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cap. 3 e 9
Paola Magnano
PSICOLOGIA DEL LAVORO
UNIVERSITÀ KORE DI ENNA UNIVERSITÀ KORE DI ENNA
RASSEGNA LEGISLATIVA
Direttiva 89/91/CE - D.Lgs. 626/94
dal principio di presunzione del rischio alla logica della valutazione del rischio che si fonda sia sugli strumenti di misura del rischio che su quelli della prevenzione
gli interventi di prevenzione devono essere adeguati alla realtà organizzativa, programmati, inseriti in un programma di miglioramento continuo
l’attività formativa - come strumento di prevenzione dei rischi - non ha l’obiettivo di “rendere edotti i lavoratori” ma di lavorare sugli atteggiamenti
introduce il concetto di squadra della prevenzione, con suddivisione di ruoli e responsabilità
la prevenzione di infortuni e malattie professionali entra anche nelle strutture sanitarie
anni ’90 vengono recepite le prime Direttive Europee in tema di salute e sicurezza dei lavoratori
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RASSEGNA LEGISLATIVA
D.Lgs. 81/08
ruolo della formazione, come processo educativo attraverso il quale trasferire conoscenze e procedure utili all’acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei compiti in azienda e alla identificazione, riduzione e gestione dei rischi.
introduzione dello ‘stress lavoro correlato’ come fattore di rischio psicosociale nelle organizzazioni, rendendo obbligatoria la sua valutazione
oggi riordino di tutte le disposizioni emanate negli ultimi 60 anni in un unico testo normativo
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NASCITA E SVILUPPO DELLA PSICOLOGIA DELLA SALUTE ORGANIZZATIVA
organizzazione lavorativa (concezione tayloristica):
conseguimento del miglior risultato
lavoratore=essere passivo che risponde solo a stimoli di tipo economico e che “si adatta”
INIZIO DEL XX SECOLO
ANNI ’30 - ‘40
attenzione ai fattori connessi agli infortuni e alle malattie
messa a punto di strumenti di assistenza per i lavoratori infortunati
istituzione di enti e comitati per la sorveglianza e il miglioramento della sicurezza
Movimento delle relazioni umane di Mayo
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NASCITA E SVILUPPO DELLA PSICOLOGIA DELLA SALUTE ORGANIZZATIVA
interazione persona-ambiente di lavoro (ma ancora causalità lineare)
sicurezza e salute = cura dell’individuo
... ma attenzione alle conseguenze psicologiche (affaticamento, disturbi psicosomatici)
ANNI ’50 - ‘60
ANNI ’70 - ASPETTI PSICOSOCIALI DEL LAVORO
da intervento centrato sulla cura a focalizzazione sulla prevenzione
studi e tecniche per migliorare la qualità della sicurezza nei contesti lavorativi
fattori biologici, chimici, fisici + fattori psicologici e sociali5
NASCITA E SVILUPPO DELLA PSICOLOGIA DELLA SALUTE ORGANIZZATIVA
introduzione di concetti di Wellness e Occupational Health Promotion
ANNI ’80
HEALTH PROTECTION
proteggere più persone possibili da minacce alla loro salute
salute = assenza di malattia o assenza di stress
HEALTH PROMOTION
processo dinamico di generazione e miglioramento continuo della qualità della vita di individui e gruppi nelle organizzazioni
prevenzione di infortuni e malattie conservazione attiva della salute
cambiare i comportamenti dei lavoratori che aumentano le
probabilità di malattia
Glagow, Terborg, 1988
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NASCITA E SVILUPPO DELLA PSICOLOGIA DELLA SALUTE ORGANIZZATIVA
nasce la Occupational Health Psychology
applica la psicologia nei setting organizzativi per il miglioramento della vita lavorativa, la protezione e la sicurezza dei lavoratori e la promozione della salute nei luoghi di lavoro
interviene su 3 dimensioni
ambiente di lavoro
individuo rapporto lavoro/famiglia
si amplia il concetto di rischio psicosociale non riguarda più solo aspetti del vivere lavorativo, ma si estende anche alle caratteristiche dell’organizzazione del lavoro o a fattori esterni, come ad es. gli impegni familiari
ANNI ’90
