camminare È libertÀcamminare lascia libera la mente, massaggiata dall’andatura morbida e...

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OTTOBRE NOVEMBRE 2013 Euro 4,50 www.camminareweb.it Anno 9 - N. 43 - Bimestrale - Fusta Editore - Distribuzione per l’Italia: MESSAGGERIE PERIODICI Spa Via E. Bugatti, 15 - 20142 Milano - Poste Italiane S.p.A sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (comp. in legge 27/02/04 n. 46) Art. 1 c. 1: LO/MI - I SSN 1974-5397 CAMMINARE È LIBERTÀ La straordinaria miscela che unisce la testa ai piedi ITINERARI Abbracciati dalla nebbia, guidati dallo spirito FITWALKING Programmare le lunghe distanze TRAIL Guida alla scelta delle gare NORDIC WALKING Intervista a Pino Dellasega SALUTE Alluce valgo, trattamento o intervento? EVENTI Le magiche atmosfere del lago di Occhito FUORISTRADA ULTRA TRAIL FORZA E VOLONTÀ

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Page 1: CAMMINARE È LIBERTÀCamminare lascia libera la mente, massaggiata dall’andatura morbida e regolare dei passi sul terreno La testa e i piedi vanno di pari passo editoriale Ottobre

OTTOBRE NOVEMBRE 2013Euro 4,50

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97

CAMMINAREÈ LIBERTÀLa straordinaria miscelache unisce la testa ai piedi

ITINERARIAbbracciatidalla nebbia,guidatidallo spirito

• FITWALKINGProgrammarele lunghe distanze

• TRAILGuida alla sceltadelle gare

• NORDIC WALKINGIntervista aPino Dellasega

• SALUTEAlluce valgo,trattamento o intervento?

EVENTILe magicheatmosferedel lagodi Occhito

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Inviare in busta chiusa con allegata la ricevuta di pagamento a: FUSTA EDITORE - CAMMINARE - Reg. Colombaro dei Rossi 2b - 12037 Saluzzo (CN) - Tel. e Fax 0175 211955Abbonamenti direttamente dal sito: www.camminareweb.it - [email protected]

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di Osvaldo [email protected]

Camminare lascialibera la mente,massaggiatadall’andaturamorbida e regolaredei passi sul terreno

La testa e i piedivanno di pari passo

editoriale

Ottobre Novembre 2013 /camminare 3

Dirlo non basta, bisogna provare a camminareper rendersi conto che forse il segreto sta tutto lì,in un semplice, disarmante spirito di libertà.Camminare lascia libera la mente, massaggiatadall’andatura morbida e regolare dei passi sulterreno. La testa e i piedi, felice scoperta, vannodi pari passo. È cosi che nasce la salutare“dipendenza” della camminata veloce, delfitwalking come stile di vita, medicina del corpoe della mente.Non a caso il camminare è lo strumento di moltiesploratori, che fuggono dalla tecnologia perassaporare l’avventura delle grandi traversateaffidandosi ai piedi. Anche qui, c’entrano laliberta, la testa e i piedi. Elementi naturali, chebastano a tutto.Chi affronta le prove di ultra trail conosce benela miscela esplosiva che amalgama questi treingredienti, l’insieme dei quali rende tuttopossibile, sprigionando energie che mai si eraimmaginato di avere.Lo stesso linguaggio lo parlano i camminatoridell’Alta Via delle Dolomiti, dove la nebbiaabbraccia i corpi, sapendo che sarà lo spirito aguidarli. Dove “spirito” vuol dire sempre la stessacosa, l’insieme della libertà, dei piedi e dellatesta.Ma l’ultima definizione l’hanno coniata quelli delnordic walking, secondo cui la loro camminatacon i bastoncini è il “motore verde” dellamontagna.In ogni caso, se non si vuole andare troppo“lontano”, basterà camminare semplicementeper scaricare le tensioni della vita quotidiana.Un’ora al giorno toglie il medico di torno, senzabisogno di passare dalla farmacia.Se invece si vuole sognare, il consiglio è diripercorrere la cronaca delle gare di marcia aiMondiali di Mosca di quest’estate. Dopotrentatré anni, il racconto di Giorgio Damilanodai luoghi che lo videro protagonista nella ventichilometri olimpica del 1980, fa battere il cuore.Sembra di rivederlo, seduto all’ombra lungo lerive della Moscova, con il gemello Maurizio, chevinse l’Olimpiade, e il grande Pino Dordoni,prima della gara. Sembra un sogno l’abbracciodei “gemelli d’oro” sulla pista dello stadio Lenin.Una storia con i piedi per terra, come tutti isogni diventati realtà.

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in OMAGGIOun volume dellacollana SCIENZAE TECNICA DELBENESSERE Sono trascorsi 9 anni da quando in una delle frequenti uscite

sulla collina saluzzese dissi a Osvaldo Bellino: «Con Maurizio e Giorgio avremmo pensato di dedicare unarivista al fitwalking e al cammino in genere, vorresti fare ildirettore? Due campioni, un intellettuale e un gregarioambizioso. Squadra “vincente”».Naturalmente era chiaro che per il progetto non c'erano soldi e ci si doveva credere e basta.Anche se sono passati “solo” 9 anni erano tempiprofondamenti diversi: tempi delle prime manifestazioni difitwalking in cui c’erano 50 persone iscritte, il nordic non eraancora praticato e sentito come ai giorni nostri, quando si parlava di camminare si pensava ad escursioni in montagna e non si vedevano persone in tuta lungo le strade se non i podisti.Si mise subito al lavoro tuffandosi con entusiasmo einvestendo il suo tempo nel progetto: dopo il n. 0 nellaprimavera 2005 fu pronto il n. 1 di Camminare, trimestrale.Fu il primo “miracolo” editoriale: così chiamiamo tra noi “soci fondatori” ogni numero che pubblichiamo.Oggi il mondo del cammino si è evoluto, assistiamo amanifestazioni di fitwalking con quasi 5.000 persone comeavviene a Saluzzo e in tutta Italia aumentano lemanifestazioni dedicate ai camminatori fino alle più grandimaratone che si aprono al fenomeno walking. Ai soci fondatori della “squadra” si sono aggiunti collaboratorientusiasti e preparati, Camminare è cresciuto, è in edicola, è sul web con oltre 16.000 visite mensili e migliaia di contatti su facebook.Dal prossimo numero Osvaldo lascia la guida del nostrogiornale: voglio esprimere profonda gratitudine al “Direttore”per il lavoro svolto, il tempo dedicato e i risultati ottenuti,sempre con lo spirito iniziale di appassionato e anteponendo gli interessi della rivista ai suoi. Punto di riferimento anche concettuale preziosissimo. Se siamo è giunti fino a qui lo si deve a questo tipo dimentalità dove si cerca di fare indipendente dal profittopersonale, tipico delle piccole case editrici come la nostra.Grazie.Entrerà in squadra Roberto Mantovani, nuovo direttore, con il quale continueremo la sfida approfondendo il mondodell’escursionismo, dovremmo traghettarci nel nuovo mondodigitale fatto di app, e-book e comunicazioni web al quale, certo, non ci tireremo indietro, ma sempremantenendo la sana, bella soddisfazione di aprire una rivistacartacea, magari su una poltrona alla sera al termine di una lunga camminata come giusto premio alla fatica.Buon lavoro Roberto, ora la sfida è anche tua e insieme a Voilettori dovremmo consolidarci, migliorare e affermare questarivista facendo in modo che questi “miracoli” continuino.

Paolo Fusta

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DIRETTORE RESPONSABILE:Osvaldo [email protected]

CAPO REDATTORE:Alma [email protected]

IN REDAZIONE:Giorgio DamilanoMaurizio Damilano

HANNO COLLABORATO:Santo AlfonzoGiovanni AllisioGianni AudisioSergio BeccioPaola BovinoRocco CardamoneAlberto CavaglionGiacomo CollodoroGualtiero FalcoAndrea FergolaGiorgio GarelloRoberto MantovaniMaura MarchioriEraldo MinettiMaurizio PagliariniVito PaticchiaStefania SiccardiLuca Zaramella

CONTRIBUTI FOTOGRAFICI:Giovanni AllisioSergio BeccioAlma BrunettoGiorgio e Maurizio DamilanoGualtiero FalcoAndrea FergolaPaolo FustaGiorgio GarelloMarco GoglinoEraldo MinettiVito PaticchiaMaurizio Pagliarini

Ottobre Novembre 2013

DIREZIONE E REDAZIONE:Fusta Editorevia Colombaro dei Rossi 2 B 12037 Saluzzo (CN);tel. e fax 0175.211955; [email protected] - [email protected]

EDITOREFusta [email protected] - [email protected]

PUBBLICITÀ:MAP Italia srl - Corso Beato Giovenale Ancina, 812037 Saluzzo (Cn);tel. 0175.248132 - fax 0175.248986

Luca ZaramellaP.zza IV Novembre, 101 - Maerne di Martellago (VE)Tel. 041.641302 - Fax 041.5030061

STAMPA:Reggiani spa - Brezzo di Bedero (VA)

DISTRIBUZIONE PER L’ITALIA: MESSAGGERIE PERIODICI Spa Via E. Bugatti, 15 - 20142 Milano

Registrazione Tribunale di Saluzzo: n. 161ISSN 1974-5397

Una copia: 4,50 euro;Abbonamento annuale (6 numeri): 23 euroAbbonamento annuale dall’estero: 55 euroNumeri arretrati: 6 euro

In copertina:Foto archivio CamminareTour Monviso Trail 2013, nei pressi del RifugioQuintino Sella

www.scuolacamminosaluzzo.it

SALUZZO19 gennaio 2014

Appuntamento da non perdere!

Partecipare fa bene 2 volte:

a se stessi e agli altri!

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sommario

www.camminareweb.it

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3 Editorialedi Osvaldo Bellino

6 IncontriFranco Michielidi Roberto Mantovani

9 Alessandra Calzolaiodi Alma Brunetto

11 Fitwalking allenamentoLa vera forza del fitwalking?Lo spirito di libertàdi Maurizio Damilano

13 Report camminare per sport

14 La marcia atleticaNegli occhi il mondiale 2013nel cuore l’olimpiade del 1980di Giorgio Damilano

18 Fuori stradaUltra trail?Si, se corso a tappedi Gualtiero Falco

20 Trail running, come scegliere la tua garadi Andrea Fergola

22 Come prepararela 100 Km del Saharadi Luca Zaramella

24 Reportcamminare fuori strada

27 Con i bastonciniTrekking del Cristo pensanteemozioni fortidi Luca Zaramella

29 Reportcamminare con i bastoncini

30 Camminare con i caniQuando sei gambesono meglio di... 2!di Maurizio Pagliarini

Ottobre Novembre 2013 /camminare 5

32 finisterreMarcia della memorialacrime e sangue dei libridi Alberto Cavaglion

34 Itinerari in ItaliaI crinali dei Monti Daunie le acque di Occhitodi Vito Paticchia

40 l’AvventuraAbbracciati dalla nebbiaguidati dallo spiritodi Giorgio Garello

44 speciale MonvisoOncino, patrimonioculturale e ambientalein alta Valle Podi Giovanni Allisio e Sergio Beccio

50 EssereDonnaBarbe, baffi e parrucche peruna staffetta a stelle e striscedi Maura Marchiori

52 InSaluteStress, rabbia...Cammina che ti passa!di Santo Alfonzo

54 Funghi, frutti della naturama li possiamo cogliere?di Eraldo Minetti

56 Capelli fragili e spenti?Occhio alle carenze alimentaridi Paola Bovino

58 Quanto è lungoun chilometro?di Rocco Cardamone

60 Alluce valgo,trattamento o intervento?di Giacomo Collodoro

62 Ci troviamo a...

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Ottobre Novembre 2013 / camminare 6

FRANCO MICHIELI

Lo incontri e, a parte la barba che gli conferisce l’aspetto di unesploratore d’altri tempi, la sua immagine non si discostamolto da quella dei frequentatori della montagna. Ma se fru-

gate nel suo zaino, non sperate di trovare qualche cartina. E non cer-categli addosso il Gps, la bussola, o anche solo un semplice orolo-gio. No, non li ha dimenticati. Semplicemente non li usa. Ha decisodi farne a meno. In maniera consapevole. E non si tratta di strava-ganza. La sua è una scelta precisa. Ha deciso di vivere nella natural’esperienza della libertà totale ed è convinto che l’esplorazione sipossa declinare con criteri diversi da quelli usuali.Da anni Franco Michieli, classe 1962, residenza in Valcamonica, duefigli, scrittore e fotografo, una laurea in geografia alle spalle, oltre aun’intensa attività costituita da grandi viaggi a piedi su terreni diffi-cili, continua ad attraversare regioni selvagge, quasi del tutto scono-sciute, senza far uso degli strumenti di orientamento. La sua avven-tura più complessa, dal punto di vista dell’orientamento, è stata nel2001 un vagabondaggio invernale sugli gli sci, con due amici, nel de-serto innevato Ódáđahraun, nell’Islanda centro-settentrionale. Ventigiorni, di cui sedici in isolamento totale, spesso in mezzo alla neb-bia più fitta, in una regione dall’orografia complicata, senza nessunmezzo per orientarsi né per comunicare.Qualche mese fa, in compagnia di Davide Ferro, 41 anni, accompa-gnatore di media montagna, alpinista e gestore del rifugio Campo-grosso nelle Piccole Dolomiti vicentine, Michieli ha voluto fare un saltodi qualità. Inizialmente voleva provare un percorso nel suo solito stilenella Norvegia meridionale, sulle orme di Fridtjof Nansen, l’esplora-tore polare di cui è appena stato celebrato il centocinquantesimo dellanascita, ma il periodo prescelto era ormai troppo avanzato. Così harecuperato un progetto di tre anni fa, da lui già tentato con l’alpini-

Nella wildernesssenza carte esenza bussola

incontri

UN ESPLORATORE D’ALTRI TEMPIFranco Michieli, nato a Milano, classe 1962,laureato in Geografia presso l’Università Statale diGenova con una votazione di 110/110 e lode, è tragli italiani più esperti nel campo delle granditraversate a piedi di catene montuose e terreselvagge. Fotografo e scrittore (è stato premiato ad alcuniconcorsi letterari alpinistici e giornalistici), collaborada tempo con riviste specializzate e non. Al suo attivo numerose pubblicazioni e comegeografo, si occupa inoltre di ricerche sul turismoalpino e tiene corsi sui metodi “naturali” diorientamento.

di Roberto Mantovani

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sta Fausto De Stefani e fallito a causa dellatroppa neve fresca. Una lunga traversata inLapponia, la nazione etnica che si estendesu quattro paesi scandinavi (Norvegia,Svezia, Finlandia e Russia) e che lassù, inmodo corretto chiamano Sapmi (gli inglesidicono: Samiland, paese dei Sami).Il 25 febbraio scorso Franco e Davide sonoatterrati a Kirkenes, nell’estremo nord estnorvegese, al confine con la Russia, unacittadina affacciata su un fiordo del Mare diBarents intorno al 70° parallelo nord. Po-chi giorni per preparare viveri ed equipag-giamento, e il 1° marzo sono partiti, trai-nando due piccole slitte, collegateall’imbrago individuale con una intelaiaturarigida e leggera. Dentro lo scafo in mate-riale plastico, 40 chili tra materiali e ciba-rie; in spalla uno zainetto con le cose in-dispensabili. Ai piedi, un paio di sci. Scirobusti, di frassino, con la punta molto ri-curva, costruiti dai tecnici di un laborato-rio artigianale di Vicenza tenendo contodelle indicazioni fornite oltre un secolo daNansen, più larghi degli attrezzi da fondo,per galleggiare meglio nella neve polve-rosa. Le calzature? Scarponi da telemark,robusti, caldi e flessibili. Franco, con la

scarpetta interna, non ha mai avuto freddo;Davide, con materiale da cross country eprivo di scarpetta interna, ha avuto invecequalche problema e un leggero principio dicongelamento.«Lassù la neve è più o meno sempre dellastessa qualità, leggera e farinosa. L’abbiamotrovata più solida e stabile solo negli ultimicinque giorni, lontano dalle foreste, in zonebattute dal vento. La temperatura era co-stantemente sotto lo zero. In quelle condi-zioni, dovevi scegliere l’abbigliamento giusto:se sudavi, con quel freddo erano guai, il va-pore acqueo ti si gelava addosso. Sotto gli sciabbiamo incollato pelli sintetiche molto scor-revoli (una volta si chiamavano pelli di foca).Non le abbiamo mai tolte, neanche nei trattiin lieve discesa».Mezzo metro di neve ovunque, dal mareagli altipiani, pochi i punti di riferimento.«Come le altre volte, avevamo memorizzatouna specie di mappa mentale della zona,

ma solo per sommi capi. Lo avevamo fattosu una carta al 400.00, in pratica la pa-gina di un atlante. Nessuna cartina che ri-portasse i dettagli. Stavolta l’orientamentoera difficile. Colline, altipiani, montagne dimodesta altezza, foreste. Paesaggi spessosimili che si ripetono in continuazione.D’estate, dato che la regione (grande cometutto il nord Italia), è attraversata da alcunigrandi fiumi e molti corsi d’acqua più pic-coli, osservando la direzione di scorrimentodella corrente, si capisce qualcosa del ter-ritorio. D’inverno, con la neve, è tutto moltopiù difficile. Sapevamo che nel Finnmark cisono 3 o 4 strade. Le abbiamo trovate. Eanche un paio di paesi, dove ci siamo ri-forniti di viveri. Tenere la rotta, comunquenon è stato facile».27 giorni di cammino (di cui due di sosta),con una media di 20 chilometri al giorno,430 chilometri di tragitto, lunghi bivacchiin tenda riscaldati solo da un fornellino a

Mi sono chiesto se l’aiuto della tecnologiasatellitare non fosse un’interferenza poco lealenei confronti dell’avventura e dell’esplorazione

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incontri

gas, più sicuro dei modelli a benzina masoggetto ai capricci della temperatura. Unpercorso ad arco, prima verso sud ovest epoi puntando a ovest. Infine una devia-zione verso nord ovest. «L’abbiamo fattaper abbandonare la zona delle foreste, im-mensa e protetta dal vento, ma di difficilepercorribilità. Là, a differenza degli alti-piani, la neve rimane sempre polverosa. Lemandrie di renne trascorrono l’inverno làdentro, lontano dalle zone costiere, perché

possono scavare con facilità il manto ne-voso che non ghiaccia mai e mangiare i li-cheni del sottobosco. Ma in quella zonamuoversi con gli sci è un disastro: buchiscavati dalla renne ovunque. Così abbiamopuntato sugli altipiani. E alla fine siamogiunti ad Alta, un abitato raccolto sulle rivedi un fiordo rivolto verso nord. Era la nostrameta finale».Ma cosa cerca, Franco, con queste espe-rienze? «Sperimentare la capacità di orien-tamento dell’uomo. La natura ti indicasempre la strada. Sei tu che devi impararea leggerne i “segnavia”. Devi diventare unbuon osservatore. Allora riesci a muovertiin sicurezza come facevano i nostri proge-nitori e come da sempre continuano a faregli animali selvatici. Si impara a poco a

poco, poi l’esperienza aiuta. Oltretutto sitratta di un ritorno all’esplorazione. Poi,senza l’aiuto di cartine dettagliate o sistemidi navigazione satellitare, l’esplorazionenon brucia mai l’esperienza, che diventa ri-petibile e accessibile a tutti. Basta che chila sperimenta poi non si metta lui stesso adisegnare nuove mappe».Un’abitudine, quella di Michieli, comin-ciata molti anni fa. «A un certo momentodella mia vita mi sono chiesto se l’aiutodella tecnologia satellitare non fosse un’in-terferenza poco leale nei confronti dell’av-ventura e dell’esplorazione. Mi sembravainverosimile che si perdesse la parte piùautentica dell'esperienza facendosi guidarenella natura in modo così automatico daisatelliti. A farmi imboccare la strada del-

Qualche momento di dubbio c’è stato, è ovvio, ma non abbiamo maitemuto di perderci...l’esplorazione senza strumenti di orienta-mento è stata l’invasione tecnologica nelmondo dell’avventura e la constatazioneche mi ero trovato bene anche senza cartee bussole. Un po’ per scherzo, assiemeagli amici con cui avevo diviso le mie tra-versate, ho pensato che sarebbe stato ilmomento di eliminare qualsiasi aiutoesterno: via tutto, anche carta, orologio ebussola. Quella rinuncia avrebbe permessouna riscoperta straordinaria e innovativadella natura e del mondo».D’inverno, con la neve, però, non è faciletenere una rotta. «Proprio per questo vole-vamo verificare se una traversata di piùgiorni è possibile. Un grande aiuto ci è ve-nuto dal sole. A fine febbraio lassù ci sono10 ore di luce; a fine marzo si arriva a 15-16 ore. Nei giorni di brutto tempo? A voltel’occhio del sole filtrava attraverso la tor-menta. Se nevicava, tenevamo sempre lostesso angolo rispetto alla direzione di ca-duta dei fiocchi di neve. Quello ci dava ladirezione. Qualche momento di dubbio c’èstato, è ovvio, ma non abbiamo mai temutodi perderci.. Ovviamente, per affrontareun’esperienza del genere, bisogna prepa-rarsi a dovere. Ci vogliono anni. Ma i ri-sultati sono davvero appaganti».

27 giorni di cammino20 km al giorno430 km di tragitto

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La vita, a volte, fa brutti scherzi. Siamo presi dalla frenesia quo-tidiana e così immersi nelle piccole e grandi frivolezze non ci fer-miamo a riflettere. Pensiamo che a noi non toccherà mai, solo

sempre a qualcun altro. Alessandra Calzolaio era una semplice ragazza di 15 anni, senza troppigrilli per la testa. Frequentava l'Istituto Alberghiero e il suo sogno eraquello di lavorare sulle navi da crociera. Il primo marzo del 2007, lecose cambiano. Quel giorno la classe uscì un'ora prima da scuola, eAlessandra, come tutti i giorni, si reca alla stazione di Milano Lambrate.Nota sul tabellone degli orari che c’è un treno in ritardo, che si sarebbefermato a Milano Rogoredo, punto di arrivo. Inizia a correre in com-pagnia di alcuni amici, per raggiungere il binario. Purtroppo, nel mo-mento in cui la giovane mette il piede sul predellino, il treno si mettein movimento e dà un forte strattone. Perde l’equilibrio e si ritrova conla gamba sinistra tra il binario e la rotaia e con il piede destro tra il bi-nario e la banchina, ma riesce a salvare gli organi vitali. Il treno la tra-volge con 4 carrozze. Per lo shock nessuno tira il freno di emergenza,poi finalmente qualcuno ci pensa.Cosa ti passa per la testa in quel momento?

Pensavo solo ad uscire e a non mollare mai. A sangue freddo riescoad uscire da sotto al treno. Sulla banchina c’era un’infermiera, per for-tuna, mi aiuta e lega una sciarpa attorno alla gamba, che era statatranciata (anche se non l’ho mai più rivista, è lei che devo ringraziaredavvero, per non aver esitato un attimo nell’aiutarmi). In un brevissimolasso di tempo, arrivano poi i soccorsi, mi sedano e via all'Humanitasdi Rozzano. Mi è stata amputata definitivamente la gamba sinistra, al-l’altezza del terzo medio cosciale e salvato il piede destro con un primointervento di ricostruzione. Sono stata ricoverata circa due mesi, molti

Un sorrisoper vincere i pregiudizi

di Alma Brunetto

ALESSANDRA CALZOLAIO

“NOI AMPUTATI”Alessandra Calzolaio ha 22 anni, ha frequentato l'istituto alberghiero. Il suo sogno è di andare a lavorare sulle navi da crociera. Il 1° marzo 2007 è stata vittima di unincidente e ha subito l'amputazione di un arto. È molto attiva sul web: ha creato la paginaFacebook "Noi amputati" e ha fondatoun'associazione no profit YouAble e un blog dal titolo noiamputati.blogspot.com. Uno dei suoi passatempi preferiti è camminare e parlare ironicamente delle avventure di una ragazza amputata.

incontri

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Ottobre Novembre 2013 / camminare 10

incontritica sulla protesi. Nel resto del mondo, ledonne e gli uomini girano senza problemicon le loro componenti meccaniche in vista. Veniamo visti come se fossimo alieni. Iosono Alessandra con o senza una gamba.Vi dovete rapportare con me e con la miapersonalità, non a quel pezzo in meno,chiaramente difficile da non far notare.Non faccio nulla per nasconderlo, però nonè tutto quello che mi contraddistingue. Tutto ciò, non deve essere un tabù. Sonocose che purtroppo capitano e più la gentesaprà, meno ignoranza futura nelle nuovegenerazioni ci sarà.

Qual è la lezione di vita, che hai impa-rato da tutta la tua storia?

La vita è come un dono prezioso, e quandostavo per perderla ho deciso che dovevoessere più forte io. Ero lì, sana e salva,avevo vinto io, e non era giusto sprecarequesta occasione. Allora mi son detta “Ale,piangere e deprimersi è inutile, la gambanon ricrescerà mai più. Quindi le soluzionison due: o passi la vita a piangerti ad-dosso, oppure reagisci e fai vedere a tuttiquanto è bello vivere.

Parla del tuo blog...Ho deciso di aprire un gruppo su Face-book, chiamato “Noi Amputati �”, nelquale tutti ci saremmo potuti ritrovare esentire. È stato un successo, tutt’ora vieneutilizzato per tenersi informati o semplice-mente per scambiarsi due battute ironi-che, come solo noi sappiamo fare. Sempretramite Facebook, ho conosciuto DanieleBonacini ex atleta paralimpico, proprietariodi un’azienda che costruisce principal-mente piedi protesici all’avanguardia. Conla sorella Elena abbiamo fondato una On-lus chiamata YouAble, e nel blog all’indi-rizzo noiamputati.blogspot.com, parlo iro-nicamente delle mie avventure da ragazzaamputata.

I tuoi programmi futuri In questo momento, sono molto soddisfattadella mia vita, ovvio, anche io ho i mieiproblemi quotidiani. Le difficoltà sono laprotesi che mi fa male a giorni alterni o lamacchina che non parte. Non vivo una vitaperfetta, però ho un lavoro, ho una famigliae una nipotina che adoro, delle splendideamicizie. Tutte persone che sono la miavera forza. Sono sicura, che dopo la soffe-renza arriva sempre un regalo inaspettato.Spero che proceda così, in fondo penso unpo’ di meritarmelo!

Faccio tutto ciò che una ragazza di 22 anni può fare. Esco con le amiche, vado a ballare,cerco di crearmi un’indipendenza

mi sono stati vicini e mi hanno dato laforza per reagire. Devo ringraziare tutto ilreparto, mi hanno sempre dato tutte le at-tenzioni e le cure di cui avevo bisogno, eovviamente la mia famiglia, a cui sonograta. Dalle tue parole traspaiono solarità epositività, raccontami cosa fai ora eparla di una realtà, che io conosco,come quella di Budrio.

