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Page 1: Capitolo 6 L’adozione e l’affidamento - · PDF filedi provvedimenti (L. 431/1967, riforma del diritto di famiglia, ... Edizioni Simone - Vol. 5/3 Compendio di Istituzioni di Diritto
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TUTTI I DIRITTI RISERVATIVietata la riproduzione anche parziale

Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Simone S.r.l.(art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)

Della stessa collana:1/2 • Diritto del lavoro2/2 • Diritto costituzionale3/2 • Diritto penale4/1 • Diritto amministrativo5/4 • Diritto di famiglia6/3 • Diritto commerciale7/1 • Diritto processuale penale8/1 • Diritto processuale civile8/4 • Ordinamento e deontologia forense9/1 • Diritto fallimentare10 • Diritto sindacale11/2 • Diritto pubblico12/3 • Scienza delle finanze14/2 • Diritto tributario16/1 • Diritto della previdenza sociale16/2 • Diritto del lavoro e previdenza sociale21/2 • Istituzioni di diritto romano23/1 • Diritto penitenziario25/2 • Diritto degli enti locali26 • Diritto delle società27 • Diritto minorile28 • Diritto urbanistico31 • Diritto industriale32/1 • Diritto ecclesiastico35 • Diritto bancario40/4 • Analisi di bilancio45/1 • Diritto internazionale privato e processuale46/8 • Diritto internazionale47/4 • Diritto dell’Unione europea

L’elaborazione del testo, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportarespecifiche responsabilità per eventuali involontari errori o inesattezze

Ha collaborato alla revisione del testo di questa edizionela dott.ssa Maria Francesca Mazzitelli

Hanno collaborato all’aggiornamento delle precedenti edizionile dott.sse Raffaella del Vecchio e Maria Francesca Mazzitelli

Finito di stampare nel mese di aprile 2018dalla «PuntoWeb s.r.l.» - Via Variante di Cancelliera, s.n.c. - Ariccia (Roma)

per conto della Simone S.r.l. - Via F. Russo, 33/D - 80123 - NapoliGrafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno

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PREMESSA

Questa nuova edizione ha ulteriormente perfezionato la completezza che caratterizzava le edizioni precedenti e si propone come un sussidio di particolare utilità per quanti si avvicinano allo studio del diritto civile, costituendo uno strumento di studio ragionato degli istituti e dei principi fondamentali della materia.

Sul versante normativo si segnalano le seguenti novità:

— la L.4/2018, che prevede strumenti di tutela dei figli rimasti orfani di un genitore a causa di un crimine commesso dall’altro genitore, inserendo, tra l’altro, l’art.463bisc.c. (Sospensione dalla successione);

— la L.219/2017 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento), con particolare riferimento al diritto di rinunciare alla vita e alle DAT (disposizioni anticipate di trattamento);

— la L.168/2017, che ha istituito la figura dei domini collettivi;— la L.124/2017, che ha modificato il Codice delle assicurazioni private;— il D.Lgs.117/2017, che ha approvato ilCodice del terzo settore (organizzazioni di

volontariato, associazioni di promozione sociale, enti filantropici, imprese sociali ecc.);— il D.Lgs.112/2017, che ha riorganizzato l’impresa sociale.

Inoltre, è stata rivista e aggiornata la parte sui dirittifondamentalidellapersona, con particolare riferimento al diritto all’integrità fisica, al diritto all’oblio e al diritto all’immagine e il diritto al nome, sul quale è intervenuta di recente la Corte costituzio-nale dichiarando l’illegittimità della norma che non consentiva ai coniugi di trasmettere al figlio il cognome materno.Altri diritti fondamentali oggetto di analisi sono il diritto di conoscere le proprie ori-gini, sul quale si sono pronunciate di recente le Sezioni Unite, e il diritto all’identità sessuale, che comprende anche il diritto alla libera comunicazione a terzi del proprio orientamento sessuale (cd. coming out).Per quanto riguarda, invece, gli enticollettivi, sono state approfondite le questioni relative alla loro trasformazione e alla natura giuridica dell’atto di fondazione.In ambitofamiliare è stata approfondita la questione dell’incidenza della convivenza di fatto sulla casa di abitazione, sono state riscritte le parti sugli obblighi coniugali e sulla responsabilità patrimoniale per le obbligazioni assunte dai coniugi in regime di comunione legale ed è stata aggiornata la parte sull’assegno divorzile alla luce dei recenti interventi giurisprudenziali.Anche i paragrafi sulla separazione personale (consensuale e giudiziale) sono stati interamente riscritti, con particolare attenzione agli effetti della separazione e dando conto, tra l’altro, della controversa questione dei trasferimenti immobiliari in sede di separazione.

