bollettino settimanale domenica 29 ottobre...
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BOLLETTINO SETTIMANALE
DOMENICA 29 OTTOBRE 2017
7° SETTIMANA DEL TEMPO DELLA CROCE
ULTIMA DELL'ANNO LITURGICO MARONITA
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ORARIO SANTE MESSE IN PARROCCHIA
Feriali: Ore 13.30
Festivi: Ore 11.00
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LETTURE DELLA DOMENICA
TEMPO DELLA CROCE
* Lettera ai Romani 12:9-21
* Santo Vangelo di Matteo 25:31-46
"Ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore
dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra."
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La notte tra sabato 28 ottobre e domenica 29 ottobre
si lascia l'ora legale per tornare all'ora solare.
Lancette spostate all'indietro e sveglia ancora più lieve.
RICORDATEVI DI SPOSTARE LE LANCETTE
PER VENIRE PUNTUALI A MESSA !!!
***
CATECHISMO E CORSI DI LINGUA ARABA IN PARROCCHIA
SONO APERTE LE ISCRIZIONI
> AL CATECHISMO
( PRIMA COMUNIONE E CRESIMA )
> E AI CORSI DI LINGUA ARABA
CHE IN PARROCCHIA SI TENGONO
PER BAMBINI E PER ADULTI.
CONTATTATECI PER LE ISCRIZIONI!!!!
***
DOMENICA 29 OTTOBRE 2017
ORE 11.00
PRESSO LA NOSTRA CHIESA PARROCCHIALE
SARA' CELEBRATA LA
SANTA MESSA PER
TUTTI I FEDELI DEFUNTI
PREGHEREMO PER TUTTI I NOSTRI MORTI
IN PARTICOLARE PER I NOSTRI CARI
E PER COLORO CHE CI HANNO LASCIATO RECENTEMENTE
AL TERMINE DELLA SANTA MESSA CANTEREMO INSIEME
LA PREGHIERA DELL'INCENSO
Shabahol moryo kolkhon ameih
L'ETERNO RIPOSO DONA A LORO O SIGNORE
E SPLENDA AD ESSI LA LUCA PERPETUA
RIPOSINO IN PACE. AMEN
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APERTO A WASHINGTON, ALLA PRESENZA DEL PATRIARCA RAI,
IL CONGRESSO "IN DIFESA DEI CRISTIANI"
Si è aperta il 25 ottobre scorso a Washington la quarta edizione del Congresso "In difesa dei
cristiani", organizzata dall'imprenditore e dal finanziatore Toufic Baaklini. Il congresso di tre
giorni è dedicato ad esaminare da diversi angoli il futuro dei cristiani in Medio Oriente. Il ritorno
degli sfollati, stabilità, sicurezza e sovranità in Libano; sollievo per le vittime di massacri in corso
e spostamenti di comunità in Iraq e Siria; riconoscimento del genocidio armeno, sono alcuni dei
grandi temi trattati durante il congresso. L'oratore principale sarà il vicepresidente americano
Mike Pence. Diversi membri del Congresso prenderanno la parola. È previsto anche un
intervento del Patriarca Maronita Cardinale Béchara Raï, arrivato lunedì scorso nella capitale
federale statunitense. Il Patriarca Cardinale Rai ha detto, sulla spinosa questione degli sfollati,
"il diritto al ritorno dei siriani sfollati si è unito si è unito al diritto del Libano di essere sollevato di
un peso diventato insopportabile, sia sul piano politico come sicurezza, economico e
demografico ". Sabato, il ministro dell'Economia, Raed Khoury ha detto che il numero di siriani
sfollati ammonta al 40% della popolazione libanese e decine di migliaia di neonati vengono
aggiunti a questo tasso ogni anno dal 2011. "Non possiamo accettare che la loro tragedia sia
posta a scapito del Libano e che, dietro le quinte, la loro istituzione in Libano sia campata in
aria", ha detto Sua Eminenza il Cardinale Rai, il quale ha sviluppato l'idea che la Siria "non sia
totalmente in rovina" e che i siriani debbano essere incoraggiati "a tornare a casa e
riconquistare i loro diritti civili". Il patriarca, che crede che le sue posizioni siano in linea con gli
sforzi del presidente Michel il Presidente Aoun, ha affermato che a Washington i libanesi
dovrebbero parlare la stessa lingua. Ha accolto con favore il fatto che, agli occhi
dell'amministrazione statunitense e del Pentagono, il Libano è oggi considerato "un fattore di
stabilità regionale". il 24 ottobre scorso, in mattinata, il Capo della Chiesa Maronita ha ricevuto
presso il Marriott Hotel a Washington, dove risiede durante la sua visita, il comandante capo
dell'esercito libanese, il generale Joseph Aoun, anche lui in visita ufficiale di diversi giorni negli
Stati Uniti d’America.
