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    Corpi e confini nellimmaginario nazional-patriottico ottocentesco

    di Alberto Mario Banti

    1.

    Limmaginario nazional-patriottico ottocentesco va considerato come unsistema discorsivo che integra testi, discorsi e rappresentazioni prodotte daintellettuali che operano nelle pi varie parti dEuropa. La circolazione in-ternazionale di immagini che servono a fissare i caratteri specifici delle na-zioni un tratto che lOttocento deriva dal cosmopolitismo intellettuale diet moderna. Gli intellettuali europei ottocenteschi non smettono labitoelevato a sistema ideologico nel corso del XVIII secolo: continuano a veder-si, frequentarsi, leggersi, tradursi, copiarsi, e in questo circuito di prestiti in-

    ternazionali entrano massicciamente anche i reperti necessari a costruire undiscorso divisivo come quello nazionalista. Il paradosso evidente, ma misembra debba essere considerato una parte integrante della vita politica eculturale della contemporaneit.

    In questo contesto le formazioni discorsive nazional-patriottiche possie-dono due distinte componenti: da un lato sono allopera figure profondeche articolano le strutture delle narrazioni e che sono in larga misura comu-ni al discorso nazionale nel suo complesso; dallaltro, intorno ad esse si co-struiscono sviluppi narrativi specifici, che tessono trame particolari e cerca-

    no di dar vita alle singole nazioni raccontandone la Storia in generale, o lestorie di singoli eroi o eroine nazionali in particolare.Nelle pagine che seguono mi concentro soprattutto sulla prima delle

    componenti, la figurazione profonda; e lo faccio discutendo un aspetto chederiva direttamente dalla natura differenziale del discorso nazionale. Comnoto, alla stregua di molti altri discorsi identitari, anche quello nazionale sicostruisce come un sistema di differenze: esso si basa sullidentificazione diun noi contrapposto a un loro, operazione che comporta tutta una se-rie di passaggi, tra cui, non trascurabile, la fissazione di confini. Questi con-fini sono sicuramente di natura geografica o politica; ma sono anche confini

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    simbolici che idealmente connotano, isolano e proteggono i membri dellacomunit. Creare storie e miti che ne rafforzino la coesione e lintegrit e necoltivino il patrimonio di culture, memorie e storie, una delle prime preoc-

    cupazioni degli speaker nazionalisti, sin dal primo Ottocento: il che signifi-ca fare di quelle barriere simboliche dei confini etnici, per cos dire. Macosa sono i confini etnici nel discorso nazional-patriottico ottocentesco?

    2.

    I confini sono i corpi. I confini sono espressi dai corpi dei membri dellanazione. I confini attraversano i corpi, degli uomini e delle donne della na-

    zione. Limpatto emotivo di metafore di questo genere non dovrebbe sfug-gire, quando ci si interroga intorno alla forza pervasiva delle ideologie na-zionaliste. Che cosa c di pi violabile di un corpo? E quante ferite mentalilascia una violazione dei corpi? Cosa, pi di un corpo, degno di essere di-feso? E cosa, pi di un corpo violato, meritevole di essere commemorato?

    Questi interrogativi meritano un commento: i corpi violati non hannosempre lo stesso significato: in alcuni casi, i corpi devono essere pronti adessere feriti, offesi, annullati, specie quando il discorso nazionalista incor-pora la retorica del sacrificio degli eroi combattenti: costoro devono essere

    non solo coraggiosi soldati, ma in primo luogo martiri, ovvero individuipronti al sacrificio di s, e in qualche misura persino predestinati a tale fine.Lofferta testimoniale di s non prerogativa esclusiva dei corpi maschili;ma certo ad essi appartiene in forma esclusiva, quando il rito sacrificale lasanta guerra nazionale. Il sangue sparso in battaglia non pu che esseresangue di uomini, di veri uomini.

    Ma anche alle donne la retorica nazional-patriottica riserva sacrifici: sepa-razioni dai propri uomini che vanno a combattere, il pianto e il dolore per icaduti, i vestiti del lutto e la notte dellanima, sacrifici, questi, che sono consi-derati come parte del normale ordine dei generi, completamente riassorbitoallinterno del discorso nazional-patriottico. Tuttavia ci sono anche altri sacri-fici femminili, diversi da quelli appena ricordati, perch colpiscono il corpodelle donne e perch sono sentiti come unoffesa profonda, insopportabile,che turba nellintimo larmonia della comunit, e proprio per questo impor-tantissimi nelleconomia dellimmaginario nazionalista. Ed proprio su que-sta seconda violazione e sugli effetti simbolici che produce, che vorrei prova-re a soffermarmi, usando intanto un reperto testuale che si pone al cuore del-lelaborazione intellettuale tedesca del XIX secolo:La battaglia di Arminio,di Heinrich von Kleist. Questopera teatrale, scritta nella seconda met del

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    1808, viene pubblicata per la prima volta nel 1821 negli Scritti postumi diHeinrich von Kleist, editi da Ludwig Tieck, per essere messa in scena per laprima volta il 18 ottobre 1860 a Breslau in un adattamento di Feodor Wehl1.

    Il dramma narra degli sforzi messi in atto nel 9 d.C. da Arminio/Hermann,capo dei Cherusci, per riunire le varie trib germaniche in una lotta comunecontro gli invasori romani, chiara e diretta allusione alla situazione della Prussiae dellintera Germania ormai completamente sottomesse alla Francia napo-leonica dopo la battaglia di Jena. I tentativi di Hermann trovano un felice esi-to quando a tutti sono chiare le efferatezze e le violenze senza nome dei Romani,per illustrare le quali Kleist mette in scena un episodio di sconvolgente vio-lenza, che ambienta nei pressi di Teutoburgo dove sono accampati i Romani.

    notte, e tra le abitazioni dei Germani allimprovviso si odono delle gri-

    da. Una folla si raduna: viene portata una giovane, a malapena riconoscibi-le, gravemente ferita, mentre un Cherusco la copre con un drappo: i soldatiromani lhanno violentata. Subito viene chiamato il padre, che arriva con isuoi cugini. La ragazza Hally, la sua unica figlia. Appena Teuthold, il pa-dre, sa cosa le capitato, la uccide con una pugnalata, e poi si getta sul ca-davere, dicendo: Hally! Mia unica figlia! Ho fatto bene?2. SopraggiungeHermann a cui un altro guerriero cherusco dice che un gruppo di soldatiromani ha brutalizzato la giovane:

    Un intero branco

    Di Romani lubrichi che girovagavano per laccampamentoAl crepuscolo, senza vergogna lhanno ARMINIO (conducendolo sul proscenio). Parla piano, Selmar, parla piano!Laria, lo sai, ha delle orecchie.Un gruppo di Romani3?.

    Il resto della conversazione si svolge a voce impercettibile. DopodichArminio rivolgendosi a tutti i presenti grida alla vendetta contro i

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    1 Cfr.Marianne et Germania 1789-1889. Un sicle de passions franco-allemandes, Muse duPetit Palais, Paris 8 novembre 1997 - 15 fvrier 1998, Paris-Muses, Paris, 1997, p. 167 (gli autoridi questo catalogo collocano il compimento dellopera nella seconda met del 1809). Lepoca delgrande e clamoroso successo dellaBattaglia di Arminio quella nazista; nellannata teatrale 1933-34 il dramma fu messo in scena la bellezza di 146 volte, J.M. Kapczynski,Imperfect Myths: Genderand the Construction of Nation in Heinrich von Kleists Die Hermannsschlacht, in H. Collier Sy-Quia, S. Baackmann (a cura di), Conquering Women: Women and War in the German CulturalImagination, University of California, Berkeley, 2000, p. 143 [http://repositories.cdlib.org/ucia-spubs/research/104]).

