canada 1 · 2018-04-01 · vista la scarsa copertura della rete ... dall’italia non è di certo...

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Informazioni generali:

DURATA DEL VIAGGIO: 21 – 22 giorni se deciderete di visitare Dawson City, 38 – 39 giorni se invece vi

addentrerete nel remoto Nahanni National Park.

PERIODO DEL VIAGGIO CONSIGLIATO: Giugno – Agosto.

COME ARRIVARE DALL’ITALIA: In aereo. Vi consigliamo di adoperare per l’andata lo scalo aeroportuale di

Juneau, in Alaska, e successivamente per il ritorno di muovere dall’aeroporto

di Dawson City verso lo scalo di Whitehorse e da qui fare rientro verso l’Italia.

FUSO ORARIO: - 10 ore rispetto all’Italia in Alaska e - 9 ore rispetto all’Italia in Canada con

l’unica eccezione del Nahanni National Park, situato nei Territori del Nord

Ovest in cui il fuso orario è di - 8 ore rispetto all’Italia.

DOCUMENTI NECESSARI: In Alaska: Passaporto, che non vada a scadere durante la permanenza

negli USA. Negli USA non è più necessario possedere un visto per viaggi

turistici che durino meno di 90 giorni. Dovrete però essere muniti di

un’autorizzazione ESTA (Electronic System for Travel Authorization) da

farsi rilasciare tramite richiesta online preventiva alle autorità statunitensi

prima della partenza. Per richiederlo dovrete per forza possedere un

passaporto elettronico (dotato di microchip).

In Canada: Passaporto, possibilmente con validità residua di sei mesi

all’ingresso nella nazione. Dal 2016 non è più necessario il visto turistico ma

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dovrete essere in possesso dell’ eTA (electronic Travel Authorization) rilasciata

su richiesta online preventiva dalle autorità canadesi.

PATENTE RICHIESTA: Patente Italiana sufficiente per brevi periodi in Canada e soggetta alle leggi

statali dell’Alaska negli Stati Uniti, ma è consigliabile possedere la Patente

Internazionale.

RISCHI SICUREZZA E SANITARI: Non vi sono rischi per la sicurezza in loco se non legati all’ambiente

estremamente selvaggio che andrete ad incontrare. Prestare particolare

attenzione alla fauna selvatica nei vari parchi nazionali che possono attaccarvi

senza particolare preavviso: munitevi pertanto di adeguati mezzi di dissuasione

preferibilmente muovetevi accompagnati da guide locali. Vista la scarsa

copertura della rete cellulare vi consigliamo di dotarvi di apparecchi telefonici

portatili satellitari e ricordate che in caso di necessità di soccorso occorreranno

diverse ore prima che vi riconducano nel più vicino ospedale attrezzato della

zona. Si consiglia anche a tal proposito di stipulare un’assicurazione

sanitaria che preveda le copertura alle spese mediche e la copertura per un

eventuale rimpatrio sanitario.

MONETA: DOLLARO STATUNITENSE negli Stati Uniti.

DOLLARO CANADESE in Canada.

TASSO DI CAMBIO: 1 € = 1,20 Dollari Statunitensi.

1 € = 1,50 Dollari Canadesi.

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Descrizione del viaggio:

1° - 2° giorno: trasferimento fino a Juneau

Raggiungere Juneau, la capitale dell’Alaska e punto di avvio di questo affascinante viaggio nei territori boreali di Yukon e Klondike,

dall’Italia non è di certo impresa agevole, veloce od economica. Essenzialmente esiste una sola vera tratta percorribile per atterrare a

Juneau dal Bel Paese e consiste nel fare un doppio scalo aeroportuale intermedio fermandosi dapprima a Francoforte, in Germania, e quindi

successivamente a Seattle (o massimo Anchorage), negli Stati Uniti. La tratta nel complesso si sviluppa in 21-24 ore di percorrenza che,

complice un fuso orario profondamente in regressione, sarebbe tecnicamente possibile in un’unica giornata di calendario ma ovviamente la

lunghezza dello spostamento e il fuso stesso impongono che si investa una giornata in più nel viaggio di andata. La seconda giornata può

inoltre risultare utilissima per espletare le formalità doganali necessarie per l’ingresso negli States e per noleggiare il mezzo motorizzato che

vi accompagnerà in questa straordinaria avventura lungo le storiche rotte dei cercatori d’oro e dei nativi eschimesi che sin dall’antichità

popolano queste desolate e spettacolari lande boreali.

3° giorno: JUNEAU

Juneau è la minuta capitale dell’immenso stato dell’Alaska e anche se nella nazione posta all’estrema propaggine nord-occidentale degli

Stati Uniti esistono cittadine di gran lunga più influenti sotto un profilo economico e sociale (Anchorage e Fairbanks) questa cittadina da

poco più di 30.000 abitanti rappresenta da sempre l’epicentro della vita politica locale. Juneau fu infatti la prima località fondata dagli

statunitensi in Alaska dopo la loro acquisizione di questi territori dai russi e sin dal 1906 è la capitale nazionale. Curiosamente Juneau è una

di quelle rare realtà urbane prive di collegamenti viari terrestri con il resto del continente americano, essendo davvero incastonata tra i

ripidi pendii delle montagne circostanti che si gettano a capofitto nello stretto fiordo che la divide da Douglas Island, e le uniche vie per

raggiungerla sono rappresentate dai traghetti locali e dal suo aeroporto internazionale. Poiché Juneau si affaccia sulla frastagliata e