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PAPA FRANCESCO. AGLI ASTRONAUTI:
«VOI SIETE UN PICCOLO PALAZZO DI VETRO»
«Voi siete un piccolo Palazzo di Vetro, e la totalità è più grande della somma delle parti, questo è
l'esempio che ci date. Grazie perché siete rappresentanti di tutta la famiglia umana nel grande progetto
di ricerca di questa stazione spaziale». Sono le parole conclusive, prima della benedizione, pronunciate
da papa Francesco al termine di venticinque minuti di dialogo con l'equipaggio della Stazione spaziale
internazionale (Iss). Venticinque minuti in cui il Pontefice ha rivolto sei domande profonde, o anche
semplicemente curiose, agli astronauti. Le risposte sono arrivate in italiano, in russo, in inglese. A riprova
di quell'incontro tra nazioni - appunto il Palazzo di Vetro citato dal Papa, ovvero la sede delle Nazioni
Unite - che si realizza nello spazio, da dove la Terra, come è stato detto in una risposta, appare «in
pace, senza frontiere e senza guerre». La voce di un Papa venuto «dalla fine del mondo» è arrivata oltre
i confini stessi del mondo. L'evento è stato trasmesso in diretta dal Centro televisivo vaticano.
L’equipaggio della missione attualmente in orbita – si tratta della “Expedition 53” – è composto da sei
astronauti: tre statunitensi, due russi e un italiano, Paolo Nespoli. E per Nespoli, 60 anni, è stato un bis:
l’astronauta italiano era infatti a bordo della Stazione spaziale anche quando Benedetto XVI si collegò il
21 maggio 2011 con l’Iss. Allora papa Ratzinger, dalla Biblioteca Vaticana, dialogò per mezz’ora con i sei
astronauti dell’Iss, a cui si erano aggiunti quelli dello Space Shuttle Endeavour (tra cui l’italiano Roberto
Vittori), che nel suo ultimo volo aveva portato strumenti e materiali all’Iss. Quello era stato il primo
colloquio di un Pontefice con interlocutori nello spazio, a circa 400 chilometri dalla Terra, e si era svolto
in una modalità inusuale, che Francesco ha scelto di ripetere: era stato infatti Benedetto XVI a rivolgere
delle domande, cinque, ed erano stati gli astronauti a rispondere. Nell’ultima domanda tra l’altro,
particolarmente intensa, il Papa aveva chiesto proprio a Nespoli, che aveva perso la madre mentre era in
orbita, come avesse vissuto quel momento in una situazione di separazione da tutto, ricordandogli che
aveva pregato per lui. Se si pensa ai Papi del post-Concilio e al loro “rapporto” con lo spazio, non si può
non citare una scena divenuta celebre: quella di Paolo VI che seguì la lunga diretta Rai dello sbarco sulla
Luna, nella notte fra il 20 e il 21 luglio 1969, e che benedisse l’impresa dell’Apollo 11.
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PELLEGRINAGGIO DIOCESANO A POMPEI
11 NOVEMBRE 2017
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Programma
07.00 partenza: in treno dalla Stazione Termini, in bus dalle cappellanie, parrocchie, collegi
universitari
10.30 accoglienza nel Santuario
11.00 riflessione introduttiva
11.30 celebrazione Eucaristica
14.00 itinerari archeologici e caritativi
16.30 momento conclusivo nel Santuario
17.15 fiaccolata e rientro
Quota di partecipazione €10 per gli studenti delle università del Lazio e per i maturandi .
La quota comprende anche le spese di viaggio.
