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I tutto SCIENZE & salute BIOLOGIA “La vita come non l’avevamo mai pensata” MEDICINA Con i camici bianchi ci vogliono i governi BENESSERE I ritocchi allo sguardo che ingannano gli anni BECCARIA PAGINA II PIVATO PAGINA IV DI TODARO PAGINA VI TUTTOSCIENZE MERCOLEDÌ 6 FEBBRAIO 2013 NUMERO 1547 A CURA DI: GABRIELE BECCARIA REDAZIONE: CLAUDIA FERRERO GIORDANO STABILE [email protected] www.lastampa.it/tuttoscienze/ ... . P I temi della ricerca e dei relativi investimenti, del rapporto tra scienza, innovazione e svilup- po sono entrati stabilmente nell’agenda politica e nella di- scussione pubblica. A parole tutti ne riconoscono l’importanza; più difficile - com’è noto - è tradurre in pratica queste buone intenzioni. La nuova edizione dell’«Annuario Scienza e Società» di Observa Science in Society, pubblicato da il Mulino a cura di Federico Neresini e Andrea Lorenzet, offre una prezio- sa occasione per fare il punto della situazione sulla base dei dati più ag- giornati. Partiamo dai dati che più spesso vengono citati per lamentare l’arre- tratezza del nostro Paese: la quota di Pil dedicato a ricerca e sviluppo e il numero di ricercatori per mille oc- cupati. In entrambi i casi qualche minimo progresso c’è stato: tra il 2010 e il 2012 la percentuale di ric- chezza nazionale dedicata a ricerca e sviluppo è passata dall’1,1% al- l’1,3%; nello stesso periodo i ricerca- tori sono passati da 3,6 a 4,3 su mille occupati. Il problema è che nello stesso periodo la «concorrenza» è stata tutt’altro che immobile: la Da- nimarca, tanto per fare un esempio, è passata dal 2,6% di investimenti al 3,1%; la Corea dal 9,5 all’11,1. Resta poi il fatto che in quasi tutti i Paesi in testa a queste «classifi- che» un ruolo rilevante sia giocato da investimenti e ricercatori del set- tore privato (in Corea lavorano in azienda tre ricercatori su quattro, il doppio che da noi!). Insomma, la li- tania sul ritardo italiano deve fare i conti, oltre che con i noti vincoli di spesa pubblica, con un tessuto pro- duttivo che per ragioni ben note (di- mensione delle imprese e cultura imprenditoriale) appare struttural- mente poco compatibile con rile- vanti investimenti umani e finanziari in ricerca. E’ indubbio che sarebbe auspicabile avere più ricercatori, ma servirebbe anche un contesto appro- priato per valorizzarli: altrimenti si rischia di ragionare come quel perso- naggio di Alan Ford che distribuiva gioielli in un quartiere malfamato, il- ludendosi che questo bastasse a ele- varne il benessere. Meno noti sono due dati sulla com- posizione del nostro personale di ri- cerca, ma che forse meriterebbero maggiore attenzione anche da parte delle istituzioni. Su tutto infatti si può discutere, ma per presenza femmini- le e quota di docenti giovani le nostre università risultano agli ultimi posti in Europa: poco più di una donna ogni tre docenti (in Finlandia più di una su due), mentre solo il 17% dei docenti universitari ha meno di 40 anni (il 48% in Germania e il 60% in Turchia). A fronte di questi dati sorprende positivamente che i ricercatori italia- ni continuino a figurare in buona po- sizione per capacità di ottenere gli ambìti finanziamenti dello European Research Council, anche se va tenuto conto del fatto che per molti si tratta di una delle poche alternative alla ri- duzione di finanziamenti nazionali. Interessante è vedere come questo quadro si rifletta sulle percezioni dei cittadini rilevate dall’Osservatorio Scienza Tecnologia e Società. Da un lato, infatti, sulla scienza convergono grandi aspettative da parte della so- cietà: dalla scienza ci si attendono so- luzioni a problemi pratici, benessere e sviluppo economico; restano in se- condo piano aspettative di natura culturale e di risposta alle grandi do- mande dell’uomo. D’altra parte, sul piano concreto, queste aspettative si scontrano talvolta con percezioni e valutazioni piuttosto critiche. CONTINUA A PAGINA III MASSIMIANO BUCCHI UNIVERSITA’ DI TRENTO Pochi, bravi e dimenticati Sono gli scienziati d’Italia Il prototipo S arà in mostra a partire da domani al Museo della scienza di Londra: si tratta - spiegano gli ideatori - del primo uomo bionico, dotato di organi artificiali e perfino di sangue sintetico. Bat- tezzato «Rex» e alto un paio di metri, il prototipo è costato un milione di dollari ed è stato assemblato da un team di robotica: l’umanoide, dotato di un look vagamente inquietante, si spinge oltre i confi- ni tradizionali, mischiando caratteristiche mecca- niche ed elettroniche con altre squisitamente bio- logiche. Vanta un sistema circolatorio perfetta- mente efficiente, che alimenta repliche funzionan- ti di «parti» umane, tra le quali pancreas, reni, mil- za e anche una trachea. P erché alcuni uccelli notturni, come i gufi, possono ruotare la testa in ogni direzione, anche di oltre 270°, senza avere problemi di circolazione san- guigna? Il mistero è stato svelato da un team della Johns Hopkins University: usando per la prima volta Tac e angiogra- fia e iniettando coloranti nelle arterie, si è visto che i vasi sanguigni alla base della testa, appena al di sotto dell’osso della mascella, sono in grado di dilatarsi pro- gressivamente, creando una serie di «pozze» in cui il liquido fluisce, creando delle riserve. È una dinamica molto diver- sa da quella umana, in cui le arterie ten- dono a diventare sempre più piccole man mano che si diramano. Sono proprio quel- le «bolle» a garantire ai gufi il fabbisogno di sangue del cervello e degli occhi, men- tre ruotano in modo spericolato le teste. Rex, è lui il primo uomo bionico Il segreto della testa dei gufi La scoperta Esce la nuova edizione dell’Annuario di Observa Science in Society Sempre più surclassati dalle performances delle altre nazioni I CONCORRENTI LA RICERCA