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montuoso costa pacifica occidentale ed è quasi completamente priva di ripari naturali nei confronti delle perturbazioni che ciclicamente

giungono dall’oceano la città possiede un clima particolarmente piovoso e nevoso (specie da settembre a febbraio), con temperature che in

estate raramente superano i 20° ma che in compenso in inverno si attestano quasi sempre intorno agli 0°. Sotto un profilo turistico Juneau

non ha siti di interesse imperdibili ma ci sono comunque alcuni luoghi interessanti: in città spiccano l’Alaska State Museum che espone

reperti storici e manufatti delle popolazioni indigene originarie e lo Juneau Douglas City Musuem che invece si incentra sulla corsa all’oro

che colpì la regione nel XIX secolo. Spostandosi invece di pochi chilometri a nord della città seguendo la statale 7 raggiungerete in breve poi

il Macaulay Salmon Hatchery Visitor Center che con le sue vasche interne vi permetterà di familiarizzare con la vita marina dei fiordi

dell’Alaska meridionale e nondimeno di vedere da apposite passatoie lo spettacolo della risalita dei salmoni controcorrente nei fiumi della

zona. Nulla però è più emozionante ed iconico durante una permanenza a Juneau della vista del Mendenhall Glacier che si getta sinuoso ed

imperioso nelle acque dell’omonimo lago terminale. Anche se in netta fase di regressione per via del riscalmento globale questo ghiacciaio

almeno ancora per alcuni anni sarà una validissima anticipazione degli spettacoli che ammirerete nel Glacier Bay National Park e pertanto

sappiate che una prima vista con questa lingua glaciale da cui si distaccano minuti iceberg alla deriva vi pervaderà sicuramente di un grande

fascino. Se infine, rientrati a Juneau città, vi avanzasse del tempo valutate l’opzione di prendere la veloce Mt Roberts Tram, una funivia che

risale le pendici delle montagne aggettanti sulla città e dalla cui sommità posta al di fuori della linea degli alberi si godono splendidi

panorami sulla regione. Giunto quindi l’imbrunire fate quindi rientro a Juneau città per godere delle sue comodità urbane, prima tra tutte

quella legata alla ristorazione, una delle più valide di tutta l’Alaska. Cenare assaporando il salmon bake (salmone al forno) aromatizzato

alla salsa barbecue specchiandovi nel chiarore estivo della luce notturna che fiocamente inonda i fiordi della zona sarà davvero

un’esperienza che non dimenticherete.

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Una delle interessanti ed assai curate sale interne dell’Alaska State Museum di Juneau che esplora l’universo umano e culturale delle

popolazioni native dell’Alaska. Di seguito poi una vista particolareggiata dello spettacolare Mendenhall Glacier che si getta nel suo lago

omonimo ed infine una classica porzione del salmon bake, il piatto tipico di questa regione dell’Alaska meridionale.

4° - 5° - 6° giorno: GLACIER BAY NATIONAL PARK

Remoto, selvaggio e palcoscenico di primaria importanza a livello mondiale in cui osservare l’angoscioso fenomeno del ritiro dei ghiacciai

per via del riscaldamento globale degli ultimi secoli il Glacier Bay National Park tutela una delle sezioni più spettacolari del pianeta in cui

grandi calotte glaciali (ben 11) si gettano a capofitto direttamente nelle acque dell’Oceano Pacifico. Quella che oggi si palesa come una

profonda baia oceanica (la Glacier Bay appunto) venne scoperta nel 1794 dall’esploratore George Vancouver che però si dovette fermare al

suo imbocco, all’epoca ancora completamente ghiacciato, situato all’incirca dove oggi si trova il centro visitatori di Bartlett Cove con la

direzione parco, l’attracco dei traghetti che si muovono in questa delizia naturale e l’aeroporto mediante il quale si accede a questo parco

nazionale (istituito nel 1980 e che oggi ha una frequentazione annuale media di 380.000 persone). Dopo questa prima storica perlustrazione

di questo angolo dell’Alaska meridionale per circa un secolo quasi nessuno transitò in quei di Glacier Bay finché nel 1879 il naturalista John

Muir fece una nuova ricognizione nell’area. Incredibile fu la sua sorpresa quando si imbatté al posto dell’immenso ghiacciaio descritto da

Vancouver giusto 85 anni prima si trovò a navigare in una profonda insenatura ramificata lunga già allora 75km circa, documentando de

facto una delle più rapide ed imponenti regressioni glaciali a cui ha potuto assistere l’umanità moderna. Fortunatamente da allora, complice

un’orografia che a sbalzo si innalza per diverse centinaia di metri dal livello del mare, la regressione glaciale non è stata più così rapida e

drammatica ma ciò non ha impedito nel corso del XX secolo l’apertura del ramo oceanico minore detto Muir Inlet che serpeggia fino alla

confluenza della lingua del ghiacciaio omonimo e di rendere ancora più profondi i fiordi principali della Glacier Bay che si risolvono

principalmente nel Grand Pacific Glacier e nei suoi rami laterali: il John Hopskins Glacier (l’unico ad oggi in avanzamento del parco) e il

Carroll Glacier.

Per quanto concerne la visita al parco l’unico modalità con cui approcciare la zona è mediante brevi voli di linea o tratte in idrovolante (30-

45 minuti) che vi porteranno da Juneau direttamente sulla pista di atterraggio di Gustavus, l’unico insediamento stabile del parco in cui

troverete ristoranti e sistemazioni per la notte. Da qui autobus gestiti dall’ente parco vi porteranno poi rapidamente (15km) a Bartlett Cove

dove si trovano sia il centro visitatori del Glacier Bay National Park che gli ormeggi da cui salpano le imbarcazioni dirette alle sue sezioni

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più spettacolari. Giacché raggiungerete Bartlett Cove solo verso il mezzodì della prima giornata dedicata alla vista del parco il nostro

consiglio è quello per questa tappa del viaggio di dedicarvi o a qualche breve escursione che parte dal centro visitatori (seguendo i sentieri

Nagoonberry Loop, Forest Trail o Bartlett River Trail) che vi permetteranno di immergervi negli habitat terrestri liberi dai ghiacci del parco

all’interno dei quali si muovono diverse specie di animali come orsi neri e bruni, lupi, coyote, alci, cervi, volpi rosse, porcospini, marmotte,

linci, ghiottoni ed aquile, oppure di noleggiare un kayak da mare e pagaiare in direzione delle vicine Bearslee Islands, un articolato

arcipelago costiero che ha il vantaggio di essere a debita distanza dalle rotte di passaggio dei traghetti e delle grandi navi da crociera che si

muovono all’interno della Glacier Bay. Qui avrete ottime opportunità di avvistare la ricchissima fauna marina della zona composta da decine

di megattere, foche, focene, orche e lontre marine. Logicamente se aveste tempo a disposizione vi consigliamo di fermarvi presso il parco per

una giornata in più almeno e dedicarvi ad un’uscita della durata di un giorno intero in questo mondo selvaggio e ricco di fauna selvatica in

modo da immergervi appieno nella solenne contemplazione della natura della Glacier Bay. Solo i più fortunati (sia in termini economici che

di tempo a disposizione) potranno invece pensare di organizzare un’uscita di più giorni in kayak nel Muir Inlet pagaiando tra pareti rocciose

vertiginose e iceberg alla deriva. In questo caso esistono agenzie che vi metteranno a disposizione imbarcazioni per trasportare voi e le

vostra attrezzatura sino all’imbocco del fiordo per sgravarvi di chilometri di avvicinamento.

