catalogo incisor i mantovani

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Ê500 incisioni di antichi maestri 1 CATALOGO 1 Primavera 2011 5 marzo – 1 giugno 2011 Via Einaudi 6, Mantova Maestri italiani del XVI secolo Adamo e Diana Scultori, Giorgio Ghisi, Agostino Veneziano, Maestro del Dado, Suola italiana di Marcantonio Raimondi, Giulio Bonasone, Nicolò Boldrini Schede a cura di Giulio Girondi

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Page 1: Catalogo Incisor i Mantovani

Ê500 incisioni di antichi maestri

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CATALOGO 1

Primavera 2011

5 marzo – 1 giugno 2011 Via Einaudi 6, Mantova

Maestri italiani del XVI secolo

Adamo e Diana Scultori, Giorgio Ghisi, Agostino Veneziano, Maestro del Dado, Suola italiana di Marcantonio Raimondi, Giulio Bonasone, Nicolò Boldrini

Schede a cura di Giulio Girondi

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Ê500 incisioni di antichi maestri

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Lo studio è aperto tutti i giorni su appuntamento www.incisioni500.it [email protected] +39 328 9154797 Stampato grazie al contributo di

© Giulio Girondi Architetto

In copertina, Adamo Scultori Il profeta Giona, catalogo n. 1 particolare. Nella pagina seguente, Scuola di Marcantonio Raimondi, La creazione degli animali, catalogo n. 7, particolare.

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Maestri italiani del XVI secolo

Adamo Scultori, 1 Diana Scultori, 2, 3 Giorgio Ghisi, 4, 5

Agostino Veneziano, 6 Suola di Marcantonio Raimondi, 7

Maestro del Dado, 8 Giulio Bonasone, 9 Nicolò Boldrini, 10

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1. ADAMO SCULTORI

Mantova, 1530 circa – Roma, 1587.

IL PROFETA GIONA 1580-1585 circa. Bulino, mm 104x142 allÊinciso; foglio mm 202x355. Primo stato su due. In basso al centro „IONAS‰; in basso a sinistra il monogramma dellÊautore e a destra il numero „33‰ caratteristico del primo stato. Splendida prova, perfettamente inchiostrata, nitida e ben contrastata, stampata su sottile carta vergellata databile alla seconda metà del XVI secolo. Sono da segnalare i grandi margini (anche se non del tutto regolari) che rendono questo esemplare di interesse collezionistico. Perfetto stato di conservazione. Qualche lieve ingiallimento della carta soprattutto nei margini (come da fotografia) che non intacca assolutamente la parte incisa. NellÊangolo inferiore sinistro scritta a matita „B 59 Bel 53‰ ad indicare i riferimenti bibliografici (Bartsch e Bellini).

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Adamo Scultori1 fu figlio di Giovanni Battista, iniziatore della cosiddetta „scuola mantovana‰ di incisione del Â5002 e quasi certamente apprese, come la sorella Diana, la tecnica incisoria dal padre (le prime opere note sono degli anni Ê40). Adamo nacque a Mantova intorno al 1530 e morì a Roma nel 1587, città nella quale si era trasferito intorno al Ê65. Intorno al 1573 iniziò anche lÊattività di stampatore.

Questo bulino3 appartiene alla nota serie di figure tratte dagli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina,4 Probabilmente Adamo Scultori non ritrasse direttamente i dipinti, ma usò come tramite una serie di disegni: secondo Bellini5 potrebbero essere quelli oggi conservati a Windsor Castle (inv. 0634-0645). La serie di incisioni, tutte delle medesime dimensioni, con il monogramma dellÊartista in basso a sinistra e con un numero progressivo nellÊangolo in basso a destra, fu eseguita da Adamo durante la terza fase del suo soggiorno mantovano. Si segnalano diverse edizioni (il Bellini ne individua sei) composte da un numero variabile di 72 o 73 incisioni che testimoniano una notevole fortuna dellÊopera certamente dovuta al grande successo degli affreschi michelangioleschi che questi bulini contribuirono a divulgare. Non è noto lÊanno esatto della prima edizione: Bellini infatti ritiene che la data tradizionale del 1585 indicata nel catalogo della collezione Sternberg „va forse anticipata di qualche anno‰.6 Di questa stampa si conoscono solo due stati della lastra, il primo con il numero „33‰, ed il secondo con numerosi ritocchi ed il numero „34‰. Solo il Nagler parlò di una serie di fogli senza numerazione di cui però, allo stato attuale degli studi, non è noto alcun esemplare. Non è quindi possibile stabilire con assoluta certezza a quale tiratura appartenga lÊesemplare qui proposto. La carta sicuramente cinquecentesca e lÊimmagine fresca che suggerisce un rame per nulla usurato sembrerebbero indicare la prima edizione, lÊunica pubblicata nel XVI secolo secondo Bellini (la seconda infatti fu edita da Giovanni Battista De Rossi e porta la data 1612 nel frontespizio).

La nostra incisione riproduce il profeta Giona, affrescato da Michelangelo nella volta della cappella Sistina. Rispetto allÊoriginale, il bulino riproduce la figura nello stesso verso apportando però alcune modifiche sostanziali cambiando lÊespressione del volto del profeta e trasformando la fanciulla di fianco al mostro marino del dipinto in un putto. Come le altre stampe della serie, Adamo Scultori si concentrò solo sui singoli personaggi tralasciando quasi completamente lÊinvolucro architettonico: nel nostro bulino si intravede soltanto lÊinizio degli arconi delle lunette. A differenza dellÊaffresco, il fondo appare come un piano scuro reso con sottili tratti orizzontali che fanno assomigliare questa incisione più ad una copia di un bassorilievo antico che a un dipinto murale. Anche se i fogli michelangioleschi di Adamo non raggiunsero la straordinaria qualità espressiva delle traduzioni di Giorgio Ghisi,7 questa serie di incisioni rappresenta una pietra miliare per la grafica ed in particolare per la divulgazione del lessico di Michelangelo nel secondo Â500 ed il nostro esemplare, così ricco di chiaroscuro, ben rappresenta questo felice momento dellÊincisione italiana del XVI secolo.

Wonderful impression Bellini I/II printed on 16th century thin laid paper without watermark. Wide margins, perfect

condition. Our print belongs to the series derived from the figures painted by Michelangelo in the Sistine Chapel, but

almost certainly Adamo did not copy directly the frescoes, but a group of unknown drawings. The impression is quite

different from the painting: in particular Adamo changed the expression of the prophetÊs face, turned the girl near the sea

monster into a boy, and paid attention only to the figures and not to the architectural context.

