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Cammini di liberazione Sussidio per i catechisti sul libro dell’Esodo Anno 2004-2005 Leggere il libro dell’Esodo con i ragazzi e i preadolescenti Arcidiocesi di Firenze Ufficio Catechistico

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Cammini diliberazione

Sussidio per i catechisti sul libro dell’EsodoAnno 2004-2005

Leggere il libro dell’Esodocon i ragazzi e i preadolescenti

Arcidiocesi di FirenzeUfficio Catechistico

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Sussidio a cura di:Lucia Bruschi (Schede 1, 3), don Marco Cioni (Schede 5, 7), don Gherardo Gambelli (Schede 1, 3),Lucia Magnolfi (Scheda 8), Serena Noceti (Schede 4, 6), Costanza Pagliai (Schede 5, 7), don SimonePestelli, don Simone Pifizzi (Scheda 2), M. Grazia Tasselli, Francesca Zatteri (Schede 1, 3)

INTRODUZIONE

La nostra chiesa locale pone come centro della riflessione e di tutte le attività formative di que-

st’anno il Libro dell’Esodo. Come già avvenuto negli anni scorsi, per favorire un accostamento al Libro

biblico da parte dei ragazzi e dei preadolescenti che vengono coinvolti nei percorsi di catechesi parroc-

chiale, l’Ufficio Catechistico ha predisposto questo sussidio. Preparato per i catechisti, esso presenta

suggerimenti per un possibile percorso formativo per i ragazzi delle elementari e delle medie. È artico-

lato in sette schede, che permettono di presentare ai ragazzi i principali eventi che hanno segnato il

popolo di Israele, prima in Egitto e poi nel deserto. È un percorso che vuole favorire la coscienza che Dio

è prima di tutto il liberatore, colui che crea un popolo di uomini e donne liberi, un Dio che offre una

alleanza che è via di libertà autentica e reale per ogni persona. Il commento dei brani scelti, pensato

per i catechisti ed eventualmente per i genitori, come pure le attività proposte per gli incontri di gruppo

dei ragazzi e dei preadolescenti, sono tutte pensate intorno a questo nucleo tematico e prospettico che

unisce insieme l’idea del cammino, del percorso, dell’educazione progressiva con i grandi temi della

libertà e della relazione di amore e di comunione con Dio e con gli altri. La figura di Mosè, in particolare,

accompagna i ragazzi nella scoperta progressiva del volto di Dio dell’Esodo e della proposta di comu-

nione e di alleanza che Egli ci dona. In particolare il commento cerca di unire una lettura esegeticamente

corretta con una riflessione sul significato esistenziale dei testi.

Il sussidio vuole essere una proposta concreta di approccio diretto al testo biblico, oggi particolar-

mente urgente per ragazzi e famiglie che hanno smarrito la memoria della storia della salvezza ebrai-

co-cristiana. Le schede offrono inoltre un completamento ai riferimenti al libro dell’Esodo e alla vicenda

della pasqua ebraica offerti dai Catechismi della Conferenza Episcopale Italiana (i catechismi per que-

sta fascia di età si soffermano solo sul decalogo ma dedicano solo un rapido passaggio alla chiamata di

Mosè e al passaggio del mare). L’evento dell’esodo dall’Egitto e del cammino nel deserto culminato

nell’alleanza al Sinaigode di centralità fondativa non solo per la fede di Israele, ma anche per la stessa

comprensione di fede cristiana.

Sono stati infine previsti nel sussidio suggerimenti per gli incontri formativi dei genitori e attività

per una ripresa dei temi e dei brani biblici in famiglia.

Ufficio Catechisticop.za S. Giovanni, 3 – Firenze

tel. 055.2710751 – fax 055.2710741email: [email protected]

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1. Esodo: pronti a partire?Da dove, però? (Es 1,1-2,22)

COMMENTO AL TESTO

Una delle verità più belle e confortanti che la Bibbia vuole insegnarci riguarda la fede in un Dioche entra nella storia. In essa Egli si manifesta come salvatore e alleato, interviene con mano tesa ebraccio potente. Il compito di ricostruire in modo accurato il contesto, inizialmente un po’ faticoso enoioso, offre il vantaggio di renderci maggiormente consci di come la politica dei grandi sovrani di 3000anni fa è in molti casi incredibilmente identica a quella praticata dai potenti del nostro mondo. Iericome oggi in questa storia il Signore scende per liberare, suscitando collaboratori della sua opera. LaBibbia dunque è un racconto che parla di te, l’esodo è una vicenda che ti vede protagonista. Dunque:pronto a partire? O meglio a “uscire”? (come più precisamente ci suggerisce l’etimologia della parola“esodo”). Già! Ma da dove e da chi?

In Es 1,8 si parla di un nuovo re sorto in Egitto che non aveva conosciuto Giuseppe. Diversistudiosi concordano nel vedere in questo sovrano il faraone Ramsete II della XIX dinastia che regnò inEgitto presumibilmente fra il 1290 e il 1224 a.C. Tale identificazione appare confermata dal nome(Ramses) di una delle due città deposito alla cui costruzione i figli di Israele vengono duramentecostretti (Es 1,11). Entrambe queste località si trovano nella zona est del delta del Nilo che, in antichi-tà, con i suoi sette rami, copriva una superficie vastissima di ben 37.000 km2.

Nella cultura egiziana il faraone è pensato come un vero e proprio dio che ha come compitoprincipale ogni giorno di ristabilire l’ordine dell’universo (il Maât) previsto dal dio creatore, ma sempresuscettibile di essere messo in questione dagli uomini. Ogni conflitto interiore o esteriore è interpretatoin rapporto a questo ordine universale incarnato dal potere regale, dal cui mantenimento dipende ilbenessere e la felicità del paese e dei suoi abitanti. Anche gli stranieri soggiornanti in Egitto, attraversoil loro ossequio e la sudditanza al faraone, contribuiscono allo sviluppo e all’affermazione del Maât, inonore del quale gli egiziani, possono giustificare le varie forme di oppressione e di vessazione neiconfronti dei popoli nemici. Qualcosa di non troppo differente da ciò che i “grandi” dei nostri tempicompiono in nome della “democrazia” (e purtroppo non solo all’interno dei loro confini nazionali).

Per quanto ne sappiamo non sembra, tuttavia, che la schiavitù in Egitto fosse accompagnata daquelle forme di crudeltà e brutalità che divennero abituali in Assiria e poi nell’impero romano. «Non sivede quasi mai che capifabbriche e capireparto, per farsi ubbidire, usino altri mezzi diversi dal basto-ne» (Auzou G., Dalla servitù al servizio, EDB, Bologna 1975, 101-102). Più volte durante il cammino neldeserto il popolo rimpiange la carne, il pane, il pesce, le cipolle di Egitto (Es 16,3; Nm 11,5), segnodunque che la condizione del popolo per quanto dura non doveva poi essere del tutto lamentabile ma,proprio in ragione di questa sua ambiguità, quanto mai opprimente. Per attualizzare potremmo provarea pensare al potere esercitato dai mass-media nel nostro mondo: quali forme di vigilanza siano neces-sarie per potersene accorgere e a quali strategie ricorrere per potersene in qualche modo affrancarelottando con coraggio e perseveranza.

Notiamo come nei primi due capitoli dell’Esodo l’autore biblico tenda a sottolineare la dimensio-ne ironica di alcune situazioni che si verificano dopo la morte di Giuseppe, dei suoi fratelli e di quellidella sua generazione, cioè con la fine del tempo dei patriarchi. In questo modo si vuole trasmettere ailettori un invito alla speranza, a non temere «quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere diuccidere l’anima» (Mt 10,28). I faraoni di ieri e oggi sono giganti dai piedi di argilla soprattutto sonoprivi di sapienza che nella Bibbia è indicata come la qualità indispensabile per poter disporre di unregno unito, saldo e duraturo. Il re di Egitto è un grande ignorante, gli manca soprattutto il senso dellastoria. Il fatto di non aver conosciuto Giuseppe (Es 1,8) significa che non ha avuto cura di informarsicirca la storia passata, a proposito di quella benedizione, giunta al suo popolo attraverso la discendenzadi Abramo, che oggi, numerosa e forte all’interno del suo paese, viene percepita piuttosto come unapossibile sorgente di maledizione.

Il faraone si rivela inoltre un pessimo politico: tutte e tre le decisioni prese per far fronte allaminaccia rappresentata dai figli di Israele, si concludono in un fiasco cocente. Dopo la prima misura,di imporre loro «sovrintendenti ai lavori forzati per opprimerli con i loro gravami» (Es 1,11), il popolocontinua a proliferare. Già questo costituirebbe motivo di derisione nei confronti di un re che si credeonnipotente, ma l’ironia è ancora più forte nell’episodio delle levatrici che disobbediscono al nuovoordine (il secondo) del faraone di far morire ogni figlio maschio ebreo. Esse si prendono gioco di lui

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raccontandogli una storia: le donne ebree partoriscono più rapidamente delle egiziane. Il faraone evi-dentemente “la beve” dal momento che resta senza risposta, suscitando ancora un certo divertimentoin chi legge: questo presunto grande e sapiente avrà mai assistito a un parto? Anche il terzo coman-do, che estende a tutto il popolo quanto precedentemente imposto solo alle levatrici, fallisce, almenoin parte, e proprio ad opera della figlia stessa del faraone. Si tratta probabilmente di un piano studiatodalla madre e dalla sorella di Mosè che, non potendolo più tenere nascosto, lo depongono in un cestelloe lo affidano alle acque del Nilo, proprio nel momento in cui la figlia del faraone stava scendendo alfiume per fare il bagno. La compassione di quest’ultima per il bambino che piange fa sì che il piccoloscampi allo sterminio decretato dal tiranno.

La Bibbia, nel raccontare la storia di Mosè, segue un modello ben conosciuto nei racconti popolaridelle differenti culture: un neonato, dopo essere stato miracolosamente preservato dal tentativo deldespota di eliminare tutti i suoi avversari, una volta cresciuto riesce dopo alcune peripezie, a rovesciareil tiranno e a impossessarsi del suo trono. Questo canovaccio viene però modificato dal testo scritturisticoche ci presenta il fallimento nel primo tentativo di Mosè di intervenire in favore del popolo (Es 2,11-15). Così facendo la Bibbia ci provoca a riflettere sul senso del potere in Israele e suggerisce come nonsia sufficiente rovesciare un tiranno per essere liberati dalla schiavitù. Saranno necessari ancora 40anni (la cifra evidentemente è simbolica, ma si tratta comunque di un tempo lungo) prima che Mosè,nel silenzio e nella solitudine del paese di Madian, possa capire meglio questa verità e condurre i suoifratelli alla vera libertà, quella del «Figlio dell’uomo che non è venuto per essere servito, ma per serviree dare la propria vita in riscatto per tutti» (Mc 10,45).

PER I RAGAZZI

SEGNOMattoni e catene

OBIETTIVORiflessione sul significato di schiavitù. Percezione della schiavitù come qualcosa che ti limita.

ATTIVITÀ• Lettura del brano dell’Esodo. Per la lettura può essere utilizzato il testo “La Bibbia raccontata ai

Bambini” di A. Stutschinsky (Edizioni Messaggero, Padova). Riflettere con i ragazzi che la schiavitùpuò essere caratterizzata da limitazioni fisiche e psicologiche attraverso il dominio dell’uomo sulproprio fratello e l’uso malvagio del potere; talvolta siamo però schiavi anche delle nostre preoccu-pazioni, paure, fragilità.

• Proponiamo due giochi a squadre uno da fare all’aperto qualora fosse possibile, l’altro per unambiente chiuso.- Nel primo caso la squadra avversaria decide quale limitazione inserire per creare difficoltà

nella esecuzione di una gincana (braccia legate, gambe legate, compagni legati a coppie,bendati con guida esterna ecc.). È importante far scegliere ai ragazzi, vince chi percorre ilpercorso nel minor tempo.

- In un ambiente chiuso la prova da realizzare potrebbe essere un puzzle. Anche in questocaso si fronteggeranno due squadre che imporranno all’avversario una condizione per ral-lentare il gioco. Il puzzle potrebbe essere composto da un ragazzo bendato e guidato daicompagni, oppure essere ricomposto soltanto con le tessere all’incontrario, soltanto me-diante l’uso della bocca. Anche in questo caso è importante far scegliere il tipo di limitazioneai ragazzi; purché sia praticabile e fornisca elementi per la discussione. Tante possonoessere le variabili. Possono essere effettuate più prove e il puzzle dovrebbe essere un’im-magine relativa al tema della schiavitù.

• Attraverso queste attività faranno l’esperienza di ciò che si prova quando la propria libertà diagire è limitata dagli altri.

PER I PREADOLESCENTI

SEGNOMattoni e catene

OBIETTIVOGuidare una riflessione sulla schiavitù di ieri e di oggi.

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ATTIVITÀ• Raccogliere delle riviste e far selezionare ai ragazzi immagini che rappresentino vari tipi di schiavitù

(ad es. ignoranza, droga, malattie, vizi…). Queste immagini verranno incollate su di un cartellonesul quale potrebbe essere riprodotto il disegno della allegato 1 (in fondo alla scheda) e le fotoinserite al posto dei mattoni del disegno. Seguirà una riflessione guidata.

• Molti sono i condizionamenti che turbano i ragazzi di oggi e che diventano delle vere e proprieschiavitù: l’adeguarsi alle mode, al gruppo, a un particolare stile di vita, etc. L’itinerario di Mosè e delpopolo di Israele conduce dalla schiavitù alla libertà. Quali le tappe del percorso che noi dobbiamofare oggi per compiere il nostro cammino di liberazione?

• Dalla terra di schiavitù (quali schiavitù?) passando attraverso il Mar Rosso (che cosa rappresenta?)fino al Sinai per fare alleanza con Dio (come facciamo alleanza con Dio oggi?). Fino a giungere allaterra promessa (qual è la nostra terra promessa?)

• In alternativa si può realizzare il gioco “La mongolfiera” Si preparano due cartelloni con disegnaterispettivamente due mongolfiere. Le due squadre avranno a disposizione 5 minuti per deciderequanti Kg (per un totale di 20 Kg) assegnare alle seguenti parole scritte su cartellini, che costituiran-no la zavorra: noia, prepotenza, indifferenza, gelosia, invidia, egoismo, odio, maldicenza, orgoglio,violenza. Il peso dovrà essere segnato sul retro dei cartellini per non essere visto. La gara si svolgeràcosì: la prima mongolfiera si alzerà in volo e al rumore del vento la squadra avversaria dovràeliminare ogni volta una parola, si continua alternandosi fino allo stop del catechista. Vince lasquadra con la mongolfiera più leggera.

• Seguirà un dibattito sulla attribuzione dei pesi per ogni parola.

CELEBRAZIONE

Impariamo a riconoscere le nostre schiavitù e ad affidarle al Signore nella preghiera.

• Lettura: Es 2,23-25 (Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il lorogrido dalla schiavitù salì a Dio).

• Sal 142 (sottolineando soprattutto il v. 3: «Al tuo cospetto sfogo la mia angoscia»).• Ascoltiamo insieme questa lettura tratta dal libro “I Fioretti del Padre” (i quaderni de “il Focolare”

5, Firenze 1988, 25-27):

Sotto le tovaglie dell’altareDurante l’ultima guerra il pane è tesserato. L’acquisto della farina per le Comunità avvie-

ne attraverso l’immediato pagamento. Il fornaio dell’Opera, il Sali, impensierito, aspetta ilPadre sulla porta della Cappella. Deve venire a celebrare.

Appena lo scorge: “ Oggi non si può fare il pane. Non c’è un pugno di farina “.- Torni dopo la S. Messa.Dopo aver celebrato, il Padre s’intrattiene nella piccola sacrestia per il ringraziamento.Una vecchia col capo avvolto in una pezzola nera vuole salutarlo. Dopo un breve collo-

quio, prima d’accomiatarsi, la buona fa scivolare nelle mani del Padre un fagottino avvoltonella carta paglierina. Appena partita, il Padre svolta il fagottino e vi trova i soldi sufficientiper l’acquisto della farina. La lotta è dura, incalzante. Anche le Banche hanno le loro esigen-ze. Le tratte non pagate passano al Notaro. Umiliazione. Anche se non ha soldi il Padresente il bisogno di portarsi in Banca. Almeno per chiedere scusa. Appena messo il soprabitoe raggiunte le scale di casa:

- Scusi, è lei don Facibeni?- Sì.- Ho questa lettera per lei.- Attenda che scrivo un rigo di risposta.- Non importa.La persona che mi manda vuole rimanere incognita.La Provvidenza gli ha dato modo d’assolvere al suo impegno.Molto spesso era solito, dopo cena, prima di coricarsi, di raccogliere le tratte dal suo

tavolo, di farne un mazzetto e di portarsi in Pieve.Al fioco lume della lampada che ardeva dinanzi al Santissimo, raggiungeva l’altare e dopo

essersi prostrato a lungo, alzava le tovaglie e vi deponeva le tratte.- “Ti prego Signore, pensaci tu questa notte. Concedimi di riposare un po’”.E la preghiera era esaurita, la fiducia nella Provvidenza premiata.Qualche volta in maniera signorile e commovente.

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Il 31 gennaio, giorno onomastico del Padre, il Signore Sergio Casaltoli che aveva fornitol’Opera di asciugamani e lenzuoli e altra biancheria e che aveva fatto forti imprestiti, fa ditutte le cambiali stracciate un bel mazzo avvolto in una velina e lo fa consegnare con questobiglietto: “Al Padre, nel suo giorno onomastico, questi fiori, con tanti auguri”.

• Ad ogni ragazzo si distribuisce un foglio che possa rassomigliare a una tratta su cui scrivere unaqualche schiavitù o preoccupazione che lo angoscia e si invita a metterla sotto la tovaglia dell’altaresulla quale nei giorni seguenti sarà celebrata l’Eucaristia. Sarebbe bello poter partecipare a unacelebrazione nei giorni feriali pensando a come il Signore, trasformando il pane e il vino nel suocorpo e sangue, proprio su quell’altare tocca quelle mie preoccupazioni e mi salva (Mc 1,40-45; Mc5,21-34).

• Si conclude con la pregheira del Padre Nostro sottolineando il “liberaci dal male” e affidandociall’intercessione della Madonna con la preghiera dell’Ave Maria.

INCONTRO CON I GENITORI

OBIETTIVO• Stimolare una riflessione e un confronto sul tema: “Quali i limiti alla libertà del nostro bambino?

Quali NO? Come correggere senza inasprire i rapporti?”

• Suggeriamo la lettura del libro di Asha Phillipps I No che aiutano a Crescere

SVOLGIMENTO• L’incontro potrebbe essere svolto in maniera attiva, iniziando con un brainstorming rivolto ai genitori

di fronte alla parola “trasgressione” o “limite”. In base a quanto emerso si può passare allo svolgi-mento di piccole simulate dove i genitori assumono anche il ruolo dei figli. Infine condivisioneguidata su entrambe le attività.

SUGGERIMENTI ULTERIORIVisione dei film “Iqbal” (per pre-adolescenti) e “Il principe d’Egitto” (per i ragazzi).

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SCHEDA 1 ALLEGATO 1

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2. “Mosè, Mosè” … “Eccomi!”(Es 3,1-4,17)

OBIETTIVO

Riflettere, alla luce del racconto della vocazione di Mosé, sulla nostra chiamata e sulla nostramissione.

COMMENTO AL TESTO

Nel libro dell’Esodo troviamo un duplice racconto della vocazione di Mosè, segno ovviamente didue tradizioni letterarie differenti.

Es 3,1–4,17 costituisce un’unità letteraria ben determinata in base a diversi criteri: di tempo, diluogo, di azioni e di comparsa dei personaggi. Possiamo dividere questo brano in due parti principaliche si articolano in quattro scene (ciascuna delle quali è caratterizzata da una parola-chiave):

1. LA VOCAZIONE DI MOSÈa) Sguardo chiama sguardo (Es 3, 1-9); VISIONE

2. LA MISSIONE, L’INVESTITURA E LE OBIEZIONI DI MOSÈb) Missione e rivelazione del nome di IHWH (Es 3, 10-22); MISSIONEc) Mosè riceve i segni del potere di IHWH (Es 4, 1-9); CREDIBILITÀd) Mosè bocca di Dio, Aronne bocca di Mosè (Es 4, 10-17); PARLARE

Questi quattro filoni (visione – missione – credibilità – parlare) innervano tutto il brano e gliconferiscono grande unità.

1. Es 3,1–9: VOCAZIONE DI MOSÈ: SGUARDO CHIAMA SGUARDO

Lo sguardo di Mosè (vv. 1-6). Il racconto si apre con la descrizione di un uomo che pareadattato alla sua situazione: sradicato dal suo popolo, “schedato” dal faraone, ora egli è un pastore. Pergli egiziani, Mosè si è ridotto a un mestiere ignobile (cfr. Gen 46,34); come ebreo, nella sua esperienzadi vita fino ad ora il “Dio dei padri” è risultato un illustre sconosciuto. Il nostro testo non lo dice, masapremo che in questo momento Mosè ha circa ottant’anni (cfr. Es 7,7 che riecheggia in At 7,30).Umanamente parlando, siamo davanti a credenziali non certo buone!

