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Bilancio consolidato la Corte dei conti approva le “Linee-guida” e il Questionario per l’esercizio 2018 per gli Organi di revisione economico-finanziaria Corte dei conti le “Linee-guida” per Comuni e Province per le relazioni sui controlli interni dell’esercizio 2018 Enti Locali rapporto fra Dirigenti e amministratori (saggio ironico) Revisorenews Centro Studi Enti Locali Rivista mensile di approfondimento per i Revisori degli Enti Locali e delle Società ed Aziende partecipate ISSN 2532-2583 Supplemento ad Entilocalinews n. 34 del 9 settembre 2019 NUMERO 09 Anno XVII 10 settembre 2019

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Bilancio consolidatola Corte dei conti approva le “Linee-guida” e il Questionario per l’esercizio 2018 per gli Organi di revisione economico-finanziaria

Corte dei contile “Linee-guida” per Comuni e Province per le relazioni sui controlli interni dell’esercizio 2018

Enti Localirapporto fra Dirigenti e amministratori (saggio ironico)

RevisorenewsCentro Studi Enti LocaliRivista mensile di approfondimento per i Revisori degli Enti Locali e delle Società ed Aziende partecipate

ISSN

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Supplemento ad Entilocalinews n. 34 del 9 settembre 2019

NUMERO

09Anno XVII10 settembre 2019

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SOMMARIORevisorenewsCentro Studi Enti Locali

Revisorenews Centro Studi Enti LocaliRivista mensile di approfondimento per i Revisori degli Enti Locali e delle Società ed Aziende partecipate

COLLABORANO ALLA RIVISTA:Avv. Stefano Ciulli, Avvocato, consulente di Enti Locali e Docente in corsi di formazioneDott. Riccardo Compagnino, Dottore commercialista e Revisore contabile, Esperto di finanza pubblica localeProf. Ciro D’Aries, Dottore Commercialista, Docente e PubblicistaDott. Claudio Galtieri, Magistrato della Corte dei contiDott.ssa Anna Guiducci, Dirigente Servizi Finanziari Comune di ArezzoDott. Pantaleo Isceri, Dirigente Servizi Finanziari Provincia di Lecce, Componente Commissione Finanza Locale dell’Anci, Consulente AncirispondeDott. Gianfranco Ponis, Direttore del Servizio finanza, contabilità e bilanci di un Consorzio di Enti Locali - Editorialista Pubblicista - Revisore LegaleDott. Stefano Quarchioni, Dottore commercialista, Revisore dei Conti, Consulente di Enti PubbliciDott. Fabio Sciuto, Delegato Regione Sicilia Centro Studi Enti Locali

COMITATO DI REDAZIONE:Enrico Ciullo, Calogero Di Liberto, Luca Eller Vainicher, Luciano Fazzi, Federica Giglioli, Alessandro Maestrelli, Alessio Malucchi, Gabriele Nardi, Stefano Paoli, Veronica Potenza, Alessia Rinaldi, Alessio Tavanti, Nicola Tonveronachi, Giuseppe Vanni e Francesco VegniSegreteria di redazione: Francesca CombattiResponsabile: Fabrizio Mandorlini

Editore e proprietario: Centro Studi Enti Locali S.p.a.Via della Costituente, 15 - 56024 San Miniato (PI)Tel. 0571/469222 - 0571/469230 - Fax 0571/469237E-Mail: [email protected] internet: www.entilocali-online.it

Azienda con sistema di gestione della qualità UNI EN ISO 9001:2015 certificato da Certiquality

Supplemento ad Entilocalinews, settimanale registrato in data 18 dicembre 2001 al n. 24/01 del Registro della stampa presso il Tribunale di Pisa, iscritto al n. 8581 del Registro degli operatori di comunicazione di cui alla Legge n. 249/97, iscritto all’Unione Stampa Periodici Italiani

Distribuzione: vendita esclusivamente per abbonamentoAbbonamento annuale: Euro 105,00 Iva compresa Arretrati e numeri singoli: Euro 6,00 Iva compresaLa Rivista viene inviata mensilmente agli abbonati tramite e-mail.

INDICE DEGLI ARGOMENTIWHAT’S NEXT? I PROSSIMI ADEMPIMENTIBilancio consolidatole verifiche “mirate” tra processi di elisione, rettifiche di pre-consolida-mento e differenze di annullamentodi Gianfranco Ponis ....................................................................... pag 04

Bilancio consolidatola Corte dei conti approva le “Linee-guida” e il Questionario per l’eserci-zio 2018 per gli Organi di revisione economico-finanziariadi Enrico Ciullo e Nicola Tonveronachi ......................................... pag 09

NOTIZIARIO DI SETTORERevisori Enti Localideliberate dalla Corte dei conti le “Linee guida” per la relazione al bilancio di previsione 2019-2021 ................................................................ pag 11

NOTIZIARIOCorte dei contile “Linee-guida” per Comuni e Province per le relazioni sui controlli inter-ni dell’esercizio 2018 ..................................................................... pag 12

Controlli interniQuestionari da inviare alla Corte dei conti entro fine ottobre 2019 ... pag 12

Controlli internila relazione della Corte dei conti sull’analisi dei Sistemi adottati dagli Enti Locali nell’anno 2017 .................................................................... pag 13

Bilancio consolidatole Unioni non sono da includere nel perimetro comunale .............. pag 14

“Spending review”Linee-guida per gli Enti Territoriali ................................................. pag 14

Crisi aziendaleil Quirinale emana il Provvedimento a tutela del lavoro ................. pag 15

Revisori Enti Localisull’Elenco 2019 interviene l’ottavo Decreto di modifica ................ pag 15

NOTIZIARIO FISCALEIvasoggette ad Imposta le somme erogate da un Comune ad una Società “in-house” per la gestione post-mortem di una discarica ............... pag 16

Ivaammessa la rivalsa ex art. 60 del Dpr. n. 633/1972 anche a seguito di “Definizione agevolata” di un Pvc .................................................. pag 18

Ivasono imponibili le prestazioni didattiche erogate dalle Scuole guida ... pag 19

E-fatturaa chi spetta la firma digitale quando l’emissione avviene per conto del prestatore di servizio ed avvalendosi di un Intermediario .............. pag 20

Versamenti mensili Irapgli Enti pubblici che non utilizzano il Modello “F24EP” devono utilizzare il Modello “F24”, codice-tributo “3858” ............................................. pag 21

Sostituto d’impostanon sono soggette a ritenuta le prestazioni di lavoro autonomo rese da un soggetto tedesco senza base fissa in Italia ............................. pag 22

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Imposta di bollola decadenza del termine di accertamento non autorizza il mancato as-solvimento ..................................................................................... pag 23

Imposta di bolloforniti chiarimenti sulle denunce di opere edilizie in cemento armato....................................................................................................... pag 24

Tarinuova Deliberazione Arera sull’individuazione del nuovo metodo tariffario....................................................................................................... pag 25

GLI APPROFONDIMENTIOrdinanza Corte dei conti Calabrialegittimità costituzionale delle norme del “Decreto Crescita” in materia di crisi degli Enti Localidi Giovanni Viale ........................................................................... pag 26

Enti Localirapporto fra Dirigenti e amministratori (saggio ironico) di Giovanni Viale ........................................................................... pag 31

Società a controllo pubblicoanche in caso di “controllo congiunto” o “controllo plurisoggettivo”?di Federica Giglioli ......................................................................... pag 36

QUESITIQuota incentivo funzioni tecniche da corrispondere al personale di un Ente Locale; dove assegnarlo ?di Enrico Ciullo .............................................................................. pag 39

Proventi da sanzioni “Codice della Strada”Ripartizione e vincoli di destinazionedi Giuseppe Vanni ......................................................................... pag 40

LA GIURISPRUDENZACondanna di alcuni Amministratori comunali per aver riconosciuto un debito fuori bilancio non documentatoconferma, con riduzione .................................................................. pag 43

Condanna Direttore generale di una Azienda sanitaria locale per l’il-lecito utilizzo dell’autovettura di servizio per il tragitto casa–lavoro ........................................................................................................... pag 45

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WHAT’S NEXT? I PROSSIMI ADEMPIMENTI

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WHAT’S NEXT? I PROSSIMI ADEMPIMENTI

Si stanno vivendo giornate convulse e complicate nei Co-muni con più di 5.000 residenti (quelli con meno abitanti ne sono esonerati…): sono in dirittura d’arrivo le operazio-ni di consolidamento dei conti con le realtà societarie par-tecipate e gli enti strumentali, in vista dell’approvazione consiliare entro il 30 settembre. Purtroppo, non è soltanto un problema di integrazione dei bilanci: diverse sono le tematiche propedeutiche che vanno affrontate con il dovuto anticipo, sin dalla fase che precede operativamente l’elaborazione vera e propria del consolidato. Occorre, quindi, che l’Organo di Revisione avvii le sue atti-vità di verifica già con il vaglio della deliberazione giuntale di aggiornamento del Gap (Gruppo amministrazione pub-blica). Entro la fine dell’anno ogni Ente Locale deve adot-tare la delibera di aggiornamento del Gruppo amministra-zione pubblica nonché del perimetro di consolidamento. Sul punto segnaliamo le novità introdotte dal Dm. 11 ago-sto 2017, che hanno una valenza applicativa per il bilan-cio consolidato 2018 e per quelli successivi. Sintetizziamo brevemente i soggetti che debbono rientrare nel Gap ed essere punto di partenza per la compilazione del secon-do Elenco, da esso discendente, che ha come oggetto gli enti, le aziende e le società componenti del gruppo com-presi nel bilancio consolidato. E’ compito dell’Organo di Revisione verificare, dal punto di vista della conformità al dettato legislativo, la corretta inclusione, da parte dell’En-te, degli enti/organismi strumentali, delle società control-late e partecipate nel Gap. L’attività di riscontro deve fare riferimento alla nozione di controllo di “diritto”, di “fatto” e “contrattuale”, anche nei casi in cui non è presente un le-game di partecipazione, diretta o indiretta, al capitale delle controllate ed a una nozione di partecipazione.

Recita il Principio Allegato n. 4/4 al Dlgs. n. 118/2011: “Co-stituiscono componenti del “gruppo amministrazione pub-blica”:1. gli Organismi strumentali dell’Amministrazione pubblica

capogruppo come definiti dall’art. 1, comma 2, lett. b) del Dlgs n. 118/2011. Rientrano all’interno di tale cate-goria gli organismi che sebbene dotati di una propria autonomia contabile sono privi di personalità giuridica;

2. gli Enti strumentali dell’Amministrazione pubblica capo-gruppo, intesi come soggetti, pubblici o privati, dotati di personalità giuridica e autonomia contabile. A titolo esemplificativo e non esaustivo, rientrano in tale cate-goria le aziende speciali, gli enti autonomi, i consorzi, le fondazioni;2.1 gli Enti strumentali controllati dell’Amministrazio-

ne pubblica capogruppo, come definiti dall’art. 11-ter, comma 1, Dlgs. n. 118/2011, costituiti dagli enti pubblici e privati e dalle aziende nei cui confronti la capogruppo:a. ha il possesso, diretto o indiretto, della maggio-

ranza dei voti esercitabili nell’ente o nell’azienda;b. ha il potere assegnato da legge, statuto o con-

venzione di nominare o rimuovere la maggio-ranza dei componenti degli organi decisionali, competenti a definire le scelte strategiche e le politiche di settore, nonché a decidere in ordine all’indirizzo, alla pianificazione ed alla program-mazione dell’attività di un ente o di un’azienda;

c. esercita, direttamente o indirettamente la mag-gioranza dei diritti di voto nelle sedute degli or-gani decisionali, competenti a definire le scelte strategiche e le politiche di settore, nonché a decidere in ordine all’indirizzo, alla pianificazione

Bilancio consolidatole verifiche “mirate” tra processi di elisione, rettifiche di pre-consolidamento e differenze di annullamento

del Dott. Gianfranco Ponis - Direttore del Servizio finanza, contabilità e bilanci di un Consorzio di Enti Locali - Editorialista Pubblicista - Revisore Legale

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ed alla programmazione dell’attività dell’ente o dell’azienda;

d. ha l’obbligo di ripianare i disavanzi nei casi con-sentiti dalla legge, per percentuali superiori alla quota di partecipazione;

e. esercita un’influenza dominante in virtù di con-tratti o clausole statutarie, nei casi in cui la leg-ge consente tali contratti o clausole. L’influenza dominante si manifesta attraverso clausole con-trattuali che incidono significativamente sulla ge-stione dell’altro contraente (ad esempio l’impo-sizione della tariffa minima, l’obbligo di fruibilità pubblica del servizio, previsione di agevolazioni o esenzioni) che svolge l’attività prevalentemen-te nei confronti dell’ente controllante. I contratti di servizio pubblico e di concessione stipulati con enti o aziende, che svolgono prevalentemente l’attività oggetto di tali contratti presuppongono l’esercizio di influenza dominante. L’attività si definisce prevalente se l’ente con-trollato abbia conseguito nell’anno precedente ricavi e proventi riconducibili all’amministrazione pubblica capogruppo superiori all’80% dei ricavi complessivi.

2.2 gli Enti strumentali partecipati di un’amministrazio-ne pubblica, come definiti dall’art. 11-ter, comma 2, costituiti dagli enti pubblici e privati e dalle aziende nei cui confronti la capogruppo ha una partecipazio-ne in assenza delle condizioni di cui al punto 2.

3. le Società, intese come enti organizzati in una delle for-me societarie previste dal Codice civile Libro V, Titolo V, Capi V, VI e VII (Società di capitali), o i gruppi di tali So-cietà nelle quali l’Amministrazione esercita il controllo o detiene una partecipazione.

3.1 le Società controllate dall’Amministrazione pubblica capogruppo, nei cui confronti la capogruppo:a. ha il possesso, diretto o indiretto, anche sulla

scorta di patti parasociali, della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria o dispo-ne di voti sufficienti per esercitare una influenza dominante sull’assemblea ordinaria;

b. ha il diritto, in virtù di un contratto o di una clau-sola statutaria, di esercitare un’influenza domi-nante, quando la legge consente tali contratti o clausole. L’influenza dominante si manifesta at-traverso clausole contrattuali che incidono signi-ficativamente sulla gestione dell’altro contraente (ad esempio l’imposizione della tariffa minima, l’obbligo di fruibilità pubblica del servizio, previ-sione di agevolazioni o esenzioni) che svolge

l’attività prevalentemente nei confronti dell’ente controllante. I contratti di servizio pubblico e di concessione stipulati con Società, che svolgono prevalentemente l’attività oggetto di tali contratti presuppongono l’esercizio di influenza dominan-te. L’attività si definisce prevalente se la Società controllata abbia conseguito nell’anno preceden-te ricavi a favore dell’Amministrazione Pubblica capogruppo superiori all’80% dell’intero fatturato. In fase di prima applicazione del presente Decre-to, con riferimento agli esercizi 2015 – 2017, non sono considerate le Società quotate e quelle da esse controllate ai sensi dell’art. 2359 del C.c. A tal fine, per Società quotate si intendono le Socie-tà emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati.

3.2 le Società partecipate dell’amministrazione pubblica capogruppo, costituite dalle Società a totale parteci-pazione pubblica affidatarie dirette di servizi pubblici Locali della regione o dell’Ente Locale indipendente-mente dalla quota di partecipazione. A decorrere dal 2019, con riferimento all’esercizio 2018 la definizio-ne di società partecipata è estesa alle Società nelle quali la regione o l’Ente locale, direttamente o indi-rettamente, dispone di una quota significativa di voti, esercitabili in assemblea, pari o superiore al 20%, o al 10% se trattasi di società quotata.

Non tutte le Società sono includibili nel Gap, ma solo quel-le per azioni (capo V), in accomandita per azioni (Capo VI) e a responsabilità limitata (Capo VII). Le Società così intese a loro volta vengono classificate come controllate, se è presente almeno un elemento qualificante di quel-li enunciati dal richiamato principio contabile applicato al punto 3.1, o partecipate.Rispetto all’anno precedente occorre inserire nel Gap quelle Società partecipate in cui l’ente locale abbia una percentuale di possesso superiore al 20% (10% se quota-te) anche se non a totale partecipazione pubblica affidata-rie di servizi pubblici Locali dell’Ente.In riferimento all’assoggettabilità al Gap, invero, il mede-simo principio contabile richiamato esplicitamente affer-ma: “ai fini dell’inclusione nel gruppo dell’amministrazione pubblica non rileva la forma giuridica né la differente natu-ra dell’attività svolta dall’ente strumentale o dalla società”.Trattasi di un’affermazione rivolta soltanto ai soggetti di-versi dalle società, che non estende la possibilità di inse-rire nel Gap Società diverse da quelle regolamentate dai Capi V, VI e VII del Tit. V, Libro V, del Cc.. Individuati i soggetti che compongono il Gap occorre esa-minare la stesura del secondo elenco atto a specificare

