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1 Casa Residenza Anziani “La Madonnina” IL GIORNALINO I nonni della “Madonnina” raccontano…….

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Casa Residenza Anziani

“La Madonnina”

IL GIORNALINO

I nonni della “Madonnina”

raccontano…….

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Indice

• Pag.3 Intervista doppia ai nuovi R.A.A.

• Pag.6 Ciao Infermiera….!!

• Pag.8 Il primo amore non si scorda mai

• Pag.10 Luigia contro il tornado

• Pag.12 Una gita a Roveleto

• Pag.13 Street food con Avis e momenti in

paese

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L’INTERVISTA DOPPIA

Due figure nuove all’interno della Madonnina. Due personalità differenti. Un uomo e una

donna accomunati da un solo desiderio, quello di lavorare bene, di dare sempre il massimo e

di non deludere le aspettative di chi crede e investe su di loro giorno dopo giorno. E proprio su

di loro la cupola della Madonnina ha investito per tanto tempo. Dopo anni di gavetta come

semplici operatori socio sanitari arrivano i primi incarichi importanti, difatti i due vengono

“promossi” con la qualifica di referenti. Gli incarichi si moltiplicano, ma i due non si lasciano

di certo abbattere, anzi, con grande spirito lavorativo e rivelandosi veri e propri esperti di

problem solving si guadagnano consensi e giudizi positivi da parte di capi e colleghi.

Roxana ed Aldo rispettivamente 34 e 27 anni si rivelano fondamentali per quell’ingranaggio

perfetto chiamato Madonnina. Dagli inizi ad oggi questi ragazzi ne hanno fatta di strada, hanno

fatto parecchi chilometri, dalla Romania in Italia lei e dalla Sicilia all’Emilia Romagna lui (che

pensandoci bene non è poi così lontana dalla Romania) hanno sempre un dolce pensiero rivolto

alla loro terra e le radici del cuore affondate saldamente in questo terreno fertile chiamato

Caorso. Ma ancora le soddisfazioni non si accingono a terminare e così dopo questi risultati

vengono promossi R.A.A. (Responsabile per le Attività Assistenziali). Il loro lavoro è tanto ma

loro mostrano sempre lo sguardo tenace di chi le sfide le accetta e le vince. Per farveli conoscere

meglio abbiamo preparato un’intervista doppia. Aldo e Roxy si sono messi a nudo per noi

rivelandoci le loro fantasie, le loro paure ed i loro progetti futuri… siete pronti?

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NOME: Aldo

COGNOME: Ienna

DATA DI NASCITA: 04/01/1992

STATO CIVILE: Celibe (Convivente con Andrea)

RUOLO ALL’INTERNO DELLA STRUTTURA: R.A.A.

COME TI CHIAMANO I COLLEGHI: Capo (Anche se mi sento più Leader che capo)

DA QUANTI ANNI LAVORI A CAORSO: 4 anni

COSA E’ CAMBIATO DA ALLORA: La maturazione ed il mio percorso all’interno della struttura

COME SONO I TUOI RAPPORTI CON I COLLEGHI: Non ho mai avuto problemi con i colleghi, cerco sempre di

parlare e di instaurare un rapporto di amicizia

ASPETTATIVE PER IL FUTURO: Crescere, fare nuove esperienze da condividere con la mia compagna per una vita

sempre felice

COSA VORRESTI DIRE A ROXY: Le auguro tanta felicità, in bocca al lupo per la sua gravidanza. Spero in una lunga

collaborazione

COSA VORRESTI DIRE ALLA SIGNORA CALAMARI: Volevo ringraziarla per la fiducia datami. La ammiro molto per

tutto quello che fa per la struttura e per la qualità che da alla sponsorizzazione di essa. E anche per la fiducia che

ripone nella grande famiglia della Madonnina

QUANTI PASSI FAI IN MEDIA IN UN GIORNO: Non lo so nemmeno io, fortunatamente ci sono gli ascensori

LA META IDEALE PER ANDARE IN VACANZA: Sicuramente la mia terra (Sicilia)

DA COSA CAPISCONO CHE SEI ARRABBIATO: Dalla mia faccia, ma difficilmente mi arrabbio