L’episodio pone Mosè nel deserto, luogo che in questo caso va visto nella sua valenza negativa enon romantica: è il luogo della solitudine e del vuoto, è steppa arida e tenebrosa, spazio invivibile epieno di agguati (cfr. Dt 8, 15; 32,10; Ger 2,6); è quel deserto che agli israeliti apparirà come unsepolcro di morte (Es 14,11). Si tratta comunque di uno spazio da attraversare per trovare pascolo. Ilmonte nella Bibbia e nella storia delle religioni è il luogo dell’incontro con la divinità, la sua sede.“Oreb” è il nome con cui nel Deuteronomio si chiama il Sinai (cfr. Dt 1,6, 4,10): questo nome, inebraico, deriva da una radice che significa siccità, devastazione, macerie. Ebbene, questo monte che haun nome così lugubre, viene inaspettatamente chiamato «il monte di Dio»: si tratta di una anticipazio-ne di quanto Mosè sperimenterà tra poco.

È a questo punto che abbiamo la manifestazione di Dio (teofania), con la quale inizia un gioco disguardi tra Dio e Mosè. L’iniziativa parte da Dio che parla e che si lascia vedere «come/in fiamma difuoco». Il fuoco, cangiante e immateriale è uno dei simboli più usati in tutte le religioni per esprimerela presenza e la dimensione intoccabile, trasformante e purificante della divinità. Nella Bibbia è ilsimbolo della presenza dinamica di Dio (Gen 15,17; Dt 1,33), della sua gloria (Es 24,17; Ez 1), dellapotenza della sua parola (Dt 4,33; Sof 1,18), del suo amore (Ct 8,6). Osserviamo la scena con gli occhidi Mosè: la sua attenzione non si dirige tanto al fuoco, quanto sul roveto che arde e non si consuma. Ilraro termine “roveto” (in ebraico senah), riecheggia il nome Sinai1. Mosè non è consapevole dellapresenza di Dio e per il momento ciò che lo guida è la curiosità e lo stupore per l’insolito spettacolo.

Il Signore vede “il vedere” di Mosè e lo chiama per nome due volte. Come Samuele (cfr. 1Sam3,4), Mosè risponde «Eccomi» (in ebraico hinneni che lett. vuol dire “vedimi”), ignaro del suo interlocutore.Il Signore invita Mosè a non avvicinarsi e a togliersi i sandali, perché il luogo dove si trova è terra santa.“Avvicinarsi” sarà usato in seguito per esprimere, l’azione dei sacerdoti che si avvicinano alla presenzadi Dio (cfr. Es 40,32; Lev 16,1). I “sandali” rappresentano la dignità di una persona libera (Am 2,6; Sal60[59],10): potremmo dire con una immagine odierna, che i sandali rappresentavano l’autonomia e lacarta di credito di una persona. Togliere i sandali era quindi un gesto di rispetto e di riconoscimento

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della santità di un luogo; ma anche un segno di povertà (Ger 2,25), di umiltà (2Sam 15,30), dellacondizione di chi è schiavo e depone il proprio onore di fronte al superiore (Is 20,2); togliersi i sandalisignifica giuridicamente rinunciare ai propri diritti di possesso (Dt 25,9; Rut 4,7-8). Per la prima voltanella Bibbia si dice che un luogo è “santo”, che appartiene cioè alla sfera di Dio.

Dalla curiosità Mosè passa al riconoscimento di una Presenza che ora rivela la sua identità: sitratta di un Dio personale, che ha fatto la storia dei suoi padri (Io sono il Dio di tuo padre, il Dio diAbramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe); tuttavia – e questa è la novità – Egli non è solo il Dio dellafamiglia di Mosè, ma il Dio di tutto Israele che Egli chiama «mio popolo».

Dinanzi a questa rivelazione, Mosè reagisce con timore e tremore e si copre il volto per nonvedere Dio: questo timore è il riconoscimento rispettoso della trascendenza di Dio e della propriainadeguatezza, non più la paura della sua solitudine violenta. Nel gesto di coprirsi il volto oltre allaconsapevolezza che nessun uomo può vedere Dio e restare vivo, si può vedere anche la volontà diprendere le distanze, di sottrarsi a qualcosa di inaspettato e imprevedibile.

Lo sguardo di Dio (vv 7-9). Il discorso che Dio fa è una constatazione e una promessa perso-nale di intervento. Abbiamo una struttura concentrica con una sequela di 8 verbi: 7 sono azioni di Dioe 1 è il giungere del grido degli Israeliti:

a) ho osservato la miseria del mio popolo in Egittob) e il loro grido ho ascoltato a causa degli aguzzini: conosco le sue sofferenze.

c) sono scesoper liberarlo dalla mano dell’Egittoe per farlo uscire da questo paese.

b’) il grido degli Israeliti è arrivato fino a me.a’) e io stesso ho visto l’oppressione con cui lo tormentano

Mosè – e insieme a lui anche noi – sa che il grido lanciato dagli Israeliti in Es 2,23-25 non è cadutonel vuoto. Dio ha “appurato davvero, con attenzione” l’oppressione, ha “ascoltato” la denuncia di unpopolo tiranneggiato da aguzzini2, ha “conosciuto” le sofferenze e le ferite di Israele3. Il Dio che parla èun Dio serio, preoccupato e fermamente deciso ad agire. Al centro di tutto il discorso, troviamo il suoprogramma, che è il compendio di tutto il libro dell’Esodo: egli “scende”, per un affrancamento in vistadi un dono.

2. Es 3,10-4,17: LA MISSIONE, L’INVESTITURA E LE OBIEZIONI DI MOSÈ

L’unità di Es 3,10-4,17 è data dallo sviluppo della sequenza RICHIESTA – OBIEZIONE – RISPO-STA:

RICHIESTA

I. Ora va’. Io ti mando dal Faraone.Fai uscire il mio popolo (3, 10)

II. Va’ riunisci gli anziani di Israelee di’ loro: il Dio dei vostri padri mi èapparso … Tu e gli anziani andretedal re di Egitto e direte: Il Signoresi è presentato a noi; ci siapermesso andare nel deserto per unsacrificio a IHWH (3, 16-22)

III. Ora va’. Io sarò con la tua bocca… (4, 12)

OBIEZIONE

I. Chi sono io per andare dal Faraonee per fare uscire … gli Israeliti? (3,11)

II. Ma mi diranno: come si chiama?E io che cosa risponderò? (3, 13)

III. Ecco, non mi crederanno e nonmi ascolteranno. Diranno: non ti èapparso IHWH (4,1)

IV. Mio Signore, non sono mai statoun buon parlatore (4, 10)

V. Perdonami, Signore mio, mandachi vuoi mandare! (4, 13)

RISPOSTA

«Io Sarò con te». Primo segno alfuturo (3, 12)

Io-sono-colui-che-sono. Dirai: Iosono … mi ha mandato a voi (14-15)

Tre segni che attestano il potere diMosè (4, 2-9)

Chi ha dato una bocca all’uomo ..?Non sono forse io IHWH? (4, 11)

Non v’è forse tuo fratello Aronne ...?… Terrai in mano questo bastone conil quale compirai prodigi (4, 14-16)

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Le richieste di Dio sono tre, aperte sempre da un imperativo («va’»):1) Presentarsi dal faraone per fare uscire il popolo dall’Egitto;2) Convocare gli anziani per andare nel deserto a sacrificare al Signore;3)Parlare come bocca di Dio.

A ciascuna di queste richieste, Mosè tira fuori degli alibi, che puntualmente ricevono unacontroreplica da parte di Dio: questo è il racconto biblico di vocazione che presenta il maggior numerodi obiezioni (ben 5)! L’ultima parola è comunque quella di Dio, decisamente arrabbiata. L’accavallarsi diun numero così grande di obiezioni serve a sottolineare il fatto che Mosè non si è scelto, non può farsiliberatore da solo (cfr. Es 2), ma è stato scelto e mandato da Dio.

A) MISSIONE E RIVELAZIONE DEL NOME DI JHWH (ES 3, 10-22)Prima richiesta di Dio. La rivelazione del Nome (vv. 10-15) La prima richiesta è perentoria

e contrassegnata da due imperativi: «va’» (cfr. Gen 12,1) e «fai uscire» (classico verbo dell’Esodo).Prima obiezione di Mosè: “Chi sono io per andare e fare uscire?”. In fondo è la stessa domanda

dell’ebreo di Es 2,14: Chi ti ha costituito capo e giudice su di noi? Mosè si sente privo di ogni autorevo-lezza, del necessario carisma, nega ogni sua possibile leadership. La risposta di Dio garantisce unacompagnia che fonda l’identità di Mosè e ne legittima la missione: il segno di questa compagnia sta nelfuturo, in un futuro appuntamento sull’Oreb, lontano dall’Egitto, dove sarà direttamente il popolo adattestare che Mosè è stato inviato da Dio. Si noti l’uso del verbo “servire”, finora usato in senso negativodi “schiavizzare”: la promessa è il passaggio dalla schiavitù d’Egitto al servizio liturgico/cultuale di Dio.

Seconda obiezione di Mosè: è la previsione che gli israeliti chiederanno il Nome di Dio che lo invia.“Chiedere il nome” equivale a chiedere che cosa questo Dio sia in grado di fare. Davanti al pantheondella nazione oppressiva, qual è il potere di Dio, la sua credibilità? Per la prima volta nell’Antico Testa-mento, il Signore rivela il suo nome in ebraico: ‘ehjeh ‘asher ‘ehjeh (v. 14). Si tratta di un’espressioneunica in tutta la Bibbia: è legata al verbo “essere” in una forma verbale che esprime permanenza,dinamicità e futuro1. Questo Nome non è un gioco di parole ne un rifiuto di rispondere alla richiesta diMosè; la sua interpretazione ha fatto gettare fiumi di inchiostro: possiamo coglierla nel contesto imme-diato dei versetti 14-15 e in quello più ampio dell’Esodo e dell’intero Antico Testamento:

- È indubbiamente un’asserzione di esistenza; può suonare in opposizione ai falsidei che non sono niente (la LXX ha interpretato “Io sono l’Esistente”, versione seguitaanche dai Padri greci);

- Nel v.14 “Io sono” è colui che manda Mosè al popolo; il v.15 precisa che Dio è “ilDio dei vostri padri”. “Io sono colui che sono” non è quindi un’altra divinità, ma il Dio delpassato (colui che si è manifestato ed ha agito con i patriarchi), del presente (colui cheinterviene per il popolo) e del futuro (colui che si manifesterà ed agirà);

- È una esistenza che è anche assistenza: “Io sarò con te” (3,12) “Io sarò con la tuabocca” (4,12) stanno a significare una compagnia che non verrà meno: per la prima voltaperò è una compagnia rivolta non solo ad un singolo, ma a un popolo intero;

- Dando il suo nome, Dio si rivela ma conserva anche il suo mistero: egli è immanentee trascendente. Egli c’è e agisce, ma si riserva di decidere il come e il quando, non percapriccio nella fedeltà di chi è presente al momento giusto;

Questa rivelazione del Nome rappresenta anche un “rischio” per Dio. Finora (cfr Es 6, 2-3) non hamai voluto farlo con i patriarchi, neppure a chi glielo aveva chiesto espressamente (Gen 32,36). Per lamentalità semitica, il nome è la persona stessa: conoscere il nome di Dio significa esercitare un poteresu di lui. Di conseguenza, per la prima volta, Dio rivelando il proprio nome, scommette la sua identitàper un popolo che è ancora un’accozzaglia di schiavi.

Seconda richiesta di Dio: istruzioni sulla missione (vv. 16-22) Un secondo «va’» chiariscea Mosè che la sua missione è riunire gli anziani di Israele, qui menzionati per la prima volta nellaBibbia. Appaiono distinti dal popolo e per il momento sembrano i primi destinatari del messaggio diMosè. Il contenuto del messaggio riprende Es 3,7-12, ma introduce nuovi elementi:- tema della sicura visita di Dio profetizzata da Giuseppe (Gen 50,24). Non è un semplice prendere

atto di una situazione, ma un deliberato intervento che determina una sorte ambivalente: positivaper gli innocenti e negativa per i colpevoli.

- Troviamo un inaspettato viaggio di tre giorni nel deserto per offrire un sacrificio a IHWH: un escamotage(come quello delle levatrici) per fuggire senza insospettire gli egiziani? Sicuramente la richiestaimplica una netta presa di distanza religiosa dal pantheon egiziano: il Dio degli Ebrei non è una delletante divinità egiziane, ne un dio-faraone!

- Si anticipano gli eventi di Es 5-15: Dio avvisa Mosè che il faraone si opporrà, ma questo non fermeràil realizzarsi del disegno divino. L’uscita dall’Egitto è presentata come una fuga, un’espulsione.

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L’immagine della “mano forte” è la mano del Potente di Giacobbe (Gen 49,24) che interviene perliberare e ricreare (Is 41,20; 51,9; 52,10), associata al “braccio teso” (Es 6,6) che non si accorcia(Num 11,23), cioè è invincibile e non viene meno.

- Come fu detto ad Abramo (Gen 15,14), si preannuncia che Israele non partirà a mani vuote.In tutta questa anticipazione di eventi sorprende da una parte la loro certezza (accadranno sicu-

ramente) dall’altra la loro indeterminatezza (quando e come?). Solo Dio, ancora una volta, conosce imomenti e le modalità precise del loro compimento.

B) MOSÈ RICEVE I SEGNI DEL POTERE DI JHWH (ES 4,1-9)Mosè avanza la terza obiezione: come potrà provare agli Israeliti l’apparizione di JHWH? Dio

risponde con tre segni con i quali conferma l’investitura di Mosè come suo ambasciatore. È Dio stessoche da questi segni senza che Mosè gli chieda.

Il bastone trasformato in serpente Il normale bastone di Mosè diventa il bastone di Dio (Sal23[24],4); si trasforma in un serpente. Nell’immaginario biblico e di altre culture (quella egiziana inmodo particolare) il serpente, per le sue caratteristiche, è considerato un animale ambiguo e misterioso(Pro 30,19), che evoca venerazione e ribrezzo. È simbolo dell’energia sotterranea che crea la vita, dellepotenze caotiche del mare (Is 27,1), del ciclo del tempo, dell’immortalità, della fecondità, della sapien-za e del potere di oracolare). In Egitto rappresentava il fluido vitale ed era posto sulla corona delfaraone come simbolo di divinità. Mosè fugge alla vista del serpente; tuttavia, all’ordine di Dio –esperto addomesticatore – supera lo sgomento, “stende la mano” e il bastone ritorna serpente. Questoprimo segno conferisce a Mosè la sapienza e il potere divino sulle energie nascoste del cosmo e sultempo; può trasformarli in caos e viceversa. Questo potere rivelerà la sua forza sbaragliando la sapien-za e l’energia dell’Egitto.

La mano che diventa lebbrosa La lebbra (da intendere come generica malattia della pelle) erauna affezione ripugnante e particolarmente temuta, che comportava l’emarginazione dalla comunità.Solo Dio ha il potere di colpire o guarire da questo morbo (2Re 5,7) considerato morte civile e chesovente puniva i peccati di orgoglio e usurpazione (cfr. Num 12,9; 2Cr 26,16-21). Nella Bibbia questopotere è stato concesso solo a Mosè e a Eliseo. Questo secondo segno conferisce a Mosè il potere ditrasferire nella morte o reintegrare nella vita, animali, uomini e ambiente: appare in tutta la suaevidenza nella sesta piaga, quella delle ulcere (Es 9,8-11).

L’acqua che si muterà in sangue Questo segno è rinviato al futuro e si compirà in Egitto. Ilsangue è simbolo di morte. Questo è un segno che servirà prima agli israeliti, ma che in seguito serviràa convincere tutti gli egiziani. Questo terzo segno anticipa che Mosè viene investito del potere sull’ac-qua e sulla terra, sulla vita e sulla morte, sul Nilo stesso, dio e padre dell’Egitto. Questa investitura diMosè suona come polemica contro la magia egizia e va letta come anticipo di ciò che accadrà nellepiaghe2.

C) MOSÈ BOCCA DI DIO, ARONNE BOCCA DI MOSÈ (ES 4,10-17)Nonostante i segni, Mosè avanza la quarta obiezione. Letteralmente dice: Per cortesia, io non

suono un uomo di parole, non lo sono stato, né ieri, né avanti ieri, né oggi che mi parli, pesante di boccae di lingua io sono. Pur cosciente di essere entrato in dialogo con Dio, Mosè avverte di non avere le ideee la persuasività necessarie per essere un buon comunicatore3. Dio confuta questo alibi di Mosè,riaffermando il suo potere trasformante su ogni organo di comunicazione/recezione. La risposta di Dio(«Io sarò con la tua bocca e ti insegnerò») è garanzia che sarà Lui a colmare le lacune di Mosè. Illinguaggio di Mosè sarà suggerito da Dio: per la prima volta nel Pentateuco compare il verbo “insegna-re/suggerire” (jarah), da cui deriva Torah (insegnamento/legge). Dio si rivela tramite la bocca di Mosèche diventa profeta e, per questo, capo e giudice di Israele.

Al v. 13 abbiamo la quinta ed ultima obiezione. Questa volta è Mosè che da ordini a Dio: «mandachi vuoi, non me». Dio stavolta reagisce arrabbiandosi! Vieni così indicata tutta l’impazienza di Dio e lasua preoccupazione nei confronti del male e dell’oppressione. Dio propone l’assistenza di Aronne, unfratello di Mosè di cui fino ad ora ignoravamo l’esistenza. Aronne sarà la bocca di Mosè, il suo portavo-ce; in Es 7,1 viene chiamato profeta. I ruoli però restano chiaramente distinti (addirittura il testoebraico afferma in modo inaudito che se Aronne diventerà la bocca di Mosè, Mosè diventerà addirittura‘elohim/Dio per lui, come lo diventerà per il faraone in Es 7,1).

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PER I RAGAZZI

• Introdurre l’incontro chiedendo ai ragazzi che cosa sanno della figura di Mosè, che cosa ricordano daifilm visti (ad es. Il principe d’Egitto, Mosè …), scrivere su un cartellone quanto viene detto dairagazzi

• Chiedere loro di indicare quale sia stata l’esperienza e l’evento più significativo della vita di Mosè• consegnare ai ragazzi il testo di Es 3. invitarli a leggerlo e a segnare punti interrogativi accanto alle

espressioni che non sono comprese, che suscitano curiosità e accanto agli elementi del racconto cheli spingono a chiedere “Perché avviene questo?”

• Consegnare il disegno allegato (Allegato 2 in fondo alla scheda) e chiedere loro di scrivere accantoal roveto ciò che nella vita li ha sorpresi e li ha spinti a pensare a Dio, e accanto a Mosè un fumetto(nel quale scrivere ciò che ritengono Mosè stia pensando).

• Cosa vuol dire che Dio salva? Che cosa ci fa soffrire?• Riflettere sul contenuto della missione di Mosè: cosa deve fare Mosè? Perché Dio lo chiama? chi sono

i “Mosè” di oggi?

PER I PREADOLESCENTI

Come lavoro di gruppo, potrebbero essere utili un approfondimento e un confronto tra i variracconti di vocazione nell’Antico e nel Nuovo Testamento: ogni partecipante può sceglierne uno, anno-tare le proprie osservazioni, per poi condividerle con gli altri.

Uno dei rischi da evitare è quello di leggere questa pagina della vocazione di Mosè come riservatao applicabile solo a chi vive una vocazione religiosa o consacrata. Questa chiamata di Mosè può essereconsiderata come paradigma di ogni incontro con il Signore (cfr. CCC 2575-2577). Sottolineiamo soloalcuni aspetti:1. Ogni vocazione nasce dalla vocazione di Dio. È un acconsentire, un dire si al si primogenito e

fondante di Dio, nel rischio e nell’avventura della libertà. La verifica continua di queste radici divineci permette di valutare continuamente l’onesta e la verità della risposta che diamo.

2. Ogni vocazione non è mai fine a se stessa, ma in vista di una missione per altri, in vista di unamediazione.

3. Il primo passo di ogni vocazione è entrare in rapporto con Dio. Soltanto respirando questa intimità,la vocazione diventa un’autentica missione. Questo vale per Mosè, ma anche per i primi discepoli:Gesù chiama i Dodici «perché stessero con lui e per mandarli a predicare» (Mc 3,14). La comunioneprecede la missione e la nutre. È profondamente vero ciò che dice un celebre adagio: nessuno daquello che non ha!

4. Ogni vocazione è lasciarsi amare da Dio: per quel che si è, senza vivere di confronti, svendendo onon riconoscendo la nostra unicità. Dal punto di vista psicologico è interessante come Dio conducapian piano Mosè a vincere le proprie insicurezze, ad autoaccettarsi, a maturare stima di se in modorealistico, a integrare il negativo di un passato di debolezze, errori e abbandoni. Tutto ciò non in basead una autoillusione, ma grazie ad una compagnia, ad una presenza. È la scoperta di Paolo di fronteal groviglio delle sue fragilità: «Ti basta la mia grazia» (2Cor 12,9).

5. Ogni vocazione è affidamento e scommessa sul futuro, con l’unica certezza della bussola di unaParola. Come a Mosè, anche ai primi discepoli viene detto: «Venite e vedrete»; così come il nomestesso di Dio è «Io sarò quello che sarò». La tentazione è quella di voler vedere prima e poi casomaimettersi in cammino, perché una fede nomade fa paura. Ma è proprio strada facendo che si imparala propria vocazione e si impara il cuore di Dio (prova ad intervistare su questo il tuo parroco, il tuocatechista, i tuoi genitori …).

