bilancio: riclassificazione e analisi per indici · ebit (earnings before interest, taxes)...
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L’ANALISI DI
BILANCIO:
Riclassificazione
e
Analisi per
indici
INDICE
CAPITOLO 1 – La riclassificazione del Conto Economico e dello Stato
Patrimoniale
Paragrafo 1.2 – La riclassificazione dello Stato Patrimoniale
Paragrafo 1.3 – La riclassificazione del Conto Economico
CAPITOLO 2 – Gli indici di bilancio
Paragrafo 2.1 – Note preliminari
Paragrafo 2.2 – Gli indici di Redditività
Paragrafo 2.3 – Gli indici di Solidità
Paragrafo 2.4 – Gli indici di Liquidità
CAPITOLO 1
LA RICLASSIFICAZIONE DEL CONTO ECONOMICO E
DELLO STATO PATRIMONIALE
Gli scopi della riclassificazione del Conto Economico e dello Stato Patrimoniale sono
essenzialmente tre:
1. permettere la costruzione ed evidenziazione dei parametri e delle grandezze più
espressive della gestione (valore aggiunto, reddito operativo, reddito netto ecc.)
rispetto a quanto riportato nello schema di bilancio secondo la IV direttiva CEE.
2. Rendere omogenei i dati per consentire il loro confronto nel tempo e nello spazio,
ossia per più esercizi successivi per la stessa azienda (dimensione temporale) e
con aziende dello stesso settore o di settori diversi (dimensione spaziale).
3. Separare nettamente gli elementi attinenti la gestione caratteristica
dell'impresa da quelli che si riferiscono alle gestioni cosiddette accessorie o
extra-caratteristiche (finanziaria, straordinaria ecc.) per permettere una
migliore comprensione dell’andamento del “core business” aziendale.
1.1. La riclassificazione dello Stato Patrimoniale
Esistono vari tipi di riclassificazione dello Stato Patrimoniale ma quello più adatto
alle analisi di bilancio è sicuramente il metodo FINANZIARIO.
Secondo tale metodo le ATTIVITA’ vengono suddivise in funzione del loro grado di
liquidità ovvero in base al periodo di tempo entro il quale saranno liquidate. Le
PASSIVITA’ invece, vengono suddivise in funzione del loro grado di esigibilità ovvero in
base al periodo di tempo entro il quale saranno estinte.
Il criterio temporale preso in considerazione è di 12 mesi.
Vediamo nel dettaglio come possono essere suddivise le singole voci dello Stato
Patrimoniale a seconda del loro grado di realizzo/esigibilità:
ATTIVO CORRENTE (O CIRCOLANTE): attività di bilancio che si
trasformeranno in denaro in un periodo di tempo inferiore ad un anno dalla data
di redazione del bilancio. Di seguito le voci dello Stato Patrimoniale che possono
essere include in questa categoria:
A) CREDITI VERSO SOCI (solo per la parte richiamata entro l’anno)
Mezzi Propri
Mezzi di terzi
C) ATTIVO CIRCOLANTE
I. Rimanenze
II. Crediti (solo per la parte esigibile entro l’esercizio)
III. Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni
IV. Disponibilità liquide
D) RATEI E RISCONTI
Ratei e risconti annuali
ATTIVO IMMOBILIZZATO: attività di bilancio che si trasformeranno in denaro
in un periodo di tempo superiore ad un anno dalla data di redazione del bilancio.