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“gli enti, le aziende e le società componenti del gruppo compresi nel bilancio consolidato”. Andrà quindi fatta una verifica finale sul c.d. “perimetro di consolidamento”, ov-vero sulla conformità ai precetti di cui al paragrafo 3.1 del Principio Allegato n. 4/4 al Dlgs. n. 118/2011. La corret-tezza dell’inclusione in quest’ultimo sottoinsieme andrà riscontrata nell’ottica della “soglia di irrilevanza” che, per il bilancio consolidato dell’esercizio 2018, è stata rettificata dal Dm. 11 agosto 2017. Si effettuerà quindi l’analisi già svolta negli esercizi pre-cedenti rispetto alla posizione patrimoniale, economico e finanziaria della capogruppo, con l’unica novità che la percentuale di rilevanza è passata dal 10% al 3%, sempre da comprovare su tutti e tre i parametri: totale dell’attivo, patrimonio netto, totale dei ricavi caratteristici. Qualo-ra sussistessero più Società risultate irrilevanti, sarebbe necessario sommare le diverse percentuali, per ciascun parametro, ottenendo una percentuale complessiva. Do-vesse, quest’ultima, rivelarsi maggiore del 10% occorre-rebbe ricomprendere, nel perimetro di consolidamento, un numero di “Società irrilevanti” funzionale a far scendere sotto il 10% la percentuale complessiva. E’ rimasta inalte-rata la regola, già adottata per il consolidato 2017, in base alla quale occorre ritenere rilevanti “gli enti e le società to-talmente partecipati dalla capogruppo, le società in house e gli enti partecipati titolari di affidamento diretto da parte dei componenti del gruppo, a prescindere dalla quota di partecipazione”, se precedentemente ricompresi nel Gap.Passando poi agli stadi elaborativi meramente contabili, molte sono, anche qui, le criticità da affrontare per il Re-visore; non ultime la verifica dei criteri di valutazione delle partecipazioni, le procedure di rettifica, le omogeneizza-zioni. L’iter, nel suo complesso, presuppone il rispetto del-le direttive di consolidamento impartite dalla capogruppo e la riclassificazione dello stato patrimoniale e del conto economico secondo lo schema previsto dall’Allegato n. 11 al Dlgs. n. 118/2011. In questa fase è dunque indispensabile, per l’Organo di Revisione, acquisire tutte le informazioni sui rapporti in-fragruppo, soprattutto in vista del controllo sul processo di elisione delle le partite reciproche. Il consolidato infatti deve contenere solo le operazioni intercorse fra gli appar-tenenti al perimetro di consolidamento e terze economie. Dunque, dal punto di vista operativo, il punto di parten-za potrebbe essere rappresentato dalla ricognizione dei debiti e crediti reciproci allegata al rendiconto. L’art. 11, comma 6, lett. j), del Dlgs. n. 118/2011 prevede l’obbligo di rappresentare nella Relazione sulla gestione la situazione ricognitoria delle partite di debito e credito corrispondenti. Lo stato delle vicendevoli relazioni creditorie e debitorie,

asseverato dai rispettivi Organi di Revisione, deve esplici-tare e motivare eventuali discordanze contabili per le quali dovranno essere assunti i provvedimenti per la loro ricon-ciliazione entro la fine dell’esercizio finanziario in corso. Il consolidamento richiede di considerare anche i debiti e crediti derivanti dai rapporti fra i vari soggetti all’interno del gruppo, oltre a costi e ricavi e proventi e oneri. Va detto che la rettifica di reciproci debiti e crediti non determina, generalmente, una variazione del risultato consolidato; mentre, ad esempio, la distribuzione di dividendi o l’eroga-zione di contributi in conto capitale comporta la modifica dei dati patrimoniali ed economici. Un aspetto essenziale, da approfondire, è la scelta del metodo di consolidamento fatta dall’Ente, fra proporziona-le e integrale. L’opzione non può prescindere dalla natura e dal livello di controllo dell’Amministrazione locale capo-gruppo. Attraverso il metodo integrale si consolidano le partecipazioni di controllo, dando cognizione delle quote di pertinenza di terzi, sia nello stato patrimoniale sia nel conto economico. Le partecipazioni non di controllo sono consolidate con il metodo proporzionale. L’eliminazione del valore delle partecipazioni (richiesta anche per le par-tecipate indirette) iscritte nel bilancio della capogruppo è accompagnata dall’elisione della corrispondente frazione di patrimonio netto (fondo di dotazione e riserve): nel caso di differenza fra i valori di carico della partecipazione nel bilancio della capogruppo e i valori patrimoniali dei sog-getti consolidati, occorre dare evidenza della “differenza da annullamento”, da allocare quale posta attiva o passiva del bilancio consolidato. Adottando la regola proporziona-le, l’elisione sarà condotta proporzionalmente alla percen-tuale di partecipazione della capogruppo nella società o ente strumentale. Sarà, invece, posta in essere per l’intero valore in caso di consolidamento con metodo integrale, salvo poi rappresentare la quota di pertinenza di terzi nel risultato economico. In questo contesto sarà necessario verificare se le parte-cipazioni siano già state rilevate in sede di rendiconto con il “metodo del patrimonio netto” (secondo quanto disposto dal Principio Oic 17, punti 107-112) o se, in alternativa, si sia proceduto a tale operazione in sede di elaborazione del bilancio consolidato. In quest’ultimo caso, l’Organo di Revisione dovrà controllare che l’Ente capogruppo abbia esplicitato in Nota integrativa le modalità tecnico-contabili adottate per l’adeguamento del valore delle partecipazio-ni. Sottolineiamo che il Principio contabile Allegato n. 4/4 pre-vede che l’Ente capogruppo debba svolgere, nei confron-ti dei componenti del gruppo che adottano la contabilità civilistica, i poteri di controllo e di indirizzo normalmente

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esercitabili nei confronti dei propri enti e società. A tal fine, specifica il Principio, “la capogruppo invita i componenti del gruppo ad adottare il criterio del patrimonio netto per contabilizzare le partecipazioni al capitale di componenti del gruppo, eccetto quando la partecipazione è acquistata e posseduta esclusivamente in vista di una dismissione entro l’anno. In quest’ultimo caso, la partecipazione è con-tabilizzata in base al criterio del costo”. In quest’ambito, un ulteriore momento valutativo dovrà appurare che le (eventuali) differenze di consolidamento siano state trattate contabilmente in conformità a quan-to previsto dai principi contabili, al fine di armonizzare le prassi contabili volte a valorizzare i componenti straordi-nari del bilancio. Le differenze - negativa e positiva - da annullamento rien-trano nelle fattispecie previste dall’Oic 17, punti da 54 a 56 (trattamento contabile della differenza positiva da an-nullamento) e punti da 57 a 60 (trattamento contabile del-la differenza negativa da annullamento): sarà essenziale verificare se sia stata correttamente evidenziata la quota di pertinenza di terzi, con riferimento tanto all’utile/perdi-ta di esercizio quanto alle voci del patrimonio netto. Si fa presente che la menzione della quota di terzi è necessaria nei casi in cui siano presenti soggetti non partecipati in-teramente dalla capogruppo e consolidati con il metodo integrale. Gli Enti che non elaborano per la prima volta il bilancio consolidato nel corso dell’esercizio 2019 devono conside-rare che, per il basilare principio della continuità dei valori, occorre assicurare una precisa sequenzialità tra i diversi documenti redatti e approvati; ciò comporta, ai fini della redazione del bilancio consolidato dell’esercizio succes-sivo, la necessità di rilevare delle scritture di “riapertura”, finalizzate a ricostituire le grandezze risultanti dalla com-posizione del documento dell’esercizio precedente, anche in funzione delle scritture di rettifica operate.L’Organo di Revisione dovrà, dunque, verificare che, seb-bene la realizzazione del nuovo bilancio derivi dai bilanci di esercizio delle singole realtà partecipate (società e non), i valori riportati risultino del tutto coerenti con le risultanze del bilancio consolidato immediatamente precedente.Ad “aggravare”, sul piano della complessità, questa atti-vità di riscontro del Revisore, sopraggiunge un’ulteriore criticità: l’annullamento e la sterilizzazione delle partite infragruppo, passaggi imprescindibili per l’ottenimento di un bilancio consolidato che rispecchi effettivamente sol-tanto gli effetti derivanti dalle operazioni intervenute con soggetti terzi. L’annullamento racchiude il preventivo allineamento delle grandezze, teso alla sostanziale corrispondenza tra le po-

sizioni debitorie/creditorie dell’ente locale capogruppo, in termini numerari, e le posizioni creditorie/debitorie iscritte nei bilanci delle Società partecipate. Qualora la simmetria non sussistesse occorrerebbe procedere, preventivamen-te, alle operazioni di allineamento, mediante l’iscrizione, ad esempio, di un maggiore debito nel bilancio della capo-gruppo in contropartita di un maggiore costo di esercizio. L’imputazione di quest’ultimo, tra l’altro, implica un ulte-riore esito reddituale, posto che il conto economico con-solidato conduce alla determinazione di un risultato eco-nomico peggiore rispetto a quello strettamente derivante dall’aggregazione “voce per voce” dei bilanci elementari. Sintetizzando, quindi, l’iter contabile della “riapertura” va verificato puntualmente: se nell’esercizio successivo si considerassero esclusivamente i bilanci elementari (di esercizio) nel nuovo bilancio consolidato predisposto, an-drebbero vanificati gli effetti delle rettifiche di allineamento operate nell’esercizio immediatamente precedente. Per-tanto, per ripristinare l’impatto delle operazioni di rettifica, è indispensabile una fase di “ripresa”, destinata ad incide-re - con “riaggancio” di saldo - sulle poste che sono state oggetto di variazioni nel bilancio consolidato precedente-mente approvato (ne sono esempi: le riserve, il risultato economico portato a nuovo, i crediti ed i debiti).Invitiamo quindi l’Organo di revisione a prestare partico-lare attenzione al Principio della “continuità dei valori nel tempo” che deve ineluttabilmente caratterizzare anche il bilancio consolidato. Ciò vale anche riguardo all’operazio-ne di annullamento del valore della partecipazione (iscritta nello stato patrimoniale dell’Ente locale) in contropartita del patrimonio netto delle partecipate, che deve avveni-re in relazione ai valori esistenti al momento dell’acquisto delle stesse partecipazioni ovvero della prima redazione del bilancio consolidato, quantificando le eventuali diffe-renze da consolidamento che dovranno, poi, essere gesti-te negli esercizi successivi.Dopo questa panoramica sulle principali complessità, intrinseche all’elaborazione del bilancio consolidato, di sicuro interesse per l’attività di riscontro dell’Organo di revisione, cerchiamo di fare sintesi su quelli che dovreb-bero essere i principali “paletti di controllo” per l’Organo di revisione nel suo contraddittorio con gli uffici economico-finanziari dell’Ente Locale. Innanzitutto, le rettifiche di pre-consolidamento indispen-sabili per “normalizzare” i singoli bilanci agglomerati e le elisioni delle operazioni infragruppo. Spesso capita che il Comune abbia rettificato dei bilanci per rendere omogenei gli accantonamenti ai fondi ammortamenti, se effettuati con aliquote differenti per le medesime tipologie di beni, o gli accantonamenti al fondo svalutazione crediti. La diffor-

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mità nei principi contabili adottati da una o più controllate, è altresì accettabile, se essi non sono rilevanti, sia in ter-mini quantitativi che qualitativi, rispetto al valore consoli-dato della voce in questione. Dovranno essere raccolti (e posti tra le carte di lavoro) il maggior numero di elementi informativi circa le ragioni che hanno reso necessaria la contabilizzazione delle rettifiche di pre-consolidamento e sulla loro origine (se causate da sfasamenti temporali do-vuti a differenti sistemi contabili; se causate da mancati impegni di spesa/accertamenti da parte dell’Ente; se cau-sate da mancata rilevazione di costi/ricavi da parte degli organismi partecipati). Torniamo ancora (ci sembra una delle priorità) sulle verifi-che dei saldi reciproci tra i componenti del gruppo. Se, in sede di istruttoria propedeutica all’emissione del parere sul bilancio consolidato, l’Organo di Revisione dovesse rilevare incongruenze – con riferimento ai crediti e debi-ti reciproci tra l’Ente e i soggetti del gruppo – tra quanto asseverato in sede di rendiconto e le partite infragruppo comunicate dai soggetti oggetto di consolidamento: tali difformità, ai sensi del paragrafo 4.2 del Principio contabile Allegato n. 4/4 al Dlgs. n. 118/2011, dovrebbero risultare indicate nella Nota integrativa da parte dell’Ente capo-gruppo che predispone il bilancio consolidato. In alterna-tiva, compete all’Organo di Revisione chiedere le relative informazioni nonché formulare un rilievo esplicito riguardo alle differenze individuate. L’Organo di Revisione è tenuto a verificare che l’Ente capogruppo, per ogni operazione di rettifica, abbia riportato in Nota integrativa le scritture con-tabili in partita doppia utilizzate per il riallineamento delle poste contabili reciproche in merito alle quali siano state riscontrate differenze. Inoltre, è opportuno che l’Organo di Revisione accerti che tali scritture siano corredate da una breve descrizione qualitativa delle motivazioni per le quali le stesse siano state adottate. Riguardo al monitoraggio delle operazioni di rettifica con-nesse alle discordanze causate da sfasature temporali derivanti dall’applicazione di principi contabili differenti: non dà oneri ulteriori la risoluzione di tali divergenze entro

la data di approvazione del bilancio consolidato; altrimen-ti, sussiste l’obbligo per il Revisore di proseguire il moni-toraggio al fine di garantire, entro la fine dell’esercizio in corso, il riallineamento delle posizioni contabili rimaste in sospeso. Altri passaggi “accertativi” dell’Organo di revisione do-vranno essere mirati sui seguenti temi ed aspetti:- l’avvio della procedura di “riconoscimento del debito fuo-

ri bilancio” da parte dell’Ente capogruppo a seguito di discordanze causate da mancati impegni di spesa;

- le scelte valutative assunte dal Comune capogruppo in relazione all’irrilevanza di alcune operazioni contabi-li infragruppo nell’ambito dell’elaborazione del bilancio consolidato (da verificare se sia stata fornita opportuna motivazione in Nota integrativa rispetto all’ammontare e all’incidenza delle poste contabili ritenute irrilevanti, sia in termini assoluti che relativi sul bilancio consolidato);

- la correttezza dell’operazione di circolarizzazione delle poste contabili tra l’Ente capogruppo e gli altri compo-nenti inclusi nel perimetro di consolidamento in merito all’individuazione ed alla conseguente contabilizzazione dei rapporti contabili intercorsi tra i soggetti facenti par-te del consolidato. La rideterminazione dei saldi, infatti, non va effettuata solo in senso verticale (cioè tra Ente capogruppo e soggetti inclusi nel consolidato), ma an-che in senso orizzontale (cioè tra gli organismi inclusi nel consolidato).

Infine, segnaliamo l’importanza di una verifica conclusiva - di sintesi - sui contenuti minimi della Nota integrativa, testando la capacità, delle informazioni in essa contenute, di dare una rappresentazione coerente delle dinamiche economico-patrimoniali ed anche contabili che hanno ca-ratterizzato la gestione consolidata dell’esercizio oggetto di rendicontazione. Questo perché l’Organo di revisione si trova indiscutibilmente responsabilizzato riguardo all’at-tendibilità dei dati trasmessi dall’Ente alla Bdap, in un’ot-tica di ritenuta idoneità per successive elaborazioni ai fini del consolidamento dei conti pubblici.

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Con Deliberazione emessa in data odierna la Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, ha approvato le “Linee-guida” e il relativo Questionario per gli Organi di revisione economico-finanziaria concernente il bilancio consolidato 2018 degli Enti Locali.Il Questionario, suddiviso in 6 Sezioni e corredato di una esaustiva Nota metodologica, consente agli Organi di re-visione di avere un minuzioso orientamento sulla comple-tezza dei controlli che gli stessi devono attuare nella pre-disposizione della Relazione al bilancio consolidato 2018, tenuto conto delle attività di verifica delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti.Le “Linee-guida” rappresentano un’importante novità in ordine ai controlli che devono effettuare i Revisori con rife-rimento al bilancio consolidato. Il Documento in questione è infatti il primo orientamento in assoluto rilasciato dalla Corte con riferimento al bilancio consolidato e si inserisce all’interno delle previsioni normative dell’art. 1, commi 166 e seguenti, della Legge n. 266/2005, con le quali, tra le al-tre, si riconosce alla Corte dei conti, per il tramite della Se-zione Autonomie, il compito di assicurare il presidio degli equilibri di finanza pubblica, proprio nell’azione di controllo sulla gestione degli Enti e dei propri Organismi partecipati. Tali “Linee-guida” – già annunciate lo scorso anno nel-la Deliberazione di approvazione delle “Linee-guida” sui rendiconti delle Regioni e delle Province autonome per l’esercizio 2017 – recepiscono le ultime indicazioni del Legislatore, sia in tema di Enti tenuti alla redazione del bilancio consolidato (sono ora infatti esclusi gli Enti Locali con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti), che in tema di prassi contabili concernenti le operazioni di riconciliazione e rettifica delle operazioni reciproche sulla base dei Prin-cipi di vigilanza recentemente emanati dal Consiglio na-zionale dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili. Dalla lettura dei documenti si evince che l’attenzione della Sezione in materia di consolidato sia stata massima, poi-

ché assieme alle “Linee-guida” la stessa ha voluto fornire, al pari di altre Istituzioni, una specifica Nota metodologica finalizzata ad agevolare i Revisori nell’attività di compila-zione del Questionario e consentire agli Enti di inquadrare correttamente l’attività di definizione e redazione del bilan-cio consolidato.Area di consolidamentoIl primo aspetto che emerge dallo schema di Questionario è l’attenzione ai controlli di regolarità amministrativa che la Corte ha voluto “stimolare” attraverso specifiche domande sulle modalità e sulle procedure attuate dall’Ente Locale nel processo di individuazione dei soggetti, inclusi dappri-ma nel Gruppo di Amministrazione pubblica e, successi-vamente, tenendo conto della “rilevanza” dei dati contabili, nel Perimetro di consolidamento. L’attività procedimentale dell’Ente Capogruppo per l’ela-borazione del bilancio consolidato, come si evince dalle “Linee-guida” accompagnatorie, muove le origini dal-la Delibera dell’Organo esecutivo che deve individuare i soggetti che saranno ricompresi nel bilancio di gruppo dell’esercizio di riferimento. Tale atto amministrativo, al fine di agevolare le attività per la corretta redazione del documento contabile nonché per assicurarne la tempesti-va elaborazione, deve essere adottato entro la chiusura dell’esercizio contabile a cui il bilancio consolidato si rife-risce.Affinché gli Enti, le Aziende e le Società comprese nel bilancio consolidato dell’esercizio in chiusura o appena terminato ne possano obbligatoriamente tenerne conto, la Deliberazione in questione, corredata da apposite Diret-tive di consolidamento, deve essere trasmessa per tem-po – sicuramente prima del termine per l’elaborazione del rendiconto della gestione e/o del bilancio di esercizio.Uniformità dei dati contabiliLa Sezione III del Questionario pone l’attenzione dell’Or-gano di revisione su un’attività preliminare di notevole

Bilancio consolidatola Corte dei conti approva le “Linee-guida” e il Questionario per l’esercizio 2018 per gli Organi di revisione economico-finanziaria

del Dott. Enrico Ciullo - Consulente e formatore Enti pubblici e Amministrazioni locali, Esperto in materie amministrativo-contabili e gestionali per la P.A.del Dott. Nicola Tonveronachi - Dottore commercialista e Revisore Enti pubblici, Consulente e formatore Enti Pubblici e Società partecipate, Professore a contratto di “Ragioneria pubblica” presso il Dipartimento Economia e Management dell’Università degli Studi di Pisa, Pubblicista

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importanza: rendere uniformi i dati contabili dei singoli soggetti che dovranno essere consolidati. Difatti, le etero-genee entità che gravitano attorno agli Enti Locali, sia di diritto pubblico che di diritto privato, possono presentare differenti caratteristiche in base alle quali i relativi valori bilancistici necessitano di un pre-trattamento contabile in modo da renderli uniformi per il successivo consolidamen-to. In tale ottica la Corte, con specifiche domande, induce l’Organo di revisione ad effettuare controlli mirati che per-mettano di esprimere un giudizio circa la significatività del documento di bilancio.Operazioni infragruppoIl rispetto dei Principi di veridicità e correttezza nell’ela-borazione del bilancio è verificabile attraverso le doman-de presenti nella Sezione IV del Questionario, per mezzo delle quali il Revisore può esaminare le rispettive posizio-ni di credito e debito (tra i soggetti partecipati e la Capo-gruppo) opportunamente asseverate dai rispettivi Organi di controllo in sede di approvazione del rendiconto sulla gestione/bilancio di esercizio e – in caso di riscontrate dif-formità dei valori – attestarne la correttezza (o l’eventua-le erroneità) del trattamento contabile applicato dall’Ente Capogruppo per uniformare le posizioni reciproche, sia in termini patrimoniali (credito/debito), che in termini econo-mici (costi/ricavi).E’ d’obbligo evidenziare che in tale Sezione la Corte ha voluto focalizzare l’attenzione dei controlli sulle posizioni

reciproche non allineate (non solo tra la Capogruppo e i soggetti inclusi nel Perimetro ma anche reciprocamente fra gli stessi soggetti interessati), chiedendo al Revisore di esercitare un continuo monitoraggio su tali situazioni critiche che, a seconda della natura, se non attenzionate prontamente, potrebbero provocare squilibri finanziari im-portanti con conseguenti disavanzi da ripianare. Valore partecipazioni e Patrimonio nettoI quesiti della Sezione V concernono le verifiche di rego-larità contabile sul valore delle partecipazioni iscritte nel rendiconto della Capogruppo e sulle rispettive quote di Patrimonio netto, dei soggetti consolidati, possedute dalla stessa. In particolare, il Revisore è chiamato a verificare il corretto trattamento contabile operato per l’eliminazio-ne del Valore delle partecipazioni con il corrispondente Patrimonio netto posseduto dalla Capogruppo nei propri soggetti inclusi nel bilancio consolidato, e il trattamento delle eventuali differenze (positive o negative) da annul-lamento.Nota integrativaPer ultimo, nella Sezione VI, rubricata “Verifiche sui con-tenuti minimi della nota integrativa”, l’Organo di controllo deve esprimere un giudizio sulla completezza delle infor-mazioni riportate in Nota integrativa in ordine ai contenuti minimi obbligatori elencati nel paragrafo 5 del Principio contabile concernente il bilancio consolidato (Allegato n. 4/4 al Dlgs. n. 118/2011).

