in particolaredelle componenti lipoproteiche (perossida-zione lipidica). Il danno ossidativo coinvol-ge anche il DNA e si accumula nel tempo,favorendo i processi di invecchiamento.I radicali liberi sono capaci di interagire

e apportare danni a tutte le macromolecoleche costituiscono i diversificati distrettidelle nostre cellule. La ridotta efficienzanella produzione di energia sotto forma diATP che si rileva nel corso dell’invecchia-mento sembra in parte correlata all’azionepersistente dei radicali liberi. L’eccesso diradicali liberi è probabilmente coinvoltonella patogenesi di svariate malattie ed inparticolare l’aterosclerosi e le neoplasie.Dato che le difese dell’organismo possononon essere sufficientemente valide, l’incre-mentata formazione di radicali liberi tendead aumentare il danno cellulare e tessuta-le; il termine stress ossidativo è spesso uti-lizzato per spiegare questo fenomeno(Sies, 1991).I radicali liberi possono essere generati

in via endogena attraverso fisiologiche rea-zioni metaboliche o in via esogena qualicomponenti del fumo di tabacco o di moltialtri inquinanti ambientali, e indirettamen-te attraverso il metabolismo di alcuni sol-venti, di componenti dietetiche, farmaci,radiazioni (Giacosa e Filiberti, 1996).I principali radicali liberi dell’ossigeno

sono riportati nella tabella 2.9 con i relati-vi meccanismi di formazione e i sistemi diprotezione. I bersagli subcellulari dei radi-

39

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Page 22: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

cali liberi sono numerosi e comprendonoproteine, lipidi (in particolare gli acidigrassi polinsaturi contenuti in elevateconcentrazioni soprattutto nei fosfolipididelle membrane cellulari), gli acidi nuclei-ci, il collagene; bersagli cellulari sonoprincipalmente le cellule epiteliali, le cel-lule endoteliali, gli eritrociti, i neuroni, gliepatociti.I quadri patologici la cui patogenesi

sembra correlata alla formazione e agli ef-fetti dei radicali liberi sono molteplici (ta-bella 2.10). L’ossidazione delle lipoproteineLDL è per esempio riconosciuta condizioneimportante e significativa nell’aterogenesi,dato che induce la migrazione dei monocitinella subintima, la trasformazione dei mo-nociti in macrofagi e l’espressione di recet-tori per le LDL ossidate. Ebbene, la pato-genesi dell’aterosclerosi appare sempre piùconseguente o fortemente correlata a rea-zioni radicaliche coinvolgenti i lipidi di de-rivazione dietetica, presenti nella paretearteriosa e nel torrente circolatorio, checonducono alla formazione di perossidi e dialtre sostanze endotossiche (Borromei eMaitan, 1995).Per quanto riguarda le neoplasie, esisto-

no ragionevoli certezze che inducono a ri-tenere che molte sostanze carcinogeneti-che agiscono nell’organismo determinandoreazioni radicaliche.

I radicali liberi possono svolgere un ruo-lo significativo nel processo carcinogeneti-co, danneggiando specifici geni che con-trollano la crescita e la differenziazionecellulare (Farinati et al., 1997). Sono inol-tre in grado di stimolare una più rilevantecrescita delle cellule neoplastiche e/o inte-ragire direttamente con il DNA.Il danno ossidativo può essere prevenuto

da particolari sostanze antiossidanti. Gli an-tiossidanti inibiscono la comparsa di formereattive dell’ossigeno, sottraendo radicali li-beri (scavenging effect), o potenziando ledifese endogene (per esempio aumentandol’attività dei sistemi di protezione). Eviden-ze scientifiche attestano l’azione antiossi-dante di alcune vitamine con effetti preven-tivi sulle patologie degenerative e sulle neo-plasie. Tra le vitamine antiossidanti sono daricordare la vitamina A (il retinolo e i com-posti analoghi definiti retinoidi, i carotenoi-di), la vitamina E o tocoferolo, la vitaminaC o acido ascorbico. Viene ipotizzato chetali sostanze potrebbero ridurre del 20-30%il rischio di cancro, riuscendo ad inattivarel’attività dei radicali liberi e prevenire cosìla formazione di carcinogeni da precursoriinattivi (Hennekens, 1994).La dieta mediterranea per il suo elevato

tenore di frutta e verdura (e quindi di an-tiossidanti naturali) eserciterebbe un’atti-vità di modulazione dello stress ossidativo,

40

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Tabella 2.9 - FORMAZIONE DI RADICALI LIBERI: MECCANISMI ENDOGENI DI PROTEZIONE

OSSIDANTE MECCANISMO DI FORMAZIONE SISTEMA PROTETTIVO

Anione superossido NADPH ossidasi, catena respiratoria superossido dismutasimitocondriale, citocromo P450,xantino-ossidasi

H2O2 dismutazione dell’anione superossido catalasi, glutatione, perossidasi

Radicale ossidrilico radiolisi dell’acqua, reazione tra H2O2 e acido urico, vitamina C,anione superossido glutatione, taurina

Ossigeno singoletto attivazione fotochimica dell’ossigeno carotenoidi

Prodotti della attività di ciclo-ossigenasi, secondaria vitamina E, glutatione,lipoperossidazione alla produzione di anione superossido glutatione-perossidasi

Page 23: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

ritenuto uno dei meccanismi più rilevantidella maggioranza delle malattie croniche(Ghiselli et al., 1997).Ampie indicazioni della letteratura sot-

tolineano che il β-carotene protegge l’orga-nismo dal danno indotto dai radicali liberi epotrebbe possedere effetti anti-cancro eazioni di stimolo sul sistema immunitario(van Poppel et al., 1993; Bast et al., 1996);la sua attività protettiva e benefica si eser-citerebbe anche nell’ambito dei processi dilipoperossidazione causa o concausa dell’a-terosclerosi (Frei, 1995). Il β-carotene d’al-tra parte inibisce l’iniziazione e la promo-zione della cancerogenesi catturando radi-cali liberi e proteggendo i lipidi di membra-na e il DNA dalle alterazioni ossidative etutte le azioni positive svolte trovano per-tanto una valida conferma chimico-biologi-ca. Studi epidemiologici (van Poppel,1996) hanno peraltro rilevato che l’introitodi β-carotene è associato ad una riduzionedel rischio per tumori in alcune sedi, con-fermando i dati biologico-sperimentali especulativi, sebbene trial controllati nonabbiano evidenziato alcun effetto positivosull’incidenza di neoplasie maligne e malat-tie cardiovascolari utilizzando per periodi

prolungati supplementi di β-carotene(Hennekens et al., 1996).La vitamina C e il tocoferolo inibiscono

la formazione di nitrosamine e di altri N-ni-troso composti sia in modelli sperimentaliche in vivo, ed in particolare la vitamina Csembrerebbe esplicare un ruolo di enormeinteresse nella prevenzione delle neoplasiegastriche.Tra le altre sostanze ad attività antiossi-

dante, il selenio appare la più promettente.Il selenio è l’elemento essenziale per l’atti-vità svolta dall’enzima glutatione-perossi-dasi. Questo enzima fa parte del sistema didifesa antiossidativo cellulare, in quantocatalizza la degradazione degli idroperossi-di formatisi per ossidazione degli acidigrassi polinsaturi nelle membrane. Il conte-nuto totale di selenio nell’organismo uma-no può essere ampiamente diverso (3-30mg), in rapporto all’assunzione dieteticanelle zone geografiche, la quale varia con lacomposizione del terreno (LARN, 1996).Molti studi su animali hanno dimostratoche diete ad elevato contenuto di seleniohanno un effetto inibente sulla carcinoge-nesi (Clement e Lisk, 1994); viene inoltreipotizzato un suo ruolo protettivo eminen-

41

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Tabella 2.10 - PATOLOGIE DA RADICALI LIBERI

1. Da aumentata generazione radicalica intracellulare• Da iperossigenazione (iperossia, retinopatia neonatale, sindromi da riperfusione)• Da ipo-ossigenazione (shock, ischemia)• Intossicazioni (antiblastici, benzopirene, tetracloruro di carbonio)

2. Da aumentata generazione radicalica extracellulare• Infiammazioni acute (ustioni, infezioni)• Infiammazioni croniche (collagenopatie, colite ulcerosa, artrite reumatoide)• Sindromi immunologiche (AIDS)

3. Da aumentata generazione radicalica extra- ed intracellulare• Radiazioni (ultraviolette, ionizzanti)• Inquinanti (ozono, ossido di azoto, biossido di azoto, fumo)

4. Da diminuita attività scavenger• Da deficit enzimatici (deficit di oligoelementi, iponutrizione, stress, shock, acidosi)• Da deficit non enzimatici (carenza di vitamina A e vitamina E, malnutrizione, senescenza, insufficienza epatica)

Fonte : Cestaro et al., 1996, modificata.

Page 24: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

temente antiossidante anche nei confrontidel processo di invecchiamento. Nonostan-te le evidenze biologico-sperimentali, nonesiste unanime convinzione che supple-menti di selenio o diete ricche in seleniosiano efficaci nel ridurre il rischio di neo-plasia. Problematica è peraltro la valutazio-ne del fabbisogno quotidiano di selenio. In-dipendentemente da legittime perplessitàsul ruolo effettivo del selenio, quale com-posto utile nella chemioprevenzione tumo-rale, non c’è dubbio che in un prossimo fu-turo si possa giungere a capire se i presup-posti chimico-biologici e le relative osser-vazioni sperimentali tendenti a enfatizzarel’attività benefica del selenio siano convin-centi per attuare mirate e razionali linee-guida nutrizionali e terapeutiche del tuttonuove nel campo di alcuni e specifici qua-dri patologici umani.

DIETA E NEOPLASIE

L’alimentazione e il consumo di particolaricostituenti della dieta sono correlati ad unaumento della frequenza di neoplasie.Le osservazioni epidemiologiche indica-

no che molti fattori ambientali (tabacco,dieta, alcol, infezioni, fattori ormonali, ra-diazioni) sono responsabili dello sviluppodi alcune neoplasie. Il possibile rapportotra ambiente e tumori ha da tempo stimo-lato la ricerca del ruolo etiologico della die-ta ed in generale dello stile di vita nel de-terminismo delle neoplasie.I meccanismi della correlazione causa-

effetto tra dieta e tumori sono ancora inparte ignoti o non perfettamente sicuri. Damolti anni è stato stimato che il 35% (ran-ge 10-70%) di tutta la mortalità per cancronegli USA può essere attribuita a fattoridietetici (Doll e Peto, 1981; Doll e Peto,1996; WHO, 2003). Premesso che il legametra dieta e neoplasie è complesso e non fa-cilmente analizzabile per l’esistenza di nu-merose variabili e per una lettura non faci-le dei risultati degli studi clinici ed epide-miologici, si può ipotizzare che i fattori nu-

trizionali sono in grado di svolgere un ruolo(positivo o negativo) nello sviluppo di unaneoplasia con le seguenti modalità (Reddy,1994):

1. Additivi, contaminanti o particolaricomponenti della dieta possono agirecome carcinogeni, cocarcinogeni e/opromotori.

2. Molti costituenti della dieta si compor-tano come anticarcinogeni.

3. Eccessi o deficienze di alcune sostanzenutritive possono produrre alterazionibiochimiche capaci di promuovere ilprocesso di cancerogenesi.

4. Variazioni dell’introito di alcuni macro-nutrienti possono indurre anormalitàbiochimiche e/o metaboliche in grado diaumentare il rischio per neoplasia.

Intuitivamente sembra più comprensibi-le il ruolo etiologico degli additivi nello svi-luppo di determinate neoplasie. In realtà,la maggioranza delle informazioni esistentitende ad affermare che è la composizionedella dieta, e non l’azione diretta degli ad-ditivi e dei contaminanti, a costituire unacausa rilevante di malattia e rappresentarequindi una potenziale condizione di rischioper molti tumori.Avendo a mente la variegata quantità di

dati concernenti il rapporto tra dieta e neo-plasie, riportiamo, sulla base di quanto èpresente nella letteratura medica, i dati epi-demiologici e scientifici più importanti, con-siderando come elemento prioritario unarealtà sicuramente certa: viene stimato cheil 30-40% di tutti i tumori può essere preve-nuto con un corretto stile di vita ed un’ali-mentazione diversa (Divisi et al., 2006):

1. L’obesità sembra essere dopo il tabac-co la più importante causa nota ed evi-tabile di cancro (WHO, 2003). Il so-vrappeso e l’obesità sono correlabilicon lo sviluppo di molte neoplasie(esofago, colonretto, colecisti, utero,mammella, rene).

