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Canto Libero Lo scorso 04.02.14 il Parlamento europeo, a larga maggioranza, ha approvato il rapporto Lunacek, con il quale vengono riconosciuti, tra i diritti universali dell’uomo, quello al matrimonio tra persone dello stesso sesso, e, conseguentemente, all’adozione ed alla gestazione assistita. La relazione, presentata dalla stessa deputata verde austriaca che, lo scorso anno, aveva cercato di ottenere il riconoscimento del diritto alla pedofilia, ha destato più di una perplessità sul piano politico. Se, in base al Trattato dell’Unione, la disciplina del diritto di famiglia è rimessa alla sovranità dei singoli Stati, che senso ha una pronuncia come questa, che dovrebbe essere priva di effetto vincolante? In realtà il gioco è molto più sottile, e l’iniziativa, che rappresenta un’indubbia pressione sui Paesi membri, aziona meccanismi in grado di aggirare leggi nazionali varate democraticamente. Essa, ad esempio, impegna l’Unione Europea a formulare proposte finalizzate a garantire il riconoscimento, in tutti gli Stati comunitari, degli effetti giuridici prodotti dagli atti di stato civile posti in essere in uno solo di questi. Il che equivale a dire, ad esempio, che il matrimonio gay celebrato in uno Stato della comunità che lo consente, verrebbe automaticamente riconosciuto anche in un Paese, come l’Italia, la cui legislazione non lo prevede. Il cavallo di troia per violare la volontà popolare è sempre lo stesso: la lotta contro le discriminazioni sessuali Gli Stati membri, continua il rapporto, dovrebbero infatti «astenersi dall’adottare leggi che limitino la libertà di espressione in relazione all’orientamento sessuale e all’identità di genere e riesaminare quelle già in vigore». Ed ancora, la relazione consiglia ai Paesi dell’Unione, oltre all’organizzazione di corsi a scuola sulla «identità di genere», anche la collaborazione «per quanto riguarda la formazione e l’istruzione delle forze di polizia, della magistratura inquirente, dei giudici e degli operatori dei servizi di assistenza alle vittime». In sostanza, si auspica la creazione, su base europea, di organi repressivi capaci di operare, con competenza, contro chiunque sostenga correnti di pensiero contrarie all’ideologia gender. Poiché sono molti i Paesi che ancora si oppongono ad essa, e quelli, come la Francia, che hanno modificato le proprie leggi per accoglierla stanno conoscendo imponenti E’ venuto il corvo di mare A predirmi la sorte “Tempo tu non avrai di fuggire, ti raggiungono già, Strapperanno i tuoi occhi, bruceranno il tuo cuore, Tempo tu non avrai di fuggire, Ti raggiungono giò”. Ma io non ho paura di dovere morire. Io non ho paura, troppo a lungo ho cantato, ma il tuo cuore falso insieme al mio brucerà. E’ venuto dal mare il granchio alla sua bocca spetterà, di potere, con l’ultimo respiro, rubarmi l’anima. Ma il mio Signore lo sa una sola volta non basterà che l’avvoltoio divori Il mio corpo per far tacere per sempre il mio cuore Opinioni, approfondimenti, idee da condividere tra amici L’Europa delle lobbies e quella dei popoli Addio, chiesa, dove l’animo tornò tante volte sereno, can- tando le lodi del Signore; dov’e- ra promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuo- re doveva essere solennemen- te benedetto, e dove l’amore comandato e chiamarsi santo; addio. Chi dava a voi tanta gio- condità è per tutto, e non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande. A. Manzoni Grani Grani Grani Grani di di di di sale sale sale sale

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Canto Libero

Lo scorso 04.02.14 il Parlamento europeo, a larga maggioranza, ha approvato il rapporto Lunacek, con il quale vengono riconosciuti, tra i diritti universali dell’uomo, quello al matrimonio tra persone dello stesso sesso, e, conseguentemente, all’adozione ed alla gestazione assistita. La relazione, presentata dalla stessa deputata verde austriaca che, lo scorso anno, aveva cercato di ottenere il riconoscimento del diritto alla pedofilia, ha destato più di una perplessità sul piano politico. Se, in base al Trattato dell’Unione, la disciplina del diritto di famiglia è rimessa alla sovranità dei singoli Stati, che senso ha una pronuncia come questa, che dovrebbe essere priva di effetto vincolante? In realtà il gioco è molto più sottile, e l’iniziativa, che rappresenta un’indubbia pressione sui Paesi membri, aziona meccanismi in grado di aggirare leggi nazionali varate democraticamente. Essa, ad esempio, impegna l’Unione Europea a formulare proposte finalizzate a garantire il riconoscimento, in tutti gli Stati comunitari, degli effetti giuridici prodotti dagli atti di stato civile posti in essere in uno solo di questi. Il che equivale a dire, ad esempio, che il matrimonio gay celebrato in uno Stato della

