bando zenobia, a cura di trial version, 2013
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I progetti fotografici di questa pubblicazione appartengono a cinque giovani fotografi che con i loro scatti hanno documentato il trasformarsi del paesaggio urbano contemporaneo. Tra le pagine scorrono immagini di luoghi abbandonati, caduti in disuso o continuamente trasformati, che da tempo aspettano in silenzio qualcuno che sappia ascoltarli. Sono spazi che hanno perso la loro funzione originaria, tra- sformati profondamente dalla mano dell’uomo e dalla natura. Lo sguardo dei fotografi è quello di chi quei posti non li ha vissuti. Alcune immagini si soffermano sul loro stato di abbandono e sul fascino che con il tempo hanno acquisito, altre, invece, hanno la capacità di dar vita a nuovi scenari e di immaginare nuove possibilità.TRANSCRIPT
ZENOBIA
FOTOGRAFIE DI
ANDREA BERETTALORENZO BERTINIVITTORIO MARUCCIGIULIA PIERMARTIRIFRANCESCA ZAGNI
A CURA DI TRIAL VERSION & CHIARA RUBERTI
PROGETTO GRAFICOVERONICA VIOTTI
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È inutile stabilire se Zenobia sia da classificare tra le città felici o tra quelle infelici. Non è in queste due specie che ha senso dividere le città, ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati.
(Italo Calvino, Le città invisibili)
I progetti fotografici di questa pubblicazione appartengono a cinque giovani fotografi che con i loro scatti hanno documentato il trasformarsi del paesaggio urbano contemporaneo. Tra le pagine scorrono immagini di luoghi abbandonati, caduti in disuso o continuamente trasformati, che da tempo aspettano in silenzio qualcuno che sappia ascoltarli. Sono spazi che hanno perso la loro funzione originaria, tra-sformati profondamente dalla mano dell’uomo e dalla natura. Lo sguardo dei fotografi è quello di chi quei posti non li ha vissuti. Alcune immagini si soffermano sul loro stato di abbandono e sul fascino che con il tempo hanno acquisito, altre, invece, hanno la capacità di dar vita a nuovi scenari e di immaginare nuove possibilità.
04 Via dei Conciatori 2 r - 4 r, FirenzeAndrea Beretta
Andrea Beretta (Firenze, 1983) ha una laurea in Psicologia, frequenta la scuola di fotografia Fondazione Studio Marangoni e si sta specializzando in Psicoterapia. Ha partecipato a diversi convegni in ambito psicoanalitico e ha pubblicato nel 2012 Il mondo interno del bambino: l'uso della fia-ba per la ricerca di significato, “Psicoanalisi Neofreudiana” (Anno 2012, n. 1).
Il 19 gennaio del 2012 l’immobile in via dei Conciatori è stato sgombe-rato. La storia di questo luogo di proprietà comunale e sede delle ultime con-cerie presenti nel quartiere di Santa Croce, inizia l’8 dicembre del 1980 con l’occupazione da parte di Democrazia Proletaria (riconosciuto e re-golarizzato su richiesta del DP con una concessione del 1988 e succes-sivamente con il pagamento di una indennità di occupazione da parte del PRC e della Casa dei Diritti Sociali ). Nei trent’anni successivi si sono susseguite numerose associazioni al suo interno, dalle residenze protette dell’associazione Artemisia alla Lega degli Obiettori di Coscienza. Le ultime a trovare accoglienza sono state: l’associazione Casa dei Diritti Sociali sorta nel ’93, dal ’94 la fe-derazione fiorentina di Rifondazione Comunista (PRC) e dei giovani co-munisti, il circolo centro storico del PRC, il Collettivo anti-psichiatria Violetta Van Gogh, gruppi di cittadini senegalesi che si riunivano per la preghiera, il collettivo anarchico fiorentino, il comitato di sostegno al popolo indiano Stop Green Hunt, gruppi teatrali ed artigianali, ed il GAS Allegri, il gruppo di acquisto solidale di Santa Croce. Il 13 dicembre 2010 alla seconda asta (la prima è andata deserta) l’edi-ficio storico è andato alla società Tosco 3 srl con un’offerta di 1161,1 euro al metro quadro ( in totale 1.912.000 euro per 1646 metri quadri), in una zona i cui prezzi di mercato degli immobili sono anche 5 volte su-periori e nonostante il parere contrario del Consiglio di Quartiere 1. Questo reportage vuole raccontare gli ultimi giorni di vita di questa esperienza trentennale, non attraverso i volti e le parole delle persone, ma dando voce al luogo stesso e alla sua memoria, carica di valenze e ricordi rimasti inascoltati.