42

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Page 25: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

2. È stato stimato che circa il 2% di tuttele morti per neoplasia è dovuto ad ec-cesso ponderale (La Vecchia, France-schi, 1994).

3. La possibilità che esista una correla-zione tra grassi alimentari ed inciden-za di cancro alla mammella è una delleipotesi più controverse esistenti nel-l’ambito dell’epidemiologia nutriziona-le. In molti studi l’assunzione di grassinon è stata associata ad un aumentatorischio di cancro di mammella e lamaggioranza delle analisi epidemiolo-giche non è per nulla convincente oconclusiva. Un largo studio prospetti-co di coorte ha rilevato che l’introito digrassi alimentari è direttamente asso-ciato ad un aumento del rischio di can-cro di mammella postmenopausale(Thiebaut et al., 2007).

4. Un aumento dell’assunzione di alimen-ti ricchi in colesterolo potrebbe incre-mentare il rischio di tumore pancreati-co (Howe et al., 1992).

5. Un elevato consumo di “carni rosse”rappresenta un fattore di rischio per leneoplasie del colon, soprattutto delcolon distale (Key et al., 2004; Noratet al., 2005).

6. Il consumo di carne rossa è associatocon un rischio aumentato di cancrogastrico non cardiale soprattutto nellepersone con infezione da Helicobacterpylori (Gonzalez et al., 2006).

7. Per quanto riguarda il tumore della co-lecisti, studi controllati dimostrano uneffetto protettivo della verdura e dellafrutta sulla carcinogenesi mentre ilconsumo di carne rossa aumenta il ri-schio del cancro (Pandey e Shukla,2002).

8. Esistono prove di un’associazione traconsumo/abuso di alcol e sviluppo dineoplasie del faringe, esofago, stoma-co, fegato (Key et al., 2004). Il consu-mo di alcol è inoltre correlato ad au-mento della cirrosi epatica e quindi

dell’epatocarcinoma. Considerando ilcancro del pancreas, analisi scientifi-che recenti non hanno convalidatoun’associazione statisticamente signifi-cativa tra assunzione di alcol e rischiodi cancro pancreatico (Michaud et al.,2001).

9. La fibra alimentare può svolgere unruolo protettivo nei confronti delleneoplasie del colon e della mammella.Un elevato consumo di frutta e verdu-ra è associato con un rischio ridottoper la maggioranza delle neoplasie edin particolare un’aumentata assunzio-ne di frutta e verdura può ridurre il ri-schio di insorgenza del tumore dellamammella. Esiste la convinzione (permolti autori è una convinzione debole)che la frutta e la verdura abbiano unruolo di protezione oncologica.

10. Il consumo di frutta e verdura è inver-samente correlato con l’incidenza dimolte neoplasie. Questo significa cheelevati consumi di frutta e verdura so-no associati ad un rischio ridotto per lamaggioranza dei tumori (La Vecchia,1997; Key et al., 2004). La ragione,ampiamente documentata, dipendeprobabilmente non solo dagli effettidella fibra ma dal contenuto di nu-trienti naturali antiossidanti, tipicodella frutta e di numerosi tipi di verdu-ra, almeno per quanto si riferisce al ri-schio di neoplasia gastrica (Serafini etal., 2002).

11. Alcuni micronutrienti e determinatevitamine sembrano avere la possibilitàdi esplicare effetti positivi, in partico-lare la vitamina C e le vitamine con at-tività antiossidante quali i carotenoidie la vitamina E (Longnecker et al.,1992; La Vecchia, 1997).

12. Le osservazioni epidemiologiche hannorilevato che il β-carotene e l’acidoascorbico hanno un effetto protettivosul rischio di cancro colorettale (Ferra-roni et al., 1994) e che un elevato in-

43

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Page 26: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

troito di alimenti ricchi di β-carotene oalti livelli ematici di β-carotene è asso-ciato con un rischio ridotto di neopla-sia, soprattutto polmonare e gastrica(van Poppel, 1996). Studi clinici recen-ti hanno evidenziato che il supplemen-to dietetico con vitamine antiossidantitipo la vitamina E non previene il can-cro della prostata (Kirsh et al., 2006).

13. Un’alimentazione povera in grassi e so-prattutto in grassi saturi, ricca in glu-cidi complessi e fibra, modello alimen-tare simile a quello caratteristico dellepopolazioni mediterranee, è da tempoindicata come l’alimentazione più pro-tettiva per le neoplasie ed in particola-re del colon e della mammella. Secon-do analisi prospettiche (condotte supopolazioni femminili) è stata dimo-strata una significativa associazionetra dieta occidentale e rischio di can-cro colorettale, mentre una dieta checomprenda frutta, verdura, legumi, ce-reali e pesce non è correlabile ad unaumento del rischio per il tumore delcolonretto (Fung et al., 2003).

Le informazioni considerate (le eviden-ze epidemiologiche, gli studi su animali, lericerche cliniche) suggeriscono o afferma-no con ragionevole certezza che esiste unrapporto sicuramente non trascurabile tradieta, stile di vita e comparsa di neoplasie.La combinazione articolata dei risultatitende a convalidare l’ipotesi che la dietaoccidentale contribuisce all’insorgenzadelle più comuni forme di tumore. Bisognacomunque chiarire che, sebbene gli studiepidemiologici e sperimentali siano signifi-cativi, essi non possono fornire prove ine-quivocabili che una persona farebbe me-glio a ridurre i grassi alimentari, ad assu-mere più vitamine, più frutta e verdura, al-lo scopo di non ammalarsi di cancro; non èstato direttamente dimostrato, infatti, cheil cambiamento delle abitudini alimentaridella “singola persona” abbia inibito la

comparsa di una neoplasia o impedito adun tumore già presente di diffondersi(Cohen, 1993).

LIPIDI ALIMENTARI E NEOPLASIE

Nell’ambito dei nutrienti e degli alimenti ingenere, associati epidemiologicamente conle neoplasie, i grassi sono i principi nutriti-vi che hanno dimostrato una maggiore fre-quenza d’associazione, anche se le perples-sità relative al loro ruolo nella canceroge-nesi sono ancora numerose e controversesembrano essere le modalità di danno on-cogeno, come già da diversi anni evidenzia-to e correttamente analizzato.Storiche dimostrazioni epidemiologiche

evidenziano che una dieta ricca in grassianimali può essere associata ad aumentatorischio neoplastico specialmente per leneoplasie del colon, della mammella e dellaprostata (Creasey, 1985). Importanti risul-tati suggeriscono un’associazione tra unadieta ricca in grassi e rischio di tumori delcolonretto, dei genitali femminili e dellaprostata (La Vecchia, 1997). Secondo altrerilevazioni epidemiologiche, i grassi mo-noinsaturi e l’olio di oliva in particolarehanno la possibilità di ridurre il rischio diammalarsi di cancro di mammella quandoassunti in sostituzione di altri tipi di grassi(Willett, 1997), ma alcune analisi (studi dicoorte) non hanno trovato associazioni si-gnificative tra consumo di sostanze grassealimentari e rischio di cancro di mammellané sembra che una riduzione del quantita-tivo alimentare di grassi comporti una ridu-zione del rischio (Hunter et al., 1996).In sostanza emergono sempre più speci-

fiche e dettagliate certezze sul ruolo deigrassi in generale e soprattutto dei grassisaturi nell’ambito dell’etiopatogenesi dimolte neoplasie. Deve essere comunquesegnalato che, nonostante le innumerevolievidenze descrittive, permane ancora nonpienamente definita o compresa la precisacorrelazione tra dieta e cancro; appareesemplificativo in tal senso il dubbio epide-

44

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Page 27: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

miologico tra assunzione di grassi e rischioper tumore di mammella. Da una letturapiù critica dei dati della letteratura sembrainfatti di comprendere che le ricerche epi-demiologiche tese ad analizzare una possi-bile associazione tra consumo di grassi e ri-schio di cancro di mammella sono contrad-dittorie, non conclusive e lasciano numero-si dubbi a tal punto che risulta difficile for-nire indicazioni o raccomandazioni.Per quanto riguarda le neoplasie del co-

lon, gli studi epidemiologici, che hannoanalizzato la correlazione per esempio tra ilivelli sierici di colesterolo e comparsa dineoplasia, sono estremamente contrastan-ti. In alcune osservazioni l’associazione èstata positiva, in altre ricerche non è stataevidenziata alcuna relazione significativa.Non esistono comunque dubbi che le clas-siche dimostrazioni epidemiologiche di unnesso tra consumo di grassi in generale eincidenza di cancro del colon sono tuttoraconsiderabili valide, accettabili e indicati-ve: i grassi alimentari sono cioè un fattoredi rischio quasi sicuro per questo tipo dineoplasia.Le rilevazioni scientifiche hanno però

spostato l’attenzione dal consumo lipidicoin generale alla tipologia di grassi assunticon la dieta (Reddy, 1994), alla luce delleseguenti osservazioni:

1. I tassi di mortalità per neoplasia del co-lon sono inferiori in quelle regioni (Gre-cia, Spagna, Italia del Sud) dove l’olio dioliva è il grasso alimentare più consu-mato.

2. Le popolazioni che costantemente e re-golarmente consumano diete ricche dipesce hanno un basso rischio per can-cro del colon; il pesce sembra esplicareproprietà protettive nei confronti delleneoplasie intestinali.

Diventa pertanto interessante sottoli-neare che, nel momento stesso in cui si ini-zia a ritenere con convinzione dimostrata

scientificamente come quasi accettabile ilnesso etiologico tra consumo di grassi edincidenza di neoplasie del colon, le ricer-che degli ultimi anni tendono a dimostrareche non tutti i lipidi sono implicati o re-sponsabili del processo di cancerogenesi.Sappiamo da molti anni che solo i grassi

saturi alimentari, e soprattutto un elevatoconsumo di grassi animali, possono rappre-sentare un rischio per il cancro del colon(Willett et al., 1990) ed è verosimile che igrassi siano coinvolti nello sviluppo dei tu-mori del colon indipendentemente dagli al-tri fattori ritenuti protettivi quali la fibraalimentare.In sintesi, alla luce di tante dimostrazio-

ni, il tenore elevato in grassi animali e l’ec-cesso calorico di una dieta rimangono fat-tori suggestivi o probativi di una “pericolo-sità” neoplastica. Specifiche certezze sonoal momento suffragate da analisi controlla-te e nella loro globalità permettono di af-fermare che un’alimentazione ricca in gras-si è associata ad un aumentato rischio peralcune neoplasie ed in particolare per i tu-mori del colon, dell’endometrio e della pro-stata. Sebbene siano non completamentechiariti i meccanismi patogenetici, molteevidenze hanno dimostrato che i grassi ali-mentari sono in grado di comportarsi comepromotori del processo neoplastico, il chesembra significare una loro importante edincisiva azione sulla velocità di proliferazio-ne delle cellule “trasformate” senza in-fluenzarne la trasformazione.Il ruolo delle sostanze grasse alimentari

nel processo etiologico e patogenetico delleneoplasie sta diventando sempre più appa-rente e gli studi sperimentali su modelli ani-mali sono indicativi in tal senso. Molti risul-tati scientifici e l’articolata quantità di infor-mazioni presenti, verificate e controllate, so-no razionali e prontamente utilizzabili perpermettere di sviluppare nuove linee di ten-denza alimentare, che contemplino una mi-rata e saggia limitazione dell’introito lipidico.

45

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Page 28: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

DIETA E NEOPLASIE DEL COLON

Come già affermato, esiste un rapportoepidemiologicamente evidenziato tra fatto-ri dietetici e neoplasie del colon, sebbenegli studi caso-controllo e le analisi speri-mentali non sembrino ancora assegnare unruolo sicuramente causativo ai diversicomponenti nutrizionali, essendo peraltrodifficile identificare, valorizzare e quantifi-care gli effetti concreti di ciascun elementodella dieta. In linea generale, però, possia-mo considerare allo stato attuale dellerealtà come ragionevole la seguente affer-mazione: un introito eccessivo di grassi, so-prattutto di acidi grassi saturi, e una bassaassunzione di fibra alimentare sono fattoridi rischio per le neoplasie del colonretto,così come introiti calorici esagerati, l’obe-sità, l’abuso di carni rosse ed una ridottaassunzione di vegetali sono orientativa-mente definibili fattori di rischio oncogeno.Ampi studi epidemiologici hanno peraltrodimostrato che esiste una consistente as-sociazione positiva tra alta assunzione dicarne rossa e di carne elaborata (proces-sed meat ovvero salsicce, bacon) e cancrocolorettale, mentre esiste ed è stata chiara-mente evidenziata un’associazione inversatra elevati introiti di pesce e cancro colo-rettale (Norat et al., 2005).I risultati di studi prospettici dimostrano

che l’assunzione di grassi animali è associataad un rischio aumentato per tumori del co-lon; i grassi alimentari agiscono probabil-mente come promotori per le neoplasie au-mentando i livelli di acidi grassi e di acidi bi-liari liberi nelle feci, il che comporta un’irri-tazione della mucosa colica in grado di espli-care una stimolazione della proliferazioneepiteliale riparativa (Levin e Raijman, 1995).L’effetto dei grassi alimentari può essere im-putabile a processi di attivazione metabolicadi sostanze promoventi di derivazione bilia-re, operata dalla microflora fecale in eccessodi substrati steroidei (Pastorino, 1994).