comunità che lo consente, verrebbe automaticamente riconosciuto anche in un Paese, come l’Italia, la cui legislazione non lo prevede. Il cavallo di troia per violare la volontà popolare è sempre lo stesso: la lotta contro le discriminazioni sessuali Gli Stati membri, continua il rapporto, dovrebbero infatti «astenersi dall’adottare leggi che limitino la libertà di espressione in relazione all’orientamento sessuale e all’identità di genere e riesaminare quelle già in vigore». Ed ancora, la relazione consiglia ai Paesi dell’Unione, oltre all’organizzazione di corsi a scuola sulla «identità di genere», anche la

collaborazione «per quanto riguarda la formazione e l’istruzione delle forze di polizia, della magistratura inquirente, dei giudici e degli operatori dei servizi di

assistenza alle vittime». In sostanza, si auspica la creazione, su base europea, di organi repressivi capaci di operare, con competenza, contro chiunque sostenga correnti di pensiero contrarie all’ideologia gender. Poiché sono molti i Paesi che ancora si oppongono ad essa, e quelli, come la Francia, che hanno modificato le proprie leggi per accoglierla stanno conoscendo imponenti

E’ venuto il corvo di mare A predirmi la sorte “Tempo tu non avrai di fuggire, ti raggiungono già, Strapperanno i tuoi occhi, bruceranno il tuo cuore, Tempo tu non avrai di fuggire, Ti raggiungono giò”. Ma io non ho paura di dovere morire. Io non ho paura, troppo a lungo ho cantato, ma il tuo cuore falso insieme al mio brucerà. E’ venuto dal mare il granchio alla sua bocca spetterà, di potere, con l’ultimo respiro, rubarmi l’anima. Ma il mio Signore lo sa una sola volta non basterà che l’avvoltoio divori Il mio corpo per far tacere per sempre il mio cuore

Opinioni, approfondimenti, idee da condividere tra amici

L’Europa delle lobbies e quella dei popoli

Addio, chiesa, dove l’animo tornò tante volte sereno, can-tando le lodi del Signore; dov’e-ra promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuo-re doveva essere solennemen-te benedetto, e dove l’amore comandato e chiamarsi santo; addio. Chi dava a voi tanta gio-condità è per tutto, e non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande. A. Manzoni

GraniGraniGraniGrani didididi salesalesalesale

Page 2: canto libero 6Canto Libero Lo scorso 04.02.14 il Parlamento europeo, a larga maggioranza, ha approvato il rapporto Lunacek, con il quale vengono riconosciuti, tra i diritti ... Il

Manifestazioni di protesta, sia-mo sicuri che la riforma del dirit-to di famiglia fondata su nuove basi antropologiche sia vera-mente voluta dalla maggioranza dei cittadini, o piuttosto da pic-coli gruppi, incisivi perché orga-nizzati ad alti livelli ed economi-camente influenti? E’ ciò che hanno iniziato a chiedersi parec-chi eurodeputati, forti delle rive-lazioni dell’avvocato Von Krem-pach, legale impegnato sul fron-te dei diritti umani. Utilizzando i dati pubblici disponibili, è infatti emerso che la potentissima lobby omosessuale Ilga (International Lesbian, Gay, Bi-sexsual, Trans and Intersex As-sociation) riceve più di due terzi dei propri finanziamenti diretta-mente dalla Commissione Euro-pea. Il residuo proverrebbe pre-valentemente dal governo olan-dese e dal miliardario George Soros Quindi l’Europa, ed i suoi ignari contribuenti, sovvenzione-rebbero un’organizzazione chia-mata ad esercitare pressioni su se stessa, per giustificarne ripe-tuti interventi legislativi che, di fatto, ne accolgono le tesi. In-somma, un cane che si morde la coda,