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NOTIZIARIO DI SETTORE

Con il Comunicato stampa 29 luglio 2019, la Corte dei conti ha reso noto che con la Delibera n. 19/2019 la Se-zione Autonomie ha approvato le “Linee di indirizzo per la relazione dei Revisori dei conti dei Comuni, delle Cit-tà metropolitane e delle Province sui bilanci di previsione 2019-2021”. La Sezione, mantenendo il metodo semplificato di rileva-zione delle informazioni contabili di maggiore significato attraverso un Questionario corredato da pochi quadri con-tabili, come di consueto, ha accompagnato questo stru-mento informativo con apposite Linee di indirizzo sugli aspetti più significativi per tutte le Amministrazioni locali. In particolare, le Linee di indirizzo focalizzano l’attenzione sull’utilizzo degli avanzi di amministrazione, ora sottratti ai vincoli di finanza pubblica, ma non al rispetto dei Principi contabili che presiedono alla sana gestione finanziaria. Uno specifico approfondimento è riservato alle regole sull’equilibrio di bilancio che, per una corretta applicazio-ne, deve andare oltre il solo risultato della competenza e tener anche conto degli accantonamenti di maggiore rilie-vo appostati in bilancio. Nella stessa ottica è stato dato rilievo all’impatto sugli equilibri di bilancio degli effetti delle disposizioni in materia di “Definizione agevolata” delle cartelle di pagamento in riscossione, tenuto conto della proroga della “rottamazio-

ne-ter”, dell’estensione di tali rimedi anche alle ingiunzioni fiscali riscosse dall’Ente o tramite Società abilitate, e allo stralcio automatico delle “minicartelle”. Con riferimento alla gestione del bilancio viene richiamata l’attenzione al rispetto delle regole che governano la fase dei pagamenti, la cui fluidità favorisce l’ordinata gestione dei rapporti contrattuali ed evita la conseguenza dei ritar-di nei pagamenti (con incremento del livello di rigidità dei bilanci a causa del peso degli interessi, anche di quelli connessi al ricorso alle anticipazioni di liquidità, e nuovi obblighi di accantonamento al Fondo garanzia debiti com-merciali). Per quanto riguarda le spese per investimenti è stato rac-comandato un miglioramento degli aspetti organizzativi interni funzionali all’attività di impulso e monitoraggio del corretto e celere corso dei procedimenti di affidamento ed esecuzione dei lavori e degli altri appalti. In tal modo, si potrà rendere proficua la semplificazione delle regole sulla conservazione delle risorse nel “Fondo pluriennale vincolato” e soprattutto dare un effettivo impulso all’eco-nomia locale con il pieno impiego dei consistenti contributi e delle risorse dei molteplici fondi costituiti con specifiche finalizzazioni a particolari settori quali l’edilizia scolastica, il territorio, l’ambiente, le periferie.

Revisori Enti Localideliberate dalla Corte dei conti le “Linee guida” per la relazione al bilancio di previsione 2019-2021

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E’ stata pubblicata dalla Corte dei conti, Sezione Autono-mie, la Delibera n. 22 del 29 luglio 2019 che ha approvato le “Linee-guida” e lo schema di relazione-questionario sul funzionamento del sistema dei controlli interni che i Sin-daci dei Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abi-tanti, i Sindaci delle Città metropolitane e i Presidenti delle Province trasmettono, ai sensi dell’art. 148 del Dlgs. n. 267/2000, alle Sezioni regionali della Corte dei conti e alla Sezione delle Autonomie, alle quali è allegato lo Schema per la redazione del referto. I controlli interni rappresentano un presidio fondamentale per la sana gestione, in quanto utili ad assicurare l’effica-cia e l’efficienza delle attività operative (controllo di ge-stione), l’attendibilità del reporting finanziario (controllo amministrativo-contabile), il consolidamento dei risultati delle gestioni (controllo sugli organismi partecipati) e la coerenza degli stessi sia con i risultati attesi (controllo strategico) sia con le aspettative degli utilizzatori finali dei servizi erogati (controllo di qualità). Il mancato esercizio della funzione pubblica di controllo interno, oltre a ridurre il presidio sugli equilibri di bilancio e la regolarità della gestione, rischia di alterare i processi decisionali e programmatici, nonché di indebolire le scel-te gestionali ed organizzative, con conseguente pericolo di frodi, abusi, sprechi o, semplicemente, cattiva ammi-nistrazione delle risorse e del patrimonio dell’Ente. A li-vello contabile, poi, aumenta il rischio di manipolazioni o errori nella registrazione delle transazioni giornaliere, con conseguente impossibilità per il controllore esterno di fare assegnamento sulla qualità della rendicontazione econo-

mica e finanziaria dell’Ente.La Sezione specifica che lo Schema di relazione per l’e-sercizio 2018 conserva le principali caratteristiche di for-ma e contenuto delle “Linee-guida” approvate lo scorso anno, volte a cogliere la forte integrazione esistente tra le varie tipologie dei controlli interni, a far emergere il profilo caratteristico del sistema attuato dal singolo Ente, la sua conformità al disposto normativo e la capacità di incidere efficacemente sui processi in atto sviluppando nuove si-nergie. In quest’ottica, le Linee guida rappresentano uno stru-mento per incoraggiare gli Enti a individuare le criticità e le lacune del sistema, valutarne il complessivo rischio di controllo e proporre le soluzioni correttive più adeguate. Il presente Schema di relazione-questionario rivolge una maggiore attenzione ai momenti di integrazione e raccor-do tra le diverse tipologie di controllo, così da offrire una prospettiva unitaria degli adempimenti di carattere orga-nizzativo e funzionale. Il nuovo Schema di relazione è dunque strutturato in un Questionario a risposta sintetica organizzato in 8 Sezioni.La Relazione-questionario relativo ai controlli svolti nell’an-no 2018 dovrà essere trasmessa alla Corte dei conti me-diante l’applicativo “Con.Te.”, secondo le modalità indicate nella Delibera, entro il 30 ottobre 2019, salvo termine più breve eventualmente stabilito dalle Sezioni regionali per gli Enti territoriali di rispettiva competenza, le quali posso-no anche richiedere separatamente ulteriori dati integrativi e informazioni aggiuntive.

Corte dei contile “Linee Guida” per Comuni e Province per le relazioni sui controlli interni dell’esercizio 2018

La Corte dei conti, Sezione Autonomie, con la Delibera n. 22/2019, pubblicata in G.U. Serie Generale n. 196 del 22 agosto 2019, ha predisposto le “Linee guida” e il relativo

Questionario riguardanti le Relazioni annuali del Sindaco dei Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, delle Città metropolitane e del Presidente delle Province,

Controlli interniQuestionari da inviare alla Corte dei conti entro fine ottobre 2019

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sul funzionamento del Sistema integrato dei controlli inter-ni nell’esercizio 2018. L’attività, definita dalla Sezione Autonomie con le “Linee guida” in oggetto, deve essere assolta entro il prossimo 30 ottobre 2019, salvo termine più breve eventualmente stabilito dalle Sezioni regionali per gli Enti di rispettiva competenza. Lo schema da utilizzare per la compilazione è disponibile all’interno dell’Area “Con.Te” del sito istitu-zionale. Il Questionario da compilare si compone di 8 Sezioni (Si-stema dei controlli interni; Controllo di regolarità ammini-strativo e contabile; Controllo di gestione; Controllo stra-tegico; Controllo sugli equilibri finanziari; Controllo sugli Organismi partecipati; Controllo sulla qualità dei servizi; Note), che da quest’anno rivolgono una maggiore atten-zione ai momenti di integrazione e raccordo tra le diverse tipologie di controllo. Il Questionario (in doppio formato .XLS e .XLSX) è scari-

cabile dal box “Utilità-> Schemi/Modelli”, nell’home page di “Con.Te”. Prima della compilazione occorre procedere alla ridenominazione del file, in base alla tipologia di Ente (Regione_Sigla Provincia_Ente_Controlli_Interni_2018). Per inviare il file compilato, occorrerà invece selezionare, sempre attraverso il Sistema “Con.Te”, la funzione “Invio da EETT” presente nel Menù “Documenti”.Si ricorda infine la sanzione irrogabile in caso riscontrati inadempimenti del Sistema dei controlli interni: ai sensi del comma 4 dell’art. 148 del Tuel, possono essere atti-vati giudizi, nei confronti degli Amministratori nel caso le Sezioni di controllo dovessero rilevare l’assenza o l’inade-guatezza degli strumenti e delle metodologie di controllo interno adottati dagli Enti, dai quali può derivare una san-zione a carico del Responsabile che va da un minimo di 5 fino ad un massimo di 20 volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione.

Con il Comunicato 16 agosto 2019, la Corte dei conti ha reso nota la pubblicazione del Referto su “I controlli interni degli Enti Locali”, approvato dalla propria Sezione delle Autonomie con Delibera n. 23/2019. L’indagine oggetto della Relazione ha riguardato le 852 Amministrazioni, di cui 747 Comuni sopra i 15.000 abitanti e 105 Enti di Area vasta, tra Province e Città metropolitane, tenute a inviare la Relazione annuale.Gli Enti che non hanno adempiuto all’obbligo di trasmis-sione della Relazione annuale, da adottare sulla base del-le linee guida previste dall’art. 148 del Dlgs. n. 267/2000 (Tuel), sono 77, pari a circa il 10% di quelli presi in esame.Il Referto, in generale, fornisce interessanti indicazioni per le misure da adottare sul versante del controllo e anche per l’attività normativa, partendo da una puntuale ricostru-zione delle metodologie di applicazione delle 6 diverse ti-pologie di controlli interni nell’anno 2017, per coglierne le caratteristiche sostanziali, le prospettive e gli aspetti più problematici. Dall’indagine effettuata è emerso, in generale, che gli Enti Locali hanno osservato in maniera estesa i Regolamenti che si sono dati per disciplinare i controlli. Più nello spe-cifico, viene evidenziato il controllo di regolarità ammini-

strativa e contabile e quello sugli equilibri finanziari è di generale applicazione, mentre oltre il 30% degli Enti non è provvisto del controllo di qualità. È risultato ampio il livello di adeguamento degli Enti ai Re-golamenti per il controllo di gestione (88%) e leggermente inferiore (circa l’82%) alle norme interne disciplinanti, sia il controllo strategico, che quello sugli Organismi parteci-pati.Nonostante l’ampia adesione degli Enti alla disciplina dei controlli contenuta nei regolamenti emergono ancora numerose criticità dovute, soprattutto, all’assenza del-la contabilità analitica, l’inadeguatezza delle tecniche di campionamento, il carente ricorso ad alcuni indicatori e l’insufficienza di direttive.Dato il carattere fortemente diversificato del sistema di controlli adottato dalle varie Amministrazioni, la Corte ha stimato il “rischio di controllo” risultante dalla capacità di ciascuna di esse di prevenire, individuare e correggere, le irregolarità gestionali e gli errori contabili più significativi.A tal riguardo, la Corte sottolinea che le valutazioni si fon-dano esclusivamente sui dati comunicati e non effettivi riscontri di fatto, né sono state condotte istruttorie nei con-fronti degli Enti. Per tali ragioni, le conclusioni esposte as-

Controlli internila relazione della Corte dei conti sull’analisi dei Sistemi adottati dagli Enti Locali nell’anno 2017

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sumono una valenza di valutazione complessiva e sinto-matica dell’adeguatezza generale del Sistema dei controlli interni attuato nella ristretta cerchia degli Enti Locali di più grandi dimensioni. D’altra parte, una specifica funzione di valutazione della operatività del Sistema dei controlli in-terni presso il singolo Ente è appositamente rimessa alle Sezioni regionali di controllo, che potranno avvalersi delle conclusioni della presente analisi per svolgere approfon-

dimenti nei confronti degli Enti che hanno manifestato sin-tomi di criticità. Tuttavia, ogni Ente potrà trarre spunti di valutazione dal livello di funzionalità stimato dalla Corte in rapporto al pro-prio Sistema di controlli interni ed a quello di Enti consimili, per introdurre gli opportuni correttivi e promuoverne il mi-glior funzionamento.

La Commissione Arconet, nell’ultima seduta dello scorso 17 luglio 2019, ha risposto ad un quesito presentato da un Comune e dall’Unione di Comuni di appartenenza circa la considerazione di quest’ultimo Ente ai fini del bilancio consolidato. La Commissione in proposito ha chiarito che le Unioni di Comuni non sono Enti strumentali e, pertanto, non devono essere incluse nel bilancio consolidato.Come ricordato da Arconet, le Unione dei Comuni, ai sen-

si dell’art. 2, comma 1, del Tuel, sono Enti Locali e, come tali, sono tenute agli obblighi previsti dall’armonizzazione contabile, mentre non possono considerarsi Enti strumen-tali, ai sensi dell’art. 11-ter del Dlgs. n. 118/2011.Pertanto, le Unioni di Comuni devono redigere il bilancio consolidato con riferimento alle proprie eventuali parteci-pazioni, ma non devono essere incluse nel bilancio conso-lidato dei rispettivi Comuni.

Bilancio consolidatole Unioni non sono da includere nel perimetro comunale

Con il Comunicato stampa 30 luglio 2019, la Corte dei conti ha reso noto che la Sezione delle Autonomie ha approvato (Delibera n. 20/2019) le Linee-guida e le me-todologie per l’attuazione della disciplina sulla spending review, prevista dall’art. 6, comma 3, del Dl. n. 174/2012, convertito con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della Legge n. 213/2012. In particolare, detti documenti, finalizzati in via principale a uniformare le attività di verifica svolte dalle singole Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti dirette alla razio-nalizzazione della spesa pubblica, perseguono altresì lo scopo di sostenere il continuo processo di cambiamento del management degli Enti Territoriali. Le metodologie, elaborate a partire dagli Indicatori della banca-dati “OpenCivitas” per i Comuni delle Regioni a

statuto ordinario, sono un’assoluta novità e “costituiscono uno strumento di ausilio nella gestione delle risorse pub-bliche locali”, per favorire una “nuova cultura” in cui la re-visione della spesa non rappresenti “mera adesione a uno schema standardizzato di formalismo comportamentale burocratico imposto dall’esterno” ma l’effetto di “relazioni dialogiche all’interno dell’Ente e di un fattivo confronto tra l’Organo politico e la struttura amministrativa sulle scelte operate”. Completa il quadro degli strumenti di controllo il Questio-nario, articolato in 3 Sezioni: sui risultati conseguiti dall’En-te sul versante del contenimento della spesa (Sezione 1), sul rispetto delle discipline vincolistiche (Sezione 2) e sulle misure organizzative discrezionalmente adottate dall’Ente per la razionalizzazione della spesa (Sezione 3).

“Spending review”Linee-guida per gli Enti Territoriali

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Il Presidente della Repubblica, con il Dl. n. 101 del 3 set-tembre 2019, ha emanato il Decreto-legge approvato dal-la Presidenza del Consiglio dei Ministri il 6 agosto scorso e pubblicato in G.U. n. 207 del 4 settembre 2019, con-cernente “Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali”. Detto provvedimento, che presenta numerose misure volte al contrasto di crisi aziendali che coinvolgono alcuni asset del Paese come Whirpool e Ilva, mira a tutelare numerosi nuovi posti di la-voro, come ad esempio i cd. “rider”, oltre ad implementare e migliorare la gestione del “Reddito di cittadinanza”, at-traverso l’ampliamento dell’organico dell’Inps e dell’Anpal Servizi.Il Decreto si compone di 16 articoli, di cui i primi articoli de-dicati alla tutela dei cosiddetti “rider”, ovvero lavoratori che effettuano consegne in bicicletta e di quelli che operano tramite Piattaforme digitali. Le misure introdotte modificano di fatto il “Jobs Act”, at-traverso una rideterminazione del compenso, riducendo la percentuale a “cottimo”, che d’ora in poi diviene “in misura non prevalente”, in favore dell’introduzione della paga oraria, a condizione che il lavoratore accetti almeno una “chiamata”. Altra misura è il riconoscimento dell’assi-curazione contro gli infortuni. Misure che vengono estese anche alla categoria dei collaboratori che lavorano “me-diante piattaforme anche digitali” da considerare di fatto lavoratori dipendenti. Oltre al riconoscimento della ma-ternità a questa particolare categoria di dipendenti. Viene fatto riferimento anche alla stabilizzazione dei dipendenti precari dell’Anpal Servizi, misura che dovrebbe sbloccare la condizione dei cd. “Navigator” nella Regione Campania, oltre alla proroga dei contratti dei lavoratori socialmente

Pubblicato sul sito istituzionale della Direzione centra-le per la Finanza locale del Viminale il Dm. 9 settembre 2019, che ha rettificato – per la l’ottava volta da inizio anno – l’Elenco dei Revisori degli Enti Locali, approvato con il Decreto del Ministero dell’Interno 20 dicembre 2018 ed entrato in vigore lo scorso 1° gennaio 2019.Il Provvedimento ha apportato le seguenti modifiche:

utili e di pubblica utilità e l’assunzione di circa 1000 unità presso all’Inps, Area C. Il Decreto contiene altresì alcune norme volte a stabilire la validità dell’autocertificazione sui redditi e sui patrimoni, necessaria al fine di presentare domanda per la percezio-ne del “Reddito di cittadinanza”. Di fatto, la misura abbatte i tempi di validità del “Dsu” ai fini di presentazione dell’Isee per la richiesta del “Rdc”. Vengono introdotte alcune norme che intervengono sul ri-finanziamento degli ammortizzatori sociali, per i lavoratori che appartengono ad alcune aree industriali complesse, come la Sardegna, la Sicilia e la Provincia di Isernia. Infine, gli articoli restanti contengono norme che introdu-cono delle forti agevolazioni per quanto riguarda il versa-mento previdenziali dei dipendenti, che hanno stipulato un “contratto di solidarietà” di almeno 15 mesi in aziende che operano sul territorio italiano e che hanno almeno 4000 dipendenti (così come per il caso Whirpool). Per il finan-ziamento della misura è previsto lo stanziamento di Euro 10 milioni per il 2019 e di Euro 6,9 milioni per l’anno 2020. Gli ultimi articoli sono dedicati all’adozione di misure per salvaguardare i lavoratori dipendenti dell’Ilva, in cui si fa ricorso al principio di impunibilità nell’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere ex art. 51 del Cp. In questo caso, gli atti posti in essere dalla proprietà dell’azienda, per i fatti o gli atti compiuti in “osservanza delle disposi-zioni contenute nel Piano ambientale”, non fanno sorgere alcuna responsabilità penale. La norma tuttavia è delimi-tata dalla previsione per cui “resta ferma la responsabilità penale, civile e amministrativa per la violazione di norme a tutela della ‘salute e della sicurezza dei lavoratori’”.

