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42 FABIO BAILO, DANIELE MALLAMACI I Lorenzon

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FABIO BAILO, DANIELE MALLAMACII Lorenzon

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«Ai limiti della città appare una villain mezzo a un giardino: il regno deibalocchi, della fantasia più librata,uno stabilimento unico non soltantoin Italia. Qui si fabbricano i cotillonpiù ricchi e variegati per i locali not-turni di Parigi, anche di Broadway,si provvedono forniture ai transa-tlantici per le feste, i passaggi dell’E-quatore […] avventure da Mille euna notte che nascono a Bra – cittàdella concia e del lavoro austero –da una nascosta fantasia, come dicontrabbando». “L’industre Bra”, Gazzetta del Popo-lo della Sera, 16-17 maggio 1941.

«Tutti all’Inferno!», o nellaRoma imperiale se preferite.Nell’immaginario collettivo popola-re il Novecento è stato anche un se-colo costellato di folli feste a tema,rinomati avvenimenti mondani, pre-stigiose prime teatrali e importantiinaugurazioni cui partecipavano ce-lebrità, esponenti della nobiltà emembri dell’alta società.Sebbene non fosse sede di similieventi, la nostra cittadina era co-munque una presenza costante amolti di essi grazie a una realtà arti-stica e imprenditoriale poco cono-sciuta ma dalla storia davvero sor-prendente: l’A.D.I., ossia l’Arte De-corativa Italiana dei fratelli Eugenioe Vittorio Lorenzon, «un’industria[…] che può considerarsi unica nelsuo genere in Italia, per la vastità diapplicazioni e per la molteplice pro-duzione»1.Al civico 32 di via Turati è ancora og-gi possibile ammirare l’elegante edifi-cio dove fino agli anni Settanta avevasede quella che fu un’azienda artigia-

I Lorenzon e alcune lavoranti nello stabilimento braidese di via Turati 32. Sullo sfondo da sinistra FrancescoLorenzon e il figlio Eugenio, il cognato Macerata, più a destra il figlio Vittorio alle cui spalle sta un fattorino,in primo piano da sinistra tre operaie, più a destra le figlieJolanda e Ofelia Lorenzon. Anni Trenta. (Archivio famiglia Lorenzon).

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nale di assoluta eccellenza nella pro-duzione di cotillon e decorazioni perballi, nell’addobbo di sale, teatri epiazze, nella creazione di bandiere,festoni, scudi e stemmi e nell’offertadi un vasto assortimento di palloniper illuminazione. Non deve dunquestupire che nel 1934 La Stampa scri-vesse: «Bra va giustamente celebre intutta Europa – e forse nel mondo –per le sue inimitabili capricciose crea-zioni di carta. A Bra esistono mae-stranze intere di esperti artigiani im-pareggiabili nel foggiare, servendosiunicamente di certi tipi di carta deiquali essi soli sembrano possedere ilsegreto, le più sottili e fantasmagori-che finzioni: costumi da fare la feli-cità di tutta una dinastia di principiazzurri, bizzarri copricapo, armi dafuoco, da punta e da taglio come for-se non ne immaginò neppure Salgari,broccati, seriche vesti quante ne oc-corrono per tramutare in creature dasogno mille e una Cenerentole, tuttociò, insomma, che l’accesa fantasiadel più sbrigliato narratore di fiabe alservizio di un comitato di beneficen-za possa immaginare»2.

Da Udine…Tuttavia non è a Bra che l’attività deifratelli Lorenzon nasce: per ricercar-ne le origini occorre spostarsi nelFriuli, a Udine esattamente.