Di seguito le voci dello Stato Patrimoniale che possono essere include in questa
categoria:
A) CREDITI VERSO SOCI (solo per la parte da richiamare oltre l’anno)
B) IMMOBILIZZAZIONI
I. Immobilizzazioni immateriali
II. Immobilizzazioni materiali
III. Immobilizzazioni finanziarie per i crediti esigibili oltre l’esercizio
C) ATTIVO CIRCOLANTE
II. Crediti (solo per la parte esigibile oltre i 12 mesi)
D) RATEI E RISCONTI
Ratei e Risconti pluriennali
PASSIVO CORRENTE: passività di bilancio che si trasformeranno in esborsi di
cassa in un periodo di tempo inferiore ad un anno dalla data di redazione del
bilancio. Di seguito le voci dello Stato Patrimoniale che possono essere include in
questa categoria:
B) FONDI PER RISCHI E ONERI (se la scadenza del rischio o dell’onere è
entro un anno)
D) DEBITI (solo per la parte esigibile entro l’esercizio)
E) RATEI E RISCONTI
Ratei e risconti annuali
PASSIVO CONSOLIDATO: passività di bilancio che si trasformeranno in esborsi
di cassa in un periodo di tempo superiore ad un anno dalla data di redazione del
bilancio. Di seguito le voci dello Stato Patrimoniale che possono essere include in
questa categoria:
B) FONDI PER RISCHI E ONERI (se la scadenza del rischio o dell’onere è
superiore ad un anno)
D) DEBITI (solo per la parte esigibile oltre i 12 mesi)
E) RATEI E RISCONTI
Ratei e risconti pluriennali
1.2. La riclassificazione del Conto Economico
La prassi vuole che il Conto Economico possa essere riclassificato in base a due criteri:
Valore della produzione e del valore aggiunto
Ricavi netti e costi del venduto
La riclassificazione secondo il criterio del “Valore della produzione e del valore
aggiunto” evidenzia il contributo che fattori produttivi esterni ed interni all’impresa
hanno dato alla formazione del reddito operativo della gestione caratteristica. L’obiettivo
è quello di misurare quanto valore l’impresa “ha aggiunto” ai beni che ha lavorato nel
corso dell’esercizio
La riclassificazione secondo il criterio dei “Ricavi netti e costo del venduto” evidenzia
il contributo delle diverse gestioni alla formazione del risultato di esercizio.
In realtà esiste un criterio di riclassificazione che riesce a soddisfare entrambi i livelli
di analisi delle precedenti due riclassificazioni.
Analizziamo le singolo voci del Conto Economico riclassificato:
Ricavi delle vendite: Corrisponde alla voce A) VALORE DELLA
PRODUZIONE del bilancio civilistico
Costi variabili: sono quei costi che si trovano nella voce B) COSTI DELLA
PRODUZIONE del bilancio civilistico che variano al variare dei ricavi
Valore
aggiunto
Gestione
caratteristica
Gestione finanziaria
Gestione straordinaria
Alti costi fissi: sono quei costi che si trovano nella voce B) COSTI DELLA
PRODUZIONE del bilancio civilistico la cui entità non muta al variare delle
quantità prodotte
Costi del personale: sono quei costi che corrispondo alla voce B) 9 del
bilancio civilistico
Ammortamenti: costo che corrisponde alla voce B) 10 del bilancio civilistico
Proventi e oneri finanziari: Ricavi/costi che corrispondono alla voce C)
del bilancio civilistico
Rettifica di valore delle attività finanziarie: Ricavi/costi che
corrispondono alla voce D) del bilancio civilistico
Accantonamenti per rischi e altri accantonamenti: costo che
corrisponde alla voce B) 12 e B) 13 del bilancio civilistico
Imposte sul reddito: costo che corrisponde alla voce 22 del bilancio
civilistico
Tale riclassificazione del Conto Economico permette di fornire le stesse informazioni
dei due criteri di riclassificazione citati all’inizio di questo paragrafo.
In particolare:
a. la differenza tra il MDC (vedremo più avanti cos’è e a cosa serve) e gli “altri costi
fissi” permette di determinare il “Valore aggiunto” ossia il contributo che i fattori
esterni ed interni all’azienda hanno dato alla formazione del risultato operativo
b. tale riclassificazione permette di apprezzare l’apporto dei vari tipi di “gestione” al
risultato d’esercizio (gestione caratteristica, gestione finanziaria e gestione
straordinaria)
CAPITOLO 2
GLI INDICI DI BILANCIO
1.1 Note preliminari
Attraverso la rielaborazione dei bilanci possono essere costruiti numerosi indici che
forniscono una serie di utili informazioni sullo stato di salute dell’azienda.
L'analisi di bilancio attraverso la tecnica degli indici è condotta mediante
l'elaborazione di determinati rapporti che sono istituiti tra le diverse grandezze
rappresentante in bilancio.
A titolo di esempio ci sono indici che mettono a confronto unicamente valori indicati
nello stato patrimoniale oppure solo nel conto economico, ma ci sono anche indici che
confrontano valori dello stato patrimoniale con valori del conto economico.