La ricerca clinico-epidemiologica hainoltre individuato che determinati micro-

nutrienti possono influenzare il processo dicarcinogenesi ed in particolare lo sviluppodelle neoplasie del colonretto. Sostanzecon molteplici proprietà, soprattutto an-tiossidanti, quali la vitamina C, la vitaminaE, la vitamina A e il selenio, sembrano pos-sedere effetti antineoplastici; le vitamine Ced E verosimilmente riducono i livelli deimutageni fecali.Alcune evidenze epidemiologiche hanno

recentemente confermato gli effetti protet-tivi di molti micronutrienti (vitamine, tracui in particolare quelle con proprietà an-tiossidante, e il selenio) nei confronti delcancro colorettale (Kune e Watson, 2006).L’assunzione con la dieta (o tramite

supplementi) di calcio e di vitamina D puòridurre il rischio di cancro colorettale e re-centi dimostrazioni hanno individuato co-me molto verosimile questa ipotesi, sebbe-ne occorra sottolineare che solo per la vi-tamina D e nell’uomo è stata evidenziatauna netta associazione inversa (McCullou-gh et al., 2003). Le indagini riportate sem-brano indubbiamente importanti, ma sononecessarie ulteriori riflessioni ed analisicritiche.Interessanti sono gli studi che hanno

esaminato il rapporto tra il consumo dicaffè e neoplasie colorettali. Il caffè può ri-durre l’escrezione degli acidi biliari e delcolesterolo, o di entrambi, ed innalzare i li-velli sierici di colesterolo (Jacobsen e Thel-le, 1987). Secondo ricerche epidemiologi-che un forte consumo di caffè riduce la fre-quenza del cancro del colon e non quelladel cancro del retto (Rosenberg et al.,1989). Nonostante le evidenze che hannorilevato un possibile ruolo del caffè nellaprotezione dal rischio di tumori del colon,sono necessarie altre analisi scientificheprima di conferire a tale bevanda un’atti-vità di protezione neoplastica.Di indubbio rilievo sono le informazioni

riguardanti il ruolo della fibra alimentare inrapporto allo sviluppo delle neoplasie delcolon. Un’analisi combinata dei risultati di

46

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Page 29: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

13 studi caso-controllo ha rilevato un’asso-ciazione inversa tra consumo di fibra ali-mentare e rischio di cancro del colon(Howe et al., 1992), ma recentemente stu-di prospettici hanno messo in discussionequanto finora sembrava una certezza.In molteplici ricerche non è emersa una

concreta e statisticamente significativa as-sociazione tra incidenza di cancro del co-lon ed assunzione di frutta e verdura(Voorrips et al., 2000; Terry et al., 2001;Flood et al., 2002). Sebbene una dieta ric-ca di frutta e verdura (e quindi di fibra ali-mentare) possa proteggere da diverse ma-lattie croniche, alcune osservazioni impor-tanti, benché non recentissime, indicanoche non esiste ancora una dimostrazionerazionale e sicura di un effetto protettivodella fibra alimentare ed in particolare del-la frutta e della verdura sul rischio dei tu-mori del colon o del colonretto (Fuchs etal., 1999; Michels et al., 2000). Studi pro-spettici inoltre, condotti negli Stati Uniti,non hanno evidenziato alcuna riduzionedel rischio di cancro del colon e del rettoin funzione dell’assunzione di fibre (Al-berts et al., 2000).A questo proposito sarà opportuno fare

la seguente considerazione: premesso chenon tutti gli alimenti ricchi in fibra sono ca-paci di svolgere un’azione di protezione neiconfronti delle neoplasie colorettali, il chesignifica che i componenti della fibra ali-mentare possono esplicare funzioni diver-se, sappiamo da studi sperimentali che lacrusca di frumento e più in generale la cel-lulosa della dieta, ma non la crusca di ave-na e quella di granoturco, inibiscono la car-cinogenesi nel colon del ratto (Levin eRaijman, 1995).Non sappiamo quindi se la fibra alimen-

tare abbia o meno la capacità di ridurre ilrischio neoplastico, soprattutto per quantoriguarda le neoplasie colorettali. Nonostan-te analisi epidemiologiche controverse, cheaprono indubbiamente orizzonti nuovi maanche complesse riflessioni, molte informa-

zioni stabiliscono che un’elevata assunzio-ne di frutta, di verdura e di fibra è associa-ta ad un rischio ridotto per le neoplasie edin particolare per il cancro del colon e delretto (Vainio e Miller, 2003; Slattery et al.,2004; Beliveau e Gingras, 2007).D’altra parte deve essere sottolineato

che alcuni tipi di verdura quali le crucifere(per esempio, i cavoli) e le carote sono ric-che di sostanze potenzialmente anticance-rogene; la loro azione favorevole a livellodella cancerogenesi del colonretto sembre-rebbe suggerire che la protezione esercita-ta dalla verdura non dipenda unicamentedal contenuto e dalla qualità di fibra.Indipendentemente dalle osservazioni

sul ruolo specifico di talune componentidelle innumerevoli fonti di fibra alimentareed ammettendo anche l’esistenza di ragio-nevoli controversie, bisogna riaffermareche le esperienze epidemiologiche e speri-mentali, trasmesse in molte ricerche, han-no indicato che un costante consumo difrutta, verdura e di legumi può svolgere unruolo protettivo ed efficace nei confrontidelle neoplasie del colon.

DIETA E NEOPLASIE DELLO STOMACO

Il cancro gastrico presenta ampie variazio-ni di prevalenza nel mondo. Infrequentenegli USA e in molti paesi in tutto il mon-do, il cancro gastrico è una comune causadi morte per neoplasia in Giappone, Cina,Cile, Finlandia, Polonia, Austria.

Sebbene l’incidenza e la mortalità percancro gastrico siano ridotte in molti paesi,tuttora è la seconda neoplasia più frequen-te nel mondo ed è la quarta in Europa. An-che in Italia si può prevedere una riduzionedella sua incidenza. La variabilità geografi-ca così spiccata e la costante riduzione del-la prevalenza del cancro gastrico induconoa ritenere che i fattori ambientali possonoavere un ruolo rilevante nel processo dicarcinogenesi gastrica.Molte evidenze epidemiologiche indica-

no che i fattori ambientali giocano un ruolo

47

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Page 30: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

importante nella carcinogenesi gastrica(Shang e Peqa, 2005). La dieta è ovvia-mente il fattore etiologico più studiato. Leindagini hanno attribuito la diminuzionedel carcinoma gastrico alla migliore con-servazione dei cibi, conseguente all’intro-duzione dei frigoriferi e di alcuni conser-vanti alimentari, ed al minor utilizzo di salenella conservazione degli alimenti stessi,così come l’importanza del potenziale pro-tettivo della vitamina C, della vitamina A edel selenio, viene ampiamente enfatizzatain numerosi studi epidemiologici.Ma la scoperta dell’esistenza del batte-

rio Helicobacter pylori (H. pylori) ha in-dotto ormai da diversi anni i ricercatori acomprendere l’eventuale ruolo di questainfezione nel processo della carcinogenesigastrica ed a cercare di determinare la pos-sibile correlazione tra infezione da H. pylo-ri e cancro gastrico. È stato osservato chei paesi a più alta incidenza di cancro gastri-co hanno un’alta prevalenza di infezione daH. pylori; il declino della prevalenza del-l’infezione si associa inoltre ad una riduzio-ne dell’incidenza del cancro gastrico (Crewe Neugut, 2006).L’ipotesi, da tempo formulata, che cor-

rela la dieta con l’insorgenza del cancro ga-strico è quella riguardante la formazioneintragastrica di nitrosamine o nitrosocom-posti, il cui effetto cancerogeno è stato do-cumentato in modelli sperimentali ed ani-mali. Molti dati indicano da alcuni anni chequesti agenti sono mediatori della carcino-genesi, probabilmente per il ruolo di indut-tori della metaplasia intestinale. Le N-ni-trosamine derivano dai nitriti alimentari odai nitrati, che possono essere ridotti a ni-triti nell’ambito gastrico dai batteri intraga-strici. I nitriti si combinano poi con amineed amidi a formare nitrosocomposti. Un ec-cesso nella dieta di nitrati (come conser-vanti), di amine e di amidi, uno scarso con-sumo di frutta fresca e di verdura (l’ascor-bato e altre vitamine possono frenare o ini-bire la trasformazione dei nitrati in nitriti),

sono ritenuti fattori e condizioni favorentila produzione di nitrosocomposti nel lumegastrico. In questo contesto possono avererilevanza l’elevata concentrazione di nitratinel suolo e nell’acqua e le metodiche diconservazione degli alimenti, quali l’ag-giunta di nitrati e lo scarso utilizzo dei fri-goriferi.Un complesso ed ipotetico modello etio-

logico è stato sviluppato per il cancro distomaco, che ha un periodo di latenza o diincubazione di diverse decadi (2-3 decadi).Si ritiene che le variazioni, che conduconoattraverso un processo plurifasico al can-cro gastrico, iniziano precocemente, forsenell’infanzia o nell’adolescenza (Correa,1983).La teoria etiopatogenetica più accredi-

tata del processo di cancerogenesi del car-cinoma dello stomaco implica le seguentifasi:

1. Determinati fattori alimentari (peresempio il sale, i cibi altamente salati, lecarenze alimentari) potrebbero favorirela comparsa o essere coinvolti nell’indu-zione della gastrite cronica con una pro-gressiva atrofia delle strutture ghiando-lari (Correa, 1991).

2. La relativa ipocloridria induce o facilitalo sviluppo batterico, capace di produr-re nitriti con conseguente formazioneed accumulo di nitrosamine.

3. L’eccessivo introito di precursori di ni-trosocomposti sotto forma di nitrati di-venta allora la condizione essenziale pro-movente la produzione di nitrosamine.

La storia naturale del cancro gastrico,come descritta da Correa, è la storia di unprocesso infiammatorio cronico durante ilquale ad una fase di tipo flogistico conse-guono alterazioni regressivo-disreattive trale quali la gastrite cronica atrofica, la meta-plasia intestinale, la displasia epiteliale ga-strica. Anche se l’impostazione proposta ri-mane tuttora un’ipotesi, sono numerose le

48

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Page 31: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

osservazioni che confermano il modelloetiopatogenetico della cancerogenesi delleneoplasie gastriche, in particolare la possi-bile intercorrelazione tra fattori ambientalinutrizionali e fattori ambientali batterici(l’infezione da H. pylori).Non esistono dubbi infatti (o comunque

poche sono le riserve o perplessità) sullaesistenza di una associazione ben definitatra infezione cronica da H. pylori e svilup-po di cancro gastrico: l’H. pylori può pro-durre un ambiente gastrico in qualche mo-do favorevole alla carcinogenesi e interagi-re con altri fattori di rischio quali quellidietetici (Crew, Neugut, 2006). Il consumoalimentare esagerato di cibi salati, l’ecces-sivo introito di precursori di nitrosocompo-sti, il basso introito di frutta e verdure, au-mentano il rischio del cancro gastrico. Inol-tre la gastrite da H. pylori facilita la cre-scita di quei batteri che catalizzano la pro-duzione di N-nitrosocomposti carcinogeni(Sunduleanu et al., 2001).La relativa infrequenza del carcinoma

dello stomaco in alcuni aree geografiche deipaesi mediterranei potrebbe essere attribui-ta ad un maggior consumo di frutta fresca edi verdura e convalidare gran parte dell’im-pianto etiologico presentato. Un importanteed ampio studio epidemiologico prospettico(sono state studiate 521.457 persone in 10paesi europei in uno studio di coorte) ha re-centemente indicato che alti introiti di carnerossa e di carne rossa elaborata (esempio:salsicce, bacon, hamburger, prosciutto, ecc.)sono associati ad un aumentato rischio dicancro gastrico non cardiale specialmentenei soggetti positivi per infezione da H. py-lori (Gonzales et al., 2006).Le scoperte hanno quindi delineato

nuovi orizzonti nell’ambito della ricercasulla etiopatogenesi del cancro gastrico.L’identificazione di un agente infettivo,quale l’H. pylori, certamente coinvolto neldeterminismo della gastrite cronica corre-lata al cancro, e la dimostrazione di unacorrelazione positiva tra produzione di spe-

cie reattive dell’ossigeno a livello della mu-cosa gastrica e presenza di infezione da H.pylori (Davies et al., 1994), hanno scon-volto il modello classico della carcinogene-si gastrica e diverse prospettive tradiziona-li di approccio scientifico al problema die-ta-neoplasia gastrica, ma hanno riconfer-mato pienamente l’ipotesi polifattoriale diCorrea. In particolare nel modello di Cor-rea della carcinogenesi gastrica, l’H. pyloriscatena la sequenza progressiva delle lesio-ni gastriche, dalla gastrite cronica all’atro-fia gastrica e dalla metaplasia intestinalealla displasia e all’adenocarcinoma gastrico(Correa, 1996).