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Numerosi aggiornamenti hanno riguardato la parte sulle successionimortis causa (chiamati all’eredità, figli non riconoscibili, contenuto del testamento, successione del coniuge superstite, divisione della comunione ereditaria, collazione ecc.).In materia di donazione si dà conto di una recente pronuncia delle Sezioni Unite sulle donazioni indirette e sono state riscritte le parti sulla donazione remuneratoria, sulla donazione obnuziale e sulla revoca della donazione.Anche sul versante dei dirittireali ci sono novità: si segnalano, in particolare, il nuovo paragrafo sui beni pubblici, l’approfondimento della questione relativa all’accessione invertita e la totale riscrittura dei paragrafi sul condominio negli edifici, oltre a modifiche minori in materia di enfiteusi, usufrutto e servitù.Il microcosmocontrattuale non poteva uscire indenne da questa risistemazione totale del volume: si segnalano le novità sul negozio in frode alla legge, sulla condizione di adempimento, sul contratto di vendita (con particolare riguardo alla garanzia per i vizi, alla vendita di cosa altrui e alla vendita di beni di consumo), sulla mediazione atipica e sull’usura sopravvenuta, alla luce di un recente intervento delle Sezioni Unite.Infine, nell’ampio settore della responsabilità sono stati riviste le parti sulla respon-sabilità oggettiva, sulla responsabilità indiretta(con particolare riferimento ai danni cagionati all’alunno), sul danno esistenziale e sui danni punitivi. Sono stati inseriti, inoltre, il danno endofamiliare e il risarcimento del danno nei sinistri stradali (D.Lgs. 209/2005 e L. 124/2017).Come nelle edizioni precedenti ciascun capitolo contiene la descrizione dell’assetto normativo e l’esposizione di casi concreti per consentire di cogliere i meccanismi di applicazione del diritto sostanziale, oltre alle citazioni dei più significativi indirizzi giurisprudenziali e dottrinali e a un questionario finale per testare la preparazione.Inoltre, i prospetti esplicativi «Spiegare le norme» intendono fornire all’utente uno stru-mento per andare al di là del semplice significato letterale dei termini usati dal legislatore e fornire l’accezione interpretativa più aderente al contesto applicativo della norma. Un dettagliato indice analitico-alfabetico completa il volume e agevola il lettore nel reperimento dell’argomento ricercato.Ringrazio la dott.ssa Maria Francesca Mazzitelli per l’eccellente lavoro redazionale.

Tivoli, 5 aprile 2018

Massimiliano di Pirro

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Parte seconda I soggetti dell’attività giuridica

Capitolo 3 I diritti della personalità

Sommario 1. Nozione e caratteri. - 2. Principali tipi.

1. Nozione e caratteriLa Costituzione riconosce e garantisce i diritti dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità sancendone l’inviolabilità (art. 2).Tali dirittisoggettividellapersonalità hanno ad oggetto gli attributi essenziali della persona umana: per la loro importanza, sono tutelati sia dal diritto pubblico, sia dal diritto privato.

I diritti della personalità sono:— essenziali (mirano a garantire le ragioni fondamentali della vita e dello sviluppo

fisico e morale della persona) (TRABUCCHI);— personalissimi (hanno come oggetto un modo di essere della persona);— originari, se sorgono con la nascita. Essi sono detti pure innati in quanto prescindono

da ogni riconoscimento giuridico; sono, invece, derivati se si acquistano durante la vita della persona, come il diritto allo status di coniuge;

— non patrimoniali (alla stregua della coscienza sociale tali diritti non possono assu-mere un valore di scambio);

— assoluti (possono essere fatti valere nei confronti di tutti - erga omnes);— indisponibili (al soggetto non è consentito alcun potere dispositivo su di essi);— intrasmissibili (si estinguono con la morte del titolare);— imprescrittibili (non si estinguono per non uso);— irrinunciabili.I diritti della personalità, proprio per la loro importanza, sono tutelati sia in sede penale sia in sede civile.

In campo civile vengono in rilievo:— l’azioneinibitoria, con la quale si richiede al giudice la cessazione del fatto lesivo;— l’azionedirisarcimento, sia in forma specifica sia per equivalente (risarcimento

dei danni patrimoniali).In passato si riteneva che la lesione dei diritti della personalità rientrasse nell’ambito dei danni non patrimoniali, come tali risarcibili solo nei limiti di cui all’art. 2059. Successivamente, attraverso l’introduzione del concetto di danno patrimoniale indiretto, quale danno economico derivante dal pregiudizio arrecato ad un bene non patrimoniale, si è ammessa una parziale risarcibilità ex art. 2043 della lesione arrecata ai diritti in questione.

Edizioni Simone - Vol.5/3 Compendio di Istituzioni di Diritto Privato (Diritto Civile)

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Parte seconda I soggetti dell’attività guiridica52

È solo di recente, tuttavia, che sulla scia della evoluzione della nozione di danno patrimoniale risarcibile, si è acquisita la consapevolezza per cui tutti i beni, siano essi di natura economica o personale, costituiscono elementi del patrimonio del soggetto e, pertanto, la loro lesione produce sempre un danno patrimoniale.