INCONTRO CON I GENITORI

A parte l’approfondimento vocazionale proposto per i preadolescenti, che va bene anche per chi èpiù adulto, proponiamo la seguente pista di riflessione:1. La rivelazione di Dio nel roveto è singolare e carica di significati. In che modo nella nostra vita Dio si

può ancora manifestare come fuoco che non consuma?2. Il nome misterioso di Dio mette in discussione le sue immagini naturali che l’uomo si costruisce.

Cosa ci rivela del mistero di Dio il nome rivelato a Mosè?3. L’itinerario vocazionale di Mosè diventa, come per altri racconti biblici, una griglia di riferimento per

leggere la dimensione vocazionale nella nostra esistenza. Quali elementi possiamo accostare tra lavocazione di Mosè e la nostra?

4. La vocazione nasce e si sviluppa nell’intreccio di due libertà: quella di Dio e quella dell’uomo. Losmarrimento, la paura, l’inadeguatezza ne diventano una dimensione caratteristica. Cosa ci riveladel mistero di Dio e dell’uomo questo «gioco» drammatico e sublime?

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5. Dio non sceglie ciò che nel mondo è forte. Con quali “rassicurazioni” Dio ci manda per compiere lasua missione?

PER I GENITORI E FIGLI

«Mi soffochi! Non ti sopporto più! Voglio fare a modo mio!»: se i figli non hanno mai detto questefrasi ai genitori è però possibile che almeno qualche volta le abbiano pensate. Anche se siete i genitorimigliori e più democratici del mondo non siete esenti da queste manifestazioni di ribellione da parte deiragazzi, soprattutto adolescenti, per i quali libertà è sinonimo di indipendenza, di scioglimento daregole rigide finora sopportate, dalle abitudini diventate noiose. Sarebbe interessante vedere insiemequali “schiavitù” accusano i vostri figli e trovare le possibili soluzioni con pazienza e saggezza, allentan-do gradualmente le redini, ma stando fermi sulle posizioni più importanti, perché a dispetto dellaspavalderia che i ragazzi ostentano, c’è un grande bisogno ancora di punti fermi che creano sicurezze.

PER UN INCONTRO DI PREGHIERA

• PREPARAZIONEDavanti al tabernacolo si prepara un tappeto e si dispone anche un’icona del volto di Gesù e un

cero acceso. I ragazzi sono all’ingresso della chiesa. Il prete o il catechista che guida la preghieraspiega che si sta per entrare in un luogo santo: invita ad un momento di silenzio, a raccogliere i pensieriche nascono dal fatto di stare in quel luogo.

• TOGLIERSI I SANDALII ragazzi sono ancora in piedi, ad una certa distanza dal tabernacolo. Il catechista legge Es 3,1-

5 ripetendo per due volte il versetto 5 in cui il Signore dice a Mosè: «Togliti i sandali dai piedi perché illuogo dove tu stai è terra santa». Evagrio Pontico commentando questo versetto dice che Mosè nonpoté accostarsi al roveto ardente finché non si fosse tolto i sandali (Trattato sulla preghiera, 12 ss). Noinon possiamo pretendere di stare alla presenza di Dio se non ci liberiamo dalle preoccupazioni, daipensieri, dall’attaccamento alle cose materiali. I ragazzi sono invitati a togliersi le scarpe, quindi vannoad inginocchiarsi sul tappeto davanti alla luce del tabernacolo. Pregano in silenzio, in solitudine, leg-gendo la preghiera «Senza sandali» riportata di seguito.

• VEDERE DIODopo essersi tolto i sandali, Mosè si copre il viso; non può vedere il volto di Dio. I ragazzi, ora

seduti sul tappeto, si coprono gli occhi con le mani e ascoltano il brano di Es 33,18-23; Mosè è sullamontagna e questo dialogo precede la consegna della Legge da parte di Dio. Il versetto 20 («tu nonpotrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo») viene ripetuto due volte.I ragazzi aprono gli occhi e sono invitati a fissare il volto di Cristo (rivelazione del volto del Padre)nell’icona; quindi esprimono spontaneamente le loro intenzioni di preghiera. A ciascuna insieme sirisponde: Ti vedo, ti ascolto, ti prego Cristo Gesù. Dopo aver pregato il Padre nostro, i ragazzi sonoinvitati a sostare “nel luogo santo” proseguendo personalmente la loro preghiera; si allontaneranno intempi diversi, inginocchiandosi di fronte al tabernacolo e facendo il segno della croce.

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1 In questo brano lo troviamo due volte; la terza e ultima volta ricorre in Dt 33,16 dove Dio vienechiamato «Colui che abitava nel roveto».

2 Nel termine Ebraico, tradotto dalla CEI, con “sorveglianti” c’è cattiveria e arroganza.3 Questo verbo in ebraico può esprimere , oltre ad una verifica, un intimo e profondo coinvolgimento.4 Grammaticalmente andrebbe tradotto con “Io sarò colui che sarò”. Nella maggior parte delle tradu-

zioni correnti si rende con “Io sono colui che sono”. La TILC traduce con “Io sarò sempre quello chesono”.

5 La Bibbia si dimostra molto severa con la magia, condannandola come abominazione (Dt 18,9) eidolatria (Sap 15,28) e mettendo in guardia Israele da lasciarsi affascinare da tali pratiche. Mosè nonè un mago, ma un profeta: il suo potere è dono di Dio, non frutto di alchimie personali.

6 Cfr. la somiglianza con l’alibi di Geremia (Ger 1,4)

SENZA SANDALITu mi chiami, o Signore. Mi avvicino a Te.

È meglio che mi tolga le scarpe.Io vengo a te scalzo.

Sono davanti a Te senza paura,senza preoccupazioni.

Mi sento liberoperché sto con te.

Sono scalzo,non ho distrazioni,

non desidero andare altrove.Sono qui davanti a Te.

I miei piedi senza scarpe,la mia mente senza pensieri,i miei occhi vedono solo Te,

le mie orecchie sentono solo la tua Parola.Sono scalzo, Signore,

davanti a Tein questo luogo santo.

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SCHEDA 2 ALLEGATO 2

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3. La fatica di credere(Es 4,18-7,7)

COMMENTO AL TESTO

Dopo aver molto esitato nel rispondere alla chiamata di Dio, Mosè decide di lasciare la terra diMadian e di rientrare con la moglie e i figli in Egitto. Durante il viaggio avviene qualcosa di misterioso:il Signore viene incontro a Mosè e cerca di farlo morire. Zippora, sua moglie, allontana il pericolocompiendo la circoncisione del figlio. Ancora una volta, come già nella storia di Giacobbe (Gen 32,23-33), Dio si presenta come l’avversario di colui che Egli stesso ha chiamato e proprio nel momento in cuil’ “eletto” ha iniziato a obbedirgli, mettendosi in cammino. Sembra quasi che Dio voglia compiere unasorta di vaccinazione per preparare la persona da lui scelta alla lotta che da quel momento dovràsostenere contro le potenze del male (Ef 6,12). Esse spesso si manifestano particolarmente virulentenei cosiddetti “vicini”, «l’amico in cui confidavo, lui che mangiava il mio pane, alza contro di me il suocalcagno» (Sal 41,10). Le prove a cui Mosè sta andando incontro sono durissime: il faraone non ascol-terà né lui né Aronne e anzi renderà più dura la schiavitù del popolo, al punto tale che gli scribiaccuseranno i due fratelli di essere la rovina degli Israeliti, responsabili di aver messo nelle mani del redi Egitto una spada per ucciderli (Es 6,21).

Mosè sfoga al cospetto di Dio la sua angoscia (Sal 142,3), quel dolore intenso provocato dallaconstatazione di fatti che sembrano smentire le promesse, reso ancora più acuto dal sentirsi in mino-ranza nel credere diversamente. Il Signore interviene con forza: «Io sono il Signore! Vi sottrarrò aigravami degli egiziani, vi libererò dalla loro schiavitù e vi libererò con braccio teso e con grandi casti-ghi» (Es 6,6). Per indicare l’azione di Dio in favore del popolo si usa qui un verbo che, nella linguaebraica, designa l’operato del parente prossimo che doveva proteggere o riscattare (ga’al) la proprietào le persone della sua famiglia che erano state vendute a causa di debiti (Lev 25, 24-26.47-49.51.54).Anche noi, nella nostra vita, siamo chiamati a lottare per non dimenticare che Dio è il nostro riscattatoree che tutto concorre al bene di coloro che lo amano (Rm 8,28). Proprio indurendosi, il faraone, permet-te a Dio di rivelare con più chiarezza e forza il suo potere di liberare e condurre il suo popolo nella terrapromessa. Se avessimo un po’ più di consapevolezza di questa amicizia fedele, sapremmo riconoscere(come san Francesco di Assisi) in ogni realtà creata un segno della sua bontà e saremmo meno timorosidavanti a quegli eventi che spesso ci turbano e istintivamente fuggiamo (quali sorella morte). Tuttiquanti noi, come Mosè, abbiamo la parola impacciata (Es 6,12) nell’annunciare questa verità, forseperché il nostro cuore è duro a crederla. Il Signore mette delle persone vicino a noi (Zippora e Aronne)che intervengono in nostro aiuto specie quando rischiamo di cadere vittime delle nostre false immaginidi Dio, che realmente ci rendono schiavi. Ringraziamo il Signore per tutti coloro che ci hanno aiutato acrescere nella verità che libera rendendoci più autentici nel ringraziare, più umili nel servire, più corag-giosi nel donare.

PER I RAGAZZI

SEGNOGli scalini di una scala per rappresentare che ogni momento di crisi è come uno scalino da

superare e consente di andare più in alto.

OBIETTIVOPrendere coscienza delle difficoltà e tentare di rileggerle come occasione di crescita e opportunità

per sperimentare l’amore fraterno.

ATTIVITÀ• Lettura del brano della Bibbia (Es 4,18-7,7). Per la lettura può essere utilizzato il testo «La

Bibbia raccontata ai bambini» di A. Stutshinsky.

• leggiamo una storiaSe i peccati fossero pietreDue donne si recarono da un saggio, che aveva fama di santo, per chiedere qualche

consiglio sulla vita spirituale.Una pensava di essere una grande peccatrice.Nei primi anni del suo matrimonio aveva tradito la fiducia del marito.

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Non riusciva a dimenticare quella colpa, anche se poi si era sempre comportata in modoirreprensibile, e continuava a torturarsi per il rimorso.

La seconda invece, che era sempre vissuta nel rispetto delle leggi, si sentiva perfetta-mente innocente e in pace con se stessa. Il saggio si fece raccontare la vita di tutte e due.

La prima raccontò tra le lacrime la sua grossa colpa. Diceva, singhiozzando, che per leinon poteva esserci perdono, perché troppo grande era il suo peccato.

La seconda disse che non aveva particolari peccati da confessare.Il sant’uomo si rivolse alla prima: «Figliola, vai a cercare una pietra, la più pesante e

grossa che riesci a sollevare e portamela qui».Poi, rivolto alla seconda: «E tu, portami tante pietre quante riesci a tenerne in grembo,

ma che siano piccole».Le due donne si affrettarono a eseguire l’ordine dei saggio. La prima tornò con una

grossa pietra, la seconda con un’enorme borsa piena di piccoli sassi. Il saggio guardò lepietre e poi disse: «Ora dovete fare un’altra cosa: riportate le pietre dove le avete prese, mabadate bene di rimettere ognuna di esse nel posto esatto dove l’avete presa. Poi tornate dame».

Pazientemente, le due donne cercarono di eseguire l’ordine del saggio. La prima trovòfacilmente il punto dove aveva preso la pietrona e la rimise a posto. La seconda invecegirava invano, cercando di ricordarsi dove aveva raccattato le piccole pietre della sua borsa.Era chiaramente un compito impossibile e tornò mortificata dal saggio con tutte le suepietre.

Il sant’uomo sorrise e disse: «Succede la stessa cosa con i peccati. Tu», disse rivolto allaprima donna, «hai facilmente rimesso a posto la tua pietra perché sapevi dove l’avevipresa: hai riconosciuto il tuo peccato, hai ascoltato umilmente i rimproveri della gente edella tua coscienza, e hai riparato grazie al tuo pentimento. Tu, invece», disse alla seconda,«non sai dove hai preso tutte le tue piccole pietre, come non hai saputo accorgerti dei tuoipiccoli peccati. Magari hai condannato le grosse colpe degli altri e sei rimasta invischiatanelle tue, perché non hai saputo vederle».

(B. FERRERO, Altre storie per la scuola e la catechesi, LDC, Leumann (To) 1993, p 117-119)

• Ognuno deve portare alcuni sassolini poi dovrà individuare per ogni sassolino un piccolo limitepersonale e reale, molto concreto. Ogni difficoltà verrà scritta segretamente in un foglietto e soprail foglietto sarà depositato il sassolino corrispondente. Successivamente i sassolini verranno decora-ti, abbelliti oppure potranno essere utilizzati per costruire tutti insieme una scultura bella, da deco-rare in un secondo momento.

•Il foglietto può essere ripreso dal ragazzo e riportato a casa.• Si conclude con una condivisione, stimolando i ragazzi a suggerirsi reciprocamente soluzioni e a

vincere la paura di chiedere aiuto agli altri, uscendo così dal ruolo di vittime.

PER I PREADOLESCENTI

SEGNOI gradini di una scala per rappresentare che ogni momento di crisi è come uno scalino da superare

che poi ti fa salire più in alto.

OBIETTIVOAiutarli a cogliere il senso profondo della storia che è fatta dai nostri errori e dalle nostre conqui-

ste, così come è stato anche per i grandi uomini di fede di sempre.

ATTIVITÀ• Dopo aver letto la storia biblica, si può simulare un processo a Mosè con accusa e difesa. Suddividere

il gruppo in due sotto-gruppi, chiamati l’uno a difendere Mosè e l’altro ad accusarlo.• A che serve impegnarsi se dopo avere interceduto presso il faraone per il popolo le sue condizioni

sono addirittura peggiorate (mancata distribuzione della paglia)?• Oppure può essere individuata una storia attuale dove un ragazzo prende le difese di un bambino

Rom.

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CELEBRAZIONE

• Facciamo memoria del nostro Battesimo: «Per mezzo del Battesimo siamo dunque stati sepoltiinsieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria delPadre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,4).

• Noi sperimentiamo l’efficacia di questo sacramento tutte le volte che avvertiamo in noi le mozionidello Spirito Santo Consolatore che ci incoraggia a credere nella presenza e nella benevolenza di Dioin ogni luogo e in ogni tempo, contrastando così l’azione del Satana (= l’Accusatore).

• Canto: Dove andrò? che riprende le parole del Sal 139 «Se scendo negli inferi, eccoti. Se prendo leali dell’aurora per abitare all’estremità del mare anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tuadestra».

• Ci facciamo il segno di croce con l’acqua benedetta dicendo a voce alta il nostro nome. Un richiamodel nostro battesimo: il Signore ci conosce per nome come un vero amico e tutto nella nostra vitadispone per il bene (Rm 8,28). Anche noi, come Mosè e Aronne, siamo duri a credere questo e pococoraggiosi nell’annunciarlo. Siamo sordi e muti.

• Ascoltiamo il Vangelo: Mc 8,31-37 (Effatà).• Si può ripetere il gesto dell’Effatà così come è previsto nel rito del Battesimo e si invita i ragazzi a

fare qualche piccola preghiera di benedizione o ringraziamento (magari anche per qualche pietrache noi abbiamo istintivamente scartato e di cui Lui ha fatto una pietra angolare).

• Si conlude con il Cantico di Frate Sole di S. Francesco e la benedizione a Frate Leone.

ATTIVITÀ RAGAZZI-GENITORI

I genitori provano a parlare di una crisi del figlio e il figlio prova a raccontare una crisi dei proprigenitori. Nella condivisione riflettere sugli elementi positivi emersi da queste situazioni di difficoltà

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INCONTRO CON I GENITORI

Lettura del seguente articolo e conseguente condivisione attraverso alcune domande guida:

PERCHÉ L’OPINIONE COLLETTIVA RIMUOVE L’ESPERIENZA DOLOROSALa sofferenza, Meglio non parlarne.Se c’è, nella società attuale italiana, un argomento largamente rimosso, è la sofferenza, il senso della

sofferenza.È stato giustamente affermato, se non ricordo male da Lévinas, che la società moderna si è fatta via via

prigioniera di una scelta senza uscite apparenti: o la piena salute o la morte. Non siamo più, in altre parole,abbastanza forti da sopportare (e «gestirci», come si ama dire) le tensioni intermedie: o stiamo benissimo,tanto bene da goderci la vita, o è meglio l’annullamento, l’eutanasia al limite.

Mi colpisce sempre di più infatti l’incapacità di tanti, giovani, ma non solo, ad accettare le tensioniintermedie. Un matrimonio non può essere faticoso, o è meraviglioso o è da rompere; un lavoro non puòessere faticoso, o è gratificante o è da cambiare; un’amicizia non può avere passaggi difficili, o è totale odiventa freddezza e odio; l’impegno sociale non può essere paziente costruzione di una società diversa, o èrapidamente vittorioso o lo si confina nell’utopia e ci si rifugia nel privato; la formazione non può esseregraduale trasformazione della propria cultura, o è illuminazione o è meglio non farne nulla; un’iniziativaimprenditoriale non può essere lenta ad affermarsi, o sfonda subito o è meglio metterci una pietra sopra;una riforma di qualunque tipo non può dar frutti nel lungo periodo, o è miracolistica o è immediatamente da«suicidare» con una riforma della riforma.

Ritengo che sia utile parlare di «senso della sofferenza», non in termini di sua accettazione sentimentaleo vittimistica, ma in termini positivi, di continua revisione delle nostre culture personali, dei nostri atteggia-menti e comportamenti quotidiani. Solo se saremo capaci di sopportare le tensioni intermedie della nostravita (nel lavoro, nel matrimonio, nelle amicizie) impareremo il senso della pazienza, del portar frutto nellapiccola e grande sofferenza.

Un’affermazione di questo genere può apparire a molti esortativa e volontaristica, e in parte lo è, se nonsi riesce a fare un passo ulteriore in avanti in termini di comprensione dei fenomeni. E il passo avanti io loproporrei su una riduzione della primazia della, soggettività che da tempo governa la società italiana.

Quando, non si accetta la fatica di un matrimonio, di un lavoro, di un’amicizia, di un’impresa, significa chenon si capisce che tutto nella vita è processo oggettivo e non solo esperienza soggettiva. La fatica (lapazienza come, sofferenza, se si preferisce) serve a costruire l’oggetto - un matrimonio come un’azienda -attraverso un lento processo di creazione, gestione controllo dei problemi o delle spinte individuali di chi ècoinvolto nell’oggetto. Se invece di essere attenti all’oggetto siamo tutti centrati su come soggettivamenteed emotivamente sentiamo l’esperienza di noi in quell’oggetto, allora il metro di giudizio e di comportamen-to ricade nella sfera soggettiva e scivola facilmente nel dilemma dell’avere tutto nella pienezza o nel rinun-ciare a tutto nella disgregazione.

Ho scritto recentemente, sui problemi dell’eutanasia, che se consideriamo la vita non come bene ogget-tivo, ma come esperienza personale, allora non c’è nessun vincolo al giudizio soggettivo sulla accettabilità omeno della fatica di vivere, della pazienza di vivere. Lo stesso tipo di considerazioni mi sembra che si possafare qui, in materia di sofferenza: se la sofferenza è solo un’esperienza personale di una qualche fatica (avivere corno a lavorare), allora non ci si può stupire del rifiuto o della rimozione di essa; se la sofferenza èinvece un fattore indispensabile per la costruzione di ogni cosa che dobbiamo e vogliamo fare, allora essanon è più soggettivamente incomprensibile e quindi insopportabile.

Adolfo Beria di ArgentineIl Corriere della sera, giovedì 6 marzo 1986

DOMANDE- Quali momenti di crisi hanno fatto vacillare la mia fede?- Sono capace di guardare a me stesso e ai miei fratelli cristiani pensando che anche loro, come Mosè,

possono comunque riuscire a fare la volontà di Dio al di là delle fragilità e degli errori?- Un matrimonio o è perfetto o è da chiudere, questa la mentalità di oggi, quali sono i miei pensieri in

proposito?

Si suggerisce la visione del film “Casomai”

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4. La notte di pasqua(Es 12)

COMMENTO (TRATTO DAL SUSSIDIO PER GLI ADULTI PREDISPOSTO DA D. LUCA MAZZINGHI)

Dopo il racconto dei segni e prodigi che hanno segnato lo scontro tra Dio e il faraone (quelle cheabitualmente indichiamo con il termine “piaghe”), il libro dell’Esodo ci pone dinanzi al racconto nellanotte della liberazione, segnata da una cena (preparata e vissuta in grande fretta) e dalla morte deiprimogeniti: questi due eventi segnano l’inizio dell’uscita dall’Egitto. Nel testo è evidente il legame traliturgia e fatti narrati: le norme sulla Pasqua non sono affatto un elenco arido di riti da osservare. Lacelebrazione pasquale annuale diverrà l’attualizzazione, attraverso il rito, di un evento unico. La litur-gia rimanda così alla storia, che viene resa presente nel rito per ogni credente che in ogni tempo locelebra.