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Page 1: BECCARIA PIVATO DITODARO tutto SCIENZE salutebucchi.soc.unitn.it/membri_del_dipartimento/pagine...LA STAMPA MERCOLEDÌ6FEBBRAIO2013.TuttoScienze .III lPSCIENZE lPMATEMATICA C hi non

I

tuttoSCIENZE&salute

BIOLOGIA

“La vitacomenon l’avevamomai pensata”

MEDICINA

Con i camicibianchici voglionoi governi

BENESSERE

I ritocchiallo sguardoche ingannanogli anni

BECCARIA PAGINA II PIVATO PAGINA IV DI TODARO PAGINA VI

TUTTOSCIENZEMERCOLEDÌ 6 FEBBRAIO 2013

NUMERO 1547

A CURA DI:GABRIELE BECCARIAREDAZIONE:CLAUDIA FERREROGIORDANO [email protected]/tuttoscienze/

....PI

temi della ricerca e dei relativiinvestimenti, del rapporto trascienza, innovazione e svilup-po sono entrati stabilmentenell’agenda politica e nella di-

scussione pubblica. A parole tuttine riconoscono l’importanza; piùdifficile - com’è noto - è tradurre inpratica queste buone intenzioni. Lanuova edizione dell’«AnnuarioScienza e Società» di ObservaScience in Society, pubblicato da ilMulino a cura di Federico Neresini eAndrea Lorenzet, offre una prezio-sa occasione per fare il punto dellasituazione sulla base dei dati più ag-giornati.

Partiamo dai dati che più spessovengono citati per lamentare l’arre-tratezza del nostro Paese: la quotadi Pil dedicato a ricerca e sviluppo eil numero di ricercatori per mille oc-

cupati. In entrambi i casi qualcheminimo progresso c’è stato: tra il2010 e il 2012 la percentuale di ric-chezza nazionale dedicata a ricercae sviluppo è passata dall’1,1% al-l’1,3%; nello stesso periodo i ricerca-tori sono passati da 3,6 a 4,3 su milleoccupati. Il problema è che nellostesso periodo la «concorrenza» èstata tutt’altro che immobile: la Da-nimarca, tanto per fare un esempio,è passata dal 2,6% di investimenti al3,1%; la Corea dal 9,5 all’11,1.