Andrea Beretta
Via dei conciatori 2 r - 4 r, Firenze
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Via dei conciatori 2 r - 4 r, Firenze
Via dei Conciatori 2 r - 4 r, FirenzeAndrea Beretta
06 Via dei Conciatori 2 r - 4 r, FirenzeAndrea Beretta
07Via dei Conciatori 2 r - 4 r, FirenzeAndrea Beretta
08 Via dei Conciatori 2 r - 4 r, FirenzeAndrea Beretta
09Via dei Conciatori 2 r - 4 r, FirenzeAndrea Beretta
010 Vite di Banti - Gennaio 2012Lorenzo Bertini
Lorenzo Bertini (Firenze, 1992) frequen-ta il corso triennale di fotografia della Fondazione Studio Marangoni e studia Economia e Commercio all’Università di Firenze. Nel 2012 ha partecipato alla mo-stra degli studenti del Primo e Secondo anno del Corso Triennale di Fotografia 2012 alla Fondazione Studio Marangoni.
Quando si comincia a conoscere un luogo, questo ci racconta delle sto-rie, a volte piacevoli altre tristi. Questi racconti sono la manifestazione dei desideri del passato che prendono vita e compiono il loro destino. Ho documentato con il mezzo fotografico quello che ho visto, vissuto e im-maginato all’interno dell’ex-ospedale Banti nei giorni che vi ho trascorso, quello che l’ospedale stesso mi ha silenziosamente raccontato. Allora ho riutilizzato questa struttura come un grande palco sul quale hanno reci-tato i protagonisti indiscussi di questo momento dell’anno, il Carnevale. Ciò che ne è risultato sono i percorsi di tre maschere, protagoniste di altrettante storie ambientate nella struttura dell’ex-ospedale, rappre-sentazioni di tre diversi destini, amari, insapori o dolci.
Lorenzo Bertini
Vite di Banti - Gennaio 2012
011Vite di Banti - Gennaio 2012Lorenzo Bertini Giardino interno
Vite di Banti - Gennaio 2012
012 Vite di Banti - Gennaio 2012Lorenzo Bertini La torre
013Vite di Banti - Gennaio 2012Lorenzo Bertini Sala caldaie
014 Vite di Banti - Gennaio 2012Lorenzo Bertini Sala vetrate
015Vite di Banti - Gennaio 2012Lorenzo Bertini Scale
016 Ramazzini il padiglione nascostoVittorio Marucci
Vittorio Marrucci (Firenze, 1985) dal 2010 frequenta il corso triennale della Fondazione Studio Marangoni. Lavora sul campo sia come assistente che come fotografo tra progetti di moda presso l’accademia Polimoda, still life e interni. Porta avanti poialcuni progetti perso-nali: The Wall, un reportage nel mondo underground dei graffiti e L’italia sono anch’io (Campagna per i diritti di cittadi-nanza) un progetto a sfondo sociale. At-tivo nell’associazione Libera Espressione Creativa come fotografo e coordinatore di mostre e eventi.
Il 13 maggio 1978 il parlamento italiano approvava la legge n. 180, “Ac-certamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”, rimasta nella memoria storica italiana sotto il nome “Legge Basaglia”, nome dello psi-chiatra promotore dell’iniziativa. La legge n. 180 rappresentò un nodo di svolta cruciale nel sistema sanitario nazionale e nella normativa sull’as-sistenza psichiatrica, imponendo la chiusura dei manicomi a livello na-zionale, quelle strutture che, secondo le parole di Basaglia, erano dive-nute abitazione forzata, luogo di perpetua istituzionalizzazione dove il malato è costantemente “sotto processo, condannato - come dice Fo-cault - ad essere posto sotto un atto di accusa il cui testo non è mai mo-strato perché è segnato nell’intera vita dell’asilo”.Testimone di un retaggio passato di confinamento e alienamento, rima-ne una costellazione di strutture ospedaliere abbandonate sparse sul territorio italiano come giganti addormentati. Da decenni migliaia di persone visitano e immortalano i resti dell’ormai diroccato Centro Psi-chiatrico di Volterra, adagiato su una collina a pochi passi dalla città. I padiglioni centrali,abbandonati all’incuria, sono stati martoriati e saccheggiati da visitatori e vandali; nonostante ormai sia rimasto ben poco delle loro caratteristi-che originali, continuano ad essere un richiamo per turisti e fotografi. Ai margini degli edifici principali, dimenticato e di difficile accesso, è rimasto nascosto il Centro Ramazzini, struttura una volta dedicata alle camerate di degenza. Qui i ricoverati del manicomio dormivano, soggior-navano durante le pause dal lavoro, passeggiavano nel cortile protetto da reti e cancelli. Discosto da altre strutture più famose, non ha subito negli anni l’invasione e il saccheggio dei curiosi; anzi, utilizzato come ma-gazzino per manichini e altri oggetti ha amplificato l’atmosfera teatrale di ansia e incubi spezzati. Il Ramazzini è rimasto un edificio di innegabile fascino e suggestione, monumento innalzato alla imperfezione umana, testimone di angosce, incubi, sogni e ansie. Altamente rappresentativa è la destinazione della struttura una volta manicomiale a deposito di manichini, beffarde rappresentazioni di uomini e donne che, per il loro essere diversi, per la loro malattia, dovevano subire ogni giorno la cu-stodia, il condizionamento, l’annullamento.