Ufficio Pastorale Universitaria Piazza San Giovanni in Laterano, 6 /a – 00184 Roma
Email: [email protected] tel. +39 06 69886584
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Disponibile online sul sito della Caritas il sussidio “Non lasciamoli soli”: un itinerario pensato per
i tempi forti di Avvento e di Quaresima, che ha come obiettivo primario l’incontro con l’altro – «in
particolare il diverso, l’ultimo, l’emarginato» – come esperienza per la scoperta di Dio attraverso
il povero. «La carità educa il cuore dei fedeli e svela agli occhi di tutti il volto di una comunità
che testimonia la comunione, si apre al servizio, si mette alla scuola dei poveri e degli ultimi,
impara a riconoscere la presenza di Dio nell’affamato e nell’assetato, nello straniero e nel
carcerato, nell’ammalato e in ogni bisognoso». Questo passaggio di Educare alla vita buona del
Vangelo, citato nell’introduzione firmata dal direttore della Caritas diocesana monsignor Enrico
Feroci, «lascia intravedere una realtà abitata da tante situazioni che interpellano forme di
prossimità, risposte che rimandano alle attività poste in essere da parrocchie, associazioni e
movimenti ecclesiali, all’interno delle quali i giovani e le loro famiglie sono protagonisti, portando
il loro contributo come volontari e con esperienze di servizio, oppure sono i fratelli verso i quali
la comunità indirizza la sua attenzione perché vivono momenti di difficoltà». Il volontariato,
prosegue Feroci, «è ritenuto un’opportunità preziosa per offrire alle nuove generazioni degli
interrogativi sul senso dell’esistenza, un’esperienza importante per educare ai valori della
gratuità, della solidarietà e dell’impegno. Questo perché si tratta di esperienze che non si
esauriscono in un servizio, ma offrono ai partecipanti uno stimolo ad uscire dall’indifferenza e
dalla rassegnazione per vivere un senso nuovo dell’esistenza nella vicinanza ai più poveri, nel
segno della condivisione, della partecipazione, della passione per le grandi cose». All’interno di
questo contesto “educativo”, «il volontariato è anche autentica espressione di fede e di carità
evangelica, che sente prioritario l’impegno per il bene del prossimo e la disponibilità a perdersi a
favore dell’altro». Di qui la scelta, come Caritas, di proporre alle comunità parrocchiali, in
Avvento e Quaresima, delle esperienze che rappresentano «occasioni per restituire pienezza e
dignità all’esistenza umana e, in ragione di ciò, assumono un valore che trascende l’attualità del
bisogno». Per Feroci, si tratta di «atti che racchiudono insegnamenti fondamentali per la
crescita umana e civile di chi li mette in pratica trovando potenziale educativo dalla risposta alle
emergenze e alle ingiustizie sociali».
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COMMENTO AL VANGELO DELLA DOMENICA:
E SEPARERÀ LE PECORE DAI CAPRI
Il Vangelo di Matteo di questa Domenica presenta Gesù, nuovo Messia. Come fece Mosè,
anche Gesù promulga la legge di Dio. Come era per l’Antica Legge, anche la nuova data da
Gesù contiene cinque libri o discorsi. Il Discorso della Montagna (Mt 5,1 a 7,27), il primo
discorso, si apre con otto beatitudini. Il discorso sulla vigilanza (Mt 24,1 a 25,46), il quinto e
ultimo discorso, racchiude la descrizione del Giudizio Finale. Le beatitudini descrivono la porta
d’entrata al Regno, enumerando otto categorie di persone: i poveri in spirito, i miti, gli afflitti,
coloro che hanno fame e sete di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, i promotori di pace ed i
perseguitati a causa della giustizia (Mt 5,3-10). La parabola del Giudizio Finale ci dice ciò che
dobbiamo fare per poter possedere il Regno: accogliere gli affamati, gli assetati, gli stranieri, i
nudi, i malati ed i prigionieri (Mt 25,35-36). Tanto all’inizio come alla fine della Nuova Legge, ci
sono gli esclusi e gli emarginati. Apertura del Giudizio finale. Il Figlio dell’Uomo riunisce attorno
a sé le nazioni del mondo. Separa le persone come fa il pastore con le pecore e i capri. Il
pastore sa discernere. Non sbaglia: pecore a destra, capri a sinistra. Gesù non sbaglia. Gesù,
non giudica né condanna (cf. Gv 3,17; 12,47). Lui appena separa. E’ la persona stessa che si
giudica e si condanna per il modo in cui si è comportata con i piccoli e gli esclusi. La sentenza
per coloro che si trovavano alla destra del Giudice. Coloro che si trovano a destra del giudice
sono chiamati “Benedetti dal Padre mio!”, cioè, ricevono la benedizione che Dio promette ad
