carlo sini la musica nel secolo delle masse

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  • 7/30/2019 Carlo Sini LA MUSICA NEL SECOLO DELLE MASSE

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    Nema Numero 2, anno 2011

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    LA MUSICA NEL SECOLO DELLE MASSE(MUSICA E SOCIET)Carlo Sini

    Benito Mussolini, probabilmente ispirandosi a Sorel, defin il Novecento il se-

    colo delle masse. Sulluomo-massa, sulluomo a una dimensione e simili sonostati scritti molti libri. A quel mondo apparteniamo ancora totalmente: quali nesono le conseguenze? In che modo la presenza delle masse ha mutato la vita,anzitutto quella economica, e poi tutto il resto, per esempio la cultura, la filoso-fia, la percezione del tempo e della storia ecc.? Anche a questo proposito le ri-sposte, le analisi, le congetture sono moltissime e nondimeno lungi dal soddi-sfare tutte le nostre esigenze di comprensione. Gi per esempio chiedere checosa sono le masse genera pi dubbi che certezze. Mussolini, che Hitler con-sider in questo suo maestro e precursore, intuiva in proposito alcune fonda-mentali possibilit per lazione politica; la Scuola di Francoforte allarglorizzonte, scorgendo elementi comuni tra le dittature fasciste e taluni aspetti

    delle democrazie borghesi. Heidegger rincar la dose: egli lesse il secolo dellemasse come il secolo della tecnica, della sua furia sradicatrice e insieme dellasua forza di appiattimento del linguaggio e del pensiero ridotti a mera chiac-chiera, a vacua informazione e ad alienazione pubblicitaria. Gi Marx avevapronosticato e constatato lalienazione dei corpi e delle anime e Nietzsche a-

    veva forse visto qualcosa pi di tutti.Questo, detto in modo succinto e per vaghi cenni, lo sfondo. A partire

    da esso mi propongo di svolgere di getto una serie di riflessioni, molto estem-poranee, in forma di libero commento a un libro straordinario: Il resto rumore.

    Ascoltando il XX secolo di Alex Ross (trad. it., Bompiani, Milano 2009). AlexRoss, nato a Washington nel 1968, ha studiato pianoforte, oboe, composizione

    e teoria musicale. Inoltre ha frequentato a Harvard studi di storia europea e diletteratura inglese. critico musicale del New Yorker dal 1996. Ha consegui-to vari riconoscimenti e premi internazionali per i suoi contributi nel campodella musica contemporanea. Il suo libro un meraviglioso affresco che coniu-ga la musica, la cosiddetta grande musica, ma non solo, con la storia del 900 ela storia con la musica: un libro sicuramente da leggere anche da parte di chinon abbia particolari competenze in campo musicale. Cosa questo propriamen-te significhi emerger, come confido, nel seguito delle mie riflessioni. Sicch,per la premessa a ci che segue, mi fermo qui.

    La musica nel suo complesso unarte assai diffusa; forse pi diffusa

    della poesia e della pittura. Coinvolge infatti masse di ascoltatori e fruitori.Tuttavia anche la meno conosciuta delle arti, soprattutto proprio in Italia. Ilsuo insegnamento scolastico stato da sempre assente o deficitario. Un feno-meno assai comune quello di persone molto colte che non capiscono nulla dimusica, che non la frequentano, che non la amano, che vivono benissimo fa-cendone in sostanza a meno. Queste persone si vergognerebbero di mostrarsiignoranti del Perugino, di Ariosto, Goethe, Canova o Montale, ma non sonoaffatto turbate dal loro ignorare del tutto Palestrina, Monteverdi, Haydn, De-bussy o Strawinsky. La musica giunta ultima tra le arti a conquistare un pre-stigio culturale pari alla letteratura ecc. Nonostante la grande rivoluzione cultu-rale e morale imposta al mondo aristocratico e borghese da Mozart e da Bee-

    thoven, nonostante Schopenhauer, che proclam e teorizz la musica come

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    prima delle arti, la pi vicina al linguaggio e alla verit del mondo, la conoscen-za della musica nel mondo della cultura ancora largamente deficitario e soffredi una millenaria emarginazione.