Affinché l’analisi per indici sia veramente utile per l’utilizzatore finale è necessario
che:
a. La riclassificazione di bilancio sia fatta correttamente e con continuità di criteri
b. L’analisi di bilancio condotta mediante indici deve basarsi sempre su confronti
nel tempo, ovvero bisogna considerare non solo il valore dell’indice ma anche la
sua evoluzione nel tempo
c. L’analisi di bilancio condotta mediante indici deve basarsi sempre su confronti
nello spazio, ovvero confronti con aziende delle stesso settore e della stessa area
geografica
Gli indici di bilancio si distinguono 3 macro famiglie:
1. Indici di Redditività: misurano quanto la gestione aziendale sia in grado di
remunerare i fattori produttivi, ossia il capitale e le altre fonti di finanziamento
2. Indici di Solidità: misurano la capacità dell’azienda di far fronte ai propri impegni
nel medio-lungo periodo (oltre i 12 mesi) e misurano quanto l’azienda sia
dipendente dai terzi finanziatori
3. Indici di Liquidità: misurano la capacità dell’azienda di far fronte ai propri
impegni nel medio-lungo periodo (entro i 12 mesi)
2.2 Gli indici di REDDITIVITA’
MARGINE DI CONTRIBUZIONE
Il margine di contribuzione si ottiene dalla differenze tra Ricavi e Costi variabili e
indica quanto la gestione caratteristica è in grado di coprire i propri costi fissi.
Tale margine assume particolare rilevanza nelle aziende che hanno più linee di
prodotti: in questo caso è possibile valutare quanto ogni linea di prodotto contribuisce alla
copertura dei costi fissi dell’azienda; in caso di margine di contribuzione negativo, si rende
necessario interrompere la produzione di quel specifico prodotto.
EBITDA (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and
Amortization)
L’EBITDA, detto anche Margine operative lordo, è uno dei valori più comunemente
usati per valutare la redditività di un’azienda.
L’EBITDA misura il reddito che residua sottraendo dai totale dei ricavi l’insieme dei
costi operativi che sono strettamente legati alla gestione caratteristica e che hanno o che
avranno una manifestazione monetaria. Pertanto sono esclusi dal calcolo quegli
oneri/proventi che derivano dalla gestione finanziaria e straordinaria e che non hanno
una manifestazione monetaria (ammortamenti, svalutazioni ecc)
Contenendo al suo interno solo valori “monetari”, l’ EBITDA approssima quanta cassa
un’azienda può potenzialmente generare.
EBIT (Earnings Before Interest, Taxes)
L’EBIT, detto anche Risultato Operativo, misura il reddito che l’azienda è in grado di
generare prima di aver remunerato sia il costo del capitale di terzi (rappresentato dagli
Oneri finanziari) sia il costo del capitale proprio (rappresentato dagli Utili).
Il reddito operativo è, dunque, un risultato economico intermedio, chiamato anche
utile operativo, margine operativo o risultato operativo, relativo alla sola gestione
caratteristica di un’impresa e che quindi prescinde dalle seguenti componenti reddituali
(che possono essere gestite senza dover intaccare il core business aziendale):
1. Finanziarie: una gestione finanziaria negativa può essere “semplicemente”
sanata ricapitalizzando l’azienda
2. Non caratteristiche: una gestione extra caratteristica negativa può essere
semplicemente eliminata senza compromettere l’attività della azienda
3. Straordinarie: la gestione straordinaria per sua definizione è casuale e quindi
difficilmente ripetibile nel breve periodo
4. Fiscali: la gestione fiscale è proporzionale al reddito di esercizio e quindi
indifferente
Se il reddito operativo è positivo significa che l’azienda è economicamente sana o
sanabile in quanto la sua attività tipica riesce a creare un valore della produzione
maggiore di quanto siano i costi della sola produzione.
ROE (Return on equity) = 𝑹𝒊𝒔𝒖𝒍𝒕𝒂𝒕𝒐 𝒅′𝒆𝒔𝒆𝒓𝒄𝒊𝒛𝒊𝒐
𝑷𝑨𝑻𝑹𝑰𝑴𝑶𝑵𝑰𝑶 𝑵𝑬𝑻𝑻𝑶 (𝒂𝒍 𝒏𝒆𝒕𝒕𝒐 𝒖𝒕𝒊𝒍𝒆 𝒑𝒆𝒓𝒊𝒐𝒅𝒐)
Esprime il tasso di redditività del capitale proprio; è il rendimento che il business
genera per i soci.