Il testo é fondato su tre discorsi divini che contengono le norme relative alla celebrazione pasqua-le, norme che Mosè e Aronne eseguono fedelmente. Ciascuna delle tre piccole sezioni è chiusa da unriferimento all’uscita dall’Egitto; la terza sezione, in realtà, si apre sulla parte che segue - il grandeaffresco di Es 13,17-15,1 - dedicato al passaggio del Mar Rosso.

Nel celebre testo della notte di Pasqua (vv. 1-20), che la chiesa cattolica legge come prima letturadel Giovedì Santo, la Pasqua è definita un «memoriale» (vs 14), dunque non un ricordo di fatti ormailontani, ma un’attualizzazione di quei fatti, in ogni tempo nel quale il rito viene celebrato. I primi dueversetti fondano la cronologia della Pasqua. La Pasqua appare allo stesso tempo come una festa difamiglia (vv. 3-4), ma anche come la festa dell’intera comunità di Israele. Le modalità relative alla cenapasquale, descritte nei vv. 5-11, riflettono l’antica origine nomadica e pre-esodica della Pasqua. Lavittima, agnello o capretto, deve essere maschio, senza difetti, nato nell’anno, «messo a parte», ovve-ro separato, riservato al Signore. Il rito del sangue ricorda il gesto che i pastori compivano per tenerlontano lo “Sterminatore” (cf. Es 12,22). Gli altri elementi del rito - la notte del plenilunio, la cotturarapida e sommaria dell’agnello, l’uso di pane non lievitato e di erbe amare non coltivate, il divieto di faravanzare la carne sino al giorno successivo, il modo di mangiare (la cintura ai fianchi, il bastone inmano, i sandali ai piedi, in fretta) - confermano ulteriormente l’origine nomadica della festa.

I vv. 11-14 ci aiutano a comprendere il senso del termine “Pasqua”, in ebraico Pesach. Il v. 11, inparticolare, connette il termine Pesach con il verbo ebraico pasach, che significa di per sé “zoppicare”o “saltellare”, ma che qui è usato nel senso di “saltare”, ovvero “passare oltre”. La festa di Pesach èperciò la festa del Signore che “passa oltre” (pasach) le case degli israeliti risparmiandoli.

I vv. 15-20 descrivono la festa degli azzimi, originariamente indipendente, festa di agricoltorisedentari che coincideva con l’offerta delle primizie del primo raccolto stagionale, quello dell’orzo, e chedurava sette giorni, ovvero il tempo necessario perché la farina si trasformasse in lievito. All’epoca incui questi testi furono scritti, la festa degli azzimi era stata ormai collegata con la Pasqua, che siprolungava così anch’essa per sette giorni durante i quali non è possibile mangiare pane lievitato, masolo pane azzimo, non lievitato. Il motivo di fondo è che il lievito è segno di corruzione e impurità;l’eliminazione di ogni vecchio lievito al momento della celebrazione pasquale è dunque segno di novità.Il legame creatosi tra Pasqua e Azzimi è evidente al v. 17: anche gli Azzimi divengono segno dellaliberazione dall’Egitto.

È importante notare, ai vv. 24-27, la prima ricorrenza nel libro dell’Esodo di una forma letterariamolto significativa: la “domanda del figlio”. Il rito pasquale è qualcosa che si trasmette di generazionein generazione; non è semplicemente un rito, ma è il ripetersi di un’esperienza di fede che ogni genito-re comunica a suo figlio. Con il nostro linguaggio cristiano dovremmo parlare della centralità dellacatechesi familiare!

Alla narrazione della cena sgue il racconto della morte dei primogeniti (Es 12,29-42), il decimosegno che colpisce l’Egitto, è narrata con estrema sinteticità in due soli versetti (Es 12,29-30). Al gridodi lamento del popolo di Israele oppresso (Es 2,23-25) si oppone ora il grido di dolore degli egiziani. Altentativo degli egiziani di uccidere il popolo «figlio primogenito» di Dio (Es 4,22-23) si contrappone orala morte dei primogeniti d’Egitto. La morte dei primogeniti, speranza dell’intera famiglia, diviene ilsegno che per l’Egitto non c’è più alcuna speranza. Questo episodio va compreso alla luce dell’idea chevuole esprimere: uno scontro tra il Dio di Israele e il faraone che a questo Dio si oppone; la morte deiprimogeniti è il segno che lo scontro tra i due poteri è giunto ormai a un punto di “non-ritorno”. È laprova che il Dio di Israele ha potere sulla vita e sulla morte (cf. 1Sam 2,6); il faraone (Es 12,31-32) ècostretto ad ammettere la sua sconfitta.

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ATTIVITÀ PER I RAGAZZI

Prima attività• leggere (o raccontare) il testo di Es 12• preparare un cartellone con la scritta: “Essere liberi da ….”

“Essere liberi per ….”• completare il cartellone con i ragazzi• consegnare l’allegato 3 (riportato in fondo alla acheda) “fumetti su cena pasquale” e leggerlo

insieme

Seconda attivitàda realizzare con i genitori; occorre almeno mezza giornata

• introdurre con genitori e ragazzi (in due gruppi separati) il tema cena pasquale ebraicasecondo percorsi propri qui suggeriti

• poi preparare e consumare insieme (ragazzi e genitori) una cena pasquale(all. 4 in fondo alla scheda)- agnello- erbe amare- pane azzimo- haroset

ATTIVITÀ PER PREADOLESCENTI

• leggere (o raccontare) il testo di Es 12• preparare un cartellone con la scritta “Essere liberi da ….”

“Essere liberi per ….”• completare il cartellone con i ragazzi• incontrare uno o più membri della comunità ebraica perché spieghino cosa significa per loro

celebrare la pasqua con la cena in famiglia e perché narrino concretamente come essa avviene• si può mostrare il testo della Haggadah di Pasqua (evidenziando il valore delle domande, le

benedizioni, la narrazione degli eventi che viene data, etc.)

INCONTRO PER I GENITORI

• presentare il testo di Es 12, mostrando come nel rituale della Pasqua sia direttamente coinvol-ta la famiglia, nelle sue diverse componenti

• mostrare il valore delle domande dei bambini nel rito• evidenziare a partire da questo esempio come la trasmissione della fede attraverso le genera-

zioni sia da viversi prima di tutto in famiglia• alcune domande per il dibattito:

- come stiamo vivendo la comunicazione della fede ai nostri figli?- quali difficoltà cogliamo?

• ci sono gesti e tempi della nostra vita familiare normale che potremmo valorizzare per comu-nicare la fede ai nostri figli?

ATTIVITÀ PER GENITORI E RAGAZZI

Vedi sopra – seconda indicata.

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SCHEDA 4 ALLEGATO 3

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SCHEDA 4 ALLEGATO 4

Ricetta per il pane azzimo.Mescolate farina, sale, cumino e coriandolo in una ciotola. Unite poco per volta l’acqua, impastan-

do nella ciotola o su una spianatoia infarinata finché la pasta non sarà elastica e morbida (circa 5-10minuti). Coprite con un canovaccio umido e lasciate riposare 30 minuti.

Impastate di nuovo brevemente e formate delle pallottole. Schiacciatele con il palmo della mano,infarinatele leggermente dalle due parti e mettetele su un’asse, poi stendentele in foglie sottili colmatterello.

Scaldate una teglia non unta o una padella da fritto a calore medio, finché una goccia d’acqua«balli» sulla sua superficie.

Cuccete le sfoglie di pane una o due per volta, girandole non appena la su-perficie si copre dimacchie scure e cominciano ad apparire delle bolle.

Ruotate il pane con garbo, premendo leggermente sui bordi. Giratelo e fate-lo colorire dall’altraparte. Quando entrambe le parti sono cotte, prendete il pa-ne con un forchettone e, se usate unacucina a gas, tenetelo per un momento sul-la fiamma. Questo servirà a gonfiarlo ulteriormente. Servitecaldo.

Nota: probabilmente al primo tentativo non si gonfierà bene come al secon-do o al terzo. Ciòsignifica che la teglia o la padellanon erano abbastanza calde al-l’inizio. Ma questi primi pani sonoanch’essi buoni.

Ingredienti: 1 tazza di fari-na di frumento integrale, 1/4 dicucchiaino di sale, 1/4 di cucchia-ino di cumino macinato o corian-dolo, 1/2 tazza di acqua a tempe-ratura ambiente.

(GLAZER P., Mense e cibi al tempodella Bibbia, Piemme, 1995).

Qualche suggerimento.Leggere la ricetta, osserva-

re gli ingredienti disegnati e lasequenza delle azio-ni da com-piere. Eseguire tutti insieme egustare il risultato per merenda.

Consigliamo all’animatoredi portare nocciole, mandorle,noci e fichi già preparati. Al su-permercato si trovano nocciole,mandorle e noci già sguscia-te eper tostarle si può usare il fornonon troppo caldo oppure una pa-della antia-derente, avendo curadi scuotere spesso il contenuto.Dopo la tostatura togliere le pel-licole residue strofinando legger-mente con uno straccio. Per smi-nuzzare usare il mortaio con de-licatezza. Tagliare a pezzettini ifichi secchi con un col-tello affi-lato. Spremere le arance, grattu-giare le mele e mescolareaccuratamen-te il composto.

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5. Al di là del mare: passi di libertà(Es 14-15)

COMMENTO

Ci troviamo di fronte al testo senza dubbio più famoso di tutto il libro dell’Esodo, culmine dellanarrazione iniziata con la storia dell’oppressione di Israele in Egitto. Qui ritroviamo quasi tutti i perso-naggi sinora incontrati nella narrazione esodica: gli israeliti, gli egiziani, Mosè, il faraone, ma soprattut-to il Signore, che è il vero protagonista del racconto.

Il racconto del passaggio del mare è facilmente suddivisibile in tre tappe, secondo lo schema chesegue:

- Es 14,1-14: prima tappa - il cammino verso il mare, sul far della sera- Es 14,1-4: primo discorso di Dio a Mosè- Es 14,5-12: narrazione- Es 14,13-14: discorso di Mosè a Israele (Dio sta per salvare il popolo)

- Es 14,15-25: seconda tappa - in mezzo al mare, di notte (cf. 14,20.21)- Es 14,15-18: secondo discorso di Dio a Mosè (incoraggiamento)- Es 14,19-24: narrazione- Es 14,25: gli Egiziani riconoscono che il Signore combatte contro di loro

- Es 14,26-31: terza tappa - dall’altra parte del mare, all’alba- Es 14,26: terzo discorso di Dio a Mosè; la soluzione finale- Es 14,27-30: narrazione- Es 14,31: la fede degli Israeliti

Nel leggere il testo dobbiamo sempre tener presente che gli autori biblici non si sono preoccupatidel modo in cui sono andati gli eventi del mar Rosso: non ci hanno dato una storia, ma un messaggioteologico, cioè l’evento descritto è l’evento interpretato alla luce della fede.

In Esodo 14 per cinque volte in tre versetti si usa il verbo “vedere”:- voi vedrete la liberazione (v. 13);- voi vedete oggi gli egiziani (v. 13);- voi non vedrete più gli egiziani (v. 13);- Israele vide gli egiziani morti (v. 30);- Israele vide la mano potente del Signore (v. 31).

Vedere questi eventi significa vedere l’azione di Dio, vedere la salvezza e arrivare alla fede sapen-do che in quel combattimento tra realtà umane è Dio che combatte contro il Nemico, l’Avversario. Eccoperché, dopo aver visto, «Israele temette il Signore e credette in lui» (v. 31). L’evento è interpretatoalla luce della fede per cui ciò che era letto e descritto come un’uscita dall’Egitto compiuta da seicentomilauomini viene ora visto come un’azione operata da Dio: «In quel giorno il Signore fece uscire gli israelitidal paese d’Egitto» (Es 12,51).

Dagli eventi alla fede! E dalla fede alla celebrazione! Questo ulteriore passaggio ci sarà presenta-to nel meraviglioso canto del mare: «Voglio cantare Jahve perché è sublime: cavallo e cavaliere hagettato nel mare” (Es 15,1-21).

Il racconto teologico dell’uscita dall’Egitto attraverso il passaggio fra le acque del mare è impor-tante perché ci descrive “il segno” della salvezza.

Gli israeliti sono stati salvati dalla servitù dell’Egitto e dall’annegare nelle acque: mare ed Egittosono cosi visti come un unico nemico su cui Dio ha trionfato.

Per gli ebrei il passaggio del mare è un vero battesimo di salvezza. Per loro, che non erano unpopolo marinaro, il mare era un’entità ostile e rappresentava un mostro terribile, la personificazione ditutto il male. Il popolo entrando in esso andava verso la perdizione, ma è stato salvato. Immerso nelmare è stato risollevato, uscendo da esso come popolo libero. Israele è creato come nuova creatura.

Ecco dunque il battesimo di Israele e la sua creazione come popolo finalmente libero, popolo diDio. Paolo stesso nella prima lettera ai Corinti testimonierà il valore battesimale del miracolo del marRosso:

«I nostri padri (...) tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè

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nella nube e nel mare (...). Ora ciò avvenne come esempio per noi perché non desiderassi-mo cose cattive come essi le desiderarono (...) per ammonimento nostro, di noi per i qualiè arrivata la fine dei tempi» (1Cor 10.2,6,11).

«E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo»(1Cor 12,13).

Il quarto evangelista parla di rinascita dall’acqua e dallo Spirito come qui si parla di immersionenell’acqua e nella nube (cf. Gv 3,5).

Accanto a questo tema sacramentale del mare, il testo dell’uscita ci parla anche della “nube”come segno della presenza di Jahve e guida per il popolo. Essa è segno della gloria del Dio che non puòessere visto faccia a faccia, della gloria che si manifesta in mezzo al suo popolo; e così la nube accom-pagnerà Israele dall’uscita dall’Egitto fino a quando si poserà sul Tempio e vi risiederà come sacramen-to della presenza di Dio. È la nube del Sinai, la nube del deserto, la nube del tabernacolo e del Tempio,la nube su cui verrà il Figlio dell’uomo (Mc 14,62; At 1,9; 1Ts 4,17); è la nube che i testimoni del Taborvidero avvolgere Gesù nella Trasfigurazione, quando Mosè ed Elia “parlavano con lui dell’esodo” chedoveva compiere in Gerusalemme (Lc 9,31) e quando videro la sua gloria (Lc 9,32), ed è la nube chenell’annunciazione stenderà su Maria la sua ombra (Lc 1,35). Dal mar Rosso, fino alla fine dei tempi,dove c’è la nube c’è la gloria e la potenza del Signore!

Celebrazione dell’eventoArrivati salvi sull’altra sponda del mare gli israeliti nella poesia e nel canto esprimono la loro fede.

Si tratta di un bellissimo salmo che celebra la potenza di Dio e la sua sollecitudine paterna verso il suopopolo. La poesia e il canto aprono le porte alla speranza in una terra di libertà e di gioia che al poetaappare un sogno, ma che per gli israeliti diventerà realtà. Si comprende bene così come mai la tradizio-ne giudaica interpretava il verbo di Es 15,1 al futuro: non «Mosè cantò», ma «Mosè canterà». Ognivolta che Es 15 viene cantato, diviene l’espressione della speranza di Israele nella futura salvezza diDio.

È in questa chiave che verrà letto anche dall’Apocalisse: i redenti di Ap 15,1-4 «cantavano il cantodi Mosè e dell’Agnello». I destinatari del libro dell’Apocalisse, oppressi dalle persecuzioni di Roma,vedono in Es 15 addirittura l’anticipo del Regno di Dio. Così ancora oggi la Chiesa apre la Vegliapasquale con il canto dell’Exultet nel quale riecheggiano le parole di Es 15. Nella Pasqua di Gesù giungea compimento la salvezza già cantata dal poeta dell’Esodo.

PER I RAGAZZI E PER ADOLESCENTI

Obiettivo per tutti:- Cogliere il Signore come il Signore della storia, che si fa presente nella nostra vita.- Riscoprire la propria storia come storia di amore e di salvezza che Dio ha compiuto e compie per

ognuno di noi.- Vincere le proprie delusioni e paure fidandosi di Dio.

Attività per tuttiCostruire il libro della vita.

• Ogni ragazzo dovrà recuperare vecchie (si fa per dire) foto di quando è nato, scrivere il raccontodella propria nascita attraverso i ricordi dei genitori (con delicatezza e intelligenza, sarà importantechiedere di evidenziare se ci sono state difficoltà, nascita prematura, problemi fisici, paure da partedei genitori che si sono risolte positivamente), riportare le foto del proprio battesimo, recuperareoggetti significativi (il primo gioco se sopravvissuto, il primo quaderno di scuola ecc...), portare fotoe oggetti legati agli amici. Con tutto questo materiale ognuno potrà costruire il libro della propriavita cercando di lasciare un riquadro per ogni capitolo della storia col titolo “Grande è il Signore, hafatto meraviglie” nel quale i ragazzi potranno scrivere una preghiera, un pensiero a Dio rileggendo lapropria storia come la storia che Dio ha compiuto con loro.

• Ai genitori verrà chiesto di scrivere una lettera nella quale esprimano le motivazioni per cui hannochiesto il battesimo per i figli, i desideri e le speranze che coltivano nei confronti dei figli. Questalettera verrà aggiunta nel capitolo del battesimo.

• Portando i ragazzi a riflettere su come Dio è presente nelle loro storie, sia stato capace di farsuperare momenti difficili e su quanto di bello ha donato, si potrà leggere il racconto del “passaggiodel mare” come parte della storia di ciascuno.

Nota: Attenzione! Nel gruppo ci possono essere ragazzi adottati, affidati o situazioni particola-ri. Per questo motivo si chiede l’accortezza di anticipare questa attività ai genitori fin dall’incontroprecedente per affrontare insieme a loro l’attività da svolgere.

• Approfondire il battesimo e cogliere nel rito di questo sacramento i segni della salvezza e dell’amore

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di Dio. (in allegato6 trovate un racconto che vi potrà essere utile)• Rivivere il proprio battesimo nel partecipare e nell’accogliere i bambini che vengono battezzati in

parrocchia: in accordo col parroco durante il rito di accoglienza sarà possibile consegnare un piccoloregalo e un biglietto di augurio a ciascun battezzando e far fare a un ragazzo, a nome di tutti, ilsegno della croce sulla fronte dei battezzandi, a seguito dei genitori, il padrino e la madrina.

Attività alternativa per gli adolescenti(Adatta per i più grandi in chiave vocazionale)

Far ascoltare ai ragazzi la canzone «La cura» di Franco Battiato.

La Cura di Franco Battiatoda L’Imboscata - PolyGram 1996

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore,dalle ossessioni delle tue manie.Supererò le correnti gravitazionali,lo spazio e la luceper non farti invecchiare.E guarirai da tutte le malattie,perché sei un essere speciale,ed io, avrò cura di te.

Vagavo per i campi del Tennessee(come vi ero arrivato, chissà).Non hai fiori bianchi per me?Più veloci di aquile i miei sogniattraversano il mare.

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza.Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza.I profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi,la bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi.Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto.Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.Supererò le correnti gravitazionali,lo spazio e la luce per non farti invecchiare.Ti salverò da ogni malinconia,perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te...io sì, che avrò cura di te.

• Invitare i ragazzi a pensare come finora la loro vita è dipesa dalla cura di qualcuno: genitori, fratelli,educatore che hanno speso il loro tempo per prendersi cura di loro.

• Consegnando ai ragazzi un foglio e una penna descrivere la seguente situazione:«Sei in partenza da solo per un viaggio che ti porterà lontano per diversi anni. All’aeroporto hanno

annunciato la partenza del volo tra dieci minuti e improvvisamente ti ricordi che nella corsa dipreparare le valige ti sei dimenticato di salutare la persona che si è sempre presa cura di te. Hai solola possibilità di scrivere un biglietto in dieci minuti per farli sapere le cose che ti stanno più a cuore»

• Mettendo della musica di sottofondo dare 10 minuti di tempo ai ragazzi per scegliere la persona cheavvertano come più significativa nella loro vita, quella che ha avuto cura di loro e scriverle il bigliet-to.

• Al termine, svolgere un confronto sull’attività: se è stato difficile scegliere la persona a cui scrivere,se sono stati contenti di quello che hanno scritto, che sensazione stanno provando...

• Portare successivamente i ragazzi a considerare come chi ha avuto cura di loro, a sua volta è stato“curato” da qualcun altro e così via a ritroso in una grande catena di amore fino a arrivare a ricono-scere che attraverso le persone è Dio che si prende cura di noi.

• Leggere il brano del passaggio del mare in chiave di un Dio che si prende cura del suo popolo e losalva. Ricordare il Battesimo come la celebrazione della salvezza e della cura di Dio che ha il suo

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apice in Gesù che non solo si prende cura di noi, ma ci usa misericordia, ci prende su di se perdivinizzarci.

• A conclusione dell’incontro si invitano i ragazzi a riascoltare la canzone “La cura” pensando alleparole come se fossero rivolte a noi da Dio.

CELEBRAZIONE

• Ricordo del Battesimo• In chiesa davanti al fonte battesimale e al cero pasquale acceso.

• Canto• Segno della croce• Lettura biblica: Es 15,1-17• Si aggiungono alcune preghiere scritte dai ragazzi sul libro della vita• Rinnovo delle promesse battesimali (in allegato 7 è riportato un esempio)

Rinnovo delle promesse battesimali e impegno a vivere da figli di DioSegno di croce con l’acquaAccensione della candela al cero pasquale

• Preghiere spontanee• Padre nostro• Canto finale

Si può prevedere una celebrazione più solenne durante la messa domenicale con il rinnovo dellepromesse battesimali da parte dei ragazzi davanti alla comunità cristiana.