È qui, in piazza Mercato Nuovo, cheai primi del Novecento i genitori deifratelli Lorenzon, Francesco e Tere-sa, dopo dodici anni di apprendista-to presso la ditta Fasoli, aprono lamerceria Chic parisien.I Lorenzon confezionano bandiere ecostumi di Carnevale dai numerosis-simi accessori, dalle maschere ai lu-strini, dai cappelli ai drappi, i cosid-detti cotillon (dal francese “ballo fi-gurato, scherzo”), che cominciano aimporsi sul mercato facendo concor-renza ai blasonati prodotti importatida Oltralpe. L’attività è ben avviata ela famiglia cresce: in particolare, nel1896 nasce Eugenio e nel 1901 a Ve-nezia vede la luce Vittorio. Presto idue figli cominciano a lavorare con igenitori realizzando e dipingendo,oltre a cotillon e bandiere, santi perprocessioni, stendardi, addobbi edecorazioni per interni ed esterni.La fama dei Lorenzon aumenta: èdel 1902 la missiva con la quale laregina madre Margherita di Savoia liringrazia per la vetrina del negozioaddobbata a lutto nel secondo anni-versario della morte del marito Um-berto I. Anche grazie a tali beneme-renze Francesco Lorenzon nel cata-logo aziendale datato 1911 puòaffermare che «nessuna casa del Ve-neto ha presentato un catalogo comeil presente, e solo i miei Vessilli pos-sono vantare simili attestati e pub-blicazioni sui giornali»3.

… a Sestri LevanteLa prima guerra mondiale, alla qualeil ragioniere Eugenio Lorenzon parte-cipa con il grado di capitano, sconvol-ge ogni cosa e restaurata la pace la fa-miglia si trasferisce in Liguria. Nel1922 i Lorenzon rilevano a Sestri Le-vante una ditta che produce scatole dicartone per dolciumi. Nella decora-zione dei coperchi si manifesta sem-pre più l’estro e l’inventiva dei fratelliEugenio e Vittorio che ormai hannoassunto le redini dell’attività familiare.Ben presto la ditta diventa «fabbricadi articoli per cotillon e feste di bene-ficenza, costumi in carta e decorazioniper saloni e teatri». Tutto sta per cam-biare. «Un giorno la principessa Leti-zia di Savoia organizzò per beneficen-za un ballo in maschera e gli artigianiveneziani […] popolarono i saloniprincipeschi di costumi bizzarri, tuttirigorosamente di carta. Da allora lafortuna fu acciuffata, in pochi anni lapiù celebre fabbrica parigina di cotil-lon […] dovette contentarsi di fare darappresentante della ditta italiana»4.Tuttavia, scarseggiando in loco la ma-nodopera qualificata, cominciano aporsi seri problemi. In questo mo-mento fa la sua comparsa Bra. Qui in-fatti vive una sorella di Vittorio, Ofe-lia, che appresi tali problemi informail fratello che nella cittadina piemon-tese avrebbe potuto reperire senzadifficoltà lavoratori capaci.

I LORENZON

1 Catalogo della produzione della famiglia Lorenzon, 1911. (Archivio famiglia Lorenzon).2 “Bra conclude con riti solenni le feste celebrative del Cottolengo”, La Stampa, 11 giugno 1934. Si veda anche “Un laboratorio dell’ilarità pittoresca”, Corrieredella Sera, 5 febbraio 1937.3 Catalogo della produzione della famiglia Lorenzon, 1911. (Archivio famiglia Lorenzon).4 “L’allegria ha i colori d’Arlecchino”, Epoca, 5 gennaio 1952.5 “Nel paese delle Mille e una notte”, La Gazzetta Braidese, 1° gennaio 1927.6 “La festa notturna della moda”, Gazzetta del Popolo, 1° luglio 1932.7 B. Pretti, G. Molino, Cuneo provincia grande e operosa, Istituto Padano Editoriale, Torino 1956, pp. 277-278. Cfr. “Da Fratelli Lorenzon. Bra”, Sentinella d’Ita-lia, 28-29 ottobre 1934.

L’avventura dei Lorenzon comincia all’inizio del Novecento con il capostipite,Francesco, proprietario a Udine dello Chic Parisien, locale che sarebbe riduttivodefinire merceria. Terminata la Grande Guerra la famiglia si trasferisce a SestriLevante ove, dopo l’allestimento di una sontuosa festa per Letizia di Savoia,decolla la fortuna dei «maghi della carta» presto trasferitisi a Bra.