- n. 3 Revisori aggiunti (Allegato “A”);- n. 1 Revisore cancellato (Allegato “A”);- n. 2 Revisori cancellati dal Registro per decesso.Le modifiche, con i relativi nominativi è visionabile sull’E-lenco 2019 su cui è intervenuto l’ottavo Decreto di modifi-ca, nell’Allegato “A” del Provvedimento stesso.

Crisi aziendaleil Quirinale emana il Provvedimento a tutela del lavoro

Revisori Enti Localisull’Elenco 2019 interviene l’ottavo Decreto di modifica

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NOTIZIARIO FISCALE

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’Istanza di In-terpello n. 363 del 30 agosto 2019, è intervenuta in merito al trattamento Iva applicabile alle somme versate da un Comune ad una Società “in-house” per l’attività di gestio-ne post-operativa, sorveglianza e controllo, di una discari-ca per rifiuti, esaminando la sussistenza dei requisiti sog-gettivo ed oggettivo, di cui agli artt. 3, comma 2, lett. a), e 4, comma 4, del Dpr. n. 633/1972.Nel caso specifico, il Comune istante ha fatto presente di possedere una partecipazione del capitale societario di una Società in “house providing”, rappresentando altresì che, unitamente ad altri Comuni soci della stessa Società, ha affidato “in house” alla Società la gestione coordinata e congiunta di “servizi pubblici locali” e in particolare del “Servizio di gestione integrata dei rifiuti”. L’Ente interpellante ha fatto inoltre presente che lo stesso risulta essere proprietario di alcuni terreni ove risulta ubi-cata una discarica per rifiuti che è in fase di gestione post operativa. Il Comune, al fine di realizzare le attività previste dai Piani di gestione post-operativa e di sorveglianza e controllo, ha già accantonato, in base alle disposizioni legislative, un Fondo su un proprio conto corrente bancario, stabilendo di voler procedere alla gestione post-mortem della disca-rica e all’attuazione del relativo Piano di sorveglianza e di controllo con le modalità “in house providing” attraverso la predetta Società, mediante la stipula di un contratto di servizio. Con il contratto di servizio viene stabilito che la Società gestisca il sito in autonomia, garantendo: a) l’attività di gestione post-operativa della discarica dei

rifiuti non pericolosi; b) l’attuazione di Piani di sorveglianza; c) lo studio e la proposta di riqualificazione ambientale del

sito. Per la realizzazione delle predette attività, il Comune tra-sferisce in 28 rate annuali alla Società il Fondo oggetto di accantonamento, ed ha chiesto di conoscere se le sud-dette somme che è tenuto a versare alla Società siano o

meno rilevanti agli effetti dell’Iva. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha esaminato la sus-sistenza dei presupposti soggettivo, in capo alla Società, ed oggettivo.Presupposto soggettivoIn merito al presupposto soggettivo, come già chiarito dalla Risoluzione n. 37/E del 2007, le Società “in house” devono considerarsi Organismi aventi una loro autonoma soggettività giuridica rispetto all’Ente o Enti di appartenen-za. Sul punto, la citata Risoluzione, ribadendo quanto già affermato con la Risoluzione n. 129/E del 2006, ha chiarito che dette Società “in house” non possono essere assimi-late a “Organismi di diritto pubblico”. Pertanto, tali Socie-tà non possono applicare la disposizione di cui all’art. 4, comma 4, del Dpr. n. 633/1972, ai sensi del quale per gli Enti pubblici si considerano effettuate nell’esercizio di im-prese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese nell’esercizio di attività commerciali. In tale senso, le operazioni poste in essere dalle predette Società, in quanto costituite in forma di Società di capitali, si considerano effettuate in ogni caso nell’esercizio d’im-presa in ragione dell’art. 4, comma 2, del Dpr. n. 633/72, anche se riconducibili alle funzioni istituzionali dell’Ente di provenienza o di appartenenza. Tale ultima disposizione infatti prevede che si considerano in ogni caso effettuate nell’esercizio di imprese, tra le altre, “le cessioni dei beni e le prestazioni di servizi fatte dalle Società in nome collet-tivo, accomandita semplice, dalle Società per azioni (…)”. Presupposto oggettivoCon riferimento al presupposto oggettivo, l’art. 3, comma 1, del Dpr. n. 633/1972, prevede tra l’altro che “costituisco-no prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, (…) e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte”. Come precisato dalla Circolare n. 34/E del 2013, un contri-buto, in linea generale, assume rilevanza agli effetti dell’I-va se viene erogato a fronte di un’obbligazione di dare, di fare, non fare o permettere, ossia quando si è in presen-

Ivasoggette ad Imposta le somme erogate da un Comune ad una Società “in-house” per la gestione post-mortem di una discarica

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za di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive. In sostanza, una determinata somma di denaro assume natura onerosa e configura un’operazione rilevante agli effetti dell’Iva “quando tra le parti intercorre un rapporto giuridico di natura sinallagmatica, nel quale la somma ri-cevuta dal beneficiario costituisce il compenso per il servi-zio effettuato o per il bene ceduto”. La stessa Circolare ribadisce che, al fine di accertare se determinate somme di denaro o contributi costituiscano corrispettivi per prestazioni di servizi ovvero si configurino mere elargizioni di denaro per il perseguimento di interes-si di carattere più generale, “è necessario far riferimento al concreto assetto degli interessi delle parti e ciò richiede un’attenta analisi dell’atto che ne prevede l’erogazione”. Inoltre, la medesima Circolare n. 34/E ha chiarito che si opera all’interno di uno schema contrattuale, e quindi si è in presenza di una erogazione-corrispettivo a fronte di una prestazione di servizi, anche se i contratti sono stipulati al di fuori o in deroga alle norme del “Codice dei contratti pubblici”; ciò avviene quando, tra l’altro, i rapporti sono costituiti con soggetti dai particolari requisiti per i quali gli affidamenti sono effettuati al di fuori delle regole del mede-simo “Codice”, come ad esempio per le Società operanti secondo il modello organizzativo del cosiddetto “in-house providing”. Nella fattispecie prospettata dal Comune, il conferimen-to del Servizio di gestione post-operativa della discarica alla Società affidataria è avvenuto senza ricorrere all’e-spletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica, in conformità al modello organizzativo del citato “in-house providing”. La disciplina dei rapporti per l’effettuazione della predetta attività è avvenuta tramite la stipula di un contratto di ser-vizio, dalla cui lettura emerge che: - il Comune affida alla Società l’attività di gestione della discarica, l’attuazione dei Piani di sorveglianza e la ri-qualificazione ambientale del sito;

- il contratto ha una durata di 30 anni dalla chiusura dell’ultimo lotto della discarica;

- la Società si impegna a effettuare le attività inerenti alla gestione post-operativa dell’impianto ed in particolare è tenuta ad assicurare - con proprie attrezzature, mezzi e personale o mediante proprie strutture autonome - la manutenzione, la sorveglianza e i controlli della discari-ca, fino a che le competenti autorità non accertino che l’impianto non comporta rischi per la salute e per l’am-biente;

- la predetta attività viene finanziata attraverso un ap-

posito Fondo, accantonato durante la fase di gestione operativa della discarica, che risulta attualmente intera-mente versato su conto corrente del Comune vincolato a favore della Città metropolitana. Una volta svincolato, il Fondo rientrerà nella piena disponibilità del Comune, che provvederà al suo trasferimento in 28 rate annuali a favore della Società. L’ammontare del Fondo risulta adeguato per la gestione operativa dell’impianto della discarica e qualora venga accertato un fabbisogno su-periore, il Comune e la Società definiranno di comune accordo, tramite apposito atto, le modalità e le tempi-stiche per la copertura dei costi eccedenti, allo scopo di garantire l’equilibrio economico finanziario della gestio-ne post-operativa della discarica;

- il Comune consegna le opere e gli impianti alla Società in comodato;

- la Società si impegna a presentare annualmente al Co-mune un documento che prevede anche la rendiconta-zione specifica dei costi sostenuti e la descrizione delle attività svolte, ciò anche al fine di definire eventuali ade-guamenti del Fondo;

- è previsto che il Comune istante eserciti un controllo sul-la regolare esecuzione del servizio;

- è prevista la risoluzione per inadempimento; - il Comune potrà avvalersi della clausola risolutiva espressa o, in alternativa applicare una penalità per ogni giorno di ritardo nell’adempimento, a titolo di risar-cimento di ogni e qualsiasi danno subito dal Comune;

- in caso non fosse possibile garantire l’equilibrio econo-mico-finanziario della gestione post-operativa, la Socie-tà farà apposita richiesta di adeguamento al Comune.

Le rappresentate pattuizioni contrattuali evidenziano quin-di, a parere dei tecnici delle Entrate, la sussistenza an-che del presupposto oggettivo, intercorrendo tra le parti un rapporto giuridico sinallagmatico con la sussistenza di rispettivi obblighi e/o doveri. In tal senso, le somme (costituenti il Fondo accantonato e successivamente svincolato) che saranno versate in 28 rate annuali alla Società affidataria dovranno essere as-soggettate ad Iva in quanto costituiscono il corrispettivo per il servizio di gestione post-operativa dell’impianto reso dalla medesima Società “in house”. In ragione di tutto quanto sopra, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che il servizio che la Società si impegna a realiz-zare nei confronti del Comune debba considerarsi rilevan-te agli effetti dell’Iva, per la sussistenza, sia del requisito soggettivo, sia di quello oggettivo.

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L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’Istanza di In-terpello n. 349 del 28 agosto 2019, ha fornito chiarimen-ti in merito al diritto di rivalsa dell’Iva ex art. 60, comma 7, del Dpr. n. 633/1972, anche a seguito di adesione alla “Definizione agevolata”, in base all’art. 1 del Dl. n. 119/18, di un processo verbale di constatazione (pvc).L’Agenzia delle Entrate ha ricordato che il citato art. 1 del Dl. n. 119/2018, ha previsto la possibilità di definire in via agevolata entro il 31 maggio 2019 il contenuto “integrale” dei pvc consegnati entro il 24 ottobre 2018. L’art. 60, com-ma 7, del Dpr. n. 633/1972, prevede che “il contribuente ha diritto di rivalersi dell’Imposta o della maggiore Imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltan-to a seguito del pagamento dell’Imposta o della maggiore Imposta, delle sanzioni e degli interessi. In tal caso, il ces-sionario o il committente può esercitare il diritto alla detra-zione, al più tardi, con la Dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l’Imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della ori-ginaria operazione”. Il contribuente può quindi esercitare la rivalsa dopo aver effettivamente pagato l’Imposta accertata (oltre le san-zioni e gli interessi dovuti). Inoltre, l’esercizio del diritto a detrazione da parte del cessionario o committente è su-bordinato, in deroga agli ordinari principi, all’avvenuto pa-gamento dell’Iva addebitatagli in via di rivalsa dal cedente o prestatore. La norma è volta a ripristinare la neutralità dell’Iva, la qua-le deve per sua natura gravare sui consumatori finali e non sugli operatori economici. Tale disposizione subordina testualmente l’esercizio del diritto di rivalsa all’esistenza di un avviso di accertamento o rettifica. Dunque, occorre chiarire, ai fini della risposta al quesito in esame, se anche la “Definizione agevolata” del pvc ai sen-si del citato art. 1 del Dl. n. 119/2018 - e cioè di atto di per sé non riconducibile al genus degli avvisi di accertamento e rettifica - legittimi il cedente a rivalersi dell’Iva, nei limiti delle somme corrisposte ai fini della Definizione” stessa,

ai sensi dell’art. 60, comma 7, del Dpr. n. 633/1972. A tal riguardo, l’Agenzia ha evidenziato come la prassi sia orientata in favore di una lettura non restrittiva della nor-ma; in particolare, con la Circolare n. 35/E del 2013, nel fornire chiarimenti in merito all’ambito di applicazione di tale ultima norma, l’Amministrazione finanziaria ha ricono-sciuto l’esistenza del diritto di rivalsa a condizione che il pagamento della maggiore Imposta avvenga sulla base di un accertamento che si sia reso definitivo anche attraver-so gli istituti deflattivi del contenzioso ivi elencati. Successivamente, tale concetto è stato ribadito dalla Cir-colare n. 23/E del 2017, nonché nelle Risposte ad Inter-pello n. 128 e 129 del 23 aprile 2019, in cui è stato chia-rito che le conclusioni raggiunte dalla Circolare n. 23/E del 2017, relativamente alla “Definizione agevolata” delle controversie tributarie di cui all’art. 11 del Dl. n. 50/2017, sono valide - nonostante le differenze - anche per la “De-finizione” di cui all’art. 6 del Dl. n. 119/2018.Atteso quanto sopra, l’Agenzia ha concluso che una lettu-ra della norma orientata al rispetto del Principio di neutra-lità dell’Iva - quale è quella che peraltro ha sin qui ispirato la prassi applicativa della stessa – “porta, in definitiva, a ritenere che, anche in carenza di un atto impositivo pro-priamente detto, debba ammettersi la rivalsa della mag-giore Iva, constatata dagli Organi accertatori e versata dal contribuente, a condizione che il pagamento dell’Imposta sia stato effettuato a titolo definitivo. Tale ultima condizio-ne, afferente alla definitività del pagamento, può ritenersi soddisfatta nel caso di valida ‘Definizione agevolata’ del processo verbale di constatazione ex art. 1 del Dl. n. 119 del 2018 e, dunque, è consentito il diritto alla rivalsa, ai sensi dell’art. 60 del Dpr. n. 633/1972, per un importo pari a quanto effettivamente pagato per la ‘Definizione’ - con il codice-tributo ‘PF03’ (Iva - Definizione agevolata dei pro-cessi verbali di constatazione - art. 1 del Dl. n. 119/2018) di cui alla Risoluzione n. 8/E del 23 gennaio 2019. Nel caso di pagamento rateale della somma dovuta ai fini del-la ‘Definizione’ il diritto di rivalsa può essere esercitato in proporzione al valore delle singole rate pagate”. A sua volta, il cessionario/committente può esercitare il diritto alla detrazione dell’Iva corrisposta a titolo di rivalsa.

Ivaammessa la rivalsa ex art. 60 del Dpr. n. 633/1972 anche a seguito di “Definizione agevolata” di un Pvc

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L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 79/E del 2 settembre 2019, ha chiarito che sono imponibili Iva le pre-stazioni didattiche finalizzate al conseguimento delle pa-tenti di guida, non potendo scontare il regime di esenzione di cui all’art. 10, n. 20), Dpr. n. 633/1972, in quanto non più rientranti tra le prestazioni scolastiche.L’art. 132, paragrafo 1, della Direttiva CE 28 novembre 2006, n. 112, individua, tra le operazioni che gli Stati mem-bri esentano dall’Iva, alla lett. i), “l’educazione dell’infanzia o della gioventù, l’insegnamento scolastico o universitario, la formazione o la riqualificazione professionale, nonché le prestazioni di servizi e le cessioni di beni con essi stret-tamente connesse, effettuate da Enti di diritto pubblico aventi lo stesso scopo o da altri Organismi riconosciuti dallo Stato membro interessato come aventi finalità simili”. Ai sensi della lett. j), sono esenti da Iva anche “le lezioni impartite da insegnanti a titolo personale e relative all’in-segnamento scolastico e universitario”. Con la Sentenza 14 marzo 2019, Causa C-449/17, la Cor-te di Giustizia Ue ha interpretato la nozione di “insegna-mento scolastico o universitario”, di cui al citato art. 132, paragrafo 1, lett. i) e j), stabilendo che la stessa “include attività che si distinguono tanto per la loro specifica natu-ra, quanto per il contesto in cui sono esercitate. Ne con-segue che (...) mediante tale nozione il Legislatore dell’U-nione ha inteso fare riferimento ad un determinato tipo di sistema di insegnamento, che è comune a tutti gli Stati membri, indipendentemente dalle caratteristiche specifi-che di ogni sistema nazionale. Di conseguenza, la nozio-ne di ‘insegnamento scolastico o universitario’ ai fini del regime Iva, si riferisce, in generale, a un sistema integrato di trasmissione di conoscenze e di competenze avente ad oggetto un insieme ampio e diversificato di materie, non-ché all’approfondimento e allo sviluppo di tali conoscenze e di tali competenze da parte degli allievi e degli studenti, di pari passo con la loro progressione e con la loro spe-cializzazione in seno ai diversi livelli costitutivi del sistema stesso”. Dunque, a parere dei Giudici comunitari, “l’insegnamento della guida automobilistica in una scuola guida, (...), pur avendo ad oggetto varie conoscenze di ordine pratico e teorico, resta comunque un insegnamento specialistico che non equivale, di per se stesso, alla trasmissione di co-noscenze e di competenze aventi ad oggetto un insieme ampio e diversificato di materie, nonché al loro approfon-

dimento e al loro sviluppo, caratterizzanti l’insegnamento scolastico o universitario”. Sulla base di tali considerazio-ni, secondo la Corte di Giustizia UE, “la nozione di ‘inse-gnamento scolastico o universitario’, ai sensi dell’art. 132, paragrafo 1, lett. i) e j), della Direttiva n. 112/2006 deve essere interpretata nel senso che essa non comprende l’insegnamento della guida automobilistica impartito da una Scuola guida, (...), ai fini dell’ottenimento delle patenti di guida per i veicoli delle Categorie B e C1, di cui all’art. 4, paragrafo 4, della Direttiva 2006/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio 20 dicembre 2006, concernente la patente di guida”. Ciò posto, l’Agenzia ha ricordato che, secondo consoli-data giurisprudenza della medesima Corte, le esenzioni “costituiscono nozioni autonome del diritto dell’Unione, volte ad evitare divergenze nell’applicazione del siste-ma dell’Iva da uno Stato membro all’altro”. I termini con i quali sono state designate le esenzioni “devono essere interpretati restrittivamente, dato che tali esenzioni costi-tuiscono deroghe al Principio generale stabilito dall’art. 2 della Direttiva stessa, secondo cui l’Iva è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo”. In forza dei suddetti Principi e in considerazione della valenza interpretativa della richiama-ta Sentenza Ue, da cui discende l’efficacia ex tunc della stessa, l’Agenzia ha ritenuto che lo svolgimento di corsi teorici e pratici necessari al rilascio delle patenti di guida debba considerarsi imponibile agli effetti dell’Iva. Riguardo alle operazioni effettuate e registrate in annuali-tà ancora accertabili ai fini Iva, l’Agenzia ha poi specificato che: - debba essere emessa dalla Scuola guida interessata una nota di variazione in aumento ai sensi dell’art. 26, comma 1, del Dpr. n. 633/1972;

- tale maggiore Imposta deve confluire nella Dichiarazio-ne “integrativa” di ciascun anno solare di effettuazione delle prestazioni ancora accertabile, da presentare ai sensi dell’art. 8, comma 6-bis, del Dpr. n. 633/1972;

- essendosi modificato, per effetto della citata Sentenza, il regime Iva (da esente ad imponibile) dell’attività eser-citata dall’Istante, tale mutamento comporta il soprav-venuto diritto alla detrazione dell’Iva corrisposta sugli acquisti di beni e servizi relativi all’attività esercitata con riferimento alle medesime annualità rispetto alle quali il contribuente è tenuto ad effettuare la variazione in au-

Ivasono imponibili le prestazioni didattiche erogate dalle Scuole guida

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mento ai sensi del citato art. 26, comma 1, da esercitar-si alle condizioni esistenti al momento di effettuazione dell’operazione originaria. Detto diritto, come chiarito con la Circolare n. 1/E del 2018, può essere esercitato mediante la medesima Dichiarazione “integrativa” con cui deve darsi evidenza dell’Imposta a debito. Conse-guentemente, il contribuente è tenuto a versare l’even-tuale maggiore Iva risultante da ciascuna Dichiarazione “integrativa”, ovvero a recuperare in detrazione l’even-tuale eccedenza a credito, secondo le modalità stabili-

te dal citato art. 8, commi 6-ter e 6- quater, del Dpr. n. 322/1998;

- tenuto conto che l’istante si è “conformato a indicazioni contenuti in atti dell’Amministrazione finanziaria” e che il suo comportamento risulta “posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’Amministrazione stessa … Non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente’, con riferimento alle prestazioni poste in essere antece-dentemente alla presente risposta”.