Raymond, Wood, Patrick, 1990
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LA SALUTE NEI CONTESTI ORGANIZZATIVI: UN QUADRO STORICO (Avallone, Palomatas, 2005, p. 9)
PERIODO APPROCCIO ALLA SICUREZZA
CONCEZIONE DELLA SALUTE
TIPO DI CAUSALITÀ E CARATTERISTICHE DEGLI
EFFETTI
STRATEGIE DI INTERVENTO
INIZI ‘900dall’assenza a prime considerazioni per la salute dei lavoratori
assente aspetto non presente nessuna
ANNI ‘30/’40
valutazione delle condizioni di lavoro che costituiscono rischio di
infortunio
prevalentemente fisica importanza del fattore umano e degli aspetti
motivazionali
concezione meccanicistica causalità lineare
conseguenze in termini di danno fisico
incentrata sulla cura del danno
ANNI ‘50/’60
lavoratore visto come persona attiva che
interagisce con l’ambiente di lavoro
interesse verso gli aspetti mentali della
salute
interazione individuo/ambiente
causalità lineare conseguenze come danno
anche mentale sull’individuo
prevalentemente incentrata sulla cura dei danni fisici e mentali
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LA SALUTE NEI CONTESTI ORGANIZZATIVI: UN QUADRO STORICO (Avallone, Palomatas, 2005, p. 9)
PERIODO APPROCCIO ALLA SICUREZZA
CONCEZIONE DELLA SALUTE
TIPO DI CAUSALITÀ E CARATTERISTICHE DEGLI
EFFETTI
STRATEGIE DI INTERVENTO
ANNI ‘70
prevenzione degli infortuni e delle
malattie professionali health protection
fattori biologici, psicologici e sociali
coinvolti nella genesi della malattia
centratura sulla persona maggiore attenzione
all’interazione lavoro/individuo/contesto
centratura sulla prevenzione
ANNI ‘80/’90
health promotion formazione,
partecipazione e coinvolgimento delle
persone
maggiore conoscenza e attenzione ai fattori
organizzativi che minacciano la salute
approccio sistemico conseguenze in termini di
malessere psicofisico valutate anche per
l’organizzazione
sviluppo dell’approccio preventivo e introduzione
del concetto di promozione della salute
FINE ANNI ’90 E NUOVE
PROSPETTIVE
importanza della cultura della sicurezza e
connessione con la qualità del lavoro
salute non come assenza di malattia ma come stato di benessere
psicofisico
approccio sistemico e causalità circolare
conseguenze in termini di assenza di benessere psicofisico sul sistema
individuo-organizzazione
promozione cultura della salute e della sicurezza
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LA SALUTE ORGANIZZATIVA
OCCUPATIONAL HEALTH PSYCHOLOGY
idea “ampia” di salute intesa come stile di convivenza dell’intera comunità organizzativa (Avallone, Paplomatas, 2005)
non solo salute nell’organizzazione ma anche salute dell’organizzazione
passaggio dalla cultura della sicurezza alla cultura della salute (Pratt, 2000)
necessità di una lettura complessa della salute organizzativa: è composta da numerose dimensioni, a diversi livelli, ma in reciproca relazione
centralità del concetto di congruenza:
a livello individuale tra valori, risorse e competenze delle persone e la cultura, le richieste, le risorse dell’organizzazione
a livello intraorganizzativo tra conoscenze e apprendimento
a livello extraorganizzativo tra l’organizzazione e il contesto in cui opera10
LA SALUTE ORGANIZZATIVA
OCCUPATIONAL HEALTH PSYCHOLOGY
superamento di una visione armonica e riduttivamente ottimistica della qualità della vita delle organizzazioni: non sempre alla salute dell’organizzazione corrisponde in maniera lineare e diretta la salute delle persone che ne fanno parte
approccio di processo allo studio della salute (MacIntosh, MacLean, Burns, 2007): spesso nella necessità di gestire il cambiamento e l’imprevedibilità si modifica la percezione di coerenza, cioè il grado di comprensibilità, gestibilità, significatività delle richieste e delle situazioni proprie del vivere lavorativo (es. velocità nell’esecuzione, carico di richieste)
non tutto ciò che consente ad un’organizzazione di essere sana nel breve o medio termine, a lungo termine è in grado di salvaguardare la salute dei suoi membri.
