brevi note sulla brevettabilità dei programmi per elaboratore

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Working paper 04/01/2010 Pag. 1 di 4 Brevi note sulla brevettabilità dei programmi per elaboratore Massimo Barbieri ( * ) 1. Introduzione Il software è brevettabile in Europa? E in caso affermativo, quali sono le modalità di tutela? La Convenzione sul Brevetto Europeo (EPC) esclude la brevettabilità dei programmi per elaboratore 1 ma solo se considerati “in quanto tali” [art. 52 (3), interpretato dalla giurisprudenza dell’EPO come mancanza di carattere tecnico e di applicazione industriale]. Il “carattere tecnico” a cui fanno riferimento le Commissioni di Ricorso dell’EPO è inteso come effetto tecnico ulteriore rispetto alla mera interazione tra hardware e software: non è conferito semplicemente perché un programma è eseguito al computer. Come ben chiarisce Guglielmetti [1] alla luce della giurisprudenza dell’EPO, “gli effetti tecnici che devono essere presi in considerazione possono manifestarsi sia all’esterno del sistema programmato, quando il software dirige tramite il computer un processo industriale o il funzionamento di una diversa apparecchiatura, oppure anche all’interno del sistema, quando il programma provoca un diverso modo di funzionamento del computer in sé considerato, o di più computer o altri apparati connessi in rete”. Per essere brevettabile, inoltre, il software deve fornire un contributo tecnico allo stato dell’arte, da valutarsi considerando la differenza tra l’oggetto della rivendicazione della domanda di brevetto nel suo insieme, i cui elementi possono comprendere caratteristiche tecniche e non tecniche, e lo stato dell’arte. Addirittura la più recente giurisprudenza inglese è orientata in senso più restrittivo rispetto alle Commissioni di Ricorso dell’EPO, in quanto è richiesto che il contributo tecnico nuovo sia da determinare nell’ambito di una fattispecie non esclusa dalla brevettazione (decisione Merrill Lynch). L’Ufficio Brevetti inglese analizza i brevetti sulle invenzioni attuate mediante programmi per elaboratore sulla base del test Macrossan che si articola in quattro fasi e che prevede la valutazione dell’effetto tecnico nuovo in due momenti: - interpretare in modo adeguato la rivendicazione; - identificare il contributo effettivo; - chiedersi se esso rientri esclusivamente nelle materie escluse; * Politecnico di Milano ([email protected] ) 1 Il termine “programma per elaboratore” è utilizzato in sostituzione del più generico e meno preciso termine “software”: infatti, con software s’intende sia il programma sia il supporto su cui è stato registrato il programma; il cosiddetto “firmware” è un programma (registrato permanentemente nella ROM.

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Page 1: Brevi note sulla brevettabilità dei programmi per elaboratore

Working paper 04/01/2010

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Brevi note sulla brevettabilità dei programmi per elaboratore

Massimo Barbieri (*)

1. Introduzione Il software è brevettabile in Europa? E in caso affermativo, quali sono le modalità di tutela? La Convenzione sul Brevetto Europeo (EPC) esclude la brevettabilità dei programmi per elaboratore1 ma solo se considerati “in quanto tali” [art. 52 (3), interpretato dalla giurisprudenza dell’EPO come mancanza di carattere tecnico e di applicazione industriale]. Il “carattere tecnico” a cui fanno riferimento le Commissioni di Ricorso dell’EPO è inteso come effetto tecnico ulteriore rispetto alla mera interazione tra hardware e software: non è conferito semplicemente perché un programma è eseguito al computer. Come ben chiarisce Guglielmetti [1] alla luce della giurisprudenza dell’EPO, “gli effetti tecnici che devono essere presi in considerazione possono manifestarsi sia all’esterno del sistema programmato, quando il software dirige tramite il computer un processo industriale o il funzionamento di una diversa apparecchiatura, oppure anche all’interno del sistema, quando il programma provoca un diverso modo di funzionamento del computer in sé considerato, o di più computer o altri apparati connessi in rete”. Per essere brevettabile, inoltre, il software deve fornire un contributo tecnico allo stato dell’arte, da valutarsi considerando la differenza tra l’oggetto della rivendicazione della domanda di brevetto nel suo insieme, i cui elementi possono comprendere caratteristiche tecniche e non tecniche, e lo stato dell’arte. Addirittura la più recente giurisprudenza inglese è orientata in senso più restrittivo rispetto alle Commissioni di Ricorso dell’EPO, in quanto è richiesto che il contributo tecnico nuovo sia da determinare nell’ambito di una fattispecie non esclusa dalla brevettazione (decisione Merrill Lynch). L’Ufficio Brevetti inglese analizza i brevetti sulle invenzioni attuate mediante programmi per elaboratore sulla base del test Macrossan che si articola in quattro fasi e che prevede la valutazione dell’effetto tecnico nuovo in due momenti:

- interpretare in modo adeguato la rivendicazione; - identificare il contributo effettivo; - chiedersi se esso rientri esclusivamente nelle materie escluse;

* Politecnico di Milano ([email protected]) 1 Il termine “programma per elaboratore” è utilizzato in sostituzione del più generico e meno preciso termine “software”: infatti, con software s’intende sia il programma sia il supporto su cui è stato registrato il programma; il cosiddetto “firmware” è un programma (registrato permanentemente nella ROM.

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- controllare se il contributo sia effettivamente tecnico in natura. [2]

2. Definizione di “tecnico” Nella Convenzione sul Brevetto Europeo il termine “tecnico” ricorre spesso (si parla di carattere tecnico, caratteristiche tecniche dell’invenzione, effetto tecnico, contributo tecnico,…) ma non vi è riportata alcuna definizione. I brevetti sono concessi solo per le “invenzioni tecniche”: questa è una limitazione necessaria per motivi pratici nonché legali, perché il termine “invenzione” è così generico che, per esempio, anche le pure attività mentali potrebbero ricadere nella definizione. La legge brevettuale non è stata pensata per le teorie ma per le “scoperte applicabili”: la distinzione è tra teoria e la pratica. La scienza si riferisce alla conoscenza, la tecnica alla sua applicazione: solo la conoscenza che ha un’applicazione pratica e che conduce ad un predeterminato risultato ripetibile può essere definita tecnica. Comunque la scienza, l’idea creativa, rimane contenuta nell’applicazione: pertanto, la legge brevettuale si riferisce all’idea di realizzazione. [3]

3. Software come creazione intellettuale o invenzione? Bakels [4] propone un’interessante tesi sull’interpretazione dei brevetti software. L’autore summenzionato spiega che, sebbene la legge brevettuale si riferisca a prodotti e a procedimenti, l’oggetto di un brevetto è sempre la conoscenza: un’invenzione2 è essenzialmente un insegnamento tecnico, la cui applicazione industriale porta ad un prodotto (che ne è la fenomenologia espressiva). Ma un’invenzione deve essere concettualmente distinta dalla sua realizzazione o implementazione. Questa riflessione può essere traslata al software: un brevetto software rappresenta quella conoscenza che può essere utilizzata per lo sviluppo di un prodotto o la realizzazione di un procedimento che include il software stesso. In questo modo possono esistere solo realizzazioni e non invenzioni di software. Da queste considerazioni si deduce che il software “in quanto tale” non è ovviamente brevettabile, poiché si tratta di una realizzazione, mentre i brevetti sono concessi per le invenzioni. Non è corretto, pertanto, parlare di invenzioni di software ma di invenzioni attuate con l’ausilio di programmi per elaboratore (come suggerisce l’EPO).

2 L’EPC non fornisce una definizione di invenzione, sebbene ne definisca i requisiti (novità, attività inventiva e applicazione industriale), ma bensì un elenco (non esaustivo) di innovazioni escluse da tale concetto: le creazioni estetiche, le teorie scientifiche, le leggi fisiche, le scoperte, le formule, i metodi matematici, le presentazioni di informazioni, i codici di scrittura, i metodi relativi ad attività mentali (di progetto, di apprendimento,…), le regole di gioco, i programmi per elaboratori ed i metodi commerciali e finanziari [art. 52 (2)].