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’Istanza di In-terpello n. 348 del 28 agosto 2019, ha fornito chiarimenti in merito al soggetto obbligato ad apporre la firma digitale su una fattura elettronica emessa in nome e per conto di un prestatore di servizio, quando l’emittente si avvale a sua volta di un Intermediario.Nel caso specifico, una Società vende autoveicoli e, in sede di vendita, ne garantisce il buon funzionamento e la futura assistenza, per cui il cliente può rivolgersi ad una Concessionaria o ad un’Officina autorizzata per chiedere servizi di manutenzione e/o riparazione del proprio auto-veicolo in garanzia. Quando il veicolo presenta anomalie o problemi nel pe-riodo di applicazione della garanzia, la Società venditrice si fa carico del corrispettivo dovuto per il servizio prestato dall’officina, che pertanto viene fatturato da quest’ultima alla stessa Società venditrice. Riguardo alla gestione del servizio garanzia: - l’Officina verifica preventivamente se l’intervento di ma-

nutenzione e/o riparazione da effettuare sia coperto da garanzia;

- nel caso di risposta affermativa, il costo del servizio è posto a carico della Società venditrice;

- al termine dell’intervento, l’Officina rilascia al cliente una ricevuta fiscale con l’indicazione “Corrispettivo non pa-gato - Lavori eseguiti in garanzia”;

- previa specifica autorizzazione rilasciata dall’Officina, la Società venditrice emette fattura nei confronti di se me-desima, in nome e per conto del soggetto che ha effet-tuato la prestazione, ai sensi dell’art. 21, comma 1, del

Dpr. n. 633/1972. Posto che la fatturazione elettronica tra privati, in vigore dal 1° gennaio 2019, prevede l’invio dei file allo “Sdi”, la Società istante, che non intende modificare il Sistema di fatturazione in nome e per conto delle Officine, intende produrre dei file, in formato xml, e delegare ad un Interme-diario l’apposizione della firma digitale e la loro trasmis-sione al “Sistema di interscambio”. Tuttavia, considerato che in una delle faq presenti sul sito “fattura.gov.it” è stato precisato che, qualora il contribuente “si avvale di un In-termediario per l’emissione della fattura (emissione e non semplice trasmissione), sarà costui, in quanto emittente, a firmare digitalmente il documento, ma la responsabili-tà fiscale resta in capo al cedente prestatore”, la Società venditrice ha chiesto se la procedura che intende adottare sia corretta oppure se l’obbligo di apporre la firma digitale sia della stessa, visto che emette fattura in nome e per conto del prestatore.Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che l’art. 21, comma 1, del Dpr. n. 633/1972, stabilisce che “per ciascuna operazione imponibile il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio emette fattura, anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili, o, ferma restando la sua responsabilità, assicura che la stessa sia emessa, per suo conto, dal cessionario o dal committente ovvero da un terzo”. Secondo la citata previsione, l’obbligo di emettere la fattu-ra è attribuito al cedente/prestatore del servizio che, sot-to la propria responsabilità, può decidere di delegare tale incombenza al cessionario, al committente o ad un terzo.

E-fatturaa chi spetta la firma digitale quando l’emissione avviene per conto del prestatore di servizio ed avvalendosi di un Intermediario

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In tale evenienza, il successivo comma 2 del citato art. 21 dispone, alla lett. n), che la fattura deve contenere la “an-notazione che la stessa è emessa per conto del cedente o del prestatore, dal cessionario o committente ovvero da un terzo”. Ciò detto, premesso che la “firma elettronica qualificata o digitale”, ai sensi del comma 3 del più volte richiamato art. 21, è solo una delle modalità con cui l’emittente “assi-cura l’autenticità dell’origine, l’integrità del contenuto e la leggibilità della fattura dal momento della sua emissione fino al termine del suo periodo di conservazione” - certa-mente non necessaria nel caso in cui il prestatore rientra tra i soggetti obbligati ad emettere “esclusivamente fat-ture elettroniche utilizzando il ‘Sistema di interscambio’” (vedasi art. 1, comma 3, del Dlgs. n. 127/2015) e quando la fattura non è diretta ad una Pubblica Amministrazione - laddove se ne voglia fare uso resta valido quanto già chiarito in passato sull’argomento. In particolare, con la Circolare n. 18/E del 2014, al para-grafo 1.3.2 è stato precisato che per potere individuare il soggetto tenuto alla firma qualificata elettronica “occorre tener conto degli accordi intervenuti tra il cedente/presta-tore ed il cliente/terzo, a seconda che questi prevedano l’invio del documento finale già redatto, oppure il semplice flusso di dati da aggregare per la compilazione del docu-mento finale, ovvero la sua messa a disposizione. Nella prima ipotesi, l’emittente è sempre il cedente/prestatore, che deve pertanto apporre la propria firma elettronica. Nella seconda e nell’ultima ipotesi, invece, emittente è il cliente/terzo, che provvede ad aggregare i dati e, quindi, a generare il documento trasmettendolo al destinatario o mettendolo comunque a sua disposizione. E questi, di conseguenza, dovrà apporre la propria firma elettronica.

In ogni caso, occorre annotare in fattura che la stessa è stata compilata dal cliente ovvero, per conto del cedente o prestatore, dal terzo - art. 21, comma 2, lett. n), del Dpr. n. 633/1972”. Nel caso prospettato, sembra configurarsi la seconda del-le ipotesi sopra richiamata e, dunque, la firma dovrebbe essere quella della Società venditrice. Tuttavia, poiché l’istante afferma di volersi a sua volta avvalere di un Intermediario, occorre tener presente che l’art. 1, comma 3, del Dlgs. n. 127/2015, ammette che gli “operatori economici possono avvalersi… di Intermediari per la trasmissione delle fatture elettroniche al ‘Sistema di interscambio’, subordinando l’utilizzo ad un ‘’accordo tra le parti’ e facendo salve ‘le responsabilità del soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servi-zio’”. Pertanto, laddove l’istante intenda avvalersi di un Inter-mediario, è necessario il preventivo accordo con l’Officina che fornisce il servizio. Quanto poi alla firma digitale, occorre distinguere le se-guenti ipotesi: - se l’Intermediario si limita a trasmettere allo “Sdi” una

fattura predisposta dalla Società venditrice, la firma va apposta dalla stessa Società, in quanto agisce nelle ve-sti dell’emittente;

- se invece, previo accordo con il prestatore, è l’Interme-diario ad aggregare i dati della fattura che trasmette allo “Sdi”, è quest’ultimo ad apporre la propria firma digitale.

L’Agenzia ha osservato infine che nella prima ipotesi l’an-notazione in fattura ex art. 21, comma 2, lett. n), del Dpr. n. 633/1972, deve riferirsi alla Società venditrice, mentre nella seconda ipotesi all’Intermediario.

L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 75/E del 9 agosto 2019, ha chiarito che per effettuare, tramite Model-lo “F24”, il versamento dell’acconto mensile dell’Irap do-vuta da talune categorie di Amministrazioni statali ed Enti pubblici - esclusi quelli che attualmente utilizzano obbliga-toriamente il Modello “F24EP” - è necessario utilizzare il codice-tributo “3858”Ricordiamo che l’art. 4-quater, comma 3, del Dl. n. 34/2019

(c.d. “Decreto Crescita”), convertito con modificazioni dal-la Legge n. 58/2019, ha apportato alcune modifiche all’art. 1 del Regolamento di cui al Decreto Mef n. 421/1998, re-cante la disciplina delle modalità e dei termini di versa-mento dell’acconto mensile dell’Irap dovuta dalle Ammi-nistrazioni statali e dagli Enti pubblici, ai sensi dell’art. 30, comma 5, del Dlgs. n. 446/1997. In particolare, è stato previsto che talune categorie di Am-

Versamenti mensili Irapgli Enti pubblici che non utilizzano il Modello “F24EP” devono utilizzare il Modello “F24”, codice-tributo “3858”

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ministrazioni ed Enti pubblici, individuate dall’art. 1, commi 4 e 6, del citato Dm. n. 421/1998, possono effettuare il pa-gamento dell’acconto mensile dell’Irap mediante il “Siste-ma del versamento unitario”, di cui agli artt. 17 e seguenti del Dlgs. n. 241/1997, limitatamente ai casi in cui non sia possibile utilizzare il Modello di versamento “F24 Enti pub-blici”, di cui al Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate Prot. n. 154279 del 1° dicembre 2015. Tanto premesso, con la Risoluzione in commento l’Agen-zia ha reso noto che i versamenti di cui trattasi sono effet-tuati, tramite Modello “F24”, indicando il codice-tributo già esistente “3858”, denominato “Irap - versamento mensile – art. 10-bis, comma 1, Dlgs. n. 446/97”. L’utilizzo di tale codice-tributo, istituito con la Risoluzione n. 51/E del 15 febbraio 2008, è pertanto esteso a tutti gli

Enti e Amministrazioni interessati dalle nuove disposizioni sopra richiamate. In sede di compilazione del Modello “F24”, il suddetto codice-tributo è esposto nella Sezione “Regioni”, esclu-sivamente in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “Importi a debito versati”, riportando inoltre:- nel campo “Codice Regione”, il codice della Regione

o Provincia autonoma a cui si riferisce il versamento, presente nella Tabella “T0 - Codici delle Regioni e delle Province autonome”, pubblicata sul sito internet dell’A-genzia delle Entrate www.agenziaentrate.gov.it;

- nel campo “Rateazione/mese rif.”, il mese di riferimento espresso nel formato “00MM”;

- nel campo “Anno di riferimento”, l’anno d’imposta espres-so nel formato “AAAA”.

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’Istanza di In-terpello n. 352 del 29 agosto 2019, ha fornito chiarimenti in ordine al trattamento fiscale applicabile al reddito di la-voro autonomo prodotto da un soggetto residente in Ger-mania, richiamando la Convenzione tra Italia e Germania contro le doppie imposizioni.Nel caso di specie, una cittadina tedesca residente a Mo-naco di Baviera ha ricevuto ad ottobre 2016 un incarico da docente a contratto presso una Università italiana e tale incarico consisteva nello svolgimento di un’attività di ca-rattere indipendente, per l’esercizio della quale era esclu-sa la messa a disposizione da parte dell’Università di una base fissa, ovvero di un Ufficio in modo stabile in Italia.Per tale attività, la docente ha percepito, a partire dal 2017, redditi tassati in Italia, con l’applicazione delle rite-nute Irpef.Tuttavia, la docente ha rilevato che, in base alla Conven-zione Italia-Germania contro le doppie imposizioni, i reddi-ti derivanti da attività di carattere “indipendente” sono im-ponibili soltanto nello Stato in cui la persona è residente.L’Agenzia delle Entrate ha rilevato che, sulla base di quan-to dichiarato dalla docente, l’attività oggetto dell’incarico, conferito dall’Università italiana, si configura come lavoro autonomo, ai sensi dell’art. 53 del Dpr. n. 917/1986 (Tuir).L’art. 14, paragrafo 1, della Convenzione Italia-Germa-

nia contro le doppie imposizioni, ratificata dalla Legge n. 459/2002, regola la ripartizione della potestà impositiva tra i 2 Stati con riferimento ai redditi derivanti dall’esercizio di professioni indipendenti. In particolare, tale disposizio-ne prevede che “i redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae dall’esercizio di una libera professione o da altre attività di carattere indipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che detto residente non disponga abitualmente nell’altro Stato contraente di una base fissa per l’esercizio delle sue attività. Se egli dispone di tale base fissa, i redditi sono imponibili nell’altro Sta-to, ma soltanto nella misura in cui sono imputabili a detta base fissa”. Tale disposizione convenzionale dunque sancisce una potestà impositiva esclusiva dello Stato di residenza, sempreché il Professionista non disponga abitualmente nell’altro Stato contraente di una base fissa per l’esercizio delle sue attività.Con riguardo a tale ultima circostanza, risulta che per l’e-spletamento dell’incarico non è prevista la messa a dispo-sizione da parte dell’Università di una base fissa, ovvero di un Ufficio in modo stabile, ma non può escludersi il fatto che la docente possa comunque avere in Italia una base fissa non messa a disposizione della citata Università. Pertanto, in relazione al caso di specie, ai sensi del citato

Sostituto d’impostanon sono soggette a ritenuta le prestazioni di lavoro autonomo rese da un soggetto tedesco senza base fissa in Italia

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art. 14, paragrafo 1, della Convenzione, l’Agenzia ha con-cluso che i redditi che la docente ha ritratto dall’esercizio della sua attività di insegnamento, derivante dal conferi-mento di un incarico di lavoro autonomo, non sono sog-getti a tassazione in Italia, nel presupposto però che la stessa docente sia un soggetto fiscalmente non residente in Italia e che eserciti la professione senza disporre nel nostro Paese di alcuna base fissa per l’esercizio delle sue

attività, anche non messa a diposizione dall’Università ita-liana.In tale ipotesi peraltro le Imposte trattenute in Italia potran-no essere rimborsate su richiesta della docente, presen-tando apposita richiesta al Centro operativo di Pescara, entro il termine di decadenza di 48 mesi dalla data del prelevamento dell’Imposta (art. 37 del Dpr. n. 602/1973).

Con la Risposta n. 360/E del 30 agosto 2019, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito al mancato pagamento dell’Imposta di bollo su contratti stipulati nella Piattaforma “Consip”.Il soggetto interpellante ha comunicato infatti che, a se-guito di un’ispezione amministrativo-contabile, sono stati rilevati atti negoziali relativi agli esercizi finanziari 2014 e 2015 non in regola ai fini dell’Imposta, e pertanto ha chie-sto di attivare la procedura di recupero delle marche da bollo non applicate nei confronti dei soggetti responsabili.L’Agenzia delle Entrate ha richiamato preliminarmen-te l’art. 2, della Tariffa, Parte I, Allegato “A”, del Dpr. n. 642/1972, il quale dispone il pagamento dell’Imposta di bollo fin dall’origine per le “scritture private” e, ai sensi di detto articolo, avrebbero dovuto scontare l’Imposta gli atti negoziali in oggetto stipulati tra l’interpellante e le ditte contraenti attraverso il Mercato elettronico Consip.E’ stato altresì confermato dalla stessa Agenzia il Prin-cipio della responsabilità solidale ex art. 22 del Dpr. n. 642/1972, che obbliga appunto in solido per il pagamento dell’Imposta e delle eventuali sanzioni amministrative tutte le parti che sottoscrivono, accettano o negoziano atti, do-cumenti o registri non in regola con l’Imposta.Il mancato o parziale pagamento dell’Imposta comporta oltre al pagamento del Tributo, ad una sanzione ammini-strativa dal 100% al 500% dell’Imposta.Tuttavia, nel caso di specie, l’Amministrazione finanziaria non può più richiedere il pagamento del Tributo e applicare eventuali sanzioni essendo scaduto il termine di decaden-za triennale per l’avvio del procedimento di accertamento [art. 37 del Dpr. n. 642/1972 - “l’Amministrazione finan-

ziaria può procedere all’accertamento delle violazioni alle norme del presente Decreto entro il termine di decadenza di 3 anni a decorrere dal giorno in cui è stata commessa la violazione”].I contratti oggetto del quesito infatti, essendo stati sotto-scritti negli esercizi finanziari 2014 e 2015, hanno “esauri-to” i loro effetti giuridici e non sono più accertabili.L’Agenzia ha concluso rammentando che, ai sensi del sopra citato art. 37, l’intervenuta decadenza non autoriz-za comunque l’uso degli atti, documenti e registri senza pagamento dell’Imposta nella misura dovuta al momento dell’uso.