COSA FAI NEL TEMPO LIBERO: Camminare e respirare all’aria aperta

COME TI VEDI TRA 20 ANNI: Spero di essere sempre presente e sempre soddisfatto come lo sono ora

HOBBY: Mi piacciono molto i Go-Kart, mi piace andare su pista. Ne posseggo anche uno in Sicilia

COME TI TROVI IN VESTE DI R.A.A.: Sono sempre motivato vista la fiducia che hanno avuto in me. Voglio fare

sempre di più

PREGIO E DIFETTO: Un mio pregio è quello di voler aiutare sempre chi ne ha bisogno. Un difetto… mi arrabbio se

mi sento preso in giro

ANIMALE DOMESTICO: Un cane di nome Ronny

PIATTO PREFERITO: Le polpette di mia nonna

UN ANEDDOTO DIVERTENTE SUL TUO LAVORO: Ogni qualvolta portiamo gli ospiti fuori dalla struttura, tipo al

mercato. Ci si diverte e mi piace vedere la felicità negli occhi dei nostri ospiti

FILM PREFERITO: Gomorra (La serie) UNA CANZONE CHE VORRESTI DEDICARE AI TUOI COLLEGHI: Caruso di

Lucio Dalla ed anche Nel blu dipinto di blu di Domenico Modugno

Aldo

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NOME: Roxana (Mihaela)

COGNOME: Lazaroaia

DATA DI NASCITA: 29/10/1984

STATO CIVILE: Sposata con Marius

RUOLO ALL’INTERNO DELLA STRUTTURA: R.A.A.

COME TI CHIAMANO I COLLEGHI: Roxy (Capo)

DA QUANTI ANNI LAVORI A CAORSO: 12 anni

COSA E’ CAMBIATO DA ALLORA: (Da allora è cambiato tutto, dalla direzione alla cucina, ed anche i colleghi

COME SONO I TUOI RAPPORTI CON I COLLEGHI: Buoni, anzi ottimi

ASPETTATIVE PER IL FUTURO: Una femminuccia (è in dolce attesa) Non mi aspetto nulla per non rimanere delusa

dalla vita

COSA VORRESTI DIRE AD ALDO: Gli auguro un grande in bocca al lupo

COSA VORRESTI DIRE ALLA SIGNORA CALAMARI: Di essere trasparente e sincera come adesso

QUANTI PASSI FAI IN MEDIA IN UN GIORNO: Non saprei… dato che sono incinta, un po’ cammino ed un po’ mi

siedo

LA META IDEALE PER ANDARE IN VACANZA: Mi piacerebbe andare in Egitto a vedere le piramidi

DA COSA CAPISCONO CHE SEI ARRABBIATA: Sicuramente dalle mie espressioni

COSA FAI NEL TEMPO LIBERO: Nel poco tempo libero che ho mi godo la famiglia

COME TI VEDI TRA 20 ANNI: Con i capelli bianchi e con due splendidi figli adolescenti

HOBBY: Mi piace fare delle lunghe escursioni in montagna

COME TI TROVI IN VESTE DI R.A.A.: Molto soddisfatta del mio operato

PREGIO E DIFETTO: Sicuramente il difetto di pronuncia visto che ho la “R” un po’ moscia. Un mio pregio è che

dico sempre le cose in faccia

ANIMALE DOMESTICO: No

PIATTO PREFERITO: Mi piace di tutto

UN ANEDDOTO DIVERTENTE SUL TUO LAVORO: Quando ho provato il sollevatore su di me… mi sentivo strana

FILM PREFERITO: Ghost

UNA CANZONE CHE VORRESTI DEDICARE AI TUOI COLLEGHI: Romagna mia (Canto popolare)

Roxana

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Ciao infermiera…..!!!!