Sono molto fortunata. Sono riuscita a tro-vare un ottimo lavoro in un’azienda seria.Per il resto, faccio tutto ciò che una ragazzadi 22 anni può fare. Esco con le amiche,capita anche che vada a ballare, insommacerco di crearmi una mia indipendenza, hola patente e la mia macchinina con laquale vado ovunque… anche a Budrio. Il centro Inail di Vigoroso di Budrio (Bo) èil primo centro protesico aperto in Italia. Inquella struttura, sono stati protesizzati, ini-

giro da sola, senza aver bisogno di nessunaiuto. Il ginocchio elettronico, che ho mon-tato due anni fa, migliora molto le presta-zioni del cammino. Al suo interno possiededei sensori, che adattano il ginocchio allacamminata, sia a passo lento, che a passoun po’ più sostenuto. È una protesi che miha migliorato molto lo stile di vita. All’iniziodel percorso post-amputazione mi hannoinserito un ginocchio davvero poco sicuroe dinamico. Al primo passo falso ero di-stesa a terra, per cui purtroppo, ancoraadesso, ho un blocco, che non mi rende si-cura al 100% della mia protesi. So che inrealtà, questo blocco non dovrei averlo,perché il ginocchio elettronico è una tec-nologia molto sicura. Essendo ancora in fase di crescita, il miomoncone è ancora instabile. Continua a su-bire variazioni di forma e volume, per cuisono sempre soggetta a modifiche e acambi di invaso (la parte dove si inserisce

zialmente, tutti gli amputati per incidenti dilavoro. Non posso negare, che qualche di-fetto ce l’abbia. Il nostro caro sistema ita-liano è fermo con il nomenclatore al 1999(costi ancora in Lire). Frequentandolo, sinotano le differenze tra amputati assistitidall’INAIL (che paga tutti i rifornimentidelle protesi e il ricovero nel centro duranteil periodo di “costruzione” della protesi”) etra amputati assistiti dal Servizio SanitarioNazionale, che non passa quasi nulla, senon le cose di base. Così capita, spesso,che se non si hanno possibilità economi-che, che la protesi con delle tecnologieavanzate non venga fornita (ed io lo so be-nissimo, sono un’assistita ASL!). Nonostante questo il centro di Budrio è unfiore all’occhiello italiano. Il personale checi lavora è tutto molto qualificato, e anchequi è doveroso un ringra ziamento a tutto ilreparto transfemorale e tutti i ragazzi chene fanno parte, compresi i gessisti. Tu cammini praticamente normalmen-te con il tuo ginocchio elettronico.Spiega come funziona e vista la tua gio-vane età, sei ancora in fase di cresci-ta, questo arto non è ancora definitivo...

Esatto, come ti dicevo prima, sono com-pletamente indipendente. Molto spesso

il moncone). In un solo anno, me l’hannodovuto allungare di 2-3 cm circa.Per quanto riguarda la mia fisionomia, sonocostretta a cambiare invaso spesso. Ci sonopersone, che fortunatamente, riescono a te-nere gli invasi per 4/5 anni senza mai cam-biarli e senza fare una modifica. È un fattosoggettivo e ognuno ha le sue esigenze.Alla fine ci dobbiamo convivere noi con laprotesi, ed è giusto, che tutto sia al proprioposto, è importante saper ascoltare sestessi in questi casi. Quanto è cambiato nel mondo della di-sabilità e quali sono le barriere cultu-rali, che esistono ancora. Perché il di-sabile è sempre visto come un diverso?

Lo ammetto, prima di aver l’incidente, nonseguivo il mondo dei disabili. Ero giovanee non avevo mai pensato a questa realtà. Rispetto al passato, il mondo dei disabili èuscito un po’ più allo scoperto. Se pensiamo, che fino a pochi anni fa, ve-nivano tenuti in casa segregati qualchepasso avanti l’abbiamo fatto. Ma in questi6 anni ho capito, che l'informazione, no-nostante il progresso tecnologico, peccaancora di troppa ignoranza. L’Italia è l’unico paese evoluto, che usa an-cora la gommapiuma come copertura este-

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Ho avuto modo in queste settimanedi sentire e parlare con molti ap-passionati, persone coinvolte nel -

la promozione ed istruttori di fitwalking.L’idea che mi sono fatto, e che le loro pa-role hanno confermato e spesso rafforzato,è che veramente il numero di praticantista crescendo in modo importante.Ce lo siamo detti più volte: ciò che è fon-damentale è che non muti lo spirito di li-bertà e di non condizionamento da vincolie limiti agonistici, o sportivamente troppoaccentuati, che è la vera forza del fitwal-king.Il fitwalking è un movimento di personeche credono nella forza dello sport a tuttotondo, ma soprattutto dello sport dove pri-meggia la persona con le sue qualità, isuoi limiti, la sua fragilità, e ancora la suavoglia di muoversi, di guardarsi intorno, diessere attenta alle proprie necessità di sa-lute, di benessere, di vita.In tutto ciò non vi è un limite di età, dicondizione fisica, di motivazione sportiva,di voglia e piacere di sentirsi attivi. Vi èspazio per tutti ed a tutti i livelli. Questochi ha provato a praticare fitwalking, o apresentarsi al via di un incontro aggrega-tivo e manifestazione di fitwalking lo hacertamente capito.In questi momenti di confronto e di infor-mazione che ho potuto avere con le moltepersone incontrate ho anche potuto notarecome superato un primo impatto, ossia lafase di condizionamento che comporta laprogressiva acquisizione della miglior tec-nica e l’approccio con l’idea di fare stradaa piedi, di “macinare” un po’ di chilome-tri, si accentui sempre più la voglia di ca-pire come affrontare uno scalino in più,andare verso distanze più lunghe e ad un

Aumenta la passione e cresce la voglia di capire come affrontare uno scalino in più

ritmo di crociera più elevato e ancor piùmaggiormente controllato e controllabile.Non vi è dubbio che i due obiettivi/neces-sità si formano in virtù di una crescitadella pratica, della passione e dell’effi-cienza. È però altrettanto certo che le duecose si intersecano tra loro dal punto divista dell’“allenamento”, della pratica. Lavelocità di crociera che si è in grado dimantenere e migliorare è certamente fun-zionale al miglioramento della resistenza.Quindi più siamo capaci di camminare alungo a buon passo è più innalziamo lanostra velocità di fitwalking se discen-diamo nella distanza. Così come più si in-nalza il nostro livello prestativo dal puntodi vista della capacità di tenere buoniritmi, maggiore è la possibilità di aumen-tare i chilometraggi nel momento in cuiabbassiamo un pochino i ritmi della cam-minata. Certamente non va però dimenti-cato che, raggiunti certi livelli, la velocitàla si migliora prevalentemente con lavorispecifici.Per imparare ad affrontare distanze piùlunghe l’autunno e l’inverno (seppure piùcondizionato dal clima) sono stagioni im-portanti, direi quasi determinanti, se sivuole poi giungere in primavera ben ro-dati, mentalmente capaci di affrontareanche lunghe ore sulla strada e pronti peruna nuova stagione di sfide da affrontarein un clima più stimolante e piacevole.Ciò che conta è la gradualità nell’affron-tare i chilometri. Ci si deve avvicinare pro-gressivamente alle distanze più elevate.Inoltre molto spesso sono anche gli obiet-tivi ad aiutarci ad affrontare la sfida deichilometri. Se ci sentiamo attratti dal-l’obiettivo di voler affrontare più avanti unamaratona, un lungo trail, un percorso per-

di Maurizio Damilano

FITWALKINGALLENAMENTO

La vera forzadel fitwalking?Lo spirito di libertà

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sonale speciale e lungo nella sua durata,certamente percorrere distanze di allena-mento piuttosto lunghe diviene non soloun obbligo ma uno stimolo verso quel-l’obiettivo.Mediamente il periodo autunno inverno èformato da almeno 12/15 settimane ditempo per attuare un progetto che prevedal’inserimento di un programma di adatta-mento alla “fatica” prolungata.Per aiutare e stimolare la vostra prepara-zione ho messo a disposizione delle ta-belle di riferimento, ma in questo casonon inserirò delle vere proprie (complete)tabelle settimanali, mi limiterò ad un pro-gramma per un progressivo adattamentoalla distanza. L’obiettivo di questi suggeri-menti di lavori prolungati, rigorosamenteda percorrere a ritmo di fitwalking lentosecondo i parametri più volte indicati, èmirato su 2 focus: giungere ad essere ingrado di reggere con buona disinvoltura(ciò significa anche imparare a farlo alritmo corretto) distanze tra i 35/40 Km, otra i 25/30 Km; inoltre avere dei suggeri-menti generali per inserire questi lavorilunghi all’interno dei vostri specifici pro-grammi di allenamento, quindi completarepersonalmente le mie tabelle. Vedrete che ogni allenamento lungo sug-gerito nelle settimane (si va da 1 lunghis-simo a 2 lunghi da inserire a settimana)potrà essere affiancato dai lavori che pro-grammerete voi e, soprattutto, nel numeroa voi congeniale. Come suggerimento vidirei di non affrontare 2 uscite lunghe sevi allenate solo due giorni a settimana. Inquel caso meglio un solo lungo. Cosìcome vi dico di essere consapevoli che peraffrontare due distanze lunghe a setti-mana (magari in qualche settimana unlunghissimo ed un lungo) l’ideale è pro-grammare almeno 4 uscite, ossia essereun fitwalker che si allena almeno 4 giornia settimana.Ultima nota. È indispensabile che chi ini-zia un percorso verso distanze più impe-gnative parta dalla base di essere unfitwalker già capace di affrontare 1h/1h20di buon passo agevolmente.

Autunno e invernoideali per programmarel’adattamento a distanze più lunghe

Prima e seconda settimana:

1 Inserite in questo primo periodo lavori che vi permettano di arrivare gradatamente a 1 o 2 sedute tra i 15 e 20 Km

2 Non dimenticate mai di introdurre nel vostro programma invernale qualche allenamento in salita

3 Fate sempre precedere i lavori da un piccolo riscaldamento e un po’ di esercizi di allungamento,flessibilità e mobilità. Alla fine concludete con un piccolo defaticamento

4 Periodicamente inserite dei richiami alla tecnica nel vostro programma

5

Terza e quarta settimana:12 15/20 Km

34 18/24 Km

5

Quinta e sesta settimana:12 18/22 Km

34 20/24 Km (o lunghissimo 30 Km)

5

Settima e ottava settimana:12 Lunghissimo 25/35 Km (oppure 20/25 Km)

34 Se non si è fatto il lunghissimo 20/25 Km

5

Nona e decima settimana:12 25/35 Km

34 20/30 Km

5

Undicesima e dodicesima settimana12 18/22 Km

34 Lunghissimo 30/40 Km

5

Tredicesima e quattordicesima settimana 12 20/25 Km

34 30/35 Km

5

LegendaTroverete le tabelle qui sotto composte da 5 spazi (presumo possa essere il numero di se-dute di allenamento massimo ideale per un fitwalker. Farne 6 o 7 significa già essere nel-l’ottica di un atleta impegnato). Io inserisco (a parte le prime due settimane che servono daintroduzione e quindi le troverete libere completamente redatte solo di alcuni consigli) i 2lavori consigliati che saranno indicati con 2 differenti distanze, ad esempio 20/30. Il primonumero è indicativo di chi seguirà un programma per arrivare a sostenere bene 25/30 chi-lometri di buon fitwalking; il secondo per chi punta ai 35/40. Buon lavoro.

camminareper sport

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REPORTcamminareper sport

Fitwalkers da tuttaItalia ad ArenzanoDa circa sei edizioni, la Mare e Monti di Aren-zano, unica tappa italiana inserita nel calen-dario internazionale dell’Associazione “Inter-national Marching League”, presentava unpercorso dedicato al Fitwalking. La lieta sor-presa di quest’anno è stata la partecipazione.Molti più fitwalkers degli scorsi anni si sonopresentati al via per affrontare questo bellis-simo percorso in compagnia dei fratelli Da-milano, ideatori e promotori in Italia di questadisciplina. Un numeroso gruppo giungeva dalla capitalecapitanato da Agnese Zanotti, istruttrice epraticante di fitwalking da diversi anni, piùvolte partecipante alla Maratona di Roma eVenezia a passo di Fitwalking, ed animatricedi gruppi Fitwalking nella capitale. Un secondo gruppo molto numeroso giungevada Genova ma, a causa di un disguido, è par-tito in orario diverso da quello degli altri fit-walkers. Un peccato per loro, che avrebberovoluto condividere con altri la loro passione,e per la coreografia della partenza che sarebbestata più suggestiva. Questo episodio ci da la possibilità di affron-tare l’argomento organizzativo Fitwalking al-l’interno della manifestazione Mare e Monti.L’evento ha come regola la possibilità per ogniconcorrente di gestirsi il percorso ed i relativiorari di partenza ed arrivo. Niente da eccepireanche perché la gestione dei circa 5000 con-correnti totali del weekend suddivisi su diversipercorsi, quasi tutti di tipo montano, creerebbecertamente problemi. Ma la neonata sezionedi Fitwalking, con numeri in crescita, prevista

su un percorso pianeggiante ed unico pertutti, otterrebbe maggiore visibilità e coinvol-gimento degli appassionati attraverso un unicoorario di partenza. Da sempre l’organizza-zione dei fratelli Damilano, che hanno aiutatoil comune di Arenzano ad inserire questa se-zione all’interno della manifestazione, stabili-sce un orario preciso (ore 9,00) per la par-tenza dei fratelli e del gruppo che si vuoleunire a loro, ma poi la comunicazione di que-sto orario è lasciata alla buona volontà ed alpassa parola, con il risultato che molti appas-sionati e gruppi finiscono solamente per in-crociarsi sul percorso senza condividerlo nelloro cammino. Forse, visto anche il maggioresuccesso di presenza riscontrato quest’anno,sarebbe il caso di dare una struttura più pre-cisa alla sezione Fitwalking nelle prossimeedizioni. Detto questo riportiamo per la cronaca che ilclima quest’anno non è stato troppo favore-vole, ma in ogni caso i gruppi hanno evitatointeramente o parzialmente la pioggia lungo i2 percorsi suggeriti, 10 e 20 Km, ed il per-corso è stato ancora una volta apprezzato perla sua bellezza da tutti: quelli che lo percorre-vano per la prima volta e quelli che già lo co-noscevano. Per chi era alla prima esperienzapossiamo assicurare che con il sole, che rendeforse un po’ più duro l’impegno, questo per-corso diventa ancor più bello e suggestivo.Buona l’organizzazione dei punti ristoro e lamanifestazione nel suo complesso. Contemporaneamente erano suggeriti poi an-che dei percorsi per il Nordic Walking nellaparte montana della cittadina ligure. La Mare e Monti diventa così sempre più unevento globale del sistema camminare con lesue proposte di trekking, Nordic Walking e Fit-walking. Si tratta di un’esperienza che certa-mente suggeriamo a tutti gli appassionati diFitwalking e cammino in generale.

Otranto, una giornatada incorniciare!Otranto, 8 settembre 2013. È il terzo appun-tamento di Fitwalking nel Salento sotto laguida dell’istruttore Giuseppe Melchionna. Sì,dopo aver imparato a conoscere la tecnica ditale disciplina, i protagonisti delle camminatesecondo il metodo Damilano, hanno intra-preso un percorso di 10,3 km lungo le stra-dine tra paesaggio marino e rurale condivi-dendo lo sforzo e la fatica sotto un sole. In 1he 25’ tutti hanno raggiunto il punto di arrivoentusiasti e felici. Da segnalare la partecipa-zione di tanti turisti che hanno avuto modo diconoscere e apprezzare questo corretto mododi camminare. Il dopo manifestazione è statoaltrettanto: tutto il “gruppone” si è ritrovato inuna location splendida per rilassarsi tra tuffi inpiscina, musica, e degustazione di piatti tipici.L’istruttore Melchionna ha in serbo grandi no-vità in merito ed estrarrà dal suo cilindro ma-gico un’altra bellissima sorpresa. Suspancedunque! Attendiamo impazienti.

Racconigi, la camminatadel Real biscottoNonostante la mattinata grigia e piovigginosa,un discreto numero di fitwalkers ha parteci-pato domenica 15 settembre 2013 al se-condo fitwalking di Racconigi, la camminatadel Real biscotto.Il percorso, che si snodava nelle vie del cen-tro storico e della periferia, era un anello di 5km, da eseguire una o due volte.Il noto speaker Andrea Caponnetto ha guidatoi partecipanti in un piacevole e coinvolgenteriscaldamento muscolare, dieci minuti primadella camminata, mentre le istruttrici localifornivano preziose informazioni sulla tecnica.All’arrivo premiati i quattro gruppi più nume-rosi; per tutti il pacco gara e il rinfresco conassaggio del real biscotto di Racconigi. Gli or-ganizzatori, con i volontari che hanno seguitole varie fasi dell’evento, danno appuntamentoal prossimo anno, alla terza domenica di set-tembre... Vi aspettiamo sempre più numerosi!

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Le gare di marcia ai mondiali di Moscasono iniziate l’11 agosto come da tradi-zione con la prova dei 20 Km maschili, se-guita il 13 dalla 20 Km femminile e il 14dalla 50 km. La prova più breve del programma ma-schile e stata vinta dal russo Ivanov sul ci-nese Chen e lo spagnolo Lopez. Mi ero ripromesso di non effettuare la cro-naca della gara perché tra televisione, gior-nali e internet pensavo fosse ormai cono-sciuta da tutti i nostri appassionati lettori. Misono poi accorto che il maggiore giornaleitaliano di sport non dava un minimo reso-conto delle gare. Ed allora mi sono chiestose con la scusa dei nuovi media non si fi-nisse per lasciare molti lettori senza notizie.Darò quindi una cronaca stringata dellegare prima di approfondire il commento.Scusatemi però se inizio con alcune consi-derazioni personali generate dallo specificoluogo fisico in cui si sono disputati questicampionati e che mi hanno inevitabilmenteportato indietro nel tempo. Mi riferisco al ri-cordo della gara che affrontai 33 anni faquasi sulle stesse strade alle Olimpiadi1980. Le giornate sembrano una fotocopiadi quella di allora: caldo e leggera umidità.La Moscova scorre placida, nei pressi delpercorso di gara, proprio come mi ricordo diaverla vista allora nel periodo di attesaprima del riscaldamento pre gara, sedutocon mio fratello e Pino Dordoni, all’ombradelle piante dei giardini dello stadio che sitrovano in prossimità della riva del grandefiume moscovita. Il percorso, che percorrocome d’abitudine interamente nel suoanello durante le gare, è preparato alla per-fezione e i militari che, col tipico grandecappello bordato di rosso, sono schierati adistanza di 20/30 metri uno dall’altro con le

Negli occhi il Mondiale 2013nel cuore l’olimpiade del 1980

spalle al percorso di gara per controllare e pre-venire problemi, mi riportano ancora una voltacon la mente a quel giorno del 1980. Gli uomini dell’esercito erano schierati, allora,quasi uno accanto all’altro a formare un cor-done umano nel tratto che dallo stadio portava,attraverso ai giardini dello stesso, al percorsogara lungo la Moscova e viceversa. Sembra ierima è passato il tempo necessario a far si cheil mondo sia quasi completamente cambiato:niente più cortine, niente più blocchi contrap-posti, niente più muro di Berlino, niente boi-cottaggio, ma nello stesso tempo rimastouguale: guerre di conquista, screzi tra grandipotenze, attentati terroristici e, come allora,giovani che si sfidano sul terreno dello sport,senza divisioni tra loro se non la voglia di pre-valere per poi magari abbracciarsi. Lasciamo però questi pensieri e addentriamocinelle gare del Mondiale 2013.

Naturalmente, indipendentemente dal luogodi svolgimento, e dai ricordi personali, si respirasempre un’atmosfera particolare in questigrandi eventi. L’apprensione, in rapporto ad al-tre prove mondiali del passato, è stata per noiitaliani molto attenuata riponendo solamentenella 20 Km femminile delle reali aspettative dimedaglia. Affiora però comunque quel senso divuoto nello stomaco che prende ogni qual-volta ci si appresta ad osservare gare di questolivello indipendentemente dal coinvolgimentonazionale. Ed è stato così anche per le gare diquesto mondiale. La 20 Km maschile non è stata una gara bel-lissima né velocissima. Partono in testa i giap-ponesi seguiti dal gruppo dei migliori che pro-cede abbastanza lentamente. Il distacco vienechiuso poco dopo i 10 Km ad opera del cine-se Wang che poco dopo tenta l’uscita risoluto-ria ma viene penalizzato da una squalifica for-

di Giorgio Damilano

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Indipendentemente dal luogo di svolgimento, e dai ricordi personali, si respira sempreun’atmosfera particolare in questi grandi eventi

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se un po’ affrettata. Questo episodio mette pro-babilmente troppa prudenza agli altri prota-gonisti penalizzando lo spettacolo di una garache poteva prendere una piega diversa. Nonci sono più stati attacchi improvvisi, scatti econtro scatti, ma tutto è stato un esaurirsi pro-gressivo degli atleti. Unico ed ultimo tentati-vo di rimonta avviene nel finale ed anche quiil sorpasso costa la squalifica, anche se in que-sto caso il guatemalteco Barrondo si prendeparecchi rischi essendo già gravato di 2 pro-poste di squalifica sulle 3 necessarie per ri-cevere la sanzione. Gara regolare dal puntodi vista tecnico con poche squalifiche che po-tevano, a mio avviso, essere anche meno omeno affrettate come già detto. Dei nostri atleti azzurri non posso e voglio daregiudizi troppo negativi. Certamente peserà giàdentro loro la consapevolezza di essere stati deifin troppo anonimi protagonisti di questo mon-diale. L’unico ad aver provato a restare coi primi èstato Matteo Giupponi. L’ho ha fatto finché imigliori non hanno dato battaglia vera e poi hatenuto come ha potuto. Un quattordicesimoposto che, dice lui, lo ha soddisfatto ma che,dico io, sarà soddisfacente solo se si trasfor-merà nella presa di coscienza che servono al-tri ritmi ed altra tenuta per essere protagonistia livello mondiale. Giorgio Rubino usciva da

una stagione piena d’infortuni ed era poco al-lenato. L’esperienza lo ha forse salvato da unafigura peggiore, ma il ventottesimo posto nonè un piazzamento degno per lui. FabrizioTontodonati è crollato nel finale pur avendoimpostato una gara regolare fin dall’inizio.Anche lui dovrà rivedere bene le cose. La prima prova di marcia ai mondiali è finitae gli atleti sono ormai tutti rientrati allo stadioed hanno terminato la loro fatica mentre miavvio ai bus che mi riporteranno all’albergo.Tra due giorni ci attende la gara con più pos-sibilità e la speranza prende il soppravvento. Con la solita puntualità la gara delle donneparte alle 9,30 ora di Mosca. Elisa l’affrontada protagonista mettendosi in testa fin dallapartenza. Le migliori la inseguono ad una di-stanza di sicurezza ma nessuna si muove.Poco dopi i 10 Km sono le russe Leshma-nova e Kirpdiapika a chiudere il buco. Stra-namente non risponde allo scatto la cineseLiu, favorita con le russe per la vittoria. Ilgruppo delle inseguitrici comincia intanto asfaldarsi e piano piano la cinese si disfa dellecolleghe e si avvicina al gruppo della Ri-guado, delle russe e della ceca. Nel frat-tempo però le 2 russe, forse avvisate dai lorotecnici della rimonta, partono decise e fannoil vuoto. Di qui in poi le prime 2 posizionidelle classifica non saranno in discussione, lalotta resta invece per la conquista del bronzo.A scompigliare il tutto arriva dalle posizioni dirincalzo la Sokolova che raggiunge e sor-passa le avversarie con impeto ma anche conuna marcia scorretta. Questo episodio costeràforse ad Elisa le maggiori chance per la me-daglia. Difatti è questo il punto in cui la ci-nese Liu trova la forza per restare per untratto con la russa e distanziare Elisa e l’altracinese. La Rigaudo dirà poi che in fondoquesto episodio non l’ha condizionata in

modo determinante rispetto al risultato finale.Problemi nel dispositivo elettronico di comu-nicazione dei giudici faranno poi si che lasqualifica della russa Sokolova avvenga soloin prossimità dello stadio benché maturata giàsul percorso di gara. Ma comunque anche sefosse arrivata prima per Elisa i giochi erano giàfatti. Alla fine vincerà la russa Lashmanovadavanti alla compagna Kirdyapkina ed alla ci-nese Liu. Per Elisa un bellissimo quinto postoche la soddisferà come una medaglia. Dal punto di vista agonistico non c’è niente darimproverare alla nostra campionessa che hatentato il tutto per tutto in una gara che sullacarta non la vedeva tra le favorite per le me-daglie. In 6 mondiali per lei piazzamenti sem-pre entro le prime 9, ad eccezione della provadi esordio a Parigi nel 2003 e del ritiro diOsaka. I numeri la dicono lunga sulla sua car-riera che, nel frattempo l’ha anche vistabronzo agli europei ed alle Olimpiadi. Tanto dicappello. E le altre azzurre? Direi entrambe da applaudire. Eleonora Giorgiè giunta decima, dopo il quindicesimo diLondra, dimostrando una crescita costante.1H30’01 il tempo finale che è vicino al suopersonale. Ora serve il salto di qualità veroche va ricercato anche nel miglioramento tec-nico-stilistico. Il suo allenatore Gianni Perricelliè un uomo di esperienza nel mondo dellamarcia. Grande cinquantista, medaglia dibronzo agli europei e argento ai mondiali, hapoi seguito, agli esordi come allenatore, Per-rone ed Alfridi dal 2002 fino alla conclusionedella carriera delle 2 campionesse ed ora stàfacendo crescere questa ragazza. Se Gianni

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saprà lavorare con impegno sulla facilità diazione e sulla scioltezza la strada dellaGiorgi appare luminosa. Tredicesima si è in-vece classificata Antonella Palmisano che,dopo un periodo pieno di successi nellecategorie giovanili, si era un po’ persa.Cambiata guida tecnica, affidandosi a Pa-trizio Parcesepe, pare aver ritrovato la stradasmarrita. Quest’anno ha già conquistato lamedaglia di bronzo agli Europei Under 23(in questa stessa gara Elisa Rigaudo vinsel’oro, mentre all’esordio nel mondiale asso-luto di Parigi fu quindicesima, per poi con-tinuare con la carriera che ho ricordato). An-tonella qui a Mosca ha saputo finire colprimato personale (1h30’50) e questo è ungrande segnale di maturità e di possibilitàfuture. Certamente in questo momento lamarcia azzurra è molto “rosa”. Il tritticodella marcia si conclude il 14 Agosto con la50 Km. Nella notte un grande temporaleinonda Mosca di acqua ma all’ora dellagara il tempo si è già rimesso al bello. Que-sto potrebbe essere un problema per gliatleti visto che l’acqua caduta aumenteràl’umidità. I russi avrebbero voluto domi-nare questa gara partendo in testa sin dalprimo metro ma il risultato finale è statomolto diverso. Quasi 30 Km di fuga per i 2rappresentanti russi accompagnati primadai polacchi, quindi dall’astraliano Tallent edinfine affiancati dall’irlandese Heffermanche li ha lasciati sul posto attorno al qua-rantesimo chilometro per trionfare in3h37’56 che è un tempo di assoluto valoree ancor più con questo clima. Dietro haretto come ha potuto il russo Ryzhov men-

tre terzo è giunto l’australiano Tallent in granderimonta nella fase 35-45 Km per poi control-lare le forze rimastegli negli ultimi 5 Km. I no-stri portacolori fanno la loro parte ma molto lon-tano dalle migliori posizioni e mai protagonisti. De Luca marcia in 3h48’05 sui suoi standardcon una gara a cronometro dove si è confron-tato più con se stesso che con gli altri e chiudeal quindicesimo posto. Nkouloukidi chiude in3h54’ sui suoi standard e molto di più non glisi poteva chiedere. Caporaso è rimasto lontanodai suoi valori, ma all’esordio in un grandeevento e in condizioni atmosferiche non facilinon posso criticarlo più di tanto, anche per luiperò sarà necessaria una seria riflessione sullaprogrammazione e sul lavoro da fare. Alcune considerazioni finali. Siamo ad unasvolta per la specialità. A mio avviso la sceltafederale di non nominare dei capi settore, perspecialità come quella della marcia ma nonsolo, potrebbe essere un grande auto goal.Pare importante che si ritorni a fare gruppo perfar crescere i pochi talenti che abbiamo. Un segnale importante lo avremo il prossimoanno per la Coppa del Mondo. Se le voci checircolano circa una rinuncia alla spedizionecon le squadre complete (20 e 50 Km ma-schili, 20 Km femminile e 10 Km Juniores ma-schili e femminili) verranno confermate daifatti allora sarà il segnale che questa federa-zione non intende investire sulla specialità edil futuro non potrà essere che difficile. Natu-ralmente non bisogna solo guardare ai miglioried alle squadre nazionali ed allora aggiungoche l’investimento della Fidal sulla specialitàdovrà essere globale ed interessare anche la ri-forma del Campionato di Società e l’incentiva-zione all’organizzazione delle gare. Inoltre con un Grand Prix Iaaf a disposizioneper far fare esperienza ai nostri atleti migliori,e anche a quelli di seconda schiera, è incon-cepibile che nessuno in federazione pensi adiscrivere i nostri perlomeno nelle tappe euro-

pee, investendo poche risorse per ottenerne unritorno certamente importante perlomeno sottoil profilo dell’esperienza per atleti e tecnici.Ecco perché sostengo che serva un capo set-tore che riesca a portare le istanze e le esigenzedi allenamento e programmazione del settoremarcia nelle stanze dei bottoni. La marcia anche in questi anni non splendentiha sempre saputo portare medaglie a livellogiovanile, ed anche quest’anno è successo aglieuropei under 23 e a quelli juniores ed allievi,la tradizione tecnica e sportiva ci piazza tra lenazioni più prestigiose a livello mondiale nelsettore della marcia, se questo non basta aconvincere la Fidal dell’importanza di conti-nuare ad aiutare la crescita del movimento al-lora, ancor più della precedente gestione, an-drà a questa la responsabilità di aver distruttoun movimento così importante e prestigiosodell’atletica italiana. Saluto quindi queste gare mondiali di marcia aMosca, che hanno avuto un significato un po’particolare per me, con un pensiero che ancorauna volta mi porta a paragonare oggi con ieri:quante cose uguali, ma soprattutto quantecose diverse da quel giorno di 33 anni faquando l’oro risplendeva sulla marcia azzurra.