INCONTRO CON I GENITORI

Leggere e commentare il brano dell’Esodo. Domandare ai genitori di cercare, ciascuno nella pro-pria storia, un passaggio del mar Rosso. Confrontarsi con l’aiuto delle lettere sul battesimo che igenitori avranno già fatto perché chieste dai ragazzi per l’attività del “libro della vita”.

ATTIVITÀ GENITORI - RAGAZZI

Segnare nel calendario il giorno del battesimo di ogni componente della famiglia e impegnarsi aricordarlo e celebrarlo in casa con preghiera e una festa.

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SCHEDA 5 ALLEGATO 6

PRONTO, SONO NIKO300 scatti perchiarirealcuni“misteri” delBattesimo perscoprire che parole esimboli non sono coseda stregoni ma cheracchiudono un tesoro...Quel pomeriggio il telefono squillò prepoten-te nella stanza di un prete, un certo don Mar-co. Un bravo prete in verità; e il suo datore dilavoro, un certo Signore Dio, non lo lascia maifermo: preghiera, messa, scuola, incontri coni ragazzi, con i genitori, confessionale, am-malati, liturgie varie... Ma don Marco di tuttociò è contento e si farebbe 1000 volte pretese dovesse nascere 1000 volte.«Pronto, chi parla?». Al di là del filo c’era unsuo piccolo grande amico, un ragazzo di pri-ma media: Demo di cognome e Federico dinome, da tutti chiamato Niko.Questo Niko è un buon lavoratore, fantasio-so, curioso di tutto, intelligente, difatti... nongli va tanto di studiare.Quella telefonata passò alla storia anche per-ché Niko l’aveva voluta registrare.Sentiamola anche noi ricordando che «M» vuoldire don Marco e «N» Niko.

N. «Ciao don, sono Niko. Sì proprio io DemoFederico detto Niko. Ti telefono perché mi sonovenute alla mente alcune domande bollenti,dopo che ho visto il battesimo di un mio cugi-netto.Mi hanno fatto impressione tutte le cose che ilsacerdote ha usato o ha fatto: segni di croce,candele, acqua, olio, ho capito che il Battesi-mo è pieno di simboli da interpretare comeun giorno Mosè ha dovuto interpretare il si-

gnificato del roveto che bruciava e non diven-tava cenere. Ecco, io ho pensato che il Batte-simo è un roveto ardente che Dio mi ha mes-so sulla strada».

M. «Ehi! Niko! Non ti ho mai sentito parlarecosì serio. Non starò mica sognando, per caso?Mi sembri un filosofo. È bella l’idea che il Bat-tesimo è il nostro roveto ardente da decifrarecome un giorno accadde a Mosè».

N. «Sono contento che ti piaccia questo para-gone».

M. «Mi piace perché è azzeccato. Il Battesi-mo, e poi la Cresima, sono proprio un po’ ilnostro roveto ardente. Difatti per Mosè ilroveto ardente è stato il momento in cui Diolo chiamò a cose grandi nella vita, lo chiamò avivere diversamente da come aveva vissuto

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fino ad allora, lo chiamò ad essere utile per glialtri, lo chiamò ad essere amico di Dio e dellacomunità degli uomini.Il nostro Battesimo e la nostra Cresima si ri-cevono una volta sola proprio perché sonosempre nuovi ed attuali, ardono sempre sen-za consumarsi mai. Bravo Niko, nuovo Mosè...quasi».

N. «Grazie don, sto gongolando tutto per letue lodi! Permettimi di passare subito ai sim-boli».

M. «Ok! Niko! Ti avverto però che io cercheròdi metterti sulla strada giusta, molte cose lepotrai ricercare e approfondire tu stesso conl’aiuto del tuo educatore e con la sapienza chelo Spirito Santo ha dato a ciascuno del tuogruppo».

N. «Dopo aver chiesto ai genitori che nomevolevano dare al bambino, e dopo aver do-mandato che cosa chiedevano alla chiesa, ilsacerdote ha fatto un segno di croce sulla fron-te del piccolo Daniele e poi ha invitato i pre-senti a fare altrettanto.Pensa che il piccolo non s’è neanche sveglia-to. Dimmi, che cosa è questo segno di cro-ce?».

M. «È stato un segno d’accoglienza. Come seDaniele stesse bussando alla porta della co-munità e quel segno di croce fosse un aprirglila porta. È stato come dirgli: «Vieni Daniele,la comunità ti aspettava da ore e adesso tiapre la porta, ti accoglie. C’è un posto ancheper te. I tuoi genitori ti hanno chiamato allavita naturale, adesso la comunità e Dio di stan-no chiamando alla vita spirituale, a una nuo-va nascita».

N. «Anch’io sono stato accolto da piccolo?».

M. «Sì purtroppo! Cioè voglio dire: sì, per for-tuna nostra e tua».

N. «Sono contento. E poi è stata letta unapagina della Bibbia, perché?».

M. «Per un cristiano pregare è sopratutto“ascoltare”. Noi desideriamo e abbiamo biso-gno che Dio ci racconti di sé, di quello chepensa, di quali sono i suoi desideri. Soprat-tutto nella Bibbia Dio ci parla e, in questa oc-casione, ci spiega che cos’è il Battesimo. Enella Bibbia, le pagine che servono ad appro-

fondire il senso del Battesimo sono molte; fat-tele indicare e poi interpretale».

N. «Spero di farlo. Poi sono stati invocati al-cuni santi. Perché?».

M. «Perché coloro che sono in paradiso e noiche stiamo ancora sulla terra ci sentiamo uni-ti per accogliere i bambini che si battezzano. Isanti del cielo, poi, sono modelli e aiuto perchi diventa cristiano. Sarebbe come dire: ilcristianesimo vero è difficile, ma bello e pos-sibile. Loro l’hanno vissuto adesso tocca a te,prendili come modello e come fratelli maggio-ri».

N. «Poi è stato messo dell’olio sul petto delbambino. Volevano condirlo questo mio cugi-netto?».

M. «L’olio è un elemento importante nella vitadell’uomo. Gli antichi lottatori, per esempio,si ungevano tutto il corpo per essere forti eper sfuggire dalla presa dell’avversario. E datoche la vita cristiana è spesso una lotta controil male, l’odio, l’egoismo, l’olio diventa invito asaper lottare e essere forti. Un augurio di vit-toria».

N. «Interessante don! Pensa che il tipo ch’eraseduto vicino a me credeva fosse una ma-gia».

M. «C’è molta ignoranza in giro riguardo aisegni della Liturgia. Peccato».

N. «Poi il prete ha detto una lunga preghierasull’acqua, che in seguito ha usato per bat-tezzare. Il solito tipo ha detto che era unastregoneria».

M. «Il prete non è uno stregone e quella lun-ga preghiera ricordava tutte le volte, che nel-le mani di Dio l’acqua è servita per il bene delmondo, per la salvezza degli uomini. Sonotante le volte che la Bibbia parla dell’acquaper descriverne i meravigliosi effetti. Ebbenetutti gli effetti positivi dell’acqua della Bibbiadiventano attuali nel Battesimo».

N. «Fa’ qualche esempio don, anche uno solo».

M. «Per esempio l’acqua del mar Rosso. Peraver attraversato quell’acqua gli Ebrei si sonolasciati alle spalle la terribile schiavitù e sonoentrati nella libertà, nel cammino verso la Terra

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promessa. Chi attraversa l’acqua del Battesi-mo si lascia alle spalle il male: diventa figlio diDio e cammina con tanti altri verso la Felicitàvera».

N. «Potente l’acqua nella Bibbia!».

M. «E perciò: potente l’acqua nel Battesimo».

N. «Dopo aver invitato a rinunciare a Satanae a credere nel Dio di Gesù Cristo, il prete harovesciato acqua sul testolino di Daniele. Per-ché?».

M. «La parola “Battezzare” vuol dire “immer-gere”. Una volta chi veniva battezzato, venivaimmerso completamente nell’acqua e poi fat-to riemergere. Questo gesto voleva dire: seitutto nuovo e come Cristo è stato immersonella morte e nel sepolcro ma poi è riemersoa vita nuova, così tu cristiano muori a ciò cheè sbagliato, sporco e dannoso, sorgi a vitanuova, a vita divina. Il Battesimo-immersioneti chiama a cose grandi.Adesso nel Battesimo invece di immergere ilbambino nell’acqua, per non fare le cose trop-po complicate, spesso si versa l’acqua sul capo,ma i significati sono gli stessi».

N. «Un gesto semplice che però cambia la vitadi una persona».

M. «Esatto, cambia completamente la vita omeglio la sostanza di una persona. La rendenuova, divina, figlia di Dio, pietra vivente delCristianesimo, della Chiesa. La rende come untabernacolo vivente perché il Padre, il Figlio elo Spirito Santo vengono ad abitare nella per-sona battezzata».

N. «E così io sarei una Chiesa vivente?».

M. «Sì, se Chiesa vuol dire abitazione di Dio».

N. «Interessante. Veramente interessante.Senti don! Ora devo correre a studiare, ma titelefono domani.Ho altri simboli da farmi spiegare. Fatti trova-re».

M. «Va bene, però che non sia di notte; lasciache a telefonare di notte sia quel fariseo chesi chiama Nicodemo».

N. «E perché io come mi chiamo?».

M. «Tu ti chiami Demo Federico detto Niko».

N. «Appunto Demo Niko cioè NikoDemo».

M. «Caspita è vero. Ma non è un motivo suffi-ciente per telefonarmi di notte. Ciao»

Quella notte Niko fece strani sogni; soprat-tutto sognò di trovarsi sempre in acqua. Evi-dentemente la riflessione di don Marco sul Bat-tesimo-immersione lo aveva colpito.Forse S. Giovanni al fiume Giordano aveva unaspecie di stazione di lavaggio? Erano «stazio-ni di lavaggio» quelle esistenti in tutte le partidel mondo, nelle parrocchie?No, aveva capito molto bene che il Battesimoè una immersione che vince il peccato e riem-pie di DIO il cuore. Dona una vita nuova, donala fede, dona lo Spirito Santo, dona una fami-glia: quella dei credenti.Si svegliò: il suo pensiero corse a don Marcoe alla telefonata interrotta. La scuola lo aspet-tava, quella mattina, quindi si ripromise dichiamare una volta tornato a casa.

N. «Pronto, don Marco?».

M. «Sì sono io».

N. «Ciao, sono Niko. Vorrei continuare a co-noscere il Battesimo di mio cugino Daniele per-ché è anche il mio Battesimo, perché è il Bat-tesimo di tutti».

M. «Bravo Niko! Sia perché vuoi conoscere ilBattesimo che veramente è il roveto ardentecon cui Dio chiama ognuno di noi a fare cosegrandi nella vita, nel cristianesimo, sia perchémi telefoni in un’ora in cui mi trovi davverolibero.

N. «Il sacerdote dopo che ebbe versato l’ac-qua che, come tu dici, ha cambiato la sostan-za di mio cugino, si è avvicinato a mio cuginoe gli ha fatto sulla fronte un segno di crocecon un olio detto «crisna», mi pare».

M. «Crisma, Niko. Crisma, non crisna. È unolio che viene reso sacro dal vescovo al Gio-vedì Santo nella messa detta, appunto,«crismale» e poi viene distribuito a tutte leparrocchie. È simbolo dello Spirito Santo. È ilmedesimo olio che viene usato nella Cresima,quasi a indicare che il Battesimo è un viaggioverso la Cresima. Il Battesimo è il sacramen-to che ci fa discepoli (cioè «scolari») di Gesù,

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la Cresima è il sacramento che ci fa apostoli(cioè messaggeri, testimoni) di Gesù. Il Bat-tesimo è un sacramento «IN» perché ci mettedentro al cristianesimo. La Cresima è un sa-cramento «PER» perché ci chiede di essereper gli altri».

N. «Sacramento «IN» il Battesimo; Sacramen-to «PER» la Cresima. E un sacramento «CON»non c’è?».

M. «Certo che c’è, è l’Eucaristia detta appun-to comunione perché è il sacramento che ci fastare e agire CON gli altri».

N. «E dopo il crisma il sacerdote ha messoaddosso al bambino un vestito bianco e direche mio cugino non aveva per niente freddo».

M. «Ha un significato anche questo vestitobianco. Quando si battezzavano solo gli adultie il Battesimo veniva dato nella notte di Pa-squa, ai nuovi battezzati veniva dato un ve-stito bianco simbolo della vita nuova ricevutada Dio. Era un invito a mantenere sempre informa questa vita nuova con l’aiuto della Co-munione, della Confessione, e con l’aiuto ditutta la comunità dei cristiani. Nella domenicasuccessiva alla Pasqua questi abiti venivanodeposti. Il simbolo era tolto ma la realtà con-tinuava per sempre».

N. «Il sacerdote con una candela si è avvici-nato alla fiamma del cero pasquale ha accesola candela e poi l’ha data ai genitori di Danie-le. È certamente un simbolo anche questo datoche luce in chiesa ce n’era tanta».

M. «Infatti è proprio un simbolo. Il cero pa-squale rappresenta Gesù risorto dai morti. Laluce di questo cero, esprime che con il batte-simo viene seminata nella persona la resurre-zione di Gesù. La luce è anche simbolo dellaFede. Ai genitori viene ricordato l’incarico cheessi hanno di trasmettere con l’esempio e leparole la fede ai loro figli. Un bell’incarico ve-ramente».

N. «E poi il sacerdote dicendo una parolamagica, ha toccato le orecchie e la bocca dimio cugino».

M. «Non era una parola magica. I sacramentidi Dio non sono magie, te l’ho già detto. Quel-la parola era «EFFATHA» che in italiano vuoldire «APRITI». È la parola che Gesù ha usato

per guarire un sordo-muto toccandogli appun-to le orecchie e la bocca. «Effatha» sulleorecchie è un invito a diventare discepoli cheascoltano il maestro. «Effatha» sulla boc-ca è un invito a diventare apostoli che an-nunciano la fede, la grandezza della vita, lemeraviglie di Dio. Altroché parola magica. Èuna parola che indica che Dio ha un progettosu ciascuno di noi. Ci vuole suoi apostoli esuoi discepoli perché siamo felici con Lui ecome Lui. «Effatha è un progetto meravi-glioso».

N. «Alla fine abbiamo detto il “Padre nostro”:c’erano dei bambini insieme al prete e hannodetto le parole del Padre nostro con le manialzate».

M. «Il “Padre nostro” è stato detto per indica-re che da quel momento e per tutta l’eternitàDaniele è entrato a far parte di una comunitàdi fratelli che chiamano Dio con il nome di“Babbo”. Con amore e per amore chiamanoDio ‘Babbo’».

N. «Grazie don. Spiegandomi il Battesimo diDaniele mi hai spiegato il mio. Ho capito che ilBattesimo è sempre vivo, brucia sempre e nonsi consuma mai. E come l’arcobaleno di Noèdopo il diluvio. Un arcobaleno che parte dalcuore e raggiunge Dio. Un arcobaleno di ami-cizia o alleanza con Dio. Il Battesimo, che di-venta completo con la Cresima, è Dio che michiama a cose grandi.Grazie don! mi hai “aperto” le orecchie, labocca, la mente, il cuore.Ma dato che ci siamo, quali sono i segni dellaCresima se questa è il completamento del Bat-tesimo?».

M. «Scusami tu Niko, ma questa volta anzi-ché risponderti per telefono ti rimando a unbell’articolo che puoi trovare in parrocchia. Lìtroverai tutto quanto ti interessa sulla Cresi-ma.Ciao, Niko! E se ti serve ancora qualcosa, fattisentire».

Fine della telefonata. Scatti: 300. Prezzo? Bat-tesimo capito a fondo... o quasi

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SCHEDA 5 ALLEGATO 7

Rinnovo delle promesse battesimali

CREDOSacerdote: Credete che Dio Padre vi ha amati fin dalla creazione del mondo e chesostiene ogni giorno la vostra vita?RAGAZZI: Sì, io credo!Sacerdote: Credete che Gesù è il Figlio di Dio, venuto ad abitare in mezzo a noi e nellasua misericordia ci apre la strada che conduce al Padre?RAGAZZI: Sì, io credo!Sacerdote: Credete che Gesù, risorto dai morti, non muore più e che per questo noipossiamo risorgere alla vita nuova ogni giorno, fino a quando risorgeremo con lui?RAGAZZI: Sì, io credo!Sacerdote: Credete che nel Battesimo siete diventati figli di Dio, partecipi della vitadella Chiesa e che in voi vive lo Spirito Santo?RAGAZZI: Sì, io credo!

... PER VIVERE

Sacerdote: Volete vivere come operatori di pace, amando gli altri e perdonando loro,come siete amati e perdonati da Dio e godere la beatitudine dei figli di Dio?RAGAZZI: Sì, lo voglio!Sacerdote: Volete vivere da fratelli di Gesù, portatore della misericordia e dellacompassione del Padre, nel prendersi cura di quelli che sono attorno a voi come Dio hafatto con voi?RAGAZZI: Sì, lo voglio!Sacerdote: Volete vivere come poveri in Spirito, strumenti nelle mani del Padre chesolleva, anche attraverso di voi, chi è povero, sperimentando fin da ora la gioia dipossedere il Regno di Dio che si fa vicino?RAGAZZI: Sì, lo voglio!

ACQUA, FONTE DI VITASac. Avete espresso la fede e l’impegno che nascono dal Battesimo. Ora, rievocandoil momento in cui siete stati battezzati, fate il segno di croce con l’acqua. Questosegno, che forse fate e facciamo distrattamente, vuol dire: “Dio è solidale con te! E tifa vivere come suo figlio”.

R. Io ... [nome] ... sono stato battezzato nel nome del Padre, del Figlio e dello SpiritoSanto.

UNA LUCE PER ILLUMINARE LA TUA VITAOgni ragazzo accende una candela al cero pasquale e descrive il suo impegno diessere «luce del mondo» nell’ambiente o con le persone. Al termine si conclude:Sac. La luce che si è accesa in voi, nel giorno del vostro Battesimo non si spegneràmai più. Il male potrà momentaneamente indebolirla, ma essa è destinata a crescere,perché è la luce che proviene da Gesù ed è più forte di ogni male. Se la manterreteviva, essa crescerà fino al giorno in cui incontrerete Gesù, faccia a faccia, dopo averloriconosciuto e amato nei fratelli e nelle sorelle che avete incontrato.

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6. Il cammino nel deserto(Es 15,22-16,36)

COMMENTO

Israele è uscito dall’Egitto e gli ascoltatori si aspetterebbero una storia ormai più lineare, uncammino sicuro verso la terra promessa; invece, il cammino attraverso il deserto si rivela irto di osta-coli: la mancanza d’acqua, che porta il popolo alla mormorazione (Es 15,22-2); la mancanza di cibo,che introduce il celebre episodio della manna e delle quaglie (Es 16,1-36); la protesta a Massa eMeriba, ancora dovuta alla mancanza d’acqua (Es 17,1-7) e successivamente lo scontro contro gliAmaleciti (Es 17,8-16) e i problemi interni al popolo stesso (Es 18,1-27). Il vero senso del cammino neldeserto sta nella scoperta di situazioni limite nelle quali si rivela tutta l’impotenza umana e, allo stessotempo, la poca fede di Israele continuamente tentato di tornare indietro verso la schiavitù d’Egitto.Proprio in questi momenti Israele sperimenta tutta la potenza di Dio. Il deserto mette a nudo l’illusionedella propria autosufficienza, rivela l’ambiguità dei beni terreni, mostra come tutto è un dono di Dio; èluogo di tentazione e di transizione, ma anche luogo dove Dio educa Israele alla libertà.

La prima, evidente, difficoltà, che Israele sperimenta è la mancanza d’acqua (Es 15,22-27) e, unavolta giunto a Mara (= “amaro”), l’impossibilità di berla. Come già era avvenuto in Egitto il popoloritiene Mosè responsabile; quest’ultimo si rivolge a Dio che interviene a favore del popolo.

Nel continuare il cammino si fanno evidenti la paura e le preoccupazioni di ordine materiale chefanno dimenticare presto a Israele tutto quello che Dio ha fatto per il suo popolo; il popolo “mormora”del popolo; il suo peccato consiste in una mancanza di memoria; se Israele non ricorda diviene allostesso tempo incapace di guardare avanti e di scorgere i segni della presenza di Dio. Eppure Diocontinua a venire incontro al popolo. Ciò che Dio concede a Israele è il contrario di quel che eraavvenuto all’Egitto: se sull’Egitto era piovuta la grandine, su Israele piove ora la manna; se sull’Egittoerano «salite» rane e cavallette, su Israele scendono dal cielo le quaglie. Lo scopo dei prodigi è lo stessoscopo del racconto delle “piaghe”: riconoscere la presenza di Dio, la sua «gloria». La manna raccoltadeve bastare solo per quel giorno, con l’eccezione del sabato; non se ne deve raccogliere di più.Accumulare il dono di Dio non serve, perché indica mancanza di fiducia nella provvidenza divina (cf. Lc12,29-31).