Gli addii non fanno mai piacere, lasciano in bocca un gusto un po’ amaro. Alla Madonnina di

Caorso ci sono stati parecchi addii, che poi addii non lo sono mai. Mi piace chiamarli “dolci

arrivederci” perché chiunque ha fatto parte dello staff, della grande famiglia della

Madonnina, entra nei nostri cuori per non uscirne mai più. Si versano lacrime vere, lacrime

di gioia nei confronti di chi va via, miste a lacrime di dolore per la consapevolezza di non

vedersi più, perché diciamolo chiaramente, all’interno della struttura non siamo solo colleghi

ma per prima cosa siamo amici. L’essere amico è condivisione. Condividiamo gioie e dolori

della nostra vita. Abbiamo tante cose in comune noi angeli azzurri della Madonnina; veniamo

da lontano, da molto lontano. A volte ci sentiamo soli, a volte abbiamo bisogno di qualcuno a

cui aggrapparci. Non è facile vivere lontano dagli affetti più cari, dagli amici d’infanzia, così

ci affidiamo ai nuovi fratelli e colleghi caorsani. Oggi voglio parlarvi di una sorella e di una

partenza. Voglio parlarvi di lacrime versate e gioie condivise. Voglio parlarvi di legami

indistruttibili che a parole è difficile spiegare. Vi parlerò di Giulia e del suo ritorno nella terra

del sole. Giulia è stata una degli ultimi acquisti in casa Madonnina. Arriva all’inizio del 2018

a soli 24 anni, ed arriva con un bagaglio pieno di curiosità e paure, visto che questo sarebbe

stato il suo primo incarico. Ma chi non ha mai avuto paura dell’ignoto?

Laureata a Parma con 109/110 (quell’unico punticino è stato per noi motivo di giocoso

scherno) affronta la vita sempre con un gran sorriso che fa di Giulia la sua arma vincente ed

il suo marchio di fabbrica. Subito dopo la laurea si iscrive ad un corso per la Sicurezza sul

lavoro, ed è proprio qui che conosce Rossella che si sarebbe rivelata in futuro un altro membro

fondamentale per la nostra struttura. A volte il destino ha un modo curioso di chiudere il suo

cerchio, infatti le due ragazze si ritrovano colleghe a Caorso. Giulia si rivela fin da subito

un’abile infermiera, si guadagna la fiducia di tutto lo staff grazie alla sua spontaneità. Il cuore

di Giulia è grande, non solo perchè ha scelto un mestiere che non si può fare solo per vocazione

al dio denaro, ma si vede dai suoi occhi… gli occhi di Giulia trasmettono un’empatia palpabile,

è innamorata dei nostri ospiti e li accudisce con un fare materno tranquillizzandoli nei loro

momenti bui, fischietta delle filastrocche in sottofondo e canticchia qualche motivetto

assieme a loro, ma sempre con garbo e senza mai disturbare la quiete altrui. E’ devota sia alla

medicina che alla socializzazione, molto affettuosa e non rifiuta mai un abbraccio da parte di

chi ne ha bisogno, che siano pazienti oppure colleghi. Purtroppo ogni favola ha un lieto fine

diverso, dipende solo da quale punto di vista viene raccontata. Dopo quasi due anni di attività,

Giulia ci ha salutati lo scorso mese, e credetemi se vi dico che non è stato affatto facile questo

saluto anche da parte sua. Giulia torna a lavorare nella sua amata Sicilia. Non avevo mai visto

Giulia triste durante questi due anni. Una mattina la nostra bella infermiera (perché Giulia è

anche bella) non accennava nessun sorriso e la domanda venne spontanea: “che succede?”

finalmente scendiamo a bere un caffè durante la pausa e a Giulia scende una lacrimuccia. Ci

racconta brevemente la situazione, la abbracciamo ed anche il nostro umore si trasforma.

Siamo felici per lei, naturalmente è una grande fortuna. Adesso c’è solo una cosa da fare,

passare il maggior tempo possibile con lei prima che parta. Fortunatamente anche lei al di

fuori del luogo di lavoro ama la compagnia ed è amante della buona forchetta, così facciamo

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un tour dei migliori ristoranti di Piacenza. Lei è soddisfatta e ci racconta dei suoi progetti

futuri, di come vuole realizzarsi nel mondo del lavoro e nella vita di coppia. Ha un fidanzato

(Sebastiano) con cui vuole progettare una bella famiglia numerosa. Poi le faccio la domanda

da un milione di euro: “C’è qualcosa che vorresti dire alla signora Calamari?”