1 PAGANI 1992, BELLINI 1991.

2 MARINI 1998, BOORSCH, SPIKE 1986, MASSARI 1980, PERINA 1965.

3 BELLINI 1991, p. 83, n. 53 (per la bibliografia completa qui non riportata cfr. p. 64); MASSARI 1980, p. 63, n. 93; BARTSCH 1813, XV/4, p. 426, n. 59. LÊesemplare qui proposto proviene dalla Galleria „Il calamo‰ di Torino.

4 BARNES 2010, MOLTEDO 1991, ROTILI 1964.

5 BELLINI 1991, p. 65.

6 BELLINI 1991, p. 64.

7 Infra, scheda 5.

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2. DIANA SCULTORI

Mantova, 1545 circa – Roma, 1590 circa.

LA CLEMENZA DI SCIPIONE 1561-1565 circa. Bulino, mm 203x250 allÊinciso del rame; foglio mm 210x256. Secondo stato su due. In alto al centro, su un capitello la firma „DIA/NA‰. In alto a destra la scritta „IVLIUS. RO. INVE‰. In basso a sinistra, sullÊalzata del gradino compare la scritta, caratteristica del secondo stato „LIBERALITATIS ET / CONTINENTIAE / EXEMPLUM‰. Prova tarda, ma ancora buona, stampata su spessa carta vergellata con elaborata e grande filigrana a scudo probabilmente italiana databile al XVII secolo. LÊimpressione, completa della linea di inquadramento e dellÊimpronta del rame, presenta un sottile margine bianco corrispondente allÊimpronta del rame secondo le dimensioni riportate da Bellini (p. 171). Si segnalano al verso tracce di montaggio, un timbro di collezione e la scritta a matita „Julio Romano inv‰. Complessivamente in buono stato di conservazione.

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Diana Scultori,8 figlia di Giovanni Battista e sorella di Adamo, nacque probabilmente a Mantova intorno al 1545 e morì a Roma intorno al 1590. Probabilmente, come il fratello, apprese la tecnica dellÊincisione a bulino dal padre. Nel 1567 sposò lÊarchitetto Francesco da Volterra.9 Prima del 1575 si trasferirsi a Roma, città dove rimase fino alla morte.

Secondo Bellini,10 il soggetto dellÊincisione11 deriverebbe direttamente dallÊaffresco omonimo che orna un medaglione della volta della sala di Cesare di Palazzo Te.12 DellÊaffresco è noto un disegno preparatorio conservato nella Stadelsches Kunstinstitut di Francoforte (inv. 4342) che però non sembra avere legami diretti con il bulino di Diana.

LÊepisodio raffigurato è narrato nelle Storie di Livio (XXVI, 50, 1-8) e si riferisce a Scipione lÊAfricano che, dopo aver espugnato Cartagine, restituisce al principe dei Celtiberi la moglie fatta prigioniera. Considerando la derivazione del soggetto, ed il tipo di firma, lÊopera dovrebbe presumibilmente risalire al periodo mantovano di Diana e quindi entro il 1575. Bellini, su base stilistica e considerando la firma, colloca lÊesecuzione tra il 1561 ed il 1565 e questa proposta sembra poter trovare il più pieno accoglimento.

La quinta architettonica che fa da sfondo allÊincisione desta un certo interesse. Il grande arco infatti in modo asimmetrico su due spalle differenti, una con trabeazione (quella nel cui fregio si trova la firma di Diana) e lÊaltra con solo una sottile cornice. AllÊinterno dei soggetti di Giulio Romano, autore dellÊinvenzione, questa vistosa anomalia rispetto al canone classico è unÊeccezione significativa. Molto più frequenti sono i casi in cui Giulio disegna, anche nella sua attività grafica, architetture verosimili e, almeno sulla carta, concretamente realizzabili.13

La lastra di questa incisione si trova a Roma, nella Calcografia Nazionale (inv 648).

Later but still quite good impression, Bellini II/II, printed on thick laid paper with elaborate watermark probably dated to

the 17th century. Overall in good condition. According to Bellini, our print directly derives from the frescos by Giulio

Romano and his studio in the Sala dei Cesari in Palazzo Te. The engraving shows the „clemency‰ of the roman general

Scipio who, after the fall of Carthage, returns the captive wife of the Celtiberians prince to her husband.

8 Infra, nota 1.

9 MARCUCCI 1991 da aggiornare almeno con GUERRIERI BORSOI 2008. Nel mantovano lÊarchitetto è famoso per avere progettato il palazzo gonzaghesco di Guastalla: cfr. FUSARI 2001.

10 BELLINI 1991, p. 172.

11 BELLINI 1991, pp. 171-174, n. 8 (per la bibliografia completa dellÊopera); MASSARI 1993, pp. 145-146, n. 145; MASSARI 1980, p. 81, n. 138; BARTSCH 1813, XV/4, pp. 446, n. 33. LÊesemplare proposto proviene dalla galleria „Empyraeum Antiquaria‰ di Riegelsberg (Germania).

12 BELLUZZI 1998.

13 GIRONDI 2007. In generale sul rapporto tra architettura e arti visive si vedano almeno: PATETTA 2000, MASSOBRIO, PORTOGHESI 1988, CONTESSI 1985. In generale lÊopera grafica di Diana, in relazione allÊarchitettura, è di un certo interesse: infatti, anche se Diana sposò un architetto, le sue stampe (pure quelle di soggetto architettonico) mostrano che l'artista non acquisì mai precise conoscenze in materia di architettura.

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3. DIANA SCULTORI

Mantova, 1545 circa – Roma, 1590 circa.

ESTER ASSUERO E AMMAN 1560 circa. Bulino, mm 132x177 allÊinciso del rame; lastra mm 135x178; foglio mm 265x390. Secondo stato su due. In basso a sinistra la firma „DIANA‰. In basso a destra lÊindirizzo dello stampatore „Gio Iacomo Rossi formis Romae alla Pace‰ caratteristico del secondo stato insieme ad un piccolo segno sopra la fronte della donna. Prova tarda, ma bellissima, nitida, riccamente inchiostrata e piena di contrasti e tonalità intermedie stampata su carta vergellata con filigrana „cerchio‰ italiana databili al XVII secolo. Anche se si tratta di una tiratura seicentesca, lÊinchiostrazione appare migliore di prove coeve (cfr lÊesemplare riprodotto da Bellini, p. 163). NellÊangolo in basso a sinistra scritta a matita con le indicazioni bibliografiche desunte dal Bartsch. Foglio in perfetto stato di conservazione con inusuali grandi margini che rendono questa prova di interesse collezionistico.