Ma non solo. L’Ilga, che per anni si è vista respingere dall’Onu il riconoscimento di organizzazio-ne non governativa soprattutto per i suoi legami con ambienti pedofili, è riuscita ad averne l’accreditamento grazie alle pressioni europee. E proprio dall’Onu, e dall’U.E. arrivano ora i maggiori attacchi alla Chiesa cattolica, rea di osteggiare la cultura gender. Come si può facilmente immagi-nare, ce n’è a sufficienza per scatenare interrogazioni parla-mentari di vario tipo. Si chiede, infatti, il deputato polacco Kon-rad Szymansky (Conservatori e riformisti europei): su quali basi giuridiche la Commissione con-cede sovvenzioni ad associazio-ni le cui principali attività mirano a cambiare le leggi interne ai singoli Stati? Ed incalza l’inglese Godfrey Bloom (UK Indipenden-ce Party): può definirsi “non go-vernativa” un’organizzazione che trae oltre il 70% dei propri finanziamenti da governi? La risposta, che richiama quanto indicato in precedenza, è sem-plice nella sua evasiva inconsi-stenza: l’Europa avrebbe la competenza per finanziare la

lobby omosessuale perché so-sterrebbe iniziative finalizzate a combattere la discriminazione fondata sulle tendenze sessuali. Il che equivale ad ammettere che l’Ilga sia una sorta di agen-zia non ufficiale dell’Unione Eu-ropea, una struttura parallela nelle mani di pochi soggetti che operano sotto mentite spoglie per condizionare scelte fonda-mentali a livello internazionale. Con buona pace della volontà dei popoli europei, chiamati sempre più a recitare la parte di spettatori di una commedia nella quale i veri attori sono ormai altri. Di fronte a questo scenario, in cui la tolleranza viene degra-data a semplice pretesto per marginalizzare la democrazia, non possiamo che avvertire tutta la nostra impotenza Ma una co-sa ci sentiamo proprio di farla: rendere pubblici i voti che gli eurodeputati italiani hanno dato sul rapporto Lunacek. Ne scopri-rete anche voi delle belle, so-prattutto in riferimento a quei politici che, in campagna eletto-rale, carpiscono voti ostentano la loro cattolicità, salvo poi smentirla nei fatti, per superficia-lità o per ordini di scuderia.

Favorevoli BONANNI Franco (indipend.) COFFERATI Sergio (Pd) COSTA Silvia (Pd) DE CASTRO Paolo (Pd) DE ANGELIS Francesco (Pd) DOMENICI Leonardo (Pd) DORFMANN Herbert (SVP) GUALTIERI Roberto (Pd) MATERA Barbara (FI) MILANA Guido (Pd) PANZERI Pierantonio (Pd) PATRICIELLO Aldo (FI) PIRILLO Mario (Pd) PITTELLA Gianni (Pd) PRODI Vittorio (Pd) RINALDI Niccolò (IdV) RONZULLI Licia (FI) TOIA Patrizia (Pd) VATTIMO Gianni (IdV) ZANICCHI Iva (FI) ZANONI Andrea (Liberali Eur,)

Contrari ALLAM Magdi (Amo l’Italia) ANGELILLI Roberta (Frat.d’It.) BALDASSARRE Raffaele (FI) BARTOLOZZI Paolo (FI) BERLATO Sergio (FI) BERTOT Fabrizio (FI) BIZZOTTO Mara (Lega Nord) BORGHEZIO Mario (Lega Nord) CASINI Carlo (Udc) FIDANZA Carlo (Frat. d’Italia) FONTANA Lorenzo (Lega Nord) GARDINI Elisabetta (FI) GARGANI Giuseppe (Udc) LAVIA Giovanni (Nuovo CD) MASTELLA Clemente (UdE) MAZZONI Erminia (Nuovo CD) MORGANTI Claudio (indipend.) PALLONE Alfredo (Nuovo CD) PROVERA Fiorello (Lega Nord) ROSSI Oreste (Indipend.) SALVINI Matteo (Lega Nord) SCOTTA Giancarlo (Lega Nord) SCURRA’ Marco (Frat. D’It.)

SPERONI Francesco (Lega N.) TREMATERRA Gino (Udc)