La sua risposta è stata spontanea e, senza nemmeno pensarci, mi ha detto: “Ero molto scettica

su questo lavoro, non avevo nessuna esperienza lavorativa, ma dopo ho trovato una famiglia

e dei colleghi responsabili, rispetto la signora Calamari come lei ha sempre rispettato me, mi

ha fatto sentire sempre come fossi a casa mia”.

Dopo le chiedo cosa si aspetta per il futuro e come si vede tra vent’anni, lei mi conferma che

sarà sempre in divisa. Ci dà un consiglio prezioso la nostra Giulia: “fate tutto col sorriso

perché il sorriso alleggerisce il lavoro e la giornata non fa paura!”

Detto questo non possiamo far altro che augurare un grande in bocca al lupo a Giulia per un

futuro sempre roseo nella trincea della sanità. Volendo citare una nostra grande ospite, la

signora Franca Anselmi: “Giulia sei un incanto, e non si può togliere l’incanto da una persona

come te”.

Di Maurizio Macaluso

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Il primo amore non si scorda mai

Le storie sono come dei fantasmi, arrivano sottovoce, quasi impercettibili. Arrivano da lontano e ci sussurrano note di una musica arcana che pian piano vuole svelarsi. Le storie si manifestano lentamente nelle nostre menti ancor prima di essere udite dalle nostre

orecchie, come quando percepisci un qualcosa che deve ancora accadere, come quando vedi cadere una stella e inesorabilmente arriva un desiderio. E proprio sottovoce arriva un’altra bella storiella firmata C.G. C.G. è un menestrello naturale, un cantastorie d’altri tempi, le manca solo il cappello a tre punte e te la potresti immaginare con una lira (strumento) in mano a raccontar storie in una corte medievale. La chiamo amichevolmente miss simpatia perché simpatica lo è veramente e la sua voce… tranquilla e calma come quella di Artur Fonzarelli, ve lo ricordate il mitico Fonzie

che non perde mai la calma? Proprio così. Anche durante l’intervista non si scompone e quasi quasi fatico nell’udire le sue parole. Nasce il 30 giugno del 1926 la signora C.G; “Almeno mia mamma mi diceva così” dice scherzando come sempre. Secondogenita di tre sorelle, una casa tutta al femminile. “Povero il tuo papà” incalzo io ed accenno ad una risata e anche lei sorride annuendo con la testa. Dopo qualche anno finalmente arriva un maschietto. “Era come se fosse

arrivato il Padreterno” ironizza lei che all’epoca era già grande ed un maschietto lo desideravano tutti in casa (soprattutto il padre, penso io). Si svegliava di notte per cullarlo C.G., lo metteva in braccio e gli cantava qualche ninnananna. C.G. è ancora un’eccellente cantante, a volte duettiamo durante i karaoke della Madonnina. All’epoca si vedeva di nascosto con un ragazzo. I tempi adesso sono cambiati forse negativamente, all’epoca non potevi far entrare un ragazzo in casa senza il consenso dei genitori. Allora andavano al cinema a guardare gli “Spaghetti western” che a quel ragazzo, che presto sarebbe diventato suo marito,

piacevano tanto. Si chiamava Franco quel timido ragazzo amante dei western che finalmente, dopo cinque anni di fidanzamento, esce dall’oscurità per andare a chiedere “il consenso” al papà di C.G.. Il consenso era una piccola cerimonia religiosa dove i due giovani si giuravano amore eterno davanti gli occhi di Dio e delle famiglie. Il loro consenso era stato celebrato presso in convento dei frati dell’Ordine di San Bernardo a Chiaravalle. Cominciano a programmare il matrimonio i due giovani, i soldi scarseggiano, ma allora bastava solo l’amore. Adesso ci sono matrimoni bellissimi e dispendiosi, ma spesso non durano. Il vestito di lei è stato cucito dalla sorella maggiore e lei si sentiva come una principessa. Era lungo quel bellissimo vestito fatto a mano, era stretto ed aveva tre voulant. Non le piaceva tanto l’idea del classico vestito bianco così ha optato per il color rosa confetto. Era un incanto nel giorno del suo matrimonio. Il marito aveva il classico vestito nero; “era bello mio marito sai?” Immagino, le rispondo io provando ad immaginare la romantica scena di mezzo secolo dietro.