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Secondo Bellini,14 il soggetto di questa incisione15 deriverebbe da un disegno di Giulio Romano – da cui lÊopera prende lo stile – raffigurante la Punizione di Aman per mano di Ester dipinta da Michelangelo in un pennacchio della volta della Cappella Sistina. La scena, di difficile interpretazione, potrebbe forse rappresentare il banchetto al quale Ester invitò il re Assuero e Aman descritto nella Bibbia (Ester 7, 1-7).

LÊincisione mostra la firma dellÊartista in basso a sinistra scritta in lettere maiuscole secondo un uso diffuso in numerose opere del periodo mantovano di Diana. Secondo Bellini lÊopera fu una delle prime ad essere eseguite da Diana e potrebbe essere collocabile intorno al 1560. LÊevidente carattere giuliesco delle figure, spinto fin quasi al grottesco, qualche imprecisione nella prospettiva ed alcune imperizie tecniche sembrano confermare questa ipotesi di datazione.

Il fondo, reso con sottili linee orizzontali, è unÊaltra caratteristica che spinge ad una datazione alquanto precoce: Diana usò ancora una soluzione di questo tipo solo nel San Giorgio e il drago16 e lÊimpiego di linee orizzontali parallele sembra debitore di numerosi bulini raimondeschi.17 In effetti, il forte effetto chiaroscurale, dovuto anche alle ombre molto nitide che si stagliano sullo sfondo, fa assomigliare questo bulino più ad un bassorilievo che ad una derivazione da unÊopera grafica. La lastra di questa incisione è conservata presso la Calcografia Nazionale di Roma (inv, 645).

Later, but really wonderful and very brilliant impression, Bellini II/II (with the address of the roman publisher De Rossi),

printed on thick laid paper with watermark „O‰ (Italy – 17th century). With very wide margins, perfect condition.

According to Bellini, our print could show the Punishment of Aman and perhaps derives from a lost drawing by Giulio

Romano (from who Diana copied the style) also derived from the same biblical episode painted in the Sistine Chapel by

Michelangelo.

14 BELLINI 1991, p. 162.

15 BELLINI 1991, pp. 162-163, n. 1 (per la bibliografia completa dellÊopera); MASSARI 1980 p. 80, n. 136; BARTSCH 1813, XV/4, p. 446, n. 32. LÊesemplare proposto proviene dalla galleria „Empyraeum Antiquaria‰ di Riegelsberg (Germania).

16 BELLINI 1991, n. 4.

17 Di Marcantonio Raimondi si pensi ad esempio a Vulcano, Venere e due putti (BARTSCH 1813, n. 227).

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4. GIORGIO GHISI

Mantova, 1520 – 1582.

DIVINIT¤ OLIMPICHE 1560 circa. Bulino, mm 187x247 allÊinciso del rame; lastra mm 190x247; foglio mm 197x248. Terzo stato su tre. In basso al centro la scritta „FRAN. BOL. INV‰ e subito sotto „G M F‰. NellÊangolo in basso a destra fuori dallÊinciso, si vedono appena le tracce, tipiche dello stato finale, dellÊindirizzo di Lafrery abraso. Buona prova, ancora ben contrastata e perfettamente inchiostrata, stampata su sottile carta vergellata con elaborata filigrana a scudo probabilmente italiana e riferibile al XVII secolo. Foglio in perfetto stato di conservazione completo delÊlÊimpronta del rame e discreti margini.

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Pare che la famiglia Ghisi fosse originaria di Parma. A Mantova sarebbe arrivata intorno alla metà del Â300. Il padre di Giorgio18 era un mercante, mentre il fratello Teodoro fece fortuna come pittore.19 Stando allÊatto di morte, Giorgio dovrebbe essere nato nel 1520. Anche se non vi sono notizie certe, è probabile che la formazione artistica di Giorgio sia avvenuta presso il mantovano Giovanni Battista Scultori. Le prime incisioni di Giorgio datano agli anni Ê40, sono state eseguite a Mantova e derivano perlopiù da soggetti del maestro e presentano un linguaggio stilistico fortemente debitore a Giulio Romano, Dopo la morte di questi (1546), Giorgio si trasferisce a Roma. Intorno al 1550 si trasferì ad Anversa dove lavorò per lÊeditore Hieronymus Cock che aveva conosciuto nellÊUrbe. Successivamente Giorgio si sposterà in Francia per poi ritornare a Mantova e ancora a Roma. Dal 1577 Giorgio, che fu anche ageminatore,20 fu custode dei gioielli e dei metalli preziosi e sorvegliante della guardaroba dei duchi di Mantova,21 città nella quale si spense il 15 dicembre 1582.

Non è chiaro il soggetto dellÊincisione22 che tradizionalmente viene individuato in Giunone con altre divinità e due putti. Recentemente per la Dea sulla destra è stata tirata in causa Cerere,23 probabilmente a causa della cornucopia – suo attributo classico – allÊestremità della stampa.

LÊopera in esame appartiene ad una serie di quattro bulini eseguiti negli anni a cavallo del 1560 e derivanti dai perduti dipinti del soffitto della Galleria di Ulisse nel Palazzo di Fontainebleau, completati nel 1547 e distrutti nel XVIII secolo, o dai disegni preparatori del Primaticcio.24 Gli esemplari in primo e secondo stato sono stampati su carta del Nord Europa a testimoniare come lÊopera venne eseguita da Ghisi mentre si trovava oltralpe. In un secondo momento le lastre giunsero a Roma e pervennero allÊeditore Lafrery25 che appose il suo indirizzo. Il nostro esemplare appartiene allo stato finale, dopo lÊabrasione dellÊindirizzo del noto stampatore.

Questa bulino, di grande fascino soprattutto per gli sguardi distaccati e pensierosi delle divinità, mostra la grande tecnica incisoria propria di Giorgio che qui dimostra uno stile maturo ed armonioso, ormai lontano dallÊispirazione prettamente giuliesca propria degli anni giovanili, ma al contrario aperto a recepire gli influssi dei grandi protagonisti della maniera moderna e delle loro opere in Italia e in Europa. La lastra di questa incisione si trova a Roma presso la Calcografia Nazionale. Still good impression, Bellini III/III, printed on thin laid paper with elaborated watermark perhaps dated to the first half

of the 17th century. Small margins, perfect condition. Our print belongs to the series dedicated by Giorgio Ghisi to the

lost ceiling executed by Primaticcio in the Gallery of Ulysses in the French Royal Palace of Fontainebleau. This work shows

the mature style of Giorgio who still remembers his first experience at Giulio RomanoÊs Mantua, but also looks with

interest to the Italian and European mannerism beyond the Alps.