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BENESSERE LAVORATIVO
la capacita’ dei lavoratori di ricercare il piacere e di
esprimere il proprio potenziale
attraverso la soddisfazione dei desideri di autonomia,
di competenza e di relazione sociale
benessere psicologico
psicologia del lavoro e delle organizzazioni
Zani, Cicognani,
1999
ERGONOMIA
è lo studio delle condizioni e degli ambienti di lavoro con l'obiettivo di migliorare la sicurezza, la salute e il benessere dei lavoratori, oltre che l’efficienza, la produttività e la competitività delle organizzazioni
FATTORI NOCIVI DELL’AMBIENTE DI LAVORO
fattori generici
luce, rumore, temperatura
fattori tipici della produzione
polveri, gas, vapori
fattori relativi alla fatica fisica e psicofisica
ritmi eccessivi, monotonia, non valorizzazione della competenza professionale, saturazione dei tempi, eccessiva o ridotta responsabilità
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ERRORE UMANO COME CAUSA DI INCIDENTI
modello tecnico-ingegneristico-normativo
gli incidenti sono il risultato di un fallimento della tecnologia e della devianza dalle norme
modello ‘centrato sulla persona’
la componente umana diventa uno degli elementi rilevanti come causa nel determinare gli incidenti
modello organizzativo-sociotecnico
gli incidenti devono essere considerati da una prospettiva multicausale, quindi derivano da ‘fallimenti’ della componente tecnica, umana, organizzativa, in riferimento al contesto
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TIPOLOGIE DI ERRORE - TEORIE SUL COMPORTAMENTO LAVORATIVO
skilled-based behavior
è l’automatizzazione del comportamento senza una attenta analisi della situazione
ruled-based behavior
i comportamenti che vengono messi in atto sono definiti da regole precise ritenute le più adatte per essere applicate in determinate circostanze
knowledge-based behavior
riguarda i comportamenti messi in atto in situazioni sconosciute, nelle quali attraverso le proprie conoscenze deve essere trovata una soluzione nuova
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TIPOLOGIE DI ERRORE
errori di esecuzione dovuti all’abilità
sono azioni svolte in modo diverso da come pianificato
errori di esecuzione dovuti alla memoria
l’azione ha un risultato diverso da quello atteso a causa di un venir meno della memoria
errori di pianificazione
riguarda errori di scelta della procedura che non mi consente di raggiungere uno specifico obiettivo; oppure errori connessi alla conoscenza, che può essere insufficiente/carente
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pericolo la proprietà o la qualità intrinseca di una entità stabilita che può potenzialmente causare danni
RISCHIO E PERICOLO
rischio
la probabilità che sia raggiunto il livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego e/o di esposizione.
è il risultato del prodotto tra gravità dell’evento nocivo e probabilità che esso si verifichi
R= GxP
Briner, Rick, 1999
PERCEZIONE DEL RISCHIO
è la stima di un pericolo, derivante dalla valutazione della possibilità che possa verificarsi un particolare tipo di incidente e da quanto siano giudicati rilevanti gli esiti di tale evento
determina il grado di consapevolezza per cui un lavoratore avverte che svolgere la propria attività o utilizzare un dato strumento mette la sua sicurezza in pericolo
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PERCEZIONE DEL RISCHIO
i comportamenti orientati alla sicurezza crescono in funzione dell’aumento del rischio percepito (Letho & Papastavrou, 1993)
spesso i lavoratori non si attengono alle procedure di sicurezza perché non percepiscono alcun rischio associato alla situazione di lavoro in cui sono impegnati
quindi il comportamento autoprotettivo dipende in parte dalla stima del rischio soggettivo di una persona
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PERCEZIONE DEL RISCHIO
coinvolge l’attenzione e l’elaborazione di una vasta gamma di informazioni relative ai pericoli
le informazioni possono essere raccolte tramite esperienza diretta o fonti esterne (colleghi); possono derivare da un apprendimento formale o informale
spesso si utilizzano le ‘euristiche’ per stabilire le probabilità che qualcosa accada oppure no