Abramo ed alla sua discendenza (Gen 12,3). Loro sono invitati a prendere possesso del Regno,
preparato per loro fin dalla fondazione del mondo. Il motivo della sentenza è la seguente: "Ebbi
fame, ero straniero, nudo, malato e prigioniero, e non mi avete accolto ed aiutato!” Questa
sentenza ci fa capire chi sono le pecore. Sono le persone che accolsero il Giudice quando
costui era affamato, assetato, straniero, nudo, malato e prigioniero. E per il modo di parlare "mio
Padre" e "Figlio dell’Uomo", possiamo sapere che il Giudice è proprio Gesù. Si identifica con i
piccoli! Una richiesta di chiarimento e la risposta del Giudice: Coloro che accolsero gli esclusi
sono chiamati “giusti”. Ciò significa che la giustizia del Regno non si raggiunge osservando
norme e prescrizioni, bensì accogliendo i bisognosi. Ma è curioso che i giusti non sappiano
nemmeno loro quando hanno accolto Gesù bisognoso. E Gesù risponde: "Ogni volta che non
avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me.” Chi sono
questi "miei fratelli più piccoli"? In altri passaggi del Vangelo di Matteo, le espressioni "miei
fratelli" e "più piccoli" indicano i discepoli (Mt 10,42; 12,48-50; 18,6.10.14; 28,10). Indicano
anche i membri più abbandonati della comunità, i disprezzati che non hanno posto e non sono
ben ricevuti (Mt 10,40). Gesù si identifica con loro. Ma non solo questo. Nel contesto più ampio
della parabola finale, l’espressione “miei fratelli più piccoli” si allarga ed include tutti coloro che
non hanno posto nella società. Indica tutti i poveri. Ed i "giusti" ed i "benedetti dal Padre mio"
sono tutte le persone di tutte le nazioni che accolgono l’altro in totale gratuità,
indipendentemente dal fatto che siano o no cristiani. La sentenza per coloro che erano alla sua
sinistra. Coloro che stavano all’altro lato del Giudice sono chiamati “maledetti” e sono destinati
al fuoco eterno, preparato per il diavolo ed i suoi amici. Gesù usa un linguaggio simbolico
comune in quel tempo per dire che queste persone non entreranno nel Regno. Ed anche qui il
motivo è uno solo: non accolsero Gesù affamato, assetato, straniero, nudo, malato e
prigioniero. Non è che Gesù impedisce loro di entrare nel Regno, bensì il nostro agire, cioè la
cecità che ci impedisce di vedere Gesù nei più piccoli. Una richiesta di chiarimento e la risposta
del Giudice. La richiesta di chiarimento indica che si tratta di gente che si è comportata bene,
persone che hanno la coscienza in pace. Sono certe di aver praticato sempre ciò che Dio
chiede loro. Per questo rimangono meravigliati quando il Giudice dice che non lo accolsero. Il
Giudice risponde: “Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più
piccoli, non l’avete fatto a me”. E’ l’omissione! Non hanno fatto cose in più! Solo smisero di
praticare il bene verso i più piccoli e gli esclusi. E continua la frase finale: costoro sono destinati
al fuoco eterno, ed i giusti alla vita eterna. Così termina il quinto libro della Nuova Legge!
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ERO CARCERATO...ERO AFFAMATO....LE OPERE DI MISERICORDIA:
UNA BREVE SPIEGAZIONE
In san Matteo troviamo la narrazione del giudizio finale,e in breve Gesù giudica l’umanità
seguendo il criterio della carità e della misericordia. Ma nella pratica quali sono questi criteri? La
Chiesa ha sitentizzato e schematizzato la misericordia in alcune pratiche concrete,
estrapolandele dalla lettura del Vangelo. 1) Dare da mangiare agli affamati e 2) dare da bere
agli assetati. Queste due prime opere di misericordia corporale sono complementari e si
riferiscono all’aiuto che dobbiamo dare in cibo e altri beni a chi più ne ha bisogno, a coloro che
non hanno l’indispensabile per poter mangiare ogni giorno. Gesù, come dice il vangelo di san
Luca, raccomanda: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare,
faccia altrettanto» (Lc 3, 11). 3) Ospitare i pellegrini. Anticamente, dare ospitalità ai viaggiatori
era una questione di vita o di morte, dati i disagi e i rischi dei viaggi. Oggi non è più così. Ma
potrebbe comunque accaderci di ricevere qualcuno in casa nostra, non per semplice ospitalità
verso un amico o un familiare, ma per un vero caso di necessità. 4) Vestire gli
ignudi. Quest’opera di misericordia tende a venire incontro a una necessità fondamentale: il
vestito. Spesso ci viene richiesta la raccolta di indumenti che si fa nelle parrocchie o in altri
centri di assistenza. Nel momento di donare i nostri indumenti, è bene pensare che possiamo
dare cose per noi superflue o che non ci servono più, ma anche qualcosa che ci è ancora utile.