Al cap. 17 viene presentata una seconda mormorazione contro Mosè, ma la risposta di Mosèmette bene in chiaro che la contestazione è rivolta in realtà contro Dio. L’intervento di Dio è ancora unavolta positivo: l’acqua fatta sgorgare dalla roccia. Il v. 7 rivela però la gravità di questo episodio, chenel testo del Sal 95,8-9 viene preso come esempio della ribellione di Israele (si veda nel Nuovo Testa-mento il testo di Eb 3,7-17). Il nome della località, Massa e Meriba, cioè “prova e contestazione”,illustra la gravità della posta in gioco: «Il Signore è in mezzo a noi, sì o no?» (cf. anche Sal 95,8-9 e106,32-33).

Il deserto può diventare, come si è detto, il luogo dell’incontro e della crescita di Israele; peradesso è solo un vuoto spaventoso che sembra voler inghiottire il popolo che ha appena iniziato acamminare: questo Dio, che sembra farci tante promesse, è davvero in mezzo a noi oppure no? Metterealla prova Dio significa fissare a Dio delle scadenze, imporgli i propri schemi, volere in realtà prenderneil posto. Significa stravolgere il senso dell’esodo; Dio ha portato il popolo alla libertà, ma il popolo arrivaad accusarlo: «Perché ci hai fatti uscire dall’Egitto nel deserto per morire di sete?» (v. 3). Il popolo hagià dimenticato i benefici di Dio e ha nostalgia dei falsi benefici del faraone.

ATTIVITÀ PER RAGAZZI

Offrire una sintesi del racconto del cammino nel deserto (una narrazione, ad esempio con sottofodomusicale) poi consegnare la scheda (foglio allegato esterno al sussidio) e chiedere ai ragazzi di

- trovare il faraone- trovare le porte- trovare la terra asciutta- trovare la manna- trovare le due tavole- trovare Mosè

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ATTIVITÀ PER RAGAZZI E GENITORI

• Fare in famiglia una passeggiata in montagna (possibilmente di una giornata)• In una sosta riflettere con i ragazzi su

- valore del camminare (come metafora della crescita)- percezione della fatica, della stanchezza, della necessità di fermarsi- riflettere sulla necessità di avere mappe, bussole, etc. per raggiungere la meta prefissa- bisogni che segnano la loro esistenza (amici, gioia, gioco, imparare...)

• Poi leggere insieme alcuni versetti della Bibbia sul cammino nel deserto (oppure raccontare la storiadel popolo di Israele nel dserto)

ATTIVITÀ PER PREADOLESCENTI

• Un’uscita di due giorni in montagna. Durante le soste riflettere con i ragazzi su- valore del camminare (come metafora della crescita)- percezione della fatica, della stanchezza, della necessità di fermarsi- importanza di vivere con l’essenziale (cosa c’è nel tuo zaino? È tutto essenziale)

• riflettere sulla necessità di avere mappe, bussole, etc. per raggiungere la meta prefissa- bisogni che segnano la loro esistenza (amici, gioia, gioco, imparare …..)

• Organizzare la gita tenendo presenti due passaggi- il primo legato all’acqua- il secondo legato alla manna

CELEBRAZIONE

• Canto: Grandi cose• lettura: Dt 8 (se possibile, intanto proiettare diapositive su deserto, cammino, ….)• consegnare ai ragazzi un cartoncino (posto su un sostegno, ad es. un legnetto) su cui devono

scrivere i loro bisogni principali e i loro desideri• chiedere ai ragazzi di “piantare” i cartoncini in una cassetta con sabbia (predisposta precedente-

mente), dicendo una frase di richiesta di aiuto a Dio; tutti rispondono alle invocazioni sei signolidicendo “Noi ci fidiamo di te, Signore”

• pregare a cori alterni (o cantare) il Sal 23 Il Signore è mio pastore• concludere con la preghiera del Padre Nostro (dopo aver sottolineato la frase “Dacci oggi il nostro

pane quotidiano …..)• canto: Come è grande la tua bontà

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7. Parole di libertà: il Decalogo(Es 20)

COMMENTO

L’AlleanzaOrmai siamo giunti al Sinai, punto finale della lunga marcia, dove in modo definitivo si compie

l’alleanza. Per questo evento Dio chiamò Israele con un’elezione particolare e lo liberò dall’Egitto; qui sicompie il segno con cui Mosè era stato mandato: «Quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egittoservirete Dio su questo monte» (Es 3,12), e si realizza la promessa: «Io vi riprenderò come mio popoloe diventerò il vostro Dio!» (Es 6,7).

Il decalogoLe dieci parole sono introdotte da un’autoproclamazione di Jkwh, il Dio della storia, il Dio dell’eso-

do. «Io sono il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dal paese di Egitto, dalle strutture di schiavitù»(Esodo 20,2). È il Dio liberatore che proclama la legge, colui che si è fatto conoscere come Jhwh in unmomento preciso della storia e che ha liberato Israele dal padrone che lo opprimeva.

Questa specificazione è di estrema importanza, anche se noi, quando nella catechesi abbiamoimparato il decalogo, l’abbiamo tralasciata. Essa situa Dio nella storia e ne fa il liberatore da ognistruttura di oppressione in cui noi possiamo trovarci. Dio è colui che nel liberarci ci dona le dieci parole,patto d’amore e carta della libertà. Il punto di partenza è la terra della schiavitù, l’Egitto, che bisognaabbandonare per sempre: le dieci parole indicano la via per instaurare un ordine nuovo di giustiziasecondo la volontà e il comando di Dio.

È importante sottolineare che la Scrittura parla di “dieci parole” e non di “dieci comandamenti”.La dizione dieci comandamenti a cui siamo abituati è una errata traduzione che sottolinea l’aspettomorale tralasciando l’aspetto più biblico della rivelazione di Dio (Es 34,28). Per la tradizione ebraicaquesto è molto importante perché se “con dieci parole fu creato il mondo”, allo stesso modo con le dieciparole, Dio inaugura l’economia della Legge che da Israele giungerà fino al Cristo. È un nuovo attocreativo.

Con il decalogo siamo di fronte non solo e non tanto a dei comandamenti, ma anzitutto a unarivelazione: è per questo che ha importanza fondamentale il v. 2 del c. 20: «Io sono il Signore, tuo Dio,che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù». È questa la grande rivelazione di Dio,il fondamento su cui si innestano le altre parole. Se Israele vive realmente la signoria su di sé dell’unicoSignore, allora Israele non potrà che realizzare queste parole, queste promesse.

Le dieci paroleLa prima parola è «Non avrai altri dèi all’infuori di me!» (v. 3), letteralmente «non ci saranno per

te altri dèi davanti alla mia faccia!». Israele qui è chiamato a presentarsi in atto di culto soltantodavanti alla faccia del Signore. Il comando è chiaro: solo Dio può ricevere il culto, il servizio, l’onore delsuo popolo.

Siamo di fronte a una dichiarazione di amore esclusivo che chiede altrettanta esclusività.Quali sentimenti nascono in noi di fronte a tale dichiarazione?

La seconda parola (vv. 4-6) è «Tu non ti farai immagine scolpita, tagliata!». Dio resta invisibile eil divieto mira essenzialmente a colpire gli idoli e i feticci. Israele deve distinguersi dagli altri popolianche in questo: il suo Dio è un Dio invisibile. Ma vi è anche un altro motivo importante: esiste giàun’immagine di Dio e lui stesso l’ha creata: «Facciamo l’uomo a nostra immagine» (Gen 1,26); ognitentativo di vedere Dio altrove diventa subito idolatrico. L’unico culto possibile è quello del fratello, èmettere l’opera delle nostre mani a servizio della sua vita.

Quanto siamo consapevoli che il vero culto rivolto a Dio è l’amore per la persona vicina?

La terza parola (v. 7) riguarda il Nome di Dio e comanda di non usarlo per scopi personali, magici,superstiziosi. Viene qui proibita un’altra forma di appropriazione di Dio da parte dell’uomo, quella diimpadronirsene attraverso il suo Nome.

Quanta superstizione troviamo nei nostri atteggiamenti? Come valutiamo la corsa almiracolo, alla benedizione, alla magia, che vive tanta gente in momenti di bisogno?

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La quarta parola riguarda la santificazione del tempo: il sabato (vv. 8-11), che costituisce pertutti gli uomini, schiavi e liberi, e perfino per le bestie e la creazione tutta, un tempo di riposo.

Dalla schiavitù dell’Egitto Dio libera il suo popolo per condurlo nel luogo che aveva giurato di dareai loro padri (cf. Dt 6,23): è il luogo del riposo, dimora della pace. Insieme al riposo di Dio dopo la suafatica nella notte di Pasqua (perché «liberazione è il lavoro del Signore» Sal 103,6) vi è anche il riposodell’uomo che cessa il suo lavoro di schiavo, l’asservimento che avvilisce, ed è nuovamente libero,signore delle cose.

La festa che senso ha per noi e le nostre famiglie? Siamo consapevoli che occorre fermar-si, darsi un tempo per pregare, stare insieme, andare verso gli altri?

La quinta parola (v. 12) riguarda il rispetto che deve essere riconosciuto ai genitori. Non è quicomandato semplicemente l’amore o l’obbedienza, ma anche il farsi carico con affetto, cura, ricono-scenza, dei genitori anziani. Essi sono il tramite che ci lega a tutta la storia che è, agli occhi degli autoribiblici, un succedersi di generazioni, legate le une alle altre da una solidarietà profonda.

Che rapporto abbiamo con i nostri vecchi? Li sopportiamo oppure cerchiamo di scoprirnela sensibilità, rivalutandone il ruolo anche nella famiglia?

La sesta parola (v. 13) è «Tu non commetterai un assassinio». Non uccidere è non solo lasciarevivere, ma anche non privare gli altri di ciò che è necessario per la loro vita: «Sacrifica un figlio davantial proprio padre chi offre un sacrificio con i beni dei poveri. Il pane dei bisognosi è la vita dei poveri,toglierlo a loro è commettere un assassinio. Uccide il prossimo chi gli toglie il nutrimento, versa sanguechi rifiuta il salario all’operaio» (Sir 34,20-22).

Quanto ci impegniamo perché nella nostra società siamo rispettati i diritti di ogni perso-na?

La settima parola (v. 14) è un richiamo alla fedeltà nel matrimonio, anch’esso collocato nella sferadell’alleanza: «siate santi perché io sono santo». Il matrimonio diventa espressione dell’Amore e dellafedeltà di Dio. Come Dio ama e rimane fedele al suo popolo, nonostante i suoi tradimenti, così i coniugisono chiamati a vivere il matrimonio nella stessa fedeltà.

La fedeltà coniugale non è soltanto non avere un altro uomo o un’altra donna, ma un’al-leanza ad essere reciprocamente un dono. Quale impegno viviamo per rendere vitale lanostra unione, il superare momenti difficili? Quanto c’è di abitudine o di solitudine nelnostro matrimonio? È capace la nostra famiglia di aprirsi agli altri?

L’ottava parola (v. 15) è «non rubare». Anche questo comandamento riguarda la vita e le cosenecessarie per vivere. Vi è innanzitutto la proibizione di rapire, rubare la libertà di un uomo (cf. Es21,16; 24,7ss) e vi è poi la condanna di ogni comportamento di disonestà nel commercio (Am 8,5-6; Os12,8; Dt 25,13-16; Mi 6,11; ecc.), nel salario da dare all’operaio (Dt 24,14-15), nella ripartizione dellaterra (Dt 19,14; 27,17; infatti dice il Signore: “mia è la terra” Lv 25,23) e di tutti i beni che sono datiall’uomo.

Come ti poni di fronte a questo nuovo modo di intendere il “non rubare”?

La nona parola (v. 16) si può tradurre con «non parlare contro il tuo prossimo come testimonementitore». Anche questo comando (esplicitato ancora in Dt 19,15-20), serve a tutelare la vita deglialtri, che può essere compromessa da una testimonianza menzognera: pericolo reale e più volte de-nunciato nella Bibbia.

Quanto cediamo al pettegolezzo, alla piccola maldicenza al compiacimento di mettere inrisalto i difetti degli altri?

La decima parola (v. 17) dice: «non desiderare la casa del tuo prossimo». Non va vista quisoltanto la proibizione di un pensiero cattivo o dell’invidia, ma, come sempre nel concreto linguaggioebraico, di un’azione, delle manovre che tendono alla realizzazione di un desiderio. La casa indica,come poi è specificato, tutto ciò che appartiene al fratello ed è parte necessaria della sua vita.

Quali atteggiamenti possiamo individuare che entrano nella logica della “cupidigia”, divoler possedere, di vedere l’altro come un oggetto del quale impadronirsi?

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Il decalogo ci mostra dunque come il monoteismo d’Israele sia un monoteismo legato alla vita:Dio si interessa dell’uomo e non si può rispettare questo Dio se non rispettando l’uomo e cosi sibestemmia quando si calpesta la creatura in cui c’è la sua immagine. Questo decalogo contiene in séquella che sarà l’affermazione vigorosa fatta da Cristo sull’identità tra i due amori: quello di Dio equello del prossimo racchiusi in un solo comandamento in Luca 10,25-28.

25Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: «Maestro, che devo fare per ereditare lavita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?». 27Costui rispose:«Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e contutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso». 28E Gesù: «Hai risposto bene; fa questo e vivrai».

Nota: Nel corso dei secoli, si sono affermate diverse maniere di dividere e contare ledieci parole. Qui è presentata una forma fedele al testo e presente già nei commenti rabbinicinel II secolo d.C., diversa dalla forma adottata dalla chiesa latina in cui i primi due coman-damenti sono riuniti ed è tralasciata la proibizione di farsi immagini di Dio. Vedi la divisioneriportata nelle schede della catechesi degli adulti di quest’anno.

RiflessioneIl Sinai è il luogo dell’alleanza, un’alleanza fatta da Dio per il suo popolo, con il suo popolo. Dio

non chiede al suo popolo delle rinunzie, ma di camminare insieme a lui verso la terra promessa, in unrapporto d’amore. Le dieci parole sono le espressioni di questo rapporto d’amore, e segnano le nozzetra Dio e il suo popolo. Dio si sposa con il suo popolo e, da questo momento, il popolo non potrà mai piùfare a meno di Dio, della sua presenza nella storia, del suo amore misericordioso. Nonostante le in-fedeltà del popolo Dio rimarrà sempre fedele e le dieci parole diverranno punto di partenza per unnuovo rapporto d’amore.

INCONTRO CON I RAGAZZI E GLI ADOLESCENTI

Obiettivo per tutti- Percepire il decalogo non come legge che opprime, ma come parola di vita che ti fa vivere nell’amo-

re.- Sperimentare nelle dieci parole la dichiarazione dell’amore esclusivo di Dio per noi.

Attività per tuttiIl gioco senza regole• Invitare i ragazzi a iniziare un gioco conosciuto eliminando ogni regola che lo riguarda. In base

alla dimensione del gruppo, all’età dei componenti e alla sua composizione potete scegliere ungioco semplice da tavolo (dama, gioco dell’oca, ruba mazzo...) oppure di movimento (nascon-dino, palla prigioniera, pallavolo...).

• I ragazzi si troveranno disorientati o inizieranno a giocare con le regole che già conoscono. Ilcatechista dovrà essere un provocatore esasperando la situazione fino da arrivare alla conclu-sione che è impossibile giocare senza regole.

• Successivamente, usando un po’ di fantasia, si invitano i ragazzi a inventare delle nuoveregole, diverse da quelle convenzionali e provare a giocare.[Esempio: nella dama quando si salta la pedina questa non viene mangiata e vince chi porta

almeno tre pedine a dama; oppure a nascondino quando un ragazzo se “visto” e chiamatoper nome si ferma come una statua, può essere liberato dal tocco di un compagno, vince chiconta se trasforma tutti in statue e vincono gli altri se toccano chi conta rendendolo unastatua...]

• Nella riflessione che seguirà il gioco dovrà emergere come le regole non sono fatte per soffo-care la fantasia o la libertà di ognuno, ma servono per giocare e divertirsi.

• Si potrà quindi leggere o raccontare il brano dell’Esodo mettendo in evidenza come il decalogoè la “carta costituzionale” di Israele che indica le condizioni per rimanere liberi. Non si osservadunque il decalogo perché bisogna ubbidire a Dio; si osserva il decalogo per rispondere al-l’amore di Dio, che viene prima dell’osservanza della Legge, e per rimanere in una libertà chenon è frutto dell’osservanza dei precetti, ma che è dono gratuito di Dio.

per i ragazzi• Tramite il racconto allegato (allegato 9) aiutare i ragazzi a cogliere come i rapporti tra le

persone hanno bisogno di “regole” condivise. Soprattutto i rapporti d’amore esigono regoleche impegnano ognuno a prendersi cura dell’altro.

• Invitare i ragazzi a porre attenzione alla cura che i loro genitori hanno nei loro confronti e

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lasciamo loro 10 minuti di tempo per scrivere su un foglietto gli impegni, le “regole” piùimportanti che i genitori chiedono loro. Dopo una piccola condivisione, di ciò che hanno scritto,dare altri 5 minuti per far scrivere ai ragazzi quale “regola-impegno” desiderano chiedere ailoro genitori.

Per gli adolescentiGli undici comandamenti• Tempo: 15 m• Procedimento: il catechista consegna il seguente modulo ai ragazzi.

Qui di seguito sono trascritte le diedi parole nella successione indicata dall’Antico Testamento ebrevemente riassunte. Mettetele nell’ordine che meglio corrisponde alle vostre convinzioni perso-nali. Scrivete nel quadratino all’inizio di ogni riga la posizione che deve avere quel comandamen-to.

lo sono il Signore Dio tuo. Non avrai altro Dio oltre a me.Non ti farai idolo, né immagine alcuna.Non usare invano il nome del Signore tuo Dio, perché il Signore non considererà innocentechi avrà usato invano il nome del Signore Dio suo.Ricordati di santificare le feste.Onora tuo padre e tua madre affinché tu viva lungamente sulla terra.Non uccidere.Non commettere adulterio.Non rubare.Non dire falsa testimonianza contro il tuo prossimo.Non volere per te quello che gli appartiene, né la sua casa né il suo campo, né il suo servo néla sua ancella, né le sue bestie.

Verificate ora se qualche valore per voi importante manca tra le 10 parole. Se sì, aggiungetequesto valore-impegno come undicesimo comandamento:

XI comandamento

________________________________________________________________________________

Pensate ora all’amico più intimo che avete. Scrivete qui sotto quali sono le “regole-impegni” cheritenete determinanti nel vostro rapporto di amicizia.

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

• I moduli compilati si portano al gruppo, dove si confrontano per essere stimolo di discussione.• Gli adolescenti spiegano brevemente come hanno deciso la successione dei comandamenti ed

in particolare quale fosse il comandamento più importante.• Raccontano perché hanno aggiunto l’undicesimo comandamento o perché non hanno posto

nessuna aggiunta.• Descrivono il loro rapporto d’amicizia attraverso le regole-impegno che hanno scritto.

Conclusione degli incontri dei ragazzi e degli adolescenti• Far notare come dare delle regole esige soprattutto l’impegno di rispettarle da parte di chi le

chiede. Nel consegnare le dieci parole, Dio si impegna in prima persona con Israele alla fedel-tà, ad un amore incondizionato.

• Far creare ai ragazzi le tavole della legge in cartoncino dove riportare sul fronte le dieci parolee sul retro le parole-impegno che i ragazzi individuano come comuni a tutto il gruppo.

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CELEBRAZIONE

• Ci si dispone a semicerchio. Davanti a tutti un tavolo basso con le tavole della legge e duecandele.

• Canto• Segno della croce• Lettura biblica: Es 20,1-17• Salmo 119 (sezioni da scegliere dal catechista) a cori alterni• Chi conduce la preghiera introduce il segno• Si legge il brano di Dt 6 4-7 (può essere letto anche durante il canto).• Durante il canto (si propone “come la pioggia e la neve”) ogni ragazzo porrà un lume davanti

alle tavole della legge (oppure appone la sua firma sul retro delle tavole). Il catechista comericordo consegna al ragazzo un cartoncino con le dieci parole e con il brano di Dt 6,4-7

• Momento di silenzio• Preghiere spontanee• Padre nostro• Canto finale

INCONTRO CON I GENITORI

• Dopo aver letto insieme il testo dell’Esodo riflettere sulle domande poste nel commento.• Proporre ai genitori di riflettere sul loro rapporto d’amore o sui rapporti affettivi più profondi che

vivono; chiedere di scrivere su un foglio le “regole-impegno” che, secondo loro, fanno crescerequesti rapporti (il catechista aiuterà i genitori a non fermarsi sulle semplici regole della convivenzama a cercare quelle fondamentali).

• Portare i genitori a riflettere sul senso delle regole che essi pongono ai figli: sono necessarie affinchéi figli abbiano una strada segnata da paletti (“le regole”) che non gli impediscano di uscire (latrasgressione dei figli) ma che li aiuterà a crescere.

ATTIVITÀ GENITORI - RAGAZZI

Confrontarsi sulle “regole-impegni” e scegliere quelle che in famiglia si ritengono fondamentali enecessarie per un rapporto d’amore. Scriverle su un foglio (o sullo stesso cartoncino già consegnato airagazzi durante la celebrazione) e porlo in evidenza in casa come segno di alleanza per la famiglia.

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REGOLE DEL GIOCOSe mi amate, osserverete i miei comandamenti. (Gv 14,15)

Il gioco dell’ocaStiamo facendo il gioco dell’oca e Luca è arrivato quasi al traguardo, quando

sbaglia ed è costretto a ricominciare da capo.- Non voglio ricominciare da capo! - grida. - Ma le regole dicono proprio così.