    A ci si suole aggiungere che la musica non per tutti, per via di dotinaturali di orecchio che non sono universali. Non so quanto questo argomento

    sia fondato. Nella mia triennale esperienza di giovane insegnate di educazionemusicale nella scuola media italiana non ho incontrato casi di inguaribile sorditmusicale. So per che la diseducazione musicale e lo scempio che in ogni fami-glia si compie dellorecchio dei bambini sin dalla prima infanzia spiega ai mieiocchi la diffusione immensa che, ormai sullintero pianeta, caratterizza la catti-

    va musica, rendendo popolari le pi assolute banalit e idiozie musicali. Comesi vede, sono su questo argomento molto animoso (Ross lo prevedeva, parlan-do dei suoi contemporanei e dei suoi lettori). Questo della musica di massa edi consumo un rovello che mi accompagna e che si collega per ad altri pirispettabili argomenti. Inutile insisterci, visto che ci torner di sicuro. Aggiun-ger solo: vorrei che tutti, ma proprio tutti o almeno quasi tutti, si emozionas-

    sero e gioissero con me allascolto della buona musica e nella scoperta dellesue meraviglie; soprattutto vorrei che tutti, ma proprio tutti, si rendessero con-to delle ignobili cretinerie musicali delle quali non sembra oggi che si possa farea meno nei luoghi pubblici, nei festival canzonieri, vere sagre dellorrore imbe-cille, nella spropositata valanga di dischi venduti nel mondo e che a me paionoesempi evidenti di ci che la legge definiva un tempo circonvenzione di inca-pace.

    Nella Prefazione Ross osserva che nel XX secolo la vita musicale si disintegrata in una massa brulicante di culture e sottoculture, ciascuna con lesue regole e il suo gergo. Alcuni generi hanno ottenuto maggiore popolarit di

    altri; nessuno riuscito a esercitare un vero richiamo di massa (p.9). Questo appunto uno degli effetti dellimporsi della massa o della societ di massa: chele gerarchie storiche e la stessa possibilit di ordinare le cose secondo una storiacomune vengono meno. Il racconto teleologico (lo osserva anche Ross ap.12) che procede per avanguardie e rivoluzioni, per sovranit di forme, diidee e di personaggi, nel corso del 900 si sfilaccia e diviene infine impossibile einsensato. Manca un qualsiasi criterio gerarchico di ordine e ununit di misuradel valore efficiente e condivisa. Ho gi svolto questo argomento nel mio Da

    parte a parte. Apologia del relativo (ETS, Pisa 2009, pp.136 sgg.) e non lo ripeterqui.

    Ross descrive succintamente, ma eloquentemente, la situazione che si

    determinata nel corso del XX secolo. Nella musica, ci che delizia un gruppodi persone fa venire il mal di testa a un altro. I pezzi hip-hop entusiasmano gliadolescenti e atterriscono i loro genitori. I classici che spezzano il cuore a unagenerazione risultano insulsamente kitsch alle orecchie dei nipoti (pp.9-10). Ingenerale la musica contemporanea colta considerata dai pi un orribile guaz-zabuglio. Le discussioni si animano facilmente; capita che si diventi intollerantinei confronti dei gusti altrui, e persino violenti (eccomi qua evocato!). A volteper la gente una sorpresa apprendere che i compositori stanno ancora scri-

    vendo musica. La massa pensa che la musica classica sia una musica di mor-ti, una cosa del passato (e in effetti se solo le persone si dessero la pena di con-sultare i programmi di sala dei concerti e i cartelloni dei teatri dopera trove-

    rebbero buoni motivi per confermarsi in questa opinione). La cosa fa il paio

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    con ci che una collega, un tempo mia allieva, la quale insegna in un liceo pri-vato, mi raccont tempo fa: i suoi ragazzi stupirono moltissimonellapprendere che il maestro della loro insegnante era un essere umano viven-te che, oltre a essere lautore del loro manuale, pubblicava in proprio libri di fi-losofia. Ma come, dissero, i filosofi ci sono ancora? Secondo loro erano da

    tempo tutti scomparsi, tutti morti, insomma estinti. Per questo li obbligava-no a studiarli, si potrebbe aggiungere.Queste reazioni sono estremamente significative. Ormai non vi che