18 BELLINI 1998, Lewis 1985.

19 LÊOCCASO 2010.

20 Si ricorda un suo splendido scudo da parata conservato al British Museum: cfr. LEWIS 1985, p. 29, nota 15.

21 Venturelli 2002.

22 BELLINI 1998, n. 44 (per la bibliografia completa dellÊopera); LEWIS 1985, n. 32; BARTSCH 1813, XV/4, n. 50. LÊesemplare qui proposto proviene dalla galleria „Berenson‰ di New York (USA).

23 <matteocrespi.com> (dicembre 2010).

24 Sul Primaticcio a Fontainbleau si vedano almeno i cataloghi CORDELLIER 2004 e CORDILLIER 2005 da integrare con CHATENET 2005 e FROMMEL 2010.

25 Sugli stampatori romani ed il mercato dellÊincisione del Â500 si vedano almeno, tra i titoli recenti, De NOBILI, PAGANI 2008, WITCOMBE 2008; BIFOLCO 2007, ANTETOMASO 2004, ORTOLANI, GARRONE 2004; PAGANI 2000.

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5. GIORGIO GHISI

Mantova, 1520 – 1582.

LA SIBILLA DELFICA 1570 circa. Bulino, mm 575x435 Prima variante di due del terzo stato su quattro. Sotto la figura, nel cartiglio, la scritta „DELPHICA‰. In basso, la data 1540 e lÊindirizzo dello stampatore Nicola van Aelst (1527-1613). Bellissima prova, perfettamente inchiostrata, nitida e ricca di tonalità stampata su carta vergellata con filigrana „fiore nel giglio su tre monti‰ (Lewis 1985, n. 24) databile agli anni Ê80 del XVI secolo. Foglio in buono stato di conservazione, completo delÊlÊimpronta del rame e con sottili margini nei lati corti. Si segnalano minimi restauri perlopiù a qualche piccolo strappo nella parte superiore.

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Questo bulino26 appartiene alla celebre serie di sei incisioni raffiguranti i profeti e le sibille affrescati da Michelangelo nella volta della Cappella Sistina27 di cui Giorgio Ghisi ritrasse anche il Giudizio Universale. Per qualità, espressività ed aderenza al modello, lÊopera di Giorgio è sicuramente di grande importanza e certamente rappresenta un punto di svolta nella divulgazione in Italia e non solo del nuovo lessico michelangiolesco. In particolare la stampa rende molto bene gli effetti chiaroscurali dellÊopera pittorica, oggi in gran parte perduti dopo la severa pulitura che nellÊultimo restauro ha cancellato il „nero fumo‰ impiegato a secco da Michelangelo per sottolineare le ombre e dare maggiore senso plastico agli affreschi.28

˚ facile immaginare che „lÊalta qualità grafica presente in queste incisioni‰29 sia stata apprezzata già immediatamente dopo la realizzazione dei bulini che pare da porre nel 1549, anno che compare nel secondo stato edito da Pietro Facchetto. La data 1540 che caratterizza il nostro esemplare è quasi certamente unÊalterazione apportata alla lastra da Nicola van Aelst. Probabilmente fu anche grazie al successo ottenuto con queste incisioni che Giorgio negli anni immediatamente successivi ottenne di essere chiamato ad Anversa dal celebre stampatore Hieronimus Cock.30 La fama di questi bulini continuò anche nei secoli successivi; Carlo dÊArco nel XIX secolo al proposito scrive che questi „intagli‰

[⁄] furono condotti con molto sapere ed ottimo disegno e vi mantenne una robustezza di taglio con che assai giudiziosamente uniforma vasi ai modi del Buonarroti nellÊoperare questi dipinti. 31

La nostra incisione riproduce la Sibilla Delfica, soggetto che venne ripreso più volte nella storia dellÊincisione (si segnala, una per tutte, la versione del Beatricetto).32 La sibilla, dallo sguardo assorto e dalla posa carica di dinamismo è al centro della composizione. A differenza della serie incisa da Adamo Scultori, Giorgio non ritrasse solo i personaggi principali, ma provò a rendere lÊeffettivo contesto dellÊaffresco michelangiolesco. Attorno alla sibilla compare quindi lÊarchitettura immaginata dal Buonarrotti e carica di dettagli ornamentali di indubbio interesse: si segnalano in particolare i putti impiegati come piccoli telamoni ai lati e sotto la sibilla. Il settore della volta indagato da Giorgio è completato da due figure (una a destra e lÊaltra a sinistra) negli spicchi allÊestremità laterali che da un certo punto di vista richiamano le sculture sopra le arche delle tombe medicee nella Sacrestia Nuova di San Lorenzo a Firenze.

Giorgio non si limitò a ritrarre solo la volta, ma riprodusse anche metà delle lunette e delle unghie (una per parte) e per rendere lÊeffetto della tridimensionalità dellÊarchitettura, scelse di oscurare quasi completamente le unghie i cui dipinti sono resi solo con un sottile contorno, a differenze delle figure delle lunette che sono in piena luce. Wonderful very richly contrasted and brilliant impression, Bellini 1st variant/2 of III/IV (with the address of Nicola van

Aelst), printed on laid paper with watermark „lily on three mountains‰ (Lewis 1985, n. 24) dated to the 1580s. Overall in

good condition; minimum restoration mostly in tears at the top. Our print belongs to the well known series dedicate by

Giorgio Ghisi to the prophets and sibyls painted by Michelangelo in the Sistine Chapel. GiorgioÊs engravings are a very

important turning point for the sharing in overall Europe of the BuonarrotiÊs work and style.

26 BELLINI 1998, n. 19 (per la bibliografia completa qui non riportata); LEWIS 1985, n. 49, MASSARI 1980, n. 187; BARTSCH 1813, XV/4, n. 20. LÊesemplare qui proposto proviene dalla Galleria „Antiche Stampe‰ di Gianni Purgato.