Luca afferra il gioco e lo butta per terra.- Sempre queste stupide regole! A scuola ci sono le regole e anche quando si gioca ci

sono delle regole.- Vorresti piuttosto vivere nel «paese senza regole»? - gli chiedo.- Dov’è questo paese senza regole?

Il paese senza regoleLa gente del paese si era stufata delle regole. Tutto era comandato: a che ora

dovevano alzarsi, a che ora dovevano andare al lavoro, quando era domenica e quan-do giorno lavorativo.

Agli scolari veniva prescritto a che ora cominciava la scuola, che dovevano por-tarsi un fazzoletto, che, a casa, dovevano lavarsi i denti.

C’erano altre regole che dicevano come si doveva attraversare la strada, fino ache ora la sera si poteva fare la doccia e in quali orari si poteva suonare il pianoforte.

Veramente, le regole erano tante; perciò la gente si mise d’accordo e decise:d’ora in avanti non ci sono più regole. Che bello!

Naturalmente la scuola rimase vuota, perché i bambini preferivano andare inpiscina.

La gente metteva i tavoli in mezzo alla strada perché lì c’era più sole.I giovani alzavano gli impianti stereofonici al massimo volume, ventiquattro ore

su ventiquattro. Quando Piero uscì dalla piscina non ritrovò più i suoi pantaloni, per-ché se li era infilati Nicola. - Non ci sono più regole! - gridò Nicola ridendo e se neandò.

Maria trovò nella sua cameretta la piccola Elsa del piano di sopra mentre stava«operando» la sua bambola preferita.

- Ma che cosa stai facendo alla mia bambola? - chiese Maria.- Non ci sono più regole! - rispose Elsa. Raccolse tutte le bambole di Maria e se le

portò via.- lo sono stato a scuola - disse Bruno.- Non raccontare bugie! - lo sgridò il papà.- Non ci sono più regole! - rispose Bruno -, quindi non posso aver detto bugie.Quando la gente voleva andare a dormire, gli altoparlanti continuavano a tra-

smettere musica a tutta forza. Molti non trovavano più i loro soldi. I bambini si mette-vano a dormire dove capitava; le macchine urtavano contro i tavoli messi in mezzoalla strada e gli autisti erano disperati perché nessuno dava retta ai clacson.

- Dove sono i bambini?- Chi ha rotto il mio tavolo?- Dove sono i miei soldi?- Dov’è la polizia?Ma al posto di polizia nessuno rispondeva al telefono. Perché, se non ci sono più

regole, non c’è bisogno che nessuno le faccia rispettare.Nella stessa notte, un uomo si mise a suonare le campane della chiesa. La gente

SCHEDA 7 ALLEGATO 9

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accorse sul sagrato e quando tutti furono riuniti alcuni esclamarono: - Così nonpossiamo vivere!

- No, così non possiamo vivere! - risposero tutti. - Dobbiamo avere delle regole.- Sì, vogliamo di nuovo avere delle regole! - risposero. E insieme cominciarono a

fissare certe regole:• i bambini devono obbedire ai genitori;• i genitori devono amare i figli;• nessuno deve fare del male all’altro;• nessuno deve prendere ciò che è di un altro;• bisogna dire la verità.- Sì, queste regole ci vanno bene - dicevano tutti e se ne tornarono tra le loro

quattro mura, tranquilli e contenti.Luca chiede:- Non hanno trovato altre regole in quel paese?- Non lo so, ma secondo me, possono anche bastare.- Sì - dice Luca -, se tutti le rispettano, possono bastare.Riprende dal pavimento il gioco e chiede di continuare a giocare.- Secondo le regole! - dice.

JOSEF OSTERWALDER, Raccontami una storia che parla di Dio, LDC, Leumann (TO) 2003

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8. Fallimento e riconciliazione, il vitello d’oro(Es 32-34)

COMMENTO

I capp. 32-34 del libro dell’Esodo, che comprendono diverse vicende di cui il vitello d’oro (Es32,1-6) è la più conosciuta, sono come uno spartiacque nell’intera narrazione e, da un punto di vistaletterario, tra i più compositi nella varietà delle tradizioni in essi presenti. Questi capitoli sono inseriticome un cuneo tra le prescrizioni della costruzione del santuario date a Mosè (Es 25-31) e la loroesecuzione (Es 35-40). Da notare che Es 32-34 offre la particolarità di trovare in Dt 9, 9-10,11 unparallelo significativo, come mostra la sinossi dei due brani.

Il grande tema dominante trattato in questi capitoli è quello della “presenza divina” (e la questio-ne della sua assenza) come guida di un Israele continuamente tentato dalla mancanza di sottomissionenel suo cammino verso la terra promessa. Il vitello d’oro non nasce arbitrariamente dalla fantasia degliisraeliti; è una risposta ad una domanda teologica essenziale per la sopravvivenza del popolo neldeserto: il bisogno di una guida.Da notare che il peccato del vitello d’oro è diventato l’equivalenteebraico più prossimo alla concezione cristiana del peccato originale. Questo suo carattere paradigmaticopuò essere compreso appieno solo se posto in relazione ad una duplice condizione: che sia statocommesso una volta che Israele è stato costituito come popolo con l’accettazione dell’alleanza al Sinaie che quella colpa, per quanto grave, non segni una definitiva destituzione di Israele dalla sua condizio-ne di “popolo dell’alleanza”. In questo senso è significativo che la tradizione giudaica consideri lavergogna, intesa nel suo versante positivo di possibilità di pentimento, uno dei tre doni ricevuti al Sinaiinsieme alla gentilezza e alla compassione.

Gli avvenimenti allora non sono staccati in sé ma avvengono secondo un ben preciso dinamismo:il dispiegarsi di una vicenda in cui la più grave delle colpe, fino a quando è riconosciuta come tale,segna una fine senza ritorno.

Dunque al di là dell’opera di più redattori, Es 32-34 offre alla nostra meditazione un progettoteologico perfettamente coerente.

Procederemo pertanto all’analisi dei testi così come si presentano ad una lettura corrente suddi-videndoli in base ai fatti narrati nelle seguenti sezioni:

• Il vitello d’oro (Es 32,1-6)• La reazione di Dio e di Mosè (Es 32,7-35)• La presenza di Dio (Es 33)• Il rinnovamento dell’Alleanza (Es 34)

Il vitello d’oro (Es 32,1-6)Possiamo vedere nell’episodio del vitello d’oro (Es 32,1-6) un’allusione a una situazione storica o

religiosa concreta incontrata da Israele. Il problema dell’idolatria è costantemente presente nella storiareligiosa d’Israele prima dell’esilio; Es 32,1-6 si avvicina a diversi testi che denunciano la costruzionenel Regno del Nord di luoghi di culti indipendenti da Gerusalemme (Betel e Dan), luoghi in cui il cultoreso a YHWH si trova associato a un omaggio reso a vitelli d’oro e di metallo (cf. 1Re 12,26-33; 2Re17,16).

Da un punto di vista esegetico Es 32,2-6 si ricollega direttamente alla finale del cap. 24 dove sinarra che Mosè rimane sulla montagna di Dio per quaranta giorni e quaranta notti (Es 24,18). Questalunga attesa mette in crisi il popolo che come a Massa e Meriba si domanda: «Il Signore è in mezzo anoi si o no?» (Es 17,7), perché nell’assenza di Mosè è come disorientato ed ha bisogno di un segno chelo rassicuri della presenza divina.

Gli Ebrei chiedono pertanto ad Aronne che faccia per loro «un dio che cammini alla nostra testa,perché a quel Mosè, l’uomo che ci ha fatti uscire dal paese d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accadu-to» (Es 32,1).

Da notare in questo versetto importantissimo il fatto che non è più YHWH, come nelle confessionidi fede, che ha fatto uscire Israele dall’Egitto ma Mosè. Siamo davanti allo stravolgimento del credofondamentale israelita: Mosè ha fatto uscire il popolo dall’Egitto e il Signore che si era rivelato nel suonome sacro è diventato un dio qualunque.

Di fronte a Dio che lo ha effettivamente liberato e ha promesso aiuto e protezione, il popolo negatutto questo perché si sente abbandonato; ha bisogno comunque di una guida.

Il grande peccato non è solo andare dietro gli idoli, contro il primo grande comandamento, ma ilvoler “vedere” a tutti i costi, essere assicurati della presenza di Dio tramite un oggetto simbolico. La

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fede degli israeliti si mostra debole. È questo il primo peccato dopo l’Alleanza: la richiesta e l’istituzionedi un falso segno di YHWH. Aronne asseconda la richiesta senza contestarla; chiede gioielli e li fondenell’immagine di un toro forse il bue Api, divinità che gli ebrei avevano conosciuto in Egitto, accolto algrido «Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto» (v. 4). Davanti al torod’oro si fanno sacrifici e ci si diverte (v. 6). La gravità del peccato è tale che equivale ad una rotturadell’Alleanza stessa.

Nel Salmo 106 i versetti 19-23 mostrano in un quadro liturgico ispirato proprio alla vicenda di Es32 il riconoscimento da parte del popolo di questa colpa :

«19 Si fabbricarono un vitello sull’Oreb,si prostrarono a un’immagine di metallo fuso;20 scambiarono la loro gloriacon la figura di un toro che mangia fieno.21 Dimenticarono Dio che li aveva salvati,che aveva operato in Egitto cose grandi,22 prodigi nel paese di Cam,cose terribili presso il mar Rosso.23 E aveva già deciso di sterminarli,se Mosè suo elettonon fosse stato sulla breccia di fronte a lui,per stornare la sua collera dallo sterminio».

La reazione di Dio e di Mosè (Es 32,7-35)Il culto idolatrico reso ad un vitello di metallo ha come significato la rottura unilaterale dell’Alle-

anza per iniziativa del popolo. La tensione gravissima tra il Signore e gli israeliti viene evidenziata dallasottolineatura di «grande peccato» (Es 32,21.30.31).

Il dramma subito si presenta a tinte molto fosche. YHWH si rivolge a Mosè in modo durissimo; glichiede di scendere dal monte perché il popolo si è pervertito, ma soprattutto vuole distogliersi daIsraele sostituendogli un altro popolo: «Ho osservato questo popolo e ho visto che è un popolo dalladura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li distrugga. Di te invece farò unagrande nazione» (Es 32,9-10). Una sanzione del genere (apparentemente senza ritorno) prende attodella libera decisione degli israeliti e della loro mancanza di fedeltà. L’espressione “di dura cervice” vuolsignificare proprio l’irrigidimento da parte del popolo che non ascoltando più la parola del Signore haindurito il proprio cuore fino alla ribellione. Dio vorrebbe distruggere gli ebrei e ricominciare da capofacendo di Mosè un nuovo Abramo da cui dovrebbe uscire la grande nazione promessa.

I versetti 11- mettono in risalto il ruolo di intercessore di Mosè a favore del popolo. Com’è cam-biato Mosè dall’inizio della sua vicenda; titubante di fronte al roveto ardente, e desideroso quasi disottrarsi alla parola di YHWH. Il patriarca ci appare adesso coraggioso e deciso, guida autorevole eappassionato difensore del suo popolo, capace addirittura di rifiutare il suo appoggio al nuovo progettodi Dio, di ricominciare da capo assicurando un futuro solo a lui, il fedele Mosè. La preghiera del patriar-ca è una delle più belle: “Perché?… Ricordati!”, e delle più potenti dell’Antico Testamento. Egli nondifende la causa del popolo colpevole, non cerca nemmeno scuse. La sua preghiera è fondata su Diostesso, su ciò che Dio è e ha fatto; senza timore reverenziale invita Dio ad esaminarsi, Lui pure! Il ritmodel testo è incalzante: Mosè ricorda al suo Signore ciò che Lui stesso ha già compiuto, la liberazione; diseguito richiama l’attenzione sulla credibilità di fronte agli egiziani: l’esodo rischierebbe di diventareuno smacco per Dio stesso; infine adduce, a garanzia della Alleanza stipulata, le promesse fatte aipatriarchi: sono queste che danno il senso all’esodo e alle peregrinazioni del popolo nel deserto, biso-gna pertanto che YHWH si ricordi di ciò che ha detto e assicurato! La preghiera di Mosè è tanto ardita,quanto semplice e chiara: “Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male altuo popolo.” (v. 12). Mosè, liberato dalla schiavitù, è reso libero da Dio anche di opporgli resistenza, dicontraddirlo.

Il popolo, se potesse scegliere, si traccerebbe un cammino di salvezza diverso da quello che Diogli propone e si darebbe leggi diverse. È insita qui la tentazione da parte dell’uomo di attribuire a sestesso una “provvidenza” migliore di quella di Dio e, in fondo, l’accusa a Dio di non essere abbastanzabuono, giusto, sapiente.

Il cammino di Israele attraverso il deserto è allora il luogo del confronto quotidiano con la peda-gogia di Dio attraverso le vicende, le difficoltà, le situazioni gioiose o dolorose.

C’è una lotta continua da sostenere che è in definitiva la necessità di annientare ogni forza che siaal servizio di “altri dei” e che possa riportare Israele all’idolatria. E questo può avvenire solo attraversola “potenza” della preghiera come mostra chiaramente l’episodio della battaglia contro Amalek (Es17,11-12). Anche nell’episodio narrato in Es 32 la preghiera “efficace” di Mosè sa placare la collera diYHWH contro il popolo “duro di cervice” tanto che «Il Signore abbandonò il proposito di nuocere al suopopolo» (v. 14).

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La scena cambia rapidamente: i versetti che seguono rappresentano una concezione teologicadella colpa e del perdono radicalmente opposta a quella enunciata in precedenza, dove una sanzioneestremamente violenta fa seguito alla colpa degli israeliti, nella prospettiva di una purificazione delcampo. Mosè, in preda all’ira vedendo la perversione del popolo, spezza le tavole (v.19) e ordina didistruggere il toro d’oro e trangugiarne la polvere dispersa nell’acqua (v.20). Segue l’inevitabile castigotramite i leviti (vv. 25-29). Si tratta di una tradizione diversa rispetto al racconto precedente dove sivuol mettere in risalto lo zelo dei leviti e il loro compito nel garantire la fedeltà alla legge, compito a cuiil sacerdote Aronne aveva mancato.

L’insieme delle tradizioni letterarie e teologiche raccolte in questo racconto, pur proponendociapprocci anche divergenti, sono però unanimi nel condannare l’idolatria e il politeismo: volersi fabbri-care da sé i propri dei rappresenta insieme una illusione e una volontà d’impossessarsi della divinità.L’idolo fatto da mani d’uomo può essere manipolato perché è l’oggetto di colui che lo ha costruito.Mosè, nonostante tutto, intercede nuovamente presso Dio in favore del popolo con una preghiera nellaquale egli stesso è disposto al sacrificio pur di ottenere la salvezza degli israeliti: «Questo popolo hacommesso un grande peccato: si sono fatti un dio d’oro. Ma ora, se tu perdonassi (lett. sopportassi) illoro peccato... E se no, cancellami dal tuo libro che hai scritto!» (vv. 31-32). Mosè sulla sommità delmonte è l’orante da cui dipende la salvezza di tutto Israele per ottenere la quale deve come perdere sestesso, dare se stesso. Nella sua solidarietà con i fratelli, egli non può distinguersi da loro, e non puòvivere l’unità con i fratelli che assumendone i pesi.

La presenza di Dio (Es 33)Il popolo riprende la marcia verso la terra promessa. Da notare l’ironia a Es 33,1 che riprende la

formula di Es 32,1 in cui viene attribuita a Mosè la liberazione dall’Egitto: «Il Signore parlò a Mosè:«Su, esci di qui tu e il popolo che hai fatto uscire dal paese d’Egitto, verso la terra che ho promesso congiuramento ad Abramo, Isacco e a Giacobbe». Per due volte segue l’affermazione che Dio non puòvenire in mezzo al popolo perché questa presenza si rivelerebbe troppo pericolosa a motivo dellagravità del peccato commesso (vv. 3.5). Segno concreto di questa assenza è lo spostamento dellatenda fuori del campo (vv. 7-11) anche se questo non significa che Dio rifiuta di manifestarsi al suopopolo; tuttavia chi lo vuole incontrare deve uscire dalle cose di ogni giorno, dal proprio spazio abitativo,dai confini dell’accampamento in cui si sente sicuro. È solo Mosè tuttavia che in modo particolare eunico può giungere fino alla tenda e incontrarvi il Signore.

Ancora una volta Mosè, interlocutore privilegiato di YHWH, si fa intercessore persuasivo. Che ilSignore riprenda il suo posto nel cuore stesso della sua comunità, tale è l’obbiettivo fondamentale diquesta supplica (vv. 12-17). Siamo di fronte ad un cambiamento significativo nello svolgimento delracconto.

Segue uno stupendo dialogo tra Dio e Mosè in cui quest’ultimo, proprio in forza del suo intimorapporto col Signore («hai detto: Ti ho conosciuto per nome» v. 12), ancora una volta lo richiamatenacemente alle promesse fatte perché torni in mezzo al suo popolo (vv. 15-16). E il Signore accondi-scende alla domanda (v. 17).

Il Signore ha parlato con Mosè in modo del tutto particolare, lo ha rassicurato sulla sua presenzavittoriosa e salvifica, eppure Mosè coltiva un grande desiderio: quello di vedere Dio nel suo splendore.Per capire meglio il significato della “gloria di Dio” occorre leggere il capitolo primo di Ezechiele, in cuiil profeta lo contempla nella sua tremenda bellezza. Ezechiele vede una figura dalle sembianze umane,«circondata da uno splendore il cui aspetto era simile a quello dell’arcobaleno nelle nubi in un giorno dipioggia. Tale mi apparve l’aspetto della gloria del Signore. Quando la vidi, caddi con la faccia a terra eudii la voce di uno che parlava» (Ez 1,27-28).

La gloria di Dio indica soprattutto il peso, la rilevanza di Dio nella storia (in ebraico è la stessaradice del verbo kaved, che significa “essere pesante, degno di considerazione”) e la sua manifestazio-ne attraverso i fenomeni naturali. C’è in tutto il capitolo 33 di Esodo un anelito di Mosè a vedere Dio.L’apice di questa manifestazione si condensa nel termine “gloria”. Dio non rifiuta di manifestarsi aMosè. Ma la sua teofania nella storia è la sua “grazia” e la sua “misericordia”. Esse non sono nascoste,anzi possono raggiungere tutti al di là dei meriti di ognuno. Così sembra il significato di «Farò grazia achi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi avrò misericordia» (v. 19).

Tuttavia nessuno può vedere il volto di Dio e restare in vita, come ripete spesso la Scrittura. Diocomprende l’ansia di Mosè e con amore lo conduce a vedere una parte di se stesso, non il volto, ma lespalle. Mosè vede il passaggio di Dio. Il Signore si manifesta e insieme si nasconde, perché l’uomo nonpotrebbe resistere alla sua vista. Il modo migliore di vedere Dio è riconoscerlo nella sua manifestazionemisericordiosa all’interno della storia degli uomini.

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Il rinnovamento dell’Alleanza (Es 34)La composizione letteraria di questo capitolo richiama quella di Es 19-24. Anche Es 34 associa

racconti e leggi: il racconto della conclusione dell’alleanza e le leggi che il popolo si impegna ad osser-vare nel quadro di questa alleanza.

Questo criterio di analisi permette di delimitare le sezioni seguenti:• vv. 1-4: nuova salita di Mosè sul Sinai su invito di YHWH• vv. 5-9: YHWH si manifesta a Mosè• vv. 10-26: discorso di introduzione di YHWH (proposta dell’alleanza e promessa di benedizio-

ne: vv. 10-11); esposizione delle leggi nel quadro dell’alleanza• vv. 27-35: Mosè discende dalla montagna, una volta che le leggi dell’allenza sono state messe

per iscrittoLa risposta definitiva di Dio è l’alleanza. Il Signore accetta di compromettersi nuovamente con la

storia del popolo di Israele. Nell’alleanza la misericordia si fa storia di un Dio che sceglie di mischiarsialla vita del suo popolo, perdonando il peccato, ma chiedendo una decisione perché la vita si orientiverso di Lui e non verso altri. Proponendo nuovamente al popolo di entrare nell’alleanza, Dio lo ristabi-lisce completamente nel rapporto che gli aveva proposto una prima volta al Sinai. Al termine di Es 34,la crisi aperta dall’idolatria del vitello d’oro è totalmente risolta.

Importantissimo il racconto della manifestazione di Dio a Mosè, in particolare i vv. 6-7, sui qualivale la pena soffermarsi: «Il Signore passò davanti a lui proclamando: «Il Signore, il Signore, Diomisericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà, che conserva il suo favore per millegenerazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, checastiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione». Laproclamazione è posta sulla bocca di Dio, ma il testo non parla di lui in prima persona bensì alla terza.Non si tratterebbe perciò di una autorivelazione da parte di Dio, ma di una vera confessione di fede daparte di Israele forse di origine liturgica. Rispetto alle altre formule confessionali individuabili nellaScrittura, questa presenta l’unicità di non menzionare alcun evento storico. Al posto del cosiddetto“credo storico” - «Io sono il Signore tuo Dio, che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto» (Es 20,2); «Miopadre era un Arameo errante» (Dt 26,5) - qui abbiamo una confessione di fede, certamente antica, chesi incentra esclusivamente sul nome di Dio e suoi attributi. Una vera e propria descrizione teologica chenella tradizione ebraica è nota come “il patto dei 13 attributi” distinti nel seguente modo: 1) YHWH; 2)Dio; 3) misericordioso; 4) compassionevole; 5) lento all’ira; 6) grande nella grazia; 7) (grande) nellafedeltà; 8) conserva la grazia per mille (generazioni); 9) toglie l’iniquità; 10) toglie la colpa; 11)(toglie) il peccato; 12) ma impuniti non lascia impuniti; 13) visita l’iniquità dei padri nei figli e nei figlidei figli fino alla terza e alla quarta (generazione).