2. Principali tipi

A) Diritto alla vita e all’integrità fisicaIl diritto alla vita, intesa quale complesso delle funzioni naturali degli organismi viventi, può configurarsi come dirittodiacquisirelavita (diritto di nascere), di conservarelavita e di rinunciare alla medesima.Sotto il primo profilo l’ordinamento tutela il dirittoanasceresani, nel senso che nessuno può procurare al nascituro lesioni o malattie (con comportamento omissivo o commissivo colposo o doloso) e devono essere predisposte tutte le strutture di tutela, cura e assistenza della maternità idonee a garantire al concepito di nascere sano; non è, invece, configurabile, in capo al concepito, un dirittoanonnascere, o a «non nascere se non sano», come si desume dal combinato disposto degli artt.4e6,L.194/1978(Cass. 29-7-2004, n. 14488). Ne consegue che ildannodalesionedeldirittoanonnasceresenonsaninonèrisarcibile (Cass. 22-12-2015, n. 25767).Per quanto riguarda, invece, il dirittodiconservarelavita, l’ordinamento impone a tutti i consociati di astenersi dall’attentare alla vita altrui. Tale obbligo è presidiato, anzitutto, dal diritto penale, che punisce il delitto di omicidio (artt. 575 ss. c.p.). Si tratta di un diritto indisponibile, come emerge dalle norme penali che puniscono l’omicidio del consenziente e l’istigazione o l’aiuto al suicidio (artt. 579-580 c.p.).Sul fronte civilistico, poiché con la si estingue morte la persona fisica, non è ipotiz-zabile alcuna tutela favore della vittima. Tuttavia, chi abbia causato la morte è tenuto al risarcimentodeldannoinfavoredeiprossimicongiuntidell’ucciso. Il danno comprende il danno patrimoniale (art. 2043 c.c.) e il danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.), ad eccezione dei casi in cui sussista una causa di giustificazione (ad es. legittima difesa) o il soggetto agente sia incapace di intendere e di volere, con conseguente non imputabilità del fatto al soggetto (artt. 845 ss. c.p., art. 2046 c.c.).Infine, come accennato, il diritto alla vita può venire in rilievo come dirittodirinun-ciareallavita. Sul punto occorre richiamare le novità introdotte dallaL.219/2017 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento). L’art. 1, co. 6 impone al medico di rispettarelavolontàespressadalpazientedirifiutareiltrattamentosanitarioodirinunciarealmedesimo. Tuttavia, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario proposto il medico deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze con un’appropriata terapia del dolore. In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazionepalliativaprofonda continua, in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente.

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Capitolo 3 I diritti della personalità 53

Particolarmente significativo è l’art. 4, che consente a ogni persona maggiorenne, capace di intendere e di volere, in previsione di una sua eventuale incapacità di autode-terminarsi, di esprimere, attraverso disposizionianticipateditrattamento (DAT), le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali.Autore delle DAT può essere un soggettomalato o una personasana che si prefiguri in via astratta una futura infermità.Si parla anche di «testamento biologico» o «biotestamento», ma si tratta di espressioni scorrette. Le DAT, infatti, non disciplinano gli interessi del soggetto per il tempo in cui avrà cessato di vivere; al contrario, integrano una manifestazione di volontà destinata ad avere efficacia quando l’autore è ancora in vita, riguardando le cure alle quali egli intende (o non intende) sottoporsi.Le DAT non sono sempre vincolanti per il medico: l’art. 4, co. 5 consente al medico di disattenderle, in accordo col fiduciario, qualora appaiano palesemente incongrue, non corrispondenti all’attuale situazione clinica del paziente o qualora sopraggiunga la possibilità di terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita.Inoltre, le DAT possono essere revocate o modificate (art. 4, co. 6).