27 BARNES 2010, MOLTEDO 1991, ROTILI 1964.

28 Cfr almeno COLALUCCI 2003..

29 MASSARI 1980, p. 128.

30 RIGGS1977 da aggiornare almeno con BAKKER 2008 e HEUER 2009.

31 MASSARI 1980, p. 128.

32 BARTSCH 1813, XV/2, n. 10.

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6. AGOSTINO VENEZIANO

Mantova, 1520 – 1582.

IL CORTEO DI SILENO 1530 circa. Bulino, mm 180x255 Secondo o terzo stato su sei.33 In basso al centro il monogramma „AV‰ in una tavoletta. In basso a destra lÊindirizzo dello stampatore Salamanca „Ant. Sal. exc.‰ Caratteristico del secondo stato. Un segno obliquo sul tetto potrebbe far pensare al terzo stato. Prova ancora cinquecentesca, ma tirata da un rame ormai stanco, stampata su sottile carta vergellata con filigrana riferibile probabilmente ancora al XVI secolo. Foglio complessivamente in buono stato di conservazione rifilato lungo la linea di inquadramento (quasi sempre visibile) e con una minima lacuna triangolare non restaurata nellÊangolo superiore sinistro.

33 ORTOLANI GARRONE 2004, p. 28; MINONZIO 1980, p. 291.

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Agostino Musi,34 come indica il suo appellativo „Veneziano‰, potrebbe essere nato nella città lagunare intorno al 1490. Probabilmente a Venezia si formò sullÊopera grafica di Giulio Campagnola ed Albrecht Dürer. Nel 1515 si recò a Roma e dallÊanno successivo risulta documentato allÊinterno della bottega di Marcantonio Raimondi di cui, insieme a Marco Dente da Ravenna, divenne il più attivo collaboratore divulgando il nuovo „stile classico‰ di Raffaello e dei suoi scolari.35 Dopo il sacco del Ê27 Agostino lasciò Roma forse per venire a Mantova come sembrerebbero suggerire alcune opere derivate da soggetti di Giulio Romano36 (stabilitosi nella capitale gonzaghesca nel 1524).37 Probabilmente intorno al 1530 tornò a Roma, dove rimase fino alla morte, forse avvenuta nel Ê36.

Il soggetto della nostra incisione38 raffigura Sileno, sopra un asino, condotto in trionfo da satiri e baccanti e trova chiari riferimenti nellÊarte romana antica. Nel 1985 Stefania Massari propose quale riferimento il sarcofago un tempo nella villa Aldobrandini oggi conservato al Woburn Abbey.39 Nel 1993 la stessa studiosa indicò invece il sarcofago con la Processione

trionfale proveniente da Santa Maria Maggiore ed oggi al British Museum (inv. 2298)40 dove si conserva anche un disegno, privo dello sfondo, indicato dal catalogo del museo come opera di un tardo scolaro di Raffaello, che secondo la Massari potrebbe essere una copia cinquecentesca di un originale di Raffaello, o più probabilmente di Giulio Romano, da cui deriverebbe lÊincisione.41 In effetti, lo stile complessivo della stampa, le pose delle figure, lÊespressione del Sileno, ed anche il tema erotico della scena richiamano i caratteri dellÊarte di Giulio e delle altre incisioni di Agostino derivate dallÊopera dellÊallievo prediletto di Raffaello.42 Non è noto a chi debba spettare con precisione lÊinvenzione dello sfondo che è di un certo interesse non solo per la presenza di dettagli erotici, ma anche per il grande tempio che si staglia nella parte centrale. LÊarchitettura, incisa in modo semplificato e, a dire il vero, al limite dellÊingenuità (in particolar modo nella copertura), mostra comunque motivi di interesse: infatti, la rappresentazione molto semplificata non chiarisce la natura della costruzione che, priva di capitelli e dettagli ornamentali (a meno dei festoni appesi sotto la gronda) pare forse richiamare il dibattito, diffuso in varie incisioni del Â500 (anche di ambito raffaellesco), sullÊorigine dellÊarchitettura dalla „capanna primitiva‰ descritta nel trattato vitruviano.43 Non è chiaro dove e quando Agostino realizzò questo bulino. Considerando la probabile derivazione giuliesca si potrebbe pensare al soggiorno mantovano, anche se la Massari indica gli anni del ritorno a Roma (1530 circa).44 Nel XVIII secolo i rami finirono nelle mani del noto stampatore romano Losi che ne curò una tiratura tarda da rami ormai stremati. La Massari ricorda una maiolica, oggi conservata al Louvre, databile agli anni 1530-35 e riferita in via ipotetica a Nicola da Urbino che riproduce il medesimo soggetto.45

Quite good impression, Minonzio II or III/VI, printed on thin 16th century paper with watermark. Sheet in overall good

condition, trimmed along the border line and with a very little paper loss in the upper left hand corner. Our print derives

from the antique through a drawing probably by Giulio Romano as the style of the engraving and the erotic theme seems

suggest. The temple in the background is quite interesting and, as other buildings represented in 16th century prints,

possibly refers to the debate of the origin of architecture from the vitruvian „primitive hut‰.

34 MINONZIO 1980.

35 OBERHUBER 1999.

36 Si pensi in particolare a Venere e Vulcano tra amorini (BARTSCH 1813, n. 349).

37 OBERHUBER 1989, BELLUZZI 1989 e, come aggiornamento bibliografico, DEVITINI, 1998.

38 ORTOLANI, GARRONE, 2001, p. 28; MASSARI 1993, pp. 23-24, n. 16; MASSARI 1985, pp. 247-248. n. VI.6; BARTSCH 1813, XIV/1, pp. 192-193, n. 240. LÊesemplare proposto proviene dalla galleria „Claudio Ghisini‰ di Mantova.

39 BOBER 1957, p. 68.

40 RUBINSTEIN 1976, pp. 103-157.

41 MASSARI 1993, p. 23.

42 Per lÊerotismo in Giulio si considerino i „Modi‰: cfr AVILA 2008 e, in italiano, BRAGLIA 2000. In generale sullÊerotismo cfr Lise 1975.

43 GIRONDI 2009.

44 MASSARI 1993, p. 24.

45 MASSARI 1993, p. 24.

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7. SCUOLA DI MARCANTONIO RAIMONDI

Sant'Andrea in Argini (BO), 1480 – Bologna, 1534.