La marcia, anche in questianni non splendenti, hasempre saputo portaremedaglie a livello giovanile.La tradizione tecnica e sportiva ci piazza tra lenazioni più prestigiose a livello mondiale in questo settore

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sceltipervoi

Perché...prevenire è megliodi curare!

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I vantaggi dati dall'utilizzo

delle solette Noene sono molteplici,

alcuni si percepisconoimmediatamente

altri nei giorni successivi l'utilizzo

“Ho contattato Noene nel 2012, per-ché avevo un problema di metatar-salgia e ho ricevuto le solette SP01,

spesse 1mm, da provare. Siccome il mio problema era anche po-sturale, dopo una serie di esami un orto-pedico ha creato un plantare anatomicoappositamente per me, però mi risultavatroppo rigido. Allora ho provato a combi-nare i due sistemi: ho applicato le soletteinizialmente sotto e poi sopra il plantareanatomico, e sono riuscito a risolvere imiei problemi. Noene toglie un po' di rigidezza al plan-tare e la differenza si sente, soprattuttodopo aver corso un bel po' di chilometri.Io corro Ultra Trail e il 95% della mia at-tività si svolge su sentieri di montagna esterrati, gare anche molto lunghe che du-rano giorni; quando si comincia a staresui piedi per più ore, anche quel poco di

scarico in più nell'impatto si sente. Ammortizzare i colpi, so-

prattutto in discesa,permette poi diavere beneficio

anche nei giornisuccessivi e a

lungo andare: glieffetti di questo

sport su articola-zioni e schiena

sul lungo periodosi sentono.

Diciamo che pre-venire è meglio di

curare! Un altro aspetto po-sitivo è dato dallawww.noene-italia.com

Marco ZanchiAtleta ultratrailer

del team Iz Sky Racing. Due convocazioni in nazionale

per i mondiali di Ultratrail.

leggerezza e dallo spessore di solo 1mmdel modello SP01: le solette troppospesse, infatti, danno un po' di ammor-tizzamento, ma creano spessore e co-stringono a cambiare numero di scarpa,con il rischio che durante la corsa si for-mino vesciche; con queste solette si puòcontinuare a correre con le scarpe disempre, senza che cambi il peso o lospessore”.

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Intervista a Marco Vola, ultra-marato-neta pinerolese che fa parte del “4 de-sert club”, ristretto gruppo di finisher

delle gare nei più impegnativi deserti delmondo. «Mi piacciono i raid lunghi – so-stiene – ma solo se vengono proposti atappe. Nel trail si sta esagerando nel pro-porre gare troppo lunghe e rischiose, chenon permettono pause e recuperi»

«Sto preparando il mio zaino, non è laprima volta che parto per una gara im-pegnativa, ma questa volta non so pro-prio come farò a farci stare tutto…».

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Ultra trail? Sì, se corso a tappedi Gualtiero Falco

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STRADA

Anche gli specialisti dell’ultra-trail comeMarco Vola, pinerolese che ha corso prati-camente in tutti i deserti del pianeta, tal-volta si trovano in difficoltà, almeno neipreparativi.«Sto per festeggiare il mio compleanno (60anni il 30 agosto, n.d.r.) con una gara chemi manca ancora, la “Grand to Grand”,una ultra di 273 km in 6 tappe che si di-sputa a fine settembre sui sentieri delGrand Canyon, unica gara in autosuffi-cienza del genere negli USA».Marco non ha scoperto questa dura spe-cialità soltanto ieri: ha infatti già corso 3volte la Marathon des Sables, la 100 kmin Tunisia, la 100 Miglia in Namibia, si ècimentato nei deserti della Giordania e del-l’Australia e poi, ciliegina sulla torta, haportato a termine la mitica “4 desert”, cheprevede gare nel Sahara (il deserto piùcaldo), nei Gobi (il più ventoso), nell’Ata-cama (il più arido e in quota), e in Antar-tide (quello più freddo), figurando ora didiritto, tra l’altro quale miglior ultracin-quantenne, nel ristretto “4 desert club”.«Intendiamoci, mi piacciono l’avventura ele corse estreme, ma è necessario che que-sto “estremo” sia in qualche modo calco-lato, che non vi siano rischi. Credo infattiche nel mondo del Trail si stia esagerandoun po’: perché percorrere in una sola voltadistanze incredibili con dislivelli esagerati emagari in condizioni proibitive? Meglio af-frontare le fatiche a tappe, anche conprove lunghe e impegnative, ma avendo lapossibilità, di tanto in tanto, di mangiare edi riposare. Le “ultra a tappe” sono quindiquelle che preferisco».

Perché questa grande passione per ideserti?

«Io sono un “montagnino” – risponde sor-ridendo (Pinerolo, dove Marco è titolare

Intervista a Marco Vola, ultra-maratoneta che ha corso nei più impegnativideserti del mondo

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Il corpo umano è una macchina eccezionale. Se la testa c’è e decide che bisogna andare, il corpo la segue e va avanti, tirando fuori energie che non immaginavi di avere

della libreria “Volare”, si trova ai piedi delMonviso, n.d.r.) -. La ricerca dei grandispazi e del silenzio fa quindi parte di me,io amo il silenzio e la solitudine. Non vadoa correre o marciare in questi luoghi per“ritrovare me stesso”, come molti sosten-gono: partecipo a queste gare perché sisvolgono in posti magnifici, sovente inac-cessibili se non in occasione della manife-stazione. Inoltre, dal momento che tiprepari alla partenza fino al traguardo, rie-sci a “staccare” con il mondo intero. Neideserti non c’è gente, non c’è confusione,ci sei tu e il tuo respiro».

Come ti prepari a queste imprese?

«Correndo a lungo, con lo zaino a spalleda 7/8 kg, sulle montagne e sugli sterratidel pinerolese. Uscite da 4/ 5 ore, a ritmimolto lenti. Lavoro sulla resistenza e sulrecupero: da gennaio ad agosto, nono-stante il mio lavoro che mi tiene impe-gnato 10 ore al giorno in libreria, ho

tirando fuori energie che non immaginavidi avere. Se mentalmente non sei pronto,il corpo molla e dice che è ora di fermarsi.Questo tipo di gare ti insegna a conoscertimeglio, sicuramente».

Ora questa gara negli USA e poi? Haiun sogno nel cassetto?

«No, assolutamente. Fino a quando il mioorganismo lo permetterà, continuerò a cor-rere. Il mondo è pieno di luoghi magnificida visitare e di gare stupende da affrontare.Finché riuscirò mi porrò degli obiettivi epoi… vivrò di ricordi». Naturalmente belli,diciamo noi!

percorso oltre 2.500 km. Un tempo cor-revo la maratona e gare più brevi, ma mifacevo sempre male. La corsa lunga elenta, evitando l’asfalto, è stata la soluzionegiusta per me: da quando ho scelto l’ultra-trail non ho più male alle ginocchia e misento meglio».

Cosa ti hanno insegnato queste garefaticose nei deserti?

«Che il corpo umano è una macchina ec-cezionale. Io, francamente, non conosco imiei limiti: se la testa c’è e decide che bi-sogna andare, il corpo la segue e va avanti,

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Programmare la stagione ed indivi-duare una serie di manifestazioniinteressanti, è sempre utile, per fi-

nalizzare la propria condizione atletica.Ecco alcuni consigli di come selezionare edindividuare le manifestazioni meglio orga-nizzate.Ad oggi, esiste una vastissima scelta dimanifestazioni, ed ognuna di esse celebrasempre molti atleti, la media è di circa150-200 partecipanti, quindi raramente cisi troverà a correre da soli. Le fonti d’informazione per individuare ca-lendari e località sono: siti internet e rivistedel settore, e non ultimi, i forum online disettore.

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Trail running,come sceglierela tua garadi Andrea Fergola

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STRADA

La vicinanza al luogo di residenza facilitala partecipazione, ma la ricerca di gare piùlontane, potrebbe essere anche un'occa-sione per una piacevole vacanza, alla sco-perta di luoghi ed itinerari nuovi. Identificata la manifestazione, si dovrannotrovare sul sito una serie di indicazioni,non occorre essere necessariamente deitop-runner, ma bensì dei camminatori benallenati, in possesso della certificazionemedica per l’attività agonistica, meglio setesserati con un associazione sportiva pervia delle coperture assicurative, quindi: • ultima cosa a cui interessarsi è il famo-

sissimo pacco gara, di solito prevedeuna serie di gadget promozionali. La ma-glia da finisher spesso è un bel ricordoda ostentare con gli amici per l’impresacompiuta, ma per indossarla, bisogne-rebbe arrivare in fondo tutti interi;

• verificate sempre, se la lunghezza deltracciato gara sia alla vostra portata. Setentati da ultra distanze (per “ultra” s’in-tende il superamento della distanza ca-nonica dei 42 km), bisognerà esseresempre consci del proprio stato di forma,ed avere nelle gambe molti chilometri,rischioso improvvisare;

• oltre alla distanza, dovreste sempre tro-vare il profilo altimetrico, sicuro indice difatica. Osservatelo molto bene, in que-sto, il grafico dovrebbe indicare le quotemassime da raggiungere e relativi disli-velli su sviluppo chilometrico;

• un regolamento ben dettagliato e chenon lasci spazio ad interpretazioni, siconsiglia sempre, di leggerlo con moltaattenzione;

• non sottovalutate mai le distanze brevi,potrebbero nascondere difficoltà tecni-che inaspettate, quindi è sempre meglioinformarsi sulla morfologia del territorio;

Informazioni e consigli per individuare le manifestazioni meglio organizzate

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Esiste una vastissima sceltadi manifestazioni, ed ognuna di esse celebrasempre molti atleti, la media è di circa 150-200 partecipanti,quindi raramente ci si troverà a correre da soli• indicazioni sui punti di controllo, di soc-

corso e la loro geo-referenziazione, datoimportantissimo in caso di necessità;

• la distanza tra i ristori e di che tipo, sesolo idrici oppure anche alimentari, ov-viamente più le distanze si allunghe-ranno, più questo dato dovrà esserepreciso;

• le gare meglio organizzate, metterannoa disposizione due elementi importan-tissimi: la cartografia del tracciato garae la traccia GPX, file generato dai recentistrumenti GPS, liberamente scaricabili,per poterli poi trasferire successivamentesul vostro apparecchio satellitare;

• indicazioni sul tipo di segnaletica che siincontrerà lungo il tracciato gara; cartelli,bandelle, frecce dipinte su rocce, ed illoro colore. Ovviamente dovranno esseredifferenti dai segnavia ufficiali di quellazona;

• cancelli orari: barriere orarie stabilitedagli organizzatori per questioni di sicu-rezza, se non si dovessero superare intempo, dovrebbe essere garantita l’eva-cuazione dal tracciato. Generalmente,vengono predisposti per un andaturamedia dei 4 km/h, a meno che non sitratti di skyrace, che diversamente daitrail, sono una competizione molto piùaccesa e quindi l’andatura media è piùelevata (c.a. 6/7 km/h );

• leggere con attenzione il programmaproposto sugli eventi pre e post gara. Siconsiglia vivamente, di prendere parte albriefing pre-gara, che dovrebbe detta-gliare il percorso, le caratteristiche e lesue difficoltà tecniche, generalmentevengono anche elargite notizie culturalisulla location molto interessanti;

• un'organizzazione attenta e scrupolosa

camminare fuori strada

darà sempre indicazioni in merito alleprevisioni meteo. Esiste un limite di si-curezza, oltre al quale, non si può pen-sare di sviluppare la manifestazione, ilbuon senso dovrà sempre prevalere inentrambe le direzioni, dove non arrival’organizzazione, dovrà arrivarci il con-corrente;

• conseguentemente a queste indicazioni,si dovrà prevedere un equipaggiamentotecnico idoneo. Il materiale obbligatorioimposto dall’organizzazione, alle volte,non è sempre completo. Integratelo inbase alla vostra esperienza, ed al vostro

buon senso, un buona informazione inquesta direzione non guasta mai.

Questi sono i principali consigli, per faredelle scelte più oculate. Raccomandazioni: tutto quello che gravitaintorno alla manifestazione come sponsor,pasta party, pacchi gara, beneficenza, con-certi, sagre, festeggiamenti vari, dovrannoessere tenuti si in considerazione, macome cornice della manifestazione e maicome primario requisito di scelta. La vostra sicurezza viene prima di tutto…buon trail! Per info [email protected]

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Porsi nuovi e stimolanti traguardi ènella natura del genere umano dasempre, conoscere poi e affrontare

ambienti naturali di grande fascino come ildeserto, nella storia, ha sempre ispiratoschiere di avventurosi pionieri e affascina-to altrettanti scrittori estasiati dalle suggestioniche questi immensi ambienti naturali san-no trasmettere.Ebbene queste stesse affascinanti suggestionile può provare chiunque si avventuri in que-sti ambienti tanto più se li affronta cammi-nando con le proprie forze e con i propri rit-mi e con la tranquillità di essere supporta-to da una organizzazione affidabile.In questa rubrica tratteremo, in tre puntate,tutti quegli aspetti che compongono unabuona preparazione psicofisica rivolta a co-loro che aspirano ad affrontare questa av-ventura, pur impegnativa, ma alla portata ditutti. Questa manifestazione, della durata di

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di Luca Zaramella

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STRADA

una settimana, si svolgerà tra fine aprile ei primi di maggio dell’anno prossimo (2014)con uno sviluppo complessivo di 100 kmda coprire camminando e spingendo con latecnica del Nordic Walking in cinque tap-pe rispettivamente di 23, 26, 9, 32 e 10chilometri. Il tempo quindi non manca perprepararsi adeguatamente senza affanno perarrivare pronti a questo appuntamentounico nel suo genere. È indubbio che una avventura come que-sta non può essere improvvisata ma deveessere preparata con attenzione sapendo in-nanzitutto a chi ci si affiderà per l’organiz-zazione logistica e la sicurezza in questo am-biente decisamente suggestivo ma altrettantopoco ospitale.A questo riguardo ci sarà utile sapere chela Zitowey-Adventure e il suo fondatoreAdriano Zito (organizzattori dell’evento)vantano una esperienza ultraventennale suavventure in africa e da oltre sedici annisono organizzatori di eventi running nel de-serto e sono unanimemente riconosciuti, alivello internazionale, tra quelli di maggiorqualità. Tutto questo, peraltro, testato per-sonalmente da chi vi scrive in quanto neldeserto li ho conosciuti e apprezzati per laloro professionalità.Veniamo a noi addentrandoci nei consigliche cercherò di trasmettervi senza trattaretabelle e schemi tecnici ma trasferendovi lamia esperienza maturata in trent’anni di at-tività sportiva, alpinistica e d’avventura ingiro per il mondo.Volendo iniziare dall’elemento più impor-tante da preparare, posizionato nella som-mità del nostro corpo, inizieremo dalla te-sta o meglio dal cervello che in avventurecome queste è l’elemento più importante dapreparare in quanto sarà l’unico che non do-vrà mai arrivare ad esaurire la propria ener-gia motivazionale e propulsiva. In effetti qualsiasi preparazione tecnico-atle-

Il deserto ha sempreispirato schiere di avventurosi pionieri e affascinato altrettantiscrittori estasiati dalle suggestioni che questi immensiambienti naturali sanno trasmettere

Come prepararela 100 kmdel Sahara

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27 aprile - 3 maggio 20141^ EDIZIONE

*100 km in 5 tappe (23 - 26 - 9 - 32 - 10)

WWW.NORDICWALKINGINSAHARA.COM

in Nordic Walkinga tappe*

Camminaredentro un’emozione...

Ottobre Novembre 2013 / camminare 23

tica è trascurabile se non c’è una nostra for-te motivazione a spingerci verso questa sfi-da in un ambiente che ha la capacità di ge-nerare emozioni così intense e indelebili chespesso… o meglio sempre… riescono a tra-sformare coloro che affrontano il deserto.Io ne sono testimone, il deserto, quando loconosci, ti strega, ti affascina, ti stupiscecome nessun altro ambiente naturale. Volere è potere, mai così poche parole han-no sinteticamente riassunto quello cheserve per essere alla partenza e all’arrivo diquesta sfida che rimarrà sicuramente for-giata nella vostra vita.Quindi l’allenamento mentale dovrà consi-stere nel prepararci ad affrontare alcuniaspetti come la valutazione mentale dei no-stri limiti sulle distanze da percorrere con-dizionata non solo da aspetti fisico-atleticima da limiti mentali radicati dalle nostre abi-tudini.È pur vero che il nostro limite fisico è quel-lo che il nostro cervello ci fa provare, con-dizionandoci nell’avvertire la stanchezza,quindi sarà nostro compito spostare questolimite un po’ più avanti rispetto a quanto sia-mo abituati a per correre. “Ma io ce la posso fare?”Posso rispondere alla domanda che più vol-te mi è stata rivolta con un si.Chiunque sia in buona salute, senza esse-re un atleta agonista, può affrontare tran-quillamente questa avventura con unanormale preparazione che tratteremo nelprossimo numero.Quindi la prima risposta che dovremmo dareal nostro cervello è si, si anch’io ce la pos-so fare. Per azionare questo convincimen-to, forse non così immediato per tutti, è in-dispensabile fissare chiaramente l’obbietti-vo nella nostra testa, senza rinvii scuse dub-bi o perplessità. La data della partenza el’obbiettivo devono essere caricati come unproiettile in un’arma (la nostra testa) pron-ta a sparare tutte quelle potenzialità che nor-malmente non usiamo o addirittura non co-nosciamo di avere. Tenete presente che unapersona normale, anche se sportiva, sfrut-ta solo il 30% del proprio potenziale che inquesta circostanza cercheremo di risvegliare. Un’attraversata come questa,100 km a tap-pe e a passo di nordic walking, per comeè organizzata non richiede prestazioni cosìparticolari in quanto il progredire sullasabbia con la motricità della camminata coni bastoncini risulta la tecnica più efficace perquesto tipo di terreno. Un po’ di forza fisi-ca e una buona forza mentale saranno suf-ficienti per affrontare questo viaggio e po-terlo gustare fino in fondo.

Elemento essenziale quindi sarà prendereconfidenza, progressivamente (poi ve-dremmo come), con maggiori distanze e conaspetti visivi che normalmente ci condizio-nano e suggestionano.Guardare lontano, in termini di distanza, ne-gli ambienti antropizzati in cui viviamo in ef-fetti e quasi impossibile, non siamo abituatia vedere spazi aperti fino all’orizzonte e sa-pere che camminando dovremmo percor-rerli. Quindi ci dovremmo abituare, nei li-miti del possibile, a frequentare, cammi-nando, spazi aperti e molto panoramici cosìda abituare la nostra mente a non influen-zare la nostra performance caricandola dipreoccupazioni inutili. Altro elemento sarà

quello di abituarci a camminare da soli edascoltare il nostro passo in silenzio. Questoservirà per acquisire quella abitudine a ge-stire il ritmo a noi più congeniale dosandolosulle lunghe distanze, colloquiando con ilnostro io per poterci rilassare camminandocon l’obbiettivo di limitare la sensazione difatica per poter apprezzare quelle sensazionieccezionali che il deserto vi farà provare. Èindubbio che un viaggio così vi farà prova-re delle sensazioni molto intime al limite delmistico, avvertirete come sarà necessarioascoltare il proprio corpo con un confrontocontinuo per portarvi sempre più avanti sen-za quasi accorgervene. Vi aspetto alla prossima puntata.

camminare fuori strada

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di Andrea Fergola

Savignone, in provincia di Genova, non è si-curamente una località blasonata, nonostan-te goda di una storia molto interessante.Ma da quando è “rinata” la pro loco, da ungruppo di cittadini con le idee ben chiare, eccoche da misconosciuta località, si è trasformatain un laboratorio di idee per la promozione delproprio territorio. È da qui, quasi per caso, che ha inizio unagiornata di ordinaria felicità. Avere a che fare con un contesto appennini-co, parte integrante del parco Antola, dove im-pera il castagno e il mantenimento della retesentieristica, comporta molte risorse umane,oltre che economiche. Ma veniamo al nostro sabato... una volta ri-sistemati parte dei sentieri, il passo succes-sivo è quello di presentarlo ai propri concit-tadini. Il tutto viene presentato in una serata prece-dente al fatidico sabato del villaggio, di fron-te ad un nutrito pubblico, si promuovono rac-comandazioni ai genitori e bambini, che sa-ranno impegnati nell’uscita; zainetto, piccolariserva idrica e alimentare, calzature idonee,seguita da alcune nozioni di fauna e flora delterritorio, suggerimenti sulle giuste abitudini ali-mentari. Giunge la giornata di sabato, il cielo lavato dauna recente perturbazione, rende i colori bril-lanti e l’aria frizzante. Davanti al Team Ergus una trentina di bam-bini di varie età, il più piccolo avrà 5 anni eil più grande 12 e da più lontano i genitori os-

servano i piccoli camminatori in fibrillazione. Indossate le pettorine fluorescenti per esserepiù visibili, si parte. Una ripida salita verso il famoso SIC (Sito In-teresse Culturale) denominato Conglomeratodi Savignone (ndr), prima difficoltà tecnica. Ovviamente, i responsabili della pro loco, perlenire gli sforzi delle giovani leve, hanno fat-to trovare la focaccia genovese al primo pun-to di ristoro. Successivamente ci si immergenel fitto bosco, dove una sottile traccia di sen-tiero fa intuire il cammino. Poco dopo inizia

REPORTcamminare fuori strada

Il trail running non è solouna disciplina sportiva, ma anche uno stile di vita,che inizia sempre dal gestopiù semplice e mai banaledel camminare

la discesa, comprendendo che il camminaresui sentieri è divertente, le aspettative di cor-sa devono essere soddisfatte. Vedere i bam-bini, saltellare nel bosco è emozionante.L’agilità di alcuni stupisce gli accompagnato-ri, l’istinto nel superare le difficoltà tecniche conestrema facilità è una dote innata, che si puòallenare. Raggiunta la meta del nostro percorso, l’ac-coglienza è degna di una grande manifesta-zione sportiva. Ad attendere le giovani leve deltrail, una tavolata ricca di torte e dolci ed ungruppo di volontari della pro loco savignone-se, che applaudono tutti i partecipanti, degnaconclusione per chi ha speso molte energie nelpercorrere il breve, ma non banale tragitto. Adesso, non ci rimane, che attendere una nuo-va esperienza come questa. Nonostante ven-ga promossa da alcuni anni, non ha ancorascoraggiato i ragazzi, si per dire, della ErgusTrail Team, nella speranza che non si sco-raggino neppure i ragazzi della pro loco di Sa-vignone. Info: [email protected]

Un sabato...nel villaggio

© Marco Goglino

© Marco Goglino

TRAIL DEI FIESCHIDomenica 20 ottobre

partenza dalle 8.30 alle 9.30Palazzo Fieschi•Savignone

21 Km di percorso • 1270 D+

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Ottobre Novembre 2013 /camminare 25

di Tiziana Bonetto

Quando la gara si sposa con la natura

Ho deciso di concludere l’anno dei miei 50anni affrontando questa nuova avventura.Nuova a 360°, perché non ho mai fatto untrail, non ho fatto allenamenti in questo set-tore e più nuova ancora perché da quandosono nata si può dire che non sono mai an-data a camminare in montagna!

La mattina sveglia presto e dopo una riccacolazione a base di carboidrati mi ritrovocon gli amici Carla, Gianfri, Giuseppina,Minirosi e Pier per raggiungere il punto dipartenza di questo trail, diviso in: corto di23 Km e lungo di 43.Lo start è previsto per le 7 e quando rag-giungiamo Crissolo è ancora buio, ma c’è giàgran fermento, c’è chi controlla di aver tuttoil necessario nello zainetto, chi fa riscalda-mento muscolare e chi come me va al barper un ultimo caffè prima dell’inizio gara. Ciavviamo alla stazione di partenza, gli addettici controllano il chip, il pettorale e poi… unpaio di foto ancora… ecco che, dopo i salutie gli auguri di un buon cammino da partedegli organizzatori, pronti el VIA.È sempre un’emozione vedere il fiume dipersone vestite dai mille colori che invadela via principale di una cittadina, piccola ogrande che sia.

Così inizia questa passeggiata a me deltutto sconosciuta.Ho scelto di portare con me i bastoncini datrekking, non sapendo come è il percorsoforse mi potranno aiutare.Il percorso non è così male all’inizio, cisono i volontari che, con gli occhi ancorapieni di sonno, mi salutano e mi indicanoda che parte mi devo dirigere.Il fiume di persone man mano che passa iltempo si dirada, ognuno ha i propri tempidettati dal proprio passo, è una competi-zione individuale, quindi è giusto così!Di tanto in tanto oltrepasso qualcuno, masono molte volte oltrepassata!Il paesaggio che si presenta è spettacolare,la maestosità delle montagne ti fa sentirepiccolo su quei sentieri, l’erba è verde ac-ceso, i primi raggi di sole fanno brillare larugiada e le acque del fiume Po saltellanosulle rocce adagiate sul suo letto.Alzo gli occhi e il cielo è di un azzurro in-tenso che poche volte da queste parti lo sipuò vedere così.A volte con chi mi affianca scambio alcuneparole, si fa “quell’amicizia”, per quel trattodi strada, che ti aiuta a proseguire.Arrivo al Pian della Regina, a quello del Ree poi affianco il Lago Fiorenza, tutto è unospettacolo che ti invoglia a fermarti e ascattare delle foto.Il tratto che sicuramente ho amato meno èquello sulla pietraia, ed è qui che ho ap-prezzato l’aver portato i bastonciniAl Rifugio Quintino Sella tramite il chip se-gnalano il mio passaggio e si fa colazione,i punti ristoro sono molto ben forniti.Ci sono parecchi escursionisti che mi sa-lutano e mi incitano a proseguire.Raggiungo l’ultimo ristoro, mi dicono chedi lì è tutta discesa, non è vero, ma pur sa-pendolo, in certi momenti è quello chevuoi sentire!In lontananza vedo una grande nuvola av-vicinarsi,il mio pensiero va a chi fa il“lungo”, bene o male io sono oltre metàpercorso.Ad un tratto la nebbia invade i pascoli, nonè più visibile la vallata, si sentono solo lecampane delle mucche e le marmotte fi-schiare.La nebbia mi avvolge, il primo pensiero èche potrei perdermi, ma ecco che le ban-

A volte scambio alcuneparole con chi mi affianca,si fa “quell’amicizia”, per quel tratto di strada,che ti aiuta a proseguiredierine rosse sventolano una dopo l’altra arassicurarmi e indicarmi la via, un plausoagli organizzatori che ottimamente hannosegnalato il percorso!Non penso neppure per un attimo a fer-marmi, ho voglia di arrivare alla fine e ciarrivo, dei miei compagni (tranne per Pierche ha corso il “lungo”) sono l’ultima, madopo 5h e 25min. taglio anch’io il tra-guardo e per me, solamente per me, è unagrande vittoria.