Ha un solo rimpianto, quello di non aver mai fatto un viaggio di nozze. Purtroppo i soldi non c’erano, ma questa era una cosa che sarebbe passata in secondo piano. Il matrimonio è stato fatto tutto a spese della suocera perché aveva più galline di suo padre da poter spennare ci confida, ed è come se un po’ se ne vergognasse. Ma quei tempi erano duri per tutti la rassicuriamo noi. Il marito lavorava dapprima come muratore poi come “geometra” senza mai prendere un diploma. Aveva una mente brillante il signor Franco, tanto che anche il suo lavoro ebbe un salto di qualità, riuscendo ad essere assunto dalle centrali idroelettriche per montare i reattori. Spesso il marito andava “in tour” fuori dall’Emilia Romagna e lei lo seguiva sempre, non solo per amore ma anche per quel pizzico di gelosia che non guasta mai all’interno di una coppia. “Siamo arrivati persino a Gela, in Sicilia” mi racconta lei. Prosegue il suo racconto rammentando la bellezza dell’isola e la cordialità degli abitanti, il mio cuore si gonfia di orgoglio essendo siciliano anch’io, lei questo lo sa e mentre racconta mi fa un occhiolino

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amichevole. Mi parla della sua vicina di casa durante la sua permanenza a Gela e del rapporto di amicizia che instaurano. Negli anni successivi perde il marito Franco a causa di un tumore e inesorabilmente anche per lei arrivano i primi acciacchi. Così per non recare disturbo

all’unico figlio (Giuseppe) decide di assumere una badante e si trasferisce a Roveleto dove abitano anche alcuni parenti. “Mio figlio non si sentiva affatto disturbato dalla mia presenza, ma non me la sentivo di dargli questo peso”. Ripensa alla sua numerosa famiglia, alle sorelle ed al fratello che arrivò tardi come una benedizione dal cielo e pensa alle famiglie moderne molto meno numerose. A volte va a trovare l’unico nipote Luca, famoso gelataio di Roveleto. Ospite della struttura da più di dieci anni si presenta sempre al top, ama indossare collane e gioielli e non devono mancare mai gli occhiali da sole più per moda che per protezione dai raggi di sole. Sembra un’attrice ed il suo carisma è superato solo dalla sua simpatia. Ha una gran forza anche nei giorni in cui si sente un po’ debilitata, le basta sentire una canzone e subito comincia a cantare anche lei. “Chissà se alla tua età avrò la tua stessa forza” le chiedo infine, lei prontamente mi risponde “Non penso proprio, non sei mica una donna”.

Di Maurizio Macaluso

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Luigia contro il tornado

L’ultimo venerdì del mese si festeggiano i compleanni alla “Madonnina” e tutti gli ospiti sono

felici, tutti tranne una. Musica, danze e tanto divertimento allietano gli animi per ore. Tutti

gli ospiti partecipano al Karaoke cantando a squarciagola, tutti tranne una.

La signora L.T. è una dolce signora taciturna e malinconica. Non che sia triste, ma ha l’animo

solitario e preferisce magari fantasticare guardando fuori dalla finestra o leggendo qualche

rivista. La signora ha perso l’uso delle gambe ma basta guardarla negli occhi che si riesce ad

avvertire la sua fantasia correre veloce su robuste gambe come quelle di una giovane donna.

Giovane non lo è più, con 92 primavere alle spalle ma con la mente lucida ricorda ancora

particolari intensi della sua lunga vita. Il suo animo è sempre gentile e cordiale e si dispiace

quando non ricorda i nostri nomi, ma noi la tranquillizziamo dicendole che a volte anche noi

li dimentichiamo, lei sorride: “Siete messi peggio di me allora.”, esclama. Nata nel magnifico

borghetto medievale di Castell’Arquato nel 1927 si trasferisce a Corneliano a causa del lavoro

del padre, un grande proprietario terriero. Si guarda le mani ormai rugose e pensa

teneramente alla sua infanzia. Fa andare indietro la mente di quasi un secolo e ripensa a sua

nonna, al rapporto speciale che avevano. Viveva in casa con lei sua nonna, a quel tempo le

famiglie erano più unite: “Era la mia migliore amica” esclama.