    plebe, diceva Nietzsche, e aggiungeva che la cultura universitaria tendeva algiornalismo. Come diavolo riuscisse a scorgere linizio di questi fenomeni allafine del XIX secolo per me incomprensibile, ma un fatto che ci riusciva.Oggi gli adolescenti dei licei sono tutti ugualmente plebe, quale che sia la na-tura sociale delle loro famiglie (che sono in generale plebe anchesse). Per-ci possono ragionare solo in quanto perfettamente normalizzati dai mes-saggi della cultura di massa (televisione, giornali, programmi elettronici variecc.), nella quale cultura non hanno molto spazio la musica colta o la filosofia

    intese come fatti viventi e operanti. Quindi secondo loro non esistono. Si co-mincia a capire come si forma la cultura di massa. Di qui la relazione tra la sto-ria (io dico la storia materiale: cfr. il mio intervento sul primo numero di N-ema) e per esempio la musica, tema sul quale torneremo.

    Importa invece osservare che il quadro generale qui schizzato contieneanche, come sempre accade, qualche conseguenza positiva. Nella polverizza-zione delle pratiche e delle idee musicali accadono di frequente interessanticontaminazioni. Qui il jazz (che personalmente amo molto e conosco abba-stanza) ha sicuramente un primato. Le sonorit dellavanguardia, gli accordi a-tonali e simili compaiono non di rado presso i musicisti jazz, ma anche, diceRoss, nelle colonne dei film hollywoodiani e nei complessi rock e pop (qui la

    mia profonda ignoranza non mi consente verifiche, ma sar come dice lui). I-noltre capita, e capita forse sempre pi spesso, che pubblici estemporanei dipersone giovani e meno giovani, del tutto musicalmente analfabete, per le qualilunica musica nota sono le immancabili canzonette e i ballabili del sabato serae delle feste casalinghe, condotte pi o meno casualmente ad ascoltare un con-certo di musica classica o ad assistere a unopera lirica, restino imprevedibil-mente stupite, commosse ed entusiaste: ma come, questa la musica classi-ca? questo Beethoven, questo Bartk, questo Bizet? Chi se lo sarebbeimmaginato! Spesso questi esiti, queste rivelazioni, vanno a rimorchio di dif-fusioni mediatiche come un film o uno spettacolo televisivo: allora masse nu-merose scoprono Mozart o Bach; come le moltitudini che visitano la mostra

    di gran successo e scoprono Caravaggio, continuando peraltro a ignorare tut-to il resto. Per comprano i cataloghi e i dischi: dei cinque tenori e amenitconsimili. Ecco che bene e male, in senso culturale e per cos dire, si intreccia-no e si confondono: che cosa davvero bene? Che cosa male? E in che sen-so?

    Ross pone profondamente la questione, che si pu riassumere cos:qual la reale influenza della societ, delle sue rivoluzioni politiche e tecnologi-che, dei suoi flussi migratori, delle sue riforme scolastiche, dello sviluppo degliinteressi economici produttivi, degli interessi del mercato ecc., sulla pratica mu-sicale, sul suo linguaggio, sulla sua diffusione e sulla sua riproduzione? E daltro

    canto: qual linfluenza che il mondo della musica esercita sulla societ? Per

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    esempio potremmo ricordare linfluenza di certa musica popolare al tempo del-la guerra del Vietnam. Musica e societ: cos immaginavo di intitolare questemie note (poi questo diventato il sottotitolo), proprio ispirandomi a Ross. E-gli per esempio scrive: In ambito classico da lungo tempo in voga separarerigidamente la musica dalla societ, per proclamarla linguaggio autonomo e in-

    dipendente. In un secolo iper-politicizzato quale stato il Ventesimo, questabarriera crollata assai di frequente: Bla Bartk scrive quartetti per archi ispi-rati alle registrazioni sul campo di canzoni folk della Transilvania, ostacovilavora alla sua Sinfonia di Leningrado mentre i cannoni tedeschi bersaglianola citt, John Adams crea unopera su Richard Nixon e Mao Tse-Tung. Nono-stante ci chiarire il rapporto tra la musica e il mondo esterno resta terribilmen-te difficile (p.11). E aggiunge: questo il XX secolo ascoltato attraverso lasua musica (p.12). Un eventuale chiarimento storiografico del tema restalargamente incompleto e soprattutto incongruo.