Uno dei bei sentieri che si irradiano dal centro visitatori di Bartlett Cove lungo i quali non è raro imbattersi in esemplari di fauna selvatica

come l’orso nero in fotografia. Quindi due scatti che immortalano gli spettacolari paesaggi glaciali e le amene Beardslee Islands che potrete

raggiungere pagaiando con kayak da mare sempre da Bartlett Cove.

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Un’esperienza invece clou e da non perdere per nessuno che si approcci all’area è quella delle escursioni giornaliere in barche a motore che

salpano da Bartlett Cove in direzione della parte terminale di Glacier Bay. Tipicamente il percorso segue il ramo maggiore della profonda

insenatura oceanica e le navi si portano fin quasi al limitare delle lingue glaciali da cui si staccano spettacolari iceberg del John Hopkins

Glacier e dell’immenso Grand Pacific Glacier. Oltre agli indubbi panorami mozzafiato da immortalare in indimenticabili fotografie sarete

accompagnati durante tutta l’uscita dal volteggiare di numerosi uccelli marini e rapaci sopra le vostre teste (aquile, gufi, colibrì, corvi,

falchi) e dall’avvistamento costante di delfini, balene o leoni marini che saltano fuori dalle gelide acque della baia alla ricerca di cibo o per

respirare. Sia per compiere un’esperienza sufficientemente esaustiva di visita al parco che per tutelarvi da eventuali giorni di grande

maltempo che possono precludere le visite come da programmato vi esortiamo a mettere in conto almeno tre giorni di stanza netti nei confini

del Glacier Bay National Park e di fare rientro con gli aeromobili verso Juneau solo nel tardo pomeriggio del sesto giorno di viaggio.

In prima immagine uno degli spettacolari panorami tipici dell’orografia del Glacier Bay National Park nel quale si possono ammirare

svettanti cime montuose ammantate di ghiacci perenni che si innalzano maestosi dalle gelide acque oceaniche della baia. La stessa Glacier

Bay è poi habitat di richiamo per centinaia di esemplari di grandi mammiferi marini, prime tra tutte le gigantesche balene che si avvistano

con regolarità in estate. Infine una delle navi da escursione in prossimità delle lingue glaciali del parco nazionale.

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7° giorno: SKAGWAY

Skagway, oggi posta all’estremità dei percorsi navali delle numerose navi da crociera (circa 400 presenze annue) e traghetti che si muovono

tra i fiordi della Southeast Alaska, vanta una storia unica e abbastanza turbolenta se si pensa a che latitudine sorga questo insediamento

umano. Se fino agli al 1887 erano davvero poche le anime che popolavano l’attuale Skagway nel volgere di una decina di anni la località

visse un vero e proprio boom demografico arrivando a oltrepassare i 40.000 transitanti in pochi anni. Ciò che spinse qui diversi esploratori,

banditi ed avventurieri fu il miraggio di una rapida corsa all’oro innescata dai numerosi ritrovamenti di pepite e filoni aurei nei vicini

territori dell’entroterra del Klondike e dello Yukon. Essendo Skagway la località più prossima a tali territori affacciata sull’oceano Pacifico

fu quasi naturale che qui si concentrarono le attività logistiche di supporto a quei pionieri di inizi XX secolo. Il richiamo di personaggi senza

scrupoli accecati dai facili guadagni valse peraltro a Skagway la sinistra nomea di essere uno dei luoghi più insicuri d’America, ma anche i

più riottosi tra i cercatori d’oro nei confronti della delinquenza non poterono non raggiungere questo avamposto in terra d’Alaska essendo

posto alla partenza del mitico tracciato Chilkoot Trail che fungeva da sentiero di accesso primario al Klondike canadese. Oggi la località la

si raggiunge nel volgere di 7 ore di traghetto da Juneau (con sosta intermedia presso Haines) e pertanto vi esortiamo a prendere

l’imbarcazione che salpa da Juneau alle 7 o alle 8 del mattino in modo da arrivare per tempo in paese e non ritrovarvi tutti i siti di interesse

già chiusi. Ovviamente i due monumenti di richiamo di Skagway sono due musei legati al periodo storico prima descritto e nello specifico si

tratta del Klondike Gold Rush National Historical Park ospitatao nella stazione della linea ferroviaria storica White Pass) che propone

documentari sull’epoca e foto che ritraggono impavidi esploratori gravati da carichi immani di provviste affrontare il Chilkoot Trail e lo

Skagway Museum che ospita una collezione di oggettistica e reperti inerenti la corsa all’oro ma anche una bella sezione dedicata alla

cultura e alla manifattura indigena preesistente. Oggi come un tempo infine a Skagway (per la precisione lungo State Street e Broadway) si

raggruppano una serie dei più animati e licenziosi pub dell’Alaska meridionale che sapranno davvero allietarvi la serata in città con gioiose

performance musicali e fiumi di alcool serviti senza alcuna remora. A tal proposito se riuscirete infiltratevi dentro lo storico Mascot Saloon

(oggi adibito a museo), l’unico del centinaio di pub risalenti al periodo della corsa all’oro rimasto ancora in piedi.

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Una vista sulle due principali strade dell’abitato storico di Skagway posto laddove i profondi fiordi oceanici si risolvono nello scosceso

anfiteatro delle montagne dell’Alaska meridionale e che furono un tempo porta di accesso ai giacimenti aurei del Klondike e oggi il punto di

inizio delle strade che conducono nello Yukon. In terza immagine poi l’interno ricostruito del Mascot Saloon, risalente a fine ‘800.