    2 H. von Kleist,Die Hermannsschlacht. Ein Drama, in Id.,Smtliche Werke, Im Insel Verlag,Leipzig, s.d., p. 567 (ed. or. 1808).

    3Ibidem.

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    Romani; tutti gli si fanno intorno, ed il capo cherusco, rivolgendosi aTeuthold, dice:

    Ascolta ora e non ribattere niente. Va, padre disgraziato, e porta con i tuoi cuginiLa vergine disonorataIn un angolo della tua casa!Noi abbiamo quindici trib tra i Germani;Con il filo della spada, in quindici pezzi,Taglia il suo corpo e falli avere attraverso quindici messaggeri Io ti dar quindici cavalli per ci Alle quindici trib della Germania.Questo corpo recluter per la tua vendetta

    In Germania perfino le cose inanimate:Luragano, soffiando nella foresta,Grider: rivolta! E il mare,Battendo i fianchi del paese, urler: libert!IL POPOLO Rivolta! Vendetta! Libert!TEUTHOLD Andate! Prendetela!Portatela a casa, tagliatela a pezzi4!.

    Il macabro rituale propizia la riunione dei Germani, che, alla fine, rie-scono a travolgere le legioni romane guidate da Varo nella battaglia di

    Teutoburgo. Dopo la vittoria, nellultima scena del dramma, Hermann si in-contra con gli altri principi tedeschi. Wolf, principe dei Catti, gli dice:

    Hally, la vergine disonorata,Di cui hai fatto portare un pezzo a ciascuna trib,Come simbolo della nostra patria,Ha consumato la pazienza dei nostri popoli.Tu vedi tutta la Germania in armi infiammarsi,Per punire latrocit che ha subito:Ma noi siamo venuti a domandarti

    Come conti di utilizzare lesercito che noi ti abbiamoFornito nella guerra contro Roma5?.

    Hermann risponde che sar Marbod, principe degli Svevi, a decidere.Costui sopraggiunge, e proclama Hermann capo di tutte le trib: Marbod(si inginocchia davanti a lui [cio davanti ad Hermann]). Gloria a te, io lo

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    4 Ivi, p. 569.5 Ivi, p. 604.

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    proclamo, Hermann, salvatore della Germania!6. Nel climax del dramma,dunque, la sfortunata Hally cessa di essere una persona reale, per diventareunallegoria della Germania, di cui porta i terribili segni: il disonore dellag-

    gressione subita; lo smembramento, simbolo della divisione dei suoi popoli;la ricomposizione, data dal ricongiungersi delle quindici trib, destinatariedei quindici poveri brandelli di corpo7.

    Il testo di Kleist interessante non solo per ci che racconta, o per co-me lo racconta, ma perch si pone al centro di una fitta rete di relazioni in-tertestuali, che lo proiettano in primo luogo allindietro, verso lelaborazio-ne narrativa e retorica del repubblicanesimo settecentesco: la storia che en-tra in relazione con lelaborazione di Kleist soprattutto quella di Virginia,pi volte ripresa, con una forte accentuazione antitirannica e antinobiliare,

    in una serie di opere compiute tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta delSettecento. La vicenda, narrata da Livio8, e nel Settecento ripresa dallAbateVertot, si colloca alla met del V sec. a.C., quando il decemviro AppioClaudio, vero tirannico padrone di Roma, vuole per s Virginia, per farneuna sua schiava e soddisfare con lei i suoi desideri sessuali: il progetto tut-tavia impedito da Virginio, il padre della ragazza, che con un coltello la uc-cide, piuttosto che vederla disonorata; lemozione suscitata dalla infelice fi-ne della ragazza porta alla caduta dei decemviri, alla restaurazione dei con-soli e dei tribuni della plebe ed al suicidio di Appio Claudio. Il tema, rilan-ciato da un quadro di Nathaniel Dance del 1761,Morte di Virginia9, vienepoi ripreso in opere come Emilia Galotti, di Lessing, del 1771-72, e Virginia,di Alfieri, composta tra il 1777 e il 1781, e pubblicata nel 1783. La figura diTeuthold che uccide Hally sembra ripresa dal modello di Virginio, anche senel racconto di Kleist lomicidio liberatorio compiuto per cancellare lon-ta della violenza, e non come in questo caso per impedire che la violen-za sia compiuta10.

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    66 Ivi, p. 605.67 Richiama lattenzione su questo aspetto del dramma anche J.M. Kapczynski,Imperfect

    Myths: Gender and the Construction of Nation in Heinrich von Kleists Die Hermannsschlacht,cit., p. 147.

    68 Livio,Storia di Roma, Libro III, 44-58.69 Cfr. R. Rosenblum, Trasformazioni nellarte. Iconografia e stile tra Neoclassicismo e

    Romanticismo, Carocci, Roma, 2002, pp. 97-98 (ed. or. 1967), con notizie su altre opere dedicatea Virginia.

    10 Invece la fonte per il particolare dello smembramento rituale del corpo potrebbe esseretrovata in uno sconvolgente testo di Rousseau,Il levita di Efraim, derivato, con pochissime va-rianti, dallaBibbia, Giudici, 19-21, e scritto tra il 10 e il 12 giugno 1762. Il testo viene pubblicatopostumo, nel 1781, in uvres posthumes de J.-J. Rousseau, vol. 1, Socit typographique, Genve,1781, pp. 131-167, per essere pubblicato nuovamente lanno dopo in Collection complte desuvres, d. Moultou-Du Peyrou, 1782, t. XIII, pp. 239-273 (J.-J. Rousseau, uvres compltes,

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    Ricordare questi precedenti significa sottolineare quanto profondamen-te il testo di Kleist (ma in realt si dovrebbe dire lintero nazional-patriotti-smo romantico) sia legato al discorso repubblicano settecentesco. Il nesso

    comporta, tuttavia, una variazione fondamentale, data dal fatto che operesignificative del contesto repubblicano lavorano intorno al tema dellaggres-sione sessuale facendone una vicenda di evidente rilevanza politica nel con-trapporre i patrioti dotati di profondo spirito civico (Virginio, Virginia, e glialtri intorno a loro) al protervo tiranno; mentre nel caso del racconto diKleist, il contrasto non interno ad una medesima comunit politica, macoinvolge due diverse comunit, etnicamente distinte, i Germani e i Romani;quindi il tema del sopruso politico prende unulteriore coloritura, che pro-pria della retorica nazional-patriottica e che deriva dallinconciliabile diver-

    sit etnica di oppressi ed oppressori11

    .

    3.

    Proprio questa particolare narrativizzazione della storia delle comunitnazionali collega lopera di Kleist ad unaltra serie di opere pubblicate nelcorso del XIX secolo, che rielaborano lo stesso tema dellaggressione al cor-po delle donne come una violazione simbolica dei confini della comunit

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    vol. 2, Gallimard, Paris, 1964, p. 1988). Kleist apprezza molto e conosce bene Rousseau, e, inparticolare, ne conosce unedizione di opere complete (come si evince dalle lettere a Wilhelminevon Zenge del 22 marzo, 14 aprile, 3 giugno 1801 e 15 agosto 1801, a Karoline von Schlieben del18 luglio 1801, e a Ulrike von Kleist, del 14 luglio 1807; cfr. H. von Kleist, Smtliche Werke undBriefe, vol. 4,Briefe von und an Heinrich von Kleist, 1793-1811, hg. von K. Mller-Salget und S.Ormanns, Deutscher Klassiker Verlag, Frankfurt am Main, 1997, pp. 203, 220, 229, 251-252,241 e 383): probabile, dunque, che sia stato Rousseau con il suo racconto ad attirare lattenzio-ne di Kleist sullepisodio biblico e sul tema dello smembramento rituale.