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BraLa decisione è presa. Nel settembre1926 Vittorio ed Eugenio si trasferi-scono sotto la Zizzola, nella casa Vi-gnola-Ascheri posta nell’odierna viaTurati che all’epoca si chiamava viaCaduti Fascisti e, prima ancora, viaBirreria Vecchia. «L’incantato mondo fiabesco che in unremoto angolo di questa Bra vive la suavita intensa e febbrile e diffonde pelmondo intero i suoi effimeri tesori dicarta» stupisce il cronista della GazzettaBraidese che nel 1927 visita la ditta Lo-renzon. «Solo la genialità d’un artistavero poteva immaginare ed otteneredalla fragile carta sapientemente lavora-ta il lieve palpitare d’ali di uccelli e difarfalle, la pesantezza massiccia di ani-mali strani, di draghi, di bestie mitolo-giche, l’incantesimo stellato di notti lu-nari e la dolcezza silenziosa di bianchenevicate, l’opulenza di bella frutta ma-tura, lo scintillare d’armi e di scimitar-re, scettri e maestosi manti di regine escapigliate vesti zingaresche, civettuolie succinti abiti moderni e gli ampiguardinfanti delle nostre nonne, sugge-stivi abiti veneziani e grandi dame delprimo impero, visioni e costumi di tuttii paesi, di tutti i tempi, austeri mandari-ni nelle caratteristiche portantine, co-stumi orientali dai mille colori, masche-re di ogni regione, deliziosi pierrots,leggiadre olandesi, visioni strane deipaesi nordici con esquimesi e pinguinie le corride fantasiose della Spagna,con i suoi toreador e le sue molli anda-luse… E tutto questo in carta? Tutto,

dalle fluenti e ondulate capigliature aimonili, alle calzature, ai fiori, alle ceste,agli addobbi di sale e giardini…»5.Inizialmente i Lorenzon pensano dirilevare lo stabile della futura clinicaRobiola ma date la sua struttura, le di-mensioni modeste dei locali e le diffi-coltà legate all’ingresso degli auto-mezzi tale soluzione è presto scartata.

L’Arte DecorativaItaliana in via TuratiNel 1932 in via Turati l’impresa ArteDecorativa Italiana incomincia la co-struzione di un nuovo edificio al cuicorpo di fabbrica è unita l’abitazionepadronale. Qui lavorano i Lorenzon,alcune decine di operaie e due magaz-zinieri tuttofare, da qui escono «ma-gnifici costumi di ogni paese tagliaticon geniale abilità in carta più morbidae più docile del tessuto autentico»6. Descrivendo il processo produttivo ri-masto sostanzialmente immutato peroltre mezzo secolo, visitando la fabbri-ca si sarebbero notate «macchine ausi-liarie [che] agevolano la prima fase dipreparazione del materiale che arriva ingrossi rotoli e colossali bobine di cartadi ogni tipo, qualità e colore. Ma la la-vorazione vera e propria viene effettua-ta, a mano, personalmente, dai titolari edai loro collaboratori specializzati, inun salone di 500 metri quadrati di su-perficie [parte dei quali ricoperti daparquet in larice, N.d.A.] e dalle ampievetrate luminose. Vi sono poi magazzi-ni per le materie prime e per i manufat-

ti pronti alla spedizione. L’ufficio cam-pionario offre una completa rassegna ditutta la produzione nella sua ricchissi-ma gamma di toni e disegni; una straor-dinaria raccolta di oggetti, di paluda-menti, di scherzi, di trovate da far rima-nere incantato e sbalordito il visitatore.L’attrezzatura è completa di una benfornita biblioteca del costume e dell’ar-te, che rappresenta il vademecum, ladocumentazione storica e artistica deigeniali artigiani, nella creazione dei sog-getti. In questi saloni si svolge tutto ilciclo produttivo, dal progetto alla com-pleta rifinitura: il concetto ispiratoreviene abbozzato in un disegno; si stu-diano dimensioni, particolari, colori; sitrasforma la materia grezza con forbici,spilli, prove, correzioni, finché si arrivaalla creazione compiuta dell’esemplare;quindi si procede alla lavorazione verae propria e dopo il controllo e gli ultimiritocchi gli elaborati si allineano perfettisui lunghi tavoli, a disposizione deicommittenti, pronti a svolgere il lororuolo di scacciapensieri»7.