Sono passati alcuni giorni dal 1° settem-bre e quando ripercorro con la mente quelgiorno mi dico che se non mi fossi iscrittaalla gara (sebbene quella dei 20 non fossecompetitiva) forse non l’avrei vissuta inquesto modo, perché tagliare il traguardo,non importa come primo o ultimo concor-rente, aumenta la propria gioia e auto-stima.Un grande in bocca al lupo a tutti coloroche faranno l’esperienza nelle prossimeedizioni!

REPORTcamminare fuori strada

o

Un’esperienza dalTourMonvisoTrail

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Ottobre Novembre 2013 / camminare 26

La Stracôni è il tradizionale appuntamentodell’autunno cuneese. Domenica 10 novem-bre tutti in piazza Galimberti, per dare il viadalle ore 9, alla 31a edizione della camminataaperta a tutti. Il percorso si snoda per 8 kmnella cittadina e transita nel verde del parcofluviale del Gesso. All’evento possono partecipare anche gliamici a 4 zampe con i loro accompagnatorie la partenza sarà alle 9,15. La Stracôni è da sempre sinonimo di solida-rietà, l’obiettivo è di aiutare le piccole asso-ciazioni sportive e le scuole, per promuoverel’attività tra i giovani. Il costo dell’iscrizione è di5 euro, ed è limitato ai 15mila partecipanti edarà diritto: al pettorale, alla Stracôni Card, alportachiave raffigurante Duccio Galimberti ead una confezione Fruttuosi alle pere Wil-liams. Le iscrizioni per gli amici a 4 zampe costano8 euro (5 per accompagnatore e 3 per ilcane) e si chiuderanno il 7 novembre. Ogniaccompagnatore riceverà gli stessi riconosci-menti della Stracôni e il cane un diploma dipartecipazione, una vaschetta e una confe-zione di crocchette Monge.

Stracôni, quando il cammino è solidarietà

EVENTOStracôni

Domenica 10 novembretutti in piazza Galimbertialla partenza della 31ª edizione della tradizionalecamminata dell'autunno cuneese

PERCORSO DI 8 KMPiazza Galimberti, Corso Nizza, Corso Santorredi Santarosa, Viale degli Angeli, Discesa per Pi-sta Ciclabile, Parco della Gioventù, Via PortaMondovì, Corso Marconi, Via della Pieve, CorsoGiovanni XXIII°, Via Bono, Via Roma, Piazza Ga-limberti.

ISCRIZIONIdal 3 ottobre al 7 novembreCosto dell'iscrizione: € 5,00• A.S.D. IL PODIO: Corso Dante, 25 - CUNEO

Tel. 0171 631954• BOTTA & B: Corso Nizza, 7 - CUNEO

Tel. 0171 690310• BOTTA & B: Piazza C. Battisti, 3 - MONDOVÌ

Tel. 0174 42130• DOG SERVICE: Via Spielberg, 104 - SALUZZO

Tel. 0175 218648Le iscrizioni chiudono il 7 novembre o al raggiungimento dei 15.000 iscrittiPer info: Tel. 0171 631954

Con gli amici a 4 zampe il costo è di € 8,00 (accompagnatore € 5,00 e cane € 3,00).Punti iscrizione:• A.S.D. IL PODIO: Corso Dante, 25 - CUNEO• DOG SERVICE Presso i punti vendita di:

Cuneo, Saluzzo, Borgo San Dalmazzo, Mondovì

Il VILLAGGIO STRACÔNI Dall’8 al 10 verrà allestito nella suggestiva PiazzaGalimberti, con i suoi 45 stand espositivi è di-ventata un'interessante vetrina su realtà econo-miche del nostro territorio, sullo sport e sullapromozione turistica di Cuneo, della Provincia edella Regione.Fanno parte dell'area espositiva 10 stand allestitida Enti ed Associazioni locali che operano nel vo-lontariato.L'ingresso è gratuito e seguirà il seguente orario: Venerdì 17,00/ 19,30Sabato 10,00/12,30 - 15,00/19,30Domenica 8,00/12,30 - 14,30/18,00

INFOwww.straconi.it

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Ci troviamo a Predazzo in provinciadi Trento nella Val di Fiemme, l’ap-puntamento è per le 9.00 davanti

alla chiesa, dove Pino Dellasega, puntuale,ci aspetta.Incontrarlo nella sua Predazzo, dove è natoe vive da sempre, è come incontrarlo nelsalotto di casa.Gentile, riservato, si presenta come unuomo di montagna, sempre attento a nonesagerare nelle emozioni e accorto nellostudiare il suo interlocutore.È sicuramente la persona che più hascritto, trattato e sviluppato nella disciplinadel Nordic Walking (camminata nordica)in Italia, anche se non è il precursore diquesta disciplina, che ha sviluppato con isuoi libri sulla materia (ad oggi tre) e conla creazione ,insieme a Fabio Moretti, dellaScuola Italiana Nordic Walking.Chiediamo a Pino quale futuro vede inquesta disciplina e lui, sicuro, ci spiegacome questa attività sportiva possa essereuna opportunità per le zone di montagnadiventando il motore di un’economia verdeper portare delle persone “normali” (senzacapacità atletiche o velleità alpinistiche) ascoprire un territorio come la montagna epiù in generale tutte quelle aree verdi diparticolare interesse che nel nostro paeseabbondano. Questa attività motoria o di-sciplina sportiva che si voglia dire non pre-suppone infatti investimenti onerosi peressere svolta, richiedendo solo la valoriz-zazione e il riordino della viabilità pedonalee dei sentieri esistenti.Pino con il Nordic Walking ha una visioneecocompatibile dell’economia di monta-gna, con un turismo che si possa svilup-pare in tutte le stagioni e aperto a tutticoloro che ricercano benessere fisico e psi-chico camminando, che a suo dire è ciò dicui le persone hanno maggior necessità.

di Luca Zaramella

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Trekking del Cristo pensanteemozioni profonde

CON I

BASTONCINITECNICA

Pino Dellasega:il motore verde della montagna è il Nordic Walking

Di questo è un esempio il suo trekking delCristo Pensante che ha attirato sul PassoRolle, nelle Dolomiti, in particolare sulMonte Castellazzo, in pochi anni molte piùpersone di un impianto per lo sci. È un itinerario semplice sotto il profiloescursionistico, alla portata di qualsiasinormale camminatore, ma con ha la ca-pacità di regalare emozioni profonde in unambiente di ineguagliabile bellezza.Il far camminare le persone con regolaritàè un obbiettivo che sta perseguendo ancheil Servizio Sanitario Nazionale, attraverso iconsigli e le prescrizioni dei medici di base,in quanto questa semplice attività motoria

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camminarecon i bastoncini

mette al riparo tutti, ma proprio tutti, dauna serie di patologie diffuse nella popola-zione adulta. È anche per questo motivo che la cammi-nata nordica (Nordic Walking) si sta svi-luppando in Italia ed in Europa con unavelocità mai riscontrata prima d’ora in unaattività sportiva. Chiediamo allora a Pino cosa sia il l’UrbanNordic che si sta sviluppando nelle città.Lui preciso ci descrive come questo adat-tamento della camminata nordica sia la ri-sposta urbana ad una attività motoria nataper muoversi nella natura. Un adatta-mento ad una esigenza cittadina di cam-minare nei parchi urbani e nei centristorici, un nuovo modo di visitare le città edi praticare movimento nei centri urbani

dove è pur vero che vivono grandi quan-tità di persone. Volendo curiosare nella sua storia gli chie-diamo come questa passione sia iniziata elui, partendo da lontano, ci racconta chequesta disciplina già la usava negli anni“70 quando atleta delle Fiamme Giallenelle disciplina dello sci nordico e orien-teering la usava nelle stagioni senza nevecome allenamento lungo del fine settimanao come potenziamento nella corsa in salitacon la spinta dei bastoncini.Tutto si è poi sviluppato con un corso spe-cifico che fece (… anche lui come allievo)nel 2005 al quale seguì, dopo un po’ dipratica, un corso istruttori e da lì in cre-scendo sviluppando sempre più la tecnicasino alla creazione nel 2008 della ScuolaItaliana Nordic Walking.Oggi vede la sua passione essere diventataquasi una professione nello sviluppo enella continua ricerca su questa disciplina.Il camminare lo porta a riflessioni pro-fonde, alla ricerca di nuovi stimoli, dinuove emozioni, di una continua ricerca dinuove esperienze anche spirituali lungo icammini legati ad antichi pellegrinaggicome il “Cammino di Santiago De Compo-stela”, all’attraversata della Palestina o in

ha tutte le potenzialità per essere svilup-pato in una federazione riconosciuta dalCONI qualora ci sia la volontà da parte delComitato Olimpico Nazionale di ricono-scere anche gli sport non agonistici chehanno la grande capacità di far praticare amilioni di persone attività fisica rivolta nonalla prestazione legata al risultato ma bensìal mantenimento o al recupero di un be-nessere psicofisico. E per il futuro cosa ha in serbo Pino Della-sega? Ci parla allora di una avventura in pro-gramma per l’anno prossimo (2014). Par-teciperà ad un evento unico nel suo genereed in particolare per il Nordic Walking cheesce dagli schemi tradizionali e approdaper la prima volta in Nord Africa, la “100km del Sahara in Nordic Walking” nel suddella Tunisia dall’oasi di Ksar Ghilane al-l’oasi di Douz. Per chi come me, ci dice Pino con un piz-zico di emozione, cammina da una vita inmontagna , il deserto è il giusto completa-mento di un percorso interiore che va oltrel’aspetto puro della sfida, è una ricerca diqualche cosa di diverso che non tieneconto della velocità di percorrenza mabensì di ricerca e ascolto del silenzio chesa parlare al cuore, del nulla apparenteche invece è tutto. Montagna e deserto,due opposti che nella storia del mondosono stati i grandi riferimenti di grandi uo-mini. Pensiamo a Gesù che quando do-veva parlare alle folle saliva la montagna equando invece aveva bisogno della medi-tazione si ritirava nel deserto. Non sono nei chilometri ne la velocità che contano maper me è importante vivere questa espe-rienza con il gruppo, affiancando i mieipassi con quelli dei miei compagni di av-ventura, avanzare superando una dunadietro l’altra, sentire la calura del sole chesi perde nell’inimitabile tramonto e i mu-scoli che passo dopo passo si adeguano alnuovo terreno, sconosciuto ma amico nel-l’intimo. Ho voglia di seguire il camminodella sabbia mossa dal vento che si fondeogni notte con le stelle. Nel deserto sentoche sono a casa e nelle poche esperienzeche ho avuto in questo ambiente la sensa-zione è sempre quella di essere ritornatoin un posto conosciuto, chissà dove equando, ma che mi fa star bene e mi ca-rica di entusiasmo, mi fa tornare bambinocon la voglia di riscoprire qualche cosa dinuovo, di trovare nel nulla l’infinito, nelledune dorate senza vita la risposta alla vitastessa.

Dalle montagne ai deserti africani: la prossima sfida di Pino Dellasega

Grecia sulla via dei grandi Filosofi. Il suoconvincimento è che le persone che rie-scono in questo mondo, inflazionato di su-perficialità e tecnologie che allontananosempre più dalla natura, sono quelle chericercano strenuamente le condizioni chedesiderano e se non le trovano le creano. Ci evidenzia come il suo convincimento,per altro messo in pratica, è che ci sianoancora tante cose che si possono realizzaresapendo guardare dentro di noi cercandodi abbassare le difese ed aprendo la mentealle continue novità. Per il futuro di questa disciplina vede delleenormi potenzialità di sviluppo e crescitaauspicando la nascita di un organismo chepossa fare sintesi delle realtà oggi esistenticodificando in maniera univoca la tecnica.Il mondo del Nordic Walking secondo Pino

Pino DellasegaNato a Predazzo (Trento) il 5 gennaio 1955,maestro di sci di fondo e snowboard, istrut-tore internazionale di Nordic Walking, istrut-tore e cartografo di orienteering, allenatore disci di fondo.Ha fatto parte per 27 anni del Gruppo SciatoriFiamme Gialle di Predazzo.Nell’orienteering ha partecipato a 11 Cam-pionati del Mondo e conquistato 17 titoli diCampione Italiano Assoluto. Ha scritto cinque libri: “Nordic Walking –camminare con i bastoncini”, “Emozione Nor-dic Walking” “ Nordic Walking per la Hoepli”,“Il Cristo pensante delle Dolomiti” ed “Emo-zioni dal libro di vetta”Ha ideato e tracciato il Trekking del Cristopensante delle Dolomiti ed il Trekking delleLeggende di Fiemme, Fassa e Primiero.Nel 2008 ha fondato la Scuola Italiana di Nor-dic Walking ed ha formato oltre duemilaistruttori che svolgono l’attività in tutta Italia.Nel 2009 ha inventato e brevettato il BrainWalking, metodo innovativo di formazioneaziendale.Da solo o con il Team Vitali e altre società diformazione, ha seguito la formazione out-door delle seguenti Aziende e Gruppi: Enel, Te-lecom Lab, Quadrifor, Pro Cycling Liquigas,Acea Electrabel, Acquedotto del Fiora, TecnicaGroup, Umbra Acque, Cassa Rurale Rovereto,Comitato Campionati del Mondo Fiemme2013, Starpool.

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camminarecon i bastoncini

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REPORT

Venezia... a passo di Nordic WalkingCamminare nella Venezia dei locali, nel si-lenzio di calli e campielli, lontani dallerotte del turismo, è un’emozione irrinun-ciabile, nell’unica città al mondo senzaauto nè strade. A passo di Nordic Walking, la camminatanordica con l’ausilio di bastoncini, oltre1300 sportivi, neofiti e appassionati pro-venienti da sette Paesi si sono addentrati,domenica 22 settembre, in vicoli scono-sciuti che si perdono lungo piccoli canalinei due percorsi di 10 e 16 km di “NordicWalking in Venice”. Un modo inedito discoprire gli anfratti più nascosti di Venezia,a passo lento, tra ponti, calli, campielli deisestieri di Santa Croce, Dorsoduro, Can-naregio e Castello, transitando in luoghi in-soliti di unica bellezza e con vedutemozzafiato. Da soli o a piccoli gruppi, a Venezia sicammina nella storia, sulle 118 isole chela compongono, divise da oltre 200 canalie collegate da 417 ponti, adornate da pic-cole chiese, palazzi settecenteschi e gio-ielli architettonici di rara bellezza.Percorrendo un piccolo vicolo, si svolta eall’improvviso lo sguardo si sofferma sul-

l’imponente Arsenale, sviluppato suun'area di oltre 320.000 metri quadrati,circa un quinto dell'intera città, cuore del-l'industria navale veneziana a partire dalXII secolo, visitato anche da Dante Alighieri(nel 1321) che lo citò su una terzina delXXI canto dell'Inferno.Dall’Arsenale, costeggiando la laguna, sigiunge in pochi minuti ai Giardini, chetrasformano “Nordic Walking in Venice”in un indimenticabile momento di festa eamicizia. Per i walkers di tutto il mondo, prossimaedizione a settembre 2014,www.nordicwalkinvenice.com

Oltre 1300 gli sportivi, neofiti e appassionati,alla scoperta dei vicoli più nascosti di Venezia

Città d’arte a passo di Nordic WalkingNel 2014 a Venezia e Roma, nel 2015 a Firenze

Camminare nella storia, su selciati millenaricircondati da opere d’arte senza tempo, su-scita emozioni uniche e arricchisce lo spi-rito. Nasce così il “Progetto Città d’arte”con la prima edizione, a Roma a giugno2014 , di “Nordic Walking in Rome” lungo unpercorso di 10 km nei luoghi più suggestividella città eterna. Si prosegue a settembrea Venezia, per la quarta edizione di “NordicWalking in Venice” e, nell’aprile 2015 a Fi-renze, per la prima edizione di “Nordic Wal-king in Florence”, alla scoperta dei capola-vori dei più grandi maestri d’arte italiani. IlProgetto Città d’Arte nasce dalla collabora-zione tra Nordic Walking Mestre, societàorganizzatrice nordicwalkinvenice e ScuolaItaliana Nordic Walking.

di Laura Colognesi

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Quando sei gambe sono meglio di... 2!

In questi ultimi anni, l’esigenza ed ildesiderio di “riscoprire” il piacere dicamminare, ha stimolato l’organizza-

zione di svariate attività, nonché la nascitadi nuove proposte.Abbiamo assistito così, su tutto il territorionazionale, al moltiplicarsi di iniziative tipocorse, trekking, marce non competitive,escursioni, sempre con il tema comune delmuoversi all’aria aperta.Anche la Valle d'Aosta, regione prevalente-mente montana, si è attivata per attirare tu-risti e offrire nuove proposte ai valligiani. Un esempio pratico arriva, dall’ammini-strazione comunale di Verrayes, che ha de-ciso di creare un “Nordic Walking Park”,alle pendici della Becca d’Aver e della CimaLonghède, alture che dominano dai loro2400 metri il territorio cittadino. Si tratta di una serie di itinerari, ben se-gnalati con cartelli a basso impatto am-bientale, che si snodano nei boschi e nei pa-scoli, che circondano la zona di Champlong,dove è anche presente un’area pic-nic.

Un modo diverso di frequentare la montagna e si rivolge a chi ama le passeggiate in mezzoalla natura con gli animali

camminare con i cani

La bellezza di questo posto è da favola: unlaghetto, fitti boschi di larici ed abeti dalricco sottobosco, verdi praterie ed un pa-norama mozzafiato, che spazia sulle mon-tagne circostanti. I percorsi variano per lunghezza e diffi-coltà. Si va dal percorso più breve, di circa2 km, che passa accanto ad un larice se-colare, ai due percorsi medi, di cui uno saleai piedi della Cima Longhède, con possibi-lità di percorrere un lungo tratto molto pa-noramico, mentre l’altro domina dall’alto laRiserva naturale di Loson, un’area protetta,dove la particolarità del clima ha favorito laformazione di uno degli ambienti umidipiù interessanti dell’arco alpino. Questi ul-timi due percorsi possono sommarsi, otte-nendo così un percorso lungo quasi 9 km. Un’area così bella, dotata di percorsi giàdettagliatamente segnalati, si presta ad es-sere utilizzato anche per un’altra attività,peraltro assimilabile al nordic walking: ildog trekking. È un modo diverso di frequentare la mon-

di Maurizio Pagliarini

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tagna e si rivolge a chi ama le passeggiatein mezzo alla natura e gli animali; è ne-cessario, ovviamente, avere affiatamento eamore nei confronti del miglior amico del-l’uomo.Questa originale specialità sportiva non èsemplicemente stare insieme al propriocane. Il dog trekking consiste nel correre oppurecamminare, principalmente su sentieri dimontagna o su percorsi sterrati, utilizzandoun particolare “guinzaglio”, che assomigliamolto a quello utilizzato nello sleddog in-vernale per trainare le slitte. Nel dog trekking, l’accompagnatore im-braga il cane, agganciando con un mo-schettone una corda di un paio di metri al-l’imbragatura; dall’altro capo, la medesimacorda, è fissata ad un apposito cinturoneindossato dall’accompagnatore.Anche le origini di tale disciplina si pos-sono accomunare al nordic walking. Tale pratica, è nata verso la fine degli anniottanta, per rispondere all’esigenza di alle-namento estivo da parte dei Mushers (con-duttori delle slitte trainate dai cani nellapratica dello sleddog) con i loro cani. Unendo questa necessità all’amore per lamontagna di molti di loro, ecco che il dogtrekking inizia ad essere conosciuto e pra-ticato su tutto l’arco alpino. Vennero organizzate anche le prime gareed in breve tempo il successo fu tale, che

camminare con i cani

Un’area così bella,dotata di percorsisegnalati, si presta ad essereutilizzata per ildog trekking

Canicross Italia ha organizzato nel 2013una serie di eventi in diverse località. Nel territorio di Verrayes, in località GrandVilla, hanno sede le associazioni Cani CrossItalia e Italiana dog trekking. È stato quasi spontaneo, per i responsabilidella disciplina, pensare di proporre l’uti-lizzo dei percorsi del nordic walking park diChamplong, come itinerari utilizzabili per ildog trekking e l'amministrazione comunalesi è dimostrata molto sensibile all'iniziativa. Si tratta, del primo centro di dog trekkingnato in Italia, dove si può passeggiare conil proprio cane, avendo a disposizione per-corsi diversi, sia per dislivello sia per lun-ghezza, dislocati a 1600 metri di altitudine.All’ingresso del nordic walking park è si-tuato un cartellone, con la descrizione diogni singolo percorso (peraltro tutti ben se-gnalati). Nella seconda metà di settembreè stato organizzato Blancheneige e la caricadei 101 raduno di nordic walking e dogtrekking.Info: www.dogtrekkingitalia.it

prese vita anche un Campionato italiano didog trekking. Sull’onda del successo e della curiosità chela disciplina aveva suscitato, nacquero an-che discipline assimilabili come dog bike edog kart, che negli anni successivi, gra-dualmente, persero popolarità.Il numero degli appassionati della disci-plina è comunque ancora molto alto. Perquesto motivo è stata fondata l’Associa-zione Canicross Italia. Lo scopo principale è quello di raggrupparechi, nel più totale rispetto dell’ambiente edell’amico a quattro zampe, intende prati-care il dog trekking, escursionistico, av-venturoso o con semplici passeggiate conuna regola fondamentale: affiatamento eamicizia tra uomo e animale. Obiettivo importante è quello di creare mo-menti di aggregazione e di socializzazione,sia per i proprietari sia per i cani.

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Tra il settembre del 2013 e l’aprile 2015 leggeremo spesso di Resistenza, di guerra civilee di violenza. Cade il settantesimo anniversario dei mesi che separano l’8 settembre 1943dal 25 aprile 1945. C’è da temere che si parlerà soprattutto della violenza degli uomini con-tro se stessi. Rimane invece da studiare la persecuzione che i libri hanno dovuto tollerare du-rante le catastrofi del Novecento. Storie di roghi, ma anche biblioteche salvate dalla furia delMale. In Italia sono state le Alpi a fare da sfondo a questo epos libresco. Giornali e riviste siriempiranno, nei prossimi due anni, di cartine che ci ricorderanno le stragi contro inermi,le vittime delle rappresaglie, dei bombardamenti, le fucilazioni, le vendette del 1943-1945.Forse è giunto il momento di ricordare anche le lacrime e il sangue dei libri e di chi li scrisse.Per ripercorrere la storia dell’arco alpino occidentale possiamo appoggiarci ai lavori di JeanLouis Panicacci uno storico d’eccellenza, che conosce il confine Francia-Italia meglio di chiun-que altro, avendo ricostruito con ultradecennale lavoro di scavo, la geografia e la storia delleAlpi Marittime. Con i suoi volumi alla mano si può camminare e imparare risalendo a zig zage cucendo quello che la storia ha lacerato: Liguria, Piemonte, Alpes Maritimes, Savoye, valled’Aosta, Canton Ticino. La geografia che vogliamo riscoprire oggi non è quella delle carneficine: si tratta di riscoprireluoghi, dove pensieri originali vennero elaborati senza disporre del tempo necessario per es-sere pensati compiutamente. Come ogni ricerca, anche questa richiede una cartografia. Pro-viamo a tracciare una bozza di atlante. Non i luoghi dei sepolcri, ma i punti dove nuovi li-bri furono pensati senza essere completati o irrimediabilmente perduti in seguito a unbombardamento, un rastrellamento tedesco, una rappresaglia, un incendio.

finisterredi Alberto Cavaglion

I luoghi dove scrittoripensarono libriche la follia della guerraspazzò via

Marcia della memorialacrime e sangue dei libri

Guéret (Francia)Marc Bloch ha fissato qui sulla carta geo-grafica il punto di partenza della nostramarcia della memoria. La storia, durante iconflitti, si prende una rivincita sugli storici,ma non li neutralizza. Poco prima di entrarenelle fila della Resistenza francese, scrive ilsuo libro più famoso, La strana disfatta.Bloch fa sua una domanda che risale alleorigini della storiografia classica: “Dob-biamo dunque credere che la storia ci haingannati?” Braccato dai tedeschi, Blochsfugge alla cattura, infine raggiunge i suoicompagni saliti a combattere, ma trova il

Roquebillière (Francia) Nei giorni che precedono la “strana di-sfatta”, viene scritto un capolavoro della let-teratura e anche della storia politica d’Eu-ropa: Buio a mezzogiorno di ArthurKoestler.

raccoglimento necessario per mettersi a ta-volino e difendere la storia dai suoi nega-tori scrivendo l’apologia del proprio me-stiere. Nel 1942 entra nel movimentoFranc-Tireur con il nome di Narbonne. In-sieme ad altri 16 partigiani viene fucilatonei dintorni di Lione il 16 giugno 1944.

Libri checamminano

LEO LOEWENTHAL, Il rogo dei libri, Genova, Il Melangolo, 1991

PAOLO VEZIANO, Sanremo. Una nuova comunitàebraica nell’Italia fascista 1937-1945, con un contributo di G. Schiavoni suWalter Benjamin a Sanremo, ReggioEmilia, Diabasis, 2007

J.-LOUIS PANICACCI, L’occupation italienne Sud-Est de laFrance juin 1940-septembre 1943, Rennes, Presses Universitaires deRennes, 2010

ALBERTO CAVAGLION, La Resistenza spiegata a mia figlia, nuova ed. Vicenza, BEAT, 2012(cap. «La Resistenza nei libri»)

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Sanremo (Italia, Liguria) È il luogo di un doppio ricordo: Italo Cal-vino, con il Sentiero dei nidi di ragno fonderacconto a paesaggio dell’entroterra sanre-mese, su fogli sottratti alla distruzione, ma-noscritti che avrebbero potuto svanire nelnulla come, sempre a Sanremo, nel nullasono svanite le due valigie (zwei Koffer) dicarte che Walter Benjamin, studioso di ca-taloghi librari insigne e collezionista luistesso, portava con sé nella sua fuga senzafine attraverso l’Europa. Destino vuole chele due valigie siano sparite nella città diCalvino, a Sanremo, dove la moglie diBenjamin, Dora, gestiva una pensioncina,la Villa Verde. Per cercare di recuperarequelle valigie, si muoverà dopo la fine dellaguerra anche Gershom Scholem, purtropposenza risultato.

Canavese e valli di Lanzo (Torino) Nell’autunno 1943 il critico musicale Mas-simo Mila va in montagna, e qui continuaa studiare i classici della letteratura ita-liana e tedesca, come aveva fatto in carceresotto il fascismo, quando aveva iniziato alavorare alla traduzione delle Affinità elet-tive di Goethe, che esce nel 1943 e permolti anni rimarrà insuperata. In Mila non c’è soluzione di continuità frastudio in prigione e studio in montagna. Ese nel 1944 si propone di curare un’edi-zione delle lettere politiche di Dante, cuiaveva già pensato durante la permanenzaa Regina Coeli, è il grande ritorno della sto-ria della musica, che contraddistingue il pe-riodo della libertà ritrovata. La prima edi-zione della Breve storia della musica vedela luce nel 1944.

Sanremo

Torre Pellice

Roquebillière

Guéret

Valle di Lanzo

Dégioz

Torre Pellice (Torino) Fra 1943 e 1944, Franco Venturi e la mo-glie Gigliola (una coraggiosissima donna-partigiana oltre che una valente tradut-trice) trovano il tempo di lavoraresull’inquieto nobile piemontese su cuiaveva fermato la sua attenzione già PieroGobetti, Alberto Radicati di Passerano. Netraducono, per la prima volta, nei ritagli ditempo, fra una missione e l’altra, alcuneopere. Nella tradizione orale dei compagnidi banda è proprio la figura di Venturi adessere sempre associata ad un libro. È no-tissimo, anche fuori della cerchia dei suoipartigiani, l’aneddoto che lo vede intingereun pezzo di pane nel miele mentre leggeMontesquieu con tanto coinvolgimento danon scorgere la lunga fila di formiche chedal barattolo sale verso la sua bocca senzache l’occhio si distragga dalla pagina.