LA CREAZIONE DEGLI ANIMALI 1540? Bulino, mm 283x414 e margine inferiore inciso di 8mm. Primo stato su due avanti i ritocchi. In basso, nel margine, si legge „EXC DEUS ENIM OMNIA CREAVIT . EXCVDEB . ANT . SALAMANCA . M.D.X.L.‰. Bella prova, fresca e perfettamente inchiostrata stampata su sottile carta vergellata con filigrana „frecce incrociate con stella‰ riferibile alla metà del XVI secolo. Foglio in pressoché perfetto stato di conservazione rifilato lungo la linea di inquadramento (sempre visibile) e, fatto inusuale, con il margine inferiore con la scritta. NellÊangolo in basso a destra si legge „60‰ aggiunto a penna. Si segnalano le tracce di una piega centrale (appena visibili solo nella parte superiore). Qualche leggera macchia. Al verso, due timbri di collezione (uno della raccolta Kuderna, Lugt 1626a), segni di montaggio agli angoli ed una scritta a matita „A.V. d. Marco da Ravenna‰ ad indicare lÊattribuzione vasariana.

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Fu Giorgio Vasari il primo a nominare questa stampa46 che nella vita di Marcantonio Raimondi è detta opera a quattro mani di Marco Dente ed Agostino Veneziano „rintagliata‰ in seguito da un maestro anonimo.47 Di questa attribuzione non parla più il Bartsch ed anche Suzanne Boorsch e Hohn Spike48 riconducono giustamente questo bulino ad un anonimo maestro del Â500, mentre Stefania Massari49 si limita a riportare la citazione del Vasari. Il fatto che pesanti ritocchi compaiano solo nel secondo stato, tende poi ad escludere lÊidea vasariana di un primo intaglio rilavorato in seguito. Anche la data 1540 che compare nel margine inferiore è un punto interrogativo, ma dato che non si conoscono esemplari con margini privi della scritta, questa datazione potrebbe effettivamente essere quella corretta.

Per parte nostra siamo quindi a proporre questa stampa come unÊopera di un anonimo tardo seguace raimondesco che, nellÊottica del recupero dei modi del Raimondi promosso dallo stampatore Salamanca negli anni Ê40 del XVI secolo,50 realizzò ex novo questo bulino senza rifarsi a modelli o rami precedenti.

Il soggetto, inciso con qualche ingenuità che porta ad escludere una partecipazione diretta di Marco Dente ed Agostino Veneziano, deriva dallÊaffresco omonimo della prima campata delle Logge Vaticane affrescate da Raffaello e dalla sua bottega.51 La stampa, in controparte rispetto al dipinto (forse eseguito da Raffaellino dal Colle e da Giovanni da Udine), è interessante per il movimento e per la ricchezza di dettagli e testimonia la continua fortuna, ancora nel 1540, delle invenzioni dellÊUrbinate.

Very good impression, Bartsch I/II, printed on thin laid paper with watermark „crossed arrows in the circle‰ (Italy, mid

16th century). Sheet trimmed to the border line with the inferior margin with the text well visible. Perfect condition except

for central fold. Ex collection Kuderna (Lugt 1626a). This print, reported by Vasari as a work by Agostino Veneziano and

Marco Dente engraved again by an anonymous mater, was almost certainly executed by an artist of the late entourage of

Marcantonio Raimondi, perhaps after the Sack of Rome, as the date and the address of Lafrery (which compare since in

the first state) seem suggest. The subject derives from a scene represented in the frescos by Raphael and his circle in the

Loggias in the Vatican Palace.

46 MASSARI 1985, p. 72, n. I,1 (per la bibliografia completa); BARTSCH 1813, XV/1, p. 7, n. 1. LÊesemplare proposto proviene dalla galleria „Empyraeum Antiquaria‰ di Riegelsberg (Germania).

47 VASARI 1568/3, p. 301.

48 BOORSCH, SPIKE 1978, p. 9, n. 1.

49 MASSARI 1985, p. 72.

50 MASSARI 1985, p. 72, n. I,1 (per la bibliografia completa); Bartsch 1813, XV/1, p. 7, n. 1.

51 DACOS 1977, tavole II e XI. Per la fortuna delle logge nelle stampe cfr. almeno LO PRESTI 2006.

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8. GIULIO BONASONE

Bologna, 1498 circa – dopo il 1574.

DOMINE QUO VADIS? 1560 circa. Bulino e acquaforte, mm 259x368. Seconda variante su due dellÊunico stato. In basso a sinistra „Raphael Urbino pinxit in Vaticano / Iulio Bonasone fecit‰ (nella prima variante si legge „Julio‰. Al centro, nellÊedificio turriforme, la scritta „DOMINE QUO VADIS / EO ROMAM ITERU / CRUCIFIGI‰. SullÊaureola del santo „S. PIETRO‰. Splendida e delicata impressione in toni argentei stampata su sottile carta vergellata con filigrana „stella a sei punte dentro una figura romboidale inscritta in un cerchio‰ databile alla seconda metà del XVI secolo. Foglio completo dellÊimpronta del rame e di bei margini. Complessivamente in buono stato di conservazione a parte piccoli restauri lungo le tracce della piega centrale e nella zona tra il Cristo e lÊedificio turriforme. Una leggera abrasione nella parte destra, poco sopra la piccola montagna dello sfondo.

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Nato a Bologna intorno allÊanno 1500, Giulio Bonasone fu uno dei grandi protagonisti dellÊincisione italiana del XVI secolo.52 Probabilmente esordì come pittore, allievo di Lorenzo Sabbadici, per poi volgere il suo interesse alla grafica intorno al 1531. Giulio è generalmente ritenuto un seguace tardivo di Marcantonio Raimondi, tornato a Bologna nel Ê27 dopo il tragico sacco di Roma e la distruzione della propria bottega calcografica. Tuttavia, lo stile del Bonasone, seppur memore delle opere tarde di Marcantonio, è sostanzialmente originale e condotto in grande autonomia verso esiti non banali. Trasferitosi a Roma nel 1544, lavorò per Salamanca, Barlacchi, Lafrery53 incidendo soggetti propri o traducendo nel suo stile personale opere di Raffaello, Parmigianino, Michelangelo, Giulio Romano, Perin del Vaga e Polidoro da Caravaggio. Degli anni Ê50 è lÊopera più impegnativa: Achille Bocchi, erudito umanista bolognese e fondatore dellÊAccademia Bocchiana, lo incarica di illustrare a stampa con 150 incisioni (perlopiù derivate da Prospero Fontana) i suoi Simbolycarum quaestionem de universo genere quas serio ludebat libri quinque. LÊultima stampa documentata, il San Giorgio e il drago da Giulio Romano, risale al 1574.54