    11 Lo spostamento da un campo semantico allaltro particolarmente evidente anche nellastruttura di una tragedia di Francesco Saverio Salfi, intitolata Virginia bresciana, del 1797. Salfidichiara di essersi ispirato, per il suo lavoro, alla tragedia di Alfieri, della quale rispetta in modoscolastico limpianto complessivo. A parte altre minori varianti, vi opera, tuttavia, due sposta-menti estremamente significativi: lambientazione non quella della Roma classica, ma quelladella Brescia medievale; il tiranno di turno non interno alla comunit, ma di unaltra etnia: un Longobardo. In questo modo tutta la storia si svolge intorno allideale confine nazional-ses-suale che separa la comunit bresciano/italica e la comunit degli invasori longobardi. Lonoreche viene difeso da Doduno, che uccide la figlia Scomburga per sottrarla alle voglie del capo lon-gobardo Ismondo, non pi lonore repubblicano, ma gi lonore nazionale (F. Salfi, Virginiabresciana, Stamperia nazionale, Brescia, a. VI R.F. [1797]). Niente autorizza a ritenere che la tra-gedia di Salfi sia stata una fonte per Kleist: semmai entrambe le opere devono essere consideratetestimonianze di una pi generale tendenza alla ridefinizione delle comunit politiche, che co-me si ricorder fra poco messa in atto anche da numerosi altri intellettuali europei di questoperiodo.

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    nazionale. Lelenco piuttosto fitto ed annovera opere di Schiller, Krner,Leopardi, Scott, Hayez, de Jouy e Bis, dAzeglio, Guerrazzi, Sue, Delacroix,Grant, Garibaldi, Henty12. In questo caso non necessario immaginare che

    La battaglia di Arminio sia stata un modello o una fonte per qualcunaltradi queste opere, cosa che, di fatto, non ; piuttosto occorre sottolineare chelopera di Kleist non il frutto di un precoce imbarbarimento del pensieronazionalista tedesco, dovendo piuttosto essere inserita in una costellazionedi narrazioni che vengono da intellettuali di vari altri paesi europei, e chepongono al centro delle loro vicende storie di aggressioni sessuali alle don-ne della nazione, cariche di un denso significato simbolico, e non meno bru-tali di quella narrata da Kleist.

    Mi limito qui ad enunciare alcuni aspetti strutturali comuni a questo in-

    sieme di opere, rinviando ad un altro lavoro per approfondimenti analiticisistematici del quadro complessivo e di ciascuna delle opere qui evocate13.Dunque, le opere che ho ricordato sono intanto accomunate da un con-

    notato condiviso: tutte quante raccontano delle storie di guerra. La guerrache viene narrata contrappone una comunit etno-nazionale di oppressoriad una comunit etno-nazionale di oppressi che cercano il loro riscatto; ed dalla prospettiva di questi ultimi che le storie sono costruite, poich gliautori assumono il punto di vista ed il bagaglio di valori degli eroi e delleeroine delle comunit oppresse.

    Ci che , poi, particolarmente importante, che in ciascuna di questeopere la macchina narrativa si muove intorno ad una concezione che fun-ziona come architrave basilare dellintero discorso nazional-patriottico otto-centesco: ovvero la rappresentazione della nazione come una comunit didiscendenza, i cui membri sono legati tra loro in primo luogo da vincoli pa-rental-genealogici. Sono perfettamente consapevole che questo un puntocontroverso, poich unautorevole tradizione storiografica ha sostenuto chequesta concezione (da taluno chiamata naturalistica) non sia quella chedomina dovunque nellEuropa della prima met del XIX; e che essa si af-fermi solo nel tardo XIX secolo, quando una concezione istericamente ag-

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    12 F. Schiller, Guglielmo Tell, 1804; T. Krner,La lira e la spada, 1814; G. Leopardi,AllItalia,1818; W. Scott,Ivanhoe, 1819; F. Hayez,I Vespri siciliani, 1822, 1835, 1844-46; . de Jouy e L.-F.Bis, Guglielmo Tell, 1829, trad. it. di C. Bassi, per la musica di G. Rossini; M. dAzeglio, EttoreFieramosca, ossia la disfida di Barletta, 1833; Id., Niccol de Lapi ovvero i Palleschi e i Piagnoni,1841; F.D. Guerrazzi, Lassedio di Firenze, 1836; E. Sue, I misteri del popolo, 1849-1857; E.Delacroix,Il rapimento di Rebecca, 1846 e 1858; J. Grant, Primo amore e ultimo amore. Raccontodellammutinamento indiano, 1868; G. Garibaldi, Clelia ovvero Il governo dei preti, 1870; Id.,Cantoni il Volontario, 1870; Id.,I Mille, 1874; G.A. Henty,Rujub, limpostore, 1893.

    13 A.M. Banti,Lonore della nazione. Identit sessuali e violenza nel nazionalismo europeo,Einaudi, Torino, 2005.

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    gressiva della nazione si andrebbe imponendo nel contesto delle competi-zioni imperialistiche, e attraverso lemergere della potenza (politica, milita-re e culturale) tedesca. Dico in grande sintesi che questa mi pare una pro-

    spettiva non convincente, poich non autorizzata dai testi che fondano il na-zionalismo europeo ottocentesco. Se si esaminano con attenzione opere inquesto senso decisive nelle storia della cultura europea, da Rousseau a Burke,da Fichte a Mazzini, da Manzoni a Michelet, da Mommsen a Barrs, e a mol-ti altri con loro, possibile constatare con una certa chiarezza che lidea del-la nazione come comunit di discendenza si impone fin dal tardo Settecentoe dal primo Ottocento, con pochissime e isolate eccezioni14.

    Ci che come dicevo non pu essere trascurato, che tale concezio-ne, oltre ad animare metafore che fondano il lessico nazionale (madre-pa-

    tria, padri della nazione, fratellanza, ecc.), funziona da fondamentalematrice logico-concettuale per le narrazioni che si ricordavano sopra. Unodei casi pi singolari ed evidenti, per la radicalizzazione dellassunto costi-tuito, per esempio, dallimpianto complessivo deI misteri del popolo di Sue.Il libro, pubblicato a dispense dal 1849 al 1857, supera, nella sua versioneintegrale, le mille pagine e narra la storia di una famiglia di Galli i Lebrenn che si snoda dal 57 a.C. fino al 1848; i componenti di questa famiglia, do-po aver subito inenarrabili violenze da parte degli oppressori romani, in-contrano sulla loro strada non solo i Franchi invasori come collettivit, mauna specifica famiglia di Franchi, i Nroweg, che si fanno nobili de Plouernel,e che non cesseranno di tormentare i Lebrenn nel corso dei secoli. La nar-razione, introdotta da un lungo prologo ambientato nel 1848, torna indie-tro in flashback al 57 a.C. e prosegue in sequenza cronologica fino al 793d.C., quando il romanzo viene interrotto per la morte dellautore.