Dégioz (Valsavarenche, Aosta) Federico Chabod ha dedicato le sue migliorienergie durante i mesi della Resistenza perportare a conclusione la Storia della politicaestera italiana dal 1870 al 1914. Il ma-noscritto, nelle condizioni in cui si trovavanell’inverno 1943-’44, s’intreccia con latormentata rielaborazione di una serie di le-

zioni tenute da Chabod all’Università diMilano ancora nell’inverno 1943-’44.Come molte persone di cui abbiamo parlatoanche Chabod, sebbene già fosse il grandestorico che era, sale a Dégioz trascinato daun’onda. Tutti gli appunti erano saliti con luiin Valsavarenche, non lontano dagli al-peggi delle grange Djouan, ai 2150 metridell’alta valle, da dove deriva il ceppo fa-migliare degli Chabod. Quando il 6 no-vembre 1944, a seguito dei rastrellamentitedeschi, Chabod deve riparare in Francia,prima di attraversare il colle della Galisiaverso la val d’Isère, decide di seppellire, vi-cino alla baita dove era solito studiare, lesue carte, i suoi libri. Per gli storici le cartehanno un valore identico al valore della vitaumana. Sono un corpo vivo, non un corpomorto, perciò dovrebbero più attraenti deicadaveri, anche se oggi la necrostoria hapiù numerosi adepti della storia dei libriperduti o salvati. Non si può riaprire oggi laStoria della politica estera italiana dal 1870al 1914 di Chabod senza riconoscerel’odore del fieno degli alpeggi di Djouan,senza riascoltare il vento dei ghiacciai. Il 10maggio 1945, appena ritornato da Parigi,Federico Chabod giunge trafelato in Prefet-tura ad Aosta con un unico desiderio, cheva oltre il timore che la valle d’Aosta fossesacrificata alla Francia, per le mire espan-sionistiche di De Gaulle, non immemoredella “pugnalata alla schiena” del 1940.Chabod non aveva altro in mente che re-cuperare le carte del suo libro: “La suaprima richiesta era di una macchina percorrere a Valsavarenche a vedere se i librie gli appunti erano tuttora nel nascondigliodove li aveva lasciati. Poche ore più tardi ri-compariva raggiante: le carte erano salve!”.

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I Monti Dauni, al confine tra Puglia, Molise e Campania sono stati una cerniera natu-rale di collegamento tra le Vie Francigene del sud e gli imbarchi pugliesi per la Terra-santa, porta d’accesso della transumanza dall’Abruzzo alla Capitanata. Terre di pastori,braccianti e contadini divenuti briganti per la violenta politica di annessione dell’esercitosabaudo, riconciliati con l’Italia e con l’Europa dalle nuove politiche d’intervento della Re-gione Puglia, oggi accolgono pellegrini e viaggiatori offrendo ospitalità, tradizioni cultu-rali e antica gastronomia, in una cornice di colline e paesaggi suggestivi. I comuni deiMonti Dauni sono una trentina, in gran parte arroccati su speroni di roccia calcarea.Molti di essi sono annoverati fra i Borghi più belli d’Italia e collegati da una rete infinitadi tratturi, mulattiere e sentieri che opportunamente mappati e valorizzati si preparanoad essere proposti ai circuiti nazionali di escursionismo e di trekking.Le tre tappe di questo itinerario, nello scenario del Lago di Occhito, sono parte della ri-cerca in corso nel territorio della Daunia Settentrionale.

Itinerari in Italiadi Vito Paticchia

Tre tappe nella Daunia settentrionaledove lo sguardo spaziatra Puglia, Molise eCampania

I crinali dei Monti Dauni e le acque di Occhito

Pellegrini bresciani sul crinale di Monte Ingotto, a San Marco La Catola

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Tra le magiche atmosfere del Lago di Occhito sono state girate le scene del film “Child K” nella Germania degli anni 1938-1939

1a tappa: Avellaneta (S. Marco La Catola)Monte Miano, CarlantinoMte S. GiovanniPunto di partenza di questo anello escur-sionistico è l’agriturismo Avellaneta (643m), nel comune di S. Marco La Catola(FG): tappa del pellegrinaggio francescanoche da Rieti conduce a Monte S. Angelo eal centro di una rete di sentieri che a rag-giera lo collegano a diversi comuni dellaDaunia.Una lunga carrareccia bianca fra filari dinoci e noccioli (da cui il toponimo spa-gnolo di Avellaneta) collega l’agriturismoalla SP 2. A pochi metri, a destra, dire-zione NE, Pian del Sorbo (712 m) e l’ini-zio del sentiero 102 che salendo a monteIngotto (878 m) attraversa la faggeta dimonte Orlando (974 m) e in località Triolo(812 m) si dirama per Pietramontecorvinoo per Castelnuovo della Daunia. Noi in-vece ci dirigiamo a sinistra, direzione NW,e percorse poche centinaia di metri im-bocchiamo il sentiero 101 per monteMiano e Carlantino, nostra prima tappa. Lastrada è in salita, ampia, con fondo insassi e si affaccia, a nord, nell’ampio val-lone del Bosco di Celenza, uno dei nume-rosi rimboschimenti avviati dallo Stato neldopoguerra per rallentare la massicciaemigrazione verso l’Europa, le Americhe eil Nord d’Italia. Salendo in cima al crinale,siamo in località “Le Serre” (793 m), to-ponimo del massiccio roccioso che siestende per qualche chilometro fino amonte Miano (785 m). Luogo in granparte arido, estrema propaggine orientalesannita, è tuttora luogo di pascolo e di rac-colta di origano di qualità profumatissima.Sulla nostra destra, con regolare cadenzadi qualche centinaio di metri, i pozzetti dicontrollo dell’Acquedotto pugliese che tro-veremo fino alle porte del paese. Superatoun rilievo, ci appare la prima delle due torridell’Acquedotto che insieme all’altra postapoco più avanti su monte Miano, segna vi-sivamente l’intero profilo delle Serre. Fram-menti di bosco di roverelle, arbusti diprugnolo, cespugli di rovi e ginestre si al-ternano lungo il crinale, insieme a qualchecampo di coltivo strappato a fatica da unterreno sassoso e poco produttivo. Lasciataalle spalle una stazione di rilevamento didati agrometeorologici, si prosegue su ret-tilineo in compagnia di qualche omino insasso e rari segnavia bianco/rosso. Alla no-stra sinistra, a sud-ovest, lo sguardo spa-zia sul lago artificiale di Occhito;

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sull’abitato di Celenza Valfortore arroccatosu di una collina; sul Santuario Madonnadelle Grazie, aperto ai pellegrini; sul qua-drivio stradale, località Macchia delle For-che, dove si riconoscono la piattaformaverde dell’Eliporto, il grande edificio biancodel Relais S. Pietro con ristorante e piscine,un distributore di benzina. Raggiunta la torre di monte Miano, inestate punto di osservazione delle squadreantincendio, dall’alto della nostra posizionepossiamo vedere, in direzione NW, l’interotracciato per Carlantino e monte S. Gio-vanni. Da monte Miano si scende con fortependenza fino ad incrociare la strada che,a destra, direzione NE, porta alla vicinacava e prosegue su sterrato fino a Casal-vecchio di Puglia, seguendo la linea delgasdotto. Il nostro sentiero, invece, attra-versata la strada, prosegue diritto a nord,tagliando a metà campi di grano che si al-ternano a campi di girasole o di legumi-nose. Poi raggiunge e costeggia in salita

L'agriturismo Avellaneta immerso nel verde del Bosco San Cristoforo

Sguardo panoramico sul Lago di Occhito e su Celenza Valfortore

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un’area boscata fino ad una staccionatache invita ad entrare in un bosco ceduo diroverelle lasciandosi alle spalle l’ultimocampo coltivato di questa collina. Il sen-tiero dentro il bosco è ben evidente, confondo di sassi misti a terra scura, si snodaper diverse centinaia di metri ed esce in-crociando un tratturo che corre su di unampio pianoro: Piano Iamele. Qui ritro-viamo i pozzetti dell’Acquedotto, in partedivelti e capovolti dall’arroganza di certainvasiva agricoltura meccanizzata, che, peravere ampi spazi coltivabili, spazza viaqualsiasi ostacolo: infrastrutture civili, ru-deri di antichi insediamenti, tratturi, fossi,canali, alberi, siepi, cespugli e sassi…tutto spianato distruggendo e asportandotestimonianze storiche, pertinenze dema-niali, microcosmi e habitat di specie diflora e fauna che garantirebbero biodiver-sità e varietà di paesaggi, parte anch’essidella ricchezza e dell’attrattività di un terri-torio. Poco meno di mezz’ora per attraver-

sare l’intero pianoro ed incrociare unastrada comunale parallela alla SP 2 da cuici stacchiamo per dirigerci, in salita, versoun grande ripetitore posto in cima ad uncolle. Si passa dietro il cimitero, si superaun’altra stazione di rilevamento di datiagrometeorologici e si prosegue costeg-giando la rete di recinzione degli impiantisportivi fino ad un segnale di stop, supe-rato il quale si entra nell’abitato di Carlan-tino (558 m). Antico insediamentosannita, dopo che le tribù daune eranostate respinte verso la pianura, fu presidioromano dopo la sconfitta di Annibale esuccessivamente presidio longobardo,come confermerebbero gli scavi a monteS. Giovanni, verso il quale ci dirigiamo. Siattraversa il cuore del paese percorrendoneil corso principale sul quale si affacciano imonumenti e gli edifici civili e religiosidella comunità, le Scuole con la Piazza delmercato, il Municipio, la Fontana monu-mentale con il cartello per la Diga di Oc-

chito (che noi raggiungeremo per altra via,su sterrato), il Giardino pubblico con il Mo-numento ai caduti della 1a e 2a Guerramondiale, la chiesa di S. Donato (XVI se-colo). Arrivati in fondo alla strada, si scendein direzione della chiesa della SS Annun-ziata (XV secolo). Dalla omonima Piazzaantistante l’edificio, si stacca a sx, in dire-zione SW, la strada che utilizzeremo perraggiungere il lago di Occhito. Ora la metaè in alto, di fronte a noi, monte S. Giovanni(640 m). Si costeggia il muro di conteni-mento del giardino e, prima del campanile,una lapide ricorda Carmine Colucci “onestoe insigne amministratore costantementeimpegnato per lo sviluppo sociale e cultu-rale di questa cittadina”. La strada è in fortesalita, panoramica, con fondo prima inasfalto, poi in cemento, infine in mattoniprefabbricati. Una rampa selciata conduceal pannello illustrativo dello scavo archeo-logico che ha permesso di portare alla lucela struttura di un’estesa chiesa medievale:

1a tappaAvellaneta (643 m) Monte Miano (785 m) Carlantino (558 m) SS Annunziata (550 m)Mte S. Giovanni (640 m)Lunghezza: 15 kmTempi di percorrenza: 4 hDislivello: +300 -395

2a tappaCarlantino (558 m)Lago di Occhito (200 m)Masseria Gruttolo (244 m)Maniero Cerulli (273 m)Lunghezza: 25 kmTempi di percorrenza: 6h 30’Dislivello: +150 -400

3a tappaManiero Cerulli (273 m)Celenza Valfortore (497 m)Laterizi (300 m)Masseria Fascia (405 m)S. Marco La Catola (683 m)Avellaneta (643 m)Lunghezza*: 17 km (15,5)Tempi di percorrenza*: 4h 30’ (5 h)Dislivello*: +550 -250 (+850 -450)* tra parentesi l’itinerario con discesa e risalita dal Vallone S. Cristoforo

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S. Giovanni Maggiore. Di essa c’è docu-mentazione certa nel 774 d. C., quando ilprincipe longobardo di Benevento Arechi IIne fece dono al monastero femminile diSanta Sofia. Come per la gran parte dellestrutture medievali edificate su posizionidominanti, siano esse di natura civile o re-ligiosa, anche qui sono emerse testimo-nianze anteriori: grossi muri con unatessitura a grandi blocchi di dimensioni ir-regolari, farebbero pensare a un impiantodifensivo sannita, ma si attende confermadagli esperti ministeriali della Soprinten-denza.Si ritorna in paese concludendo la nostraprima tappa presso il Resort Rachele, in viaSpezia, 15: ci attende, domani, una tappadi 25 km.

2a tappa: CarlantinoLago di OcchitoMasseria GruttoloManiero Cerulli Dalla Piazza SS Annunziata si prende a sx,direzione NW, la stradina che passando da-vanti ad un antico lavatoio scende con fortependenza verso il lago di Occhito, obiettivodella escursione odierna. Affacciati sullastrada, orti e piccole recinzioni per animalida cortile, parte integrante di una econo-mia di sopravvivenza e di resistenza ai pro-dotti della moderna distribuzionealimentare. Dopo un tratto in asfalto, la-sciando sulla destra una prima stradabianca che porta ad una stalla ed una se-conda di accesso a coltivi, si supera unamasseria per ritrovare, abbandonato, ungrande edificio rurale in sasso, dopo ilquale il sentiero si divide: si prende a de-stra, direzione NW, e superata una baraccain lamiera, si apre in tutta la sua bellezza ilpanorama della biforcazione della diga diOcchito con la corona delle suggestive col-line sud-orientali del Molise. In lontananza,su di una collina, la masseria Pisano, cheraggiungiamo in quindici minuti attraver-sando la Morgia dei Tresi, una particolareformazione geologica di granito e calcare dicui troveremo altre manifestazioni nel corsodi questa escursione. Superata la masse-ria, poche centinaia di metri ci separanodalla confluenza nella sottostante strada fo-restale che in poco meno di mezz’ora ciconduce alla diga e allo sbarramento da cuipossiamo ammirare l’intera costruzione. Ora ci attende la strada forestale che dallosbarramento alla foce del fosso Gruttolo co-

steggia l’intero fianco occidentale dell’in-vaso: sono 18,00 chilometri di una carra-bile che con dislivelli poco significativi masquarci panoramici molto suggestivi è im-mersa nella varietà delle alberature piantu-mate e in corso di piantumazione lungo iversanti del lago: in prevalenza pinod’Aleppo, roverella, cipressi di diverse spe-cie, frassino, acero, carpino e tamerici,mentre piante e fiori tipici della macchiamediterranea crescono spontanei nelle areelasciate libere dall’intervento della forestale.Regno incontrastato del nibbio e della po-iana che volteggiano indisturbati, il lago èanche meta di uccelli di passo e trampolieri.Ma tra la fine di luglio e primi di agosto diquest’anno, il fascino del lago e le sue ma-giche atmosfere sono state il contesto am-bientale che ha visto una troupecinematografica italiana impegnata nelle ri-prese del film “Child k”. Ambientato nellaGermania degli anni 1938-1939, è la sto-ria di una giovane coppia di agricoltori dellaregione baltica, la famiglia Kretshkopf, in at-tesa di un figlio maschio: al primo parto ilneonato muore; al secondo nasce, pur-troppo, deforme. Il padre, non accettandoquesto destino, dopo un violento alterco conil parroco della locale chiesa protestante,scrive una lettera a Hitler chiedendo di potersopprimere il neonato. La storia della paginapiù nera e criminale del secolo passato siintreccia così con la disperazione e i pre-giudizi di un contadino.

La fattoria Kretshkopf, costruita nella baiadel torrente Madattola in perfetto stile nor-dico, è tuttora visibile in riva al lago e la siraggiunge dopo il ponte sul fosso D’Addariolungo uno dei sentieri che conducono allago oppure scendendo direttamente daiversanti che si affacciano sull’invaso. Uscitidalla baia e superato il ponte sul Madattola,si incrocia, ad un quadrivio, la strada asfal-tata che in poco meno di un’ora e con 350m di dislivello porta a Celenza: si proseguelasciandosi alle spalle sentieri, quadrivi,campi coltivati, ruderi di antichi edifici ab-bandonati dopo gli espropri effettuati per co-struire la diga, piazzole panoramiche, baie einsenature verso le quali degradano le mar-nie e le argille della valle del Fortore. Moltomeno di un paio d’ore per arrivare alla finedella strada forestale: lo segnala, sul ver-sante occidentale e in estate, la presenza diun fondo sabbioso scandagliato da una cop-pia di fenicotteri alla ricerca di cibo; sul latoorientale, invece, la comparsa di un’enormemassa calcarea, una morgia, intorno allaquale ruota il tratto finale della strada fore-stale. Siamo alla foce del fosso Gruttolo, chequi termina la sua corsa dopo aver scavatouna gola profonda sulla cui parete occiden-tale è presente l’ingresso di una anticagrotta: sulla parete opposta, gli edifici in ab-bandono della masseria Gruttolo. Siamo altermine di questa tappa: dopo il ponte sulGruttolo, si costeggia una striscia verde dicanne palustri che si lasciano per un sen-

Il fascino del Lago di Occhito visto da Carlantino. Sullo sfondo i crinali molisani

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tiero che conduce in un’area di colline col-tivate. Davanti a noi, in alto, il profilo diCelenza Valfortore, mentre sulla sinistra, incima ad un colle, la struttura di un grandefabbricato circondato da alberi e da recin-zioni per cavalli: è il Maniero Cerulli, cheraggiungiamo percorrendo un lungo vialelastricato e ombreggiato da filari di ulivo.

3a tappa Maniero CerulliCelenza ValfortoreMasseria FasciaS. Marco La CatolaAvellanetaGuadagnato il sentiero in cemento al-l’uscita dell’azienda, volgiamo a nord-est indirezione di Celenza, ci immettiamo perpochi metri sulla strada asfaltata che la-sciamo subito per imboccare uno sterratoche sale in direzione di una masseria inpiena attività. Sul pianoro antistante l’edi-ficio, in località Crocelle, troviamo in rapidasuccessione due innesti di sentieri (il se-condo lo prenderemo più tardi per rag-giungere S. Marco La Catola) che ci la-sciamo alle spalle per proseguire fra ortirecintati, campi di ulivo, coltivi. Nel trattopiù ripido, il fondo in cemento aiuta ad ag-gredire la salita fino ad un piccolo spiazzo

rovagare e curiosare liberamente fra inso-liti squarci panoramici, portali scolpiti nellapietra, balconi in ferro battuto, la mostra direperti dell’Archeo Club, il restaurato Mu-lino D’Amico e il Convento delle Suore del-l’ordine francescano di Santa Chiara. Riguadagnata Piazza Malice, si ripercorre(in discesa) il sentiero dell’andata fino allamasseria in località Crocelle prendendo losterrato in direzione dei capannoni dellefornaci di laterizi in fondo al vallone. In-crociata la SP che collega Celenza al Pontedei Tredici Archi e alla SS 17, si percorronoalcune decine di metri verso sud. Al km 24si svolta a sx, direzione SE, su strada confondo in cemento che si lascia immediata-mente per un sentiero breccioloso che, ol-trepassato un nuovissimo ponte in calce-struzzo, dei capannoni e un edificioagricolo, diventa sterrato salendo rapida-mente in mezzo ad un noccioleto e ad uncoltivo. Dopo una curva, il sentiero correper un tratto parallelo ad un fosso e sale fradue diversi paesaggi: alla nostra sx, localitàPezza della Cercola, il bosco ceduo di ro-verelle mentre alla dx, località Valle Ciar-dina, ampi appezzamenti coltivati a granoche terminano sul crinale a quota 405dove campeggia, solitaria e maestosa, lamasseria Fascia, uno straordinario edificiostorico con torre colombaia circolare incima alla quale si staglia, su lamiera inferro, la figura stilizzata di un puledro ram-pante. Querce secolari e alberi da fruttasono pronti ad offrire momenti di breve ri-storo prima di riprendere il cammino. Da-vanti a noi, direzione sud-est, si profilanoalcuni edifici di S. Marco La Catola verso ilquale ci dirigiamo percorrendo lo sterrato

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Diga di OcchitoLa diga di sbarramento di Occhito sul fiume Fortore, posta al confine tra le regioniMolise e Puglia, è parte di un grande disegno infrastrutturale (comprendentedighe, invasi, traverse di derivazioni, nodi di ripartizione, canali adduttori, vaschepensili e torri di dissipazione) avviato dallo Stato italiano nell’immediato dopo-guerra al fine di liberare il Tavoliere dal disordine idraulico, dagli acquitrini e dallepaludi che duravano da millenni e favorire lo sviluppo economico di tutta la pro-vincia di Foggia. Attualmente l’insieme di queste opere rende disponibili 328 mi-lioni di mc di acqua per usi civili e agricoli che permettono al Tavoliere di produrregrano, olio, cereali, vino e verdure di altissima qualità e in gran quantità per tuttoil paese.Realizzata negli anni 1958-1966, la diga è una raffinata e complessa opera idrau-lica con uno sbarramento alto 60 metri; una base larga 340 m e una corona lunga432 m e larga 11 metri, aperta al traffico veicolare. La diga è costruita in unastrozzatura dell’alveo del fiume Fortore a quota 140 m. slm che si restringe a im-buto per la presenza, ai fianchi, di strati calcarei marnosi alternati a stati di marnee argille che scendono da monte a valle con una pendenza che raggiunge in al-cuni punti i 70° di pendenza. Essa poggia su di un materasso alluvionale di fondovalle con uno spessore che varia dagli 8 ai 25 metri di profondità al di sotto delquale si estende una formazione geologica calcareo-marnosa attribuibile al Mio-cene. In linea d’aria, dal Ponte dei Tredici Archi (203 m) allo sbarramento (200m), la diga è lunga 11 km, mentre la superficie dello specchio liquido alla quotadi massimo invaso supera i 14 kmq per una capienza totale di 333 milioni di mcdi acqua.

dove possiamo riprendere fiato: alla no-stra sx, direzione SW, la strada che con-duce direttamente alla diga passando da-vanti alla Pizzeria Cannavino; di fronte, lavalle su cui si affaccia l’abitato di Celenza.Un ultimo strappo e siamo nella centralis-sima Piazza Malice col suo magnifico Bel-vedere. Nel borgo, di chiara origine me-dievale, con al centro il Palazzo baronaledei Gambacorta cui si accede attraversodue delle quattro porte originarie, si può gi-

Ingresso del Maniero Cerulli a Celenza Valfortore

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che, oltrepassato un quadrivio, continuasul crinale: a est, un profondo vallone congole coperte da una vegetazione fittissima;ad ovest i profili delle colline del beneven-tano ammorbidite dai raggi del sole. Supe-rato il rudere di Casino del Monte a quota555, si entra in un tratto di sentiero che in-canta e affascina per la sua bellezza. Unalunga mulattiera si snoda in una galleriascavata fra alte pareti di arenaria e copertada rigogliosi esemplari di roverelle, carpini,frassini, aceri, pioppi e salici. Oltrepassatoun edificio in sasso, si raggiunge la stradaprovinciale che costeggiando il cimitero,termina in località Croce, dove ci attendonola fontana pubblica e i sedili della villa co-munale di S. Marco La Catola, immersi nelverde.Prima di raggiungere l’Avellaneta, nel borgosi possono visitare l’antico Convento deiCappuccini con il chiostro e la cella dovesoggiornò Padre Pio, la chiesa di S. Nicoladi Mira edificata nel 1611, i bastioni pa-noramici sotto il Castello ducale della fa-miglia Pignatelli. Due i percorsi per raggiungere l’Avellaneta,con tempi di percorrenza simili ma distanzee dislivelli differenti. Il primo, di 6 km, sisnoda su una strada asfaltata in direzionedi Pietramontecorvino. Il secondo, più corto

di 1,5 km ma più impegnativo, è tutto susterrato e mulattiere: costeggia CasinoCiardi, scende nel Vallone S. Cristoforo, ri-sale nei pressi della Masseria Petrilli, voltaa est e, superato un ponticello sul canale S.Cristoforo, entra nel bosco, direzione nord-est, costeggiando il corso del torrente finoall’agriturismo dove all’ombra di maestosealberature o ai bordi della piscina panora-mica, possiamo alleviare la nostra fatica.

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Come raggiungere S. Marco La Catola e l’AvellanetaStazione di Foggia o Lucera: linea SITA 721 per S. Marco La Catolawww.sitasudtrasporti.itStazione di Campobasso: linea SITA 720 per Bivio Motta ecoincidenza per S. Marco La Catola

In auto: da Nord, uscita Termoli A14,raggiungere Campobasso e uscita S. Marco La Catola dalla statale 17 per Foggia; da Sud, uscita Foggia A14 e statale 17per CampobassoDa S. Marco La Catola e dai paesivicini, Renato Palmieri, gestoredell’Avellaneta, garantisce sempre il servizio di collegamento con la propria azienda.

Pernottamento nei punti-tappaMasseria Avellaneta (S. Marco La Catola):347.2749067 / 346.4313632www.avellaneta.itResort Rachele (Carlantino): 0881.552314 / 338.5681578www.montidauniturismo.itManiero Cerulli (Celenza Valfortore):0881.554202 / 339.7719781www.manierocerulli.it

Paesaggi collinari nei pressi della Masseria Fascia

Resti della Masseria Gruttolo

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l’avventuradi Giorgio Garello

Una mail di Alex Bellini. Tempo prima, loascoltavo alla radio, alla trasmissione Cater-pillar. Stava attraversando l’oceano a remi,da solo. Immaginatevi cosa vuol dire remaresu una barca lunga circa 6 metri senza alcunappoggio dall’esterno e di nessun tipo, senon gli strumenti di bordo e la propria forzafisica ma soprattutto mentale.Lo ascoltavo con l’innata e sana invidia di chiammirava un ragazzo al centro di una sfidadai contorni incredibili. Spesso, nelle setti-mane della sua navigazione lo seguivo su in-ternet per capire qual’era la sua posizione.Una volta sono stato lì per mandargli unmessaggio. Nel marzo 2010 avevo già ricevuto una mailda Francesca, sua moglie, che mi chiedevaun contatto con l’azienda dove lavoro. Alexavrebbe partecipato alla gara Los Angeles-New York a piedi, cioè avrebbe attraversatodi corsa ma anche con dei bei tratti di cam-

mino gli Stati Uniti da costa a costa. Contavadi fare la traversata in 70 giorni con unamedia giornaliera di circa 75 chilometri. Con la nuova mail mi si era aperta una por-ticina che mai avrei lasciato chiudere. Potevoincontrare Alex, l’uomo che aveva attraver-sato due oceani a remi! Il contatto ci fu. Con Alex ci si è rivisti poi altre2-3 volte, e probabilmente queste sono statesufficienti per lasciar cadere un seme chenegli anni successivi ha fatto germogliarequalcosa.Ma torniamo alla mail iniziale. Alex mi chie-deva se ero disponibile a partecipare a qual-cosa che in quel momento non era neanchetroppo chiaro. La proposta era una micro av-ventura aperta a non più di 2-3 persone. Perla seconda volta mi si presentava un occa-sione che mai avrei lasciato perdere.La proposta era di percorrere l’Alta Via n.1delle Dolomiti, da Belluno a San Candido, in

L’Alta Via n.1 delleDolomiti affrontata in senso contrario

* Drone: veivolo che vola in assenza di pilota controllato daterra, dotato in questo caso di videocamera ad alta definizione.