    La questione capitale e tocca in generale tutta la cultura e la stessa fi-losofia. Farne la storia ha costituito per cinquecento anni la base della for-

    mazione delle persone colte e il modello per i programmi scolastici superiori;cio riservati alle classi dominanti della societ. In questa ottica la produzioneartistica e la produzione di pensieri si associano a motivazioni ideologiche, sot-tese ai cambiamenti economico-politici e alle forme di potere. Dalla culturadella Chiesa e delle Corti alla cultura delle classi borghesi eredi della GrandeRivoluzione. Tutta la cosiddetta storia viene cos raccontata, come si giosservato, teleologicamente, come un luogo di battaglie e di progressi, di retro-guardie e di avanguardie, e sempre alla luce e nellottica dellultimo vincitore.Di tutto il resto silenzio, come non fosse esistito. Esattamente il contrario diquel che accade oggi: esiste solo ci che fa spettacolo e avvenimento effimerodi massa, che non ha e non pu avere storia (salvo le assicurazioni in contra-

    rio del commentatore radiofonico, che si inventa improbabili vicende e figu-re storiche del rock, del fumetto e simili, tanto per dare giustificazione e di-gnit alle sue chiacchiere e alle sue presunte competenze); tutto il resto si-lenzio. Al pi merce di nicchia per pochi curiosi e appassionati.

    Di fatto siamo comunque a un punto in cui lideologia storicisticanon serve pi. I giovani la ignorano o la detestano; i vecchi professori ne trag-gono motivo di indignato giudizio sulla decadenza dei tempi. un fatto che cnel mondo europeo e soprattutto americano molta ignoranza diffusa e crescen-te, sia in assoluto sia in confronto di ci che sino a poco tempo fa si ritenevanecessario sapere per essere giudicati colti. Ma anche vero che certe espres-sioni, certi autori che il giudizio ufficiale della grande critica aveva bollato

    come superficiali e irrilevanti, fenomeni passeggeri del diffondersi del cattivogusto presso il pubblico meno colto, hanno rivelato nel tempo tutta la loroperdurante vitalit. Autori che restavano fuori dai circuiti ufficiali del progres-so, che venivano considerati attardati e superati, sono rimasti vitalissimi ehanno anzi moltiplicato la loro fortuna. Ricordo gli sprezzanti giudizi di Ilde-brando Pizzetti e dei critici suoi amici nei confronti di Puccini: musica percommesse dei grandi magazzini sentimentalmente eccitate. Oggi la musica diPizzetti pressoch scomparsa dai teatri e dai concerti e non ho bisogno di ri-cordare come tutti si siano convinti delle buone e non transitorie ragioni delgrande successo di Puccini. Il medesimo da dire di Gershwin: quando ero ra-gazzo cera da vergognarsi a dichiararsene ammiratori; si era trattati con suffi-

    cienza: un ignobile miscuglio di musica jazz, di canzoni popolari e di imitazioni

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    discutibili della musica colta. Il fatto che qualcuno confessasse: ma a me piace,era per lui motivo di pubblico compatimento. A tanto arrivava la dittatura sto-rica delle avanguardie e della critica superciliosa. Ross lo ricorda a sua voltacos: Le storie della musica a partire dal 1900 prendono spesso la forma di unracconto teleologico, di una narrazione ossessionata dal suo punto darrivo,

    piena di balzi in avanti e di eroiche battaglie con la borghesia filistea. Quando ilconcetto di progresso assume unimportanza eccessiva, molte opere vengonoestirpate dalla memoria storica perch non hanno niente di nuovo da dire.Questi lavori sono spesso quelli che hanno trovato un pubblico pi vasto: lesinfonie di Sibelius e ostacovi, Appalachian Spring di Copland, i CarminaBurana di Orff. Si sono formati due repertori distinti, uno intellettuale e laltropopolare. In queste pagine si fondono: nessun linguaggio viene giudicato in-trinsecamente pi moderno di un altro (p.12). E del resto non pi questionedi Sibelius (che un direttore sensibile e intelligente come Leibowitz dichiaravadi esecrare ed esponeva a pubblico ludibrio); oggi questione per esempio diDe Andr: cantautore oggetto di un culto la cui popolarit attraversa ogni livel-

    lo sociale e culturale.Il racconto di Ross prende le mosse dal 16 maggio 1906: data della ese-