    Nella struttura narrativa, il dispositivo che assicura il legame tra episodilontanissimi nel tempo, e a volte nello spazio (uno dei capitoli ambientatonella Palestina di Ges Cristo), dato dal fatto che la famiglia Lebrenn haconservato la coscienza di s attraverso la stesura delle memorie familiariche ogni generazione ha preso limpegno di lasciare alla generazione suc-

    cessiva. La trasmissione cerimoniale delle reliquie quindi un momento im-portante della narrazione, ed avviene attraverso linee rigorosamente agnati-zie. La trasmissione delle reliquie di padre in figlio, o, in qualche caso, perlinee collaterali, ma sempre maschili, segue daltronde la declinazione dellegenealogie che prevede passaggi solo per linea maschile:

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    Alberto Mario Banti

    14 Di nuovo rinvio ai mieiLa nazione del Risorgimento. Parentela, santit e onore alle originidellItalia unita, Einaudi, Torino, 2000, pp. 56-66;La nazione come comunit di discendenza: aspet-ti del paradigma romantico, in Parolechiave, n. 25, 2001; e pi lungamente al cap. III diLonoredella nazione, cit.

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    Presso i Bretoni spiega il vecchio Lebrenn ai suoi familiari, leggendo da unlibro antico la gente della pi bassa condizione conosce i suoi antenati e ri-corda a memoria tutta la linea ascendente fino alle generazioni pi lontane, e

    lesprime cos: rs, figlio di Thodorik, figlio di Enn, figlio di Aecle, figlio diCadel, figlio di Roderik il Grande, o il capo. E cos via. Gli antenati sono perloro loggetto di un vero culto, e le ingiurie che essi puniscono con maggior ri-gore sono quelle rivolte alla loro razza. Le loro vendette sono crudeli e sangui-narie, e puniscono non solo gli insulti nuovi, ma anche i pi antichi, fatti allaloro razza, che essi non dimenticano finch non sono stati vendicati15.

    Coerentemente, cos che un antenato del signor Lebrenn, nel capitoloambientato in Bretagna nel 57 a.C., si presenta ad uno sconosciuto che ri-sulta poi essere Vercingetorige:

    Io mi chiamo Joel sono figlio di Marick, che era figlio di Kirio Kirio erafiglio di Tiras Tiras era figlio di Gomer Gomer era figlio di Vorr Vorrera figlio di Glenan Glenan, figlio di rer, che era figlio di Roderik, sceltoper essere il brenn dellesercito gallo confederato, che 277 anni fa fece pagareun riscatto a Roma per punire i Romani del loro tradimento [si tratterebbe,quindi, di Brenno]. Io sono stato nominato brenn della mia trib, che la tribdi Karnak16.

    I Galli Lebrenn spiega Sue, appoggiandosi su una complessa elabora-

    zione storiografica, rilanciata negli anni venti dellOttocento da A. Thierry sono, con tutte le altre famiglie di Galli, il vero nucleo della nazione fran-cese, eternamente oppressa da unetnia/classe aliena (i Franchi/nobili), dacui, alla fine, forse riusciranno a liberarsi.

    Con operazioni di questo genere, ripetute in varie forme anche in altreopere narrative nazional-patriottiche17, lidea della nazione come parenteladi sangue diventa parte della cultura popolare, oltre che dellelaborazionepolitico-filosofica alta. E al cuore di questa concezione sta anche lideadella necessit di assicurarne, intatta, la riproduzione.

    da questo punto di vista che il ruolo delle donne nellimmaginario na-zional-patriottico ottocentesco, diviene essenziale: esse hanno una funzionecruciale che quella di garantire la pura discendenza comunitaria, tutelata

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    15 E. Sue,Les Mystres du peuple, ou Histoire dune famille de proltaires travers les ges,Robert Laffont, Paris, 2003, (ed. or. 1849-57), p. 114.

    16 Ivi, p. 131.17 In particolareI misteri del popolo fornisce il modello diretto a Gli avi(1873-1881), di

    Gustav Freytag, ciclo di racconti imperniati su una genealogia che da un Vandalo del IV secoloarriva fino ai suoi discendenti nella Germania dellOttocento.

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    da un ordinato sistema familiare e sociale, e dalla capacit che gli uominidella nazione hanno di difenderlo. Ma proprio nei momenti di crisi chelintegrit e lonore della comunit vengono messi a repentaglio. Ed in

    questo momento quando, per le ragioni pi varie, gli uomini della nazio-ne non sono in grado di difendere i confini geografici e politici , che pos-sono essere aggrediti e violati anche i confini simbolici che segnano il piintimo patrimonio della comunit, lonore. Laggressione alle donne acqui-sta dunque una duplice valenza simbolica che va al cuore della concezioneparentale della nazione: essa, infatti, pone in dubbio le capacit che la co-munit ha di riprodursi in modo coerente; e, al tempo stesso, mette in sce-na la drammatica debolezza degli uomini, incapaci di difendere i pi pre-ziosi confini che segnano lo spazio dellonore nazionale. Cosicch, attraver-

    so una organizzazione discorsiva di questo tipo, le narrazioni nazional-pa-triottiche incorporano anche una sintassi di genere che quella ovvia e do-minante nella cultura europea dellOttocento: agli uomini compete la sferapubblica e quindi la politica e, soprattutto, le armi; alle donne competeuna santa e preziosa fragilit, che va difesa a tutti i costi ovvero la loro ca-pacit riproduttiva.

    Osservato in questa prospettiva, pu apparire pi chiaro un aspetto diqueste narrazioni che altrimenti sembrerebbe solo crudelmente gratuito, ov-vero linevitabilit della morte delle donne minacciate di stupro, o effettiva-mente violate. Un esempio pu aiutare a mettere a fuoco il punto. Primoamore e ultimo amore. Racconto dellammutinamento indiano, di JamesGrant, pubblicato nel 1868, esplora la questione secondo le linee tracciatedalla narrativa nazional-patriottica dei decenni precedenti18. La storia trattadi due giovani ufficiali britannici, Rowley Thompson e Jack Harrower, e ditre sorelle inglesi, Kate, Madelena e Polly Weston. Linsurrezione indianache scoppia a Delhi l11 maggio 1857 interrompe la cerimonia nuziale diRowley e Kate. Madelena, la pi anziana delle tre sorelle, stata corteggiatada Jack Harrower, ma gli ha preferito un ufficiale di cavalleria con uno sta-tus maggiore e pi sex appeal. Dopo linsurrezione, tuttavia, Madelena si sal-

    va indossando abiti nativi, e nascondendosi nei dintorni di Delhi insieme aJack, che svolge il suo ruolo di cavalleresco protettore (e prova vivente chedurante la sua fuga, Madelena non stata disonorata). Quando tutto fini-sce, grata per laiuto ricevuto e provata dalla vicissitudine, Madelena decidedi sposare Jack. Kate, invece, rapita da un indiano, che, tuttavia non la vio-lenta; Grant deve dare un motivo ragionevole per questo comportamento, e

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    18 Traggo la descrizione dellopera da N.L. Paxton, Writing under the Raj. Gender, Race, andRape in the British Colonial Imagination, 1830-1947, Rutgers University Press, New Brunswick(NJ)-London, 1999.