Alex e Giorgio sulla cima del Monte Civetta

Giorgio sul caratteristico fondo del Van, un vasto catino roccioso (lungo da sud a nord 1650 m) a poca distanza dalla ferrata Tissi

una settimana. Normalmente l’Alta Via sipercorre da nord a sud: noi l’avremmo fattain senso contrario.Nei preparativi i 2-3 possibili compagni diviaggio si riducono alla nostra coppia, Alex,un montanaro navigatore e il sottoscritto, unex ultramaratoneta faticatore. L’Alta Via n.1 delle Dolomiti ha uno sviluppodi circa 140 km con un dislivello positivo dicirca 10.000 metri e normalmente la si per-corre in 12 tappe, mentre noi avremmo dop-piato qualche giornata per farla in 8. Scelto ilperiodo, iniziammo febbrilmente i preparativie lo studio del percorso Prevedevamo di sa-lire anche alcune vie ferrate, quindi servi-vano imbragatura, lounge e moschettoni.Inoltre, Alex avrebbe preparato dei filmati conl’uso, in due occasioni, di un drone* per le ri-prese aeree.

Abbracciati dalla nebbiaguidati dallo spirito

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Il gruppo del Nuvolau dal Passo Giau, al centro la Gusela

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l’AVVENTURA

La quarta tappa segnalo spartiacque tra una vacanza eun’avventura. Gli zaini iniziano adessere un tutt’uno conla nostra schiena e lenostre spalle sonoormai abituate

TAPPA 1Case Bortot (mt. 694) - Bivacco Marmol (mt. 2266)D+1704 / D-195 – Tot. km 11,5Ferrata Marmol in salitaTAPPA 2Bivacco Marmol (mt. 2266) - Cima Monte Schiara (mt. 2520) Rif. Pian di Fontana (mt. 1652)D+676 / D-1305 – Tot. km 9,5TAPPA 3Rif. Pian di Fontana (ml. 1652) - Rit. Sommariva Prampenet (mt. 1857)D+851 / D-629 – Tot. km 7Tappa 4Rif. Sommariva Prampenet (mt. 1857) - Rif. Vazzoler (mt. 1714)D+ 1470 / D-17141 – Tot. km 23Tappa 5Rit. Vazzoler (mt. 1714) - Rif. Torrani (mt. 2984)D+ 1685 / D- 460 – Tot. km 10Ferrata Tissi in salitaTAPPA 6Rif. Torrani (mt. 2984) - Cima Monte Civetta (mt. 3220) Albergo Passo Giau (mt. 2236)D+1517 / D-2243 – Tot. km 30Ferrata Alleghesi in discesaTAPPA 7Albergo Passo Giau (mt. 2236) - Rif. Fanes (mt. 2060)D+1817 / D-2118 – Tot. km 28TAPPA 8Rif. Fanes (mt. 2060) - Lago di Braies (mt. 1494)D+963 / D-1573 – Tot. km 21

La nostra vacanza avventura inizia con la ri-cerca di un posto dove dormire a Case Bor-tot, punto di partenza del giro, a una decinadi chilometri dal centro di Belluno. Trovataun’accogliente struttura appena adibita aposto tappa passiamo una serata e la nottein tranquillità.La mattina seguente, una stretta di mano eun sentiero che sale verso il rifugio 7° Alpini,da dove è possibile intravedere tra le nuvolel’attacco della nostra prima ferrata, la Mar-mol, che pur non presentando difficoltà ele-vate ci consentirà di prendere contatto con laroccia. La ferrata è spesso a strapiombo e in-castonata nella montagna, e offre panoramiunici. La giornata vola via veloce. Arriviamo al bi-vacco Marmol dopo aver salito 1700 metridi dislivello. Il bivacco è nuovo e molto ac-cogliente ed è posizionato al limitare di unsalto sul vuoto di almeno 500 metri. L’alter-narsi di sole vento e pioggia ci accompagnaverso la notte.La mattina seguente, frizzante e senza unasola nuvola, ci invita a salire in cima alloSchiera attraverso una ferrata in cresta da to-gliere il fiato. Raggiunta la vetta, qualchefoto, un video per poi tornare verso il per-

corso stabilito che con una lunga discesa ciporta al rifugio Pian di Fontana, dove passe-remo la seconda notte di cammino.Durante la terza tappa, che conduce al rifu-gio Sommariva Prampenet, incontriamo unaragazza che lavora al Sommariva e che quasitutti i giorni si spupazza un dislivello di quasi1600 metri tra andata e ritorno per andaredai vicini di rifugio a bere un caffè. Questiprimi giorni sono stati facili e leggeri, madalla quarta tappa il gioco inizierà a farsiduro. Le ore di cammino che ci hanno por-tato qui sono state a volte silenziose e medi-tate, a volte condite di chiacchiere cheseminano tra Alex e me l’inizio di un rapportoche con l’andare avanti ci porterà a creareuna vera amicizia. La quarta tappa segna lo spartiacque tra unavacanza e un’avventura. Gli zaini, il cui pesosi aggira sui 12 chili, iniziano ad essere untutt’uno con la nostra schiena e le nostrespalle sono ormai abituate al peso. Ma que-sta tappa sfiora un dislivello positivo di 1500metri e uno negativo di 1700, su una di-stanza di 23 chilometri.La giornata, assimilabile a un lungo trasferi-mento, insegna che per affrontare una tra-versata come questa la condizione fisica, la

disponibilità a mettersi in gioco, un fisicopreparato e una forte disponibilità mentalesono elementi basilari per superare quelledifficoltà che sono insite nella mente del-l’uomo. Ed è solo l’inizio.Il giorno seguente la partenza è voluta-mente ritardata per via delle riprese aereecon il drone. Il drone è un piccolo elicotte-rino a 6 pale rotanti che viene pilotato me-diante un radiocomando. Vola sopra lenostre teste e riprende parte del nostrocammino. Le immagini, assieme ad altreraccolte da noi durante la traversata, diver-ranno un cortometraggio che presenteremoalla serata finale dell’Award Film Festival diSan Candido. La conoscenza con i ragazziche ci filmano e con cui condividiamo un

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paio d’ore ci porta a concordare un altro in-contro. Decidiamo di rivederci al Passo Fal-zarego un paio di giorni dopo. Intanto però cidicono che Alex ed io, visto il luogo in cui citroviamo, potremmo fare la salita al MonteCivetta. Cambiando parte del programma,accettiamo il consiglio. La quinta e la sesta tappa ci portano ad af-frontare una doppietta di alta montagna, al-pinismo vecchio stile e allo stato puro. Lasalita al rifugio Torrani ci conduce in luoghidalla bellezza incredibile, che solo in partenascondono la fatica crescente. A 2984metri, il Torrani sarà il punto più in quota incui dormiremo, ma per arrivare lassù do-vremo inerpicarci su nevaio immenso, conpendenze vicine ai 40°, alla ricerca dell’at-tacco della ferrata Tissi. La ferrata presenta un dislivello di 500 metri.Salire in verticale garantisce grande emozionie grande fatica. A circa metà della salita lerecenti nevicate del mese di giugno nascon-dono anche parte del percorso, creando unasituazione alquanto imbarazzante. Scenderenon avrebbe avuto senso, vista l’ora pomeri-diana. Per salire avremmo dovuto tirare fuoridalla neve consolidata un tratto di quasi 5metri di cavo d’acciaio. Tuttavia, dopo averguadagnato circa metà della distanza che ciserviva per proseguire in sicurezza, non c’erapiù verso di recuperare il cavo della ferrata.Nel preparare lo zaino avevo lottato con labilancia per cercare di contenere il più pos-sibile il peso, ma non avevo rinunciato a unpaio di moschettoni supplementari e a unpezzo di corda. Tutto ha un senso. Quei 3

metri di corda sono stati il filo che ci ha per-messo di superare la criticità del momento.Eravamo su una parete quasi verticale conle nuvole che ormai ci avvolgevano in unanebbia dolce ma quanto preoccupante. Concalma condita dalla voglia di muoversi co-munque con la massima sicurezza possibile,quei tre metri di corda sono stati il più bel-l’accessorio che ci siamo portati nello zaino.In cima alla ferrata Tissi si apre un bacinonevoso con pendenze molto elevate e il rifu-gio Torrani non è più molto lontano. La neb-bia è sempre con noi e, con una visibilitàpari a zero, arriviamo a mettere i piedi su untratto di pietraia di pochi metri per poi ritro-varci sulla piattaforma che permette a piccolielicotteri di atterrare a quasi 2950 metri diquota.Il rifugio deve essere lì ma non è assoluta-mente visibile ed allora, molto semplice-mente e mantenendo la calma proviamo adurlare il nome (Vittorino) del gestore. Dopoun paio di richiami, dalla nebbia sentiamoun cenno mugugnato che ci chiede chi edove siamo. Poi Vittorino ci indica il per-corso. Solo allora la nebbia si alza di queltanto che basta per lasciarci intravvedere latraccia da seguire.La temperatura è di circa 5°C, davanti al ri-fugio c’è ancora una gran quantità di neve e

quando la nebbia si alza del tutto la vista chesi apre davanti a noi è da brividi. La piazzoladell’elicottero è letteralmente sospesa sulnulla, sul vuoto.Il cibo è ottimo e, chiacchierando con Vitto-rino, scopriamo che anche lui ha attraversatol’oceano con una barca a vela.La mattina seguente, mettiamo la svegliamolto presto per affrontare la salita del Ci-vetta (3220 m). Dalla croce e dalla cresta dineve ammiriamo il Lago di Alleghe, 2000metri più in basso, e la vista ci tiene benpiantati con i piedi sulla sottile cresta.Il tempo scorre velocemente. Iniziamo la di-scesa prima in cresta, senza sicurezza; poi,un centinaio di metri più in basso, ci assicu-riamo lungo la ferrata Alleghesi che scorrecon i sui 1600 metri in parte in verticale inparte in diagonale verso la valle sottostante.La giornata è solo all’inizio e scopriamo comei tempi di salita e discesa vadano sempre bencompensati e i nostri pesanti zaini certo nonci aiutano a filar via veloci.Il pomeriggio ci riserva anche un temporale diquelli giusti con grandine, pioggia e fulmini inquantità. Un fulmine in particolare ci taglia lastrada e accelera la nostra ricerca di un riparoche troviamo da un margaro quando siamoormai bagnati sino al midollo e anche più giù.Il tutto per farci assaporare in ogni istante

Alex scende lungo una mulattiera del Museo all'aperto della Grande Guerra

L’avventura vera, per viverla, non necessita di viaggidall’altra parte del mondo, può essere anche dietro casa,basta provare a tornare all’essenzialità delle cose

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l’AVVENTURA

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quello che in fondo stiamo cercando.La giornata diventa lunghissima, la fatica in-credibile, tanto da mettere alla prova la no-stra tenuta oltre che fisica anche mentale alpunto da fraintendere proposte d’aiuto o at-tenzioni al passo del più lento.Dopo quasi 14 ore di cammino, 30 chilo-metri per 3750 metri di dislivello tra salita ediscesa, decidiamo ragionevolmente che lameta prefissa, il rifugio Nuvolau, per quellasera è irraggiungibile (sono ormai passate le20). Decidiamo di fermarci al Passo Giau,dove ci sono un paio di alberghi. Un po’ cispiace ma nello stesso tempo questo ci per-mette di fare una doccia calda e recuperarele forze.La penultima tappa ci regala la perdita dellamappa, probabilmente dimenticata sul ta-volo dove abbiamo consumato la solita ab-bondante colazione. La giornata ci regalerà così anche l’espe-rienza del muoverci con un pizzico d’intuito.Questa tappa è altrettanto lunga ma il nondover affrontare altre ferrate velocizza di al-cune ore l’arrivo al rifugio Fanes, non senzaregalarci il confronto con alcuni francesi sulledifficoltà per attraversare un nevaio sia perla pendenza che per la sua estensione. Dopoaver superato il passaggio segnalato dai fran-cesi, Alex ed io conveniamo che l’esperienzapersonale è fondamentale per affrontare inmaniera equilibrata l’alta montagna. Non èstato possibile non fare confronti tra i sugge-

evidenti le tracce della vita di montagna deimilitari impegnati a difendere rocce e sassidi un territorio isolato e impervio ma dal fa-scino indescrivibile.Il giorno seguente ci aspetta il tratto finale,con l’arrivo al lago di Braies. La bellezza diquesti luoghi ci rammenta ben presto che,se è vero che ci aspettano quasi 1500 metridi dislivello in discesa, è altrettanto vero checi tocca salire anche per quasi 1000 metri,fatto che porta la nostra salita totale ad oltre10600 metri di dislivello positivo. Se è vero che atleti ben preparati potrebberocorrere una buona parte del percorso da noifatto in circa 24 ore, la nostra scelta di ral-lentare e di gustare ogni momento di questaavventura ci ha reso partecipi come un tut-t’uno sia con i luoghi che con il naturalesvolgersi delle giornate nella loro massimaespressione.L’arrivo al lago di Braies con le bimbe diAlex che ci corrono incontro è emozionerara, intensa, e gioia per aver realizzato ilviaggio nella sua interezza chiedendo tantoal nostro fisico e alla nostra mente e con ladimostrazione di ciò che c’era nell’accettaredi giocare il gioco.L’avventura vera, per viverla, non necessitadi viaggi dall’altra parte del mondo. L’avventura vera, per viverla, non richiedeinvestimenti economici spropositati.L’avventura vera, per viverla, può essereanche dietro casa, e può bastare provare atornare all’essenzialità delle cose da metteredentro uno zaino e mettersi in cammino.

L'arrivo al Bivacco Marmol "Sandro Bocco"

Il Lago di Braies

rimenti per salire sul Civetta e quelli per at-traversare il nevaio. Nel primo caso tuttosembrava facile e le difficoltà sono stateenormi, nel secondo sembrava dovessimocambiare strada e invece l’attraversamento èrisultato molto semplice e in assoluta sicu-rezza.La tappa ci permette anche di attraversareparte del museo all’aperto dedicato al frontedella prima guerra mondiale, dove restano

l’AVVENTURA

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speciale Monvisotesti e foto di Giovanni Allisio e Sergio Beccio

Nel suo territorio sonostati trovati reperti databili tra il 5200 a.c.e il 4000 a.c.

Il territorio di Oncino, in alta valle Po, è uno straordinario spazio montano noto per le ini-ziative promosse dalle associazioni locali quali i bellissimi Mercatini di Natale che accol-gono i visitatori nel periodo invernale, in un paesaggio incantato ai piedi del Monviso. Conquesta breve visita vi accompagniamo per antichi sentieri, a scoprire alcune emergenze traNatura e Storia che rendono unico questo austero territorio alpino riconosciuto dall’UNE-SCO come nuova “Riserva della biosfera”, un prestigioso riconoscimento volto alla tutela del-l’ecosistema e della biodiversità per un sito di eccezionale interesse naturalistico.La Preistoria della valle Po, fino a pochi anni fa era documentata da reperti dell’Età delFerro, scoperti a Crissolo e incisioni rupestri dell’Età del Bronzo visibili sulle alture di Pae-sana. Dal 2003 Oncino può esibire sul suo territorio reperti ancora più antichi, riguar-danti cave di materiale litico utilizzate dal 5200 a.C. al 4000 a.C. con cui sono staterealizzate asce e amuleti scoperti in molti siti archeologici europei, fino a oltre 3000 kmdi distanza. Attorno alle cave poste dai 1800 ai 2600 m di altitudine esistono gli scartidelle lavorazioni che gli uomini dell’epoca lasciarono sul terreno per sbozzare le asce digiadeitite ed eclogite. Al momento le cave preistoriche di Oncino costituiscono a tutti glieffetti un sito archeologico che non ha equivalenti in tutto l’arco alpino: una emergenzastorica e scientifica unica ed irripetibile, capace, se ben valorizzata, di cambiare il destinoculturale e turistico di un territorio.Con tutta probabilità sono databili al 2000 a.C. le coppelle incise sulle Rocce Duc (m.1113) raggiungibili dalla Madonna del Bel Faggio e lungo la strada per Tartarea a 1600m di altitudine. Romani, Barbari e Saraceni hanno occupato e vissuto in queste vallate

Oncino, patrimonioculturale e ambientaleOncino, patrimonioculturale e ambientalein alta Valle Po

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luppo demografico della sua popolazionecon 1700 abitanti, intanto il progresso siinsinuava nelle vallate con un nuovo reti-colo stradale e la carrozzabile che collegaOncino al fondovalle, inaugurata nel1913, quest’anno festeggia il suo primocentenario. Proprio da quelle strade parti-ranno i tanti contadini chiamati a combat-tere due guerre mondiali. Negli annisuccessivi al primo conflitto mondiale On-cino è stato interessato dai lavori di co-struzione di un canale di raccolta di varicorsi d’acqua di Ostana, Crissolo e Oncino,che convoglia l’acqua alla centrale idroe-lettrica delle Calcinere, all’epoca conside-rata seconda opera di ingegneria idraulicain Italia, inaugurata nel 1922 alla pre-senza dell’On. Giovanni Giolitti.Molte leggende raccontate un tempo daivalligiani riguardavano le Masche, inquie-tanti abitanti di borgate e case isolate, ge-neralmente donne, spesso un’umanità ai

confrontandosi con i primi Cristiani. Ilprimo documento ufficiale di Oncino cital’antica Parrocchia (la Geisëtto) ed è statostilato in data 15 febbraio 1222: riguardail contenzioso nato per la spartizione delledecime fra la Chiesa locale e il Monasterodi Rifreddo. Pochi anni dopo, le persecu-zioni in Provenza spingono i Valdesi al diqua delle Alpi fino in val Pellice e nel 1332la loro presenza viene documentata ancheal Biatonetto di Paesana e in altre borgateoncinesi, in particolare al Serre, alla Ruata,ad Arlongo e alla Gaido dove blocchi inpietra (tuttora visibili) appartenevano pro-babilmente a edifici di culto, riutilizzati, peraltre murature in epoche successive.Dopo il 1456 il territorio di Oncino venneinteressato dalla Via del sale, percorso conculmine altimetrico ai 2950 m del colledelle Traversette, valico così pericoloso daobbligare il Marchesato di Saluzzo a rea-lizzare il Buco di Viso (1480), la prima gal-leria nella storia delle Alpi (75 m dilunghezza a quota 2882 m) usata per traf-fici commerciali, in particolare per il salein arrivo dalla Provenza e destinato, comemerce strategica, al territorio saluzzese.Parte del tratto della Via del Sale, situatoin territorio oncinese, attualmente fa ancheparte del percorso escursionistico Oriz-zonte Monviso.Fra le costruzioni storiche di Oncino tro-viamo il Santuario della Madonna del BelFaggio, a 30 min. dal capoluogo, lungo lamulattiera che, anticamente, era l’unicocollegamento col fondovalle. Eretto in unbosco di faggi (quota 1090 m), l’interno,recentemente restaurato, presentava un di-pinto di origine anteriore al 1200 (come ri-sulta da antichi inventari parrocchiali).L’attuale Chiesa parrocchiale, dedicata a S.Stefano, fino al 1655 era un Castello, pa-lazzo del Conte di Saluzzo Paesana e On-cino, situata sulla piazza del capoluogo;per ultimo, ma non meno importante, l’an-tico convento di via Ruera 10 fondato nel1684. Fra le date che reca incise troviamoquella di edificazione: 6 luglio 1730. Unacostruzione architettonicamente affasci-nante, arricchita da molti affreschi e meri-diane, conosciuta come “la meizoun dalCucù”, un edificio che potrebbe costituireuna opportunità per il Comune di Oncinoper realizzare un locale ecomuseo doveraccogliere i reperti della sua storia cosìpoco nota e salvaguardare un non banaleesempio di architettura alpina, ancora noncompromessa, della valle Po.Nel 1900 Oncino registra il massimo svi-

tocca le case Ruetto; i Ciouchie di Pasquìe,affioramenti rocciosi (a quota 1820 m)raggiungibili dalle meire Tirolo. Si trattaanche in questo caso di rocce calcaree, dicui una in particolare con altezza di unadecina di metri con una forma slanciata;Lou Fountanil (1700 m) sulla sinistra oro-grafica del rio Bulè raggiungibile dallemeire Bigorie, dove un interessante feno-meno carsico alimenta una fonte da cuisgorga l’acqua proveniente dal Rio Alpettodalla vicina valle del Giulian.Un interessante anello escursionistico dapercorrere sul territorio oncinese riguarda irifugi e coinvolge la stessa storia dell’alpi-nismo italiano. Nel XIX secolo, grazie alleprime escursioni alpinistiche, Oncino èstato interessato dall’importante decisionedel CAI (nel 1866) di costruire, nella zonadel lago Alpetto, il primo rifugio di tuttol’arco alpino, ulteriormente ampliato nel1883 dalla Sezione CAI di Torino. Questa

Nel XIX secolo Oncino è stato interessato dall’importante decisione del CAI di costruire,nella zona del lago Alpetto, il primo rifugio di tutto l’arco alpinomargini della società rurale dell’epoca,altre leggende riguardano le grotte che inrealtà esistono a monte del capoluogo.Sono la grotta delle Fantine e il PertusCaud. La prima è posta sugli ostili pendiidel monte Cialancie (1520 m) dove si rac-contava abitassero le Fantine, donne pe-lose che stendevano panni bianchissimi escambiavano per breve tempo i loro pic-coli, brutti e pelosi, con i neonati dei valli-giani durante il tempo della fienagione. Laseconda, il cui ingresso (a 1352 m) sitrova poco sotto le case della borgata Por-cili Superiori, è un anfratto da cui, fuorie-sce l’aria calda che ha dato il nome allagrotta. Altra grotta di un certo interesse,raggiungibile comodamente da Oncino, èil Buco di Valenza (1440 m), posto nel val-lone delle Brusà in territorio di Crissolodove i crissolesi raccontavano di anticheleggende legate al corvo bianco, guardianodi quell’abisso. Tra le importanti aree naturalistiche del ter-ritorio oncinese, che meritano una visitaattenta, troviamo: Rocca Bianca, con i suoiaffioramenti calcarei (fino a 1872 m) rag-giungibili dalle meire Dacant seguendol’indicazione Alpetto sulla carrozzabile che

Le antiche meire col materiale delle quali è statoricostruito il nuovo rifugio dell'Alpetto, sullo sfondoa sinistra il primo storico rifugio del CAI

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storica costruzione (situata a quota 2268m) ha avuto momenti di notorietà alternatia lunghi periodi di abbandono: il luogodove fu costruito era sul percorso più breveche collegava i paesi del fondovalle alpasso delle Sagnette, sulla via “normale”di salita al Monviso. Pochi anni dopovenne realizzato il rifugio Quintino Sella(2640 m) inaugurato nel 1905 sul territo-rio di Crissolo a pochi metri dal confineamministrativo che divide Crissolo da On-cino ed il percorso degli alpinisti si allungòseguendo il nuovo sentiero proveniente dalPian del Re. Nel 1983 il CAI pose unatarga a ricordo del primo centenario delsuo rifugio e pochi anni dopo ad Oncinonacque l’Associazione Amici della Monta-gna che, nell’estate del 1985, grazie allacreatività di alcuni volontari e al contributodella Regione Piemonte, riportò l’antico ri-fugio alle condizioni attuali. La sezione CAIdi Cavour proseguì l’attività di valorizza-zione e mantenimento e lo storico rifugio,nel 2011, è diventato un museo intitolatoa Giacomo Priotto, Presidente del CAI neglianni ’80.Il territorio di Oncino comprende fra i suoiconfini la vetta del Monviso (3841 m), lamontagna che ha spinto i primi alpinististranieri a percorrere le valli Varaita e Po.Già in epoca romana illustri poeti citavanoil Monviso come Monte Vesulus, una “me-

raviglia della natura”, mentre l’insedia-mento umano che già esisteva a quel-l’epoca nella valle del Lenta era conosciutocome Hulcium o Huncinum, l’attuale On-cino. Le prime fonti riguardanti l’alpinismosono relative al 1833, anno in cui G.Eandi nel suo volume “Statistiche dellaProvincia di Saluzzo” nel paragrafo dedi-cato alla “Descrizione del Monviso e deisuoi dintorni” dice che “fra le diversestrade, che si possono praticare sia dallavalle Varaita, sia da quella di Po, la menodifficile per recarsi in vicinanza del monteè la via per Oncino… Si parte da questaterra, e dopo due ore di cammino si arrivaal gruppo dell’Alpetto, dove vedesi una ca-scata… dell’altezza totale di 70 m… con-tinuando a camminare per un’ora e mezzasi giunge all’Alpe, o capanna dell’Alpetto,casuccia non più alta di un metro, la qualeabitazione rozzissima è la più elevata dellaProvincia (2263 m.) ed è la più prossimaal Monviso, colà appunto deve fissare suadimora colui, che fosse vago…di tentare lasalita sul grande picco…” La descrizioneprosegue poi fino al sovrastante Colle delleSagnette “… camminando per tre ore… siarriva… con gran fatica… a un orrido bur-rone molto ripido…, dopo due ore di indi-cibili stenti, e gravi pericoli, si tocca l’altodel collo…”. Il Monviso e l’Alpetto vengonopoi citati da G. Mathews nella narrazione

“Salita al Monte Viso”, dove erano giuntipercorrendo la val Varaita, e per gli avveni-menti del 30 agosto 1861 cita: “Ed alle9,20 antimeridiane noi eravamo sullapunta... l’altezza media… risultò 3861metri…. alle ore 11 principiammo la di-scesa… Lo scendere fu facile assai più delsalire e… lungi da noi al basso scintillavanodue laghi, fonti del Lenta…”. Tralasciandola bella descrizione del percorso che toccòl’Alpetto, ecco come prosegue: “… attraver-sammo fertili pascoli sino al primo gruppodi case in Oncino ove giungemmo alle6,10. Poco contenti delle attrattive di quelluogo spingemmo i nostri passi oltre sino aPaesana. Il villaggio principale di Oncino haun migliore aspetto che non il suo sobborgo:trovasi situato in località assai pittorescasulla sponda sinistra del Lenta, in mezzo apraterie inclinate ed ombreggiate da noci, ilfiume trascorre nel sottostante burrone.”Altri articoli apparsi sul “Corriere del Po” nelmaggio 1864 a firma di B. Araldo citanonuovamente il percorso più breve per rag-giungere il Viso dalla valle Po che passa perl’Alpetto, ma con denuncia delle carenze lo-cali: “… Però debbo far un cenno che il piùbreve sarebbe per Oncino… ma siccome adOncino vi sono gli stessi inconvenienti diCasteldelfino di mancar di locande parleròsolo di Crissolo, come quello che può som-ministrare tutto il necessario ai visitatori delMonviso e suoi dintorni riserbandomi ditracciar quello d’Oncino quando quel paesepresenterà le comodità ad un viaggiatore.” Nel 1866 grazie a T. Simondi e G. Araldoil Club Alpino di Torino (allora non ancoraClub Alpino Italiano) con un contributo di200 lire promosse la costruzione “di un ri-covero all’Alpetto di Oncino, onde renderepiù spedite e meno faticose le ascensioni alMonviso…”. Nei suoi locali, una cucina edun dormitorio arredati in modo spartano se-condo le esigenze dell’epoca, trovarono ri-fugio i pochi alpinisti di quel tempo (nel

Il territorio di Oncinocomprende fra i suoiconfini la vetta del Monviso, la montagnache ha spinto i primi alpinisti stranieri a percorrere le valli Varaita e Po

Mandria in marcia verso Pian Paladino

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1880 dal bollettino del CAI risultano tre sa-lite effettuate fra fine luglio e fine agosto diquell’anno), epoca in cui l’alpinismo ita-liano stava muovendo i primi passi dopo lastorica ascensione compiuta da QuintinoSella il 12 agosto 1963. L’ubicazione delricovero tenne conto che la via più brevecon accesso dalla pianura passava dallavalle Po per raggiungere il Passo delle Sa-gnette, l’alto Vallone delle Forciolline e laparete sud, la via “normale” di salita alViso.Nel 1882 la Sezione di Torino del CAI feceampliare il rifugio “rendendolo più adattoall’uso degli alpinisti” con una spesa di500 lire e nello stesso anno venne costruitoa 3050 mt il Ricovero del Sacripante, a suavolta sostituito nello stesso luogo nel 1886dal rifugio Quintino Sella. Grazie anche allapoca intraprendenza degli oncinesi che nonfurono in grado di vedere lo sviluppo cheavrebbe portato l’alpinismo, iniziava il de-clino del ricovero dell’Alpetto, definitiva-mente decretato nel 1905 quando il 23luglio venne inaugurato il nuovo rifugioQuintino Sella al Lago Grande di Viso(2640 m); nel frattempo a Crissolo eragiunta la strada carrozzabile, si erano apertii primi alberghi e gli alpinisti arrivavano alnuovo rifugio per la mulattiera delle Balzedi Cesare. Trent’anni fa, G. Bassignano in un articolodescrittivo della storia del primo rifugio di-ceva che “… Le vicende storiche e le viesegnate dagli uomini hanno determinato,con l’abbandono dell’Alpetto, un certo iso-

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lamento di Oncino: ma forse grazie a questacircostanza la valle di Oncino ha conservatofino ad oggi pressoché integra la sua anticabellezza e si sono evitati gli scempi altroveperpetrati…” .L’abbandono dell’Alpetto è durato fino al 25settembre 1983, giorno in cui la Sezione“Monviso” del CAI di Saluzzo ha posto unatarga a ricordo del suo primo Rifugio, occa-sione in cui nacque la volontà di restaurarel’Alpetto. Grazie ad una nuova associazioneoncinese nata per quello scopo, al contri-buto economico della Regione Piemonte eall’interessamento della Comunità Montana,con circa 1000 ore di lavoro, 90 quintali dimateriali elitrasportati ed ulteriori 5 quintalitrasportati a dorso di mulo, i volontari dell’Associazione Amici della Montagna, allapresenza di oltre 600 persone, il 25 set-tembre del 1985 hanno inaugurato il re-stauro dell’antico Rifugio dell’Alpetto.Il 31 luglio 2011, ad un secolo e mezzodalla prima salita al Re di Pietra, il ComitatoMonviso e il CAI, hanno inaugurato ilMuseo degli Albori dell’Alpinismo, ospitatonello storico Ricovero dell’Alpetto intitolatoa G. Priotto, Presidente CAI negli anni ’80.