Imposta di bollola decadenza del termine di accertamento non autorizza il mancato assolvimento

Il mancato pagamento dell’Imposta di bollo sui contratti “Consip” non “autorizza” l’uso degli stessi

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L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’istanza di In-terpello 25 luglio 2019, n. 319, ha fornito chiarimenti in merito all’applicazione dell’Imposta di bollo sulle attesta-zioni di deposito dei documenti allegati alla denuncia di opere edilizie in cemento armato.Il Comune istante chiedeva, in particolare, se sono sog-getti ad Imposta di bollo fin dall’origine i seguenti docu-menti.- deposito della documentazione strutturale;- deposito per gli interventi di sopraelevazioni;- deposito delle varianti;- deposito della dichiarazione di fine lavori e collaudo.Per quanto concerne il deposito della documentazione strutturale l’Agenzia delle Entrate ha fatto presente che il Dpr. n. 380/2001, all’art. 65, comma 1, dispone che “le opere di conglomerato cementizio armato (…) devono es-sere denunciate dal costruttore allo sportello unico, che provvede a trasmettere tale denuncia al competente uffi-cio tecnico regionale”.I successivi commi 3 e 4, dell’art. 65, prevedono altresì che alla denuncia devono essere allegati il progetto dell’o-pera in triplice copia, firmato dal progettista, una relazione illustrativa in triplice copia firmata dal progettista e dal di-rettore dei lavori e che al costruttore dovrà essere restitui-ta copia del progetto e della relazione con l’attestazione di avvenuto deposito.A tal proposito, è stato confermato che le attestazioni di avvenuto deposito rilasciate ai sensi dell’art. 65, comma 4, sono soggette all’Imposta di bollo, fin dall’origine, nel-la misura di Euro 16,00 per ogni foglio, ai sensi dell’art. 4, comma 1, della Tariffa, Parte I, Allegato “A”, al Dpr. n. 642/1972 - “Atti e Provvedimenti degli organi dell’Ammi-nistrazione dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni, (…) rilasciati (…) a coloro che ne abbiano fatto richiesta.”L’Amministrazione finanziaria si era già espressa sull’ar-gomento in passato con la Risoluzione n. 302570/1984, in cui affermava che la copia della denuncia delle opere in conglomerato cementizio munita dell’attestazione di av-venuto deposito rilasciata dal competente ufficio al denun-ciante è soggetta a bollo fin dall’origine ai sensi dell’art. 6 (ora art. 4) della Tariffa.Gli allegati tecnici relativi alla denuncia dei lavori sono in-

vece soggetti all’Imposta di bollo solo in caso d’uso, quindi soltanto in caso di registrazione presso l’Ufficio delle En-trate [art. 28, Tariffa, Parte II].Per il deposito di sopraelevazioni vale la regola genera-le: è necessario assolvere l’Imposta di bollo sulle istanze dirette allo sportello unico dell’edilizia al fine di ottenere l’autorizzazione a realizzare interventi di sopraelevazione degli edifici nella misura di Euro 16,00 per ogni foglio, ai sensi dell’art. 3, comma 1, della Tariffa, Allegato “A”, Parte I, Dpr. n. 642/1972 - “Istanze, petizioni, ricorsi (…) diretti agli uffici e agli organi, anche collegiali dell’Amministra-zione dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Co-muni, (…), tendenti ad ottenere l’emanazione di un Prov-vedimento amministrativo o il rilascio di certificati, estratti, copie e simili”.Anche il Provvedimento di autorizzazione o di diniego alla sopraelevazione deve essere assoggettato all’Imposta di bollo nella misura di Euro 16,00 per ogni foglio, ai sensi del sopra richiamato art. 4, comma 1, della Tariffa, Parte I, Allegato “A”, Dpr. n 642/1972.Il deposito delle varianti presentato presso lo Sportello unico non avvia alcun procedimento amministrativo fina-lizzato all’emanazione di alcun provvedimento finale ma si limita esclusivamente ad acquisire detta documentazione agli atti, pertanto non è soggettato ad Imposta di bollo.Per quanto riguarda infine il Certificati di fine lavori e col-laudo, l’Agenzia delle Entrate richiama l’art. 65, comma 6, Dpr. n. 380/2001, il quale stabilisce che il direttore dei lavori è tenuto a depositare a struttura ultimata entro il ter-mine di 60 giorni apposita relazione in triplice copia.La relazione da effettuare a struttura ultimata è considera-ta una scrittura privata contenente una dichiarazione uni-laterale e, pertanto, è soggetta anch’essa all’Imposta di bollo, ai sensi dell’art. 2, Tariffa, Parte I, Allegato “A”, Dpr. n. 642/1972, nella misura di Euro 16,00, per ogni foglio - “Scritture private contenenti convenzioni o dichiarazioni anche unilaterali con le quali si creano, si modificano, si estinguono, si accertano o si documentano rapporti giu-ridici di ogni specie, descrizioni, constatazioni e inventari destinati a far prova tra le parti che li hanno sottoscritti” [vedasi Risoluzione n. 139/2009).Quanto sopra vale anche per il Certificato di collaudo.

“Imposta di bollo”forniti chiarimenti sulle denunce di opere edilizie in cemento armato

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È stata pubblicata sul sito web istituzionale dell’Autorità di Regolazione per energia reti e ambiente (Arera), la Deli-berazione 9 luglio 2019 n. 303/2019/R/Rif, rubricata “unifi-cazione dei procedimenti di cui alle deliberazioni dell’auto-rità 225/2018/R/Rif e 715/2018/R/Rif, volti alla regolazione e al monitoraggio delle tariffe in materia di ciclo dei rifiuti, anche differenziati, urbani e assimilati, con individuazione di un termine unico per la conclusione dei medesimi l’au-torità di regolazione per energia reti e ambiente”. Tale Deliberazione sancisce l’unificazione tra i procedi-menti dei procedimenti di cui alle deliberazioni dell’autori-tà 225/2018/R/Rif e 715/2018/R/Rif, i, con individuazione di un termine unico per la conclusione dei medesimi. Tali procedimenti sono volti all’individuazione, ai fini Tari, di una metodologia tariffaria unica.In primo luogo, l’Arera ricorda che con la Deliberazione 225/2018/R/Rif è stato avviato un procedimento per l’ado-zione di provvedimenti volti a introdurre un nuovo sistema tariffario in materia di ciclo dei rifiuti, anche differenziati, urbani e assimilati. Nelle more dell’adozione di tali provve-dimenti, in data 10 maggio 2018 l’Autorità aveva emanato un Comunicato con il quale rimarcava l’applicazione, in via transitoria, dei criteri e delle modalità operative dispo-sti dalla Legge n. 205/2017.Nel documento di consultazione 713/2018/R/Rif, l’Autori-tà ha illustrato i primi orientamenti per la definizione del-la regolazione tariffaria del servizio integrato di gestione dei rifiuti urbani e assimilati, anche sulla base dei primi feedback raccolti dalle principali associazioni degli ope-ratori del settore, e sull’attività di monitoraggio che ha consentito di valutare l’efficienza dei costi sostenuti nello svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti ipotizzando al 1° gennaio 2020 la data di entrata in vigore della nuova disciplina. Tale sistema di monitoraggio delle tariffe è stato introdotto, per le annualità 2018 e 2019, dalla Deliberazio-ne 715/2018/R/Rif.Sempre nell’ambito delle attività di monitoraggio sopra de-scritte, l’Autorità ricorda che nel corso degli incontri con le associazioni di categoria:

- sono stati illustrati i primi criteri generali di riconoscimen-to dei costi efficienti per gli anni 2018 e 2019;

- è stata mostrata la possibile modalità applicativa di tali criteri, indicando che il recupero degli eventuali scosta-menti - tra valori effettivi e valori efficienti - sarà inserito, quale componente a conguaglio, nel computo relativo all’anno 2020 (termine rinviato all’anno 2021);

- sono state illustrate le prime ipotesi applicative per la determinazione dei ricavi riconosciuti a livello di singola gestione, tenuto conto dei relativi Pef approvati dai co-muni serviti e di quello eventualmente elaborato dall’En-te di governo dell’ambito di riferimento;

- è stato conseguentemente individuato un gruppo di sog-getti gestori che, su base volontaria, ha provveduto a fornire all’Autorità un primo set di dati, di documenti e di informazioni utili allo svolgimento del procedimento in parola.

Tenuto conto di quanto sopra descritto, l’Autorità dichiara l’unificazione dei procedimenti avviati con le Deliberazioni 225/2018/R/Rif e 715/2018/R/Rif. Nello specifico, tali pro-cedimenti sono volti a:a) definire i criteri di monitoraggio e di riconoscimento

dei costi efficienti, da applicarsi sulle annualità 2018 e 2019;

b) introdurre una prima metodologia tariffaria per il ricono-scimento dei costi efficienti della gestione del ciclo dei rifiuti, in cui i criteri di cui alla precedente lett. a) costitu-iranno parte delle regole necessarie all’individuazione dei costi efficienti da inserire in tariffa a partire dal 2020;

c) avviare adeguate attività informative e, ove necessario, formative per la corretta adozione dei piani finanziari richiesti entro l’anno;

d) avviare attività di confronto interistituzionale finalizza-te a definire le procedure di validazione dei dati e le modalità di approvazione dei piani finanziari e dei cor-rispettivi.

Tali procedimenti, secondo l’Autorità, dovranno concluder-si entro il 31 ottobre 2019.

Tarinuova Deliberazione Arera sull’individuazione del nuovo metodo tariffario

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GLI APPROFONDIMENTI

Con Ordinanza n. 108/2019, la Sezione della Corte dei conti della Calabria interviene sollevando un giudizio di costituzionalità su alcune norme del “Decreto Crescita” (Dl. n. 34/2019, convertito con modificazioni dalla Legge 28 giugno 2019, n. 58). Le norme interessate sono quelle che riguardano la vi-cenda che prende avvio con la Sentenza n. 18/2019 della Corte Costituzionale, che è stata oggetto di discussione tra il Governo e gli Enti Locali e poi di Delibera da par-te della Sezione Autonomie della Corte dei conti (n. 8/SezAut/2019/Qmig) con la quale è stato espresso un orientamento applicativo.Le “puntate” precedentiLa Sentenza n. 18/2019 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato la illegittimità del comma 714 dell’art. 1 della Legge n. 208/2015, ha aperto una vivace discussione sul tema della disciplina inerente le crisi degli Enti Locali. La norma dichiarata incostituzionale prevedeva che, “fermi restando i tempi di pagamento dei creditori, gli Enti Loca-li che hanno presentato il ‘Piano di riequilibrio finanziario pluriennale’ o ne hanno conseguito l’approvazione ai sensi dell’art. 243-bis del Testo unico di cui al Dlgs. n. 267/2000, prima dell’approvazione del rendiconto per l’esercizio 2014, se alla data della presentazione o dell’approvazione del medesimo ‘Piano di riequilibrio finanziario pluriennale’ non avevano ancora provveduto ad effettuare il ‘riaccerta-mento straordinario dei residui attivi e passivi’ di cui all’art. 3, comma 7, del Dlgs. n. 118/2011, possono rimodulare o riformulare il predetto ‘Piano’, entro il 31 maggio 2017,

scorporando la quota di disavanzo risultante dalla ‘revisio-ne straordinaria dei residui’ di cui all’art. 243 - bis, comma 8, lett. e), limitatamente ai residui antecedenti al 1º gen-naio 2015, e ripianando tale quota secondo le modalità previste dal Decreto Mef 2 aprile 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 89 del 17 aprile 2015 (…)”.Da subito si è sviluppato un confronto sugli effetti della Sentenza relativamente ai “Piani” approvati e a quelli av-viati.Chi scrive ha sostenuto che si dovesse distinguere tra i procedimenti non approvati e quelli approvati, prevedendo l’impossibilità di conclusione del procedimento per i primi e il mantenimento dell’efficacia per i secondi, tenuto conto anche di quanto puntualizzato dalla dottrina e in assenza di indicazioni sugli effetti temporali da parte della stessa Corte (come, invece, accaduto in altri casi)1.Nell’ambito di questa discussione si è inserita in modo determinante la Deliberazione n. 31/2019 della Sezione regionale di controllo per la Calabria rispetto al “Piano di riequilibrio” del Comune di Reggio Calabria come appro-vato nella sua rimodulazione ex comma 714 dalla stessa. La Sezione regionale ha sostenuto che “la Sentenza che dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma, tuttavia, si traduce in un ordine rivolto ai soggetti dell’applicazione (Giudici e Amministrazione), di non applicare più la nor-ma illegittima: ciò significa che gli effetti della Sentenza di accoglimento non riguardano solo i rapporti che sor-gono in futuro, ma anche quelli che sono sorti in passato, purché non si tratti di rapporti esauriti”, e che il rappor-

del Dott. Giovanni Viale - Esperto di Enti Locali e Amministrazioni Pubbliche

Corte dei conti - Sezione Prima Giurisdizionale Centrale d’Appello, Sentenza n. 369 del 26 settembre 2018

Ordinanza Corte dei conti Calabrialegittimità costituzionale delle norme del “Decreto Crescita” in materia di crisi degli Enti Locali

1 Giovanni Viale e Andrea Mazzillo, “Sentenza Corte Costituzionale n. 18/2019, un’occasione per ripensare la disciplina per evitare il dissesto dei Comuni”, Entilocalinews n. 13 dell’1 aprile 2019, Centro Studi Enti Locali.

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GLI APPROFONDIMENTI

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to in questione non potesse considerarsi tale. Da ciò la conseguenza di “….ritenersi attualmente vigente, nei suoi effetti, il precedente ‘Prfp’, adottato con la Deliberazione della Commissione straordinaria dell’8 febbraio 2013 …. che prevede che il Comune di Reggio Calabria recuperi il disavanzo incluso nel ‘Piano di riequilibrio finanziario plu-riennale’ (‘Prfp’) entro l’esercizio 2023, che segna il termi-ne finale di durata del ‘Piano’ medesimo”.In seguito, è intervenuta la Sezione Autonomie con la ci-tata Delibera, con la quale ha espresso il seguente Orien-tamento: “1. I ‘Piani di riequilibrio finanziario pluriennali’ di cui all’art. 243-bis del Tuel riformulati ai sensi dell’art. 1, comma 714, Legge n. 208/2015, norma dichiarata il-legittima dalla Corte Costituzionale con Sentenza n. 18 del 14 febbraio 2019, approvati dalla competente Sezione regionale di controllo, sono intangibili relativamente alle sole quote di disavanzo riferite alle annualità il cui ciclo di bilancio si sia chiuso con l’approvazione del rendiconto. Il disavanzo residuo deve essere ripianato considerando il piano originario dell’Ente, approvato prima della rimodu-lazione conseguente all’entrata in vigore dell’art. 1, com-ma 714, della Legge n. 208/2015. 2. Gli Enti Locali che hanno proposto la rimodulazione o la riformulazione del predetto ‘Piano’ ma non hanno ottenuto l’approvazione entro la data di deposito della Sentenza n. 18/2019 della Corte Costituzionale, adeguano il ‘Piano di riequilibrio’ alla legislazione vigente. Provvedono, quindi, alla ridetermina-zione del disavanzo da ripianare che risulta dalla somma-toria di due valori: il primo, corrispondente al disavanzo da revisione straordinaria dei residui ai sensi dell’art. 243-bis, comma 8, lett. e); il secondo, corrispondente al ‘maggior disavanzo’ da riaccertamento straordinario ex art. 3, com-ma 7, lett. da a) ad e), del Dlgs. n. 118/2011 e dal primo accantonamento al ‘Fcde’. Le passività che integrano il disavanzo così rideterminato devono essere ripianate se-condo la disciplina di cui all’art. 1, comma 888, della Leg-ge n. 205/2017. Ai fini della durata massima del ‘Piano’ deve essere computato il tempo già trascorso dalla data di approvazione dell’originario strumento di risanamento e, ai fini del monitoraggio semestrale ex art. 243-quater, comma 6, del Tuel, resta ferma la periodicità dei semestri computata tenendo conto dei periodi già maturati.”È interessante rilevare che la Sezione Autonomie, nei “considerando”, afferma:1. “La descritta conformazione della competenza delle

Sezioni regionali, pur assumendo un’inedita peculiarità che ha fatto ritenere ammissibile l’accesso al giudizio incidentale di legittimità costituzionale, resta saldamen-te ancorata alla funzione del controllo. De iure condito, infatti, l’ipotesi di cui al citato art. 243-quater, comma 3,

del Tuel, riguarda un giudizio valutativo - tra l’altro, di tipo prognostico rispetto ad un documento programma-torio - di legittimità/regolarità di un piano di riequilibrio non sovrapponibile ad una sentenza regolatrice di inte-ressi di parte. Basti pensare che il contraddittorio non è disciplinato formalmente ed è comunque asimmetrico perché avviene tra ente e Sezione di controllo che è anche organo giudicante. Inoltre, mancano le situazioni giuridiche contrapposte che caratterizzano il processo giurisdizionale in senso proprio, e, comunque, l’eserci-zio della funzione di controllo intestata alla Sezione re-gionale è caratterizzato dalla doverosità escludendosi ogni altro potere di iniziativa. Pertanto, nell’ambito della funzione di controllo, l’esercizio della nomofilachia ap-pare particolarmente opportuno proprio nel caso venuto all’esame di questa Sezione”.