Il ROE rappresenta quindi una misura sintetica della redditività aziendale e può
essere utilizzato in analisi consuntive degli scostamenti fra la redditività attesa e quella
e quella realizzata o in analisi preventive per definire un obiettivo.
L’analisi del ROE viene spesso effettuata per tenere sotto controllo le possibili scelta
di convenienza economica degli azionisti. Poiché il ROE è sostanzialmente il rendimento
del denaro investito nell’azienda dall’azionista, tale rendimento può essere confrontato
con il rendimento di investimenti privi di rischio per valutare se il “premio per il rischio”
generato dall’azienda sia o meno soddisfacente.
ROI (Return on investment) = 𝑹𝒊𝒔𝒖𝒍𝒕𝒂𝒕𝒐 𝑶𝒑𝒆𝒓𝒂𝒕𝒊𝒗𝒐
𝑪𝑨𝑷𝑰𝑻𝑨𝑳𝑬 𝑰𝑵𝑽𝑬𝑺𝑻𝑰𝑻𝑶(𝒏𝒆𝒍𝒍𝒂 𝑮𝑪)
Esprime il tasso di redditività operativa dell’azienda, in quanto indica il rendimento
del capitale investito nella gestione caratteristica.
ATTENZIONE: il denominatore della formula si ottiene sottraendo al Capitale
Investito tutti gli investimenti che non riguardano la gestione caratteristica ovvero le
Disponibilità liquide e le Immobilizzazioni Finanziarie poiché i proventi di questi tipi di
investimento (proventi finanziari) non rientrano nel calcolo del Risultato Operativo in
quanto non attinenti alla Gestione Caratteristica dell’azienda.
Il ROI consente di giudicare l’efficienza nella gestione dell’azienda poiché misura
quanto reddito gli amministratori sono capaci di generare date le fonti di finanziamento
messe a disposizione (e tramite le quali sono stati acquisite le voci di bilancio contenute
nel Capitale Investito).
Di norma, tale valore dovrebbe essere più alto del costo medio dei finanziamenti
bancari ovvero del costo delle fonti di finanziamento aziendale acquisite a titolo oneroso.
Il ROI può essere scomposto nei suoi fattori costitutivi che sono i seguenti:
ROI = 𝑹𝒊𝒔𝒖𝒍𝒕𝒂𝒕𝒐 𝒐𝒑𝒆𝒓𝒂𝒕𝒊𝒗𝒐
𝑹𝒊𝒄𝒂𝒗𝒊 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒗𝒆𝒏𝒅𝒊𝒕𝒆 𝒆 𝒑𝒓𝒆𝒔𝒕. 𝒙
𝑹𝒊𝒄𝒂𝒗𝒊 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒗𝒆𝒏𝒅𝒊𝒕𝒆 𝒆 𝒑𝒓𝒆𝒔𝒕.
𝑪𝑨𝑷𝑰𝑻𝑨𝑳𝑬 𝑰𝑵𝑽𝑬𝑺𝑻𝑰𝑻𝑶 (𝑮𝑪)
Il primo indice è il ROS e il secondo è il Turnover (Tasso di rotazione del capitale
investito). Vediamoli di seguito
ROS (Return on sales) = 𝑹𝒊𝒔𝒖𝒍𝒕𝒂𝒕𝒐 𝑶𝒑𝒆𝒓𝒂𝒕𝒊𝒗𝒐
𝑹𝒊𝒄𝒂𝒗𝒊 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒗𝒆𝒏𝒅𝒊𝒕𝒆 𝒆 𝒑𝒓𝒆𝒔𝒕
Tale indice esprime quanto reddito operativo l’azienda riesce ad ottenere per ogni
ricavo di vendita, dopo che sono stati coperti tutti i costi operativi e di conseguenza
esprime quanto e se l’impresa riesce a coprire i costi che esulano dalla gestione
caratteristica e i costi relativi alla remunerazione del capitale di terzi.
L'indice ROS può assumere valori:
ROS > 0 Significa che una parte di ricavi è ancora disponibile dopo la copertura di
tutti i costi inerenti alla gestione caratteristica. Esprime la capacità dei ricavi della
gestione caratteristica a contribuire alla copertura dei costi extra-caratteristici, oneri
finanziari, oneri straordinari e a produrre un congruo utile quale remunerazione del
capitale proprio.