I carri allegoriciLe maestranze dell’A.D.I. sono esclusi-vamente donne, assunte e formate in lo-co: con l’aumento degli ordinativi prestosaranno una trentina a tagliare, cucire eincollare la carta (con colla da falegna-me). Nei momenti di maggiore necessitàsono organizzati turni giornalieri e not-turni. Il periodo più impegnativo è quel-lo che precede il Carnevale e le feste po-polari che, oltre alla produzione di cotil-

L’esterno dell’A.D.I. in via Turati 32. Anni Trenta. (Tratto da Fascio di Combattimento di Bra, 2a Fiera-Mostra dei prodotti agricoli, industriali, artigiani e commerciali del Braidese. Bollettino Ufficiale, Bra 1937. Foto Marcello Marengo).

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I LORENZON

La famiglia Lorenzon. Da sinistra Emanuele, Vittorio, Luigia Cristino, Franco, Eugenio, Jolanda.Tratto da Epoca, 5 gennaio 1952. A fianco talloncino commerciale dell’A.D.I.(Foto Marcello Marengo).

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lon, impongono anche una defatiganteattività collaterale, la preparazione deicarri allegorici. «I carri allegorici che so-no sfilati domenica – scriveva la Gazzettadel Popolo nel 1953 – sono opera di Eu-genio Lorenzon, detto il “mago” di Bra;egli, impiegando carta crespa e cannetta-ta, stagnola, crea miracoli di plastica;una volta, a Morozzo, innalzò un granmonumento al cappone, sulla piazza delmercato, un’enorme pennuto rampanteche sembrava di marmo o di bronzo;per le elezioni politiche mandò a Torinoun carro armato di… cartapesta, similein tutto a un “Tigre”, vera fortezza se-movente. […] il carro dedicato alle in-dustrie braidesi raffigura, non indegna-mente, si badi, un pacioso maiale schiat-tante di sugna, infatti l’industria deisalumi ha raggiunto un grado d’eccel-lenza a Bra. Si tratta di un civilissimomaiale vestito di tutto punto, simboliz-zando così i manufatti del luogo: ha bel-le scarpe dalle alte suole, con adeguatoriferimento ai cuoi e forti corami di Bra,dove l’arte conciaria e calzaturiera ha an-tiche tradizioni»8. In epoca fascista i Lo-renzon in occasione del raduno naziona-le di alpini a Roma nel 1929 creano unenorme e leggerissimo scarpone di cuiparlano tutti i giornali

9 e quando il duce

visita Cuneo nel 1933 vestono «alcunegentili ragazze braidesi indossanti il co-stume antico della città confezionato incarta. Con esse il Duce si intrattiene affa-bilmente mentre Gli viene fatto omag-gio di una bambola vestita alla stessafoggia delle ragazze»10.

I cotillonMa il cuore della produzione dell’A.D.I.resta il cotillon. Il catalogo inviato ai

clienti illustra il variegato e qualificatocampionario di prodotti artistici che per-mette ai Lorenzon – «che saprebberotrasformare un umile sagrato in un pal-coscenico d’opera»11 – di acquisire unacrescente notorietà, grazie anche alle nu-merose committenze pubbliche (i conso-lati italiani di Mosca, Kabul, Alessandriad’Egitto e molti altri ancora) e private12