il locus of control è un fattore di personalità che influisce nella percezione del rischio: i lavoratori appartenenti a grppi ‘ a basso rischio’ sono quelli che hanno un orientamento del locus verso l’interno (Jones & Wuebker, 1993). 21
CONDIZIONI DI LAVORO
ambiente
microclima
illuminazione
rumore
carico di lavoro fisico
sollevamento manuale dei carichi
posture fisse prolungate
ripetitività
fatica mentale 22
I RISCHI PSICOSOCIALI
aspetti di progettazione, organizzazione e gestione
del lavoro, i rispettivi contesti ambientali e sociali, che
potenzialmente possono causare danni fisici o
psicologici
rappresentano il risultato dell’interazione tra le
caratteristiche e il contesto di lavoro, da un lato, e le
caratteristiche soggettive del lavoratore, dall’altro
rischi tradizionali rischi psicosocialiè possibile individuare i livelli massimi
che possono causare il danno
non è possibile individuare il livello
massimo di carico di lavoro che lo
rende dannoso
i pericoli di tipo fisico hanno sempre
effetti negativi ed immediatamente
osservabili o prevedibili
gli effetti derivanti dall’esposizione
ad eventi stressanti possono
rimanere latenti e non sono
prevedibili
il legame tra danno e la sua causa è
lineare ed è facile stabilirne la
gravità
non esiste una causalità diretta tra
causa e danno: le conseguenze
possono manifestarsi anche in
momenti differenziati
Rick, Briner, 2000
RISCHIO PSICOSOCIALE
non ci si può limitare all’osservazione
di alcuni indicatori oggettivi e/o
soggettivi che dimostrino la presenza/
assenza di stress: bisogna analizzare
gli aspetti dell’organizzazione che
possono essere migliorati
il pericolo potenziale esiste sempre
il fine della valutazione è
la prevenzione
la valutazione del rischio di stress deve fondarsi
sulla partecipazione effettiva dei lavoratori
... quindi ... approccio ergonomico
ricerca dei
possibili pericolistima del rischio
individuazione dei
lavoratori a rischio
valutazione
dell’adeguatezza delle
precauzioni adottate
questo approccio puo’
essere applicabile per i
rischi psicosociali?
I RISCHI PSICOSOCIALI
possibili effetti
BURN-OUT
Favretto, 1996
è una risposta integrata dell’organismo a
modificazioni operate su di esso (Favretto, 1994),
con l’obiettivo di mantenere inalterate le
proprie caratteristiche psicofisiche (ristabilire
l’omeostasi)
SINDROME GENERALE DI ADATTAMENTO (SGA) risposta generale (aspecifica), stereotipata, a qualsiasi richiesta
proveniente dall’ambiente
eventi straordinari richieste ambientali ordinarie accentuatepero’ ...
man mano che lo stimolo stressogeno richiama una risposta che attiva substrati
biologici complessi, la reazione dell’organismo non è più “determinata”
entra in gioco il versante soggettivo, il valore personale,
il significato attribuito agli eventi
(Selye, 1975)
eustress
livello di stimolazione ideale per il benessere dell’individuo, che produce una risposta fisiologica esclusivamente adattiva
distress
eccessiva discrepanza tra lo stimolo da un lato e la risposta dall’altro
le richieste ambientali vanno oltre le reali capacità di coping dell’individuo
MENTAL STRESS
stressor: agente che causa lo stress
stress: somma di tutte le influenze che provengono da fonti esterne e interferiscono con la persona fino a condizionarla mentalmente o fisicamente
distress: fallimento adattivo della risposta
eustress: energia ben utilizzata
strain: sforzo psicologico e psicofisiologico di un individuo a fronte di un’alta domanda ambientale; riguarda l'effetto immediato dello stress mentale vissuto dall’individuo
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il mobbing è una forma di
distress
ALLE ORIGINI DEL MOBBING
il conflitto patologico, distruttivo, logorante
cultura aziendale patologicamente orientata al la
competizione e alla spinta a fare sempre meglio e
sempre di più, mettendo a confronto i collaboratori in
modo subdolo
invidia, risentimento, odio tra i colleghi
IL MOBBING COME DISTRESS RELAZIONALE
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all’interno di un gruppo si individua un membro che,
per qualche motivo, non viene più considerato degno
di appartenere al gruppo stesso, anzi viene vissuto
come minaccia, potenziale o reale all’integrità e
all’immagine del gruppo, esso viene attaccato fino a
quando non decide deliberatamente di andarsene.