ROS = zero La capacità remunerativa del flusso di ricavi caratteristici è limitata
alla sola copertura dei costi della gestione caratteristica. In questo caso, la copertura degli
oneri finanziari, degli oneri straordinari e l’utile dipendono dalla presenza di risorse
extra-caratteristiche quali proventi finanziari e proventi straordinari.
ROS < 0 Viene segnalata l'incapacità dei ricavi caratteristici a coprire i costi della
gestione caratteristica, oltre che, s'intende, i costi finanziari, i costi straordinari e la
remunerazione del capitale proprio. E’ questo è il sintomo di una gravissima crisi
produttiva e gestionale.
TURNOVER = 𝑹𝒊𝒄𝒂𝒗𝒊 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒗𝒆𝒏𝒅 𝒆 𝒑𝒓.
𝑪𝑨𝑷𝑰𝑻𝑨𝑳𝑬 𝑰𝑵𝑽𝑬𝑺𝑻𝑰𝑻𝑶 (𝑮𝑪)
Tale indice esprime il ricavo medio per singola unità di investimento (o di
finanziamento) e segnala quante volte, nell’arco dell’esercizio, il capitale investito si
trasforma in risorse finanziarie attraverso le vendite.
La scomposizione del ROI in questi due fattori ci fa capire che la redditività operativa
dell’azienda dipende da:
a. Margine di profitto generato da ogni singolo ciclo produttivo (indicato dal ROS)
b. Velocità con cui tali cicli si ripetono nel corso dell’esercizio (indicata dal
TURNOVER)
In teoria, infatti, esistono due possibili strategie che le imprese possono tenere:
a. Scegliere bassi margini (basso ROS) e realizzare una elevata rotazione del
capitale investito (alto TURNOVER) per sostenere il ROI
b. Scegliere alti margini (alto ROS) accettando di realizzare una minore rotazione
del capitale investito (basso TURNOVER)
ROD (Return on debt) = 𝑶𝒏𝒆𝒓𝒊 𝒇𝒊𝒏𝒂𝒏𝒛𝒊𝒂𝒓𝒊
𝑪𝑨𝑷𝑰𝑻𝑨𝑳𝑬 𝑫𝑰 𝑻𝑬𝑹𝒁𝑰
Tale indice esprime il peso degli oneri finanziari sul capitale di terzi ovvero esprime
quanto sia oneroso per l’azienda prendere a prestito il capitale da terzi.
1.3 Gli indici di SOLIDITA’
L’analisi di solidità di un’azienda ha a che fare con il concetto di lungo periodo ovvero
gli indici che andremo ad analizzare misurano il rischio di un’azienda di non essere
liquida nel tempo, ovvero di non riuscire, nel lungo periodo, ad onorare i propri impegni.
Da questo ne deduciamo che un’azienda non è solida se, seppur essendo liquida nel breve
periodo, rischia di non esserlo nel lungo periodo.
La solidità di un’impresa dipende da due fattori:
a) correlazione esistente tra investimenti e fonti di finanziamento;
b) grado di indebitamento nei confronti di terzi.
CORRELAZIONE TRA INVESTIMENTI E FONTI DI
FINANZIAMENTO
ICI (Indice di copertura delle immobilizzazioni) = 𝑷𝑨𝑻𝑹𝑰𝑴𝑶𝑵𝑰𝑶 𝑵𝑬𝑻𝑻𝑶
𝑨𝑻𝑻𝑰𝑽𝑶 𝑰𝑴𝑴𝑶𝑩𝑰𝑳𝑰𝒁𝒁𝑨𝑻𝑶
Tale indice misura in che quantità il patrimonio netto “copre” le immobilizzazioni,
ovvero tale indice ci dice quanto l’azienda, per il lungo periodo, dipende da risorse di terzi.
Un indice pari ad 1 indica che tutte le immobilizzazioni sono coperte da quanto versato
dai soci in azienda. Quanto più questo indice è basso, tanto più l’azienda ha dovuto fare
ricorso a capitale di terzi per finanziare i propri investimenti e, pertanto, si presume che
anche in futuro (in assenza di aumenti di capitale), l’azienda dovrà dipendere da terzi per
poter fare nuovi investimenti.