Resta poi il fatto che in quasi tuttii Paesi in testa a queste «classifi-che» un ruolo rilevante sia giocatoda investimenti e ricercatori del set-tore privato (in Corea lavorano inazienda tre ricercatori su quattro, ildoppio che da noi!). Insomma, la li-tania sul ritardo italiano deve fare iconti, oltre che con i noti vincoli dispesa pubblica, con un tessuto pro-duttivo che per ragioni ben note (di-mensione delle imprese e culturaimprenditoriale) appare struttural-mente poco compatibile con rile-

vanti investimenti umani e finanziariin ricerca. E’ indubbio che sarebbeauspicabile avere più ricercatori, maservirebbe anche un contesto appro-priato per valorizzarli: altrimenti sirischia di ragionare come quel perso-naggio di Alan Ford che distribuivagioielli in un quartiere malfamato, il-ludendosi che questo bastasse a ele-varne il benessere.

Meno noti sono due dati sulla com-posizione del nostro personale di ri-

cerca, ma che forse meriterebberomaggiore attenzione anche da partedelle istituzioni. Su tutto infatti si puòdiscutere, ma per presenza femmini-le e quota di docenti giovani le nostreuniversità risultano agli ultimi postiin Europa: poco più di una donna ognitre docenti (in Finlandia più di una sudue), mentre solo il 17% dei docentiuniversitari ha meno di 40 anni (il48% in Germania e il 60% in Turchia).

A fronte di questi dati sorprende

positivamente che i ricercatori italia-ni continuino a figurare in buona po-sizione per capacità di ottenere gliambìti finanziamenti dello EuropeanResearch Council, anche se va tenutoconto del fatto che per molti si trattadi una delle poche alternative alla ri-duzione di finanziamenti nazionali.

Interessante è vedere come questoquadro si rifletta sulle percezioni deicittadini rilevate dall’OsservatorioScienza Tecnologia e Società. Da un

lato, infatti, sulla scienza convergonograndi aspettative da parte della so-cietà: dalla scienza ci si attendono so-luzioni a problemi pratici, benesseree sviluppo economico; restano in se-condo piano aspettative di naturaculturale e di risposta alle grandi do-mande dell’uomo. D’altra parte, sulpiano concreto, queste aspettative siscontrano talvolta con percezioni evalutazioni piuttosto critiche.

CONTINUAAPAGINA III

MASSIMIANO BUCCHIUNIVERSITA’ DI TRENTO

Pochi, bravi e dimenticatiSono gli scienziati d’Italia

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Sarà in mostra a partire da domani al Museodella scienza di Londra: si tratta - spiegano gliideatori - del primo uomo bionico, dotato di

organi artificiali e perfino di sangue sintetico. Bat-tezzato «Rex» e alto un paio di metri, il prototipo ècostato un milione di dollari ed è stato assemblatoda un team di robotica: l’umanoide, dotato di unlook vagamente inquietante, si spinge oltre i confi-ni tradizionali, mischiando caratteristiche mecca-niche ed elettroniche con altre squisitamente bio-logiche. Vanta un sistema circolatorio perfetta-mente efficiente, che alimenta repliche funzionan-ti di «parti» umane, tra le quali pancreas, reni, mil-za e anche una trachea.

Perché alcuni uccelli notturni, come igufi, possono ruotare la testa inogni direzione, anche di oltre 270°,

senza avere problemi di circolazione san-guigna? Il mistero è stato svelato da unteam della Johns Hopkins University:usando per la prima volta Tac e angiogra-fia e iniettando coloranti nelle arterie, si èvisto che i vasi sanguigni alla base dellatesta, appena al di sotto dell’osso della

mascella, sono in grado di dilatarsi pro-gressivamente, creando una serie di«pozze» in cui il liquido fluisce, creandodelle riserve. È una dinamica molto diver-sa da quella umana, in cui le arterie ten-dono a diventare sempre più piccole manmano che si diramano. Sono proprio quel-le «bolle» a garantire ai gufi il fabbisognodi sangue del cervello e degli occhi, men-tre ruotano in modo spericolato le teste.