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    spiega allora che lindiano implicato in una disputa con i suoi superiorisu chi abbia il diritto di possedere Kate; egli, dunque, si contenta di umi-liarla davanti ai suoi amici, e di farsi servire da lei come una domestica. Polly,

    la pi piccola, sedicenne, di un biondo immacolato, ha il destino pi sfortu-nato: lei catturata da un Principe di Delhi e segregata nellharem. Il prin-cipe musulmano vuole avere il suo amore, prima di possederla carnalmente,ma lei resiste a tutte le sue avance, finch lui non si spazientisce e la mandanella strada, dove violentata e torturata dalla folla. Non lunica a subirequesto trattamento: durante la rivolta, indifese donne inglesi vengono con-dotte nelle strade dopo esser state denudate, sottoposte a ogni oltraggio, epoi lentamente torturate fino alla morte, oppure fatte a pezzi, a seconda dicome piacesse ai loro aguzzini. [] Donne delicate, completamente nude,

    spinte nelle strade, erano battute con dei bamb, insozzate, e abbandonatealle voglie immonde di miscredenti macchiati di sangue, finch la morte ola follia non mettevano termine al loro indicibile supplizio19. Quando gliinglesi riprendono Delhi, Jack Harrower scopre che cosa la folla ha fatto diPolly Weston: L, contro il muro del palazzo, che era stato colpito dallecannonate, e costellato dai proiettili dei fucili, cera il corpo di una ragazza,bianca come la neve, estremamente emaciata e inchiodata alle mani e ai pie-di contro il muro, con i suoi capelli biondi questo muto ornamento cheDio ha dato alle donne increspati dal vento20.

    In questa, come in tutte le altre narrazioni di stupri a sfondo nazional-patriottico, il punto che viene incessantemente sottolineato che se ol-traggio viene inferto alle donne della nazione esso compiuto su donnecaste e contro la loro volont: il loro salvataggio garantito dalleroico etempestivo intervento di qualche campione della nazione combattente; al-trimenti, la via della salvezza non pu essere che la morte, attraverso lomi-cidio compiuto da un congiunto (come nei casi di Virginio o di Teuthold),o attraverso un suicidio liberatorio o purificatore, oppure, ancora, attraver-so un cedimento psico-fisico dovuto alle violenze subite: in tutti i casi, lamorte delle eroine, minacciate o effettivamente violate, ha un evidente ca-

    rattere sacrificale, e il finale del libro di Grant enfatizza in modo particolar-mente esibizionistico la sofferenza espiatoria cui sottoposta la povera Polly,

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    19J. Grant, First Love and Last Love: A Tale of Indian Mutiny, (1868) in N.L. Paxton, Writingunder the Raj, cit., p. 119.

    20 Ivi, p. 121. Limmagine della donna crocifissa compare in altre elaborazioni artistiche difine secolo, per esempio nei lavori di Fernand Khnoppf o nellimpressionante quadro di Albertvon Keller, Chiaro di luna (oMartire), del 1894, che secondo Bram Dijkstra mostra il piace-re palesemente sadico sentito dallartista per la donna nuda, vulnerabile, legata alla croce cfr. B.Dijkstra,Idoli di perversit, Garzanti, Milano, 1988 (ed. or. 1986), pp. 56-57.

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    facendo di lei una martire violata e crocifissa, ma salvata nellonore dalla suaferma volont di non cedere alle voglie del turpe Principe di Delhi.

    Tuttavia occorre egualmente osservare che la morte delle donne conta-

    minate un esito narrativo tanto comune, quanto apparentemente non ne-cessario: perch una povera ragazza violata contro la sua volont dovrebbeessere costretta (nella finzione narrativa) alla morte? La risposta va cercataproprio nella logica parentale che sottost alla definizione delle comunitnazionali. Tanto il salvataggio che la morte sacrificale delle donne non ga-rantiscono solo la loro purezza, ma danno anche la certezza che dalloffesasessuale non nasceranno ceppi meticci, e che un sangue impuro non con-taminer la coerenza generativa della nazione: per quanto inquietante que-sta soluzione possa sembrare, tuttavia perfettamente coerente con lim-

    pianto complessivo del discorso nazional-patriottico.Il senso di queste vicende , cos, altamente simbolico, e vi si cerchereb-be invano un qualche approfondimento delle figure delle donne minacciatedalla violenza sessuale; similmente a ci che accade nelle narrazioni repub-blicane di fine Settecento, la densit del profilo psicologico di questi per-sonaggi estremamente modesta e ripetitiva; la loro funzione quella di esi-bire un sistema di valori etici il cui nucleo profondo poggia sulla purezzasessuale delle donne, sulla sicura riproducibilit sessuale (e culturale) dellanazione, sulla difesa dellonore.

    4.

    Il discorso che si forma nel corso di due secoli intorno allidea di nazio-ne mette in scena la rappresentazione di un rapporto tra uomini e donne,che costruito quasi esclusivamente da uomini e che declinato secondotre assi retorici principali. Da un lato vi domina una pulsione masochista,rivolta alla componente maschile, alla quale si chiede lintroiezione di unamissione sacrificale, una formazione che deve moltissimo al rapporto tra di-scorso nazionale e cristologia; dallaltro sono allopera spinte sadiche che simanifestano in due direzioni; verso i maschi nemici, di cui si immaginanosacrifici di varia e diversa natura ed anche questa formazione discorsivatrae alimento dalla sacralizzazione del discorso nazionale; e verso le don-ne della comunit, che sono fantasticate come soggette ad esperienze spiri-tualmente o affettivamente sacrificali (perdere i propri uomini in guerra;soffrirne i disagi), o pi direttamente soggette a esperienze fisicamente e psi-cologicamente sacrificali in primo luogo nella forma della violenza sessua-le. Ci che turba veramente nel sistema discorsivo nazionalista, che la cor-

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    nice allinterno della quale queste rappresentazioni sado-masochiste vengo-no collocate, enfatizza con uninsistenza tenace la necessit di una serie divirt positive, nel loro essere coesive della comunit: la castit femminile,

    come garanzia di una conoscibilit delle linee di discendenza da parte deimaschi della nazione; lamore per la patria, come base ideale che giustificala disponibilit al sacrificio; la passione amorosa per laltro/a come presup-posto per la costruzione e la riproduzione della comunit stessa.

    Eros e pulsione di morte si presentano dunque come principi essenzialiche strutturano limmaginario nazional-patriottico. Ragionando come gli consueto in termini generali, relativi alluniversale umano, Freud ha os-servato che alla relazione erotica, oltre la componente sadica che le pro-pria, molto spesso viene associato un ammontare di aggressivit diretta21:

    luomo vede nel prossimo non soltanto un eventuale soccorritore e ogget-to sessuale, ma anche un oggetto su cui pu magari sfogare la propria ag-gressivit, sfruttarne la forza lavorativa senza ricompensarlo, abusarne ses-sualmente senza il suo consenso, sostituirsi a lui nel possesso dei suoi beni,umiliarlo, farlo soffrire, torturarlo e ucciderlo22. Tuttavia, tale aggressiviterotica eterodiretta si associa indissolubilmente a pulsioni aggressive auto-dirette: Il sadismo, da tempo noto come pulsione parziale della sessualit,sarebbe una siffatta lega particolarmente salda della brama amorosa con lapulsione distruttiva, mentre nella sua controparte, il masochismo, avremmola congiunzione della distruttivit rivolta allinterno con la sessualit23. Latendenza aggressiva, aggiunge ancora Freud, nelluomo una disposizio-ne pulsionale originaria e indipendente e la civilt trova in essa il suo pigrande ostacolo, mentre la civilizzazione non che un processo di lotta traEros e Morte24.

    Non ho intenzione di discutere queste particolari conclusioni cui giungeFreud. Osserverei piuttosto che mentre sulla base dei materiali utilizzati non ho la possibilit di dire niente intorno al maggiore o minore innatismodelle pulsioni aggressive o di quelle erotiche, chiaro, invece, che esse han-no un rilievo centrale nello strutturare i caratteri profondi della cultura na-

    zionale, e al suo interno nel tracciare le linee normative dei rapporti tra igeneri. Inoltre, direi che nel discorso nazionale non mi sembra si tratti tan-to di un contrasto tra Eros e Morte, ma di una loro funzionale cooperazio-ne discorsiva. Lestetizzazione della morte, attraverso lestetizzazione o la

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    21 S. Freud,Il disagio della civilt, in Id., Opere, vol. 10, 1924-1929. Inibizione, sintomo e an-goscia, e altri scritti, Bollati Boringhieri, Torino, 2000 (ed. or. 1929), p. 595, n. 2.