    cuzione della Salome di Richard Strauss nella citt austriaca di Graz. La primasi era svolta a Dresda cinque mesi prima e aveva dato luogo a un effluvio discandalizzati commenti. Anzitutto per largomento: Strauss aveva messo inmusica, parola per parola, il dramma di Oscar Wilde del 1891, in cui il ben notoe degenerato scrittore irlandese, di cui i benpensanti non osano neppurepronunciare il nome, erotizza in modo intollerabile e decisamente decadentela vicenda biblica. Non solo per lattrazione incestuosa tra Erode e la figliastra,ma poi per i gesti con i quali la giovane principessa erotizza spudoratamente il

    corpo di Giovanni Battista e indulge a un tocco di necrofilia (p.23). Laltromotivo di scandalo era la musica: una partitura dissonante come mai si era udi-to prima, un guazzabuglio selvaggio di sonorit al limite del frastuono gratuitoe del rumore. I severi censori della Vienna imperiale avevano assolutamente

    vietato la rappresentazione di Salome al Regio Teatro dellOpera, nonostante ilgiudizio molto favorevole del grande direttore e compositore Gustav Mahler,che di Strauss era amico e ammiratore e che del Teatro dellOpera di Viennaera lindiscusso animatore e protagonista. Di qui la scelta di Graz e lesplosionedi un diffuso interesse tra il culturale, il mondano e il pruriginoso.

    In quel giorno di maggio convengono a Graz personaggi gi molto fa-mosi o che lo sarebbero diventati, come il citato Mahler, accompagnato dalla

    bellissima quanto discussa moglie Alma; il giovane Arnold Schoenberg, anchelui compositore molto controverso, accompagnato dal cognato, a sua volta no-to compositore, Alexander Zemlinsky, e da non meno di sei suoi allievi, tra iquali Alban Berg, destinato a un grande futuro; la vedova di Johann Strauss II,lautore del famosissimo valzer Sul bel Danubio blu, quasi a rappresentare la

    vecchia Vienna; e poi molti appassionati di musica arrivati dalla capitale au-striaca e da altri luoghi della Germania e dellEuropa. Anche il molto celebre epopolare Giacomo Puccini (chi se lo sarebbe immaginato) si era messo in viag-gio dallItalia, per ascoltare, come scrisse in una lettera, la terribile cacofoniadel geniale Strauss. Bisogna aggiungere un Adolf Hitler diciassettenne, reducedallascolto di una esecuzione memorabile del Tristano e Isotta di Wagner sot-

    to la direzione di Mahler a Vienna. Hitler, molti anni dopo, confid al figlio di

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    Strauss di essersi fatto prestare i soldi dai parenti per arrivare a Graz e forse cda credergli quanto alla sua presenza effettiva quella sera.

    Ha scritto Berg che tutta una gran massa di persone, giunte da ogniparte, erano prese da febbrile impazienza e sconfinato entusiasmo, mentre,sul far della sera, si attendeva linizio della rappresentazione. Strauss e Mahler, i

    massimi rappresentanti della musica austrotedesca del momento (Strauss eradivenuto famosissimo a soli 24 anni con la composizione del poema sinfonicoDon Giovanni), passarono il pomeriggio sulle colline sopra la citt, come rac-cont Alma Mahler nelle sue memorie. Un fotografo ritrasse i compositori da-

    vanti al teatro dellopera, mentre si accingevano a compiere la loro escursione:Strauss sorridente con il suo cappello di paglia, Mahler che socchiudeva gli oc-chi nella luce del sole. Il gruppo visit le cascate e pranz in una trattoria, dovesi sedette a una semplice tavola di legno (p.20). Mahler aveva 46 anni e Strauss41. A Vienna (e poi in tutta Europa) Mahler era un personaggio universalmentefamoso: i vetturini lo indicavano ai loro passeggeri e ai turisti, quando lo scor-gevano sulla Ringstrasse, mentre si dirigeva a passi veloci verso quel Teatro

    dellOpera che ancora oggi possiamo ammirare.Mahler non era del tutto digiuno della Salome: lanno prima, riferisce