8° giorno: WHITEHORSE

Benvenuti in Canada, benvenuti nella remota provincia dello Yukon. Questa istituzione che governa il lembo di territorio più a nord-ovest di

tutto il Canada è un mondo particolare, ma sorprendentemente fruibile grazie alla buona rete stradale, ai servizi ben distribuiti e anche alla

presenza di alcuni insediamenti umani ben popolati. Ovviamente questo non deve essere preso però in maniera fuorviante: sarete sempre in

una terra posta a latitudini estreme, esposta a un clima particolarmente rigido e severo e in cui fiumi roboanti disegnano imponenti rapide

dopo i primi tepori primaverili, mentre si trasformano in piste ghiacciate con il calare delle tenebre invernali. Se però possedete il sufficiente

spirito di avventura una vacanza nello Yukon non potrà che entrarvi dritta nel cuore. Logicamente, come predetto nel paragrafo inerente

Skagway, il lascito storico principale all’area è quello del periodo della corsa all’oro che si scatenò in seguito alla scoperta di importanti

giacimenti facilmente estraibili del prezioso metallo nel Klondike che dal 1890 circa richiamò nella regione una disparata folla di

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avventurosi cercatori di fortune, spesso del tutto impreparati all’ambiente ostile che andavano ad affrontare.

All’interno di questo microcosmo unico nella nazione canadese svetta per distanza, sia demografica che economica, la cittadina di

Whitehorse, che sin dal 1953 svolge il ruolo di capoluogo provinciale. Una volta dopo aver completato il tratto di 175km (2 ore e mezza di

guida) della Highway 2 (o Klondike Highway) che separano Skagway da Whitehorse vi ritroverete all’interno di un nucleo urbano piacevole

disposto lungo l’impetuoso Yukon River, composto sia da artisti in fuga dalle grandi metropoli nordamericane che da autoctoni temprati ai

disagi della regione. In compenso in città si respira un clima molto socievole che invoglia i backpackers e i viandanti comuni a radunarsi nei

pub e nei ristoranti a sera per dividersi pinte di birra in un’atmosfera divertente e coinvolgente, spesso animata da band musicali locali.

Inoltre, fattore da non sottovalutare, Whitehorse è il posto perfetto per fare incetta di provviste e attrezzature sportive e tecniche per

intraprendere i trekking dei giorni a venire.

Sotto un profilo turistico, approcciando Whitehorse da sud, vi imbatterete immediatamente ancor al di fuori del centro urbano in un paio di

siti da non perdere: stiamo parlando dello Yukon Beringia Interpretive Center e della Whitehorse Fishway. Il primo è un museo tematico

dedicata alla storica regione della Beringia, un’area che nel periodo delle glaciazioni era l’unica dell’Alaska e dello Yukon a essere rimasta

libera dai ghiacci. Tra scheletri di animali estinti e reperti archeologici vi potrete davvero fare un’idea delle condizioni estreme di questi

territori in quel periodo di profondo calo termico globale. La Whitehorse Fishway è invece una sorta di autostrada per i salmoni: uno scivolo

in legno di 366m che permette a questi pesci di oltrepassare lo sbarramento artificiale sul fiume Yukon venutosi a creare per la costruzione di

una centrale idroelettrica. E’ davvero ammirevole pensare che questi animali sono ormai, una volta giunti a Whitehorse, quasi alla fine del

loro interminabile viaggio di quasi 3000km lungo lo Yukon River per arrivare a deporre le loro uova alle sorgenti di questo impoennte corso

d’acqua artico. Fattasi quindi l’ora di pranzo penetrate nel centro di Whitehorse dove, dopo un lauto pasto, vi attendono ancora alcune

sorprese. L’elemento architettonico saliente della città è sicuramente l’Old Log Church, una rarissima cattedrale in legno d’epoca (è del

1900) che è ancora oggi l’edificio più alto di tutta la località. Una volta usciti dalla cattedrale percorrete quindi a piedi Main Street e 2nd

Avenue, i principali assi viari locali, per raggiungere il MacBride Museum, un delizioso museo ospitato in una costruzione in tronchi

ricoperta da zolle di terra nel quale si collocano alcuni oggetti risalenti al periodo della corsa all’oro, all’epoca precedente imperniata sul

commercio delle pellicce e diversi esemplari di fauna locale impagliati. Ultima attrattiva da non perdere in quei di Whitehorse è infine il

restaurato piroscafo SS Klondike, varato nel 1953 e rimasto in attività sino al 1955, che fu non solo il più grande della sua categoria ma che

rappresentò anche lungamente l’unico mezzo di trasporto di una certa rilevanza per collegare Whitehorse a Dawson City. Vista la vitalità

della cittadina anche in chiave notturna vi esortiamo a fermarvi quindi in loco anche almeno per una nottata decisamente trasgressiva (per

gli standard dello Yukon!).

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Tre immagini simboliche della frizzante cittadine di Whitehorse, capoluogo dello Yukon sin dal 1935: dapprima una vista in chiave invernale

della storica cattedrale lignea dell’Old Log Church, quindi lo splendido piroscafo SS Klondike che per anni ha costituito il principale mezzo

di comunicazione della regione ed infine un’esposizione di animali impagliati tipici di queste lande presso il MacBride Museum.