DIETA E NEOPLASIE: UNA CONCLUSIONEPOSSIBILE

Le evidenze epidemiologiche e sperimentaliriflettono l’attuale livello di conoscenza epermettono di delineare un diverso stile ali-mentare, una dieta che, sebbene non esi-stano assolute certezze sul suo potere pre-ventivo antineoplastico, realizza obiettivinon dannosi, è probabilmente attiva nellaprevenzione di altri disordini e malattie epresenta buone possibilità di diminuire il ri-schio di contrarre quei tipi di neoplasie perle quali è stata ormai riconosciuta una fortecorrelazione con le abitudini alimentari.Contraddizioni epidemiologiche, clini-

che e sperimentali hanno creato confusioniculturali, scetticismi legittimi, incoerenzeoperative, molteplici “enfatizzazioni” scien-tifiche che hanno indotto in passato, maanche recentemente, operazioni dieteticheazzardate o irrazionali.Ma determinate sicurezze sono presenti

in letteratura e possono autorizzare cam-biamenti nutrizionali e revisioni critichetendenti a formulare (e non idealizzare) li-nee-guida sostanzialmente nuove sia nelcampo delle neoplasie (soprattutto per laprevenzione) che in quello delle malattiecardiovascolari.Per quanto riguarda il cancro coloretta-

le, sebbene esistano sufficienti informazio-

49

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Page 32: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

ni ed osservazioni epidemiologiche per of-frire lineamenti dietetici in grado di abbas-sare il rischio per l’intera popolazione,sembra giusto sottolineare che l’ipotesidominante per molti anni fortemente sug-gestiva ed indicativa di un’azione positivadella fibra alimentare per la prevenzioneoncologica ed in particolare del tumorecolorettale è recentemente messa in dub-bio e sta perdendo di valore. Analisi con-trollate hanno infatti dimostrato che ilruolo protettivo della fibra alimentare nel-la carcinogenesi del cancro colorettale nonè rilevante, aprendo riflessioni critiche diestrema importanza (Kim, 2001; Mai et al.,2003).La riduzione del consumo di carni rosse

e di grassi in genere, l’aumento dell’assun-zione di frutta e verdura, la prevenzione ela correzione dell’eccesso ponderale, pos-sono rappresentare al momento razionalied ampiamente verificate impostazioni nu-trizionali per ridurre o minimizzare il ri-schio di neoplasia colorettale (Correa Limae Gomes da Silva, 2005). Bisogna conside-rare che queste linee-guida diminuisconoanche il rischio di malattie cardiovascolariaterosclerotiche, importante causa di mor-talità nelle società occidentali.

La dieta mediterranea o ilmodello alimentare mediterraneo

Molte osservazioni epidemiologiche hannopermesso di rivalorizzare il modello ali-mentare italiano degli anni ’60 o più preci-samente degli ultimi anni ’50 e dei primianni ’60. Il termine dieta mediterranea èspesso abusato, talora non comprensibile onon ben definito.In realtà ha un significato semplice e ri-

flette un modello dietetico (o stile di vitaalimentare) caratterizzato da un insieme dialimenti tipico dei paesi dell’area mediter-ranea (Grecia, Italia del Sud, Spagna ed al-tre aree geografiche) di circa 50 anni fa,prototipo esemplare di dieta sana. La defi-

nizione e la caratterizzazione della dietamediterranea come modello di sana ali-mentazione si basano sulle seguenti evi-denze storicamente acquisite, razional-mente documentate e tuttora ritenute vali-de (Willett et al., 1995):

1. L’aspettativa di vita per le popolazioni diqueste aree geografiche era in queglianni tra le più alte nel mondo così comel’incidenza per molte malattie croniche,per la malattia coronarica e per certi tipidi tumore era nettamente inferiore ri-spetto alla maggioranza degli altri paesi.

2. I modelli alimentari delle regioni che siaffacciano sul Mediterraneo avevano lestesse caratteristiche.

3. I modelli alimentari delle diverse regionimediterranee con queste comuni carat-teristiche sono stati correlati con unabassa incidenza di malattie croniche econ un’alta aspettativa di vita (Tricho-poulou e Vasilopoulou, 2000).

La sostanza delle evidenze e delle ricer-che ha puntualizzato che i paesi dell’areamediterranea presentano una riduzione delrischio per le malattie cardiovascolari atero-sclerotiche e per alcuni tumori rispetto adaltri paesi, in particolare a quelli del NordEuropa. L’incidenza inferiore di malattiaischemica di cuore riscontrata nei paesi me-diterranei rispetto ai paesi del Nord Europaè stata attribuita alle diverse abitudini ali-mentari delle popolazioni (Keys, 1970; Tun-stall-Pedoe et al., 1999) ossia alla dieta me-diterranea, costituita, 40-50 anni fa e anco-ra in molte aree geografiche a suo tempoconsiderate, quali il Sud dell’Italia, da pastae pane, quantità rilevanti di verdura e difrutta, legumi (più volte assunti durante lasettimana), pesce, olio extravergine di olivacome principale sorgente lipidica; per il re-sto, formaggio usato con moderazione, yo-gurt e carne in “piccolissime” quantità e so-lo 2-3 volte la settimana: quindi una dietapovera di grassi saturi (animali o vegetali),

50

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Page 33: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

ricca in carboidrati complessi, olio di oliva,vegetali, fibra.La dieta mediterranea (analizzata nei

primi lavori) era tendenzialmente normoli-pidica (range 25-35% dell’energia totale) esoprattutto bassa la quota di grassi saturi(Kromhout et al., 1989). L’assunzione lipi-dica può essere anche alta (è infatti erratocredere che la dieta mediterranea consistain una limitazione marcata dei grassi), co-me in Grecia, con un introito di grassi dicirca il 40% dell’energia totale, o moderata,come Italia, con un’assunzione lipidica dicirca il 30% dell’energia. Ma in tutte le si-tuazioni il rapporto tra monoinsaturi e gras-si saturi è molto più alto che non nel NordEuropa e nell’America del Nord (Willett,2006).L’utilizzo del pesce al posto della carne,

come alimento proteico di origine animale,comporta inoltre un diverso apporto digrassi, cioè di acidi grassi omega-3, le cuiproprietà preventive di numerose malattiesono sempre più documentate ed accertatecome realmente possibili.Rifondare la dieta alla luce di quel mo-

dello non significa modificare l’attuale ali-mentazione tramite un ritorno acritico alpassato; vuol dire piuttosto dare il giustospazio a quegli alimenti tipici della tradizio-ne alimentare delle popolazioni del Medi-terraneo quali pane, pasta, legumi, pesce,ortaggi, frutta, olio di oliva, in disuso nelladieta “moderna” troppo spesso caratteriz-zata da mode alimentari d’importazione,tecnologie e manipolazioni industriali, cibiraffinati e preconfezionati ed eccesso gene-rale in grassi saturi, glucidi semplici e pro-teine. È stato dimostrato che quel modelloalimentare è capace di assicurare un ade-guato ed armonico apporto di nutrienti nelrispetto dei bisogni fisiologici dell’individuo.Sicuramente il ritorno ad un’alimenta-

zione “più naturale” potrebbe di per séportare diversi vantaggi nutrizionali, tali daconsentire uno stile di vita igienicamentemigliore. Ma la rivalorizzazione della dieta

mediterranea non è solo un tentativo direndere più naturale e più genuina la no-stra alimentazione; non equivale in sostan-za ad una reintroduzione di certi alimenti omodalità di cottura dei cibi e non deve es-sere considerata austerità alimentare o ri-nuncia a specifiche innovazioni tecnologi-che. La verifica scientifica ha permesso distabilire che la dieta mediterranea non èsolo un’equilibrata ripartizione quantitativae qualitativa dei nutrienti, e quindi un piùcorretto equilibrio alimentare, né significasolo “assaporare” cibi più naturali, ma so-prattutto rappresenta un modello alimen-tare che determina un rischio ridotto diammalarsi ed una qualità di vita certamen-te ottimale.

Dieta mediterranea e malattiecardiovascolari

La particolare tipologia e la distribuzionedei nutrienti nella dieta mediterranea cor-rispondono a quell’equilibrio ideale in gra-do di comporre ed indirizzare l’alimenta-zione verso una prevenzione mirata, real-mente efficace, delle più importanti e dif-fuse malattie croniche, quali la cardiopatiaischemica aterosclerotica e l’ipertensionearteriosa (Agradi, 1988; Srinath Reddy eKatan, 2004). Un’alimentazione che sem-bra davvero proteggere le persone dall’in-sorgenza, sviluppo e progressione dellamalattia aterosclerotica ed in particolaredella malattia ischemica di cuore è propriola dieta mediterranea (Panagiotakos et al.,2004), alimentazione che comprende inparticolare olio di oliva, fibra, frutta e ver-dure, legumi, pesce, con minor introito dicarne rossa.I benefici osservati e riportati sono stati

significativi in tutti gli studi e non esistonod’altra parte studi che abbiano dimostratoun impatto negativo della dieta mediterra-nea sul rischio cardiovascolare.Recenti studi e ricerche epidemiologi-

che hanno dimostrato e confermato che la

51

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Page 34: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

dieta mediterranea è in grado di ridurre ilrischio di malattia aterosclerotica ed inparticolare di ridurre l’incidenza della ma-lattia coronarica (De Lorgeril e Salen,2006), intervenendo su diverse variabilibiologiche quali l’assetto lipidico (Estruchet al., 2006).Una review sistematica eseguita su di un

totale di 43 articoli corrispondenti a 35 di-versi studi sperimentali ha analizzato gli ef-fetti della dieta mediterranea sulle seguentivariabili: assetto lipidico, resistenza endote-liale, diabete mellito, capacità antiossidan-te, malattie cardiovascolari, tumori, compo-sizione corporea. La dieta mediterranea hadimostrato effetti favorevoli sui livelli dellelipoproteine, sulla vasodilatazione endote-liale, sulla resistenza all’insulina, sul diabetemellito, sulla mortalità cardiaca e cardiova-scolare, sulla incidenza di cancro nei pa-zienti obesi (Serra-Majem et al., 2006). Stu-di multicentrici prospettici di coorte hannoinoltre stabilito che l’alimentazione medi-terranea è in grado di intervenire positiva-mente sulla longevità (EPIC-elderly pro-spective cohort study, 2005).Evidenze epidemiologiche e studi meta-

bolici suggeriscono che le persone possonotrarre reali benefici seguendo le linee ali-mentari offerte dalla dieta mediterranea(Willett, 2006) e si stima che l’80% dellecoronaropatie e il 90% dei casi di diabetemellito tipo 2 possono essere evitati sce-gliendo questo tipo di alimentazione. Inol-tre, i pazienti ad alto rischio di eventi va-scolari aterosclerotici possono ridurre il lo-ro rischio del 75-80% attraverso cambia-menti dello stile di vita ed in particolaredelle abitudini alimentari seguendo il mo-dello alimentare mediterraneo in combina-zione alla terapia medica (Spence, 2007).Attraverso una scelta alimentare, corri-

spondente alle esigenze dell’organismo, sipuò realizzare quel tipo di stile dieteticosenza incorrere in modelli eccessivamenteausteri.

Alimentazione mediterranea:i componenti essenziali

Componenti essenziali dell’alimentazionemediterranea sono l’olio di oliva, i legumi, ilpesce, il pane, la pasta, le verdure e la frut-ta. Secondo la Conferenza Internazionalesulla Dieta Mediterranea i key elementssono in sintesi i seguenti (Poli et al., 2008):

1. Frutta e verdura in abbondanza.2. Cereali, legumi, noci.3. Olio di oliva.4. Yogurt e formaggio in quantità moderata.5. Uova (non più di 4 uova la settimana).6. Carne rossa (piccole quantità e non fre-quentemente).