(famiglie nobili, gli Agnelli, i Gancia, iMarone). «Ci tocca essere improvvisatori– spiegava Francesco Lorenzon all’invia-to della Gazzetta del Popolo – quando dauna villa o da un palazzo patrizio ci giun-ge l’ordine di allestire una serie di costu-mi storici od esotici per una festa fissataentro brevissimo tempo, una settimana odieci giorni al più. È allora che il cervellodeve lavorare ad alto regime»13. Per larealizzazione dei costumi l’A.D.I. «dispo-ne di una biblioteca d’opere sui costumi,sul folklore, sull’etnologia di tutti i paesi econtinenti, e sono edizioni rare, costosecon mirabili illustrazioni documentatissi-me. Potete così chiedere ai Lorenzon co-stumi di Bali-Bali, di Reggian nel Sahara,della Lapponia, della Ciociaria, come diCeylon, del Perù, della Georgia: essi li di-segneranno e taglieranno esatti, perfettiin ogni particolare»14. Per soddisfare laclientela internazionale è aperto un uffi-cio di rappresentanza a Parigi, in rueBeaubourg, ove un tempo aveva sede laprincipale ditta europea del settore “pie-gata” dalla concorrenza dei Lorenzon;da tempo i magazzini Galeries La Fayettee Au printemps annoverano nei loro cata-loghi vestiti e costumi di carta nonchébambole firmati “Lorenzon”. L’A.D.I. ha un catalogo di oltre 5000pezzi e offre più di una quarantina di te-mi ricostruiti fin nei minimi particolari.La produzione è in parte destinata aigrossisti già citati, in parte rivolta a

soddisfare gli ordini di privati. Ad ac-quistare le creazioni dei Lorenzon è unnumero crescente di clienti nazionalied esteri: «Dalla piccola città di pro-vincia, i costumi, i cappelli, le trombe, icotillons […] solcarono gli oceani suitransatlantici in rotta per le Americhe eper l’Estremo Oriente con i passeggeriche passarono l’Equatore vestiti dellacarta che faceva ridere»15. Scorrendol’elenco delle ordinazioni, molte sonoeffettivamente le società di navigazioneche comprano i loro prodotti per festeche si organizzano a bordo, oppureper i viaggi d’inaugurazione di nuovipiroscafi e motonavi.

Sulla lineadell’Equatore«A bordo dei grandi transatlantici eradiventato un obbligo, una legge, ilpaludarsi di carte variopinte, quandola nave, tra musica, risa e botti di tap-pi di champagne, tagliava l’invisibilee fatidica linea dell’Equatore. Doveregnavano l’allegria e lo scherzo làcomparivano i cotillon dei fratelli Lo-renzon»16. Grazie a questi viaggi «Brapossiede uno stregone noto sotto ilnome di Eugenio Lorenzon, noto sulserio, in tre continenti almeno; le fe-ste organizzate da lui sui transatlanti-ci per il passaggio dell’Equatore han-no sbalordito più d’uno di quei na-babbi che credevano, al mondo, diavere già visto tutto il visitabile»17. E per chi non poteva permettersi latraversata oceanica vi era la più abbor-dabile emozione della festa di un gior-no sui transatlantici Biancamano e Au-gustus alla rada di Genova. Alla modi-ca cifra di 120 lire (incluso biglietto

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8 “Grande affluenza di pubblico alla VI Mostra Fiera di Bra”, Gazzetta del Popolo, 1° settembre 1953.9 Pro Famiglia, 21 aprile 1929. In altra occasione: «Ecco degli enormi edelweis con altri fiori alpini non meno enormi, raggruppati e portati a braccio comestendardi da un gruppo di reduci. Un cartello dice: “Questo è il mazzolin di fiori che vien dalla montagna”». “L’omaggio di trentamila “fiamme verdi” al Re e alDuce”, Il Giornale d’Italia, 17 aprile 1934.10 “Il Duce tra il popolo esultante di Cuneo”, Sentinella d’Italia, 25-26 agosto 1933.11 “L’eden dei cacciatori e dei pescatori”, Gazzetta del Popolo, 31 luglio 1959.12 Tra i committenti vi era anche il Castle Harbour, il più prestigioso hotel delle Bermuda. The Bermudian, 1935.13 “Il ’700 veneziano rigermogliato all’ombra della Zizzola”, Gazzetta del Popolo della Sera, 16-17 maggio 1941.14 “Il cantiere dei mille carnevali”, Gazzetta del Popolo, 24 febbraio 1960.15 F. Borney Lunardon, Bra la storia più bella, 1982.16 “L’allegria ha i colori d’Arlecchino”, Epoca, 5 gennaio 1952.17 “Dopo il successo del 1950 i braidesi danno oggi il bis”, Il Popolo Nuovo, 2 settembre 1951.