    Ross, Strauss aveva suonato e cantato per lui la partitura in un negozio di pia-noforti di Strasburgo. I passanti si fermavano a guardare e si affollavano neltentativo, premendosi contro le vetrine, di sentire qualcosa della musica. Tutta-

    via lesecuzione di Graz colp profondissimamente Mahler, frustrato di non es-sere riuscito a ottenere di dirigerne la rappresentazione a Vienna. La citt diGraz, capitale della Stiria, 150.000 abitanti, si era lasciata convincere dal criticoErnst Decsey, amico di Mahler, a ospitare levento, allettata dalla certezza di unsuccesso di scandalo e in effetti quel 16 maggio la citt era in preda a grande

    eccitazione. Ha scritto Decsey nella sua autobiografia: I capannelli si formava-no e si dividevano in continuazione. I filosofi da bar pontificavano su quelloche stava succedendo (). Il tutto esaurito nei tre spettacoli. I facchini si la-mentavano e gli albergatori cercavano le chiavi delle cassaforti. Quando Ma-hler e Strauss compaiono al teatro dellopera il pubblico, ammassato nel ridot-to, ondeggia in preda a una sorta di agitazione nervosa. Lorchestra accolseStrauss sul podio con una fanfara e il pubblico applaud freneticamente. Poiscese il silenzio, il clarinetto suon una scala delicatamente sinuosa e il sipariosi alz (p.23). Alla fine la folla esplose in un boato dentusiasmo e fu questa lacosa pi scioccante. Sui palcoscenici dellopera tedeschi non si era mai vistoqualcosa di tanto satanico e artistico, scrisse ammirato Decsey. Quella sera,

    racconta Ross, Strauss tenne corte allHotel Elefant, in una riunione che non sisarebbe mai pi ripetuta cui presero parte Mahler, Puccini e Schoenberg.Quando qualcuno disse che avrebbe preferito spararsi piuttosto che impararea memoria la parte di Salome, Strauss replic Anchio suscitando lilarit ge-nerale. Il giorno dopo il compositore scrisse alla moglie Pauline, che era rima-sta a Berlino: Sta piovendo e sono seduto sulla terrazza dellalbergo, per an-nunciarti che la Salome andata molto bene, un enorme successo, la gente hacontinuato ad applaudire per dieci minuti, fin quando non calato il sipario e

    via dicendo (p.27). Salome fu rappresentata in 25 citt e fu un trionfo assolu-to. Il Kaiser Guglielmo II si era detto spiaciuto che Strauss avesse compostoquestopera scandalosa. Io gli voglio molto bene, pare abbia confidato, ma la

    cosa lo dannegger terribilmente. Si sbagliava. Divertito Strauss replicher in

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    privato: mi ha cos danneggiato che mi ha consentito di costruire la mia villa diGarmisch.

    Leggiamo anche la conclusione di questo episodio. La premire au-striaca della Salome fu soltanto uno degli eventi di una stagione ricca di novitma, come la saetta di un lampo, illumin un mondo musicale alle soglie di un

    cambiamento traumatico. Il passato e il futuro si stavano scontrando; i secolistavano per avvicendarsi dalla sera al mattino. Mahler sarebbe morto nel 1911 eparve portare con s lera romantica. Con la Turandot di Puccini, incompiutaalla sua morte nel 1924, si sarebbe praticamente conclusa la gloriosa storia ope-ristica italiana che era iniziata a Firenze alla fine del XVI secolo. Schoenberg,nel 1908 e 1909, avrebbe scatenato suoni terrificanti che lo misero in un con-trasto insanabile con la vox populi. Hitler avrebbe preso il potere nel 1933 etentato di annientare un popolo. E Strauss sarebbe vissuto fino a unet surrea-le. Sono veramente sopravvissuto a me stesso, disse nel 1948. Al tempo dellasua nascita la Germania non era ancora stata unificata e Wagner non avevacompiuto lAnello del Nibelungo. Quando Strauss mor, la Germania era stata

    divisa in due nazioni e i soldati americani fischiettavano Some Enchanted Eve-ning per le strade tedesche (pp.28-9).