7. Pesce e pollame (piccole quantità).8. Vino in bassa quantità.

L’olio di oliva, unico grasso di origine ve-getale che può essere consumato al natu-rale, è ritenuto essenziale nel nuovo mo-dello alimentare soprattutto per la compo-sizione in acidi grassi. Dato che l’olio di oli-va è la principale sorgente lipidica dellepopolazioni mediterranee, il termine dietamediterranea viene utilizzato per riferirsi aquei modelli alimentari (simili a quello del-l’isola di Creta negli anni ’60 o per esempioa molte regioni del Sud dell’Italia) che pre-vedono ormai storicamente l’olio di olivacome la più importante fonte di grassi. Perle sue caratteristiche chimiche l’olio di oli-va deve essere infatti considerato uno deiprodotti alimentari di maggior valore nutri-zionale. L’olio di oliva contiene quantitàelevate di acidi grassi monoinsaturi e bassedi grassi saturi; è inoltre un’ottima fonte divitamina E, dotata di proprietà antiossi-danti. Per l’elevato contenuto di acido olei-co monoinsaturo e per l’abbondanza di so-stanze antiossidanti, l’olio di oliva esercitaun ruolo benefico preventivo (forse ancheterapeutico) della cardiopatia ischemicaaterosclerotica e di altre malattie cronico-degenerative. Senza l’aiuto dell’olio di oliva(o meglio dell’olio extravergine di oliva)

52

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Page 35: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

appare estremamente difficile ottenere gliequilibri dietetici ideali, già ricordati, traacidi grassi monoinsaturi e saturi. L’olio dioliva facilita inoltre l’assunzione, tipica nel-la dieta mediterranea, di legumi e di verdu-re, incrementandone la palatabilità e ladensità energetica (Willett et al., 1995).I legumi, componente classico ed indi-

spensabile della dieta mediterranea, sonogli alimenti ideali per il raggiungimento deiprincipali obiettivi dietetici nella preven-zione delle malattie cronico-degenerative;ricche in proteine di buon valore biologicosenza una significativa o rilevante quantitàdi grassi saturi sono fornitori di fibra, dicarboidrati complessi e quindi di energia.Bisogna, infatti, ricordare che gli alimenticapaci di fornire proteine di buona qualitàsono, in genere, una fonte non trascurabiledi grassi saturi, ad eccezione, appunto, deilegumi. Inoltre, bisogna ricordare che leproteine contenute in grande quantità neilegumi hanno un basso contenuto di metio-nina ma sono ricche di lisina. La combina-zione dei legumi con i cereali (le cui pro-teine sono povere di lisina, ma ricche dimetionina), come avviene nelle ricette tra-dizionali italiane (pasta + ceci, pasta + fa-gioli) permette di realizzare una “mutua in-tegrazione delle proteine” con il risultato diuna qualità proteica notevolmente comple-ta (Alberti, 2006).Il pesce soddisfa in maniera ottimale il

fabbisogno dell’organismo in proteine ani-mali. Le caratteristiche nutrizionali più im-portanti del pesce sono il basso contenutolipidico globale (salvo alcune eccezioni) ela presenza di acidi grassi altamente insa-turi della famiglia omega-3, il cui ruolo nel-la prevenzione dell’aterosclerosi è stato ne-gli ultimi 10-15 anni ampiamente analizza-to e diffusamente acquisito. Un incrementodel consumo di pesce (e quindi di acidigrassi omega-3), nell’ambito di una dieta abasso tenore di grassi saturi e contemplan-te l’utilizzo dell’olio di oliva, sembra espli-care effetti altamente positivi nella preven-

zione delle malattie cardiovascolari atero-sclerotiche (Renaud et al., 1995; Simopou-los 2001).

La pasta ed il pane rendono “nobile” ladieta mediterranea: questi alimenti, spessoradiati da molte diete (o pseudodiete) incircolazione, sono il supporto ideale delmodello auspicato di alimentazione sana enaturale. La pasta ed il pane sono i maggio-ri apportatori di amido ed il loro utilizzocontribuisce ad un giusto equilibrio dellealtre componenti nutritive. La pasta in par-ticolare dovrebbe essere consumata quoti-dianamente allo scopo di un idoneo appor-to calorico, rappresentando peraltro la ba-se glucidica essenziale nella realizzazioneoperativa di una dieta razionale in tutte lefasi della vita e nelle diverse situazioni fisi-che e fisiologiche.Determinante nella dieta mediterranea

è l’uso di verdura e frutta. La verdura, siaquella che deve essere necessariamentecotta sia quella che può essere consumatacruda, fornisce vitamine, sali minerali, oli-goelementi, fibra ed acqua.La dieta di molti bambini, adolescenti

ed anziani è spesso carente di verdura. Ta-lora la sua assunzione è saltuaria o in quan-tità nettamente inferiore a coprire i fabbi-sogni soprattutto di fibra alimentare. Ladieta mediterranea comprende inveceun’integrazione articolata e costante diverdure, piatti costituiti da verdure e ce-reali, combinazioni tradizionali di verdurecon altri alimenti e non prevede quasi maila verdura come un semplice contorno.L’aggiunta di spezie ed aromi arricchisce

la dieta, rendendola più palatabile. La di-sponibilità nel bacino del Mediterraneo dimolte piante aromatiche (basilico, prezze-molo, rosmarino, cipolla, aglio, peperonci-no, ecc.) consente di arricchire i diversipiatti di sapori particolarmente gradevoli epuò contribuire alla riduzione della quan-tità dei condimenti (Fidanza et al., 1993).In conclusione, da anni esistono ragio-

nevoli e documentate certezze che ci per-

53

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Page 36: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

mettono di poter affermare che la dietamediterranea rappresenta il modello ali-mentare più idoneo per il mantenimentodello stato di salute e la prevenzione dimolte malattie.

Dieta mediterranea: olio di olivae malattie

Stabilito che esistono valide ragioni e suffi-cienti certezze per affermare che la dietamediterranea è in grado di proteggere damolte ed importanti malattie, sembra op-portuno ribadire un concetto fondamenta-le. Il modello alimentare mediterraneo, omeglio l’alimentazione mediterranea, com-prende sia in Spagna che in Italia o in Gre-cia una caratteristica comune ossia l’olioextravergine di oliva. Al momento possia-mo delineare in sintesi quanto segue:

1. Studi epidemiologici suggeriscono chela dieta mediterranea, ricca in olio ex-travergine di oliva, riduce il rischio dimalattie cardiovascolari.

2. La dieta mediterranea è capace di mi-gliorare o comunque di modulare in sen-so positivo quelle variabili che rappre-sentano fattori e condizioni di rischioper le malattie cardiovascolari quali l’as-setto lipidico, la pressione arteriosa, ilmetabolismo del glucosio.

3. Nei paesi dove le popolazioni seguono latipica dieta mediterranea come la Spa-gna, la Grecia, l’Italia, paesi dove l’olioextravergine di oliva è la principale sor-gente di grassi, l’incidenza dei tumori èpiù bassa rispetto a quella di paesi delNord Europa.

4. Secondo i più recenti studi, la dieta me-diterranea basata sull’olio di oliva ècompatibile con una vita salutare eun’aumentata longevità.

Nonostante i progressi scientifici degliultimi anni, il ruolo dei diversi componentidell’olio di oliva rimane ancora non com-

pletamente definito e necessita pertanto diulteriori indagini.Per quanto riguarda la presunta azione

protettiva dell’olio di oliva nei confronti deitumori, esistono alcune prove che suggeri-scono che l’olio di oliva potrebbe avere vera-mente un ruolo nel ridurre il rischio di varitipi di cancro. È stata ipotizzata una nuovaspiegazione molecolare relativa all’azione an-ti-cancro dell’olio di oliva: l’acido grasso mo-noinsaturo (oleico) avrebbe la capacità di re-golare in maniera specifica gli oncogeni can-cro-correlati. È stato osservato che l’aggiun-ta di concentrazioni fisiologiche di acido olei-co a colture cellulari di cancro di mammellaha soppresso la super-espressività di un on-cogene ben definito che gioca un ruolo chia-ve nella etiologia, progressione, evoluzione erisposta alla chemioterapia ed alla terapiaendocrina in circa il 20% dei casi di cancro dimammella (Colomer e Menendez, 2006).

La dieta mediterranea… ma cosaè veramente?

L’interrogativo essenziale che emerge nellaverifica critica delle molte informazioni re-lative alla dieta mediterranea, la domandacioè più naturale e più elementare è pro-prio la seguente: cosa è la dieta mediterra-nea, che cosa definisce e da cosa è definitala dieta mediterranea?Sebbene ogni paese del bacino del Me-

diterraneo ha la propria personale dieta ostile di vita alimentare, è possibile trovarein tutte le regioni del Mediterraneo moltecaratteristiche comuni tali da permetteredi considerare queste diete “regionali” co-me varianti di una singola entità, ossia ladieta mediterranea.Come già affermato, questi modelli ali-

mentari (greco, italiano o spagnolo, ecc.)hanno sicuramente in comune una partico-lare realtà: l’olio di oliva. Potrebbe quindiessere giusto definire la dieta mediterra-nea come quel modello alimentare adottatodalle aree in cui si coltivava l’olivo negli ul-

54

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Page 37: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

timi anni ’50 e nei primi anni ’60, quando leconseguenze della seconda guerra mondia-le erano superate e la cultura del fast-foodnon era ancora arrivata a diffondersi in tut-te le aree del mediterraneo (Panagiotakoset al., 2004). Dieta mediterranea quindi co-me modello alimentare analogo in molteregioni del bacino del Mediterraneo, pertanti aspetti unico e originale, perché paesicon tradizioni e storie diverse si sono tro-vati a possedere lo stesso stile alimentare ocomunque le stesse particolarità nutrizio-nali.Esistono importanti e non trascurabili

riserve sulla bontà della dieta mediterra-nea e significative riserve sulla terminolo-gia, sul suo significato, sulla sua storia,hanno indotto numerose riflessioni al ri-guardo:“Si parla, troppo sovente a torto, di un

modello alimentare mediterraneo, quasiche condizioni geografiche comuni fosserosufficienti a stabilire una comunità di scel-te e di usi. Ma quante “diete mediterranee”ci sono? E tra esse quante sono “veramen-te” mediterranee? Se pensiamo agli ele-menti che hanno contribuito a costruirle (ilpomodoro americano, la pasta comparsanel punto di contatto con gli arabi, le ver-dure e i frutti venuti dall’Asia…), non cipuò essere che una risposta. Non esiste al-cuna identità “pura”.” (da Storia dell’ali-mentazione di Jean-Louis Flandrin e Massi-mo Montanari).Su queste riserve è opportuno concen-

trare l’attenzione critica. Per prima cosanon c’è dubbio che il termine “mediterra-neo” non sia quello più appropriato (Simo-poulos, 2001). Non esiste una dieta medi-terranea, ma molte diete mediterranee, da-to che ogni paese che si affaccia sul Medi-terraneo ha una propria cultura ed unapropria storia, oltre ad avere abitudini, tra-dizioni e religioni diverse. Con questo pos-siamo confermare quanto già scritto: esi-stono diverse diete mediterranee, forsetante, sicuramente però tutte raffiguranti

un unico modello alimentare, lo stesso mo-dello nell’ambito di tradizioni e culture an-che molto diverse tra loro, ma con una ba-se similare che fa parte della stessa storiadi tutte le popolazioni che vivono nei paesidel bacino del Mediterraneo. Non esistequindi alcun dubbio che la dieta mediterra-nea possiede molteplici identità e ha vissu-to sicuramente cambiamenti profondi an-che per la modernizzazione dell’industriaalimentare e la “scoperta” di alimenti di-versi. Ma la solidità e la validità dell’alimen-tazione mediterranea antica e storicamen-te confermata come dieta adeguata e salu-tare si basano sulle numerose dimostrazio-ni che nel loro insieme hanno evidenziatocon estrema coerenza e razionalità chequesto tipo di alimentazione, unitamenteall’attività fisica, comporta un minor ri-schio per malattie croniche, neoplasie e di-sordini metabolici, una qualità di vita mi-gliore e una maggiore longevità.La dieta mediterranea definisce allora

uno stile di vita, un’alimentazione ragionataalla luce delle tradizioni più antiche e ri-pensata con l’aiuto della potenziale capa-cità della industria alimentare più intelli-gente e lungimirante di rendere più sicuri epiù naturali gli alimenti e il cibo in genere.Definisce inoltre un’alimentazione comple-ta, equilibrata, variata, naturale ma non au-stera, genuina ma non povera. L’alimenta-zione mediterranea infine è definita daglieffetti positivi che è in grado di determina-re, dai risultati sulla salute delle persone,dalla straordinaria ricchezza delle sue ca-ratteristiche (basti pensare all’infinita va-rietà di piatti a base di verdure, a piatti uni-ci completi, alle semplici ricette culinarie ealle combinazioni alimentari mai artificiosee sempre o quasi facilmente eseguibili).