Rex, è lui il primouomo bionico

Il segretodella testadei gufi

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Esce la nuova edizionedell’Annuario di Observa

Science in Society

Sempre più surclassatidalle performances

delle altre nazioni

I CONCORRENTI

LA RICERCA

Page 2: BECCARIA PIVATO DITODARO tutto SCIENZE salutebucchi.soc.unitn.it/membri_del_dipartimento/pagine...LA STAMPA MERCOLEDÌ6FEBBRAIO2013.TuttoScienze .III lPSCIENZE lPMATEMATICA C hi non

LA STAMPAMERCOLEDÌ 6 FEBBRAIO 2013 .TuttoScienze .III

lP SCIENZE

lP MATEMATICA

Chi non si è diverti-to a fare le bolle disapone? E’ uno deipassatempi piùdiffusi, di una

estrema semplicità. Ma lebolle hanno una lunga storia,che comincia con l’arte di se-coli fa per arrivare all’archi-tettura contemporanea, allamatematica, alla fisica.

Il 9 dicembre 1992 il fisicofrancese Pierre-Gilles de Gen-nes, professore al Collège deFrance, dopo il conferimentodel Nobel per la fisica conclu-deva la sua conferenza a Stoc-colma con i versi «Abbi diver-timento sulla terra e sul mare/Infelice è il diventare famoso!Ricchezze, onori, false illusio-ni di questo mondo,/Tuttonon è che bolle di sapone», ag-giungendo che nessuna con-clusione gli sembrava più ap-propriata. Con questa poesia,che compare come chiosa diun’incisione del 1758 di Daullédall’opera andata perduta diFrançois Boucher «La souf-fleuse de savon», De Gennesnon voleva alludere ai signifi-cati allegorici che per secolihanno avuto le bolle di sapo-ne: simbolo della vanità, dellafragilità delle ambizioni uma-ne, della vita stessa. Le bolledi sapone, in realtà, erano unodegli argomenti della sua rela-zione, tutta dedicata alla«Soft matter». E infatti que-ste sono uno degli argomentipiù interessanti in molti setto-ri della ricerca scientifica:dalla chimica alla biologia, pernon parlare del design e persi-no della pubblicità.

E’ abbastanza naturale chetra i primi ad essere attrattidalle iridescenti lamine sapo-nate siano stati gli artisti, ipittori in particolare. Mentreper i matematici le bolle di sa-pone sono modelli di una geo-metria delle forme stabili, pergli artisti le bolle di sapone so-

no state oggetto di interessenon tanto per l’aspetto ludicoquanto come simbolo.

Una delle opere più famose,ricordata anche da de Gennes,è stata realizzata nel ’700 daJean Baptiste Siméon Char-din, in diverse versioni, dal ti-tolo «Les bulles de savon». E’un quadro di rara bellezza e

suggestione. Le bolle interes-sano Chardin perché lo inte-ressano gli adolescenti, il loromondo, i loro giochi. È proba-bile che a quel tempo il giocodelle bolle fosse diffusissimotra i bambini e i ragazzi. Poi è lavolta degli scienziati. E’ IsaacNewton, infatti, che si interes-sa al fenomeno del colore sullelamine di sapone nell’«Opti-cks» del 1704. Il fisico belga Jo-seph Plateau, poi, si interessaalla natura delle forze moleco-lari nei fluidi, arrivando a sco-prire le forme che assumono lelamine di sapone contenute inparticolari intelaiature metal-liche immerse nell’acqua sapo-nata, problema noto in mate-matica come «problema di Pla-

teau». Nel 1873 pubblica il ri-sultato di 15 anni di ricerchenel trattato «Statique expéri-mentale et théorique des liqui-des soumis aux seules forcesmoléculaires».

Con i suoi esperimenti Pla-teau aveva posto ai matemati-ci due questioni: quella cheporta il suo nome e l’altra sullageometria delle lamine di sa-pone. Ma è solo all’inizio degliAnni 60 del secolo scorso cheviene introdotto un approcciocompletamente nuovo al «pro-blema di Plateau» da parte diEnnio De Giorgi e di Ernst Rei-fenberg. Nel 1887, invece, il fa-moso fisico Lord Kelvin pone ilproblema di quale sia il polie-dro con cui si può riempire lospazio tridimensionale, ridu-cendo al minimo l’area superfi-ciale dei solidi e massimizzan-do il volume contenuto. Final-mente, nel 1994, Denis Weairee Robert Phelan annunciano diavere scoperto una nuova con-figurazione, composta di duepoliedri con eguale volume,dodecaedri irregolari incurva-ti e 14-edra (quelli che avevautilizzato Kelvin) con facce in-curvate. I progettisti della pi-scina olimpica di Pechino si so-no basati proprio su quel mo-dello e sulle leggi di Plateauper realizzare la loro opera.