    22 Ivi, p. 599.23 Ivi, p. 606.24 Ivi, p. 608.

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    nobilitazione della violenza (rivolta contro di s nella forma del martirio/sa-crificio, o contro gli altri nella forma della santa aggressione), un pre-supposto essenziale per poter presentare luna e laltra (morte e violenza)

    come aspetti necessari del mondo affettivo di una comunit nazionale.Lenfasi sulla paura dello stupro in effetti consente una messa in scena delpunto di contatto tra le dimensioni della violenza/morte e dellerotismo.Questo un aspetto che mi sembra conferisca alle narrazioni nazional-pa-triottiche di stupro una importanza particolare; esse infatti pongono le don-ne su un piano di specifica inferiorit (i loro rischi non li corrono in duellifaccia a faccia, ma in proditorie aggressioni, la cui possibilit narrativa fon-data sul presupposto essenziale della loro debolezza fisica, che ha quindi bi-sogno di una protezione maschile); collegando strettamente sesso, violenza

    e morte danno il massimo valore simbolico ad un atto che ove perpetrato potrebbe mettere in discussione la corretta riproduzione dellintera co-munit (o di singole sue componenti); tradiscono, infine, nella forma di unospostamento/proiezione versogli altri, cio i nemici, un grado di aggressi-vit misogina, che sembra funzionale alla natura sessualmente asimmetricadelle comunit nazionali, cos come le fantasticano gli intellettuali che con-tribuiscono alla nascita del discorso nazionale sette-ottocentesco25.

    Tutto ci pu essere considerato di un qualche significato gi in s; maacquista un senso ancora maggiore quando a partire da queste consape-volezze si guardi a ci che succede in Europa nel 1914-18.

    5.

    Importanti contributi storiografici sulla Grande Guerra hanno mostratoquanto profondo sia stato il processo di brutalizzazione culturale cui la guer-ra ha dato luogo, o che ha accompagnato lesperienza bellica26. E tuttavia,

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    25 Su questultimo punto, sebbene in prospettive diverse da quelle assunte qui, molte per-suasive argomentazioni possono trovarsi in M. Praz,La carne, la morte e il diavolo nella letteratu-ra romantica, Sansoni, Firenze, 2003 (ed. or. 1930); in B. Dijkstra,Idoli di perversit, cit.; e in Id.,Perfide sorelle. La minaccia della sessualit femminile e il culto della mascolinit, Garzanti, Milano,1997 (ed. or. 1996).

    26 E.J. Leed, Terra di nessuno. Esperienza bellica e identit personale nella prima guerra mon-diale, Il Mulino, Bologna, 1999 (ed. or. 1979); G.L. Mosse,Le guerre mondiali. Dalla tragedia almito dei caduti, Laterza, Roma-Bari, 1998 (ed. or. 1990); A. Gibelli, Lofficina della guerra. LaGrande Guerra e le trasformazioni del mondo mentale, Bollati Boringhieri, Torino, 1991; S. Audoin-Rouzeau, A. Becker,La violenza, la crociata, il lutto. La Grande Guerra e la storia del Novecento,Einaudi, Torino, 2002 (ed. or. 2000); A. Gibelli,La Grande Guerra degli europei: uno sguardo at-tuale, in Contemporanea. Rivista di storia dell800 e del 900, n. 4, 2000.

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    rispetto ad analisi che concentrano la loro attenzione sugli elementi di no-vit assoluta che sono prodotti dalla cultura nazionalista europea di fineOttocento-inizio Novecento, o del periodo della guerra, sarei piuttosto por-

    tato a sottolineare che elementi chiave della retorica di guerra non sono al-tro che tropi fondanti del discorso la cui formazione ha luogo nel corso deidue secoli precedenti. Se questa prospettiva giusta (ed peraltro quel-la che George Mosse ha indicato prima di ogni altro), essa suggerisce cheaspetti specifici della retorica bellicista appaiono accettabili e perfino sedu-centi, perch unintera pedagogia nazionale, diretta o indiretta, da molti de-cenni (e non da pochi anni) di essi ha fatto gli strumenti essenziali di unin-tensa estetizzazione della nazione.

    Appartiene allinventario dei tropi nazional-patriottici che diventano

    chiavi essenziali per leggere lesperienza della guerra, lenfasi sulle virt viri-li che devono contraddistinguere i combattenti per la nazione. Appartiene aquesto medesimo repertorio lidea della guerra come santa crociata da com-battere per la difesa non solo della nazione, ma della stessa civilt, dei cuivalori la nazione si fa portatrice. Vi parte anche lidea del martirio, del sa-crificio eroico, come necessario dovere cui i soldati devono esporsi27. Ne parte, infine, lidea che i soldati devono combattere per la difesa della loroterra, della loro famiglia, e delle sue componenti pi deboli, i vecchi, i bam-bini, le donne, ragione per cui proprio alle donne della nazione che si faappello perch sostengano ed incitino i loro uomini nel compimento del lo-ro dovere patriottico28.

    Questo tema, che appare uno degli ovvi luoghi retorici e narrativi del di-scorso nazionalista, viene sottoposto nel corso della guerra ad una ela-borazione che difficilmente potrebbe essere apprezzata adeguatamente, senon si considerasse che proprio il discorso nazional-patriottico ottocente-sco che offre le coordinate per osservare ci che mai, in precedenza, statoosservato: mi riferisco alle narrazioni degli stupri di guerra.

    Le violenze ai civili, e le violenze sessuali compiute dai soldati contro ledonne che vivono in territori o in citt occupate militarmente, sono certa-

    mente una realt che in misura e forme diverse accompagna da sempre leguerre. Tuttavia, ci che va sottolineato che prima della Grande Guerra il tema non mai oggetto di approfondita discussione politico-diplomatica29.

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    27 Stphane Audoin-Rouzeau e Annette Becker esaminano benissimo questi aspetti inLaviolenza, la crociata, il lutto cit.

    28 N.F. Gullace, The Blood of Our Sons. Men, Women, and the Renegotiation of BritishCitizenship During the Great War, Palgrave Macmillan, New York-Basingstoke, 2002, cap. 2.

    29 Per quanto riguarda il caso francese, Audoin-Rouzeau osserva che nella stampa e nellapubblicistica intorno alla guerra del 1870-71 non c quasi riferimento alle violenze sessuali, pur

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    Se ne parla nel caso dellammutinamento indiano del 1857, ma lautorevolesaggio di George Trevelyan (Cawnpore, del 1868), basato su fonti depoca,tende a negare con una certa sicurezza che ci siano stati atti che abbiano di-

    sonorato le donne inglesi30. In altre occasioni il tema non che marginal-mente trattato, e perfino nel testo della Convenzione dellAia, del 1899, nonsi fanno che pochi, reticenti, riferimenti al trattamento dei civili di territorimilitarmente invasi. Da un lato la Convenzione riconosce ai civili il diritto diribellarsi in massa nel caso potenze straniere tentino linvasione militare delterritorio del loro Stato; dallaltro, per, considera illegale ogni tentativo diresistenza da parte dei civili, una volta che un territorio sia stato occupato daun esercito straniero. Inoltre non vi si parla mai n di donne n di bambini, elo stupro non esplicitamente menzionato. Si dice solo, nellarticolo 46 della

    parte quattro, sezione due, che Lonore e i diritti della famiglia, le vite degliindividui e la propriet privata, cos come le convinzioni religiose e la libertdi culto, devono essere rispettati31. Questa stessa impostazione, e perfino lestesse norme, sono poi ripetute anche nella Convenzione dellAia del 190732.