Di fronte alla misericordia Mosè prende di nuovo coscienza del peccato del suo popolo e chiedeperdono: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mio Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, èun popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fà di noi la tua eredità»(v.9). Questa supplica del v. 9 aggiunge però qualcosa di nuovo: da una parte sollecita esplicitamenteil perdono divino, dall’altra si richiama il ristabilimento della comunità d’Israele nella sua dignità di“eredità”. Il peccato ha rotto l’slleanza: lo spezzare le tavole ne è stato il simbolo più espressivo. E Mosèconcepisce il perdono divino come un ritorno in grazia per mezzo del quale Israele ristabilisce unrapporto di intimità col suo Signore, ritorna l’eredità di YHWH, l’interlocutore privilegiato del Signorenella cornice dell’alleanza. L’impegno di Dio ai vv. 10-28 risponde allora esattamente a questa doman-da. Al v. 10 troviamo una formulazione sotto forma di promessa di cui l’iniziativa è tutta e solo di Dio:«Il Signore disse: «Ecco io stabilisco un’Alleanza: in presenza di tutto il tuo popolo io farò meraviglie,quali non furono mai compiute (lett. create) in nessun paese e in nessuna nazione: tutto il popolo inmezzo al quale ti trovi vedrà l’opera del Signore, perché terribile è quanto io sto per fare con te».

Ma nel contesto preciso di Es 34,10 quali sono queste meraviglie impressionanti? Da notare ilverbo “creare” in parallelo al verbo “perdonare” del v. 9: il perdono divino deborda su una “creazione”,sull’emergere di una realtà nuova e meravigliosa, una realtà che non era esistita fino a quel momento..

I vv. 11-16 costituiscono uno sviluppo intorno al primo comandamento del decalogo richiamato alv. 14: «Tu non devi prostrarti ad altro Dio, perché il Signore si chiama Geloso: egli è un Dio geloso»,così pure i vv. 18-26 sono un calendario liturgico (concretizzazione del modo con cui YHWH vuoleessere onorato e adorato) che ha il suo parallelo nel Codice dell’alleanza (Es 20,22-23,33). Ogni allean-za implica una Torah che YHWH offre al suo partner perché possa rimanere in comunione con lui: «IlSignore disse a Mosè: «Scrivi queste parole, perché sulla base di queste parole io ho stabilito un’allean-za con te e con Israele» (Es 34,27). Per altro la nozione di “dieci parole” è propria ad Es 34: non latroviamo né in Es 24, né altrove nell’introduzione di Es 20,1-17, testo classicamente indicato come“decalogo”. Sembra che la nozione di raccolta di “dieci parole” rappresenti una tradizione letterariaclassica che indica la forma secondo la quale Dio fece conoscere a Israele i suoi comandamenti.

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Come ultima annotazione potremmo chiederci a questo punto: rinnovamento o alleanza nuova?La grande particolarità di questa alleanza è di fondarsi interamente sul “perdono divino”: Es 34,10risponde al v. 9 di Mosè che implora il perdono. E questo perdono si fonda sull’essere stesso di YHWH(“Dio di pietà e di misericordia”): è il Dio della misericordia che rende possibile la conclusione di questaseconda alleanza. Si ha quindi un parallelo impressionante con Ger 31,31.34: «Ecco verranno giorni -dice il Signore - nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una Alleanzanuova[…]; poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato».

PER RAGAZZI

Nell’incontro di gruppo vengono formulate alcune domande sulle dinamiche di perdono e riconci-liazione (ad es. cosa ti ha spinto a perdonare? Che cosa pensavi mentre perdonavi l’altra persona?L’altra persona come ha reagito?....)

I ragazzi intervistano i loro genitori: si fanno raccontare un’esperienza di perdono e di riconcilia-zione pooi propongono loro le domande decise insieme come gruppo

Durante l’incontro successivo viene elaborato un cartellone con le risposte alle domande scelteLa domenica successiva, durante l’eucaristia, il cartellone viene portato processionalmente prima

dello scambio della pace. I ragazzi ricevono il segno della pace dal celebrante e lo “diffondono” tra tuttii partecipanti alla celebrazione.

Oppure: la domenica successiva i ragazzi distribuiscono alla fine della celebrazione a tutti i par-tecipanti alla eucaristia un cartoncino in cui sono scritti i “tredici nomi di Dio”

PER PREADOLESCENTI

Un incontro di riflessione dedicato a “Gli idoli: ostacolo alla pace”L’incontro è pensato secondo un alternarsi di interventi dell’animatore/catechista e dei ragazzi

• l’incontro può iniziare con una introduzione del caechista, dedicata ad esempio a:Nella propria vita l’uomo scopre di essere limitato e desidera superare questa finitezza, il

desiderio di onnipotenza. L’uomo sente in sé anche la spinta, il desiderio dell’infinito, di unqualcosa di totalizzante, che riempia e dia senso alla propria vita; nel desiderio di viveremeglio, l’uomo cerca ciò che può appagare i suoi bisogni. In questo la religione ha dato dellerisposte e delle possibilità, ha dato un senso alla vita. A tutto ciò, l’’uomo ha “aggiunto” leideologie, dei sistemi di pensiero e di vita. Ma quando ha voluto possedere tutto ciò eservirsene in modo arbitrario e per il proprio interesse personale o di parte, allora ha snatu-rato l’essenza della religione o del pensiero che guidava la sua vita; ha voluto possederlo,farlo a sua misura, renderlo “schiavo” della propria volontà, per soddisfare i propri “biso-gni”. È da qui che sono nati gli idoli. Un esempio concreto l’abbiamo in Esodo, quando gliIsraeliti, nel deserto, avendo bisogno di “vedere” Dio, quel Dio che li aveva portati neldeserto e che doveva guidarli, si sono costruiti il vitello d’oro; così avevano qualcuno divisibile a cui rivolgersi.

L’idolo è la riduzione dell’infinito al finito, per possederlo, manipolarlo a proprio piacimento;poi gli è ridata una “dignità” d’infinito perché possa dominare su tutti in modo incontrastatoe assoluto. Si potrebbe dire che quando l’idolo è diventato come noi lo vogliamo, allora lofacciamo diventare di nuovo Dio; ma è un dio che non può più servire l’uomo, perché “haorecchi, ma non sente; ha occhi, ma non vede, ha mani, ma non palpa”, come ci ricorda ilSalmo 113.

A questo punto, impadronitisi di Dio, si può fargli fare e dire tutto quello che si vuole, edi conseguenza dominare le persone: “Se non fate così, Dio vi punirà; è la volontà di Dio”.In nome di Dio, poi sono state costruite ideologie, sono stati portati avanti sistemi di vita evisioni del mondo; e si è voluto espanderli e imporli. E qui nascono gli imperi; quelli territo-riali sono stati portati avanti da guerre e conquiste, e su di essi si sono imposte le ideologiedel potere vigente. Poi ci sono anche imperi sovraterritoriali, imposti con altre “armi”: ilpotere economico, politico, religioso.

Alla fine chi diventa il centro dell’interesse, non è più l’idolo, ma l’”IO”. All’IO tutto èsottomesso, un IO che si vuole espandere e vuole omologare tutto e tutti a sé. Ma a questopunto l’IO che credeva di dominare tutto, diventa schiavo dell’idolo che lui stesso si eracreato, perché per “realizzare” se stesso ha bisogno dell’idolo e diventa lui stesso il primoschiavo. Quanti sono gli idoli che ancora oggi ci dominano: il successo, il potere, il denaro,l’apparire; tutte cose che dovrebbero servirci per stare meglio, e invece ci hanno resi schia-vi.

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Come può essere successo questo? Siamo così stupidi, da lasciarci imbrogliare in questomodo? Eppure noi abbiamo studiato, siamo informati. Ma quello che facciamo e viviamo èveramente quello che vogliamo e desideriamo, ed è il meglio della vita che cerchiamo evogliamo vivere?

• dibattito e scambio nel gruppo a partire dalle seguenti domande:- Quali sono gli idoli che senti più forti nella tua vita?- Ti rendi conto dei condizionamenti, e delle false felicità che ti sono proposte quotidianamen-

te nella tua vita?

• (continua l’intervento dell’animatore) con riflessioni di questo tipo:Mai come in questi ultimi anni la televisione e la pubblicità stanno prendendo una grande

importanza nella vita dell’uomo moderno. Si forma una nuova “religione”, che dietro i valoridella libertà, della patria, dell’economia, porta avanti gli interessi del gruppo dominante,che vuole formare, dirigere le coscienze.

In questo il nuovo idolo della televisione svolge un ruolo decisivo. Si moltiplicano pro-grammi per apparire in televisione, sia per farsi vedere che per cercare il successo; poi nonimporta quello che si dice o si fa; si moltiplicano i programmi di “varietà” dove si vinconomigliaia e addirittura milioni di euro. Il successo nella vita, la felicità: diventare un cantan-te, o fare la velina, vincere all’enalotto o ad un gioco a premi.

Eppure tutto questo non porta alla vera felicità. Difatti ci si deve chiedere come mai tantainsoddisfazione e problemi in questo mondo cosiddetto sviluppato, quanti problemi, stress,perdita del senso della vita; e poi la necessità di essere sempre al massimo, al top, senzalimiti e imperfezioni. La smania di una crescita economica sempre presente, la necessità diavere sempre di più, non c’è la concezione del limite, di ciò che è sufficiente, che basta.Conseguenza, quando chiedi a qualcuno come sta, ti dice spesso che non va proprio bene eche potrebbe andare meglio.

• dibattito nel gruppo- Condividi questa constatazione? Quanto è vera per te? Se no, senti la difficoltà di resistere

nelle scelte di ogni giorno?- Quanto ti senti condizionato dai “falsi profeti”?- Come riesci ad “aprire gli occhi a chi ti sta attorno? Trovi resistenze e opposizioni?

• animatore:Tutto questo diventa un ostacolo alla pace:• personale, perché se non si è all’altezza, si è fuori gioco; se si pensa diversamente, si è

emarginati, esclusi, considerati “pazzi”; oppure si va incontro alla persecuzione. La forza diquesti idoli sta nell’incondizionata adesione dei fedeli, senza discutere o pensare.

• sociale: popoli interi vengono sfruttati, per poter permettere l’attuarsi delle politiche delsistema, emarginati quando non servono al sistema, combattuti con le armi convenzionali, ocon il fortissimo apparato dell’informazione e della comunicazione.

• globale: la natura viene immolata sull’altare del nostro super IO, che non tiene conto dellenecessità ambientali.

• Il disagio, la sofferenza, la morte, che questo sistema crea, diventano l’humus per rivolte,attentati, guerre, odi, violenze; perdita della speranza di vita, di possibilità di progettare unfuturo, e perciò la ricerca disperata di un’alternativa, di una possibilità di vita, anche rischian-do quella che si ha, così importante, ma impossibilitata a sbocciare, e allora si tenta di tutto(cf. le carrette del mare, che arrivano sulle coste italiane).

• La consapevolezza delle difficoltà, delle opposizioni, delle calunnie e delle persecuzioni, nondevono però scoraggiarci perché sappiamo con Chi ci siamo impegnati e chi è Colui che cimotiva e ci dà la forza; portiamo un dono che è più grande delle nostre debolezze e delle forzeavverse; non lavoriamo per il profitto, il risultato, altrimenti ricadremo nella stessa idolatriache vogliamo combattere; certo non perdiamo di vista la meta e la ricerca di mezzi efficaci; anoi sta iniziare, indicare la via, essere luce; sarà la testimonianza della nostra vita, la capacitàdi vivere, credere e lavorare insieme, che farà sbocciare la pace che è nelle nostre mani.

• dibattito nel gruppo a partire da queste domande:- Quali sono e difficoltà e gli scoraggiamenti che incontri e provi?- Per te ha senso ed è possibile resistere?- Quali sono le alternative valide e attuabili che conosci?- Hai notato dei cambiamenti, delle speranze attorno a te? E a livello più ampio?

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CELEBRAZIONE PER I RAGAZZI E I LORO GENITORI:

Si suggerisce il seguente esempio di Liturgia Penitenziale:

RICONCILIATI DA DIO, SULLA STRADA DELLA LIBERTÀ

INTRODUZIONE

Dal libro del Deuteronomio (Dt 8, 2-3.14-16)Mosè parlò al popolo dicendo: «Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto

percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello cheavevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi. Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fattoprovare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano maiconosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto escedalla bocca del Signore.

Il tuo cuore non si inorgoglisca in modo da dimenticare il Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dalpaese d’Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso,luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per tel’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri».

• omelia

• OrientiamociRipercorriamo la strada degli ebrei a cui Mosè ha chiesto di “ricordare”, fare memoria.Anche noi siamo un po’ come il popolo d’Israele, che è andato per conto suo, non si è ricordato

delle cose che Dio aveva fatto per lui ed ha perduto la strada che il Signore Dio gli aveva indicato.

• Preghiamo insieme:ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione servile

Ti ha nutrito di manna che non conosceviti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame

Ti ha nutrito di manna che non conosceviti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso

Ti ha nutrito di manna che non conoscevi

• La Parola che Gesù ci dona è il “pane della vita” perchè «l’uomo vive di quanto esce dalla bocca delSignore».

Quanta differenza tra il nostro modo di vivere e quello che Gesù ci propone.Ascoltiamo queste parole di Gesù e prendiamoci in po’ di silenzio per scoprire il nostro compor-

tamento:Quale strada stiamo facendo?Ci troviamo sulla strada che il Signore ha indicato per noi?“Date agli altri, con tutto il cuore, senza aspettarvi alcuna ricompensa...”“Amate i vostri nemici; pregate per quelli che vi hanno fatto del male, perdonate ...”“Amatevi tra di voi come io vi ho amati ...”“Dite si, quando è si, no, quando è no ...”“Non preoccupatevi troppo del mangiare e del bere che vi servono per vivere, o dei vestiti ...”“Non giudicate ... con la stessa misura con la quale voi trattate gli altri, Dio tratterà voi ...”“Fate anche agli altri tutto quello che volete che essi facciano a voi ...”“Siate anche voi pieni di bontà, così come Dio, vostro padre, è pieno di bontà”

• Dove siamo?Come il popolo ebraico ci troviamo un po’ distanti da dove dovevamo essere, non sempre abbia-

mo percorso la strada giusta, ci siamo un po’ confusi, adesso non sappiamo più dove andare, masappiamo che il Signore è buono e come ha dato da mangiare e da bere al popolo d’Israele nel deserto,così farà con noi.

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• Preghiamo insieme:ti ha messo alla prova per sapere cosa avevi nel cuore

ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla rocciaper sapere se avresti osservato o no i suoi comandi

ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla rocciaper farti capire che l’uomo vive di ogni parola che esce dalla bocca di Dio

ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia

• Rimettiamoci sulla strada giustaIl Signore ha liberato Israele dagli egiziani, gli ha donato la libertà facendolo passare attraverso

il mar Rosso, nel deserto ha nutrito il suo popolo. Il Signore Dio che vuole la salvezza degli uomini,liberi ora voi dai vostri peccati.

• Preghiamo insieme:Signore Dio, nostro Padre, che ci ami e vuoi la nostra salvezza:tante volte siamo stati cattivi e abbiamo dimenticato di essere tuoi figli...

- MA TU CHE CI VUOI BENE, PERDONACI, O SIGNORE.Abbiamo disobbedito ai genitori, agli insegnanti e non abbiamo messo in pratica i loro suggeri-

menti- MA TU CHE CI VUOI BENE, PERDONACI, O SIGNORE.

Non siamo andati d’accordo fra di noi, e non ci siamo voluti bene come fratelli...- MA TU CHE CI VUOI BENE, PERDONACI, O SIGNORE.

Non sempre abbiamo fatto il nostro dovere a casa, a scuola,non siamo stati pronti ad aiutare i nostri genitori, fratelli, compagni...

- MA TU CHE CI VUOI BENE, PERDONACI, O SIGNORE.Non siamo stati sinceri e non abbiamo mantenuto le nostre promesse...

- MA TU CHE CI VUOI BENE, PERDONACI, O SIGNORE.Non abbiamo rispettato le tutte le persone, specialmente i più deboli e non abbiamo aiutato chi

aveva bisogno.- MA TU CHE CI VUOI BENE, PERDONACI, O SIGNORE.

Non sempre ci siamo comportati come veri figli di Dio, nei pensieri, nelle parole, nelle azioni...- MA TU CHE CI VUOI BENE, PERDONACI, O SIGNORE.

• Rivolgiamo ora la preghiera a Dio, nostro Padre, con le parole che Gesù ci ha insegnato, perché ciaiuti e ci liberi dal male:

PADRE NOSTRO

• Muovere i primi passiPreghiamo insieme:Dio, padre buono, che un giorno hai scelto e chiamato il popolo d’Israele,oggi chiami anche noi a seguirti

Benedetto sei tu nei secoliTante volte siamo partiti e poi ci siamo fermatigrazie perchè ancora una volta ci hai perdonato e ci rimetti in cammino

Benedetto sei tu nei secoliTu ci rinnovi le promesse di vita e di gioia.Guidaci come hai fatto con Mosè e il suo popolo; con gli Apostoli e la Chiesa

Benedetto sei tu nei secoli

• E la benedizione di Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo,• discenda su di voi, e con voi rimanga sempre.AMEN

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Abbiamo usato il sussidio per: i ragazzi i preadolescenti i genitori

Il sussidio è stato utile?_____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

Le attività che ci sono piaciute:_____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

Le attività che non ci sono piaciute:_____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

Quali i limiti maggiori del sussidio?

___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

Far pervenire il questionario a:Ufficio Catechistico DiocesanoPiazza S. Giovanni, 350129 FirenzeTel 0552710752 Fax [email protected]

VERIFICA

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Appunti........................................................................................................................................................................

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IndiceINTRODUZIONE..........................................................................................2

1. Esodo: pronti a partire? Da dove, però? (Es 1,1-2,22) ............................3COMMENTO AL TESTO .................................................................................................. 3PER I RAGAZZI............................................................................................................ 4PER I PREADOLESCENTI ............................................................................................... 4CELEBRAZIONE ........................................................................................................... 5INCONTRO CON I GENITORI .......................................................................................... 6

2. “Mosè, Mosè”... “Eccomi!” (Es 3,1-4,17).................................................8OBIETTIVO ................................................................................................................. 8COMMENTO AL TESTO .................................................................................................. 8PER I RAGAZZI...........................................................................................................12PER I PREADOLESCENTI ..............................................................................................12INCONTRO CON I GENITORI .........................................................................................12PER I GENITORI E FIGLI ..............................................................................................13PER UN INCONTRO DI PREGHIERA ................................................................................13

3. La fatica di credere (Es 4,18-7,7) ........................................................16COMMENTO AL TESTO .................................................................................................16PER I RAGAZZI...........................................................................................................16PER I PREADOLESCENTI ..............................................................................................17CELEBRAZIONE ..........................................................................................................18ATTIVITÀ RAGAZZI-GENITORI ......................................................................................18INCONTRO CON I GENITORI .........................................................................................19

4. La notte di pasqua (Es 12) ...................................................................20COMMENTO (TRATTO DAL SUSSIDIO PER GLI ADULTI PREDISPOSTO DA D. LUCA MAZZINGHI) ........................ 20ATTIVITÀ PER I RAGAZZI .............................................................................................21ATTIVITÀ PER PREADOLESCENTI ...................................................................................21INCONTRO PER I GENITORI .........................................................................................21ATTIVITÀ PER GENITORI E RAGAZZI ..............................................................................21

5. Al di là del mare: passi di libertà (Es 14-15) .........................................25COMMENTO ...............................................................................................................25PER I RAGAZZI E PER ADOLESCENTI .............................................................................26CELEBRAZIONE ..........................................................................................................28INCONTRO CON I GENITORI .........................................................................................28ATTIVITÀ GENITORI - RAGAZZI ....................................................................................28

6. Il cammino nel deserto (Es 15,22-16,36) .............................................34COMMENTO ...............................................................................................................34ATTIVITÀ PER RAGAZZI ...............................................................................................34ATTIVITÀ PER RAGAZZI E GENITORI ..............................................................................35ATTIVITÀ PER PREADOLESCENTI ...................................................................................35CELEBRAZIONE ..........................................................................................................35

7. Parole di libertà: il Decalogo (Es 20) ....................................................36COMMENTO ...............................................................................................................36INCONTRO CON I RAGAZZI E GLI ADOLESCENTI .............................................................38CELEBRAZIONE ..........................................................................................................40INCONTRO CON I GENITORI .........................................................................................40ATTIVITÀ GENITORI - RAGAZZI ....................................................................................40

8. Fallimento e riconciliazione, il vitello d’oro (Es 32-34) .........................43COMMENTO ...............................................................................................................43PER RAGAZZI .............................................................................................................47PER PREADOLESCENTI ................................................................................................47CELEBRAZIONE PER I RAGAZZI E I LORO GENITORI: .......................................................49

VERIFICA .................................................................................................51

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