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L’ultimo dono lasciatoci in eredi-

tà da Cecile Kienge, al termine

della sua disastrosa gestione

Ministeriale, sono le “linee guida

per un informazione rispettosa

delle persone LGBT”, redatto

dall’Ufficio Nazionale Antidiscri-

minazioni Razziali. Un decalogo

di regole per una corretta comu-

nicazione delle notizie, che, oltre

a mortificare la libertà di espres-

sione, sembra assumere i carat-

teri di un tentativo di indottrina-

mento di chi è preposto all’infor-

mazione, e conseguentemente,

di chi ne è destinatario. Scopo

dichiarato della direttiva è quello

di combattere qualsiasi forma di

discriminazione fondata sull’o-

rientamento sessuale delle per-

sone. Scopo reale, invece, pare

quello di introdurre, nella co-

scienza pubblica, principi antro-

pologici che rispondono solo ad

ipotesi teoriche prive di riscontro

scientifico, ma contrabbandate

come verità assolute. Il docu-

mento, infatti, da per scontata la

distinzione tra sesso ed identità

di genere, quale esito di com-

plessi processi evolutivi derivan-

ti dall’interazione di aspetti fisio-

logici, psicologici, socioculturali

ed educativi, che possono deter-

minare molteplici ed inaspettate

combinazioni. Quali siano i pre-

supposti culturali di tali postulati

non è dato saperlo, anche per-

ché se il predetto Ufficio avesse

avuto l’onestà di indicare le pro-

prie fonti, sarebbe stato costret-

to a rivelare una letteratura qua-

si esclusivamente riconducibile

a militanti di organizzazioni

LGBT, per nulla disinteressati,

e, pertanto, poco obiettivi. Nello

specifico si passa dal divieto di

sostenere che i bambini hanno

“bisogno di una figura maschile

ed una femminile quale condi-

zione fondamentale

per la completezza

dell’equilibrio psicologico”, all’-

opportunità di evidenziare il co-

raggio di chi rivela pubblicamen-

te la propria omosessualità; dal-

la necessità di ricordare che il

diritto al matrimonio tra persone

dello stesso sesso è sancito a

livello europeo, alla necessità di

evidenziare come il matrimonio,

a differenza dell’omosessualità,

non esista in natura, e sia quindi

una costruzione sociale mutevo-

le nel tempo. Ovviamente, quan-

do sono in discussione temi di

questo tipo, non vi è l’obbligo di

instaurare alcun contraddittorio

tra le diverse posizioni, essendo

sufficiente che il conduttore e-

sprima solo la tesi corretta. La-

sciamo a voi il compito di intuire

quale possa essere, considerato

che viene sconsigliato il ricorso

ad esperti che non siano indicati

dalle associazioni LGBT. Se poi

il giornalista, per dovere di cro-

naca, fosse costretto a riportare

dichiarazioni contrarie alle linee

guida, dovrà spiegare che sono

sbagliate, e contrapporre subito

dichiarazioni opposte. Ci sareb-

be da ridere se non fosse per il

fatto che non si tratta di semplici

consigli, ma di norme deontolo-

giche, la cui violazione compor-

terà il deferimento agli organi

disciplinari. Almeno fino a quan-

do la legge contro l’omofobia

non consentirà direttamente il

carcere per i trasgressori. Siamo

tutti avvisati: quando trasmissio-

ni di cronaca o programmi in

genere cercheranno di veicolare

messaggi di questo tipo, si sap-

pia che non c’è nulla di casuale.

Si tratta solo della recita di un

copione, come nei migliori regi-

mi totalitari. Con buona pace

della libertà, che, per sua stessa

natura, non prescinde mai dal

rispetto di tutti.

L. Scaraffia E. Roccella Contro il Cristianesimo L’Onu e l’UE come nuova ide-ologia

Ed. Piemme La censura, nella Costituzione Europea, delle radici cristiane non è solo una mera disquisizio-ne filosofica; c’è ben altro. E’ infatti in corso un massiccio at-tacco contro le Chiese cristiane orchestrato dall’Onu e dall’UE per il tramite delle proprie agen-zie. La riduzione della famiglia da istituzione di diritto naturale a semplice refuso culturale, il si-lenzio sulle discriminazioni nei confronti dei fedeli cristiani, l’im-posizione forzata della secola-rizzazione contro le tradizioni religiose dei singoli popoli, le campagne abortive e di steriliz-zazione di massa, avviate in diverse parti del terzo mondo, contrabbandate per “interventi umanitari”, sono solo alcune delle strategie adottate per im-porre “la religione dei diritti”. Un forma di neopaganesimo che, in nome della libertà, falsifica la realtà finendo per soffocare la dignità umana nel nichilismo. Un saggio assolutamente da legge-re se si vuole capire dove vor-rebbero condurci gli inquilini del Palazzo di Vetro e del Palazzo di Braydel