A fianco dell’antico edificio, nel 1998 vienecostruito un nuovo Rifugio Alpetto con fondiregionali e comunali, prefabbricato in legnorivestito esternamente in pietra realizzato etuttora gestito dal CAI di Cavour.Quest’anno si celebrano i 150 anni dellastorica ascensione al Monviso del 12 agosto1863 di Quintino Sella, per questo propo-niamo un percorso che tocca i suoi rifugistorici, con partenza a piedi da Meire Pa-squìe (1516 m), superando il Rio Giuliannel pianoro sottostante le case della borgataper seguire il Rio dell’Alpetto in una bella einizialmente ombreggiata valletta con alladestra le pareti calcaree di Rocca Bianca.Oltre la fascia boschiva troveremo il sentieroche parte da Case Dacant e prosegue riat-traversando il Rio che a mezza costa infila lavalletta. La salita si fa più impegnativa, finoa superare la gola del Gruppo dell’Alpetto(2190 m) caratterizzata da una cascata edenormi massi levigati che presentano i segnidi abrasione dell’antico ghiacciaio. Con ilRio alla sinistra si prosegue in un ampio

Il Monviso è visibile da quando si è superato il Gruppo dell’Alpetto ed ora pare quasi di poterlotoccare, con alla base il Lago Grande di Visoe il Rifugio Quintino Sella

I martza’ dal Bambin

Madonna del Bel Faggio

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pianoro pascolivo, superata una piccolafontana conosciuta come Fonte degli Us-sari ci si mantiene sulla destra del pianoro,già in vista di un pilone votivo costruito nel1867. Attraversato il corso d’acqua su unponte di massi ci troveremo davanti ilnuovo Rifugio Alpetto e poco oltre (a 2268m di quota) il vecchio e storico Ricovero,ora Museo, affacciato sul sottostante LagoAlpetto (2238 m). Il sentiero prosegue amezza costa sovrastante il lago per attra-versare poi un bel pianoro dove numerosiruscelli prendono vita ai piedi di una pa-rete rocciosa, a tratti sparisce e attraver-sando ampie pietraie, si incontra colsentiero che dalla sinistra arriva dal PassoGallarino. Proseguiamo a destra passandofra il Lago della Pellegrina e i Laghi delleSagnette, con davanti a noi sulla sinistramolto evidente il Passo delle Sagnette,colle percorso da chi sale al Monviso dallavia normale. Naturalmente il Monviso è vi-sibile da quando si è superato il Gruppodell’Alpetto ed ora pare quasi di poterlotoccare, con alla base il Lago Grande diViso e il Rifugio Quintino Sella (2640 m).Da qui il nostro percorso segue il sentierostorico che un tempo collegava il rifugio aCrissolo, in discesa lasciamo sulla sinistrail Lago di Costagrande e seguiamo la mu-lattiera delle Balze di Cesare, superandoprima i laghi di Prato Fiorito e poi le ca-scate del Rio Pissai. Lasceremo il sentieroa quota 1900 m circa per tagliare a de-stra, superare il rio e seguendo a mezzacosta un evidente tracciato di una vecchiabealera, scollineremo sulla Costa del Val-lone da dove in cresta ci dirigiamo alleMeire Tirolo (1618 m), proseguendo la di-scesa fino alle Meire Pasquìe. Con queste note si è voluto illustrare al-cune delle molteplici possibilità di escur-sioni che il territorio di Oncino offre.Ognuno dei luoghi citati ha una storia daraccontare che fa parte di un passato chelentamente ma inesorabilmente il tempo el’incuria stanno cancellando: i sentieri, lebealere, i muretti, le baite, opere che sonopreziose testimonianze del nostro passatosi trasformano in rovine irriconoscibili. Ser-vono nuove generazioni di amministratoriattenti e capaci ma anche fruitori curiosi epreparati per stimolare una vera valorizza-zione di queste risorse da sempre dimen-ticate.

Oncino, piccolo comune della valle del torrenteLenta, affluente del Po bambino, è un luogo digrande natura e bellezza capace di suggerire ipensieri grandi dell’alpinismo storico italiano,nato proprio qui 150 anni fa, fino al proprio in-timo rapporto esistenziale con una montagnache avvince.Sui reticoli dei sentieri che la percorrono è pos-sibile incontrare una nuova, coraggiosa e ori-ginale esperienza: nella frazione di S. Ilario,Irene Soffietti ha costituito un’azienda agricolache ha come obiettivo il sogno di molti: lavo-rare in montagna coadiuvata dall’accompa-gnatrice naturalistica Maria Grazia Allisio,originaria di S. Ilario.Dal racconto di Irene si intuisce l’amore perquesto mondo alpino: “Cercare di fare rina-scere questa casa, la meizoun d’la Fleur che ilterzo millennio stava ormai inghiottendo in unbosco d’invasione, è stato il movente per ve-nirci ad abitare qualche anno fa, con l’intentodi dare senso a questi spazi, in onore di chi hafaticato non poco a costruire e tramandarequesto bene.Adeguare una vecchia casa alla funzionalitàcontemporanea ed alle aspettative dei propriospiti non è impresa facile, soprattutto se nonsi vuole spezzare l’anello di una cultura localeche ha saputo ideare, costruire e mantenereper tanto tempo un paesaggio armonico.Per rinnovare questa casa senza abbandonarele pieghe del passato, ho lasciato che miamadre vi disegnasse i suoi ricordi di bambina,dalle scene quotidiane, alle immagini insolite,ai racconti che ha udito tra queste mura, alleremote pratiche agronomiche, fino alle ricette,che osservava realizzare nella vecchia cucina.Solo così alcuni oggetti hanno ritrovato il loroposto e un senso che possa essere la base pernon dimenticare la cultura e la storia di questiluoghi, poco conosciuti ma affascinanti, anchese faticosi da vivere sotto molteplici aspetti.”

di Irene Soffietti e Sergio BecciomenteLentaUn agriturismo vero, con un orto naturale e genuino,un allevamento di capre e l’accompagnamentoescursionistico alla scoperta del territorio comemissione, alla ricerca di un nuovo benessere fisicoe mentale. L’originalità nasce dagli accompagna-tori, oltre a Maria Grazia ed Irene, sono un piccologregge di capre, testarde ma simpatiche, che se-guito sui sentieri della montagna insegnano perle disaggezza e intelligenza: dove e come camminare,come risparmiare le energie, come scoprire un am-biente grande anche nelle piccole cose, da una fio-ritura improvvisa, alle sorgenti e al fluire dell’acqua,risorsa della vita.Atti semplici, un percorso naturale che stabilisceun rapporto nuovo con quelle che considerate ba-nalità dalla cultura del turismo globalizzato sono in-vece doni di una natura vitale e incontenibile.Proviamo a camminare insieme e ascoltare le vociche la modernità tende a soffocare. Le escursioni,che vengono effettuate anche in caso di pioggia,permettono di cogliere gli aspetti veri del territorioalpino: occorrono solo abbigliamento, calzatureadatte, l’equipaggiamento minimo e lo spirito d’av-ventura degli escursionisti.Si possono scoprire le vecchie mulattiere, la flora ela fauna e rintracciare antiche borgate ormai in-ghiottite dai boschi, si possono osservare le colturee l’economia locale d’altri tempi, i pascoli e i coltivi,gli alpeggi, i boschi, lo sfruttamento della monta-gna, le zone di transizione e il climax altimetrico, irifiuti, il dissesto idrogeologico dovuto all’abban-dono e all’incuria del territorio. La cultura dell’uomoalpino e l’armonia con l’ambiente, l’architettura lo-cale, le fontane, il mulino, i terrazzamenti, gli og-getti etnografici, l’emigrazione, il commercio.Queste escursioni sono adatte a chi può trarre be-neficio da esperienze sensoriali e il diretto contattocon gli animali, compresi gli escursionisti diversa-mente abili, attraverso nuove tecniche di approccioal contatto con la natura, con i suoni, i profumi chepopolano questo universo alpino.

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Coccola i tuoi piediGli sportivi e i camminatori possono andare incontro a piccoli e grandi fastidi ai pie-di: trascurarli può essere pericoloso, in quanto può portare a gravi disturbi che im-pediscono o limitano l’esercizio della pratica sportiva.È possibile evitare prevenendone la comparsa utilizzando sempre calzature appropriatedi buona qualità, che forniscano il giusto grado di ammortizzazione e sostegno.A togliere il piacere di camminare, correre, o anche di indossare un paio di scarpe nuo-ve, spesso sono fitte, dolori come “punte di spillo” o anche senso di pesantezza e gon-fiore. Le parti del piede più coinvolte sono: il tallone, la parte anteriore della pianta (meta-tarsale), l’arco plantare, le singole dita, il dorso. I fastidi che lo colpiscono, e che pos-sono essere prevenuti, attenuati o risolti mediante alcuni specifici accorgimenti e au-sili, dipendono da diffuse problematiche e patologie tipo callosità digitali e plantari,occhi di pernice, unghie incarnite, lesioni da pressione o sfregamento, ragadi del tal-lone, talalgia (dolore intenso al tallone), metatarsalgia, fascite plantare, dita “a mar-tello”, dita accavallate, alluce valgo, artrite, piede diabetico.È bene ricordare che il dolore è sempre un campanello d’allarme che non va trascurato,insieme alla comparsa di alterazioni della morfologia del piede.La condizione del piede si riflette su tutto il fisico e quindi anche sull’umore: impa-rare ad ascoltare i nostri piedi e a prendersene cura non potrà che giovare al nostrobenessere generale.La cura del piede può partire da un piacevole auto massaggio: aiuta la circolazione,rilassa i muscoli, favorisce un sonno tranquillo e riposante. È importante effettuaremovimenti di accarezzamento, lievi pressioni, o ancora movimenti circolatori, che pro-cedano dalle punte dei piedi verso la caviglia e il ginocchio, magari “tirando” anchedolcemente le dita una a una, in modo tale da favorire il ritorno venoso, e così la scom-parsa di eventuali gonfiori. Per accentuare i benefici effetti del massaggio, si può ar-ricchirne il gesto utilizzando una emulsione defatigante, idratante, rinfrescante o deo-dorante, meglio se a base di sostanze naturali (olio di origine vegetale, urea, vitami-na E, glicerolo), che lascerà la pelle del piede perfettamente nutrita e idratata.Una tecnologia in continua evoluzione viene in aiuto dei nostri piedi quando si trattadi prevenire la formazione di fastidiose escoriazioni o bolle, o quando si tratta di pre-venire i dolori connessi a patologie, proteggendo il piede proprio nei punti di pressio-ne e sfregamento procurati dalle calzature.Tale tecnologia è rappresentata dall’oleogel, il quale, grazie all’esclusiva formula Tri-Block Polymer, inizia l’idratazione di ogni tipo di pelle al primo contatto, lubrifica e am-morbidisce la superficie della pelle, rilascia nel tempo l’olio minerale contenuto, as-sorbe colpi, frizioni e forze di taglio.Dalla tecnologia dell’oleogel sono nate molteplici forme e tipi di protezione per le sin-gole parti del piede, di forma tubolare per le dita del piede o di forma anatomica, adesempio per la zona metatarsale o per la specifica protezione dell’alluce e del mino-lo, o ancora inserite in un sottile e confortevole calza da indossare, quale la protezioneper tendine d’achille.Per un consiglio personalizzato sulle protezioni in oleogel più adeguate per i nostri pie-di, in base al tipo di sforzo e di calzature che utilizziamo, è consigliabile rivolgersi ainegozi di sanitaria e ortopedia.

Ottobre Novembre 2013 / camminare 49

voce alle AZIENDE

Il benessere fisico parte dai piedi

Amministratore Delegato Eumedica Srldi Gianluigi Dalla Favera

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*Medico specialista in cardiologiaComponente dello staff medico FIDAL Trentino

Credo che ormai tutti conoscano lamia amica Phoebe, brillante intel-lettuale ed affetta da una penosa

miopia combattuta brillantemente conl’uso di lenti a contatto colorate. Non è, come avrete già capito da tempo, laclassica intellettuale-topo di biblioteca conocchiali spessi sul naso e l’aria polverosa etrascurata. Al contrario, al primo impattomolti la scambiano per una Barbie scioccae vanesia. E se qualcuno ha la sfortuna,per imperscrutabili motivi a lei solamentenoti, di risultarle antipatico, Phoebe si af-fretta a rendere più veritiero il suo stile Bar-bie.In questa tediosa e grigia giornata, la fre-sca e spontanea risata di Phoebe è come ilsole d’estate. Risata, è bene sottolinearlo,che non ha nulla a che vedere con quellacosa gracchiante e sboccata che spopolaormai ovunque in televisione e per strada.Risata da jena ridens la definisco io (senzaoffesa per un animale che conosco ap-pena), tanto mi risulta insopportabile, efalsa quanto le persone che ne fanno lar-gamente uso. Una risata spontanea fa pia-cere; una risata da jena ridens mi irrita.Ma sto divagando. Torniamo a Phoebe eda quello che mi sta raccontando:

«Non guardarmi con quell’aria stralunata.Hai capito bene: una staffetta di 139,79

miglia per i camminatori [225 km] e di200,19 miglia per i runners [322,17 km].Staffette con un numero massimo di 12partecipanti, ma permesse anche con unnumero molto inferiore. E no, non ho par-tecipato ancora. Ma ho accompagnato lastaffetta dei miei amici americani ed ho fattoda supporto lungo il percorso, e di tanto intanto ho camminato al loro fianco.»Phoebe riesce ancora a sorprendermi.

«Dove e quando si svolge questa staf-fetta?»

«Verso metà agosto e si chiama Spokaneto Sandpoint Relay. La partenza è al MountSpokane State Park, una montagna di circa1800 metri di altezza rinomata come sta-zione sciistica ma anche come meta turi-stica estiva, che si trova al confineorientale dello Stato di Washington in USA.Rammento che lo stato di Washington sitrova sulla costa del Pacifico, e non haniente a che vedere con la città di Wa-shington che si trova sulla costa atlantica».

«Davvero Phoebe, questa precisazionenon serviva.»

«Meglio essere precisi. Come dicevo cisono 2 staffette diverse: quella per i run-ners e quella per i walkers, i camminatori.Questi ultimi hanno un percorso più corto,perché l’organizzazione desidera che tutti

EssereDONNAdi Maura Marchiori *

Si chiama “Spokane to SandpointState Park” la gara che ha affascinato la mia amica Phoebe

Barbe, baffi e parrucche peruna staffetta a stelle e strisce

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possano finire entro un tempo di circa 35ore.La competizione, perché di questo si tratta,può anche non essere interpretata comeuna gara. Infatti l’organizzazione invita ipartecipanti a cimentarsi in cose buffecome l’uso di parrucche pazze, baffi po-sticci, tatuaggi temporanei e così via intratti prestabiliti del percorso. Ogni squa-dra partecipante ha un caposquadra e dueauto al seguito, che servono da supporto etrasporto dei partecipanti alla staffetta neipunti prestabiliti di cambio.»

«Ed il percorso com’è?»«Fantastico! La partenza è in montagna acirca 1500 metri di altezza, e le prime mi-glia sono pressoché in discesa finché siraggiunge la città di Spokane a fondovalle.Poi il percorso si snoda lungo in Centen-nial Trail, che è lungo 98 km. Questa ci-clabile è stata voluta e realizzata insintonia fra gli stati di Washington edIdaho per celebrare i rispettivi centenari diappartenenza agli USA. È una ciclabileasfaltata, che per un lungo tratto scorre afianco dello Spokane River. Abbandonatolo stato di Washington si transita in Idahoper arrivare alla città di Coeur d’Alene.Fondata nel 1878, con i suoi 44.000 abi-tanti è stata definita una delle migliori città

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EssereDONNAd’acqua, al golf tanto per citarne alcuni. Èanche presente un famoso e grande parcoacquatico chiamato Silverwood. L’Idaho,oltre ad offrire molte interessanti mete tu-ristiche e spettacoli naturali mozzafiato, haanche due peculiarità: è il maggior pro-duttore di patate degli USA ed anche ilmaggior fornitore di gemme preziose esemi-preziose. Ma torniamo alla nostra staffetta. La finedella competizione è nella città di San-dpoint, affacciata sul lago Pend Oreille checon i suoi quasi 70 km di lunghezza è ilpiù grande lago dell’Idaho. In inverno gliappassionati possono anche sciare; i monticircostanti offrono rinomate piste da sci etutto quanto un appassionato possa desi-derare fare sulla neve. Ed all’arrivo, tutti icomponenti della staffetta percorrono in-sieme gli ultimi 100 metri di gara accla-mati da un pubblico festoso».

«E così il prossimo anno parteciperaianche tu?»

«Questo si vedrà. Tuttavia il percorso èfattibile anche come trekking-lungo con lozaino in spalla, perché attraversa una zonacon molteplici servizi in termini di motel,campeggi, ristoranti e supermercati. E se vuoi saperne di più collegati al sitohttp://spokanetosandpoint.com.»

in cui vivere e svagarsi. Si affaccia infattisull’omonimo lago lungo 40 km, moltogettonato dagli amanti dello sport acqua-tico. La competizione costeggia per varichilometri il lago Coeur d’Alene e transitaanche in quello che si può definire il corri-spettivo americano di un centro città. A questo punto per i partecipanti, edanche per il pubblico, si è fatta sera. Ora iltragitto continua verso nord, in parte an-cora lungo la pista ciclabile ed in partelungo strade aperte al traffico. I cammina-tori sono obbligatoriamente provvisti di pilee casacche di riconoscimento notturno. Pergli staffettisti la notte può essere un’espe-rienza indimenticabile. Perché il silenzio èvero silenzio, il buio è proprio buio equando si è soli si è proprio soli.»

«Ma sicuramente ci saranno gli altriconcorrenti?»

«Certamente, ma su una distanza cosìlunga non è detto che gli altri concorrentisiano proprio così vicini. Ti ricordo chestiamo parlando di una staffetta, ed in garaquest’anno c’erano 60 staffette, di cui 3 diwalkers. Piano piano ci stiamo avvicinandoalla meta. Tutta questa parte di Idaho èmolto turistica, e rinomata per le moltepliciattività all‘aperto che si possono praticare,dal trekking alla canoa al rafting, allo sci

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*Responsabile servizio prevenzionee salute sul lavoro ASL CN-1, Piemonte

La vita di tutti i giorni è caratterizzatada ritmi sempre più frenetici, pochesono le occasioni per dedicare un

po’ di tempo a noi stessi per rilassarci.Stress e rabbia se superano i limiti possonosfociare in pericolose forme di nervosismoed ansia rappresentando un vero nemicoper la nostra salute; il corpo umano infatti,per affrontare queste forti emozioni, mettein atto un meccanismo di autodifesa chedetermina il rilascio di adrenalina (ormoneche interviene nella reazione adrenergicachiamata “fight or flight ossia “combatti oscappa”) e prepara l’organismo ad unosforzo psicofisico importante in tempi moltobrevi provocando: aumento della gittatacardiaca, della pressione arteriosa, delflusso ematico a muscoli, reni e cute e va-socostrizione periferica. Se lo stimolo stres-sante persiste a lungo nella sua azione, l'or-ganismo esaurisce le sue energierichiamate appositamente per la fase diresistenza, ed entra in una fase detta diesaurimento. L'eccesso di ansia risulta al-lora paralizzante e diventa "dis-stress" cau-sando manifestazioni funzionali ed organi-che negative. I principali quadri cliniciprodotti da stress sono: ansia, insonnia,panico, depressione, affaticamento, cefa-lea, ipertensione, palpitazioni, perdita dellaconcentrazione.

Il lavoro muscolare costante consente ilmiglioramento del livello di tolleranza allostress e contribuisce a scaricare le tensioni,ecco perché è così importante fare attivitàfisica.Se la tensione sale si può intervenire conun po’ di sano moto o esercizio fisico perproteggere il corpo dai danni collegati allarabbia stessa. Ecco quanto suggerito da un nuovo studiopresentato al 57° meeting annuale del-l’American College of Sports Medicine(ACSM) tenutosi a Baltimora (Usa).Secondo questo studio, a beneficiare del-l’esercizio fisico per sbollire la rabbia sa-rebbero in particolare gli uomini, rispettoalle donne anche se, in entrambi i casi nepossono trarre benefici, se non altro in ter-mini di salute generale. Il team di ricercatori dell’ACSM ha sotto-posto a test un gruppo di uomini per valu-tare l’umore, la rabbia e le emozioni. Aisoggetti sono state fatte visionare dellescene che provocassero in loro sentimentidi rabbia, prima e dopo aver fatto 30 minutidi esercizio fisico. Durante la visione delleimmagini che avrebbero dovuto provocarela rabbia, i ricercatori hanno misurato l’at-tività oscillatoria cerebrale, il potenzialetardo-positivo (LPP) correlato all’evento e lesensazioni di rabbia auto-denunciate daipartecipanti.

Il lavoro muscolarecostante consente il miglioramento del livello di tolleranzaallo stress e contribuiscea scaricare le tensioni,ecco perché è cosìimportante fare attività fisica

InSALUTEdi Santo Alfonzo*

Stress, rabbia...Cammina che ti passa!

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“La novità di questo studio è che l’eserci-zio fisico protegge contro ciò che può in-durre uno stato d’animo arrabbiato, quasicome prendere l'aspirina per prevenire unattacco di cuore. In altre parole, l’eserciziofisico è davvero come una medicina.” In base a questi risultati i ricercatori sug-geriscono che ulteriori studi potrebbero es-sere condotti per esplorare altre possibiliapplicazioni dell’esercizio fisico nel con-trollo delle emozioni e nelle situazioni dirabbia cronica. Il movimento aerobico sti-mola l’attività metabolica del corpo, riducelo stress e rilassa attraverso la produzionedi endorfine, fa sudare e quindi eliminarele tossine. Fare movimento è una garanziaa lungo termine per la nostra salute perchél’attività fisica, svolta in modo regolare,produce effetti benefici sia sul corpo chesulla psiche, contribuisce a rilassare la ten-sione muscolare e aiuta a dormire. La suaazione positiva si esercita sulla circolazionesanguigna, sull'attività neuronale, sull'au-mentato rilascio di endorfine (sostanze chi-miche di natura organica che hanno la ca-pacità di regolare l'umore). Si può trarre soddisfazione con la sem-plice camminata di 60 minuti al giorno al-l’aria aperta: in questo modo si scaricanole tensioni accumulate durante la giornatalavorativa. È bene iniziare gradualmente e

Si può trarre soddisfazione con la semplicecamminata di 60 minuti al giorno all’aria aperta: in questo modo si scaricano le tensioni accumulatedurante la giornata lavorativa

quando il respiro si fa affannoso convieneseguire la vecchia regola di rallentare. Poigradualmente è possibile passare ad obiet-tivi via via più elevati come la tecnica delfitwalking da praticarsi per 1 ora almeno 3volte a settimana curando la postura: lacamminata deve risultare fluida, armoniosaed elastica se si vogliono avere dei benefici.Svolgere attività fisica in modo regolare per-mette di conoscere nuovi stimoli piacevolicome il contatto con la natura e il rinforza-mento del fisico. Il fitwalking ci permette ditornare alla naturalezza dell’esistenza edin modo consapevole in quanto unisce lanecessità di movimento insita nell’uomo eil suo bisogno di relax psicofisico. L’importante è imparare ad osservare se

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InSALUTE

stessi ed il mondo circostante, evitando leforzature. Con il tempo è possibile perce-pire i mutamenti positivi che avvengononell’organismo: l'aumento del battito car-diaco, della frequenza della respirazione edella sudorazione non saranno più asso-ciati all'ansia ma il frutto di piacevoli cam-biamenti nel corpo e nella mente intac-cando il circolo vizioso dello stress e dellarabbia.

Ricordate: “Una bella camminata di 5km è molto

più efficace, per un uomo infelice, di tutte le medicine e gli psicologi

del mondo.”Paul Dudley White

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Ifunghi sono parte fondamentale del-l’ecosistema. Crescono associati a de-terminate varietà di piante o in am-

bienti caratterizzati da associazioni vegetalicomplesse.Durante un’escursione è possibile osser-varne moltissimi ma, uno sguardo più at-tento, ce ne farebbe scorgere molti di più.Taluni sono così piccoli, da non poter es-sere apprezzati, se non da brevissima di-stanza, più comunemente, passeggiandoin campagna, si possono scorgere nei pratile “Mazze di Tamburo”, che sono tra i fun-ghi più grandi e vistosi. Per chi ama camminare in campagna o inmontagna, infatti, l’incontro con i funghiavviene solitamente nell’attraversare unprato o una prateria in quota, lungo il bordodi un sentiero o durante una sosta, i fun-ghi legati all’ambiente prativo sono davveromoltissimi e alcuni di superba qualità,ma… possiamo coglierli? I funghi sono, per la legge italiana, “frutti”del bosco, quindi, in linea di principio, ap-partengono al proprietario del terreno, ilquale apponendo dei cartelli (e pagate leconcessioni) può vietare o limitare la rac-colta dei funghi nella sua proprietà. Nel nostro paese, esistono vari ordini nor-mativi, che regolano la raccolta dei funghi.In sostanza ogni regione ha una sua legge,

non troppo dissimile da quella delle altre,dove vengono posti dei limiti ponderali in-torno ai 3 Kg, per tutti i tipi di funghi e disolo 1 Kg per quelli più pregiati.In alcune regioni vengono poi posti limitialle dimensioni della misura del cappello,che deve aver raggiunto un certo diametroper essere colto, mentre su tutto il territo-rio, è vietato il trasporto dei funghi raccoltiin sacchetti di plastica, che deve avvenirein un contenitore rigido e traforato.Nella ricerca dei funghi, poi, occorre fareattenzione a non alterare i delicati equilibridegli ecosistemi, ai quali essi sono legati.Vengono, perciò, vietati ovunque attrezzicome raspe e rastrelli; è proibito danneg-giare i funghi che non si raccolgono e ogniregione stabilisce i periodi e gli orari neiquali è consentita la raccolta. Molte regioni impongono anche il paga-mento di un tariffa, per poter effettuare laraccolta sul loro territorio. Inoltre, vieneprevista la costituzione di consorzi di pro-prietari terrieri che, previa apposizione dispecifiche tabelle, possono delimitare illoro territorio, imponendo diversi limiti diraccolta, diversi tempi e differenti tariffe.Quindi, prima di pensare a coglierli, occorreinformarsi. Oggi, grazie ad internet, è que-stione di pochi minuti, ma è sufficienteuna telefonata al Corpo Forestale dello

I funghi sono davveromoltissimi e alcuni di superba qualità.Camminando in campagna o in montagna li possiamo incontrare,ma...