MS (Margine di struttura) = PATRIMONIO NETTO – ATTIVO IMMOBILIZZATO
Questo margine dà le stesse indicazione dell’indice precedente solo che lo fa in valori
assoluti e non in valore percentuale.
GRADO DI INDEBITAMENTO VERSO TERZI
GI (Grado di indebitamento verso terzi o indice di indipendenza finanziaria)
GI = 𝑷𝑨𝑺𝑺𝑰𝑽𝑰𝑻𝑨′𝑪𝑶𝑹𝑹𝑬𝑵𝑻𝑰+𝑷𝑨𝑺𝑺𝑰𝑽𝑰𝑻𝑨′𝑰𝑴𝑴𝑶𝑩𝑰𝑳𝑰𝒁𝒁𝑨𝑻𝑬
𝑷𝑨𝑻𝑹𝑰𝑴𝑶𝑵𝑰𝑶 𝑵𝑬𝑻𝑻𝑶
Tale indice mostra il mix di come l’azienda sta finanziando il proprio attivo, dando,
quindi, un’indicazione di quanto l’azienda sia dipendente dai finanziamenti messi a
disposizione dai terzi.
Alti valori dell’indice denotano una situazione di grande indebitamento, cioè elevata
sottocapitalizzazione, con conseguente pregiudizio per la solidità dell’azienda. Infatti i
finanziatori vorranno, prima o poi, essere rimborsati e l’impresa, in questa situazione
potrebbe essere obbligata a dismettere i suoi investimenti in attività fisse e, pertanto, il
rapporto di indebitamento consente di apprezzare il rischio finanziario dell’impresa. Se
tale rapporto è pari a zero, vuol dire che l’azienda si sta finanziando solo con mezzi propri
e pertanto è indipendente da un punto di vista finanziario e quindi particolarmente
“solida”.
2.4 Gli indici di LIQUIDITA’
L’analisi di liquidità di un’azienda ha a che fare con il concetto di breve periodo ovvero
gli indici che andremo ad analizzare misurano il rischio di un’azienda di non essere
liquida nel breve periodo, ovvero di non riuscire, nell’arco di 12 mesi, ad onorare i propri
impegni.
Gli indici che andremo ad analizzare di seguito misurano, quindi, la capacità
dell'azienda di essere sempre solvibile nel tempo ovvero misurano la capacità dell’azienda
di restituire il denaro ottenuto in prestito alle scadenze concordate.
Tali indici si suddividono i due macro classi:
a) Indici della struttura finanziaria
b) Indici o margini di solvibilità
INDICI DELLA STRUTTURA FINANZIARIA
Tali indici hanno lo scopo di studiare la correlazione tra fonti e impieghi verificando
l’equilibrio tra capitale investito e struttura finanziaria in termini di realizzabilità del
primo ed esigibilità della seconda.
GEI (Grado di elasticità degli impieghi) = 𝑨𝑻𝑻𝑰𝑽𝑶 𝑪𝑶𝑹𝑹𝑬𝑵𝑻𝑬
𝑻𝑶𝑻𝑨𝑳𝑬 𝑨𝑻𝑻𝑰𝑽𝑶
Tale indice esprime l’incidenza delle attività a breve termine (liquidabili cioè entro 12
mesi) sul totale dell’attivo, fornendo così una misura dell’elasticità patrimoniale, dando,
quindi, un’indicazione di rischio dell’impresa attraverso l’osservazione della composizione
degli investimenti in termini di recupero monetario: un contenuto valore del rapporto
indica che gli investimenti sono in via principale qualificati come investimenti in fattori
di produzione fissi e pertanto una struttura dell’attivo composta in via principale da
investimenti fissi è indice di una maggiore rischiosità dell’impresa.
Infatti, sebbene ciò significhi maggiore capacità produttiva, l’azienda potrebbe non
avere a disposizione nell’immediato risorse liquide sufficienti per far fronte ai propri
debiti. Infatti, in caso di carenza di liquidità improvvisa, sarà decisamente più
problematico reperire liquidità vendendo attivo fisso, piuttosto che smobilizzando attivo
corrente (è più semplice e veloce vendere scorte di magazzino piuttosto che vendere un
intero impianto di produzione!)