    Di fronte a questo tenace silenzio, colpisce la vera frenesia discorsiva in-torno agli stupri commessi dai soldati nemici nelle terre occupate, che ac-compagna lesplodere della Grande Guerra, e che in alcune aree si pro-trae anche dopo la conclusione del conflitto.

    Durante le prime settimane di guerra la violenza alle donne straniereda parte dei soldati sembra essere un fatto largamente diffuso, e altrettan-to largamente riconosciuto dalle commissioni dinchiesta che vengono co-stituite quasi subito dappertutto33. Il 25 marzo 1915 viene pubblicato un

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    allinterno di un quadro che enfatizza la brutalit e lanimalit dei prussiani; inoltre, in una in-chiesta realizzata da Ernest Lavisse nellAisne, e pubblicata nel 1871, si dice esplicitamente che iprussiani si sono comportati molto cavallerescamente con le donne (S. Audoin-Rouzeau,Lenfantde lennemi (1914-1918). Viol, avortement, infanticide pendant la Grande Guerre, Aubier, Paris,1995, pp. 44-45).

    30 N.L. Paxton, Writing under the Raj, cit., pp. 109-114.31 Tuttavia anche queste disposizioni sono condizionate dalla necessit militare (N.F.

    Gullace,Sexual Violence and Family Honor: British Propaganda and International Law during theFirst World War, in American Historical Review, n. 102, 1997, pp. 731-734).

    32J. Horne, A. Kramer, German Atrocities, 1914. A History of Denial, Yale University Press,New Haven-London, 2001, pp. 444-445.

    33 Le informazioni seguenti sono tratte da R. Harris, The Child of the Barbarian: Rape, Raceand Nationalism in France during the First World War, in Past and Present, n. 141, 1993, pp.172-174; S. Audoin-Rouzeau,Lenfant de lennemi, cit., pp. 33-42; e N.F. Gullace, The Blood ofOur Sons, cit., cap. 1; e J. Horne, A. Kramer, German Atrocities, 1914, cit. Sullentit e sulla dif-fusione del fenomeno degli stupri di guerra permangono dubbi che difficilmente potranno esse-re sciolti (anche Horne e Kramer, che hanno compiuto la ricerca pi completa sulle violenze aicivili nelle aree occupate in Belgio e in Francia sono di questa opinione [ German Atrocities, cit.,pp. 75 e 196]); non ci sono dubbi, invece, sul fatto che episodi di quel genere siano accaduti real-mente.

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    libro bianco tedesco sulle atrocit commesse dai soldati russi nella Prussiaorientale e nella Galizia austriaca; il testo, pubblicato in varie lingue perinfluenzare lopinione pubblica di paesi ancora neutrali, ma non diffuso

    in Germania, riserva un largo spazio alle violenze di gruppo e agli atti disadismo commessi dai russi in quei territori. Il 30 luglio 1915 i tedeschipubblicano un altro rapporto intitolatoLa violazione del diritto delle gentida parte dellInghilterra e della Francia attraverso limpiego di truppe colo-niali sul teatro di guerra europeo: le descrizioni si concentrano sulle vio-lenze delle truppe coloniali nere, e dei senegalesi in particolare, sulle don-ne tedesche fatte prigioniere in Francia34. Nel 1915 viene pubblicato an-che un rapporto austro-ungarico che insiste anchesso sia sulle violenzecommesse dai russi sulle popolazioni civili dei territori occupati che sugli

    stupri.In Russia viene costituita una Commissione straordinaria dinchiesta il 9aprile 1915; anche il rapporto da essa prodotto cita casi di violenza sessualedi soldati austriaci o tedeschi a danno di donne russe. In Serbia linchiestaviene affidata a un solo responsabile, il docente svizzero Rodolphe ArchibaldReiss, dellUniversit di Losanna, che arriva alla conclusione che le violenzesulle donne serbe da parte dei soldati austro-ungarici debbano essere stateinnumerevoli, ben al di l dei casi di cui ha potuto raccogliere la testimo-nianza.

    In Gran Bretagna il 15 dicembre 1914 viene costituita la Commissionesui presunti oltraggi tedeschi, presieduta da lord Bryce, autorevolissimo poli-tologo ed ex-ambasciatore negli Stati Uniti. La Commissione pubblica il suorapporto finale lanno successivo e il Times lo rende pubblico nellaprile-maggio 1915. Il rapporto, che diffuso come opuscolo a basso prezzo e tra-dotto in trenta lingue diventa uno dei best-seller del periodo bellico sianei paesi dellIntesa che negli Stati Uniti, insiste molto sulle cautele meto-dologiche prese nella raccolta e convalida delle testimonianze, e d unim-portante conferma alle voci che gi da tempo si sono diffuse sugli stupri diguerra compiuti dai tedeschi in Francia e in Belgio35.

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    34 Audoin-Rouzeau vede in questo documento la premessa alle polemiche antifrancesi chesi scatenarono dopo loccupazione della Renania nel 1919 e della Ruhr nel 1923 da parte, di nuo-vo, di truppe coloniali (su cui si veda K.L. Nelson, The Black Horror on the Rhine: Race as aFactor in Post-World War I Diplomacy, in Journal of Modern History, n. 4, 1970); suggerisce,inoltre, che una ulteriore premessa a queste polemiche potrebbe essere trovata nellimpiego deiturcos da parte dei francesi nella guerra del 1870 (S. Audoin-Rouzeau,Lenfant de lennemi,cit., pp. 35-36).

    35 Ma a verifiche pi attente compiute dopo la guerra, linchiesta apparsa priva di effettivaattendibilit (cfr., sulla questione, soprattutto N.F. Gullace, The Blood of Our Sons, cit., pp. 29-30).

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    In Francia il 23 settembre 1914 viene istituita una Commissione dinchie-sta per constatare gli atti commessi dal nemico in violazione del diritto delle

    genti. Il primo rapporto, del 17 dicembre 1914, viene pubblicato nel 1915,

    e la prima parte quasi totalmente riprodotta da tutti i quotidiani. Lo shock enorme, anche perch anche questa Commissione d conferma alle nume-rose voci che circolavano sugli stupri, di cui essa sottolinea lampiezza e lagravit, cos come documenta gli episodi di saccheggio, di incendio e di as-sassinio di civili.