Però L. pativa la carenza di bambine della sua età con cui poter fare amicizia, purtroppo

vivendo in mezzo ai campi non c’erano molti bambini con cui giocare.

E’ molto devota alla Madonna la signora L., lo si può vedere dal Rosario che non deve mai

mancare nel suo cassetto, custodito gelosamente assieme al libretto delle preghiere del giorno

del suo matrimonio e a tanti sogni che magari devono ancora avverarsi. Recita le preghiere e

le recitava anche da bambina quando assieme alla nonna si recavano nella chiesetta di

Corneliano. Lì conosce don Giuseppe Sidoli e instaura con lui un legame di amicizia e cammino

verso la fede, tanto che sarà proprio lui a celebrare il matrimonio di L. qualche anno dopo.

Aveva vent’anni infatti quando conobbe Fiorenzo e si innamorò perdutamente. Lui era stato

prigioniero nei campi di concentramento in Germania. Al suo ritorno dalla guerra prende in

affitto un podere ed inizia a lavorare come agricoltore e allevatore. Il lavoro era duro ma per

un uomo che era stato prigioniero di guerra era una cosa di poco conto. Aveva una sorella

Fiorenzo, si chiamava Anna e per L. era come una sorella, era come se compensasse la carenza

di amiche dell’infanzia. Dopo il matrimonio, in concomitanza con la prima gravidanza di L.,

Anna muore sul ciglio di una stradina di campagna a soli 24 anni a causa di un malore

improvviso. L. ovviamente ne risente molto, così decide di chiamare la figlia primogenita

Annamaria in onore della cognata scomparsa. La famiglia vive serenamente a Roveleto fino a

quando anche il figlio ventisettenne di L. muore. Le scende una lacrima. Ci guarda dritta negli

occhi e ancora aggiunge con voce strozzata: “Un genitore non dovrebbe mai sopravvivere ai

propri figli, è una cosa contronatura.” Preferisce cambiare discorso, forse il dolore è ancora

vivo in lei. Preferisce parlarci del marito Fiorenzo, della sua bontà e della sua morte avvenuta

qualche anno prima del figlio Danilo a causa di una malattia al fegato. Probabilmente un male

che s’era portato dietro dalla guerra. “Era la notte dell’epifania e fuori c’era la neve, quella

sera anche il mio cuore è diventato di ghiaccio.” Anche noi cediamo alla commozione, ma

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l’intervista non era ancora finita. Ci parla un po’ del suo lavoro, faceva la bidella in una scuola

media di Roveleto.

Dopo la morte del marito e del figlio rimane con le due figlie, Annamaria e Giuliana. Oltre a

fare la bidella lavorava la terra ed aveva una bella casa in periferia. Un giorno si reca fuori per

andare a prendere l’acqua dal pozzo (allora l’acqua corrente in casa non c’era) lasciando a casa

le sue figlie. L’aria era ferma quel giorno a Roveleto, finché inizia un leggero venticello.

Dapprima una sensazione piacevole, fin quando il vento diventa sempre più forte, quasi

fastidioso. Il leggero sibilo diventa sempre più assordante. All’improvviso si gira, e lo vede.

Era un imbuto scuro formato da terriccio, foglie e detriti. Avanzava piano verso di lei, verso la

sua casa, verso le sue figlie. Il ciclone andava diventando sempre più grande e si muoveva più

veloce. L. butta a terra l’anfora non ancora piena d’acqua e corre, forse più del vento. Corre

verso le sue figlie. Il suo urlo spezza il gioco delle bimbe che in quel momento non capivano

cosa stesse succedendo; entra in casa, le afferra e via, di corsa lontano da quell’inferno. Non

appena è abbastanza lontana dal pericolo si gira ancora una volta ed è così che vide il mostro

d’aria divorare per intero la sua casa. Il tetto vola via così come le porte e le finestre. Quel

vento si portò via la sua casa e le sue speranze. Ricorda ancora la disperazione di quel giorno

e la stretta delle figlie che in qualche modo la consolavano. In seguito L. va ad abitare in una

piccola casetta di fortuna ricevendo aiuti da amici, parenti e anche da parte di un missionario.