Strettamente legato al diritto alla vita è il dirittoall’integritàfisica, tutelato dall’art. 32, co. 1, Cost., che protegge la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce, così, l’integrità fisica e psichica della persona. Inoltre, l’integrità fisica è presa in considerazione dall’art. 5 c.c., che vieta gli atti dispositivi del proprio corpo quando comportino una diminuzione permanente dell’integrità fisica o siano contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume.L’art. 5 c.c. tutela l’integrità fisica anzitutto contro atti lesiviposti in esseredaltitolare, a conferma della sostanziale indisponibilità del diritto alla salute. Sono vietati, in particolare, gli atti di disposizione del proprio corpo che comportino una menomazione fisica permanente (es., automutilazione), mentre sono consentiti gli atti che non cagionino una tale menomazione (es., prelievo di sangue a fini trasfusionali, prelievo di midollo a scopi terapeutici etc.) o riguardino parti staccate del proprio corpo (es., unghie e capelli). Sono leciti, pur comportando una menomazione fisica, anche gli atti di donazione di organi nei casi previsti dalla legge (es., trapianto di rene e di parte del fegato).Sono illecite, perché contrarie all’ordine pubblico e al buon costume, l’attività di pro-stituzione o la sottoposizione a sperimentazioni scientifiche non giustificate da finalità terapeutiche, personali o generali, nonché talune pratiche di procreazione artificiale (es., l’utero in affitto, dove una donna accetta l’impianto di un ovulo fecondato di un’altra donna per gestire la gravidanza nell’interesse altrui).Non contrasta con l’art. 5 c.c. il cambiamento di sesso, nei casi consentiti dalla L. 164/1982.Il diritto all’integrità fisica è tutelato, inoltre, contro gli attilesivipostiinesseredaterzi, con conseguente assoggettamento dell’autore alle sanzioni penali (es., lesioni personali) e all’obbligo di risarcire il danno patrimoniale e non patrimoniale (artt. 2043 e 2059 c.c.).

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Una disciplina particolare è dedicata alle lesioni dell’integrità fisica dovute a tratta-mentimedico-sanitari. Sono consentiti, infatti, interventi medici che, pur implicando una diminuzione dell’integrità fisica, sono tuttavia necessari per la salute o la soprav-vivenza del paziente (es., l’amputazione di un arto infetto). La liceità degli interventi medici richiede il consenso del paziente e la sua preventiva informazione da parte del medico sulle possibili conseguenze (c.d. consenso informato), conformemente a quanto prevede l’art. 32, co. 2, Cost. («Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge»). La L.219/2017 stabilisce, all’art. 1, che nessuntrattamentosanitariopuòessereini-ziatooproseguitoseprivodelconsensoliberoeinformatodellapersonainteressata (salvo che nei casi previsti espressamente dalla legge). Il consenso è espresso in forma scritta o, nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo permetta, attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare.L’acquisizione del consenso informato del paziente, da parte del sanitario, costituisce una presta-zione diversa rispetto a quella avente ad oggetto l’intervento terapeutico, dal cui inadempimento deriva un danno-conseguenza costituito dalla privazione del diritto di disporre di sé stesso a causa dello svolgimento, sulla propria persona, di interventi non assentiti. Il danno non necessità di una prova specifica (Cass. 5-7-2017, n. 16503).

B) Diritto all’onore e all’integrità morale. La tutela della riservatezza e dell’immagineIl dirittoall’onoreeall’integritàmorale tutela sia il sentimento della propria dignità personale sia la considerazione di cui una persona gode. Il nostro ordinamento tutela il diritto all’onore sia mediante disposizioni penali (ad esempio quelle in materia di diffamazione) sia mediante disposizioni civili (ex art. 2043).Si riconosce oggi, più in generale, un autonomo dirittoallariservatezza, che assicura «una zona al riparo dalle indiscrezioni altrui, una sfera di intimità sottratta alla curiosità degli estranei».Di grande attualità è il problema della riservatezza con riferimento alla raccolta e ge-stione di informazioni mediante computer (c.d. banche dati), problema che il legislatore ha affrontato attraverso diversi interventi normativi, culminati nel D.Lgs. 30-6-2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali).La normativa stabilisce il principio generale che chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano (art. 1); essa garantisce altresì che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità perso-nale e al dirittoallaprotezionedeidatipersonali definiti (art. 4, D.Lgs. 196/2003) come «qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, enti o associazioni, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale». Con tale espressione la legge ha inteso individuare ognicircostanzatrattabilecomedato, ovvero capace di essere raccolta in un archivio per qualsiasi successivo tratta-mento, in quanto riferibileaunapersonaecapacediconsentirnel’identificazione.

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Un cenno a parte meritano i cd. dati sensibili, cioè i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sin-dacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, nonché i dati contenuti nei curricula. Tali dati godono di una tutela rafforzata potendo essere oggetto di trattamento solo con il consenso scritto dell’interessato e previa autorizzazione del Garante (salve le deroghe espresse previste dal Codice: art. 26).Peraltro, da parte della Cassazione si parla di un diritto all’identità personale, ossia al rispetto della personalità come complessa identità spirituale e morale, per garantire alle persone note tutela contro l’attribuzione di idee o fatti non rispondenti al vero.