Dal 9° al 18° giorno: KLUANE NATIONAL PARK

Con la nona giornata di viaggio nelle terre dell’estremo Nord America giunge quindi l’ora di lasciare il capoluogo dello Yukon, Whitehorse,

per percorrere uno spettacolare tratto della Alaska Highway in direzione dell’incontaminato Kluane National Park. La distanza che separa

Whitehorse da Haines Junction (la località principale dell’area di Kluane) è di circa 160km, per percorrere i quali dovrete mettere in conto

necessariamente almeno due ore di guida, soste fotografiche comprese. L’Alaska Highway è una di quelle opere ingegneristiche

mastodontiche in cui traspare davvero tutta la tenacia e la ferrea volontà umana di plasmare il territorio secondo le proprie esigenze. Già

ipotizzata negli anni ’30 questa strada lunga 2451km che collega via terra direttamente l’intricata rete stradale nordamericana con lo stato

dell’Alaska venne costruita dall’esercito americano (senza aiuti da parte dei canadesi sebbene si svolga per lo più nel suo territorio, a causa

del ridotto interesse della nazione a dotare di infrastrutture l’unico angolo abitato realmente lungo la tratta, ossia lo stato dello Yukon)

durante la seconda guerra mondiale e venne messa in uso nel 1943. Esigenze belliche di collegare basi aeree disseminate lungo le montagne

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locali imposero un percorso molto accidentato e complesso da realizzare ma proprio per questo oggi appare incredibilmente scenografico e

mozzafiato. Una volta dopo aver completato questo breve ma spettacolare trasferimento vi ritroverete alle porte del Kluane National Park,

uno dei parchi nazionali più grandi di tutto il Canada (ma se contate che collegato ai parchi statunitensi Wrangell-St Elias e Glacier Bay e al

canadese Tatshenshini-Alsek forma l’area protetta più vasta di tutto il Nord America) che protegge un’area montuosa di grande rilievo posta

ai confini occidentali dello Yukon. Ben l’82% del Kluane National Park si compone di calotte glaciali, le più vaste continentali del Nord

America, e nascosto verso l’irraggiungibile margine occidentale del parco si colloca l’imperioso Mount Logan che con i suoi 5959m

d’altitudine risulta essere la vetta più elevata di tutto il Canada. Sebbene con ogni probabilità non avrete modo di vederlo direttamente

sappiate che questo gigante annovera alcuni record di livello mondiale come il fatto di essere il massiccio montuoso con il più vasto

perimetro basale del pianeta e di possedere uno dei climi più rigidi di tutto il globo (qui nel 1991 furono registrati -77°, un valore che

equivale al record mondiale di più bassa temperatura mai registrato al di fuori dell’Antartide). Le poche lande di terreno comprese nel parco

e libere dai ghiacci comprendono habitat tipici della tundra e foreste boreali immense nelle quali vivono grandi branchi di lupi, coyote, linci,

visoni, lontre, caribù, alci, lepri delle nevi, marmotte, volpi, pecore di Dall, capre, castori, ghiottoni e scoiattoli mentre nei cieli cerulei

volteggiano diverse aquile e pernici bianche.

Uno spettacolare tratto solitario e solenne dell’Alaska Highway in direzione delle vette del Kluane National Park. Quindi il massiccio

imperioso del Mt Logan che con i suoi 5959m e un clima rigidissimo rappresenta il tetto del Canada ed infine alcuni alci che si abbeverano

nei cristallini corsi d’acqua del parco.

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Sotto un profilo di visita il Kluane National Park rappresenta una vera sfida anche per i più intrepidi, specie se deciderete di affrontarlo con

l’idea di spingervi nelle sue aree più remote. Per muovervi al suo interno avrete la necessità di farvi rilasciare dei permessi e vi consigliamo

caldamente di muovervi con guide, sia per questioni di orientamento sia per far fronte ad eventuali incontri ravvicinati indesiderati con i

giganteschi orsi grizzly (abbiate sempre le vostre provviste custodite dentro speciali contenitori anti orso). Se opterete per un approccio

sportivo soft con l’area sappiate che percorrendo l’Alaska Highway e la Haines Highway che lo cingono ad est avrete comunque modo di

imbattervi in spettacolari laghi subglaciali (Dezadeash, Kathleen e ovviamente l’immenso Kluane) perfetti per scattare qualche fotografia

alla natura selvaggia, per pescare e potrete anche visionare le collezioni e le esposizioni presso i due centri visitatori del parco collocati da

Haines Junction e al margine meridionale del Kluane Lake. Un approccio decisamente più intrigante e che v permetterà di muovervi per

giorni sui possenti corsi d’acqua del parco sono invece le uscite in kayak o rafting fluviale. Oltre alle brevi escursioni sui laghi predetti

adatte davvero a tutti nel parco o alla possibilità di pagaiare sul Bates e Mush Lake raggiungibili con una strada secondaria, ci sono due

grandi percorsi da poter scegliere o il tour di 3 giorni che compie il periplo del monte Archibald percorrendo i fiumi Jarvis e Dezadeash per

fare rientro ad Haines Junction, oppure imbarcarvi in uscite assai più impegnative sotto un profilo tecnico e sportivo come la discesa

completa (11 giorni) o parziale (5-8 giorni) dell’Alsek River dalla sua genesi dal Lowell Glacier fino volendo alle acque oceaniche in cui

sfocia in Alaska nell’angolo settentrionale del Glacier Bay National Park.

In prima immagine uno scorcio del grande Kluane Lake, il principale bacino lacustre della zona così come appare da un tratto dell’Alaska

Highway. Quindi uno scorcio del Kaskawulsh Glacier dalla vetta dell’Observation Mountain posta al termine di uno spettacolare trekking di

più giorni ed infine il panorama classico della taiga boreale lungo lo Sheep Creek Trail.

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Ad ogni modo il più classico degli approcci con la natura selvaggia del Kluane National Park rimane quello dell’escursionismo seguendo i

percorsi sorprendentemente ben segnali che si snodano nelle aree più spettacolari del parco. Dallo Tchal Dhal Visitor Center presso il

Kluane Lake si diramano una serie di percorsi che spaziano da facili passeggiate che vi impegneranno per poche ore (come quelle dirette al

Soldier’s Summit o a Spruce Beetle), a percorsi giornalieri di più ampio respiro come quello che segue il corso dello Sheep Creek o che

raggiungere il panoramico Buillon Plateau, fino alla possibilità di intraprendere trekking della durata di 5-6 giorni risalendo la Slim’s River

Valley (con un panorama di valle post glaciale che vi ricorderà sicuramente l’Himalaya) e raggiungendo in ultimo l’Observation Mountain,

un’altura di 1920m posta giusto laddove l’immensa lingua glaciale del Kaskawulsh Glacier disegna l’orografia di questo angolo del

complesso montano del Kluane National Park. Altri percorsi di grande richiamo si aprono poi più a sud nel parco, nei pressi di Haines

Junction comprendendo la strada che seguita un tratto dell’Alsek River (fino a 2 giorni di cammino), il bell’anello del sentiero Auriol