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ferroviario Torino-Genova) la piccolaborghesia poteva accarezzare il sognograzie anche «agli sfarzosi cotillons di-segnati e lavorati apposta nella fucinadi meraviglie che i fratelli Lorenzonposseggono a Bra»18.Inoltre vi erano lussuosi alberghi sparsiper l’universo terraqueo (New York,Tokyo, Buenos Aires, Amsterdam, Tri-poli, Rio de Janeiro, St. Moritz) e pre-stigiosi hotel nazionali che, unitamentea circoli, società e club si rivolgevano aloro per organizzare eventi e appunta-menti mondani. Ricorrono ai Lorenzonanche numerose ditte che comprano ascopo promozionale prodotti espressa-mente confezionati per loro. Dei loro vestiti e costumi si interessòperfino il cinema, in modo particola-re la celebre Metro Goldwyn Mayer.«I costumi di carta dei fratelli Lo-renzon stavano per arrivare – e vi sisarebbero stabiliti definitivamente –davanti alla macchina da presa. Ècarta, d’accordo, ma chi sullo scher-mo l’avrebbe distinta dal broccato,dalla seta, dal damasco? E pensateper i produttori che economia. I Lo-renzon avevano già ricevuto le primeordinazioni, addirittura da Hol-lywood, quando d’un tratto apparveil primo film sonoro. Più niente dafare, il fruscio delle vesti di carta ve-niva enormemente ingigantito daimicrofoni e nemmeno lo spettatorepiù candido avrebbe potuto credereall’illusione»19.In quegli stessi anni, gli anni Trenta,«l’Arte Decorativa Italiana braidesedivenne la principale fabbrica italia-na di articoli per il Carnevale, per lefeste in costume e per gli allestimen-

ti in cartone, i Lorenzon esportaro-no in 14 Paesi, come la Francia, laGermania, gli Stati Uniti, l’Egitto,l’Afganistan, le Bermuda»20.Il “cartone” utilizzato è in realtàcarta crespa, una qualità di cartache all’epoca è reperibile solo all’e-stero, presso la ditta americanaDannison. Così, quando scattaronole sanzioni economiche che colpiro-no l’Italia per le guerre di aggres-sione coloniale nel Corno d’Africa,la ditta Lorenzon si trovò in seriadifficoltà. In precedenza la materiaprima, eccellente carta decorata ecolorata, acquistata dalla ditta Dan-nison avente sede a Framingham,nel Massachussetts, imballata inenormi casse di legno (catramateper evitare l’umidità) attraversaval’Atlantico e il Mediterraneo e,sbarcata a Genova, raggiungeva Bravia ferrovia. L’embargo decretatodalla Società delle Nazioni rese dif-ficoltosi i rifornimenti e l’A.D.I. do-vette adattarsi a lavorare con la car-ta italiana, che era di pessima qua-lità. Possiamo immaginare unsorriso di irrisione sul volto dei Lo-renzon quando lessero sul tronfioCorriere della Sera che «italianissi-ma, per chi non lo sapesse, è l’indu-stria delle carte crespate, cioè dota-te di una resistenza che gareggiacon quella dei tessuti, con le quali,com’è dimostrato pittorescamente,si possono foggiare gli oggetti piùdiversi, abiti teatrali e carnevale-schi, giocattoli, ninnoli ricreativi»21.Per ovviare al problema, quandodovevano soddisfare clienti parti-colarmente esigenti i fratelli Lo-

renzon si recavano al porto di Ge-nova per intercettare navi inglesisulle quali reperire carta di buonaqualità che, piegata e riposta nelletasche, portavano a Bra.