Strettamente collegato al problema della riservatezza e del diritto alla privacy è il cd. dirittoall’oblio, figura di creazione giurisprudenziale che indica il diritto di un soggetto di impedire la divulgazione di notizie che, per il trascorrere del tempo, risultino ormai dimenticate o ignote alla generalità dei consociati (Cass. 16111/2013).Tale diritto tutela la proiezione sociale dell’identità personale, ossia l’esigenza del soggetto di essere tutelato dalla divulgazione di informazioni (potenzialmente) lesive in ragione della perdita di attualità delle stesse (stante il lasso di tempo intercorso dall’accadimento del fatto che costituisce l’oggetto), sicché il relativo trattamento non è più giustificato e, anzi, è suscettibile di ostacolare il soggetto nella realizzazione della propria personalità. Il soggetto cui l’informazione oggetto di trattamento si riferisce ha, infatti, il diritto al rispetto della propria identità personale o morale, a non vedere cioè «travisato o alterato all’esterno il proprio patrimonio intellettuale, politico, sociale, religioso, ideologico, professionale» (Cass. 7769/1985) e, pertanto, alla verità della propria immagine nel momento storico attuale (Cass. 5525/2012).Il diritto all’oblio sulle proprie vicende personali si deve confrontare, in ogni caso, con il diritto della colletti-vità a essere informata e aggiornata sui fatti da cui dipende la formazione della pubblica opinione, anche quando da essa derivi discredito alla persona titolare di quel diritto (Cass. 38747/2017). Ciò comporta, ad es., l’impossibilità di invocare il diritto all’oblio da parte di un soggetto che si sia reso protagonista di vicende di particolare importanza storica (Garante protezione dati personali, 31-3-2016, n. 152).La Cassazione (ord. 6919/2018) ha di recente affermato che dal quadro normativo e giurispru-denziale nazionale ed europeo (artt. 8 e 10, co. 2, CEDU e 7 e 8 della c.d. «Carta di Nizza»), si ricava che il diritto all’oblio può subire una compressione, a favore dell’ugualmente fondamen-tale diritto di cronaca, solo in presenza dei seguenti presupposti: 1) contributo arrecato dalla diffusione dell’immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico; 2) interesse effettivo ed attuale alla diffusione; 3) elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato; 4) modalità dell’informazione, che deve essere veritiera, diffusa in modo non eccedente lo scopo informativo, nell’interesse del pubblico, senza insinuazioni o considerazioni personali; 5) preventiva informa-zione circa la pubblicazione a distanza di tempo, in modo da consentire il diritto di replica prima della sua divulgazione al pubblico.

È, infine, riconosciuto un dirittoall’immagineossia il diritto di ciascun individuo di mostrare sé stesso soltanto quando si abbia interesse a farlo e di impedire a terzi l’utilizzo e la divulgazione del proprio ritratto al di fuori dei casi consentiti dalla legge (art. 10). Si parla anche (TRIMARCHI) di un diritto alla verità personale che si ritiene leso quando si diffondono notizie non vere su una persona, anche se non diffamatorie che però ledano l’immagine del soggetto agli occhi del pubblico.La classificazione del diritto in esame è dubbia. Secondo alcuni si tratta di una ma-nifestazione del diritto alla riservatezza (De Cupis), altri invece lo considerano come espressione dell’onore (Bavetta), altri ancora un autonomo diritto della personalità (Perlingieri).

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L’immagine, oggetto del diritto, va intesa in senso ampio, come raffigurazionedell’aspettodellapersonainqualsiasimodorealizzata, compresa la riproduzione televisiva, teatrale o cinematografica.Il diritto all’immagine comprende il diritto allo sfruttamento esclusivo della propria immagine a fini commerciali. Pertanto, ai sensi dell’art. 10 c.c., nonché degli artt. 96 e 97, L. 633/1941 sul diritto d’autore, la divulgazione dell’immagine senza il consenso dell’interessato è lecita soltanto se risponda a esigenze di pubblica informazione e non quando sia rivolta a fini pubblicitari (Cass. 1748/2016).L’illecito utilizzo della immagine altrui, ai sensi dell’art. 10 c.c., si configura quando la sua divulgazione, in fotografia o in filmati pubblici, nontroviragioneinfinalitàdiinforma-zionemanellosfruttamento–indifettodiconsensodell’interessato–commercialeopubblicitario, a tal fine richiedendosi che il personaggio appaia come involontario testimo-nial del prodotto reclamizzato o che, comunque, il pubblico lo associ ad esso, reputando che costui ne condivida la propaganda o la commercializzazione (Cass. 27-11-2015, n. 24221).Nel caso di lesione del diritto all’immagine è risarcibile, oltre all’eventuale dannopatri-moniale, il dannononpatrimoniale costituito dalla diminuzione della considerazione della persona da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con i quali il danneggiato abbia a interagire; in ogni caso, il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come nel caso di lesione al diritto alla reputazione, non è in re ipsa ma costituisce un danno-conseguenza, che deve essere allegato e provato da chi ne domandi il risarcimento (Cons. Stato 4615/2016).Nel codice civile nessuna norma tutela esplicitamente il diritto alla riservatezza in quanto tale, per cui la stessa esistenza è stata a lungo contestata. Ma sono, comunque, rinvenibili frammenti di tutela (PIAZZA):

— l’art. 10 c.c. che tutela il diritto all’immagine;— la legge sul diritto d’autore, 633/1941, che protegge l’immagine (artt. 96-97), gli scritti (art. 93),

la stessa identità (art. 21);— nel codice penale ricordiamo l’art. 615bis che punisce le interferenze illecite nella vita privata,

e gli artt. 616 ss. che puniscono gli attentati all’inviolabilità dei segreti.