(giornaliero) che si snoda tra i grandi boschi basali del Kluane e lungo il quale è facile imbattersi in animali selvatici, oppure il leggendario

circuito Cottonwood (della durata di 5 giorni) che vi permetterà di immergervi in habitat del parco meno elevati ma proprio per questo tanto

ricchi di fauna da ammirare in rispettosa contemplazione. Come ovviamente intuirete già da questa sommaria trattazione il Kluane National

Park è una delle gemme più splendenti sia della natura incontaminata canadese che un vero e proprio paradiso delle attività outdoor della

nazione. Consigliarvi quanti giorni stanziare all’interno del parco è impresa ardua e comunque da soppesare in base agli interessi e allo

stato di forma individuale. Tutto considerato comunque ci sentiamo di dirvi che almeno 2-3 giorni sia doveroso dedicarli alle attività di kayak

fluaviale, una giornata a muovervi lungo l’Alaska Highway sul bordo orientale del parco ed almeno 5-6 giorni al trekking nelle varie sezioni

del parco. Calcolando anche un tempo non sempre clemente un soggiorno di circa 10 giorni in zona può essere considerato sia sufficiente che

soddisfacente per chi esplora per la prima volta questo autentico paradiso terrestre. In ogni caso nell’ultima giornata di stanza presso il

Kluane National Park sappiate che vi consigliamo caldamente di fare rientro a sera presso Whitehorse (165km, 2 ore) per diminuire

considerevolmente i trasferimenti da effettuarsi nelle giornate di viaggio successive.

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Alcuni scatti emblematici della natura incontaminata e rigogliosa del Kluane National Park: dapprima un tratto dei numerosi ed impetuosi

fiumi che lo solcano, perfetti per il kayak. Quindi tre esempi di fauna caratteristica della zona: dalla lince canadese a un gruppo di pecore di

Dall, fino al temuto e gigantesco orso grizzly.

19° - 20° giorno: DAWSON CITY

Nessun’altra località dello Yukon evoca tanto il fascino del periodo della corsa all’oro del Klondike di fine ‘800 quanto l’abitato di Dawson

City. Questa realtà posta alla confluenza tra il grande Yukon River e il suo affluente Klondike River a circa 240km a sud del circolo polare

artico visse un vero e proprio boom a cavallo del XIX e XX secolo (1896-1910) diventando persino il secondo centro abitato per dimensioni

(per qualche anno) di tutta la costa occidentale nord americana, dopo San Francisco (arrivò a contare 30.000 abitanti stabili). Del vetusto

charme di Dawson City composto da battelli a vapore fluviali, vie lastricate, alberghi vintage e boutique lussuose che mettevano in vendita

diversi gioielli forgiati con le pietre preziose della zona per fortuna rimangono ancora tangibili testimonianze in città, frutto dell’alacre

lavoro di diverse agenzie per la tutela del patrimonio storico e di un piano regolatore fortemente improntato alla salvaguardia globale del

patrimonio architettonico locale. Non va poi dimenticato che Dawson City pone le sue fondamenta sul tipico suolo artico detto permafrost,

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gelato per diversi metri sottoterra (qui in passato si sono registrati addirittura i -73°), e quindi le costruzioni della zona si erigono tutte su

pali in legno conficcati in profondità nel terreno, cosa che mina la stabilità di diverse realizzazioni, da cui le crepe che potrete vedere

gironzolando per la cittadina. Sempre presso Dawson City si tengono annualmente poi un paio di manifestazioni di grande richiamo

nazionale: il Dawson City Music Festival, in luglio, che richiama cantautori da tutto il Canada, e il Discovery Day, in agosto, che ricorda

l’epoca della corsa all’oro che ebbe inizio nel 1896. Inoltre la località fu ambientazione di alcuni classici dell’animazione mondiale come i

romanzi Il richiamo della foresta o Zanna Bianca o la saga fumettistica di Paperon de’Paperoni.

Sotto un profilo turistico già il viaggio per raggiungere Dawson City da Whitehorse lungo la statale 2 dello Yukon (o Klondike Highway) è

un’impresa di per sé. Per colmare i 535km che separano le due località dovrete mettere in conto non meno di 7 ore effettive di guida e quindi

finirete per raggiungere Dawson City solo verso la metà pomeriggio del diciannovesimo giorno di viaggio. La cosa forse migliore da farsi

per impiegare le poche ore a disposizione della giornata è quella di percorrere lo storico lungofiume di Dawson City sia per ammirare l

roboante corso dello Yukon River che per scorgere i resti dello storico piroscafo SS Keno che per 50 anni prestò servizio sul fiume. Inoltre

sempre qui trova ubicazione il Tr’Ondek Hwech’In Cultural Center che con fotografie e manufatti storici vi permetterà di conoscere cultura e

tradizioni dei popoli del fiume nativi dello Yukon settentrionale di una volta. Giunta quindi un’ora sufficientemente tarda sappiate che la

Dawson City moderna come quella storica possiede una concentrazione di pub e club musicali del tutto unica nel panorama del Canada

settentrionale: qui i saloon con anche diverse ragazze disinibite che si esibiscono in balli sfrenati sono pressoché la norma e quindi finirete

per farvi coinvolgere ed amare in breve quest’anomala realtà dello Yukon.

In seconda giornata in città avrete quindi modo di completarne la visita dei siti di interesse principali. Vi consigliamo di iniziare questo tour

dal Dawson City Museum, ospitato in una storica abitazione progettata da Thomas Fuller, che espone la più grande collezione a livello

mondiale di oggettistica sulla corsa all’oro del Klondike con sezioni assai interessanti inerenti lo stile di vita rude e disagevole vissuto dai

minatori e dai pionieri cercatori d’oro di inizio ‘900. Spostandovi quindi di qualche isolato a ovest del museo potrete dare un sguardo alle

linee signorili della Commissioner’s Residence, un edificio in legno colorato del 1901 che fu ideato per ospitare il governatore dello Yukon

una volta di stanza in città, mentre andando qualche via a est del museo vi imbatterete nel Jack London Interpretive Centre. Questa altro non

è che la casa che fu del notissimo scrittore nel 1898 e nella quale gli vennero le ispirazioni per i suoi componimenti più celebri: Zanna

Bianca e Il richiamo della Foresta, due libri entrati nei classici della letteratura americana. Nel pomeriggio potrete infine spendere le

rimanenti ore della giornata passeggiando lungo Fifth Avenue, l’asse viario principale e più frequentato di Dawson City, e perlustrare

all’interno del Diamond Tooth Gertie’s Gambling Hall, una magnifica ricostruzione di un saloon storico dove potrete dilettarvi tra sale da

gioco, pianisti che intonano musiche sulle quali danzano graziose ballerine e bar che servono cocktail e spiriti come una volta. Non

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dimenticate poi che se vorrete potrete intrattenervi al suo interno anche per la serata e che tutti i proventi della casa da gioco sono destinati

alla ricostruzione dei vari edifici storici di Dawson City.