InSALUTEdi Eraldo Minetti

Funghi, frutti della naturama li possiamo cogliere?

*Commissario Polizia Provinciale di Genova

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InSALUTE

Stato o al centro operativo della PoliziaProvinciale competente per territorio, perchiarire molti dubbi.Altra cosa, è essere certi, che il fungo cheabbiamo regolarmente raccolto, sia dav-vero un succulento “porcino” e non unfungo pericoloso. Dobbiamo essere bencerti, di quello che portiamo in tavola. Icasi di avvelenamento da funghi sono pur-troppo più frequenti di quanto si creda,fortunatamente molti di questi, si risolvonocon un robusto mal di pancia e non giun-gono agli “onori” del pronto soccorso, main alcuni sventurati e fin troppo frequentiepisodi, gli avvelenamenti sono mortali odagli esiti devastanti. Di conseguenza, se non siamo esperti, sot-toponiamo il nostro “bottino”, al controllo dichi ha più esperienza o ancor meglio ri-volgiamoci ai competenti uffici delle ASL.In ogni grande città capoluogo di provincia,infatti, è istituito un servizio di controllo mi-cologico, che opera soprattutto nei grandi

Dobbiamo essere ben certi, di quello che portiamo in tavola. I casi di avvelenamentoda funghi sono purtroppo più frequenti di quanto si creda

mercati ortofrutticoli, ma che sicuramenteclassificherà i vostri funghi, fugando ognidubbio sulla qualità del vostro raccolto.I funghi possono essere, però, semplice-mente ammirati, anche fotografati, comefossero fiori. Hanno forme così strane, im-probabili, seducenti, che non si può nonesserne affascinati se non addirittura stre-

Clitocybe nebularis

Morchella rotunda Igrocybe coccineacreata

Clavaria filiformis

gati. Taluni ci ricordano le madrepore tro-picali, altri sembrano fiammelle che sca-turiscano dal terreno, altri ancora ricor-dano le spugne marine, alcuni cresconoisolati, altri in gruppi talvolta numerosis-simi, ve ne sono di ogni colore gialli, bian-chi, blu, rossi, verdi, viola, screziati, tra-slucidi, opalescenti, quasi trasparenti e

addirittura fosforescenti, i funghi sannoesprimere anche una vastissima gamma diodori, alcuni soavi e gradevolissimi, altri ol-tremodo puteolenti. Prestare attenzione ai funghi e al loro ma-gico mondo non solo è divertente, ma cipermette di conoscere più a fondo, il fan-tastico mondo naturale che ci circonda.Vivere la natura nella natura con maggiorconsapevolezza e partecipazione, i funghici aprono le porte del bosco, dell’osserva-zione ravvicinata del terreno, una vera sco-perta, non solo i funghi ma piante, animali,fragranze, che solo i sensi, attenti, del cer-catore finiscono col saper scorgere.

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La nostra chioma è costituita da circa100/150 mila capelli. Non semprequesti, sono come li vorremmo: robu-

sti, luminosi e sani. Spesso appaiono fragili,spenti, con doppie punte, troppo secchi otroppo grassi, con forfora… Le cause possono essere diverse: oltre aquelle genetiche o ormonali, nella maggiorparte dei casi la “scarsa” salute dei nostri ca-pelli, deriva da un’alimentazione scorretta(diete troppo grasse o ipocaloriche), dall’usodi trattamenti e cosmetici aggressivi o dallostress.Vediamo meglio, come sono fatti i nostri ca-pelli e come possiamo mantenerli in salute.Il capello è composto da due parti distinte:una visibile, che sporge dalla cute e prende ilnome di fusto, ed una fissata al cuoio capel-luto denominata radice. La radice termina alla sua estremità con unaparte rigonfia detta bulbo, posta in una piegadell’epidermide detta follicolo pilifero. Il fusto, che è la parte del capello visibile, è asua volta composto da tre strati, partendodall’esterno troviamo la cuticola (è la prima adanneggiarsi), poi la corteccia ed infine il mi-dollo.A seconda della forma del follicolo pilifero, icapelli possono avere una diversa natura –ricci, lisci e mossi – e una composizione bio-logica differente: grossi, fini, forti, deboli. La morbidezza e la lucentezza, invece, sono

determinate dallo stato della cuticola e dallapresenza o meno di sebo. In base alla presenza di sebo, i capelli si de-finiscono normali, se non presentano ano-malie, grassi se è presente un eccesso disebo, secchi se invece la produzione di seboè ridotta.Esiste un legame molto stretto tra alimenta-zione e salute dei capelli, infatti, numerosecarenze nutrizionali manifestano i primi se-gnali a livello dei capelli e delle unghie, ral-lentandone lo sviluppo, rendendoli fragili odanneggiandoli. In particolare è stato dimostrato, che le dietemolto rigide, ma anche i regimi alimentarimonotoni o squilibrati, tendono ad indebo-lire la struttura dei capelli, favorendone lacaduta. Ad esempio, se i capelli sono grassi,potrebbe essere presente una carenza di vi-tamine del gruppo B (contenute nelle ver-dure verdi, uova, carne, cereali integrali,latte e formaggi), se invece sono secchi efragili, potrebbero mancare gli acidi grassiessenziali (di cui sono ricchi il pesce e i semioleosi), se sono sottili potrebbe esserci unacarenza di ferro (contenuto in fegato, carne,pesce, semi oleosi, legumi secchi, verdureverdi e cereali integrali).Essendo i capelli costituiti principalmente daproteine, cheratina, minerali e grassi, per laloro salute è importante introdurre con l’ali-mentazione, il giusto apporto di questi nu-

Esiste un legame molto stretto traalimentazione e salute dei capelli: i regimi alimentarimonotoni o squilibrati,tendono ad indebolire la struttura dei capelli,favorendone la caduta

InSALUTEdi Paola Bovino

Capelli fragili e spenti?Occhio alle carenze alimentari

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trienti e per quanto riguarda i minerali zinco,rame, selenio e ferro, per gli aminoacidi, ci-steina e metionina e le vitamine del gruppoA, B, C, E.Per una chioma sana e lucente, si consigliadi consumare, quindi, le famose cinqueporzioni al giorno di frutta e verdura. Sa-ziano e nutrono l’organismo di tutte quellesostanze, che lo aiutano a mantenersi in sa-lute (vitamine, minerali, antiossidanti). È importante anche l’apporto di alimentiproteici (carni bianche, pesce, legumi, lat-ticini freschi), preferendo quelli più magri, inmodo da ridurre l’introito di colesterolo e digrassi saturi. Occorre scegliere cereali integrali, al posto diquelli raffinati, perché fonti di minerali ebiotina, cercando di farli variare durante lasettimana, inserendo anche il miglio. Consumare almeno due volte a settimana ilpesce: è fonte di acidi grassi omega 3, diproteine e minerali. Inserire nell’alimentazione i semi oleosi(noci, mandorle, pistacchi…), molto ricchiin minerali e vitamine; essendo calorici siconsiglia di consumarne porzioni ridotte. Oltre all’alimentazione, anche la scelta deicosmetici giusti è importante per la salutedei capelli. Preferire prodotti naturali, che ri-spettino la struttura del capello stesso, va-lutando il prodotto corretto per il propriotipo di capelli e di cuoio capelluto, evitandosempre i detergenti troppo aggressivi, cheimpoveriscono il capello danneggiandolo. Per nutrire e ristrutturare i capelli si possonoutilizzare cosmetici a base di pappa reale,aloe, altea, avena, fiordaliso e tiglio. Se in-vece il capello presenta un eccesso di seboo è presente della forfora, si possono utiliz-zare prodotti a base di achillea, bardana, be-tulla, mirto e ortica. Se stiamo affrontandoun periodo di forte stress, e l’alimentazionenon è sufficiente per mantenere le nostrechiome in salute, possiamo aiutarci con de-gli integratori a base di piante ricche deiprincipi nutritivi, necessari per la salute dicapelli e unghie come il miglio, l’equiseto,l’angelica, la rosa canina e la soia.

Per una chioma sana e lucente, si consiglia di consumare le famose 5 porzioni al giorno di frutta e verdura ALIMENTARSI BENE

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Ottobre Novembre 2013 / camminare 58

*Psicologo

Èdomenica mattina presto, moltopresto. La famiglia ha raggiunto glizii nella casetta in campagna sulle

alture di Genova. Ancora nel letto, combatto una dura batta-glia tra il me pigro e il me dinamico. Cosa fac-cio? Vado a correre sul mare? Sui monti? “No, no resta a poltrire!” dice il me pigro. Alla fine il me dinamico ha la meglio, lui hapiù energie del me pigro, e decido di rag-giungere il resto della truppa in campagna. Sì, però, a piedi! Il me pigro sviene, men-tre l'altro gli saltella intorno tronfio. In auto, la piccola e abbarbicata località del-l'entroterra, è a circa 25 km da casa. A pie-di, percorrendo la vecchia via dell'acquedottoe svalicando la colla di Creto sull'Alta Via deimonti liguri, saranno al massimo 19 km. Mentre mi lavo, ripasso mentalmente il per-corso, che dalla città mi porterà a destina-zione e decido cosa mettere nello zaino. I primi km sono in città e tutti pianeggianti,una rarità per Genova, poi due lunghe sa-lite, per un totale di 10 km per giungere acirca 600 metri sul livello del mare. Bandana, zainetto, calzoncini, scarpette, gliinseparabili bastoncini e via per le strade diuna città, che si sta lentamente svegliandoin un giorno di festa. Fingo indifferenza agli sguardi meraviglia-ti e talvolta enigmatici, che mi lanciano i raripassanti, in realtà mi sento un novello Fi-lippide.

Quasi in cima alla salita mi giro a guarda-re la città sotto di me.Ad un tratto, una coda pelosa e un nasoumido colpiscono le mie gambe. È un sim-patico setter, che mi scodinzola e mi saltellaintorno.

«Da dove spunti? Ti sei mica perso?» Una voce gentile e affannata si affretta a darerisposta ai mie interrogativi:

«È bravo, non si preoccupi, fa così contutti!». La ragazza e il compagno che la segue, miraggiungono e mi chiedono, se sono prati-co del posto e preoccupati domandano:

«Per arrivare alla baita del Diamante,manca ancora molto?»Con i bastoncini indico la collina:

«Lì a metà costa, dove vedete quella pi-neta, si arriva alla via dell'acquedotto e pocopiù avanti c'è la baita!»

«Sì ma quanto dista?» insiste lui. «Nonmolto, sarà al massimo un km!» rispondo. La ragazza ha una smorfia indefinibile sulviso. «Un km? Ma è sicuro?» Meravigliato di tale appunto, ricontrollo il miogps da polso e poi, sicuro di me, dico:

«Sì, sì è lì dietro al massimo un km distrada». I due si guardano sconsolati, lui le chiedeche fare, lei, senza rispondergli, mi do-manda:

«Ma scusi: quant'è lungo un km? “«Come, quanto è lungo un km, ma che do-manda è?” dico tra me e me.

Un Km è poco più di due fermate di autobus...sulla strada della scuola

InSALUTEdi Rocco Cardamone*

Quanto è lungoun chilometro?

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Cerco di essere Zen, mi concentro, e poisorridendo:

«Un km sono poco più di due fermate diautobus, ad un passo tranquillo ci vorran-no 15 minuti!».

«Te lo dicevo io, che era distante, ma tunon mi dai mai retta!» urla lei al suo com-pagno. Quasi senza salutare, si voltano tor-nando indietro sui loro passi.Riprendo il mio cammino, cercando di nonpensare all'accaduto. Però si sa, quando sicammina, i pensieri sembrano essere inar-restabili. Avrò sbagliato qualcosa? Li ho for-se spaventati, dicendo loro che mancava unkm? Quasi non mi accorgo, di essere arri-vato alla famosa baita. Proseguo e inizio lasalita alla colla di Creto. Forse ho preso lasalita con troppo entusiasmo, mi fermo a ri-prendere fiato. Dal bosco spunta una coppia.

«Scusi, mi domanda lui, manca molto albivio per la via dell'acquedotto?» Guardo il mio gps, controllo la posizione epoi sentenzio:

«Un km!». «Ma è sicuro?»Come, se sono sicuro? Ricontrollo e con-fermo nuovamente:

«Al massimo un km, tutta discesa». La reazione della coppia di prima mi ha la-sciato una certa ritrosia, a dare una stimadelle distanze, il signore esclama:

«Me la ricordavo più lunga, siamo già ar-rivati!”Salutano e proseguono. Due reazioni agli an-tipodi, eppure la seconda coppia era mol-to più attempata della prima. Ma allora un km quanto è lungo? Comun-que la si veda, un km è lungo un km: sonomille metri, 1500/1600 passi, 15 minutidi cammino o poco più di 2 fermate di bus. Così è nei libri di scuola, sulle mappe, neinavigatori, mentre nelle nostre mappementali un km può assumere un’infinitacombinazione di lunghezze totalmente con-trastanti tra loro. Succede questo, nono-stante le misure siano standardizzate damolti secoli.

Perché tornati in città si diventa auto dipendente, sino al punto da fardiventare un km di unalunghezza inenarrabile?

Ottobre Novembre 2013 / camminare 59

InSALUTEDa cosa dipende ciò? È difficile dare del-le risposte univoche, sicuramente molto di-pende dal nostro modo di vivere e perce-pire l'ambiente che ci circonda. Se proviamo ad immaginare una qualsiasiscuola elementare o asilo, nell'orario d'in-gresso dei ragazzi, ci accorgeremmo, cheper molti genitori, un km assume una lun-ghezza degna di un esodo biblico e allostesso tempo, anche la distribuzione del-la materia nello spazio, assume dimensioninon riconducibili alle odierne conoscen-ze scientifiche. Assistiamo infatti, davanti all'ingressodella scuola, ad una concentrazione di unnumero difficilmente calcolabile di mac-chine e scooter in pochi metri quadrati. Come riescono a parcheggiare così tantimezzi in così poco spazio? Come riusci-ranno a sciogliere quel groviglio? È pos-sibile, che così tanta gente abbia bisognodi spostarsi sempre e solo con l'auto? Quando piove poi, la situazione diventadrammatica: i bambini, forse, sono idro-solubili, le auto vengono spinte sin den-tro i cancelli. L'idea di parcheggiare a qualche centinaiodi metri (un km sono 10 volte 100 me-tri, per cui 200 metri diventano 2/5 di unkm) dalla scuola, non fa parte del corre-do di pensieri di noi genitori.Il bambino idrosolubile, super infagotta-to, ipernutrito, può essere depositato soloa pochi cm dall'ingresso della scuola, penail suo disfacimento. Eppure, molti di questi genitori, duranteil periodo estivo amano compiere lungheescursioni insieme ai loro figli. Perché,dunque, tornati in città si diventa auto di-pendente, sino al punto da far diventareun km di una lunghezza inenarrabile? Sicuramente gli impegni e lo stile di vita,che conduciamo, ci spingono a pensare,che l’uso dell’auto sempre e comunque,sia la sola modalità per far fronte ai no-stri impegni quotidiani. Se però cerchiamo di guardarci dentro, difar uscire la voglia di mettersi in discus-sione e di fare scelte coraggiose, che va-dano oltre il pigro conformismo del così fantutti, allora, e solo allora, ci accorgerem-mo, che un km è lungo esattamente unkm, e guardando oltre, avremmo insegnatoai nostri figli, che le distanze delle cose chevogliamo raggiungere, dipendono daquanto cammino, siamo disposti a fare perarrivarci.

Iniziare benel’anno scolasticoCon l’arrivo dell’autunno le nostre abitudinitendono a cambiare. Il ritorno all’ora solare,la riduzione delle ore di luce e l’inizio del-l’anno scolastico, tendono a farci trascorreremolto meno tempo all’aperto e le nostre atti-vità diventano nel complesso più sedentarie. In particolare, l’inizio della scuola segna unostravolgimento nelle abitudini quotidiane ditutta la famiglia, per quel che riguarda gliorari di sveglia e dei pasti. Come affrontare il proseguo della stagione,senza impigrirsi troppo e, soprattutto, comevincere lo stress degli impegni quotidiani? La soluzione è nel corretto stile di vita. Pochee semplici regole ci aiuteranno a conservare,un po’ di quell’allegra vitalità della stagioneestiva e una corretta forma fisica. Per aiutarci e semplificare le cose dobbiamoricordare questi numeri: 5; 2; 1. • 5 pasti quotidiani: 3 pasti principali, di

cui la colazione è quello più importante,specie per i più piccoli, 2 spuntini spezzafame, che aiuteranno a non arrivare a ta-vola affamati e rischiare così di esagerare;

• 2 ore di TV, giochi elettronici, ecc: sono ilmassimo, che possiamo concederci, natu-ralmente escludendo dal calcolo l’attività distudio e/o lavoro;

• 1 un’ora di attività fisica di tipo aerobico:camminata, corsa, nuoto, bici.

Pasti regolari e ben bilanciati, attività fisicaquotidiana, un uso consapevole delle tecno-logie uniti ad un congruo numero di ore disonno, diventano un cocktail miracoloso perla salute psico-fisica di grandi e piccini. E’ comunque importante evitare alcuni er-rori, che si concentrano nella maggior partedei casi negli orari serali: cenare tardi e an-cor peggio, mangiare in maniera pesante e di-sordinata, permettere la visione di film diazione, consentire giochi violenti, restare al-zati sino a tardi, lasciare in camera cellularie altri apparecchi elettronici accesi. Ricordate che il buon giorno, non inizia dalmattino, ma dalla notte appena trascorsa. Tutte le osservazioni sugli stili di vita dei ra-gazzi, concordano col dire, che dormono pocoe che vanno a letto troppo tardi, questo nonfavorisce la concentrazione e quindi l’ap-prendimento rendendoli ipersensibili. Un buon equilibrio tra impegni e riposo unitoal rispetto di semplici regole quotidiane, ciaiuteranno a trascorrere un inverno in salutee con meno problemi di rendimento scola-stico.

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Ottobre Novembre 2013 / camminare 60

*Dottore in fisioterapia

L’alluce valgo è una deformazione delpiede, che procura la deviazione late-rale verso l’esterno della parte distale

del primo metatarso.La deviazione causa un'inclinazione dell'al-luce verso il secondo dito ed in quadri piùcritici, anche un valgismo oltre i 30 gradi, as-sociato ad una rotazione della falange e delprimo metatarso e spesso una deviazione a“griffe” (a martello) delle altre dita.È inesatto, asserire che l'alluce valgo sia ere-ditario, è più corretto parlare di familiarità dilassità legamentosa e muscolare dei flessoridell'alluce e dei muscoli della volta plantare. Il rapporto di questa patologia tra donna eduomo è di 4 a 1.Fino a qualche tempo fa si credeva, che ilpiede fosse causa di alterazioni posturali edi disturbi si propagassero fino alla parte su-periore dell'organismo.In realtà, succede l'esatto opposto. È il piede,che si adatta alle alterazioni posturali prove-nienti dall'alto. Il piede può essere considerato l’interme-diario tra il terreno e la parte superiore delcorpo, che si adatta per compensare.Ogni adattamento è un'alterazione strutturalee nel tempo può portare ad una compro-missione delle funzioni, a dolore e lesionimuscolo scheletriche dell'avampiede con ri-percussioni sulle articolazioni a monte: ca-viglie, ginocchia, colonna vertebrale, ecc.

Pertanto, nelle fasi iniziali del disturbo, puòessere d’aiuto la medicina manuale per li-mitare i danni.Il valgismo dell'alluce si associa spesso ad unpiede piatto. Questo avviene, perché la ri-dotta curvatura della pianta, induce a so-vraccaricare oltre misura l'avampiede, cau-sando, oltre a lesioni, deformazioni alsecondo e terzo dito, sovrapponendosi.Scarpe a tacco alto con punta stretta (comegià citato in precedenti articoli) sono delete-rie per i nostri piedi, l'ideale è una calzatura,che rispetti la forma naturale del piede, co-moda, con tomaia morbida e priva di cuci-ture ed una suola flessibile, con ridotto dif-ferenziale tra tacco e punta. Nei casi meno gravi, intervenendo pertempo, l'utilizzo di un plantare può congelarela situazione. Naturalmente, però, tale soluzione non puòpermettere una regressione della patologia aduno stato di normalità.Praticare esercizi con la pallina rigida di va-rie dimensioni, bottigliette, o altro, con rilievi(tipo coca cola), da far rotolare, sotto carico,sotto la pianta del piede, tavolette basculanti,esercizi sulla sabbia, decontrazione con mas-saggi, stretching o bastoni con rulli (tipo “thestick”) sulla muscolatura della gamba (adesempio: decontrazione del muscolo tibialeanteriore, per ridurre la tensione muscolareestendente l'alluce), possono essere com-plementari.

Il piede, che si adatta alle alterazioni posturaliprovenienti dall'alto, può essere consideratol’intermediario tra il terreno e la partesuperiore del corpo, che si adatta per compensare

InSALUTEdi Giacomo Collodoro*

Alluce valgo,trattamento o intervento?

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Negli stadi iniziali, cioè quando il dolore è in-termittente e la “cipolla” o “nocetta” è in-fiammata e risponde bene al trattamentoconservativo, si possono avere discreti risul-tati, per ridurre lo stesso e l'edema con la te-rapia fisica con l'uso di laser, tecar terapia edultrasuoni.Solo l'intervento chirurgico, in uno statoavanzato del disturbo, può interrompere laprogressione dello stesso. L'indicazione all'intervento chirurgico si haquando il dolore si fa persistente, ci si trovain presenza di borsite, si ha un'alterazionedel carico con callosità sulla pianta del piedee si diventa intolleranti alle calzature.Tale situazione può presentarsi sia nel gio-vane, che nell'adulto e nell'anziano.Il primo caso è rappresentato da un piedetendenzialmente piatto con i metatarsi ad-dotti e la testa del primo ad ogiva. Se ne con-siglia l'intervento al termine dell'accresci-mento scheletrico, attorno ai sedici anni.Il secondo caso è maggiormente rappresen-tato da giovani donne con familiarità, versoi 40 anni, associato a metatarsalgia con dif-ficoltà ad indossare calzature, specie nellosport. La situazione peggiora nel periodo post-me-nopausale, al disassamento dell'alluce si ag-giungono iniziali deformità artrosiche. L'indicazione chirurgica si ha per la pre-senza di dolore, borsite, alterazione del ca-rico, patologie associate, quali dita a “griffe”.Nel terzo caso, la gravità patologica si equi-para nei due sessi, si accentuano le defor-mità artrosiche ed il piede assume unaforma a “triangolo”. In questo caso, si interviene chirurgica-mente, se non si riesce ad indossare scarpecomode e per ridurre il dolore.

Solo l'interventochirurgico, in uno statoavanzato del disturbo, può interrompere laprogressione dello stesso.Tale situazione puòpresentarsi sia nelgiovane, che nell’adulto e nell’anziano

Ottobre Novembre 2013 / camminare 61

InSALUTE

Nel grande anziano si cerca di non interve-nire per l'elevato rischio di complicanze va-scolari e cutanee.Molteplici sono le tecniche chirurgiche, per-tanto, non si può asserire, che ce ne sia unapiù o meno valida. Quelle più recenti si prefiggono la ricostru-zione ed il riallineamento della struttura os-sea.Tendono ad essere meno invasive e distrut-tive che nel passato, anche per evitare danniai tessuti molli e creare rigidità articolari e re-trazioni capsulari, quindi, tempi di recuperopiù lunghi.Di solito, questi interventi chirurgici si svol-gono in anestesia periferica.Se si interviene solo sull'alluce, i tempi postintervento sono così ripartiti: una settimanain scarico completo, cercando di mantenerel'arto elevato e riducendo al massimo i tra-sferimenti. In seguito si indossano per tre/quattro setti-

mane indossando la scarpa talus o baruk,che scarica l'avampiede.Dopo tre mesi, il piede lo si può considerareguarito e si può iniziare a fare sport, dopo seisi può riprendere l'attività agonistica.Spesso all'alluce valgo sono associate altrepatologie del piede, che richiedono inter-venti chirurgici più lunghi ed invasivi ed itempi di recupero potrebbero allungarsi. A tale proposito, si sconsiglia l'interventocorrettivo bilaterale in contemporanea, siaper evitare di prolungare il recupero, sia per-ché l'altro piede deve compensare quellooperato. È meglio, quindi, attendere sei mesi/un annoper intervenire sull'altro piede.

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20 OTTOBRE - CENTALLO (CN)

5° CENTALLO CHE CAMMINAQuinta edizione del Fitwalking Centallese organizzato dal Gruppo Fitwal-king di Centallo in collaborazione con la Bocciofila Centallese – circoloU.S. Acli. Sono previsti come sempre un percorso di 8 Km ed un percorsodi 16,5 Km a cui si aggiunge un mini percorso per i bambini di 2 Kmcirca. La partenza è fissata da Piazza Don Gerbaudo davanti alla Boccio-fila alle ore 9,30. Costo dell’iscrizione € 5,00 per gli adulti e € 3,00 per ibambini fino a 13 anni, ai primi 500 iscritti sarà garantito un gadget al-l’iscrizione e il pacco gara all’arrivo. E’ possibile iscriversi sul posto sino amezz’ora prima della partenza. Punti ristoro lungo il percorso e all’arrivo.Per informazioni: 334/3382196.

27 OTTOBRE - VENEZIA

FITWALKING ALLA MARATONA DI VENEZIAQuinta esperienza alla Maratona di Venezia, anche quest’anno presso ilMarathon Expo è presente lo stand del Fitwalking e della rivista Cammi-nare. Le iscrizioni 2013 sono già chiuse da tempo… appuntamento quindiall’edizione 2014.

10 NOVEMBRE - CUNEO

STRACÔNIL’appuntamento podistico più partecipato della provincia granda è ormaiun appuntamento da non perdere per molti fitwalkers anche se non è pre-vista una sezione loro dedicata. La Stracôni è inoltre un’occasione per par-tecipare ad un evento che da appuntamento a 15.000 persone... nellaquasi totalità camminatori. Partenza da Piazza Galimberti alle ore 9,00ed arrivo sempre nella piazza principale dopo un percorso di 8 Km lungole sponde del Parco Fluviale del Gesso. Per informazioni ed iscrizioni:www.straconicard.it – Publiland tel.: 0171/631954

17 NOVEMBRE - TORINO

STRATORINOLa Stratorino è la manifestazione non competitiva organizzata in oc-casione della Turin Marathon, i 7,5 Km del percorso sono aperti ancheai Fitwalkers sempre più numerosi edizione dopo edizione.Partenza alle ore 9,30 da Piazza San Carlo, per informazioni ed iscri-zioni: www.turinmarathon.it – [email protected] .

1 DICEMBRE - SCARNAFIGI (CN)

FITWALKING DI NATALEIl Fitwalking di Natale di Scarnafigi torna nella sua veste classica di cir-cuito cittadino con due percorsi a disposizione uno di 8 ed uno di 16 Km.Partenza alle ore 9,30 da Piazza Vittorio Emanuele, costo € 5,00. Mag-giori informazioni saranno disponibili su www.fitwalking.it.

13 DICEMBRE - BRICHERASIO (TO)

STRABRICHERASIOVenerdì 13 Dicembre si svolgerà a Bricherasio la 6° edizione della Stra-Bricherasio corsa e camminata notturna per le vie illuminate del paese.Ritrovo alle ore 18,30 in piazza Santa Maria, partenza alle ore 20 per-corso di 3,6 Km. A disposizione dei partecipanti uno spogliatoio riscal-dato. Per iscrizioni ed informazioni: [email protected].

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