Il fondamento normativo del diritto alla riservatezza si ricava dall’art. 2 Cost. e dalle sue spe-cificazioni (artt. 13, 14, 15), nonché dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che riconosce il diritto di ogni persona al rispetto della sua vita privata e familiare, oltre che del domicilio e della corrispondenza.Il diritto all’immagine tutela l’interesse di ciascun individuo a che il proprio ritratto non sia diffuso o esposto pubblicamente.

Infatti, il ritratto della persona non può essere esposto o pubblicato senza il consenso di questa quando:

— la riproduzione dell’immagine non è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, ovvero dal collegamento a fatti, avvenimenti o cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico (art. 97 L. dir. aut.);

— l’esposizione o la messa in commercio dell’immagine rechi pregiudizio all’onore, alla reputa-zione o anche al decoro della persona ritratta (art. 97 cit.).

In caso di abuso dell’immagine, l’interessato — o un suo stretto congiunto — può chiedere all’autorità giudiziaria un provvedimento inibitorio (es.: il sequestro) affinché l’abuso cessi, salvo il risarcimento dei danni (art. 10).

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Capitolo 3 I diritti della personalità 57

C) Diritto alla libertà e alla esplicazione della propria attivitàLa Costituzione protegge la libera esplicazione dell’attività e personalità dell’indi-viduo, riconoscendo ai cittadini molteplici libertà, tra le quali ricordiamo: la libertà di locomozione; la libertà di residenza; la libertà di comunicare e di corrispon-dere; la libertà di riunione; la libertà di associazione; la libertà di professare la propria fede religiosa; la libertà di pensiero e di parola; la libertà matrimoniale; la libertà contrattuale e commerciale; la libertà testamentaria; la libertà di scelta del proprio lavoro.Pertanto sononulli tutti quei negozi con i quali si sacrifichino in modo assoluto queste libertà.

D) Diritto al nome (artt. 6, 7, 8)Tale diritto è riconosciuto in quanto il nome rappresenta il segno distintivo della per-sona. Esso si compone del prenome, o nome individuale e del cognome, che designa l’appartenenza alla famiglia.Il diritto al nome comprende il potere di usarlo in via esclusiva, di esigere dai terzi l’uso del nome per designare chi lo porta e di impedirne a terzi l’uso indebito e pre-giudizievole. Il diritto al nome si acquista al momento della nascita, come conseguenza del rapporto di filiazione; pertanto, deve essere riscontrato esclusivamente alla stregua degli atti di nascita o di battesimo: l’utilizzazione protratta nel tempo non consente l’acquisto del nome per usucapione.La tutela del nome è sancita a protezione non solo di un interesse individuale, ma anche dell’in-teresse della società e viene attuata in caso di usurpazione del nome o di contestazioni circa il diritto all’uso di esso attraverso l’azione inibitoria prevista dall’art. 7 c.c. (finalizzata a ottenere la cessazione del fatto lesivo), la pubblicazione della sentenza e il risarcimento del danno; inoltre, sono consentite l’azione di mero accertamento e l’azione di rettifica (artt. 95 ss. ord. st. civ.).Anche lo pseudonimo o nome d’arte (ad esempio Charlot) gode della stessa tutela del diritto al nome, sempre che, però, tale pseudonimo abbia acquistato l’importanza del nome; occorre, cioè, che il soggetto sia noto soprattutto con lo pseudonimo (art. 9).

Il prenome è, nel linguaggio comune, il nome ed è il modo di identificazione del soggetto nell’ambito del gruppo familiare. Il potere di scelta del prenome spetta congiuntamente ai genitori (art. 316 c.c.); in caso di dissenso, è consentito il ricorso al tribunale per i minorenni. Se i genitori non effettuano la scelta o se i genitori non sono noti, il potere di scelta spetta all’ufficiale di stato civile.Il prenome si acquista al momento della dichiarazione di nascita.Al figlio non può essere attribuito il prenome del genitore vivente se non è seguito dal suffisso junior, né di un fratello o di una sorella viventi. Inoltre, non possono essere attribuiti nomi ridicoli o vergognosi (art. 34, co. 3, ord. st. civ) o idonei a creare situazioni discriminanti o difficoltà di inserimento sociale. Il prenome deve corrispondere al sesso del nato (art. 35, co. 1, ord. st. civ.): ad es., il prenome «Andrea» può essere attribuito anche a soggetti di sesso femminile, stante la