L’edicola della cultura

Prove tecniche di dittatura

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Anche quest’anno, come i 69 precedenti, si avvicinano le cele-brazioni del 25 aprile, con il loro prevedibile, quanto insopporta-bile, carico di polemiche e di tensioni. Sempre più prive di legami con la storia, spesso de-formata e piegata alle esigenze dell’ideologia, spogliate del loro carattere festivo ed unitario, per diventare patrimonio di minoran-ze rancorose, sottratte ai veri protagonisti, per divenire ostag-gio di professionisti dell’odio che lodano ideali di libertà e di democrazia sventolando ban-diere di totalitarismi, hanno ormai perso il loro significato. Un 25 aprile ridotto a questo non ci interessa. Non si tratta di riscrivere la storia; torti e ragioni ci sono ampiamente noti. Ma vogliamo uscire, una volta per tutte, da

quella retorica soffocante che per troppi anni ha trasformato questa ricorrenza, da momento di seria riflessione su una trage-dia nazionale che non deve più ripetersi, in monopolistica auto-celebrazione di chi, ad onor del vero, non ha sempre dimostrato di avere, nel proprio Dna, i geni della democrazia e della libertà. E vogliamo farlo lasciando la

storia ufficiale ai palazzi ed alle

piazze del potere per

immergerci in storie

reali. Vogliamo farlo iniziando a

guardare quei fatti con gli occhi

di ragazzi che, chiamati a vivere

eventi più grandi di loro, hanno

fatto scelte diverse, ma non si

sono lasciati travolgere dalla

follia, conservando quella carica

di umanità che rappresenta, an-

cor oggi, un attualissimo mes-

saggio di speranza per tutti. Per

non influenzare il lettore non

riveleremo la loro identità. Leg-

gendo le loro parole potremmo

tranquillamente confonderne i

ruoli, perché non ci interessa

attribuire etichette, ma scoprire

che, oltre ogni divisa, può esser-

ci un cuore, puro e nobile, che

nessuna pazzia umana ha potu-

to corrompere.

25 aprile. E se iniziassimo a guardarlo con questi occhi?

Era una fredda mattina di di-

cembre, a pochi giorni da un

Natale che lui non avrebbe potu-

to celebrare. Giancarlo si trova-

va, con altri, sul camion che lo

stava trasportando al luogo dell’-

esecuzione. Abituato a vivere

una realtà fatta di persone, più

che di dottrine, gli fu spontaneo

guardare negli occhi degli uomi-

ni che, da lì a poco, lo avrebbe-

ro privato della vita. “Come ti

chiami? Da dove arrivi?”, iniziò a

chiedere loro. Una domanda

insolita, per le circostanze, che

si comprese solo quando preci-

sò loro, dopo averli abbracciati e

baciati, che li avrebbe ricordati

nelle sue preghiere. Poi rincuorò

quei giovani come lui, che esita-

vano .a premere il grilletto, e

consegnò una lettera per i suoi

cari. “Muoio per la mia Patria.

Ho sempre fatto il mio dovere di

cittadino e di soldato. Spero che

il mio esempio serva ai miei fra-

telli. Dio mi ha voluto con sé.

L’amavo troppo la mia Patria, vi

prego non la tradite. E voi tutti,

giovani italiani, seguite la mia

via ed avrete il compenso della

vostra lotta nel ricostruire una

nuova unità nazionale. Perdono

coloro che mi giustiziano, per-

ché non sanno quello che fanno,

non sanno che uccidersi tra fra-

telli non produrrà mai la concor-

dia.” Ma quel freddo dicembre,

in un altro remoto angolo d’Ita-

lia, una altra giovane e genero-

sa vita si stava spegnendo.

Mentre l’odio e la barbarie dila-

gavano per la penisola, ed a-

vrebbero avvelenato il clima per

molti anni ancora, emergono,

sottovoce, parole affidate ad

una lettera. “Affronto serena-

mente questo sacrificio. Deside-

ro che siate fieri di me, come io

sono fiero dei miei sentimenti.

La convinzione di non aver fatto

mai male ad alcuno mi consente

di compiere serenamente il

grande viaggio. Dio mi appare

ora, forse per la prima volta,

nella sua infinità bontà e giusti-

zia. Mando il mio estremo per-

dono a coloro che hanno provo-

cato lo sfacelo morale dell’Italia,

ed anche a coloro che mi sotto-

pongono, ora, a questo triste

cimento: poiché sono in pace

con Dio voglio uniformarmi alle

sue leggi di bontà e di verità. Vi

sia di conforto il pensiero che

siete indissolubilmente legati al

mio cuore. Il vostro Antonio”.