LÊopera in esame55 rappresenta il celebre passo degli Atti degli Apostoli in cui san Pietro, fuori dalle porte dellÊUrbe, incontra il Risorto e gli chiede „Domine, quo vadis?‰ per ottenere la famosa risposta: „vado a Roma per essere crocefisso di nuovo‰, prefigurando così il quasi immediato martirio del santo. Secondo Stefania Massari, il soggetto deriverebbe dal disegno preparatorio di Raffaello per lÊaffresco realizzato da Polidoro da Caravaggio per lo sguincio della finestra nella stanza dellÊIncendio di Borgo in Vaticano.56

Questa incisione, databile intorno al 1560, testimonia una notevole perizia tecnica da parte di Giulio ed anche una certa dose di sperimentazione dovuta soprattutto alla scelta di impiegare contemporaneamente il bulino e lÊacquaforte, scoperta solo poco prima.57 In particolare si deve segnalare come gli esemplari di questa stampa conservati al Gabinetto delle Stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna ed al Department of Drawings and Prints del British Museum pare siano il frutto di una duplice impressione del rame per ottenere un caratteristico effetto „sfumato‰.58 Per quanto riguarda il nostro esemplare, esso non sembra essere il risultato di una doppia impressione (anche se non lo si può escludere con certezza), ma in ogni caso la delicatezza dellÊinchiostrazione argentea e la morbidezza del segno di Giulio tendono comunque ad unÊatmosfera sfumata di un certo interesse. Anche a livello stilistico lÊopera manifesta un linguaggio maturo attento a studiare i testi pittorici da tradurre però in modo sempre originale e non banale. In particolare è di un certo interesse la resa della quinta architettonica dove si alternano edifici medioevali (si notino quelli dotati di merli al centro e sulla sinistra) ed altri desunti, a volte in modo fantasioso, dallÊantichità classica.59 Il rame, un tempo conservato nella Calcografia Camerale di Roma, andò probabilmente distrutto nel 1804 insieme ad altre matrici ormai inservibili.

Delicate very good and brilliant impression, according to Massari 2nd variant/2 of the only state, printed on thin 16th

century laid paper. Overall in good condition, a part from few restorations on the central fold. Fine margins. Our

impression represents the legendary meeting between Christ and Saint Peter at the gates of Rome and derives from the

frescoes designed by Raphael (and executed by Polidoro da Caravaggio) in the Vatican Palace. The print presents

interesting technical experimentations due to the contemporary use of etching and engraving characteristic of GiulioÊs

work of the early 1560s.

52 SPIKE 1985, MASSARRI, 1983. In aggiunta si veda anche il numero monografico (n. 1, maggio 2008) della rivista web del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe di Bologna: <www.aperto.gdspinacotecabo.it> (dicembre 2010).

53 Infra, nota 25.

54 BARTSCH 1813, XV/1, p. 132, n. 77.

55 Ivi, p. 119, n. 41; MASSARI 1985, p. 58, n. VI.2; MASSARI 1983, I, p. 127, n. 226.

56 MASSARI 1985, p. 58. Su Raffaello in Vaticano cfr. almeno SHEARMAN 2007.

57 MARIANI 2005. 58 BOORSCH SPIKE 1985, pp. 248-249. Gli autori datano lÊopera intorno al 1560, mentre Stefania Massari tende ad anticiparne lÊesecuzione di qualche anno.

59 Sulla rappresentazione della città cfr. De VECCHI, VERGANI 2004. Su questo tema specifico cfr. GIRONDI 2010 e GIRONDI 2008.

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9. MAESTRO DEL DADO

Bologna, 1498 circa – dopo il 1574.

VENERE E AMORE DAVANTI A GIOVE 1532 circa. Bulino, mm 200x228. Bella prova nel quarto stato su cinque con il testo nel margine inferiore (allÊinterno dello stesso il numero „30‰) e dopo lÊaggiunta dellÊindirizzo dello stampatore Salamanca „Ant. Sal. exc‰ in basso a sinistra. Foglio dalla perfetta inchiostrazione, nitido e molto ben contrastato stampato su sottile carta vergellata con filigrana „ancora‰ databile alla metà del XVI secolo. Foglio completo dellÊimpronta del rame e di bei margini. Perfetto stato di conservazione a meno di una minima lacuna nella parte inferiore sotto il numero „30‰ che comunque resta al di fuori della parte incisa.

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Questa bella incisione60 appartiene alla celebre serie di trentadue bulini raffiguranti la Favola di Amore e Psiche di norma attribuiti al Maestro del Dado (a parte tre tradizionalmente riferiti ad Agostino Veneziano).61 La serie, da considerare nel suo complesso come una delle più interessanti manifestazioni della grafica del Â500 italiano, deriva dalle Metamorfosi di Ovidio, un testo ampiamente divulgato e tradotto in pittura più volte nel corso della prima metà del XVI secolo.62

Come riportato da Stefania Massari,63 Giorgio Vasari identifica lÊinventore delle composizioni in Michiel Coxie, a Roma nel 1532, anno a cui generalmente si fanno riferire le incisioni. In generale lÊispirazione complessiva è di ambito raffaellesco e per questo motivo non è da escludere che il Coxie si sia basato su qualche foglio dellÊUrbinate oggi non noto.

Il nostro foglio rappresenta Venere e Amore davanti a Giove ed alle divinità olimpiche nel momento in cui Mercurio sta conducendo in cielo Psiche. La composizione, elegante ed equilibrata, insieme ad una felice restituzione dei particolari ed una intensa resa chiaroscurale, fa di questa tavola forse la più bella di tutta la serie, o comunque uno dei fogli di maggiore interesse e godibilità. Sotto certi aspetti (si consideri in particolare lÊambientazione tra le nuvole), ricorda il banchetto raffigurato nella volta della Loggia di Psiche affrescato da Raffaello e dalla sua bottega nella villa Farnesina a Roma.64

Marvelous and brilliant impression, Massari IV/V with the address of Salamanca, printed on thin 16th century laid paper.

Perfect condition a part from a very small paper loss in the lower edge (not restored). This beautiful print belongs to the

series of thirty-two engravings representing the fable of Eros and Psyche traditionally attributed to the Master of the die

(with the help of Agostino Veneziano for three plates). The fable, derived from the Metamorphosis of Ovid, was a subject

much used in panting in the first half of the 16th century and our sheet represents very well the classic style of arts just

after RaphaelÊs death.

60 MASSARI 1985, p. 256. IX.30; BARTSCH 1813, XV/2, p. 223, n. 68.

61 In generale sul Maestro del Dado cfr. ORTOLANI, GARRONE 2004, p. 50 e BOORSCH 1982. Sulla Favola di Amore e Psiche cfr. CAVICCHIOLI 2000.