2. “In tale contesto, il venir meno della norma censurata dalla Corte Costituzionale opera una modifica ordina-mentale che può considerarsi come ius superveniens, i cui effetti devono essere ricostruiti in via interpretativa avendo riguardo anche all’affidamento degli enti che hanno impostato la propria programmazione finanziaria ed adottato i conseguenti documenti contabili (bilancio di previsione/rendiconto, pacificamente connotati di una sostanziale irretrattabilità) – confidando nella le-gittimità della norma caducata. Come evidenziato da ampia dottrina, infatti, la Corte costituzionale non po-trebbe disporre circa le conseguenze della declarato-ria di incostituzionalità, in quanto essa si occupa della ‘dichiarazione’ di illegittimità di una disposizione, ma non della ‘gestione’ degli effetti che ne conseguono. L’intervento nomofilattico di questa Sezione è dunque necessitato dall’incertezza del quadro normativo di ri-sulta ed è rivolto a chiarire gli effetti della Sentenza del Giudice delle leggi sui ‘Piani di riequilibrio’ in corso di esecuzione e/o già approvati dalle Sezioni regionali di controllo, nonché su quelli in corso di istruttoria presso la competente Commissione ministeriale, anche al fine di prevenire contrasti interpretativi rilevanti per l’attività di controllo. Se è vero infatti che, nel ritenere travolti dalla Sentenza Corte Costituzionale n. 18/2019 i ‘Piani’ riformulati in base alla normativa dichiarata incostitu-zionale, la Sezione di controllo per la Calabria, con la Delibera n. 31/2019 (non impugnata in sede di Sezioni Riunite in speciale composizione, ed il cui contenuto è sinteticamente richiamato nella parte in premessa), ha fatto conseguire l’obbligo di ripiano del disavanzo nel termine della consiliatura ex art. 188 Tuel, tale solu-zione interpretativa, come si vedrà nel prosieguo, non appare tuttavia quella esclusiva se si considera il com-

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plesso della normativa di risulta”.Per ultimo, è intervenuto il Legislatore con il Dl. n. 34/2019 citato con l’art. 38 che, ai commi 2-bis e seguenti, sta-bilisce quanto di seguito riportato: “2-bis. Gli Enti Locali che hanno proposto la rimodulazione o riformulazione del ‘Piano di riequilibrio’ ai sensi dell’art. 1, comma 714, del-la Legge n. 208/2015, entro la data del 14 febbraio 2019 di deposito della Sentenza della Corte Costituzionale n. 18/2019, anche se non ancora approvato dalla compe-tente Sezione regionale della Corte dei conti ovvero inci-so da provvedimenti conformativi alla predetta Sentenza della Sezione regionale competente, possono riproporre il ‘Piano’ per adeguarlo alla normativa vigente secondo la procedura dell’art. 1, commi 888 e 889, della Legge n. 205/2017”2.Quindi, il comma 2-bis, dell’art. 38 citato, consente la rifor-mulazione del Piano e ne definisce le modalità, anche se, poi, al comma 2-quater specifica la mancata sospensione delle azioni esecutive e una restrizione dei tempi per l’i-struttoria.Il comma 2–ter dell’art. 38, poi, precisa che “la ripropo-sizione di cui al comma 2-bis deve contenere il ricalcolo complessivo del disavanzo già oggetto del ‘Piano’ modifi-cato, nel rispetto della disciplina vigente, ferma restando la disciplina prevista per gli altri disavanzi”.La lettura combinata delle varie posizioni sembra porta-re alla seguente interpretazione della disciplina prevista dal “Decreto Crescita”: “è possibile la rimodulazione del debito residuo, definendone la durata sulla base dei nuo-vi parametri stabiliti dall’art. 38 comma 1-terdecies dello stesso Decreto”.L’Ordinanza n. 108/2019 della Sezione regionale della Corte dei conti della CalabriaL’Ordinanza n. 108/2019, oltre a fare alcune valutazioni sulla rimodulazione del “Piano” deliberato dal Comune di Reggio Calabria (tra l’altro, in merito anche ad ulteriori de-biti di cui sembra essere venuta a conoscenza soltanto recentemente), decide di sollevare le seguenti questioni di legittimità costituzionale, che si vanno sinteticamente

ad affrontare con riferimento alla loro connotazione gene-rale e senza alcun relazione al caso specifico di Reggio Calabria: 1. “dell’art. 38, comma 2-bis e 2-ter, del Dl. n. 30 aprile

2019 n. 34, convertito in Legge 28 giugno 2019 n. 58, in combinato disposto con l’art. 38, comma 1-terdecies, nella parte in cui tale complesso di disposizioni con-sente di rimodulare/riformulare il ‘Piano di riequilibrio decennale’, precedentemente approvato, in un termine ultra decennale, poiché appare in contrasto con i para-metri stabiliti dagli artt. 81, 97, comma 1, 117, comma 1, Costituzione, per violazione del parametro interpo-sto del Preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dell’art. 3 del Trattato consolida-to dell’Unione Europea, nonchè dell’art. 119, comma 6, Costituzione, in combinato disposto con gli artt. 1, 2 e 3 Costituzione.”Le motivazioni apportate richiamano sostanzialmen-te quelle della Sentenza della Corte Costituzionale n. 18/2019 che, come più volte affermato in precedenti ar-ticoli, sono condivisibili e sono riferibili sostanzialmente al corretto funzionamento della democrazia con la giu-sta responsabilizzazione degli amministratori e all’equi-tà intergenerazionale. Giova sottolineare che la Sezio-ne regionale afferma, tra le altre cose: - “….. si ritiene che il combinato disposto dell’art. 38,

comma 2 bis e 2 ter e 1-terdecies, del Dl. n. 34/2019 (convertito con modificazioni in Legge n. 58/2019), nella parte in cui consente ai Comuni, già interes-sati dalla disposizione di cui all’art. 1, comma 714, Legge n. 208/2015 (come modificato dalla Legge n. 232/2016, art. 1, comma 434, norma dichiarata inco-stituzionale con Sentenza n. 18/2019) di riproporre il proprio ‘Prfp’, già approvato per una durata decen-nale, estendendolo in un orizzonte ultradecennale e, nel caso concreto sottoposto al Giudice a quo, ventennale - sia in frontale contrasto con il Principio dell’equilibrio di bilancio che trova copertura costitu-zionale, nelle declinazioni supra evidenziate (equili-

2 Il richiamato comma 888, dell’art. 1, della Legge n. 205/2017, ha modificato l’art. 243-bis del Tuel, prevedendo la durata del “Piano” in un tempo da 4 a 20 anni (anziché i 10 precedenti) definiti sulla base di criteri oggettivi che lo stesso Decreto Crescita modifica all’art. 38 comma 1-terdecies portando a venti anni la durata massima del “Piano di riequilibrio finanziario” per i Comuni con popolazione superiore a 60.000 abitanti qualora il rapporto passività/impegni superi il 60% (era il 100% prima).Il comma 889, dell’art. 1 della Legge n. 205/2017, consente agli Enti che hanno presentato il “Piano di riequilibrio finanziario” o ne hanno conseguito l’approvazione di rimodulare o riformulare il predetto “Piano” (al momento dell’approvazione della Legge n. 205/2017), “al fine di usufruire delle modifiche introdotte dal comma 888 del presente articolo’ determinandone le modalità e i tempi3. In particolare, giova qui sottolineare che, tra le altre cose, il comma in oggetto prevede che ‘gli Enti Locali che intendono avvalersi di tale facoltà trasmettono la Deliberazione consiliare contenente la relativa richiesta alla competente Sezione regionale della Corte dei conti e al Ministero dell’Interno nel termine di 15 giorni dalla data di entrata in vigore della presente Legge”. Vedi, Giovanni Viale, “La Sentenza n. 18 del 14 febbraio 2019 della Corte Costituzionale e il ‘Decreto Crescita’”, Entilocalinews n. 27, 8 luglio 2019.

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brio dinamico e intergenerazionale), negli artt. 81, 97 comma 1, 117 comma 1, 119, comma 6, anche in combinato disposto con gli artt. 1, 2 e 3 Costituzio-ne..[…]”;

- “…. il combinato disposto dell’art. 38, comma 2 ter, Dl. n. 34/2019 e dell’art. 38, comma 1-terdecies, del medesimo Dl. impone un improbabile raffronto tra un dato del passato (il disavanzo da ‘Prfp’, che, nel caso del Comune di Reggio Calabria, è stato accer-tato nel 2012) e un dato del presente (gli impegni del Titolo I della spesa dell’ultimo rendiconto approvato, nel caso del Comune di Reggio Calabria quello al 31 dicembre 2018); ciò, al solo scopo di ‘allungare’ (nel caso di Reggio Calabria di ben n. 14 annualità) il ri-piano di un deficit che, pur originato nel passato, non è più lo stesso del ‘Prfp’ un tempo approvato (in virtù dei recuperi nel frattempo intervenuti). […]”;

- “….. se la logica che muove il Legislatore deve es-sere quella di individuare, in modo oggettivo, un parametro di sostenibilità del ‘Prfp’, non si compren-dono le ragioni per cui un Comune di medio-piccole dimensione (inferiore alla soglia di n. 60.000 abitanti) dovrebbe poter fruire di un ‘Piano di riequilibrio’ di più corta durata (e quindi affrontare un indebitamento ‘meno agevolato’) solo in virtù della sua classe de-mografica (la quale non ha evidentemente alcuna incidenza concreta sulla sostenibilità di un percorso di risanamento), che raramente gli consentirebbe di accedere ad un ‘Piano di riequilibrio’ a lungo termine (occorrerebbe, infatti, un rapporto fra passività e im-pegni del Titolo I superiore al 100%). (…)”;

- “In conclusione, ritiene questa Sezione che l’uni-ca giustificazione all’intervento normativo, della cui costituzionalità si dubita, sia quella di consentire ad alcuni Comuni di evitare conseguenze come il disse-sto; questa esigenza non può però, in alcun modo, consentire deroghe ai fondamentali Principi dell’e-quilibrio di bilancio e della equità intergenerazionale. […]”;

2. “dell’art. 38, comma 2-bis, del Dl. 30 aprile 2019 n. 34, convertito in Legge 28 giugno 2019 n. 58, nella parte in cui consente agli ‘... Enti Locali che hanno proposto la rimodulazione o riformulazione del ‘Piano di riequi-librio’ ai sensi dell’art. 1, comma 714, della Legge n. 208/2015, entro la data del 14 febbraio 2019 di deposito della Sentenza della Corte Costituzionale n. 18/2019...”, anche se “… inciso da provvedimenti conformativi alla predetta sentenza della Sezione regionale competen-te...” di poter “... riproporre il ‘Piano’ per adeguarlo alla normativa vigente’, poiché, consentendo l’elusione del

decisum di Pronunce della Magistratura contabile (an-che divenute definitive) appare in contrasto con i pa-rametri stabiliti dagli artt. 3, 102 comma 1, 100, 103, e 113 Costituzione nonché degli artt. 24 e 111 Costituzio-ne”. La Sezione regionale peraltro ricorda che, “….. nel caso del Comune di Reggio Calabria, la Deliberazione n. 31 del 2019, ……. non è stata mai impugnata dal Comune nelle sedi competenti (ossia le Sezioni Riunite di questa Corte in speciale composizione, unico Giudi-ce che ha potere di cognizione in materia, nei termini fissati dall’art. 243-quater, comma 5, Tuel), assumendo così il carattere della definitività. Al riguardo, si osserva che le Delibere delle Sezioni di controllo non impugnate (o quelle confermate, mediante la reiezione del ricor-so proposto avverso le stesse) assumono un carattere di definitività ed incontrovertibilità dell’accertamento, in esse contenuto, che appare del tutto sovrapponibile a quello del passaggio in giudicato di qualunque provve-dimento giurisdizionale”. Per questo la Sezione regio-nale ritiene che appaia “….. quindi sussistente, nella fattispecie, la violazione, da parte della normativa della cui costituzionalità si dubita, del Principio di ragionevo-lezza e di certezza del diritto riconducibile all’art. 3 della Costituzione, e di quello di separazione dei poteri, cui è improntato l’intero impianto costituzionale”. Non sem-bra che questi Principi siano così certi alla luce della lettura dei “considerando” dell’Orientamento applicativo della Sezione Autonomie;

3. “dell’art. 38, comma 2-bis, del Dl. 30 aprile 2019 n. 34, convertito in Legge 28 giugno 2019 n. 58, nella parte in cui, consentendo una ennesima fattispecie di riscrittura del ‘Piano di riequilibrio’, per Comuni già beneficiari di facoltà di rimodulazione/riformulazione, lede la certez-za del diritto e la salvaguardia delle esigenze dei terzi amministrati e dei soggetti creditori, poiché appare in contrasto con gli artt. 3, 24, 111 e 117, comma 1, Co-stituzione, rispetto al parametro interposto dell’art. 1, Protocollo 1, nonché dell’art. 6 Cedu”;

4. dell’art. 38, comma 2-bis, del Dl. 30 aprile 2019 n. 34, convertito in Legge 28 giugno 2019 n. 58, in combinato disposto con l’art. 38, comma 1-terdecies, comma 1, poiché appare in contrasto con l’art. 3 Costituzione ed adottato dal Governo al di fuori dei ‘…casi straordinari di necessità e urgenza…’ in violazione dell’art. 77 Co-stituzione.

La Sezione regionale, al di là della questione dell’esisten-za dei presupposti di necessità urgenza, fa alcune valuta-zioni, sostenendo che la normativa considerata è priva dei caratteri di generalità e astrattezza: “…… si osserva che, in particolare, l’art. 38, comma 2-bis consente ad una pla-

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tea molto ristretta di Comuni di ‘riproporre’ il proprio ‘Piano di riequilibrio’; la citata platea si restringe ulteriormente ove si considerino i soli Comuni ‘incisi’ da provvedimenti della Corte dei conti conformativi rispetto alla Sentenza Corte Costituzionale n. 18/2019: per quanto consta, si tratta di soli 2 Enti nel panorama nazionale (ossia il Comune di Pa-gani, su cui è intervenuta la Deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Campania n. 46/2019/Prsp, e il Comune di Reggio Calabria, interessato dalla Delibera-zione della Sezione regionale di controllo per la Calabria n. 31/2019/Prsp). La disposizione, quindi, sembra avere una portata ‘ad personam’ (... anzi, più precisamente....si passi il termine...., ‘ad comunem’...); pertanto, appare qualificabile come ‘norma-provvedimento’, in quanto inci-de su un numero determinato e molto limitato di destina-tari e finisce per l’avere contenuto particolare e concreto; ciò sembra francamente travalicare i limiti propri della fun-zione legislativa, che deve essere sempre connotata, per definizione, dai caratteri della generalità ed astrattezza”. La Sezione regionale evoca perciò uno stretto controllo di costituzionalità sotto il profilo della non arbitrarietà e non irragionevolezza del Legislatore per la caratteristica di legge-provvedimento che la norma assume.ConclusioniFacendo riferimento ai soli punti 1 e 2 relativi alla que-stione di costituzionalità delle norme del Dl. n. 34/2019, merita fare alcune osservazioni. Le argomentazioni della Sezione regionale sono in linea di principio condivisibili, ma prescindono da quanto accadu-to fino ad adesso. Così come affermato in un precedente articolo3, “se è pur vero infatti che le situazioni di crisi di cui si parla, spesso, nascono esse stesse da una cattiva gestione e mancanza di programmazione, almeno da un

punto di vista sostanziale, di buon senso, se non giuridico, non è ragionevole ritenere che chi, magari nel tentativo di risolvere problemi creati da altri, sulla base di una legge dello Stato in vigore, abbia presentata e vista approvata una rimodulazione del ‘Piano’ e su questa abbia impostata una programmazione di rientro, non possa farvi più conto perché il Legislatore ha valutato erroneamente la costi-tuzionalità della norma al momento in cui l’ha approvata. Inoltre, l’art. 243 commi 3, 6 e 7 del Tuel, richiamate dal-la Sezione della Calabria a sostegno della propria tesi, assegnano alle Sezioni regionali la competenza di moni-toraggio nella fase attuativa di un ‘Piano’ approvato che, nel caso specifico, la Sezione avrebbe comunque potuto pienamente esercitare rispetto al ‘Piano’ del Comune di Reggio Calabria, il cui procedimento di approvazione, ap-punto, era da ritenersi concluso”.Del resto, le argomentazioni apportate dalla Sezione re-gionale valgono, in linea di principio, anche con riferimen-to alla normativa previgente al Dl. n. 34/2019, potendo il “Piano di riequilibrio finanziario” svilupparsi tra 4 e 20 anni. Non si capisce quindi per quale motivo un Comune (pre-scindendo, lo ripeto, dal caso di Reggio Calabria) che avesse visto approvato un precedente “Piano” sulla base di una norma dichiarata incostituzionale successivamente e che non avesse visto mantenere l’efficacia di detto “Pia-no di riequilibrio finanziario” a seguito della Sentenza, non possa essere messo nelle condizioni di sfruttare quanto la normativa attuale prevede, almeno limitatamente al debito residuo. Inoltre, l’Orientamento della Sezione Autonomie della Cor-te è intervenuto, come ampiamente riportato, proprio per uniformare i comportamenti delle Sezioni regionali, indi-pendentemente dalle Pronunce già esistenti.

3 Giovanni Viale e Andrea Mazzillo, “Sentenza Corte Costituzionale n. 18/2019, un’occasione per ripensare la disciplina per evitare il dissesto dei Comuni”, Entilocalinews n. 13 dell’1 aprile 2019, Centro Studi Enti Locali.

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Enti Localirapporto fra Dirigenti e amministratori (saggio ironico)

IntroduzioneIl tema della distinzione tra la funzione di indirizzo politico e di gestione è stato lungamente discusso e ha avuto al-terne vicende, con interventi legislativi che nel tempo han-no portato alternativamente la bilancia a pendere mag-giormente verso una minore o maggiore divisione.Discutendo di distinzione tra le funzioni di indirizzo e quelle di gestione, stiamo parlando, soprattutto nell’ambito degli Enti elettivi, di distinzione tra il ruolo della politica e quello dei Dirigenti. Distinzione e non separazione perché, na-turalmente, quest’ultima non avrebbe senso tra chi deve dare indirizzi, definire obiettivi e chi, date alcune condizio-ni, deve trovare la migliore strada tra quelle percorribili per attuare gli indirizzi e raggiungere gli obiettivi.Neanche è concepibile una riunione delle funzioni in capo a un unico soggetto, quale che sia, il politico o il tecnico.Storicamente il dibattito e la normativa hanno privilegiato, a fasi alterne, il ruolo politico o quello tecnico.In questo articolo, si vuole affrontare il tema accennato, non sotto l’aspetto normativo, ma con una riflessione più umanistica, con un profilo, se mi riuscirà, anche umoristi-co. In questa riflessione mi ispirerò a un breve saggio scrit-to da uno storico economico che aveva una capacità di esprimersi straordinaria, fuori dal comune (saggio che consiglio a tutti di leggere1).La normativa recenteLa cultura amministrativa nel tempo ha interpretato il Prin-cipio costituzionale del buon andamento dell’Amministra-zione secondo una prospettiva manageriale, andando a ricomprendervi l’ottenimento di risultati, il raggiungimento di obiettivi che, insieme alla visione (vision) e alla missio-ne (mission) che dovrebbero ispirarli, caratterizzano tutte le organizzazioni complesse.Il rapporto tra la funzione di indirizzo degli Organi di go-verno e di gestione dei Dirigenti è stata oggetto di una

discussione intensa che si è tradotta in differenti discipline normative con riferimento all’atto di incarico (negoziato tra le parti o meno), al sistema di selezione dei Dirigenti e al conferimento degli incarichi, al conseguente rapporto fiduciario tra politica e Dirigenti e all’applicazione o meno del sistema dello spoil system, alla natura del contratto (privato o pubblico) dei Dirigenti, al condizionamento della revoca dei Dirigenti, ai sistemi di valutazione dei risultati, al livello di autonomia gestionale dei Dirigenti.Il Legislatore ha “tirato la fune” quando da una parte e quando dall’altra.Il Legislatore ha inoltre disposto una serie di azioni/obbli-ghi/divieti, spesso vissuti come adempimenti formali dal-le Amministrazioni, per aumentare il controllo sociale (a partire dalla Legge n. 241/1990 per arrivare al Dlgs. n. 33/2013 con il cosiddetto ”accesso civico generalizzato”) e per evitare che politici e Dirigenti possano violare la leg-ge, farsi corrompere e concutere. A questa normativa si aggiungono molti altri controlli di altra natura. Il tutto per garantire il buon andamento della Pubblica Amministrazione, l’imparzialità e l’efficienza.Con la Legge n. 190/2012 (c.d. “Legge Anticorruzione”) è stato introdotto un metodo, mutuato anche dal Settore privato, che parte da un’analisi dei processi, individuando quelli più a rischio, per poi definire le misure che riducono i rischi di corruzione, disciplinare l’attuazione delle stesse e il loro monitoraggio per l’eventuale correzione in corso di opera. In un vortice senza fine, con normativa sempre più stratifi-cata, complessa e, alla fine, poco chiara, sia pure conce-pita di base in modo intelligente, sono stati definiti obblighi sempre più stringenti con conseguenze non sempre po-sitive. Le persone “intimamente” oneste e pronte ad assumersi responsabilità, anche in termini di fedeltà alla “Nazione” (con conseguenze talvolta negative in termini di carriera

del Dott. Giovanni Viale - Esperto di Enti Locali e Amministrazioni Pubbliche

1 Carlo Maria Cipolla, “Allegro ma non troppo con le leggi fondamentali della stupidità umana”, Ed. Il Mulino.

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2 In proposito, è illuminante quanto detto in un’intervista dal Prof. Sabino Cassese il quale, argomentando come il Legislatore abbia “esondato” per porre vincoli a una burocrazia di cui non ha fiducia e che, alla fine, si sente assediata, alla domanda “Le leggi in Italia sono così numerose e complicate perché i burocrati le possano interpretare a loro piacimento ?” risponde: “Questo è un paradosso. Moltiplicazione di leggi e adozione di leggi sempre più analitiche sono fatte per limitare la discrezionalità amministrativa. Producono un effetto opposto, perché danno mano libera a chi deve eseguire, lasciadogli spesso la scelta tra le norme da applicare. A questo punto, il burocrate disinvolto diventa politico. Quello timoroso si arresta. La maggior parte degli Amministratori pubblici finisce per pensare di aver a che fare con un mondo di matti” (Economy, 1° maggio 2019)

Art. 97.Le Pubbliche Amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e

la sostenibilità del debito pubblico.I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’im-

parzialità dell’amministrazione.Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei

funzionari.Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.