Il tornado le aveva portato via tutti i beni

materiali ma aveva ancora il suo bene più

prezioso, le sue figlie. Aveva vinto, a caro

prezzo ma aveva vinto, e le vittorie sono sempre

segnate da cicatrici. Quando infine le chiedo se

ci fosse qualcosa che vorrebbe dire a qualcuno

lei risponde: “Volevo ringraziare tutti coloro

che mi hanno aiutato e ringrazio voi ragazzi che

ogni giorno vi prendete cura di me”. Spegniamo

i microfoni e ci abbracciamo. Nonostante quei

grandi occhi dolci e a volte malinconici

l’abbraccio è forte, forte come quello di una

guerriera che giorno dopo giorno affronta il

tornado della vita.

Di Maurizio Macaluso

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Una gita a Roveleto

Per chi pensa che in una struttura assistenziale come la Madonnina ci si possa annoiare ho

una cosa da rivelarvi: Da noi non ci si annoia mai. Tra giri settimanali al mercato di Caorso,

incontri musicali col maestro Giovanni Boccaccio e la piccola “Pifferaia magica” (come mi piace

chiamarla) Giulia. Giornate culturali con la professoressa Forelli e saltuariamente con la

maestra Lucia Magnani, ultimamente “La Madonnina di Caorso” organizza delle vere e proprie

visite guidate per gli euforici Ospiti che ancora sono avidi di conoscenza. Dalla testimonianza

diretta della nostra ospite I.R. oggi vi vogliamo raccontare della visita al Santuario di Roveleto.

“SIAMO PARTITI CON QUATTRO PULMAN E C’ERA UN CALDO TERRIBILE” inizia così il

racconto della nostra protagonista. I nostri ospiti sono partiti da Caorso intorno alle quattro

di pomeriggio. Erano felici di lasciare quelle mura tanto amiche ma che da loro sono visti a

volte come una sorte di ospedale dove si soffre. “ABBIAMO INCONTRATO UNA SUORA DI

COLORE” prosegue divertita dalla mia intervista. Poi tira fuori dall’inseparabile borsetta un

piccolo Rosario donato a lei e agli altri anziani dalla suora fuori dalle porte del Santuario di

Roveleto. Pochi minuti dopo sono stati accolti all’interno del luogo sacro e lì al cospetto di Dio

hanno recitato delle preghiere. Dopo le preghiere la gita procede nel centro abitato, dove

hanno trovato ristoro presso la gelateria del paese, proprietà di un nipote di un’atra nostra

ospite. Il sole aveva abbassato un po’ i suoi raggi e la temperatura era diventata perfetta,

almeno per le stanche ossa dei nostri Ospiti. Ad accompagnare questo splendido gruppo (circa

20 ospiti) un’altra nostra splendida dipendente, la nostra infermiera Giulia Barone, che con il

suo carismatico sorriso allieta quella giornata speciale. Infine la nostra animatrice Elena Righi

offre dei cioccolatini ai presenti, e loro scartandoli felicemente leggono (a fatica) i pensierini

all’interno delle confezioni. Ormai stanchi tornano alla base intonando qualche vecchio

motivetto e insegnandoci una lezione che ormai i giovani non apprendono più: La felicità sta

nelle piccole cose!!!

Di Maurizio Macaluso

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Street Food con AVIS e

“momenti in paese…”

Venerdì 12 luglio l’associazione “Avis” di Caorso ci ha invitato a partecipare all’evento STREET

FOOD con AVIS. I numerosi Ospiti, parenti ed operatori presenti hanno gustato un’ottima

pizza in compagnia per le vie del paese.

Un ringraziamento speciale al Presidente Avis Omar Rapalli e a tutti i volontari che ogni anno

volgono un pensiero ai nonni della nostra struttura.

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I nostri nonni

apprezzano

molto l’uscita al

mercato del

lunedì in paese

per una sosta al

bar, un buon

caffè e due

chiacchere in

compagnia!!!

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ARRIVEDERCI AL PROSSIMO

NUMERO!!!

LA REDAZIONE

Maurizio, Elena, Sara

Coordinamento a cura di: Beatrice