Vittorio Marucci
Ramazzini il padiglione nascosto
017Ramazzini il padiglione nascostoVittorio Marucci
Ramazzini il padiglione nascosto
018 Ramazzini il padiglione nascostoVittorio Marucci
019Ramazzini il padiglione nascostoVittorio Marucci
020 Ramazzini il padiglione nascostoVittorio Marucci
021Ramazzini il padiglione nascostoVittorio Marucci
022 Area 240Giulia Piermartiri
Giulia Piermartiri (Civitanova Marche, 1990) è iscritta al secondo anno della scuola di fotografia Fondazione Studio Marangoni. Ha lavorato nel campo del-la fotografia di moda (Pitti Bimbo 2013, Fornarina) e di interni (AGAPE). Ha se-guito vari workshop di fotografia e nel 2012 ha pubblicato per la rivista “Mappe”, Luoghi percorsi progetti nelle Marche, un la-voro sullo spazio di una ex serra agricola.
240 sono i chilometri che ho percorso nella zona di Porto Sant’Elpidio, nelle Marche, mia regione d’origine.Sono rimasta impressionata dalla grandissima quantità di aziende e at-tività cadute in disuso o, addirittura, ormai ridotte in stato di completo abbandono e deterioramento, che ho incontrato in quell’itinerario di 240 chilometri.Con la crisi, che in Italia sembra non voler finire mai, i casi di aziende in fallimento o in chiusura volontaria sono in continua crescita.Le mie fotografie vogliono mostrare la natura di questi luoghi abbando-nati, perduti e all’apparenza impenetrabili, che raccontano di un mondo passato rimasto come cristallizzato nel tempo.A volte immagino che così saranno le città in un futuro prossimo: desola-te, disseminate di stabili decadenti. Città che resteranno in silenzio, ma avranno molte storie da raccontare; come quelle località del Paese che vengono chiamate “città fantasma”, un tempo abitate e che sono state abbandonate e i cui edifici sono in rovina.Gli edifici abbandonati sono ovunque sul territorio: nei centri urbani, nelle periferie, nelle campagne, nelle località montane e in quelle balne-ari. Vengono lasciati lì, giorno dopo giorno, notte dopo notte. Perdono ogni giorno un pezzo, finché non ci rendiamo conto che stanno crollando sotto i nostri occhi e non resta altro da fare che abbatterli. La maggior parte delle volte si preferisce lasciarseli alle spalle e costruire nuovi edifici: un approccio conveniente nel breve termine ma sicuramente non nel lungo periodo.Queste fotografie non sono solo l’immagine di un tempo passato, ma vo-glio che siano la testimonianza di un errore da non ripetere.
Giulia Piermaritiri
Luoghi visitati:
Ex FIM, vecchio concimificio - Porto Sant’ ElpidioEx concimificio - Porto RecanatiEx Montedison, vecchio concimificio - Falconara MarittimaVilla Moroni - Sant’ Elpidio a MareHotel - GrottammareParco acquatico - PedasoFornace Koch - Recanati
Area 240
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Area 240
Area 240Giulia Piermartiri Ex FIM - Porto Sant’Elpidio
024 Area 240Giulia Piermartiri Parco acquatico - Pedaso
025Area 240Giulia Piermartiri Hotel - Grottammare
026 Area 240Giulia Piermartiri Ex Montedison - Falconara Marittima
027Area 240Giulia Piermartiri Ex concimificio - Porto Recanati
028 RovetaFrancesca Zagni
Francesca Zagni (Firenze, 1990) da due anni studia fotografia alla Fondazione Studio Marangoni. Ha realizzato book fotografici e reportage per diversi eventi, come Pitti Immagine Bimbo, e dal 2011 è parte dell’associazione Artis Florence con cui ha partecipato a diverse mostre sul territorio di Firenze e provincia. Nel 2012 ha realizzato la locandina per lo spetta-colo Donne per La Compagnia dei Nove e ha partecipato alla Mostra degli Studenti del primo anno della Fondazione Studio Marangoni presentando un lavoro sul tema “ritratto”.
Circa dieci anni fa due grandi amici dei miei genitori decisero di ac-quistare e ristrutturare la vecchia abitazione del custode della fabbrica Sorgente Roveta. A volte, dopo essere andati a fargli visita, mia madre portava a casa alcune bottigliette di vetro dalle forme particolari tro-vate integre nei dintorni dello stabilimento, le stesse bottiglie le ho viste poi nelle composizioni di natura morta del Liceo Artistico che ho frequentato.Inevitabilmente mi hanno incuriosita e sono venuta a sapere che la Sor-gente Roveta era un’importante fabbrica attiva dalla fine dell’800 fino al 1975, caduta in declino dopo la morte del suo fondatore Scotti.Oggi è totalmente abbandonata: l’esterno si presenta coperto da pi-ante rampicanti, e camminando lungo il perimetro della struttura si sente lo scricchiolio degli strati di vetro sotto i piedi. Un tasso ha scelto come tana uno degli scompartimenti in alto lungo un vecchio corridoio, ovunque si trovano macchinari arrugginiti e bottiglie rotte.
Francesca Zagni
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in collaborazione con sponsor tecnicocon il contributo di
CREATIVITÀ IN AZIONI 2012
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