La guerraCon l’inizio della seconda guerramondiale la situazione peggiora ulte-riormente, tanto che per due annil’attività cessa completamente e solonegli anni Cinquanta l’A.D.I. tor-nerà a occupare alcune decine dioperaie. Negli anni di guerra Euge-nio Lorenzon, che comandava unbattaglione in Albania, rifiutando diaderire alla Repubblica di Salò, è in-viato in un campo di lavoro in Polo-nia, a Kostacovo, ove riesce a dise-gnare oltre duemila costumi. «Devobenedire questi disegni – confesseràin seguito – che mi hanno occupatoper interminabili giornate nel lager.Lavoravo di nascosto perché i guar-diani tedeschi non volevano assolu-tamente che io raffigurassi volti e co-stumi di razze che in qualche modosi differenziassero da quella rigoro-samente ariana. Più volte invece fuiincaricato di preparare gli addobbiper le nostre malinconiche feste diNatale, dell’Epifania: per queste in-combenze assegnarono come “aiuti”a me – che avevo il grado di maggio-re – un colonnello e un tenente co-lonnello. Non disponevo di materia-le adatto: per i personaggi di un pre-sepio usai scampoli di nostre maglie,sfilacciature di calze, cenci coloratidi divise militari italiane, francesi,

I LORENZON

18 “Domani si aprono le iscrizioni”, Gazzetta del Popolo, 5 aprile 1933; “Una giornata in transatlantico”, ivi, 3 maggio 1933.19 “L’allegria ha i colori d’Arlecchino”, Epoca, 5 gennaio 1952.20 F. Borney Lunardon, Bra la storia più bella, 1982.21 “Verso la cellulosa italiana”, Corriere della Sera, 18 aprile 1936. Cfr. “Ente Nazionale della carta e della cellulosa”, Gazzetta del Mezzogiorno, 26 maggio 1937.

La fama dei Lorenzon giunse fino a Hollywood ove i loro abiti in carta, del tuttosimili a quelli in tessuto ma infinitamente più economici, trovarono grandiestimatori alla Metro Goldwyn Mayer. La nascita del cinema sonoro, che impedìl’uso degli abiti in carta per via del loro fruscio, troncò questo rapporto.

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inglesi e polacche e, naturalmente,mollica di pane sottratta alla miserarazione quotidiana»22.

Il dopoguerraIl mondo che si risolleva dalla secon-da guerra mondiale è ormai comple-tamente cambiato, le possibilità e ibisogni sono mutati radicalmente. «ILorenzon prima della guerra ultimaesportavano all’estero circa i due ter-zi dei prodotti: in tutte le ambasciateitaliane in terra straniera, nei grandiempori francesi, negli alberghi alleisole Bermuda, alle Haway, a Cittàdel Capo, a Calcutta, per fare soloqualche nome. Esportazione che og-gi è resa difficile dell’alto costo deitrasporti via mare, data la volumino-sità degli articoli, dalle dogane e daaltre restrizioni in materia di impor-tazione ed esportazione»23. Di fronte a queste difficoltà i fratelliLorenzon cercano di individuare altricommittenti. Nasce così la collabora-zione con il teatro. L’A.D.I. contribui-sce all’allestimento del Galileo Galileidi Brecht interpretato da Buazzelli e diun’opera di Ionesco su disegno di Co-lombotto Rosso24. Tuttavia a un certopunto decidono di porre termine aquesta esperienza per i continui ritardinei pagamenti da parte delle ammini-strazioni comunali. Nel tentativo di guadagnare nuovefette di mercato i Lorenzon offronole loro creazioni cartacee a prezzi ac-cessibili anche a fasce sociali primanettamente escluse da questi consu-mi. Scrive il femminile Grazia nel1953: «La signora desidera meravi-gliare le amiche e incendiare gli am-miratori con un delizioso costumeda geisha? Mille e trecento lire. Vuo-le costumi da odalisca con queglistupendi calzoni che renderebberoirresistibile anche una sciatrice? Lire