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non trascurabile presenza in Italia di persone di origine straniere presso cui tale prenome a connotazione anche femminile.Il cognome si acquista come conseguenza legale del rapporto di filiazione. Nel caso di filiazione nel matrimonio ilfiglioassumeilcognomedelpadre, in forza di una normaimplicita al sistema desumibile dagli artt. 237, 222 e 299 c.c. e dall’art. 72, co. 1, R.D. 1238/1939 (ordinamento dello stato civile) nonché degli artt. 33 e 34 d.P.R. 396/2000 (regolamento per la revisione e la semplificazione dello stato civile); tale norma, che non consente ai coniugi di trasmettere al figlio, al momento della nascita, anche il cognome materno, è stata giudicata contraria agli artt. 8 e 14 Cedu dalla Corte di Strasburgo (Corte Edu 7-1-2014) ed è stata dichiarataillegittimadaCortecost.286/2016.La dichiarazione di incostituzionalità è stata estesa, in via consequenziale, all’art. 262, co. 1, c.c., la quale, con riferimento alla fattispecie del riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, non consentiva ai genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento della nascita, anche il cognome materno, nonché all’art. 27, L. 87/1953, nella parte in cui non consentiva ai coniugi, in caso di adozione compiuta da entrambi, di attribuire, di comune accordo, anche il cognome materno al momento dell’adozione.Tale diversità di trattamento dei coniugi nell’attribuzione del cognome ai figli era espressione di una superataconcezionepatriarcale della famiglia e dei rapporti fra coniugi incompatibile con il principio di uguaglianza e con il principio della loro pari dignità morale e giuridica. Anche gli enti collettivi (associazioni, comitati etc.), quale centri di imputazione di situazioni giuridiche e, come tali, soggetti di diritto distinti dai singoli membri, beneficiano della tutela della propria denominazione, che si traduce nella possibilità di chiedere la cessazione di fatti di usurpazione (cioè di indebita assunzione di nomi e denominazioni altrui quali segni distintivi) e il risarcimento del danno ex art. 2059 c.c., comprensivo di qualsiasi conseguenza pregiudizievole della lesione dei diritti immateriali della personalità, compatibile con l’assenza di fisicità e costituzionalmente protetti, quali sono il diritto al nome, all’identità e all’immagine dell’ente (Cass. 16-11-2015, n. 23401).La XIV disp. transitoria e finale della Costituzione, nello stabilire che «I titoli nobiliari non sono riconosciuti. I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono come parte del nome», ha disconosciuto i titoli nobiliari che, dunque, non hanno alcun valore per il nostro ordi-namento, pur non essendone vietato l’uso; mentre ha inteso preservare, come parte del nome, solo i predicati nobiliari esistenti prima della data della marcia su Roma, in ossequio al generale sfavore per quanto accaduto dopo tale periodo.Il predicato è la particella «di» aggiunta al titolo nobiliare per specificarlo e completarlo. All’indomani della entrata in vigore della XIV disposizione è stata confermata la natura di diritto soggettivo del predicato nobiliare, quale parte del nome, con conseguente diritto di ottenere una pronuncia che riconosca l’aggiunta del predicato, qualora non sia annotato negli atti dello stato civile.Tuttavia, la cognomizzazione dei predicati nobiliari dei titoli esistenti alla data del 28 ottobre 1922 non deve essere intesa come tutela del prestigio della famiglia e come segno distin-tivo e onorifico della persona in quanto appartenente a una nobile stirpe, perché i titoli nobiliari

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non hanno valore giuridico e non sono ammesse distinzioni fondate su tali titoli (Corte cost. 101/1967). La cognomizzazione dei predicati nobiliari è meritevole di tutela unicamente se mira a preservare l’identità personale, nel senso di immagine sociale, del richiedente (Trib. Roma 7-12-2015).

E) Diritto al nome commerciale (ditta)È riconosciuto al fine di differenziare l’attività commerciale di un imprenditore da quella di altri; in particolare distinguiamo:

— la ditta: che secondo alcuni autori, è il nome che l’imprenditore «spende» nel commercio;— la ragione sociale: che è il nome delle società commerciali personali e deve contenere l’indi-

cazione almeno di uno dei soci;— la denominazione: che il nome delle società di capitali e può anche essere di fantasia.