    Il successo di Strauss lasci Mahler del tutto interdetto. Lui e il suo a-mico procedevano, ognuno a suo modo, in rotta di collisione clamorosa con latradizione: non era ragionevole aspettarsi che il pubblico (la vox populi) li ca-pisse. E infatti Mahler non godeva di molto successo come compositore. Se neconsolava dicendo Il mio tempo verr. Profezia azzeccata: il suo tempo

    venuto, ma in unepoca nella quale i fastigi della musica colta esistono solo peruna parte, molto limitata, di pubblico e non hanno eco pubblica universale.Come mai per Strauss riscuoteva tanto successo gi nel presente? Anche Al-

    ban Berg se lo chiese. Dopo la rappresentazione della Salome si riun con i col-leghi e gli amici in un ristorante e avvi ampie discussioni nel merito. Con untocco molto brillante Ross suppone, non senza motivo, che abbia usato pi omeno le parole di Adrian Leverkhn, il personaggio principale del Doctor Fau-stus di Thomas Mann. In questo celebre romanzo Mann affronta il tema dellaavanguardia musicale e del suo patto col diavolo, inteso a dissolvere tutte le(supposte) virt della buona borghesia. Leverkhn modellato sulla figura diSchoenberg, del quale Mann aveva notizie da Theodor Adorno, come lui emi-grato negli Stati Uniti per lavvento di Hitler. Adorno si risent, quando si reseconto di come Mann si era servito di lui, scoprendovi la presenza di un fondodi ironico disprezzo nei suoi riguardi. Alla personalit di Mann, cos del tutto

    fuori misura in ogni senso, la piccola, miserabile, ignobile figura umana di A-dorno suscitava legittimo disgusto. In ogni caso, Mann immagina che AdrianLeverkhn assista a Graz alla rappresentazione della Salome, come infatti ac-cadde alla sua figura reale di riferimento, il giovane Schoenberg, e cos spiegaacutamente il successo di Strauss: Il rivoluzionario fortunato, audace e conci-liante. Mai avanguardismo e sicurezza di successo si sono uniti in maggioreconfidenza. Non mancano gli affronti e le dissonanze, e poi per quella bona-ria condiscendenza che fa la pace con il timorato di Dio e gli fa capire che, infondo, la cosa non tanto grave (p.28). Forse anche Berg la pensava cos. Ilcaso Strauss infatti tanto complesso quanto emblematico. Avremo modo ditornare sulle contraddizioni umane, musicali e politiche di Strauss; egli peral-

    tro una anticipazione di futuri, molto astuti, talenti, abilissimi nel generare quel

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    tipo di scandalo che produce nel contempo immensa attenzione e molto suc-cesso mondano ed economico. Sono le contraddizioni dellavanguardia, perchanchessa frequenta infine il mondo delle masse, ovvero la sua logica mercena-ria fondata sul rumore, sulla informazione e sullignobile conformismodellanticonformismo: un atteggiamento che diviene sempre pi di moda e che

    infine si identifica proprio con il fenomeno, grottesco, ridicolo e furbo (ma an-che a suo modo talentuoso) della moda. E in un certo senso Strauss ha addi-rittura prolungato la sua capacit di acquisire facile popolarit anche nel nostrotempo. Scrive Ross: Strauss aveva un talento per gli attacchi. Nel 1896 crequella che potrebbe esser considerata, dopo le prime note della Quinta di Bee-thoven, la pi celebre apertura della storia della musica: lalba sulla montagnadel Cos parl Zarathustra, utilizzata molto efficacemente nel film di StanleyKubrick 2001. Odissea nello spazio (p.24).

    Unultima importante notazione. Mentre a Graz e nel mondo musicalesi verificava quella piccola rivoluzione, nel mondo della vita quotidiana si an-

    nunciavano ben altre rivoluzioni. I giornali riportavano le notizie provenientidalla Croazia, dove un movimento serbo-croato stava acquisendo slancio, edalla Russia, dove lo zar era in contrasto con il primo parlamento del paese.Entrambe le notizie preannunciavano il caos futuro: lassassinio dellarciducaFrancesco Ferdinando nel 1914, la rivoluzione russa del 1917. Per il momentolEuropa conservava per la sua facciata civile. Veniva riportata la frase del mi-nistro della guerra britannico, Richard Haldane, che diceva di amare la lettera-tura tedesca e di recitare con piacere brani del Faust di Goethe (p.20). Qual la connessione tra le rivoluzioni culturali e quelle economico-politiche? Comesi pu avviare fruttuosamente una riflessione nel merito? Per ora mi acconten-to di aver sollevato il problema.