La durata e la ferocia degli attacchi soprattutto
dipendono dalla capacità di resistenza della vittima
to mob = accerchiare, assalire e attaccare
IL MOBBING COME DISTRESS RELAZIONALE
comunicazione osti le e non etica perpetrata in maniera
sistematica da parte di uno o più individui generalmente contro un
singolo che, a causa del mobbing, è spinto in una posizione in cui
è privo di appoggio e di difesa e lì costretto per mezzo di
continue attività mobbizzanti. Queste azioni si verificano con una
frequenza piuttosto alta (definizione statistica: almeno una alla
settimana) e per un periodo lungo di tempo (una durata di
almeno sei mesi). A causa dell’alta frequenza e della lunga durata,
il mobbing crea seri disagi psicologici, psicosomatici e sociali
(Leymann, 1996)
GLI ATTORI DEL MOBBING
MOBBER persona che attua il mobbing
MOBBIZZATO persona che subisce il mobbing
SIDE-MOBBER O
CO-MOBBER
gli spettatori dell’azione di mobbing,
che si svolge sotto i loro occhi o, a
volte, con la loro complicità
DALL’ALTO il mobber è un superiore del mobbizzato
TRA PARI
DAL BASSO
è il superiore ad essere mobbizzato, viene
sistematicamente boicottato, bypassato e
scavalcato per trasmettergli il messaggio di
non essere gradito o legittimato nella sua
posizione
il/i mobber sono colleghi del mobbizzato
TIPI DI MOBBING
TIPI DI MOBBINGATTIVO
azioni di aggressione, vessazione che incutono ansia,
timore, paura, insicurezza nella vittima
comportamento intenzionalmente destabilizzante, teso
alla svalutazione della vittima, attraverso continui
rimproveri, offese, umiliazioni, parolacce
azioni subdole e meno visibili, che assumono la
forma dell’isolamento e dell’evitamento della
vittima, del suo continuo scavalcamento come se
n o n f o s s e p r e s e n t e , n e l l ’ i g n o r a r l a
sistematicamente e volutamente per trasmetterle
il messaggio di essere del tutto inutile
PASSIVO
AZIONI MOBBIZZANTISono raggruppate in 5 categorie
1.ATTACCHI AI CONTATTI UMANI
limitazioni alla possibilità di espressione, interruzioni del discorso, critiche e
rimproveri costanti
2.ISOLAMENTO SISTEMATICO
trasferimento della vittima ad un luogo di lavoro isolato, comportamenti di
evitamento, divieto ai colleghi di parlare e intrattenere rapporti con questa persona
3.CAMBIAMENTO DELLE MANSIONI
revoca di ogni mansione da svolgere, assegnazione di lavori senza senso, nocivi o
al di sotto delle capacità della vittima, cambiamenti continui degli incarichi
4.ATTACCHI CONTRO LA REPUTAZIONE
calunnie, pettegolezzi, ridicolizzazione dei difetti o delle caratteristiche della
vittima, turpiloquio, valutazione sbagliata o umiliante delle sue prestazioni
5.VIOLENZA E MINACCE DI VIOLENZA
minacce o atti di violenza fisica o a sfondo sessuale
(Leymann (1996); Ege (1997)
IL DANNO
disturbo dell’adattamento o disturbo post traumatico
da stress
ansia, depressione, attacchi di panico, eccessiva
tensione, problemi di espressione, fobie, crollo
dell’autostima
vulnerabilità psicologica e reazioni psichiche, emotive
e comportamentali spesso inadeguate ad affrontare
la situazione
BURN-OUT DEFINIZIONI
‣perdita progressiva di idealismo, energia, motivazione, interesse, vissuta dagli operatori come risultato delle condizioni del loro lavoro (Edelwich, Brodsky, 1980)
‣stato di fatica o frustrazione nato dalla devozione ad una causa, da uno stile di vita o da una relazione che ha mancato di produrre la ricompensa attesa (Freudenberg, Richelson, 1980)
‣caratterizzato da esaurimento fisico, sentimenti di impotenza e disperazione, svuotamento emotivo e dallo svilupparsi di un concetto di sé negativo e di negativi atteggiamenti verso il lavoro, la vita e gli altri (Pines, Aronson, Kafry, 1981)
LE HELPING PROFESSIONS
sono professioni nelle quali si è costantemente in rapporto con le persone e i loro problemi e che richiedono un impegno emotivo
il burn-out si collega non tanto al diretto rapporto con l’utenza, quanto ad un rapporto affettivamente significativo (Del Rio, 1990)
relazione d’aiutospecificità