Le piramidi americane

La piramide alimentare più conosciuta èstata elaborata dal Dipartimento dell’Agri-coltura americano (USDA) nel 1992 come

55

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Page 38: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

supporto a un programma di educazionealimentare per la popolazione. Nasce es-senzialmente come strumento idoneo pertrasmettere al meglio e diffusamente le li-nee-guida alimentari ritenute giuste sullabase delle evidenze scientifiche. Il messag-gio è affidato alla grafica: la piramide infat-ti mostra in modo semplice ed intuitivo“cosa bisogna fare” per seguire una dietasalutare ed equilibrata. La piramide è sud-divisa in 6 sezioni che contengono alimentiequivalenti e le dimensioni di ogni sezionesuggeriscono in modo visivo la quantità ola frequenza di consumo giornaliero deglialimenti. La base della piramide contienegli alimenti da consumare adeguatamente,mentre il vertice della piramide comprendegli alimenti da consumare con moderazio-ne (figura 2.1).Il modello educativo della piramide ali-

mentare “USDA, 1992” è stato successiva-mente utilizzato anche da altri: sono statepubblicate piramidi alimentari con messag-gi sensibilmente diversi tra loro.La piramide alimentare americana pub-

blicata e resa nota nel 2003 è più comples-sa della precedente (figura 2.2). Si articolain 7 fasce:

1. la base è costituita dall’attività fisica;2. la seconda fascia contiene due gruppi: icereali integrali + gli oli vegetali;

3. la terza fascia contiene due gruppi: lafrutta + la verdura;

4. la quarta fascia contiene la frutta e i le-gumi secchi;

5. la quinta fascia contiene il pesce, le uo-va e la carne bianca;

6. la sesta fascia contiene il latte e i derivati;7. l’apice della piramide contiene duegruppi: carne rossa + dolci e derivati deicereali raffinati (non integrali).

Sono inoltre raccomandati integratorivitaminici e la moderazione nell’uso dellebevande alcoliche. Rispetto alla prima pira-mide americana (USDA, 1992) quella del2003 introduce importanti novità:

1. la necessità di associare l’attività fisicaal regime alimentare;

2. la riduzione del consumo di carboidratiraffinati;

3. la distinzione tra i grassi di origine vege-tale (ricchi di acidi grassi polinsaturi) egrassi animali (ricchi di acidi grassi sa-turi e di colesterolo);

4. la riduzione del consumo di carne rossa.

Nel 2005 viene pubblicata l’edizione del-le nuove Dietary Guidelines for Americans,emanate dal Dipartimento per la salute e iServizi Umani e dal Dipartimento dell’Agri-coltura degli Stati Uniti sulla base delle piùaggiornate evidenze scientifiche. Questenuove linee-guida vogliono diventare lasorgente primaria di informazione per cit-tadini, operatori nel campo della nutrizio-ne, dirigenti politici. Il documento proponeovviamente lineamenti dietetici generali especifici, ma non si limita a questo. Forni-sce altresì indicazioni per la protezione del-la propria salute, sollecita in modo forte edautorevole l’attività fisica giornaliera, pro-spetta le possibilità concrete per un nuovostile di vita. Insieme alle linee-guida nasceuna nuova figura chiamata MyPyramid(http://MyPyramid.gov) che diventa lostrumento educazionale dietetico, su Inter-net, più idoneo a trasmettere un piano di li-nee-guida generali (ma anche personalizza-bili), raffigurando i punti chiave delle rac-comandazioni della sesta edizione delleDietary Guidelines for Americans. La stra-tegia delle linee-guida è sostanzialmentesovrapponibile all’USDA del 2003.

La piramide mediterranea

Abbiamo già affermato che non è facile de-finire il termine dieta mediterranea in mo-do semplice, sia perché i modelli alimentarimediterranei variano ampiamente da paesea paese, sia perché negli anni, quasi invo-lontariamente, la definizione di dieta medi-terranea, così elementare eppure così ra-

56

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Page 39: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

gionata, si è resa complessa, e sono emersi i“nuovi esperti” che o nella critica analiticao nella glorificazione hanno enfatizzato undeterminato aspetto alimentare della stori-ca dieta mediterranea (ad esempio, il con-tenuto di verdura e frutta), ridimensionatole valenze epidemiologiche e ridotto l’insie-me dei messaggi, eludendo l’importanza deisingoli e specifici meriti del modello ali-mentare mediterraneo. La dieta mediterra-nea è diventata allora un’alimentazione au-stera, povera, oppure una dieta che libera-lizzando i carboidrati complessi fa aumen-tare di peso. Esiste dunque una velata ten-denza a far diventare la dieta mediterraneaoggetto di pura conversazione da “salotto”

ma esiste anche un’estesa coalizione(scientifica? culturale?) che ha come obiet-tivo non solo quello di confutare alcune af-fermazioni di base (la bontà nutrizionaledel pane e della pasta o dei legumi adesempio) ma soprattutto e con convinzioneoculata di negare tutti i valori nutrizionaliche la dieta mediterranea possiede ed haampiamente dimostrato.Non c’è dubbio invece che quel modello

alimentare, ancora seguito e fortemente“resistente” in alcune regioni del Mediter-raneo (l’Italia del Sud e la Grecia ne sonoun visibile esempio) può rappresentare labase di partenza per la creazione di nuovelinee-guida nutrizionali. Proprio sulla base

57

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

FIGURA 2.1

Piramide USDA, 1992.

GRASSI, ZUCCHERIe DOLCIUMIda usare con moderazione

LATTEe FORMAGGI2 - 3 porzioni

VERDURE3 - 5 porzioni

Questi simboli siriferiscono ai grassi

(naturali e da condimento)e agli zuccheri aggiunti

CARNI, PESCI,UOVA, LEGUMI

SECCHI2 - 3 porzioni

FRUTTA2 - 4 porzioni

CEREALI (pane, pasta, riso, ecc.) 6 - 11 porzioni

Page 40: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

e sui principi fondamentali della dieta me-diterranea, che costituisce uno stile di vitaalimentare tradizionale ed antico, è stataelaborata e proposta la piramide della sanaalimentazione (figura 2.3a).La Mediterranean diet pyramid (Willett

et al., 1995) indica un modello dietetico eculturale per l ’ intera popolazione,comprendente specifiche raccomandazioninutrizionali razionalmente orientative perguidare scelte alimentari quantitative equalitative. Come tutte le altre piramidi, èdisegnata quale strumento raffigurativo peroffrire un senso generale delle proporzionirelative e della frequenza delle assunzionidei diversi cibi o gruppi alimentari, checontribuiscono nel loro insiemeall’ideazione di una corretta linea-guida

nutrizionale raccomandabile per laglobalità della popolazione. Questo modelloprevede che la base della piramide siarappresentata da pane, pasta, riso ed altricereali; salendo dalla base verso l’apicedella piramide troviamo le verdure e lafrutta da consumare in grandi quantitàquotidianamente ed i legumi. Il “terzogradino” della piramide è occupato dall’oliodi oliva (per olio di oliva si dovrebbeprecisare olio extravergine di oliva), chedeve rappresentare la sorgente lipidicaprincipale. È previsto un consumogiornaliero di formaggio e di derivati dellatte, anche se modesto. Per quantoriguarda il pesce, deve essere consumatoalcune volte durante la settimana al postodella carne rossa, relegata all’apice della

58

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

FIGURA 2.2

Nuova piramidealimentare americana

(2003).

Carni rosse e burrocon moderazione

Alimenti ricchi di calcioda 1 a 2 porzioni al giorno

Frutta secca e legumi da1 a 3 porzioni al giorno

Vegetali in abbondanza

Cereali integraliad ogni pasto

Riso, pane e pasta,patate e dolci

con moderazione

Pesce, pollame e uovada 0 a 2 porzioni

al giorno

Integratori di vitamine

Alcool con moderazione,se non controindicato

Frutta da 2 a 3porzioni al giorno

Grassi vegetaliad ogni pasto

Attività fisica giornaliera e controllo del peso

Page 41: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

piramide e da consumare poche volte almese o più spesso, ma in quantità limitata.Il consumo di uova è previsto nel modelloalimentare come fonte proteica animalealternativa. Ridotti nel nuovo programma

di raccomandazioni dietetiche sono i dolcie tutti i prodotti similari.Un aspetto alimentare non trascurabile

nella dieta mediterranea è il consumo di vi-no. Esistono determinate divergenze relati-

59

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

FIGURA 2.3

Piramide alimentaredella dieta Mediterraneae nuova piramidealimentare italiana.

carne

dolci

pesce

olio di olivaortaggi

legumi

frutta

patate

attività fisica quotidiana

pastariso

pane

uovacarni bianche

formaggi, yogurt

ME

NSILE

SETTIM

AN

ALE

QUOTID

IAN

O

Vino ma conmoderazione

Consigliati6 bicchierid’acqua al giorno

A

BA.F.

A.F. = Attività ÞsicaFrutta

Ortaggi

A.F. Pane

Patate

A.F. Carni

A.F.

Latte

Dolci

A.F.

A.F. A.F.

A.F.Vinobirra

Legumi

Salumi

Uova

Pescato

A.F.Condimenti

Derivati

A.F.

A.F.Riso-pasta

Biscotti

A.F.

Page 42: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

ve ai benefici che l’alcol etilico può esplica-re e dati definitivi non emergono dall’esa-me critico dell’attuale letteratura. Non sipossono comunque ignorare alcuni rilieviepidemiologici che suggeriscono come dosimodeste di vino (1-2 bicchieri al giorno perl’uomo e 1 bicchiere per la donna) sembra-no in grado di ridurre il rischio di malattiaischemica di cuore così come la mortalitàglobale (Klatsky et al., 1992; Willett et al.,1995).Sebbene non ci siano convincenti

certezze per asserire che il vino è essenzialenella dieta mediterranea e nel nuovomodello alimentare proposto, molti autoriindicano che un suo consumo moderato puòfar parte di una dieta sana e razionale, ossiadello stile nutrizionale raccomandabile(Rimm e Ellison, 1995).

La piramide alimentare italiana

Nella tabella 2.11 sono riportate le indica-zioni più importanti delle nuove linee-gui-da alimentari per gli italiani. Al fine diorientare la popolazione verso comporta-menti alimentari più salutari, un gruppo diesperti, secondo le direttive del Ministerodella Salute, ha redatto un modello di “die-ta” coerente con lo stile di vita attuale econ le tradizioni alimentari del nostro pae-se.Oltre alle nuove linee-guida, viene

elaborata la Piramide settimanale dello stiledi vita italiana che si basa sulla definizionedi Quantità Benessere (QB) sia per il cibo

che per l’attività fisica. Nasce così lapiramide alimentare italiana elaboratadall’Istituto di Scienza dell’Alimentazionedell’Università di Roma “La Sapienza”(figura 2.3b). Vengono date indicazioni sullequantità di cibo da consumare ogni giornoscegliendo tra i vari gruppi di alimentisecondo il criterio della quantità benessere“QB” (la porzione di alimento espressa ingrammi). La scelta di QB degli alimenti checompongono la piramide alimentare sembrain armonia con le abitudini alimentarimediterranee. La piramide alimentareitaliana si articola in sei piani in cui sonodisposti in modo scalare i vari gruppi dialimenti indicati con colori diversi persottolineare che ciascuno è caratterizzatoda un diverso contenuto di nutrienti. È stataelaborata anche una piramide dell’attivitàfisica che alla base ha la più semplice delleattività e cioè la passeggiata. Poiché un QBcorrisponde a 15 minuti di passeggiata ognigiorno dobbiamo eseguire almeno 2 QB diattività fisica (www.piramideitaliana.it).