F) Diritto all’identità sessualeÈ tutelato l’interesse del soggetto al godimento della propria identità sessuale e cioè al riconosci-mento del proprio sesso (BIANCA).Il diritto all’identità sessuale va riconosciuto non solo a coloro che, sentendo in modo profondo di appartenere all’altro genere, abbiano modificato i loro caratteri sessuali primari, ma anche a coloro che, senza modificare i caratteri sessuali primari, abbiano costruito una diversa identità di genere e si siano limitati ad adeguare in modo significativo l’aspetto corporeo (Trib. Messina 11-11-2014).La possibilità di modificare, durante la vita, la propria identità sessuale è stata riconosciuta dalla L. 164/1982. Il D.Lgs. 150/2011 ha ammesso la possibilità di ottenere dal tribunale un’autorizzazione all’adeguamento chirurgico degli organi genitali; la modifica del sesso è accertata dal Tribunale con sentenza.È sempre il Tribunale, poi, a dover autorizzare la relativa rettificazione degli atti dello stato civile, una volta accertato l’avvenuto mutamento di sesso.In proposito, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha progressivamente riconosciuto un diritto all’identità di genere, che prescinderebbe dall’intervento chirurgico finalizzato alla modifica dei genitali.L’intervento di adeguamento chirurgico dei caratteri sessuali è un trattamento sanitario volto al raggiungimento dell’integrità psicofisica, con la conseguenza che quando deve essere realizzato su un minore vige il principio della rappresentanza dei genitori; la richiesta di autorizzazione è un atto complesso, espressione di due volontà concorrenti, quella del minore e quella del genitore; rispetto al minore dovrà essere considerata l’età e il grado di maturità intellettuale oltre che l’esi-genza di tutela della sua personalità (Trib. Roma 11-3-2011).Il diritto alla libera espressione della propria identità sessuale appartiene al novero dei diritti invio-labili della persona di cui all’art. 2 Cost., quale essenziale forma di realizzazione della personalità; pertanto, è tutelato anche il diritto alla libera comunicazione a terzi del proprio orientamento sessuale (c.d. coming out). In questa prospettiva, ad es., è stata ritenuta condotta omofobica, gravemente discriminatoria e lesiva del diritto alla privacy, la segnalazione, effettuata dall’ospedale militare, della dichiarazione di omosessualità da parte di un chiamato alla leva (ed esonerato dal servizio militare per tale sola ragione) alla motorizzazione civile, evidenziando la derivante carenza dei requisiti psico-fisici legalmente previsti per la guida di automezzi, nonché la conseguente sottoposizione dell’interessato a un procedimento di revisione della patente di guida (Cass. 22-1-2015, n. 1126).

G) Diritto di conoscere le proprie origini Il processo di valorizzazione del diritto all’identità personale è culminato nella recente affermazione, da parte di Corte cost. 278/2013, del diritto del figlio, in caso di parto anonimo, di conoscere

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le proprie origini e di accedere alla propria storia parentale, quale elemento significativo nel sistema costituzionale di tutela della persona.Il giudice minorile, su richiesta del figlio che intenda conoscere le proprie origini e accedere alla propria storia parentale, può interpellare la madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, ai fini di un’eventuale revoca di tale dichiarazione, con modalità procedimentali – desunte dall’art. 28, L. 184/1983 e dall’art. 93, D.Lgs. 196/2003 – tali da assicurare la massima riservatezza e il massimo rispetto della dignità della donna. Il diritto del figlio di conoscere le proprie origini trova un limite insuperabile qualora l’iniziale volontà della madre di voler mantenere l’anonimato non venga rimossa in seguito all’interpello, persistendo il rifiuto di svelare la propria identità (Cass. S.U. 1946/2017).Sul piano operativo, alcuni tribunali per i minorenni, una volta ricevuto il ricorso del figlio, formano il relativo fascicolo, secretato fino alla conclusione del procedimento, incaricano la polizia giu-diziaria di acquisire, presso l’ospedale di nascita, notizie utili all’individuazione della madre del ricorrente; se la madre risulti in vita, incaricano i servizi sociali di recapitare alla madre una lettera di convocazione; il colloquio avviene nel giorno e nel luogo scelto dall’interessata. A questo punto, secondo le direzioni pratiche, l’interessata viene messa al corrente dal giudice che il figlio che mise alla luce quel certo giorno ha espresso il desiderio di accedere ai propri dati di origine, e viene informata che può svelare la sua identità e può richiedere un termine di riflessione. Se la donna non dà il suo consenso al disvelamento, il giudice ne dà semplice riferimento scritto al tribunale, senza formare alcun verbale e senza comunicare il nome del richiedente; se invece la persona dà il suo consenso, il giudice redige verbale, facendolo sottoscrivere alla persona interessata, solo allora rivelando a quest’ultima il nome del ricorrente.Il figlio ha anche diritto di accedere alle informazioni riguardanti l’identità delle sorelle e fratelli biologici, previo interpello di questi ultimi mediante un procedimento giurisdizionale idoneo ad assicurare la massima riservatezza e il massimo rispetto della dignità dei soggetti da interpellare, al fine di acquisirne il consenso all’accesso alle informazioni richieste o di constatarne il diniego, da ritenersi impeditivo dell’esercizio del diritto (Cass. 6963/2018).

Questionario1. Quali sono i caratteri dei dirittidellapersonalità? (§1)2. Si possono compiere attididisposizionedelpropriocorpo? (§2)3. Le DATsonorevocabili? (§2)4. Cosa si intende per protezionedeidatipersonali? (§2)