Nella lettera di Giacomo veniamo incoraggiati a essere generosi: «Se un fratello o una sorella
sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace,
riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il corpo, che giova?» (Gc 2, 15-
16). 5) Visitare gli infermi. Si tratta di una vera assistenza ai malati e agli anziani, sia in ciò
che riguarda l’aspetto fisico, sia facendo loro compagnia per un po’ di tempo. L’esempio
migliore della Sacra Scrittura è quello della parabola del buon samaritano, che si prese cura del
ferito e, non potendo continuare a occuparsene direttamente, lo affidò alle cure di un altro,
pagando di tasca propria (cfr. Lc 10, 30-37). 6) Visitare i carcerati. Consiste nel far visita ai
carcerati, dando loro non soltanto un aiuto materiale ma un’assistenza spirituale, perché
possano migliorare come persone e correggersi, magari imparando a svolgere un lavoro che
possa essere loro di aiuto quando sarà terminato il periodo di detenzione… Invita anche ad
adoperarsi per liberare gli innocenti e chi è stato sequestrato. Anticamente i cristiani pagavano
per liberare gli schiavi o si offrivano in cambio di prigionieri innocenti. 7) Seppellire i
morti. Cristo non aveva un luogo dove posare il capo. Un amico, Giuseppe d’Arimatea, gli
cedette la propria tomba. Non soltanto, ma ebbe il coraggio di presentarsi a Pilato e di chiedergli
il corpo di Gesù. Partecipò anche Nicodemo, che aiutò a seppellirlo (Gv 19, 38-42). Seppellire i
morti sembra un ordine superfluo, perché, di fatto, tutti vengono seppelliti. Però, per esempio, in
tempo di guerra può essere una necessità pressante. Perché è importante dare una degna
sepoltura al corpo umano? Perché il corpo umano è stato dimora dello Spirito Santo. Siamo
“tempio dello Spirito Santo” (1 Cor 6, 19). Oltre alla carità materiale, esiste anche
una CARITÀ SPIRITUALE, che ci porta non a mettere in pratica azioni, ma a esprimere
pensieri ed atteggiamenti di carità. 1) Insegnare agli ignoranti. Consiste nell’insegnare
all’ignorante le cose che non sa: anche in materia religiosa. È un insegnamento che può
avvenire attraverso scritti o con parole, con qualunque mezzo di comunicazione o a voce. Come
dice il libro di Daniele, “coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le
stelle per sempre” (Dn 12, 3). 2) Consigliare i dubbiosi. Uno dei doni dello Spirito Santo è il
dono del consiglio. Per questo colui che vuol dare un buon consiglio deve, prima di ogni cosa,
essere in sintonia con Dio, perché non si tratta di dare opinioni personali, ma di consigliare bene
chi ha bisogno di una guida. 3) Correggere colui che si sbaglia. Quest’opera di misericordia
si riferisce soprattutto al peccato. Infatti, quest’opera si può formulare in un’altro modo:
ammonire i peccatori. La correzione fraterna è spiegata proprio da Gesù nel vangelo di Matteo:
“Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà avrai
guadagnato il tuo fratello” (Mt 18, 15). Dobbiamo correggere il nostro prossimo con
mansuetudine e umiltà. Spesso sarà difficile farlo, ma in questi casi possiamo ricordare ciò che
dice l’apostolo Giacomo alla fine della sua lettera: “Chi riconduce un peccatore dalla sua via di
errore, salverà la sua anima dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati” (Gc 5, 20). 4)
Perdonare le offese. Nel Padrenostro diciamo: “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li
rimettiamo ai nostri debitori”, e il Signore stesso preciserà: “Se voi perdonerete agli uomini le
loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi” (Mt 6, 14). Perdonare le offese vuol
dire superare la vendetta e il risentimento. Significa trattare con amabilità coloro che ci hanno
offeso. 5) Consolare gli afflitti. La consolazione dell’afflitto, di colui che attraversa qualche
difficoltà, è un’altra opera di misericordia spirituale. Spesso sarà completata dal buon esempio,
che aiuti a superare questa situazione di dolore o di tristezza. Rimanere vicino ai nostri fratelli in
ogni momento, ma soprattutto in quelli più difficili, significa mettere in pratica il comportamento
di Gesù che s’immedesimava nel dolore altrui. 6) Sopportare pazientemente le persone
moleste. La pazienza, quando si è alle prese con i difetti altrui, è una virtù ed è un’opera di
misericordia. Tuttavia, ecco un consiglio molto utile: quando sopportare i difetti degli altri causa
più danno che bene, bisogna farli notare con molta carità e amabilità. 7) Pregare Dio per i vivi
e per i morti. San Paolo raccomanda di pregare per tutti, senza distinzione, anche per chi ci
governa e per le persone che hanno responsabilità, perché Egli “vuole che tutti gli uomini siano
salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1 Tm 2, 4). I morti che si trovano nel Purgatorio
dipendono dalle nostre preghiere. È una buona opera pregare per loro affinché siano assolti dai
loro peccati (cfr. 2 Mac 12, 45).