Oltre le piramidi…

Emerge la necessità di un’ampia riflessionesu quanto abbiamo riportato e, prima delleconclusioni, gli autori del libro si sentonoin dovere di precisare quanto segue:

1. Le Linee Guida per una Sana Alimenta-zione rappresentano una giusta impo-stazione culturale ed operativa per rag-giungere obiettivi ragionevoli e realistici

60

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Tabella 2.11 - LINEE GUIDA PER UNA SANA ALIMENTAZIONE: INDICAZIONI ESSENZIALI

• Controlla il peso e mantieniti sempre attivo• Più cereali, legumi, ortaggi e frutta• Grassi: scegli la qualità e limita la quantità• Zuccheri, dolci, bevande zuccherate: nei giusti limiti• Bevi ogni giorno acqua in abbondanza• Il sale? Meglio poco• Bevande alcoliche: se sì, solo in quantità controllata

Page 43: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

(diffusione di evidenze scientifiche, rac-comandazioni e consigli nutrizionali,sensibilizzazione di un numero sempremaggiore di cittadini coinvolti o no nelcampo della nutrizione applicata).

2. Le piramidi alimentari, nate per raffigu-rare l’insieme delle raccomandazioni die-tetiche ed esemplificare i concetti piùimportanti di una eccellente strategianutrizionale, sono diventate oggetti pit-torici sempre più surreali, simboli stra-vaganti, rimaneggiamenti complicati diprecedenti piramidi.

3. Le piramidi alimentari, che nelle inten-zioni programmatiche sarebbero dovuteessere modificate solo se chiare eviden-ze scientifiche (epidemiologiche, biolo-giche, cliniche) ne avessero confermatola necessità, vengono modificate quasiogni anno o comunque alterate nelprofondo senza che sia chiaro il motivodi tali sostanziali cambiamenti (esem-pio: come può la piramide alimentareitaliana essere definita moderna rispettoalla piramide mediterranea, se torna aconsigliare la carne tutti i giorni o 5giorni su 7?).

4. Gli autori si permettono di sottoscriverea pieno quanto espresso e dichiarato nel2003 dall’INRAN nelle Linee Guida, maesprimono perplessità e riserve suquanto indicato e sottolineato nella ri-partizione degli alimenti e dei nutrientida parte della piramide alimentare ita-liana, che sembra non solo dimenticare isignificati e la bontà della dieta mediter-ranea ma addirittura stravolgere idee epassioni di tutti coloro che da anni siimpegnano per promuovere, difendere emantenere integro il modello alimentaremediterraneo.

5. Diventa infine curioso che sia nata que-sta piramide “nuova” nel momento stes-so in cui l’amministrazione Bush nell’an-nunciare la nuova strategia nutrizionalee quindi la piramide nuova (quella del2005) difendeva proprio la dieta medi-

terranea ossia la dieta anche del nostropaese.

Conclusioni

In questo capitolo abbiamo esaminato irapporti tra alimentazione e malattie, dopoaver considerato il significato di dieta e didietoterapia, di dieta equilibrata e raziona-le. Una conclusione possibile, che sembrapertinente alle problematiche analizzate, sifocalizza di necessità sulle recenti revisionie chiarimenti del modello alimentare piùstudiato negli ultimi anni, quello cioè delladieta mediterranea o meglio dell’alimenta-zione mediterranea.Molteplici operazioni culturali (o pseu-

doculturali) sono state il soggetto dominan-te di tanta letteratura, che per articolati ediversi scopi ha tentato di enfatizzare ladieta mediterranea, in vario modo e conspiccate distorsioni che nulla o poco hannodi scientifico: la dieta mediterranea è stataconfusa con la dieta vegetariana o con ladieta povera oppure con altre realmente ir-razionali manipolazioni dietetiche (purtrop-po anche a scopo dietoterapico). Frequen-temente la sua vera storica e ragionevoledefinizione è stata dimenticata oppure alcu-ni suoi aspetti più autentici sono stati igno-rati o volontariamente misconosciuti. Non èraro trovare linee-guida dietetiche che, sen-za motivazioni dimostrate e verificate comevalide, considerano come sconsigliabili oinutili la pasta, il pane, il riso, i legumi e lafrutta o addirittura indicano come “perico-loso” l’utilizzo dell’olio di oliva per cucinare.L’alimentazione mediterranea è ritenuta

un nuovo modello nutrizionale e contem-poranea valorizzazione di un diverso stiledi vita. Essa costituisce una tradizione an-tica capace di contribuire al raggiungimen-to o al mantenimento di una salute accet-tabile e probabilmente ottimale, senza ri-chiami a false utopie, ad “estetici” e strava-ganti indirizzi dietetici e miracolosi rima-neggiamenti culinari. La dieta mediterra-

61

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Page 44: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

nea (ma, sembra giusto sottolinearlo,esclusivamente la dieta propria di specifi-che aree geografiche che si affacciano sulMediterraneo, quali il Sud dell’Italia e laGrecia), esaminata ed indicata come unmodello dietetico sano (Gussow, Akabas,1993; Nestle, 1994), in grado cioè di inci-dere concretamente sul benessere a lungotermine delle popolazioni, offre inoltre sen-sazioni alimentari piacevoli che appaionosempre di più importanti per una buonaqualità di vita in tutte le età.Per le popolazioni del Mediterraneo la pi-

ramide proposta descrive una dieta tradizio-nale che può e che deve essere mantenuta,rivisitata e rivalorizzata, pur nell’ambito delmoderno stile di vita; per gli americani, per inordeuropei e per tutti coloro che voglionomigliorare la loro dieta, la piramide descriveed indica, nella sua ragionevole semplicità,un modello alimentare attrattivo per la suafamosa palatabilità così come per gli effettipositivi sulla salute e che deve essere adot-tato nella sua interezza o in associazione adaltri stili nutrizionali documentati come tra-dizionalmente benefici. Non c’è dubbio che,nel momento stesso in cui molti autori an-glosassoni valorizzano quello che noi erro-neamente crediamo di conoscere molto be-ne, nella maggior parte delle regioni medi-terranee, anche del Sud dell’Italia, le abitu-dini alimentari sono cambiate e da un tipod’alimentazione basato su cereali, legumi,frutta, verdura, olio di oliva, pesce, siamopassati ad un’iperalimentazione (Fidanza,1993), caratterizzata da un consumo sem-pre più ricco di grassi saturi animali e vege-tali, di proteine animali, di zuccheri sempli-ci. Molti cibi italiani sono “americanizzati” atal punto che sono diventati così ricchi digrassi, colesterolo, sodio, energia, da esserediventati completamente diversi dai cibi tra-dizionali da cui dovrebbero derivare (Hurleye Liebman, 1994).Ma quello che più sembra preoccupare

è che la dilagante disinformazione cultura-le al riguardo indica alcuni prodotti alimen-

tari (molti a buon mercato, ma di dubbiaqualità nutrizionale) come i “nuovi alimen-ti” capaci addirittura di prevenire malattiee disordini. Nonostante la dieta mediterra-nea abbia subito profonde modificazioni eprogressive involuzioni negli ultimi anni,alcuni cibi fondamentali sono tuttora la ba-se del modello alimentare di molti paesi esono consumati tradizionalmente come ne-gli anni ’50 e ’60.La speranza è che tutti i dati esistenti e

le certezze scientifiche nella loro globalità,quelle più elementari e quelle più com-plesse, non siano solo oggetto di conversa-zioni congressuali, ma siano materia di ap-profondimento, di verifica critica e di ri-flessione per gli operatori del settore di-dattico (medico-biologico e non) e perquanti hanno la diretta ed importante re-sponsabilità dell’informazione ecologica ealimentare.

Bibliografia

Agradi E. Le basi scientifiche della dieta medi-terranea. Nutrizione e Salute. Roma: VerduciEditore, 1988.

Alberts DS, et al. Lack of effect of high-fibercereal supplement on the recurrence of col-orectal adenomas. N Eng J Med 2000; 342:1156-1162.

Bast A et al. Beta-carotene as antioxidant. Eu-ropean Journal of Clinical Nutrition 1996; 50,(3): S54-S56.

Beliveau R, Gingras D. Role of nutrition in pre-venting cancer. Can Fam Physician 2007; 53:1905-1911.

Borromei A, Maitan S. I radicali liberi dell’ossi-geno, origini, effetti patogeni, terapie. Milano:Masson, 1995.

Brunelleschi S. Metodi in vitro per la valutazio-ne degli antiinfiammatori. In: Dolara P, Fran-coni P, Mugelli A. Farmacologia e tossicologiasperimentale. Bologna: Pitagora Editrice,1989.

Cestaro B, Gatti P, Cervato G. Gli antiossidantinaturali e il loro ruolo nella prevenzione dei fe-

62

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Page 45: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

nomeni degenerativi tissutali. In: Gentile MG, acura di. Aggiornamenti in nutrizione clinica.Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 1996.

Clement IP, Lisk D. Bioactivity of seleniumfrom brasil nut for cancer prevention and sele-noenzyme maintenance. Nutrition and Cancer1994; 21: 201-212.

Cohen LA. Dieta e cancro. Le Scienze, quader-ni. Alimentazione e salute 1993, Volume 72.

Colomer R, Menendez JA. Mediterranean diet,olive oil and cancer. Clin Transl Oncol 2006; 8(1): 15-21.

Correa P, et al. Diet and gastric cancer: nutri-tion survey of a high risk area. J Natl Cancer In-st 1983; 70: 673-678.

Correa P. A human model of gastric carcino-genesis. Cancer Res 1988; 48: 3554-3560.

Correa P. The new era of cancer epidemiology.Cancer Epidemiol, Biomarkers Prev 1991; 1: 5-11.

Correa P. Helicobacter pylori and gastric can-cer: state of art. Cancer Epidemiol BiomarkersPrev 1996; 5: 477-481.

Correa Lima MP, Gomes da Silva MH. Colorec-tal cancer: lifestyle and dietary factors. NutrHosp 2005; 20(4): 235-241.

Creasey WA. Diet and Cancer. Philadelphia:Lea & Febiger, 1985.

Crew KD, Neugut AI. Epidemiology of gastriccancer. World J Gastroenterol 2006, 12(3): 354-362.

Crews RH, Faloon WW. The fallacy of a low fat di-et in liver disease. JAMA 1962; 181: 794.

Davies GR, et al. Helicobacter pylori stimulatesantral mucosal reactive oxygen metabolite pro-duction in vivo. Gut 1994; 35: 179-185.

De Lorgeril M, Salen P. The mediterranean dietin secundary prevention of coronary heart dis-ease. Clin Invest Med 2006; 29: 154-158.

Del Toma E. I presupposti fisiologici della die-toterapia. In: Del Toma E. Dietoterapia e Nutri-zione Clinica. Roma: Il Pensiero Scientifico Edi-tore, 1995.

Del Toma E. Il cibo apportatore di salute e pia-cere. In: Gentile MG, a cura di. Aggiornamentiin Nutrizione Clinica. Roma: Il Pensiero Scienti-fico Editore, 2000.

Del Toma E. Definizione ed efficacia terapeuti-ca della nutrizione clinica. In: Binetti P, Marcel-

li M, Baisi R. Manuale di nutrizione clinica escienze dietetiche applicate. Roma: SocietàEditrice Universo, 2006.

Divisi D, et al. Diet and Cancer. Acta Biomed2006; 77: 118-223.

Doll R, Peto R. The causes of cancer: quantita-tive estimates of avoidable risks of cancer inthe United States today. J Natl Cancer Inst1981; 66: 1191-1308.

Doll R, Peto R. Epidemiology of cancer. In: Wea-therall DJ, Ledingham JGG, Warrell DA, eds. Ox-ford Textbook of Medicine. Oxford: Oxford Uni-versity Press, 1996: 197-221.

EPIC-elderly prospective cohort study. Modi-fied Mediterranean diet and survival. BMJ 2005;330(7498): 991.

Estruch R, et al. Effects of a Mediterranean-Style Diet on cardiovascular risk factors. AnnIntern Med 2006; 145: 1-11.

FAO/OMS/UNU. Energy and protein require-ments. Report of a joint FAO/WHO/UNU ExpertConsultation, Technical Report Series 724. Gene-va: WHO, 1985.

Farinati F, et al. Metabolismo ossido-riduttivo edanno genomico nel processo di carcinogenesigastrica. Giornale di Gastroenterologia 1997;2(1): 33-38.

Ferraroni M, et al. Selected micronutrient in-take and the risk of colorectal cancer. Br J Can-cer 1994; 70: 1150-1155.

Fidanza A, et al. La dieta mediterranea. LeScienze, quaderni. Alimentazione e salute 1993;Volume 72.

Flandrin JL, Montanari M. Storia dell’alimenta-zione. Seconda Edizione. Roma-Bari: EditoriLaterza, 1999.

Flood A, et al. Fruit and vegetable intakes andthe risk of colorectal cancer in the Breast Can-cer Detection Demonstration Project follow-upcohort. Am J Clin Nutr 2002; 75(5): 936-943.