E dai ricordi di una madre, e-

mergono le parole di un altro

ragazzo, portato agonizzante

all’ospedale di Brescia il 26 gen-

naio 1944. “Mamma, sono con-

tento, e devi esserlo anche tu. Ti

chiedo solo questo: voglio esse-

re sepolto nel cimitero di Bre-

scia, vicino ai miei amici. Ce ne

sono già tanti. Perdono coloro

che mi hanno sparato, ed anche

tu, mamma, perdonali. La ven-

detta è contro la legge di Dio e

noi siamo cristiani. Questo non

vuole mica dire essere dei debo-

li, vuol dire essere dei forti. A noi

la morte non fa mica paura”.

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Le recenti vicende politiche del-l’Ucraina, ed in particolare la drammatica situazione che si è venuta a creare in Crimea, han-no portato alla ribalta una pagi-na di storia sconosciuta ai più: quella di una piccola comunità italiana stanziata nella penisola del mar Nero. E’ noto che fin dal medioevo Veneziani e Genovesi avessero fondato in Crimea, punto strategico del commercio con l’oriente, basi portuali come l’odierna Feodosia. Tuttavia se la loro memoria si perde nei se-coli bui delle invasioni turche, è a partire dai primi decenni dell’8-00, che si hanno dati certi com-provanti flussi migratori dall’Italia verso queste fertili terre. Con il favore delle autorità imperiali russe, che intendevano sfruttare il clima mediterraneo dell’area per sviluppare attività agricole quali la coltivazione della vite e la produzione di vino, giunsero ondate di immigrati dalla Puglia, soprattutto dalla provincia di Bari. Proprio agli italiani si deve la costruzione, nel 1840, della chiesa cattolica di Kerc, e, nei primi del novecento, di una scuola elementare di ispirazione cattolica, sorretta da una società di beneficienza e da un circolo culturale. In quegli anni Kerc, posta sullo stretto che collega il Mar Morto con il Mar d’Azov, sta diventando una importante real-tà portuale, e gli italiani contri-buiscono allo sviluppo della flot-ta di pescherecci e, più in gene-rale, della cantieristica navale. Si parla di circa tremila persone che costituiscono il 2% della popolazione di una Crimea mul-tietnica, abitata da Ucraini, Gre-ci, Turchi, Tedeschi, Polacchi, Russi, Armeni, ma soprattutto da Tartari (60%). E’ con l’avven-to del comunismo in Russia, nel 1917, che inizia il calvario di questa piccola parte d’Italia, co-sì come di altre minoranze, col-pevoli di abitare un’area destina-ta alla russificazione. Dante Corneli, che trascorse 24 anni in Siberia, una volta rientra-to nel nostro Paese non si stan-cò di denunciare, fino alla fine

dei suoi giorni, il dramma degli italiani di Crimea, i crimini di Stalin e le complicità della diri-genza comunista italiana, affi-dando le proprie memorie a sto-rici che hanno pazientemente accertato riscontri, per ricostrui-re, poco alla volta, i tasselli di un mosaico di sofferenze altrimenti destinate all’oblio. La collettivizzazione forzata del-le campagne, avviata nei primi anni venti attraverso la creazio-ne di cooperative agricole orga-nizzate su basi etniche (colcos), incappò in forti resistenze da parte dei nostri connazionali,

ormai diventati piccoli proprietari poco propensi all’idea di dover rinunciare ad appezzamenti di terreno acquistati a suon di sa-crifici. Fu così che le autorità moscovi-te, nel tentativo di convincerli e di favorire il nuovo corso econo-mico, incoraggiarono l’afflusso in Crimea di esuli antifascisti, prevalentemente legati al Pci, che iniziarono ad esercitare una sorta di tutela politica sulla co-munità attraverso una massiccia propaganda atea e marxista. Forte dell’appoggio di Paolo Ro-botti, cognato di Togliatti e punto di riferimento dei circoli comuni-sti italiani in Urss, l’ex deputato Anselmo Marabini, assunse la

guida del colcos tricolore nel 1924, intitolandolo a “Sacco e Vanzetti”, ed esercitò pressioni di ogni genere per spingere i nostri connazionali ad aderirvi. Tuttavia, stando ai rapporti del Consolato generale per l’Italia di Odessa, tale fervore non portò a significativi sviluppi, tanto che l’unico risultato tangibile prodot-to, oltre alla chiusura della chie-sa cattolica, alla requisizione della scuola elementare e all’e-spulsione del parroco, fu quello di indurre molti connazionali a desistere dal loro sogno di be-nessere e di rientrare in patria. .