Le bolle: altro che solo ungioco per bambini! Se ne par-lerà alla «Biennale interna-zionale dei ragazzi», in occa-sione del Carnevale di Vene-zia il 7 e 8 febbraio.

MICHELE EMMERUNIVERSITA’ LA SAPIENZA­ROMA

A giocare con le bolleadesso sono

fisici e ingegneriPerché stanno ispirando nuove formule e teoremi

Affascinanti e colorate, ma sono molto più che semplici bolle di sapone

n D’altra parte, sul piano concreto, questeaspettative si scontrano talvolta con percezioni evalutazioni piuttosto critiche. Se si analizzano igiudizi dei cittadini sui soggetti che operano a va­rio titolo nel campo della ricerca, a essere valutatipositivamente sono soprattutto le associazioniche si occupano di ricerca, università e istituti diricerca (83%). Più di tre italiani su cinque dannoanche un giudizio positivo su Unione Europea e

aziende e più di uno su due sull’operato delle fon­dazioni bancarie in materia di ricerca. Meno posi­tivo il giudizio sulle Regioni e in particolare sulloStato, la cui azione nella ricerca è valutata negati­vamentedal56%degli intervistati.Danotareche ilaureati e chi ha buone competenze scientifiche ri­sultano ancora più critici verso le istituzioni nazio­nali e le aziende. Infine, deve far riflettere, soprat­tuttoafrontedellegrandiaspettativepraticheedisviluppo, chequasiun italianosudue (47%)dubitiche un ricercatore finanziato dall’industria possaconservare la propria indipendenza. Una confer­mache ilproblemanonèsolonelle risorse,manel­la fragilità di una cultura della ricerca e dell’inno­vazionecapacedivalutarnepotenzialitàe implica­zioni in modo aperto, critico ed equilibrato.

E tra i cittadini non mancanoi dubbi e gli stereotipi

I laboratoriA esserevalutati

in modopositivo

dall’opinionepubblica

sonoi centri

di ricerca

MASSIMIANO BUCCHISEGUE DA PAGINA I

MicheleEmmer

MatematicoRUOLO: È PROFESSORE DI MATEMATICAALL’ UNIVERSITÀ LA SAPIENZA DI ROMA

I SITI: WWW.MAT.UNIROMA1.IT/PEOPLE/EMMER/

WWW.MAT.UNIROMA1.IT/VENEZIA2013/

la risposta al paradosso, anchese la soluzione non è completa,perché - come spiego nel sag-gio “La scienza non ha bisognodi Dio” - resta aperta una que-stione: che cos’ha la vita di spe-ciale da permetterle di molti-plicarsi, nonostante il princi-pio del disordine crescente?».

Equalè la risposta?«A ogni essere viene conse-gnato un gruzzolo di informa-zioni e il messaggio è: “Quandoè finito, è finito, e quindi usalobene”. Solo lo sfruttamentooculato di quei dati permettedi vivere e, quanto alla durata,dipende da specie a specie».

Ma resta irrisolto il grandeenigma:com’ènata lavita?Sipotràmai risolvere?

«E’ un tema appassionante e sispendono cifre enormi per af-frontarlo, ma finora i progressisono stati pochi. Credo, però,che sia abbastanza ovvio, per-chè la scienza per definizionesi occupa di fenomeni riprodu-

cibili e l’origine della vita non èriproducibile per niente. Oggisi ritiene che all’origine non cifosse il Dna, ma l’Rna, che al-l’inizio faceva alcuni “lavori”che oggi fanno le proteine. Tut-tavia di quei primi momentinon sappiamo niente, come deiprimi istanti del Big Bang. Perqualcuno significa che restere-mo sempre all’oscuro e, invece,non è detto».

Intanto si spera di trovarebatteri alieni su Marte: lei co­sasiaspetta?

«La Nasa finanzia un’ossessio-ne, quella incarnata da Robin-son Crusoe. Ma, se e quandotroveremo quei batteri, fare-mo il più grande test della sto-ria. Non sappiamo se molto diciò che attribuiamo alla vitasia necessario o contingente:il giorno in cui troveremo al-tre forme viventi rispondere-mo a tante domande. Pensoche non ci sarò, ma provo unacuriosità tremenda».