***
HALLOWEEN LA FESTA DI CUI NON AVER PAURA
Fra pochi giorni la vigilia di Tutti i Santi riproporrà le solite diatribe sulla festa di “importazione” chiamata
Halloween. Carnevalata autunnale piena lanterne scavate nelle zucche, dove giovani e bambini si
vestono da fantasmi e zombie orripilanti, e vanno in giro di notte a spaventarsi a vicenda, chiedendo ad
ogni casa (dove si può fare): “Dolcetto o scherzetto?”. Ma questa festività è davvero satanica come
alcuni pensano, o è semplicemente una sbiadita e secolarizzata riproposizione di una festa cristiana da
rievangelizzare? Dirò di più: è in radice una festa cattolica, con più di 1300 anni di storia, ma la
banalizzazione attuale la sta stravolgendo. Iniziamo dal nome: Halloween viene dall’antico inglese All
Hallows eve, indica cioè la vigilia della festa di tutti i Santi (Hallow è l’antico modo di dire santo, come si
vede ancora nel Padre Nostro inglese: hallowed be thy name, sia santificato il tuo nome). Questa vigilia
è festeggiata fin dall’VIII secolo, da quando cioè il Papa di Roma Gregorio III spostò al 1° Novembre la
solennità di Tutti i Santi, pare su richiesta di monaci irlandesi (Papa Gregorio VI, su istanza del Re
franco, estese la festività a tutto l’Occidente nell’835).Il collegamento con feste autunnali di origine
celtiche non è affatto così popolare prima della fine del XIX secolo, quando si inizia a parlare
dell’apparentamento di Halloween con Samhain. Piuttosto si potrebbe dire che nell’area celtica sono
sopravvissuti nella festa cristiana alcuni costumi del tempo pagano (per es. il falò, le lanterne, come è
avvenuto per la festa di Natale e il suo albero). E’ vero infatti che la data del 1° Novembre, fino all’epoca
di Carlo Magno e oltre, era una specie di capodanno pagano dei paesi nordici, e lo spostamento a
questa data della festa di Ognissanti, a cui presto si unì il ricordo dei defunti, poteva servire anche a
battezzare e risignificare usi e tradizioni. Ma come vedremo in un prossimo post, la vigilia di Tutti i Santi
e le sue tradizioni non sono un’esclusiva celtica, anzi. L’aspetto che più inquieta oggi, cioè i travestimenti
da demoni, fantasmi e zombie, è invece certamente più cristiano che pagano. Non sto parlando delle
streghe! Halloween non ha niente a che vedere con una “notte delle streghe”. Questa sì che è una nota
spuria, entrata con l’inganno nell’immaginario contemporaneo per aver dato credito proprio ai detrattori
della festa. Sono invece di casa spiriti e anime dei morti, e anche qualche diavolo, perchè no. Non
dimentichiamo che la festa di Tutti i Santi e la Commemorazione dei Defunti sono parenti stretti non solo
nella liturgia, ma anche nell’immaginario popolare. Ci sono dei giorni particolari nel calendario antico,
quando il velo che separa la terra dei vivi e quella dei morti si fa più sottile ed è possibile che questi ultimi
passino di nuovo dalla “nostra” parte. I primi attacchi alla festa di Halloween vengono dai cristiani
protestanti dell’Inghilterra posr-riforma. Essi cercano – vittoriosamente – di far abolire la cattolicissima
festività di Ognissanti insieme alle tradizioni esterne del Natale. Questo accade nel 1647. I cattolici
irlandesi fuggiti in America un paio di secoli dopo per cercare un luogo di libertà religiosa e un rifugio
dalla carestia porteranno con sè le ataviche tradizioni. Alla fine del XIX e all’inizio del XX secolo, le
proteste anti-Halloween avvengono proprio negli Stati Uniti e sono segnatamente anti-cattoliche
(specificamente anti-irlandesi). La commercializzazione delle festività e la moda dei film horror degli anni
’70 e ’80, hanno contribuit, infine, a dare una cattiva nomea alla vigilia di Tutti i Santi. La seconda
persecuzione anti-cattolica di Halloween avviene negli anni ’80, condita di leggende metropolitane come
il veleno nei dolcetti o le lame di rasoio nascoste nei lecca-lecca. Le accuse di paganesimo (cavalcate
dal movimento New Age e Wiccan, che vi ha inserito abbondantemente le streghe), e di satanismo,
insisti e insisti, fecero presa, rendendo sospetta la festività nata invece proprio per esorcizzare la paura
della morte e del demonio. Jack Chick, famoso fumettista e fondamentalista anticattolico, guidò questo
attacco. Tanto potente fu l’aggressione culturale e mediatica alla festività, che anche molti genitori
americani di origine cattolica, negli anni ’90, finirono per credere alla propaganda. E’ da allora che nelle
parrocchie cattoliche americane si cercano dei sostituti e delle alternative alla “macabra mascherata”. Si
sono imposte due alternative: a) Una festività di ringraziamento per il raccolto, e questa ha in realtà più
punti di contatto con il mondo pagano di quanti ne abbia la festa infantile dei morti. b) Un party a base di
bambini vestiti da angioletti e santi celebri: un modo simpatico per cristianizzare una festa già cristiana.