Dawson City fu e rimane la località principale dello Yukon settentrionale sia per quanto concerne la vita urbana che l’economia del

territorio. Qui tra scorci che rievocano l’epoca della corsa all’oro di fine ‘800 si trovano alcuni siti di interesse davvero iconici come lo

splendido piroscafo SS Keno che per anni solcò le acque dello Yukon River, il signorile palazzo novecentesco che ospita il Dawson City

Museum o il ristrutturato saloon storico del Diamond Tooth Gertie’s Gambling Hall, vera e propria gemma sospesa nel tempo.

Dal 19° al 37° giorno: NAHANNI NATIONAL PARK

NOTA A MARGINE: La possibilità di raggiungere ed esplorare il Nahanni National Park va intesa come alternativa e non complementare al

raggiungimento del villaggio storico di Dawson City prima descritto. Questo sia per questioni temporali del viaggio complessivo sia perché i

due luoghi si collocano geograficamente agli antipodi rispetto alla rete stradale che servono le province dello Yukon e dei Territori del Nord-

Ovest.

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Incredibilmente remoto e vero e proprio inno alla natura selvaggia il Nahanni National Park è la quintessenza del Canada subartico

incontaminato. Questo parco nazionale istituito nel 1972 dal presidente Trudeau tutela l’ambiente montano del tutto ancestrale delle

Mackenzie Mountains e prende il nome dallo spumeggiante South Nahanni River che lo fende in due per 500km tra canyon e roboanti cascate

tra cui spiccano per grandiosità le Virginia Falls, un balzo di 90m d’altezza di scroscianti rapide inframmezzate da una particolare roccia

centrale detta Mason’s Rock. Nonostante i 4766km2 tutelati dal Nahanni National Park siano sicuramente paradisiaci, come ha confermato

già nel 1978 l’UNESCO inserendoli tra i patrimoni dell’umanità, queste lande sono frequentate da una media di poche centinaia di visitatori

annui, complici soprattutto le difficoltà e i costi assai elevati per raggiungere questa gemma naturalistica di portata mondiale. Se da un lato

questo può apparire davvero un peccato d’altro canto è anche una delle fortune più grandi del parco nazionale che ha ridotto l’impatto

antropico quasi a zero nel corso degli anni e ha permesso il proliferare della fauna selvatica che annovera esemplari di orsi grizzly, falchi,

gufi, aquile, bisonti, caribù, porcospini, ghiottoni, orsi neri, lupi, alci, scoiattoli, castori, visoni, linci, lepri e volpi, che si muovono tra habitat

che spaziano da sorgenti sulfuree alla tundra e da catene montuose a immensi foreste di pecci e pioppi. Da non scordare è anche la

rappresentatissima fauna ittica fluviale con migliaia di esemplari di salmoni, trote, temoli e molte altre specie che scivolano tra i bacini

lacustri e i fiumi del parco. Come non bastasse tutta questa fauna reale il Nahanni National Park con la sua fama di località impenetrabile ha

alimentato anche la nascita di una serie di leggende comprendenti mitologici mostri millenari che si nascondono tra i boschi della zona e una

nomea sinistra legata alle popolazioni autoctone che si stima abbiano compiuto atti di cannibalismo e aperta ostilità nei confronti dei primi

cercatori d’oro giunti in zona agli inizi del XX secolo.

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Alcuni esemplari della strabiliante e numericamente ingente fauna selvatica che popola il Nahanni National Park e in cui potrete facilmente

imbattervi visitandolo: dapprima i possenti orsi grizzly intenti a pescare lungo le rapide fluviali, quindi una pecora di Dall dal manto candido

che si guarda circospetto ed infine alcune capre che si muovo leggiadre tra le scoscese montagne locali.

L’unica modalità per accedere agli spettacolari scenari del Nahanni National Park è quella di prendere parte a tour organizzati che hanno i

permessi e i mezzi per muoversi in agilità e in maniera consona nella natura selvaggia. Il mezzo di locomozione perfetto per raggiungere il

parco sono gli idrovolanti che partono da Fort Simpson (soggetti a prenotazione preliminare e al formarsi di gruppi adeguati) e raggiungono

il cuore del Nahanni. Tuttavia Fort Simpson e il parco non sorgono nella provincia dello Yukon, bensì in quella dei Territori del Nord-Ovest e

la distanza che separa Whitehorse da Fort Simpson è tale (ben 1400km, sola andata!) che dovrete mettere in conto due giorni di trasferimento

sola andata per muovervi dal capoluogo dello Yukon a qui, tre nel caso partiste da Dawson City. Una volta raggiunta l’agognata Fort

Simpson avrete a disposizione essenzialmente due diverse tipologie di esperienze da fare nel Nahanni. La prima e assai più riduttiva (quasi

ridicola visto la fatica fatta per arrivare sin qui) è quella di prendere parte a escursioni giornaliere prettamente composte da ore di volo

panoramico sull’area con brevi soste nelle sezioni più spettacolari del parco come le Virginia Falls e Glacier Lake. La seconda esperienza è

invece una totalizzante uscita di straordinario rafting o kayak lungo i 370km di acque increspate e roboanti del South Nahanni River della

durata di non meno di 15 giorni. Non ve ne faremo mistero, l’esperienza è costosa, ma vale davvero l’incredibile avventura di cui godrete. In

primis verrete trasportati via aria fino a Glacier Lake, dove si trova la pista di atterraggio percorribile più a monte del South Nahanni River.