professionale+una persona appositamente e adeguatamente preparata contribuisce alla modificazione di un’altra persona per mezzo sia di tecniche specialistiche sia della relazione in cui entrambe queste persone sono attivamente coinvolte
STRESS E BURN-OUTlo stress non coincide con il burn-out
il burn-out costituisce un esito possibile dello stress in presenza di determinate condizioni (Del Rio, 1990)
può essere considerato l’ultimo passo di una progressione di tentativi senza successo di far fronte ad una serie di condizioni negative stressanti (Farber, 1983), una risposta di disimpegno e di chiusura di fronte a stimoli stressanti, presenti soprattutto nelle helping professions (Cherniss, 1980)
maggiore è la responsabilità che un operatore mette in atto nella relazione, più elevato è il rischio di essere coinvolto emotivamente nel disagio e nella patologia dell’utente (Freudenberg, Richelson, 1980)
il coinvolgimento non deve diventare un’immersione indiscriminata e incontrollata nei problemi dell’altro
BURN-OUT E PERSONALITÀ
sensibili, eccessivamente empatiche, idealiste, impegnate
che hanno aspettative irrealistiche o troppo alte rispetto all’aiuto che si effettivamente offrire agli utenti
con bassa tolleranza all’insuccesso e alle frustrazioni e un’alta vulnerabilità allo stress
con personalità di tipo A: iperattivazione, fretta, alta competizione, insoddisfazione (Caracciolo e al., 1998); eccessivo coinvolgimento nel lavoro a scapito di altri interessi, continuo senso di pressione ed incapacità di prendersi delle pause
sono più a rischio le persone:
SVILUPPO DEL BURN-OUT NELLE PROFESSIONI D’AIUTO
1. ENTUSIASMO: sentimenti di idealizzazione, aspettative e finalità irrealizzabili
2. STAGNAZIONE: le certezze iniziali vengono meno di fronte alla mancata realizzazione delle aspettative e all’emergere di vincoli insuperabili
3. FRUSTRAZIONE: dubbi sul significato e l’utilità del lavoro, senso di impotenza professionale
4. APATIA: distacco dagli utenti e dal proprio lavoro
Edelwich, Brodsky 1980 quattro stadi:
DIMENSIONI DEL BURN-OUT
1. ESAURIMENTO EMOTIVO: svuotamento delle risorse emotive e personali e la sensazione che non si abbia più niente da offrire a livello psicologico
2. DEPERSONALIZZAZIONE: atteggiamenti negativi, di distacco, di cinismo, di ostilità nei confronti delle persone con cui si lavora
3. RIDOTTA REALIZZAZIONE: percezione della propria inadeguatezza al lavoro, implica la caduta dell’autostima e attenuazione del desiderio di successo
Maslach Burnout Inventory (MBI) di Maslach e Jackson (ad. it. Sirigatti e Stefanile, 1993): 3 stati
PREDITTORI DEL BURN-OUT
CARICO DI LAVORO (conflitto, ambiguità, sovraccarico): è in relazione con l’esaurimento emotivo
SENSO DI CONTROLLO (autonomia e supervisione): predittori dell’esaurimento emotivo e della depersonalizzazione
RICONOSCIMENTO: predittore dell’esaurimento emotivo
SENSO DI COMUNITÀ: predittivo dell’esaurimento emotivo, in particolare per quel che riguarda la rete interpersonale del gruppo dei colleghi e collaboratori; ridotta è la relazione con la realizzazione personale
L’INTERVENTOintervento “a monte”,
per evitare che chi si prende cura di altri a sua volta abbia bisogno di aiuto perché prossimo a
cadere nella spirale del cortocircuito emotivo
intervento di prevenzione, agendo sulle variabili rilevati attraverso le ricerche
possibili livelli di intervento (Santinello, in Di Maria, 2001):
cognitivo del singolo operatore= maggiore conoscenza degli elementi che caratterizzano la
patologia con cui si ha a che fare e degli specifici fattori di rischio nel relazionarsi con essa
emotivo= consapevolezza delle proprie motivazioni, lavoro sui vissuti, aspettative, paure che il
rapporto del ‘curare’ produce nell’operatore
organizzativo= supporto tra colleghi nel gruppo di lavoro e tra professionisti diversi
possibili momenti di intervento:
quando i lavoratori sono già inseriti nel loro contesto lavorativo, riducendo i rischi
che lo stress si traduca in burn-out
quando i lavoratori sono ancora in formazione, rimuovendo le condizioni che
possono favorire in seguito l’instaurarsi di stress lavorativo e burn-out