In verità, la festa di Halloween, con il suo contorno funerario, non sarebbe altro che un modo di
insegnare “ritualmente” ai bambini a non aver paura della morte. Forse è proprio l’esplicita menzione
della morte e la sua esposizione che fa paura agli adulti, e la vogliono nascondere. Ma il medioevo
conviveva quotidianamente con la morte e la popolazione ne aveva certo meno timore da quando il
cristianesimo le aveva insegnato che essa non è definitiva, ma è già stata sconfitta dalla Risurrezione di
Cristo. Ogni cattedrale cattolica nordica, se notate, ha quegli orrendi gargoiles di pietra: mostri sì, ma
pietrificati. I codici miniati e i grandi dipinti nelle chiese sono pieni di demoni che svolazzano ai margini.
Queste immagini sono assolutamente cattoliche. Perché? Perché Cristo ha vinto la morte e il diavolo, e
l’ha incatenati. Dopo Cristo, la morte ha perso il suo pungiglione e ci si può scherzare insieme: abbaia
come un cane alla catena, che a volte, se ti prende di sorpresa, ti può spaventare, ma non ti può
azzannare. Il diavolo, pensando di poter fare prigioniero Cristo nella morte sulla croce, si è ritrovato ad
afferrare Dio stesso. E questo si è messo a girare per gli inferi, abbattendo le porte dell’inferno e
liberando i morti. I defunti di Halloween tornano per ricordarci che vivi e i morti non sono così lontani
come alla cultura odierna piacerebbe farci credere: “Quali siete voi, eravamo anche noi; e come siamo
noi, domani sarete pure voi”, continuano a dirci i trapassati. Perciò se la festa di Halloween, ben
preparata con le sue lanterne di zucca e i suoi fantasmini che bussano alle porte, viene opportunamente
evangelizzata, può diventare un potente alleato culturale per parlare e celebrare la sconfitta del diavolo e
della morte, ridotti ormai a ombre di se stessi, presi in giro anche dai bambini. In fondo è tutto merito di
Colui che ha fornito a tutti la possibilità della Santità, riaprendo le porte del Paradiso con la sua stessa
morte e risurrezione. E il ricordo dei morti che vivono tra noi si sdoppi nel cristiano ringraziamento per
tanti fratelli Santi in cielo e nella preghiera per tanti fratelli in via di purificazione per giungere alla meta.
Non lasciamo che i piccoli crescano senza prendere “confidenza” con la realtà delle cose ultime. Il
paradiso di Ognissanti deve essere visto nella prospettiva del purgatorio e anche dell’inferno. Confidiamo
nell’intelligenza dei più piccoli e nella loro capacità di distinguere la fantasia, anche un tantino macabra –
come a loro piace -, dalla realtà. E dopo le scorribande notturne, non teniamoli lontani da una visita al
cimitero, a trovare i cari morti, quelli veri, di famiglia, che riposano in attesa del risveglio, non per
spaventare, ma per gioire insieme a noi per sempre.
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CALENDARIO LITURGICO
E
RICORRENZE SETTIMANALI
1 NOVEMBRE
TUTTI I SANTI
Festeggiare tutti i santi è guardare coloro che già posseggono l’eredità della gloria eterna. Quelli che
hanno voluto vivere della loro grazia di figli adottivi, che hanno lasciato che la misericordia del Padre
vivificasse ogni istante della loro vita, ogni fibra del loro cuore. I santi contemplano il volto di Dio e
gioiscono appieno di questa visione. Sono i fratelli maggiori che la Chiesa ci propone come modelli
perché, peccatori come ognuno di noi, tutti hanno accettato di lasciarsi incontrare da Gesù, attraverso i
loro desideri, le loro debolezze, le loro sofferenze, e anche le loro tristezze.Questa beatitudine che dà
loro il condividere in questo momento la vita stessa della Santa Trinità è un frutto di sovrabbondanza che
il sangue di Cristo ha loro acquistato. Nonostante le notti, attraverso le purificazioni costanti che l’amore
esige per essere vero amore, e a volte al di là di ogni speranza umana, tutti hanno voluto lasciarsi
bruciare dall’amore e scomparire affinché Gesù fosse progressivamente tutto in loro. E' Maria, la Regina
di tutti i Santi, che li ha instancabilmente riportati a questa via di povertà, è al suo seguito che essi hanno
imparato a ricevere tutto come un dono gratuito del Figlio; è con lei che essi vivono attualmente, nascosti
nel segreto del Padre.