1500. Preferisce un vestito unghere-se, con tinte vivacissime e maniche asbuffi audaci? Lire 1800. Le fatalonedi tutti i tempi e di tutte le parti delmondo, quelle uscite dalle paginedei romanzi celebri e quelle inventa-te dai più fortunati uomini di teatro,hanno inviato qui i figurini del loroguardaroba perché le ragazze e ledame la sera del veglione possanoindossare un costume ispirato dauno di quelli famosi, nella perfettariproduzione di carta. Con una mo-dica somma, compresa fra un mini-mo di lire 1300 e un massimo di lire2800, potete diventare MargheritaGauthier, Carmen o Tosca, indiana ocinese, e così via»25.Continuano a esistere, sia pur in mo-do ormai declinante, famiglie e per-sonalità che richiedono i prodotti(dai costumi alle decorazioni, dagli“scherzi” agli aerostati a mongolfie-ra alti fino a quattro metri!) per lefeste che annualmente organizzanonei loro saloni. E tale è il prestigio dicui godeva l’Arte Decorativa Italianache frequentemente sui bigliettid’invito (peraltro prodotti dalla dittastessa) è menzionata con risalto laloro partecipazione all’organizzazio-ne dell’evento. Evento di volta involta organizzato da conti, commen-datori e ingegneri, oppure famiglieestere come i «S. Don Josè de Go-mez Mena» di La Havana o i «Cur-tiss B. Camp» di Glencoe, nell’Illi-nois (Stati Uniti). Non è raro rin-tracciare tra gli invitati dellenumerose feste nomi eccellenti comeil principe di Piemonte o il duca de-gli Abruzzi. Moltissimi sono gli attestati di bene-merenza ancora oggi conservati daEmanuele Lorenzon, classe 1946,con il fratello Franco subentrato al-l’anziano padre Vittorio nella con-duzione dell’attività di famiglia neglianni Settanta.

Oltre alle difficoltà menzionate, allachiusura della ditta concorse anchel’imposizione del passaggio dal setto-re artigiano a quello industriale chenotoriamente ha oneri ben più alti. Con il graduale pensionamento deidipendenti e la decisione di nonsostituirli, i Lorenzon si avviano al-la chiusura dell’azienda. Nel 1981muore Vittorio Lorenzon, cui si do-veva, unitamente al fratello Eugenioscomparso l’anno successivo, la na-scita e l’insediamento a Bra dell’ArteDecorativa Italiana grazie alla quale«tutto l’arsenale carnevalesco di veragaiezza veneziana, passò dalla mentealla pratica esecuzione»26. (Un rico-noscimento da lui certo apprezzato,data la precisazione che sempreamava fare riguardo alle sue origininon semplicemente venete bensì ve-neziane).Terminò così un’epopea della qualetuttavia è ancora possibile ammirarealcune creazioni di altissimo livelloartistico, come bambole, disegni ecostumi, oggi custodite nella casa difamiglia. E sembrano effettivamenteappartenere a un’altra epoca le deci-ne e decine di costumi, temi e scher-zi che i Lorenzon continuamenteideavano per i loro clienti, ognunodei quali sceglieva quelli che ritene-va più adatti per la propria festa. Te-mi quali «Tutti all’Inferno» e «Romaimperiale» o, ancora, «Ramadan inEgitto», «Notte a Siviglia», «SullaLuna» e «Nel manicomio», per nonparlare degli eccentrici costumi daElefante, Odalisca, Ostrica, Cam-mello, Gambero cotto o Diavolo: iltutto, dalle decorazioni ai vestiti, ri-gorosamente di carta e per questovenduto con un’unica avvertenza,sempre evidenziata sui biglietti d’in-vito: «Si prega di non fumare». Per evitare di rendere ambientazionicome «Tutti all’Inferno» eccessiva-mente realistiche!

22 “Il cantiere dei mille carnevali”, Gazzetta del Popolo, 24 febbraio 1960.23 B. Pretti, G. Molino, Cuneo provincia grande e operosa, Istituto Padano Editoriale, Torino 1956, pp. 277-278.24 F. Borney Lunardon, Bra la storia più bella, 1982.25 “È carnevale, vestitevi di carta”, Grazia, 14 febbraio 1953.26 Fascio di Combattimento di Bra, 2a Fiera-Mostra dei prodotti agricoli, industriali, artigiani e commerciali del Braidese. Bollettino Ufficiale, Bra 1937.

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