    In Italia fin dai primi mesi del 1915 diversi giornali favorevoli allin-tervento a fianco dellIntesa danno largo spazio alle notizie delle violenzea donne francesi o belghe, e tra di essi si distingue soprattutto Il PopolodItalia, di Mussolini36; dopodich il tema della violenza sessuale alimen-

    ta largamente la propaganda contro il nemico e la sua demonizzazione,trovando spazio nelliconografia e nei testi di giornali di trincea, nelle car-toline illustrate e nei manifesti37. La questione viene ripresa con ben al-tra attualit dopo Caporetto (24-25 ottobre 1917), quando le truppe au-stro-tedesche occupano il Friuli e le zone del Veneto incluse nellarea de-limitata dalla linea che dal Pasubio corre al Monte Grappa e prosegue peril corso del Piave. Dopo di allora cominciano a circolare, insistenti, noti-zie di violenze ai civili e di aggressioni alle donne italiane nelle aree occu-pate. A guerra conclusa anche in Italia si aprono i lavori di una primaCommissione organizzata dallUfficio Tecnico di Propaganda Nazionale,che lavora brevemente, dal 4 al 14 novembre, pubblicando immediata-mente i suoi risultati in un volume dal titoloIl martirio delle terre inva-se38. Subito dopo la conclusione di questa inchiesta preliminare viene no-minata una Reale Commissione dInchiesta, il cui lavoro ben pi siste-matico conduce alla pubblicazione, tra il 1920 e il 1921, dei sette volu-mi dellaRelazione della Reale Commissione dinchiesta sulle violazioni deidiritti delle genti commesse dal nemico, che in particolare nel IV volume(al capitolo suiDelitti contro lonore femminile) e nel VI (testimonianze)offre una cospicua documentazione sulle aggressioni sessuali subite dalle

    donne italiane39.In tutti questi paesi, infine, a fianco della produzione ufficiale e dei nu-

    merosissimi servizi giornalistici che accompagnano il dibattito, ha un rilievonotevole una ricca produzione narrativa e anche cinematografica, che af-

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    36 F. Bruni,Lenfasi e loblio: in che modo fu affrontata, sfruttata e dimenticata la violenza sul-le donne nella Grande guerra, Tesi di laurea, Universit di Pisa, a.a. 2002-2003, p. 8.

    37 A. Gibelli,La Grande Guerra degli italiani, 1915-1918, Sansoni, Milano, 1998, p. 292.38 F. Bruni,Lenfasi e loblio cit., p. 81.39 Ivi, pp. 86-114.

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    fronta sistematicamente, a volte con tratti di crudezza francamente porno-grafica, il tema degli stupri di guerra40.

    Come pu spiegarsi una simile inversione di tendenza, che ai silenzi uf-

    ficiali sulle aggressioni ai civili nelle guerre ottocentesche sostituisce ora unclamore propagandistico che non lascia respiro? Certo che fin dai primimesi di guerra la realt effettiva degli atti di aggressione contro i civili si faassolutamente pi intrusiva e acquista una dimensione incomparabilmentepi imponente che in qualunque altra guerra precedente: allora si scatenauna violenza di livello inaudito, che produce situazioni di assoluta anomiaentro le quali devono essere inseriti anche gli episodi di stupro41. Inoltre,come hanno osservato Mosse, Audoin-Rouzeau e Annette Becker, la guerra,per la sua natura totale, viene affrontata, in primo luogo dagli intellettua-

    li, con una caduta vertiginosa delle inibizioni linguistiche che avevano ac-compagnato il trattamento di precedenti episodi bellici.Tutto ci indiscutibilmente giusto. Tuttavia mi sembra necessario ag-

    giungere anche che il discorso pubblico e narrativo sugli stupri di guerra, lasua sistematicit, la sua diffusione, sarebbero impensabili senza considerareche alle spalle di quellesperienza c un secolo di retorica nazional-patriot-tica che ha fatto delle narrazioni di stupro uno dei punti cardine della logi-ca comunitaria. Gli stupri diventano visibili nel 1914 e negli anni seguenti,non solo per le ragioni che si sono appena ricordate, ma anche perch gliintellettuali che li trattano hanno ormai un robusto training che consenteloro di identificare in quei gesti non tanto unineluttabile (e trascurabile)calamit bellica, com accaduto per secoli, quanto piuttosto una sventurache tocca il prezioso tesoro simbolico dellonore della nazione.

    Daltro canto, diversi dei moduli narrativi utilizzati nelle descrizioni de-gli stupri di guerra si modellano proprio sulla tradizione discorsiva ottocen-tesca: le violenze sessuali sono descritte in forma ellittica, con perifrasi che,in qualche modo, tendono a occultare la natura degli atti, o con una dissol-venza, o con lespediente dello svenimento della vittima, che ricorda ci cheha subito come se si trattasse di un incubo42. Altrettanto tipicamente gli stu-

    pri vengono interpretati dalla prospettiva dellonta, del disonore, della soz-zura fisica e morale che essi producono sulla donna, di fronte alla quale si

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    Corpi e confini nellimmaginario nazional-patriottico ottocentesco

    40 Su cui cfr. S. Audoin-Rouzeau,Lenfant de lennemi, cit., pp. 77-90; vedi anche il com-mento al dramma in tre atti, intitolatoLinvasore, pubblicato in Italia da Annie Vivanti nel lugliodel 1915, in F. Bruni,Lenfasi e loblio, cit., pp. 33-42. Sul cinema, cfr. G.P. Brunetta, Cinema eprima guerra mondiale, in Id. (a cura di),Storia del cinema mondiale, vol. 1, t. I,LEuropa. Miti,luoghi, divi, Einaudi, Torino, 1999; e G.P. Brunetta, Over there. La guerra lontana, in Id. (a cu-ra di),Storia del cinema mondiale, vol. 2, t. I, Gli Stati Uniti, Einaudi, Torino, 1999.

    41 S. Audoin-Rouzeau,Lenfant de lennemicit., pp. 46-47.42 Ivi, pp. 85-87.

  • 7/30/2019 Banti, Confini Idea Nazione

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    prospetta casomai la soluzione del suicidio purificatore, mentre, in un para-dosso solo apparente, sono gli uomini ad esser considerati le vere vittimeetiche degli stupri43. Osserva, al riguardo, Audoin-Rouzeau:

    In un sistema di rappresentazioni che fa della protezione delle donne uno deipunti dancoraggio del sentimento nazionale francese, lo stupro sollecita lan-goscia prodotta dal senso di fallimento degli uomini, dalla loro incapacit, dal-la loro impotenza. Le donne, nelle loro deposizioni [davanti alla Commissionedinchiesta francese] lo sottolineano inconsapevolmente: il loro marito era inguerra al momento della violenza, oppure gli uomini non sono potuti interve-nire. [] daltronde sulla crisi dellidentit maschile derivante dallo stuprodelle spose che sono centrati i romanzi di guerra []. Scritti per la maggiorparte da uomini, sono i mariti che vi figurano come vittime, piuttosto che le lo-

    ro donne44

    .

    Nel corso della guerra la utilizzabilit dei racconti di stupro come imma-gini della violazione del confine (i confini del Belgio o della Francia violati,sono metaforizzati innumerevoli volte attraverso il ricorso alla figura del cor-po delle donne belghe o francesi violato dagli invasori tedeschi) trova unasua legittimazione nelle modalit narrative impiegate dal nazionalismo otto-centesco per costruire il discorso nazional-patriottico45. Ma anche chiaroche le componenti aggressivamente misogine che strutturano lintera forma-zione discorsiva nazionalista lo rendono profondamente inadeguato a dareun senso a reali e sconvolgenti esperienze di dolore, provate da donne (e uo-mini) in carne ed ossa, e non pi da personaggi di carta, proiezioni di fanta-sie maschili tanto coerenti quanto, alla fine, intimamente deformi.

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    Alberto Mario Banti

    43 Ivi, pp. 92-98; R. Harris, The Child of the Barbarian, cit., p. 186.44 S. Audoin-Rouzeau,Lenfant de lennemi, cit., p. 96. Sullincapacit degli uomini di di-

    menticare la profanazione, linsulto al loro onore, centrato anche il libro di Paul Rabier, un me-dico, intitolatoLa Loi du mle. A propos de lenfant du barbare, 1915. Questo saggio, come altriromanzi, allude anche allidea che le donne violate possano aver tratto piacere dallo stupro subi-to (ivi, pp. 97-98).

    45 Una pi completa analisi della evoluzione del dibattito che si svolge durante la GrandeGuerra intorno agli stupri viene offerta dalle opere citate nelle note precedenti, ed ripercorsanelle pagine conclusive del mioLonore della nazione, cit.