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2 NOVEMBRE
COMMEMORAZIONE DEI FEDELI DEFUNTI
La pietas verso i morti risale agli albori dell’umanità. In epoca cristiana, fin dall’epoca delle catacombe
l’arte funeraria nutriva la speranza dei fedeli. A Roma, con toccante semplicità, i cristiani erano soliti
rappresentare sulla parete del loculo in cui era deposto un loro congiunto la figura di Lazzaro. Quasi a
significare: Come Gesù ha pianto per l’amico Lazzaro e lo ha fatto ritornare in vita, così farà anche per
questo suo discepolo! La commemorazione liturgica di tutti i fedeli defunti, invece, prende forma nel IX
secolo in ambiente monastico. La speranza cristiana trova fondamento nella Bibbia, nella invincibile
bontà e misericordia di Dio. «Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!»,
esclama Giobbe nel mezzo della sua tormentata vicenda. Non è dunque la dissoluzione nella polvere il
destino finale dell’uomo, bensì, attraversata la tenebra della morte, la visione di Dio. Il tema è ripreso con
potenza espressiva dall’apostolo Paolo che colloca la morte-resurrezione di Gesù in una successione
non disgiungibile. I discepoli sono chiamati alla medesima esperienza, anzi tutta la loro esistenza reca le
stigmate del mistero pasquale, è guidata dallo Spirito del Risorto. Per questo i fedeli pregano per i loro
cari defunti e confidano nella loro intercessione. Nutrono infine la speranza di raggiungerli in cielo per
unirsi gli eletti nella lode della gloria di Dio.
4 NOVEMBRE
SAN CARLO BORROMEO
Nato nel 1538 nella Rocca dei Borromeo, sul Lago Maggiore, era il secondo figlio del Conte Giberto e
quindi, secondo l'uso delle famiglie nobiliari, fu tonsurato a 12 anni. Studente brillante a Pavia, venne poi
chiamato a Roma, dove venne creato cardinale a 22 anni. Fondò a Roma un'Accademia secondo l'uso
del tempo, detta delle «Notti Vaticane». Inviato al Concilio di Trento, nel 1563 fu consacrato vescovo e
inviato sulla Cattedra di sant'Ambrogio di Milano, una diocesi vastissima che si estendeva su terre
lombarde, venete, genovesi e svizzere. Un territorio che il giovane vescovo visitò in ogni angolo,
preoccupato della formazione del clero e delle condizioni dei fedeli. Fondò seminari, edificò ospedali e
ospizi. Utilizzò le ricchezze di famiglia in favore dei poveri. Impose ordine all'interno delle strutture
ecclesiastiche, difendendole dalle ingerenze dei potenti locali. Un'opera per la quale fu obiettivo di un
fallito attentato. Durante la peste del 1576 assistette personalmente i malati. Appoggiò la nascita di
istituti e fondazioni e si dedicò con tutte le forze al ministero episcopale guidato dal suo motto:
«Humilitas». Morì a 46 anni, consumato dalla malattia il 3 novembre 1584
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SACRAMENTI
BATTESIMO
I modi e tempi sono da concordare con la Segreteria Parrocchiale, per la preparazione dei
genitori, per la scelta adeguata dei padrini e delle madrine, per la presentazione dei documenti
richiesti; per il battesimo degli adulti sarà richiesto un percorso individualizzato
CONFESSIONI
Le confessioni sono disponibili in Parrocchia DAL LUNEDÌ AL VENERDÌ prima e dopo la Santa
Messa delle 13.30 e OGNI DOMENICA dalle ore 10.00 alle ore 13.00.
CRESIMA
Al termine del cammino di preparazione (iniziazione cristiana), si potrà accedere al sacramento
della Confermazione in data e modalità da concordare col Parroco.
COMUNIONE AI MALATI
Per le persone trattenute in casa da una lunga o invalidante malattia si prega di contattare la
Segreteria Parrocchiale per la visita del sacerdote a portare l’Eucaristia nelle case.
UNZIONE DEGLI INFERMI
l’Unzione è chiesta in caso di malattia di lunga durata o in pericolo di vita, in questi casi si prega
di contattare il Parroco h24 .
CELEBRAZIONE DELLE ESEQUIE (FUNERALI)
La data e l'ora della celebrazione delle esequie sono fissate d'intesa coi familiari, previo contatto
con la Segreteria .
MATRIMONIO
per ricevere informazioni circa le pratiche civili e Parrocchiali, richieste dalla disciplina del
sacramento è necessario rivolgersi alla Segreteria Parrocchiale, almeno 6 MESI prima della data
prevista per la celebrazione del matrimonio. La Parrocchia ogni anno predispone dei corsi per
fidanzati.
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