62 Si pensi ad esempio alla raffaellesca loggia della Farnesina a Roma (Varoli Piazza 2002), alla celebre sala di Palazzo Te a Mantova di Giulio Romano (SIGNORINI 1987 e SIGNORINI 2001 da aggiornare con BELLUZZI 2006), alla serie genovese del palazzo di Andrea Doria di Perin del Vaga (Armani 2000) ed al perduto ciclo della delizia estense di Belriguardo (ARIENTI 1997).

63 MASSARI 1985, p. 29.

64 VAROLI PIAZZA 2002.

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Ê500 incisioni di antichi maestri

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10.

ATTRIBUITO A NICOLÒššBOLDRINI

Vicenza? Attivo tra il 1530 circa ed il 1570 circa.

SAN GIROLAMO IN SOLITUDINE 1530-40 circa. Xilografia, mm 390x532. Buona prova nitida e ben contrastata in cui nelle zone più scure sono quasi sempre ancora leggibili i doppi intrecci di linee che nelle impressioni tarde si impasteranno al punto da diventano delle uniche macchie scure. Il segno appare appena un poÊ appiattito solo nella parte in alto a sinistra. Il legno appare con qualche buco di tarlo in basso a sinistra e con la grande spaccatura pressoché orizzontale nella metà alta dellÊopera che appare in quasi tutti gli esemplari noti. La prova è stata rifilata in modo non sempre regolare lungo o poco al di fuori della linea di inquadramento (non sempre perfettamente impressa). La xilografia è stampata su un sottile foglio di carta vergellata databile probabilmente ancora alla prima metà del XVI secolo. Si segnalano un piccolo restauro allÊangolo superiore destro che però non intacca la parte incisa e, lungo la spaccatura del legno, qualche ritocco a penna. Leggeri assottigliamenti della carta visibili solo in controluce. Considerate le grandi dimensioni, il foglio si può considerare in pressoché perfetto stato di conservazione.

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A parere di chi scrive non sembrano esserci grandi dubbi nellÊattribuire questa xilografia allÊattività incisoria del Boldrini la quale deve essere inserita nel più ampio contesto della divulgazione dellÊopera di Tiziano avvenuta grazie a questo artista ed altri xilografi nel corso del XVI secolo. Senza raggiungere lÊefficienza e la perfetta coordinazione della bottega romana del Raimondi, che operava in perfetta sintonia con lÊatelier di Raffaello, i maestri che ruotarono attorno allÊartista cadorino rappresentarono comunque un momento importante per lo sviluppo dellÊincisione di traduzione in Italia.65 Allo stato attuale degli studi poco si conosce della vita del Boldrini: questo artista misterioso si firmò come „Vicentinus‰ nella sua xilografia raffigurante Venere e Amore66 e questo farebbe pensare a Vicenza quale città natale. La maggior parte delle sue opere, datate tra gli anni Ê30 e Ê70 del XVI secolo, riguardano perlopiù soggetti da Tiziano.

La nostra prova raffigura San Girolamo in solitudine.67 Il santo, che compare in una posizione marginale della xilografia ed occupa poco spazio nella scena, non sembra essere il vero protagonista della raffigurazione. ˚ invece il paesaggio naturale, nel quale il santo è immerso, a ricoprire un ruolo di primo piano manifestando la grande attenzione per la Natura del Ê500 veneto.68 Di un qualche interesse sono gli speroni rocciosi della parte destra, che da alcuni punti di vista sembrano fare memoria delle rocce acuminate di certa pittura quattrocentesca veneta. Colpisce nel suo complesso il senso di armonia e di ordine che sembra regnare in questa foresta in cui gli alberi (si noti la maestria nel rendere quello in primo piano a sinistra)69 paiono presenze vive e le bestie feroci sembrano animali innocui e per nulla minacciosi.

Non è chiara la cronologia dellÊopera che Tiziano Ortolani e Francesco Garrone riportano in via ipotetica alla prima fase dellÊattività del Boldrini. Gli stessi studiosi, pur non identificando due veri stati della lastra, colgono il momento della spaccatura che deve essere avvenuto non molto dopo la sua realizzazione, come del resto sembra dimostrare il nostro esemplare stampato su una carta molto sottile riferibile probabilmente alla prima metà del Â500. In ogni caso, secondo Ortolani e Garrone, la spaccatura non avrebbe comportato una perdita della parte incisa. Due belle prove, prima di questo incidente, sono state pubblicate nei cataloghi Mauroner70 e Sosand-Murano,71 anche se la maggior parte delle prove note e, pressoché la totalità di quelle sul mercato antiquario, presentano questa spaccatura.

Good impression printed on very thin laid paper without watermark perhaps still dated to the first half of the 16th

century. The twisted pair lines of the dark areas are almost always still visible and the sign is quite flattened only in the upper left hand part. Some worm holes in the lower left hand part and the horizontal break visible in almost all the known impressions. A small restoration in the upper right hand corner and some thinning of paper only visible at the verso. The sheet has been irregularly trimmed approximately along the border line. Considering the large dimension, our impression should be considered in overall good condition. According to scholars, this woodcut has to be surely attributed to Nicolò Boldrini whose work spread Titian’s style and inventions. Our impression shows Saint Jerome quite in background, while the real protagonist is the natural setting according to the great attention to the Nature characteristic of Venetian art of the 16th century.

65 MORETTO, WIEL 2007; CHIARI 1982; AA.VV. 1980; ROSAND, MURANO 1976-77; ROSAND MURANO 1976; RIGON 1976, MAURONER 1943.

66 BARTSCH 1813, XII, p. 126, n. 29.

67 ORTOLANI, GARRONE 2004, p. 49; ROSAND, MURANO 1976-77, p. 147; MAURONER 1943, tav. 31.

68 SALVADORI, RIZZI 2006; VECCHI, VERGANI 2002; BETTAGNO et al. 1995

69 LÊalbero deriva direttamente da un disegno di Tiziano (da cui è ripreso in controparte) già in una collezione privata parigina (ROSAND

MURANO 1976, n. 29; MAURONER 1943, tav. 32).

70 MAURONER 1943, tav. 31.

71 ROSAND, MURANO 1976-77, p. 147

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Stampato nel mese di gennaio 2010 a Mantova per contro di Â500 Incisioni di antichi maestri

con il contributo de IL RIO Srl