GEF (Grado di elasticità delle fonti) = 𝑷𝑨𝑺𝑺𝑰𝑽𝑶 𝑪𝑶𝑹𝑹𝑬𝑵𝑻𝑬
𝑻𝑶𝑻𝑨𝑳𝑬 𝑷𝑨𝑺𝑺𝑰𝑽𝑶
Questo indice si può interpretare in antitesi rispetto al precedente. Quanto maggiore
è questo indice tanto più rischiosa appare la struttura poiché l’azienda dovrà far fronte
nel breve periodo al rimborso dei propri debiti.
INDICI O MARGINI DI SOLVIBILITA’
CR (Current Ratio) = 𝑨𝑻𝑻𝑰𝑽𝑶 𝑪𝑶𝑹𝑹𝑬𝑵𝑻𝑬
𝑷𝑨𝑺𝑺𝑰𝑽𝑶 𝑪𝑶𝑹𝑹𝑬𝑵𝑻𝑬
Il Current ratio è dato dal rapporto tra Attivo Corrente (attività che diventeranno
liquide entro 12 mesi) e Passivo Corrente (debiti che devono essere saldati entro 12 mesi);
quanto più elevato è questo indicatore, tanto più positiva è la situazione finanziaria a
breve termine dell’impresa, poiché significa che nel presente sono disponibili risorse
finanziarie sufficienti per far fronte ai debiti a breve termine.
Tuttavia, per non incorrere in grossolani errori, è necessario puntualizzare che attività
e passività possono avere diverse scadenze e, pertanto, accanto a tale indice vanno sempre
considerati altri indici che prendono in considerazione gli elementi dell’attivo in modo più
analitico.
In particolare, le tre voci più importanti di cui si compone l’attivo corrente (in ordine
decrescente per grado di liquidità) sono rappresentate da:
1. Cassa, Conti correnti bancari e postali (Liquidità immediate);
2. Crediti esigibili entro 12 mesi + Ratei (Liquidità differite);
3. Magazzino (Disponibilità non liquide).
Un indice che risponde a questa esigenza è il seguente:
QR (Quick Ratio) = 𝑳𝒊𝒒𝒖𝒊𝒅𝒊𝒕à 𝒊𝒎𝒎𝒆𝒅𝒊𝒂𝒕𝒆+𝒅𝒊𝒇𝒇𝒆𝒓𝒊𝒕𝒆
𝑷𝑨𝑺𝑺𝑰𝑽𝑶 𝑪𝑶𝑹𝑹𝑬𝑵𝑻𝑬
Quanto più elevato è questo indicatore, tanto più positiva è la situazione finanziaria a
breve termine dell’impresa; infatti se l’indice è superiore a 1 significa infatti che l’azienda
nel breve termine, riuscirà a reperire denaro sufficiente per estinguere le proprie
passività a breve termite (entro i 12 mesi).
Current ratio e Quick ratio possono anche essere espressi in valore
assoluto tramite rispettivamente il Capitale circolante netto e il Margine di
tesoreria.
CCN = ATTIVO CORRENTE – PASSIVO CORRENTE : capitale circolante netto
Questo indice rappresenta in valore assoluto quanto espresso dal current ratio.
Il termine “circolante” fa proprio riferimento ad un ottica di breve periodo perché
indica quelle voci di bilancio che “ruotano” all’interno dell’anno e che si distinguono
concettualmente da tutte le componenti “fisse” aziendali, ossia quelle non liquidabili nel
breve periodo.
MARGINE DI TESORERIA = Liquidità immediate + differite – PASSIVO
CORRENTE
Questo indice rappresenta in valore assoluto quanto espresso dal quick ratio.
PFN = Debiti finanziari (sia a breve che a lungo termine) – Disponibilità
immediate – Disponibilità differite: Posizione finanziaria netta
Tale indicatore esprime quanto e se le disponibilità liquide, immediate e differite ad
una certa data coprono le passività finanziarie.
Tale indice è largamente usato in quanto è un importante indicatore del debito
finanziario complessivo dell’azienda.
Un indicatore, anch’esso largamente usato, della sostenibilità del debito finanziario è
invece il seguente:
𝑷𝑭𝑵
𝑬𝑩𝑰𝑻𝑫𝑨
Essendo l’EBITDA una misura approssimativa della generazione di cassa di
un’azienda, tale indicatore indica quanti esercizi ci vorranno (a parità di PFN) affinché
l’azienda riesca a rimborsare i propri debiti finanziari.