Ma per chi non ebbe il coraggio o la possibilità di lasciare tutto e ricominciare ini-ziò la lunga sta-gione delle requi-sizioni, degli arre-sti con l’accusa di spionaggio, delle repressioni, e poi, con l’arrivo delle famigerate purghe staliniane del ’35 e del ‘38, dei gu-lag. Così, agli inizi

degli anni quaranta, la popola-zione italiana in Crimea si era ridotta a meno della metà rispet-to a qualche anno prima. Ma la vera tragedia, purtroppo, doveva ancora consumarsi Con l’arrivo delle truppe dell’as-se, apparse agli ucraini addirittu-ra come un esercito di liberazio-ne rispetto al terrore dei soviet, scattò il sospetto di collaborazio-nismo, che fornì il pretesto per avviare una politica di deporta-zioni di massa che lo stesso Chruscev, nel suo rapporto al XX Congresso del PCUS, definì “un brutale, mostruoso genoci-dio di popoli”. Con sole due ore di preavviso, ed il permesso di portare con sé pochi chili di in-

La storia occultata Il dramma sconosciuto degli italiani in Crimea

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dumenti e generi alimentari, de-cine di migliaia di uomini furono caricate su carri bestiame per essere trasferite in Kazachistan, dove arrivarono solo un paio di mesi più tardi. Non perché il viaggio fosse particolarmente lungo, ma perché i convogli, dai quali si poteva scendere solo una volta al giorno per le esi-genze corporali, erano vere e proprie carceri itineranti, sigillate ed abbandonate in mezzo alla steppa per intere settimane. Il freddo e gli stenti uccisero subi-to la maggior parte di vecchi e bambini, che, stando ai racconti dei deportati, furono abbando-nati nelle stazioni di sosta senza neppure il conforto di una sepol-tura. All’arrivo a destinazione, i so-pravvissuti sopra i quattordici anni furono arruolati, come co-scritti di leva appartenenti a ca-tegorie “sospette”, nell’Armata del lavoro (Trudarmia). Alloggiati in baracche e scortati da guar-die armate, vennero private di documenti e diritti, e chiamate a svolgere, per un periodo di tem-po indefinito, lavori di ogni gene-

re a favore dello Stato. Una con-dizione, durata diversi anni, a metà strada tra i servi della gle-ba e gli internati nei gulag, dai quali si distinguevano solo per-ché, nel loro caso, non si erano trovate neppure accuse infonda-te sulle quali imbastire processi-farsa da concludersi con sen-tenze “esemplari” Ancor oggi, a decine di anni di distanza da quei fatti, sono enormi gli sforzi che si stanno compiendo per acquisire documenti che possa-no tradurre in cifre ufficiali quella tragedia. E, del resto, ad osser-vatori neutrali, il dramma di tre-mila italiani può apparire ben poca cosa di fronte all’ecatombe di trenta milioni di morti causati dalla follia comunista nell’ex U-nione Sovietica. Ma, l’Italia ha il dovere morale di conoscere e di ricordare. Solo con caduta dell’Urss e l’ac-quisto dell’indipendenza da par-te dell’Ucraina, i pochi italiani superstiti cominciarono a torna-re in Crimea, ed a raccontare questa pagina di storia. Il resto è cronaca dei nostri giorni. Nel 1992 i cittadini ucraini che han-

no dichiarato la propria naziona-lità italiana sono stati 340, ma si ritiene che ve ne siano di più, poiché molti, ancor oggi, preferi-scono tacere e rimanere nell’a-nonimato. Di certo si sa che, tra il 1992 ed il 1997 l’Ambasciata Italiana in Ucraina ha ricevuto 47 domande di riottenimento della cittadinanza, solo 2 delle quali hanno avuto riscontro posi-tivo. Strano ed ingrato Paese, il nostro, pronto ad accogliere clandestini di mezzo mondo, ma indifferente alla sorte del proprio sangue.

* In fondo non è neppure tutta colpa sua. Gli hanno insegnato che far politica significa scorraz-zare come un piazzista tra tra-smissioni televisive, comitati di quartiere e salotti radical-chic. L’Assessore Maran non sapeva che occorresse anche lavorare. E così i lavori per la realizzazio-ne della linea M4, che doveva collegare Milano all’aeroporto Linate per Expo 2015, a tutt’og-gi, non sono neppure iniziati Mancanza di fondi? Niente affat-to. Il Ministero dei Trasporti ha già pronto un assegno di € 17-2,20 milioni di euro, ma non sa a chi intestarlo, perché l’Assesso-rato alla Mobilità non ha ancora costituito la società mista, tra Comune di Milano e partners privati, chiamata a realizzarli.