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Ma se il software risolve un problema tecnico, il risultato ottenuto dalla sua applicazione non può essere escluso dalla brevettabilità, purché ovviamente sussistano i requisiti. Secondo Floridia [5] occorre “saper distinguere del programma ciò che attiene alla sua realizzazione da ciò che invece attiene ai risultati della sua applicazione tramite il computer: quando questi risultati sono dotati di requisiti di brevettabilità, quivi compreso quello dell’industrialità, non c’è dubbio ch siano oggetto di considerazione autonoma rispetto al programma di per sé considerato”. […] “Se il programma è diretto a realizzare tramite il computer un nuovo procedimento di lavorazione per l’ottenimento di determinati prodotti, non c’è dubbio che si ha un’invenzione di procedimento la cui brevettabilità non è certo impedita dalla circostanza che il mezzo della sua realizzazione sia un computer opportunamente programmato.” […] “Se per contro il programma è diretto a realizzare, tramite il computer, un sistema di contabilità, nulla vi potrebbe essere di brevettabile: non il programma in sé, perché oggetto del divieto, e non il suo risultato, perché esso è pure escluso dalla brevettazione. Non diversamente, e il programma fosse diretto, tramite il computer, a realizzare un sistema di presentazione di informazioni, nulla vi sarebbe di brevettabile perché oltre al programma, è escluso dalla brevettazione anche il suo risultato consistente nella presentazione delle informazioni. Diversamente ragionando si perverrebbe all’assurdo di rendere brevettabile qualcosa che non lo per ciò solo che sia stato realizzato mediante uno strumento che non è esso pure brevettabile.”

4. Conclusioni Un’invenzione è brevettabile se possiede carattere tecnico (nel senso che deve appartenere ad un settore della tecnologia) e apporta un contributo tecnico allo stato del’arte. Se, tuttavia, il contributo allo stato dell’arte consiste esclusivamente in aspetti non tecnici (es. metodi per attività commerciali), non vi sarà alcunché da brevettare. Un’invenzione non deve essere esclusa dalla brevettabilità se viene realizzata per mezzo o con l’ausilio di un software, a meno che non siano soddisfatti i requisiti di novità, attività inventiva e applicazione industriale. Il software non è brevettabile nella misura in cui la domanda di brevetto lo concerna in quanto tale ma come strumento per il conseguimento di un risultato tecnico. Infatti, “ci sono soluzioni realizzate per mezzo di software che apportano miglioramenti tecnici equivalenti a modifiche dell’hardware. […] È il caso, per esempio, di metodi di memorizzazione (es. memoria “cache”), metodi di compressione dati o di crittografia. L’effetto di tali tecniche è quello di migliorare tecnicamente le funzionalità e le prestazioni dell’hardware su cui vengono applicate. Se tali tecniche fossero nuove ed inventive, non ci sarebbe motivo per negarne la brevettabilità”. [6]

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Alla luce della recente giurisprudenza inglese sembra che la brevettazione delle invenzioni attuate con l’ausilio di software sia circoscritta solo a due categorie: i trovati nei quali il programma agisce direttamente sull’hardware del PC su cui viene eseguito, ottimizzandone le funzionalità oppure quelli nei quali il programma gestisce un’apparecchiatura oppure un impianto.

5. Bibliografia [1] G. Guglielmetti – LA TUTELA BREVETTUALE, relazione al convegno “La tutela giuridica del software”, Firenze, 17 novembre 2005 [2] M. Ranieli – CRONACHE IN TEMA DI BREVETTABILITÀ DELLE INVENZIONI SOFTWARE

RELATED, CON PARTICOLARE RIGUARDO AL RUOLO DELL’EPO E ALLA PIÙ RECENTE

GIURISPRUDENZA DEL REGNO UNITO, “Rivista di Diritto Industriale”, Parte I (2009), 233 – 277 [3] M. Schar – WHAT IS “TECHNICAL”? A CONTRIBUTION OF THE CONCEPT OF “TECHNICALITY” IN THE LIGHT OF THE EUROPEAN PATENT CONVENTION, “The Journal of World Intellectual Property” 2, 1 (1999), 93 – 129 [4] R. B. Bakels - SOFTWARE PATENTABILITY: WHAT ARE THE RIGHT QUESTIONS?, “E.I.P.R”, 10 (2009), 514 – 522 [5] G. Floridia – LA BREVETTABILITÀ DEL SOFTWARE IN ITALIA E IN EUROPA, “Il Diritto Industriale”, 5 (2004), 421 – 427 [6] G. M. Zerbi – LA PROTEZIONE DEL SOFTWARE, “Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale”, 23 (2003), 11 – 12