La prima giornata la potrete passare un po' con la vostra guida a perfezionare la vostra conoscenza del mezzo (gommone o canoa) con cui

dividerete la vostra esperienza nei giorni a venire ma anche e soprattutto per fare uno splendido trekking in direzione del Cirque of the

Unclimbables, una sorta di anfiteatro naturale in cui svettano picchi rocciosi vertiginosi davvero inaccessibili. Con la seconda giornata

potrete quindi iniziare a muovervi sul fiume colmando i circa 25km che vi separano dal Rabbitkettle Lake. Quest’area presenta ottimi posti

per il campeggio nella natura selvaggia e merita anche un giorno supplementare in loco per percorrere il sentiero del Tufa Mound Trail

(3,5km sola andata) che vi porterà a delle sorgenti termali naturali davvero indimenticabili, attorniati da una folta rappresentanza di fauna

naturale. Nei 3-4 giorni successivi continuerete quindi a fluire sul fiume sino ad imbattervi nelle eccezionali cascate delle Virginia Falls.

Nulla vi preparerà a questa incredibile visione che potrete ammirare sia a monte che a valle del salto d’acqua, raggiungendo meravigliosi

belvedere e portando a spalla il vostro mezzo oltre le cascate mediante un sentiero di circa 1,5km.

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Tre spettacolari immagini che sanciscono l’incredibile bellezza della natura che contraddistingue il Nahanni National Park: in prima

fotografia una sezione delle aguzze vette rocciose che compongono il Cirque of the Unclimbables, quindi le possenti Virginia Falls, autentico

simbolo del parco e inno alla potenza della natura, ed infine le sorgenti termali di Rabbitkettle.

Con il settimo o ottavo giorno di navigazione raggiungerete quindi la confluenza con il Flat River, principale affluente del South Nahanni

River all’interno dei confini del parco, mentre nella settimana successiva di kayak oltrepasserete i tre celebri canyon che il fiume disegna

oltrepassando le Mackenzie Mountains toccando man mano altre sorgenti termali accessibili dal corso fluviale e grotte naturali accessibili.

L’eccezionale percorso fluviale si risolve quindi con l’uscita dai confini orientali del Nahanni National Park fino a raggiungere poco dopo

l’insediamento di Nahanni Butte da cui verrete ricondotti con gli idrovolanti fino all’ormai prossima Fort Simpson. Come intuibile per

mutevolezza del clima, possibilità di incontri ravvicinati con fauna selvatica pericolosa e poiché vi muoverete tra rapide che raggiungono

anche necessariamente il IV grado l’ausilio di una guida con la dovuta esperienza e capacità di intervento sarà determinante per la riuscita

in sicurezza dell’esperienza. Una volta ricondotti a Fort Simpson potrete quindi intraprendere il lunghissimo trasferimento a ritroso in

direzione di Whitehorse (1400km, 2 giorni di guida) oppure proseguire verso Yellowknife (630km, 9 ore di guida) e da cui usufruire del suo

aeroporto per fare rientro in Italia. In questo caso il viaggio di ritorno verso l’Italia, contrariamente a quanto esposto in seguito, si articolerà

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sempre su un doppio scalo aeroportuale intermedio (Calgary e Francoforte o Edmonton e Montreal o Toronto in genere) per la durata

complessiva dei voli di 20-30 ore che vi impegneranno per non meno di due giorni di calendario effettivi. La principale problematica legata a

questa opzione di rientro è costituita però dalla possibilità di riconsegnare il mezzo noleggiato a Juneau o Skagway in Alaska nella capitale

dei Territori del Nord-Ovest a migliaia di chilometri di distanza e in uno stato straniero, eventualità spesso preclusa dalle compagnie di

noleggio. Un’alternativa per rendere plausibile questa possibilità è quella di fare il trasferimento da Skagway a Whitehorse con gli splendidi

treni storici e di noleggiare nel capoluogo dello Yukon il vostro mezzo per muovervi liberamente nel Canada settentrionale.

Percorrendo per giorni il corso del South Nahanni River avrete modo di attuare un nuovo approccio e maturare una forma di rispetto del

tutto diversa nei confronti della natura selvaggia. Viso a viso contro le difficoltà che man mano vi paleserà dinnanzi scoprirete non solo la

sua bellezza eterea fatta di foreste, canyon e rapide ma di come in realtà questo mondo ancestrale sia puro ed onesto, da rispettare e con cui

entrare in simbiosi interiore.

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21° - 22° giorno: trasferimento fino in Italia

Fare rientro dalle sperdute lande settentrionali dello Yukon fino in Italia rappresenterà la vostra ultima, ma non meno ardua, avventura di

questo viaggio. In prima istanza dovrete infatti mettere in conto un trasferimento da Dawson City a Whitehorse che potrà essere effettuato o

in aereo per una durata di circa un’ora oppure via terra seguendo la statale 2 dello Yukon che collega direttamente le due località (535km, 7

ore e mezza di guida effettiva). Lo scopo di questo preliminare spostamento è quello di raggiungere l’unico vero aeroporto internazionale

della provincia canadese nord-occidentale. Una volta rientrati a Whitehorse avrete quindi modo di imbarcarvi su un volo di linea classico

con cui muovervi in maniera decisamente più rapida verso casa. Le uniche tratte davvero interessanti per non dilungare troppo il ritorno

verso l’Italia sono costituite da un primo volo comune che vi porterà da Whitehorse presso Vancouver, la principale metropoli della British

Columbia, e quindi da qui attraverso un nuovo scalo presso Toronto, Londra o Francoforte fino a toccare nuovamente il suolo del Bel Paese.

Curiosamente nonostante il triplice scalo intermedio di velivoli la lunghezza della percorrenza non va oltre le 25-30 ore complessive di

viaggio ma giacché vi muoverete in direzione est decisa, e quindi secondo un fuso orario in netto avanzamento, dovrete necessariamente

mettere in conto almeno due giorni di calendario (se non tre) per completare il rientro da Dawson City e lo Yukon fino agli aeroporti di

Milano o Roma.