Della serie: dilettanti allo sbara-glioR * Chiudono le scuole per le va-canze pasquali, ma, d’ora in avanti, in Belgio sarà vietato dirlo. Occorrerà parlare, più cor-rettamente, di “vacanze prima-verili”. Così stabilisce una circo-lare ministeriale che recepisce un decreto del governo progres-sista. La festa di Ognisanti si chiamerà “congedo d’autunno”, e quella di Natale “vacanza d’in-verno”. Ma vi aspettavate forse qualche cosa di diverso da chi chiama “esigenza umanitaria” l’eutanasia sui bambini? * Lacrime e compassione per i nostri fratelli animali, ma per i cuccioli d’uomo nessuna pietà. A Milano la cartellonistica pub-blicitaria moltiplica i suoi inviti a

fermare la strage di agnelli sulle tavole pasquali, e l’On. Vittoria Brambilla si prodiga a promuo-vere interventi legislativi per il riconoscimento di diritti per i no-stri amici a quattro zampe. Inve-ce l’assessore alla famiglia, soli-darietà e volontariato della Re-gione Lombardia, Maria Cristina Cantù, ha deciso di ridurre il Fondo Nasko, che eroga contri-buti alle mamme in difficoltà che decidono di non abortire. Quan-do si dice che il mondo và ormai alla rovesciaR

L’orto delle delizie

Page 7: canto libero 6Canto Libero Lo scorso 04.02.14 il Parlamento europeo, a larga maggioranza, ha approvato il rapporto Lunacek, con il quale vengono riconosciuti, tra i diritti ... Il

Precotto sotto assedio? Sembra proprio di si. Qualche settimana fa, alla chetichella, un gruppetto di rom, forse gli stessi che erano stati a suo tempo allontanati da via Columella, ha cercato di sistemarsi con materassi e ripari di fortuna nel parchetto di via Pompeo Mariano, di fronte al Simply. Solo una sequela di te-lefonate alla Polizia Locale e ai Carabinieri, da parte di molti abitanti della zona, li ha fatti de-sistere ed allontanare. Ma evidentemente l’aria di Pre-cotto piace a costoro, che non si sono rassegnati all’idea di dover lasciare questo quartiere e le ricche prospettive che esso of-fre. Da qualche giorno a questa parte, presumibilmente gli stessi individui, hanno quindi occupato con le stesse suppellettili un

terreno, incolto ma recintato, sito all'angolo tra via Pompeo Mariani e via Carnovali, con l'evidente intenzione di sta-bilirvicisi. Uomini al lavoro per ripulire ed attrezzare l’area e ronde tutt’in-terno, per vigilare e segnalare movimenti sospetti. Delle forze dell’ordine neppure l’ombra. Chi telefona alla Polizia di Stato vie-ne invitato a rivolgersi a quella Municipale, quest’ultima, trattan-dosi di un’area privata ha le ma-ni legate. Ed intanto l’insedia-mento abusivo cresce e si con-solida. Con tutta probabilità non c’è alcun nesso causale con questo

fatto, ma nella zona si moltiplicano inquietanti episodi che minano la sicurezza degli abitan-ti. L'ultimo in ordine di tempo, tra quelli giunti a nostra conoscenza, è accaduto nel tardo po-meriggio del 28 feb-braio, quando solo le urla di un'inquilina del secondo piano hanno fatto scappare una persona che già aveva

scavalcato la recinzione di una palazzina in via Campana con intenti non certo amichevoli. Sinora, bene o male, il nostro quartiere ha vissuto in maniera relativamente tranquilla ma è evidente che la situazione sta peggiorando ogni giorno che passa, e che la marea di dispe-rati che il mediterraneo scarica sulle nostre coste, nel silenzio dell’Europa, prima o poi bagne-rà i piedi anche a noi. Del resto basta osservare come e' cresciuta la 'concorrenza' di accattoni davanti e attorno alla chiesa di S. Michele Arcangelo, che, nelle giornate festive, è letteralmente cinta d’assedio. Nell’indifferenza delle istituzioni municipali, Invitiamo tutti i citta-dini a farsi carico di una accre-sciuta attenzione e a segnalare con insistenza alle autorità com-petenti ogni movimento sospet-to.

NOTIZIE DALLA CONTEA Il problema della sicurezza a Precotto