Frei B. Cardiovascular disease and nutrition an-tioxidants: role of low-density lipoproteins oxi-dation. Crt Rev Fd Sci Nutr 1995; 35: 83-98.

Fuchs CS, et al. Dietary fiber and risk of col-orectal cancer and adenoma in women. N EnglJ Med 1999; 340(3): 169-176.

Fung T, et al. Major dietary patterns and therisk of colorectal cancer in women. Arch InternMed 2003; 163(3): 309-314.

63

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Page 46: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

Ghiselli A, D’Amicis A, Giacosa A. The antioxi-dant potential of the Mediterranean diet. Eur JCancer Prev 1997; 6 (Suppl 1): S15-S19.

Gonzalez CA, et al. Meat intake and risck ofstomach and esophageal adenocarcinoma with-in the European Prospective investigation intoCancer and Nutrition (EPIC). J Natl Cancer In-st 2006; 98: 345-354.

Gussow JD, Akabas S. Are we really fixing upthe food supply? J Am Diet Assoc 1993; 93:1300-1304.

Halliwell B, Gutteridge JMC. Free radicals in bi-ology and medicine. 2nd ed. Oxford: ClarendonPress, 1989.

Hennekens CH. Antioxidant vitamins and can-cer. Am J Med 1994; 97: 2S-4S.

Hennekens CH, et al. Lack of effect of long-term supplementation with beta carotene onthe incidence of malignant neoplasms and car-diovascular disease. N Engl J Med 1996; 334:1145-1149.

Howe GR, et al. A collaborative case-controlstudy of nutrient intake and pancreatic cancerwithin the SEARCH Programme. Int J Cancer1992; 51: 365-372.

Howe GR, et al. Dietary intake of fiber and de-creased risk of cancers of the colon and rec-tum: evidence from the combined analysis of 13case-control studies. J Natl Cancer Inst 1992;84: 1887-1896.

Hunter DJ, et al. Cohort studies of fat intakeand the risk of breast cancer. A pooled analysis.N Engl J Med 1996; 334: 356-361.

Hurley J, Liebman B. When in Rome... Nutr.Action Health Letter 1994; 2: 5-7.

INRAN, Istituto Nazionale di Ricerca per gli Ali-menti e la Nutrizione. Linee Guida per un sanaalimentazione italiana (revisione 2003), Roma.

Istituto Nazionale della Nutrizione. LARN: Livellidi Assunzione Giornalieri di Energia e Nutrientiper la popolazione italiana. Revisione 1986-1987.Roma: Società Italiana di Nutrizione Umana.

Jacobsen BK, Thelle DS. Coffee, cholesterol,and colon cancer: is there a link? Br Med J1987; 294: 4-5.

Key TJ, et al. The effect of diet on risk of can-cer. Lancet 2002; 14, 360(9336): 861-868.

Key TJ, et al. Diet, nutrition and the prevention ofcancer. Public Health Nutr 2004; 7(1A); 187-200.

Keys A. Coronary heart disease in seven coun-tries. Circulation 1970; 41 (Suppl. I): 1-211.

Klatsky AL, Armstrong MA, Friedman GD. Al-cohol and mortality. Ann Intern Med 1992; 117:646-654.

Kromhout D, et al. Food consumption patternsin 1960s in seven countries. Am J Clin Nutr1989; 49: 889-894.

Kim YI. Vegetables, fruit, and colorectal cancerrisk: what should we believe? Nutr Rev 2001;59(12): 394-398.

Kirsh VA, et al. Supplemental and Dietary Vita-min E, β-caroten, and Vitamin C Intakes andProstate Cancer Risk. J Natl Cancer Inst 2006;98(4): 245-254.

Kune G, Watson L. Colorectal cancer protectiveeffects and the dietary micronutrients folate,methionine, vitamins B6, B12, C, E, seleniumand lycopene. Nutr Cancer 2006; 56(1): 11-21.

LARN. Livelli di Assunzione Raccomandati diEnergia e Nutrienti per la popolazione italiana.Revisione 1996. Roma: Società Italiana di Nutri-zione Umana.

La Vecchia C, Franceschi S. Alimentazione etumori. In: Il Cancro. Ricerca e applicazioni cli-niche. Le Scienze (in collaborazione con ilCNR) 1994; 24-30.

La Vecchia C. Nutrizione e tumori. Implicazioni diprevenzione e prospettive di ricerca. Roma: IlPensiero Scientifico Editore, 1997.

Levin B, Raijman I. Malignant tumors of the co-lon and rectum. In: Haubrich WS, Schaffner F,Berk JE, Bockus Gastroenterology. WB Saun-ders Company, 1995.

Longnecker MP, et al. Serum alpha-tocopherolconcentration in relation to subsequent col-orectal cancer: pooled data from five cohorts. JNatl Cancer Inst 1992; 84: 430-435.

Mai V, et al. Dietary fibre and risk of colorectalcancer in the Breast Cancer Detection Demon-stration Project (BCDDP) follow-up cohort. IntJ Epidemiol 2003; 32(2): 234-239.

Marcelli M, Rando G. Dietoterapia nell’insuffi-cienza epatica acuta e cronica. In: Gentile MG,a cura di. Aggiornamenti in Nutrizione Clinica.Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 1996.

64

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A

Page 47: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

McCullough ML, et al. Calcium, vitamin D, dairyproducts, and risk of colorectal cancer in the can-cer prevention study II nutrition cohort (UnitedStates). Cancer Causes Control 2003; 14(1): 1-12.

Michaud DS, et al. Coffee and alcohol consump-tion and the risk of pancreatic cancer in twoprospective United States cohorts. Cancer Epi-demiol Biomarkers Prev 2001; 10(5): 429-437.

Michels K, Sachs F. Trans fatty acids in Euro-pean margarines. New Engl J Med 1995; 322, 8:541-542.

Michels KB, et al. Prospective study of fruit andvegetable consumption and incidence of colonand rectal cancers. J Natl Cancer Inst 2000;92(21): 1740-1752.

Mozaffarian D, et al. Trans fatty acids and car-diovascular disease. N Engl J Med 2006; 354:1601-1613.

Nestle M. Traditional models of healthy eating:alternatives to “techno-food”. J Nutr Educ1994; 26: 241-245.

Nomura A, Hellbrun LK, Stemmerman GN.Body Mass Index as a predictor of cancer inman. J Natl Cancer Inst 1985; 74: 319-323.

Norat T, et al. Meat, fish, and colorectal cancerrisk: The European Prospective Investigationinto Cancer and Nutrition. J Natl Cancer Inst2005; 97: 906-916.

Opie EL, Alford LB. Influence of diet on hepaticnecrosis and toxicity of chloroform. JAMA1984; 62: 895.

Panagiotakos DB, et al. Can a Mediterraneandiet moderate the development and clinicalprogression of coronary disease? A systematicreview. Med Sci Monit 2004; 10: 193-198.

Pandey M, Shukla VK. Diet and gallbladdercancer: a case-control study. Eur J Cancer Prev2002; 11(4): 365-368.

Pastorino U. Principi di prevenzione antitumo-rale. In: Bonadonna G, Robustelli della Cuna G.Medicina Oncologica. Milano: Masson, 1994.

Poli A, et al. Non-fharmacological control ofplasna cholesterol levels. Nutrition, Metabolism& cardiovascular diseases 2008; 18: S1-S16.

Reddy BS. Chemioprevention of colon cancerby dietary fatty acids. Cancer and MetastasisReviews 1994; 13: 285-302.

Renaud S, et al. Cretan Mediterranean diet forprevention of coronary heart disease. Am J ClinNutr 1995, 61 (Suppl. 6): 1360S-1367S.

Rimm EB, Ellison RC. Alcohol in the Mediter-ranean diet. Am J Clin Nutr 1995; 61 (suppl):1378S-1382S.

Rosenberg L, et al. The risks of cancers of thecolon and rectum in relation to coffee con-sumption. Am J Epidemiol 1989; 130: 895-903.

Sanduleanu S, et al. Non-Helicobacter pyloribacterial flora during acid-suppressive therapy:differential findings in gastric juice and gastricmucosa. Aliment Pharmacol Ther 2001; 15:379-388.

Serafini M, et al. Total antioxidant potential offruit and vegetables and risk of gastric cancer.Gastroenterology 2002; 123(4): 985-991.

Serra-Majem L, et al. Scientific evidence of in-terventions using the Mediterranean diet: a sys-tematic review. Nutr Rev 2006; 64: S27-47.

Shang J, Peqa AS. Multidisciplinary approachto understand the pathogenesis of gastric can-cer. World J Gastroenterol 2005; 11: 4131-4139.

Sies H. Oxidative stress II: oxidants and antiox-idants. New York: Academic Press, 1991.

Simopoulos AP. The Mediterranean Diets:what is so special about the diet of Greece?The Scientific Evidence. American Institute forCancer Research 11th Annual Research Confer-ence on diet, nutrition and cancer. Washing-ton, July 16-17, 2001.

Slattery L, et al. Plant foods, fiber, and rectalcancer. Am J Clin Nutr 2004; 79, 2: 274-281.

Spence JD. Intensive management of risk fac-tors for accelerated atherosclerosis: the role ofmultiple interventions. Curr Neurol NeurosciRep 2007; 7(1): 42-48.

Srinath Reddy K, Katan MB. Diet, nutrition andthe prevention of hypertension and cardiovas-cular diseases. Public Health Nutr 2004; 7 (1A):167-186.

Terry P, et al. Fruit, vegetables, dietary fiber,and risk of colorectal cancer. J Natl Cancer Inst2001; 93(7): 525-533.

Thiebaut AC, et al. Dietary fat and post-menopausal breast cancer in the National Insti-tute of Health Study cohort. J Natl Cancer Inst2007; 99(6); 451-462.

65

A l i m e n t a z i o n e , n u t r i z i o n e e m a l a t t i e 2

Page 48: B nutrizione 3-5 - pensiero.it · neabbiamoampiadimostrazionesiascien - tificachesocialeestorica)unodei“piaceri piùgrandi”dellavita.Mangiarerappresen - taun ’esperienzasensorialecompletain

Trichopoulou A, Vasilopoulou E. Mediter-ranean diet and longevità. Br J Nutr 2000; 84,Suppl. 2: 205-209.

Trichopoulou A, et al. Adherence to a Mediter-ranean diet and survival in a Greek population.N Engl J Med 2003; 348: 2599-2608.

Tubili C. La dieta nelle epatopatie e nella colelitia-si. In: Del Toma E. Dietoterapia e Nutrizione Cli-nica. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 1995.

Tunstall-Pedoe H, et al. Contribution oftrends in survival and coronary-event rates tochange in coronary heart disease mortality:10-year results from 37 WHO MONICA pro-ject populations. Monitoring trends and de-terminantes in cardiovascular disease. Lancet1999; 353: 1547-1557.

Vainio H, Miller AB. Primary and secondaryprevention in colorectal cancer. Acta Oncol2003; 42: 809-815.

Van Poppel G, et al. Effects of β−carotene on im-munological indices in healthy male smokers.Ann NY Acad Sci 1993; 691: 402-407.

Van Poppel G. Epidemiological evidence for β−carotene in prevention of cancer andcardiovascular disease. European Journal ofClinical Nutrition 1996; 50 (Suppl. 3): S57-S61.

Voorrips LE, et al. 2000. Vegetable and fruitconsumption and risks of colon and rectal can-cer in a prospective cohort study: the Nether-land Cohort Study on Diet and Cancer. Am JEpidemiol 2000; 152(11): 1081-1092.

WHO (World Health Organization). The worldhealth report 2002: reducing risks, promotinghealthy life. Geneva, 2002.

WHO. Diet, Nutrition and the prevention ofchronic disease. Report of a Joint WHO/FAO Ex-pert Consultation. Geneva, 2003.

Willett WC, et al. Relation of meat, fat, andfiber intake to the risk of colon cancer in aprospective study among women. New Engl JMed 1990; 323: 1664-1672.

Willett WC, Ascherio A. Trans Fatty Acids: arethe effects only marginal? American Journal ofPublic Health 1994; 84, 5: 722-724.

Willett WC, et al. Mediterranean diet pyramid: acultural model for healthy eating. Am J Clin Nutr1995, 61 (suppl): 1402S-1406S.

Willett WC. Fat, energy and breast cancer. JNutr 1997; 127 (5 suppl): 921S-923S.

Willett WC. The Mediterranean diet: scienceand practice. Public Health Nutri 2006; 9(1A):105-1010.

66

L I N E A M E N T I D I D I E T O T E R A P I A E N U T R I Z I O N E C L I N I C A