Art. 98.I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.

Se sono membri del Parlamento, non possono conseguire promozioni se non per anzianità.Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in

servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero.

e vita personale), sono portate a chiedersi sempre più spesso se l’inattività sia la scelta per loro più garantista, mentre persone intimamente disoneste e/o pronte a non assumersi le proprie responsabilità si sbizzarriscono a cercare gli stratagemmi più “fantasiosi e geniali” per evita-re di “essere colti in fallo” e/o a trovare, nel marasma della normativa, la norme ideale per continuare a non assumer-si responsabilità.

La criticità, in sintesi e portando il ragionamento all’as-surdo, sta nella natura umana; l’eccesso di norme, “l’ac-canimento normativo”, non necessariamente porta a un miglioramento della situazione perché può disincentivare persone di “buona” intelligenza e “buona” volontà2. Potremmo dire, in realtà, che gli artt. 97 e 98 della Costi-tuzione sarebbero sufficienti a definire linee di comporta-mento corrette se la natura umana fosse sempre “buona”.

Il “modello”Un’organizzazione pubblica i cui Organi di indirizzo sia-no eletti dai cittadini è caratterizzata necessariamente dal Programma “approvato” con le Elezioni e, quindi, dagli obiettivi che dovrebbero volgere a soddisfare i bisogni dei cittadini nel modo più efficace ed efficiente possibile, a creare le migliori condizioni per uno sviluppo civile, sociale ed economico della comunità rappresentata.Naturalmente, il raggiungimento degli obiettivi contenuti in un Programma è perseguibile nell’ambito di un con-testo definito dalle condizioni esterne e dagli interessi di una comunità che è più ampia della somma di coloro che hanno votato quel Programma di governo, oltre che dagli interessi di una comunità regionale e nazionale, interessi che dovrebbero essere tutelati da un sistema di norme che dovrebbe essere il frutto della ricerca di un equilibrio dei più diversi e compositi interessi di parte che si trovano all’interno della società.Tutti noi, cittadini, Amministratori, Dirigenti, dipendenti, Professionisti dovremmo tutelare il rispetto di quelle re-

gole che sono alla base di una civile convivenza. L’art. 98 della Costituzione lo evidenzia con chiarezza e determi-nazione rispetto ai dipendenti pubblici: “i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”.In questo contesto, i “governanti” eletti mirano a una riele-zione e al raggiungimento degli obiettivi che hanno “pro-messo”, o almeno così dovrebbe essere. I limiti che trovano alla loro azione sono rappresentati dal-le condizioni interne all’Amministrazione che governano, da condizioni esterne, da un sistema di norme che posso-no proporre di modificare al Parlamento con maggioranze diverse a seconda della gerarchia delle stesse norme in funzione del rango degli interessi che esse garantiscono. Naturalmente, più scende il livello di governo preso in considerazione, minore è la possibilità sostanziale per i “governanti” di modificarle: un Sindaco dovrà tener conto della legislazione regionale, nazionale ordinaria e costi-tuzionale (al limite potrà proporre modifiche attraverso le Associazioni rappresentative dei Comuni) e potrà al più modificare le norme di pianificazione e regolamentari di

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competenza.Detto questo, cerchiamo di capire quali categorie di gover-nanti e di Dirigenti ci sono “sul mercato”.Per richiamare il saggio citato, la natura umana fa il suo corso ed esistono persone intelligenti, stupide, esistono i banditi e gli sprovveduti; o per meglio precisare, possiamo comportarci talvolta da persone intelligenti, da banditi o da sprovveduti. Gli stupidi però si comportano sempre e co-munque come tali.3 Gli stupidi sono quelli che fanno danno agli altri senza procurarsi un vantaggio o addirittura, nella forma più estrema, producendosi un danno.Cerco di classificare adesso i “governanti” e i “Dirigenti” secondo la mia personale esperienza decennale da “com-ponente di un governo cittadino” e pluriennale da Dirigen-te, oltre che da cittadino, Funzionario pubblico, ecc.“Governanti” e figure dirigenziali - distinzioneIl politico “senza scrupoli” è quello che persegue gli inte-ressi degli elettori del suo partito o, peggio, i suoi propri interessi; è il tipo di politico che, avendo questo obiettivo, non presta attenzione agli interessi generali rappresenta-ti dal sistema delle norme, alla personale responsabilità prevista dalla normativa per chi deve firmare gli atti e, dato che lui firma ben poco, ha un livello di irresponsabilità per-sonale che male si coniuga con il potere che vuole eser-citare. Di solito è il personaggio che dice a brutto muso: “la faccia ce la metto io ! deve fare quella cosa e basta” e magari aggiunge: “la deve fare così !”; non si interessa di quali siano le condizioni che possono influenzare la scelta dello strumento con cui raggiungere l’obiettivo e/o il rag-giungimento dello stesso obiettivo. All’altro estremo (probabilmente è figura rara) c’è il politico “inetto” che non sa neanche perché si trova lì e si affida in toto al Dirigente di turno, rinunciando al compito che gli elettori gli hanno affidato, quello di fare delle scelte, di definire degli indirizzi e degli obiettivi.Il terzo tipo di politico è quello “lungimirante”, quello che governa pensando alle generazioni future, perché deve consegnare una società ai propri figli che dovranno con-segnarla ai propri nipoti, quello che capisce che potrà rea-lizzare i propri obiettivi se riuscirà a non mettere in difficol-tà chi dovrà fare le scelte tecniche, firmare atti, quello che capisce che si deve discutere quale sia la strada migliore tra quelle fattibili per raggiungere gli obiettivi.Esistono, poi, situazioni intermedie tra quelle definite: nel

tempo, e a seconda delle condizioni, ci si può trovare di fronte a posizioni lungimiranti o a situazioni di inerzia. Soli-tamente, però, a meno di una “conversione sulla via di Da-masco”, il politico “senza scrupoli” non cambia nel tempo e nello spazio, anche se possiamo rilevare differenti livelli di mancanza di scrupoli.Passiamo adesso alle figure dirigenziali.C’è quella dei “lecchini”, quelli che, per usare la terminolo-gia di un noto dizionario, sono gli “adulatori servili”; spesso questo servilismo è volto ad ottenere una promozione o altro. Possono essere più o meno “vispi”, “astuti”. Quelli più astuti, che definirei “lecchini senza scrupoli”, capisco-no finché è utile continuare ad adulare e stanno ben at-tenti a non rischiare troppo per sé e, come conseguenza da loro non voluta, per l’Ente. Quelli meno astuti non si accorgono del limite oltre il quale non vale la pena rischia-re, si sottomettono senza limiti nella speranza di ottenere qualcosa, facendo danno a sé stessi e all’Ente.All’estremo opposto c’è la categoria dei “formalisti”, quelli dell’interpretazione letterale della norma. Anche in questo caso ci sono 2 sottocategorie: chi lo è per natura (e c’è poco da fare …) e chi lo fa per evitare rischi quali che siano. Questo ultimo tipo di Dirigente usa la norma per evitare di fare cose e, tenendo conto della poca chiarezza e semplicità delle norme italiane, ci riesce benissimo!Infine, ci sono i Dirigenti “intelligenti”, quelli cioè che ca-piscono che l’Ente deve raggiungere degli obiettivi dettati dalla politica, cercano di capire se e in che modo siano fattibili e presentano proposte, da vagliare insieme ai poli-tici, nel rispetto dell’interesse della “Nazione” (e quindi del sistema delle norme), oltre che delle responsabilità degli altri, che siano colleghi interni o soggetti esterni.Anche in questo caso esistono situazioni intermedie tra quelle definite, e nel tempo e a seconda delle condizioni, ci si può trovare di fronte a posizioni intelligenti o a si-tuazioni di inerzia. Solitamente però il “lecchinismo” è un fenomeno irrecuperabile (ed è più pericoloso quello dei meno “vispi”), così come il formalismo (all’interno di que-sta categoria è senz’altro più pericolosa quella dei forma-listi per natura).Bisogna dire che, in questo quadro, dovrebbe introdursi anche il ruolo dei Revisori interni che, per semplicità, tra-scuro.

3 Citazione “Le leggi fondamentali della stupidità umana”, Carlo Maria Cipolla.

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Le combinazioni più estreme che possono presentarsi sono quelle rappresentate in Tabella.

La combinazione politici “senza scrupoli” e Dirigenti “lec-chini” è quella più pericolosa, per diversi motivi: - asservimento degli interessi pubblici a quelli personali e/o di parte;

- la natura umana di questi soggetti: difficilmente si mo-dificherà.

L’unico freno è rappresentato dall’astuzia degli uni e de-gli altri, cioè dal fatto che uno dei 2 non si faccia fregare dall’altro, in un gioco che vede un vincitore e un perdente; ma se i 2 riescono a trovare una combinazione in cui en-trambi sono vincenti (win-win), possiamo dire addio all’in-teresse pubblico!La combinazione “inetti” e “formalisti” è anch’essa perico-losa: probabilmente non ci saranno violazioni della legge, ma possiamo dire addio agli obiettivi di sviluppo civile, so-ciale ed economico della comunità. All’interno di questa combinazione, la presenza di Dirigenti “formalisti” per “na-tura” (non per scelta) è certamente la peggiore, dato che quelli che sono “formalisti” per “scelta” potrebbero allen-tare le difese e farsi promotori di azioni nei confronti del politico “inetto”. Anche in quest’ultimo caso, la situazione sarebbe quella di una “guida tecnocratica”, comunque ne-gativa in un sistema democratico.La situazione migliore è quella in cui si trovano a lavorare insieme politici lungimiranti e Dirigenti intelligenti, perso-ne che hanno ciascuno un ruolo, che sono consapevoli del proprio e di quello dell’altro e cercano di capire le ra-gioni dell’uno e dell’altro e gli interessi della Nazione rap-presentati dal sistema delle norme che entrambi devono rispettare, sempre che non possano cambiarle (in ogni caso nel rispetto di ben precise regole). Anche in questa situazione, come in quella della prima combinazione, en-trambi vincono, ma fanno vincere anche la collettività: il politico realizza gli indirizzi e gli obiettivi che ha definito e può sperare di essere votato di nuovo; il Dirigente fa bene il proprio lavoro e presumibilmente gli verranno confermati

politici senza scrupoli lungimiranti inettidirigenti lecchini intelligenti formalisti

combinazionesituazione peggiore

situazione migliore

situazione di guida

tecnocratica

gli incarichi che ha svolto se non gli verranno dati incarichi migliori; infine, si fanno passi in avanti nello sviluppo so-ciale della comunità.Naturalmente, le combinazioni sono anche altre che se-gnalo e descrivo brevemente (indicando prima il politico e poi il Dirigente): - “senza scrupoli” – “intelligente”: il Dirigente ha poche speranze, data la sua “buona” natura;

- “senza scrupoli” – “formalista”: anche in questo caso il Dirigente ha poche speranze perché probabilmente ver-rà in qualche modo “rimosso”;

- “lungimirante” – “lecchino-senza scrupoli”: il risultato di-pende dalla capacità del politico di controllare l’attività del Dirigente per evitare che nella foga servile possa creare danni; è probabile però che il Dirigente servile e senza scrupoli che trova un politico lungimirante si met-ta in modalità stand by in attesa di periodi “più fortunati” perché difficilmente potrà ottenere qualcosa a suo van-taggio;

- “lungimirante” – “formalista”: l’unica speranza è la pos-sibilità di pressare continuamente il formalista per solle-citarlo a trovare soluzioni, ma se il formalismo sta nella “natura intrinseca” del Dirigente e non nella paura di ri-schiare, ci sarà poco da fare;

- “inetto” – “lecchino–senza scrupoli”: situazione assai pe-ricolosa per l’inetto e la comunità;

- “inetto” – “intelligente”: il Dirigente può stimolare il poli-tico ad assumere le decisioni che gli competono anche presentandogli un ventaglio di opportunità o di possibili soluzioni.

Gli effetti delle combinazioni politici-Dirigenti possono quindi essere rappresentate con i risultati che ne deriva-no, registrando chi sarà vincitore e chi perdente, conside-rando nel “gioco” anche la collettività. Di seguito riporto gli effetti delle principali combinazioni.

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È evidente che bisognerebbe incentivare il più possibile la situazione B2 e disincentivare le altre.Finora si è cercato di disincentivare la situazione A1 con una legislazione molto rigorosa, complicata e, purtroppo, stratificata, con Decreti di attuazione, Circolari, Linee-guida, che creano confusione e incertezza. Che risultati ha avuto questa “ipernormazione confusionaria e repres-siva”? Gli effetti delle situazioni tipo la A1 non sono stati elimi-nati mentre, probabilmente alcune situazioni del tipo B2 sono diventate di tipo B3, poiché anche chi tra i Dirigenti avrebbe voluto cercare soluzioni assumendosi un qualche rischio/responsabilità è stato incentivato (se quel suo “ge-netico” senso di responsabilità non ha prevalso!) ad at-tenersi all’interpretazione letterale delle norme, cercando quella per lui più garantista. In generale, un eccesso di normazione - che peraltro ha un carattere preventivo, ma con un “retrogusto” punitivo - a parità di condizioni spinge verso il basso dalla situazione ottimale.La normativa deve essere chiara, chiare e distinte devono essere le responsabilità e chiare anche le sanzioni che, nei casi gravi, devono essere serie perché possano assu-mere un carattere anche preventivo.

Questa strategia dovrebbe disincentivare il “gioco di squa-dra” dei “senza scrupoli” con i “lecchini-senza scrupolo”. Si deve costruire un sistema sanzionatorio per il quale ognu-no stia attento a non incorrere nelle sanzioni che lo riguar-dano, costituendo un limite a un comportamento scorretto dell’altro.I metodi di selezione sia dei politici che dei Dirigenti, natu-ralmente, incidono su tutto questo. Lascio stare quelli dei politici perché non sono in grado e sarebbe necessario un approfondimento che meriterebbe un saggio. Devo soltanto rilevare che l’assenza dei partiti storici e di un percorso serio di crescita - “la gavetta” - ha fatto sì che ci siano “sul mercato” politici privi di qualsiasi senso delle Istituzioni, che è la condizione minima perché abbiano il senso dell’interesse della Nazione.Per quanto riguarda i Dirigenti, invece, i “concorsi nozioni-stici”, quelli per i quali è più facile che entri uno studioso, piuttosto che un Funzionario con esperienza, non facili-tano certo la scelta di Dirigenti “intelligenti” o, comunque, non escludono che siano selezionati “formalisti” in natura e/o “lecchini-senza scrupoli”. Probabilmente, si dovrebbe favorire l’esperienza “garantita”, assicurando al tempo stesso una certa autonomia dei Dirigenti. Si è soliti pensa-re male delle selezioni di carattere fiduciario e dello spoil

senza scrupoli lungimiranti inetti

lecchinisituazione peggiore

intelligentisituazione migliore

formalisti

situazione di guida

tecnocratica

A B C

senza scrupoli lungimiranti inetti

lecchini A1 B1 C1intelligenti A2 B2 C2formalisti A3 B3 C3

A1 B2 C3politici guadagno guadagno perdita

dirigenti guadagno guadagno guadagnocomunità perdita guadagno perdita

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system. Ma se è più facile che un “lecchino – senza scru-poli” sia selezionato direttamente, non è detto che i con-corsi “nozionistici” siano lo strumento per escluderlo. Il tema da privilegiare forse è altro, indipendentemente dal fatto che l’incarico sia affidato a un Dirigente scelto in modo fiduciario o a un Dirigente selezionato tramite concorso: la definizione concordata degli strumenti con i quali raggiungere gli indirizzi e gli obiettivi politici, oltre che, come conseguenza, degli stessi obiettivi dirigenziali; garantire l’autonomia organizzativa anche attraverso una limitazione della revoca dell’incarico a situazioni gravi, an-che legate al mancato raggiungimento di risultati, previo parere da parte degli Organi indipendenti di valutazione.Rispetto all’individuazione di incarichi fiduciari non gestio-nali o del tipo Direttore generale, ritengo che alcune figure potrebbero facilitare il “rapporto” politico–Dirigente, favo-rendo lo sviluppo di situazioni di tipo B2; in questo caso, la bontà della selezione però dipende dalla lungimiranza del politico. D’altra parte, se il politico scegliesse una figura similare a lui nell’ipotesi sia del tipo “senza scrupoli”, o una figura incapace di svolgere quel ruolo di cerniera tra politica e dirigenza tecnica per mancanza di quegli stru-menti che consentono di capire sia le ragioni del politico

che quelle del Dirigente tecnico per poi comporle, quell’in-carico non produrrebbe alcun risultato. Queste figure però, a parte questi casi, a mio modesto pa-rere, possono servire a far funzionare meglio la Pubblica Amministrazione, naturalmente oltre una certa dimensio-ne dell’Ente.Se difficilmente si può incidere sulla natura umana, si pos-sono però incentivare/disincentivare comportamenti sani/malati attraverso alcuni strumenti: - una normativa semplice, chiara, non necessariamente con un “retrogusto punitivo”, che definisca chiaramente le responsabilità dei differenti ruoli;

- la previsione di sanzioni serie per comportamenti gravi, così da far svolgere alla sanzione anche il ruolo di misu-ra preventiva;

- la negoziazione degli obiettivi/strumenti; - l’autonomia/responsabilità organizzativa dei Dirigenti e la loro rimozione durante la durata dell’incarico soltanto per seri motivi, previo parere dell’Organo indipendente di valutazione;

- la previsione di figure di cerniera tra politica e dirigenza tecnica oltre una certa dimensione della Pubblica Ammi-nistrazione di riferimento.

Società a controllo pubblicoanche in caso di “controllo congiunto” o “controllo plurisoggettivo” ?

A pochi mesi di distanza dalle Pronunce della Corte dei conti, sia Sezioni Riunite - Sentenze n. 16 e 17/2019 - che Sezione Autonomie - Delibera n. 11/2019), l’Osservatorio sulla Finanza e Contabilità degli Enti Locali, con l’atto di indirizzo del 12 luglio 2019, emanato ai sensi dell’art. 154, del Dlgs. n. 267/2000 (Tuel), si è pronunciato sulla defi-nizione di “società a controllo pubblico” ai sensi e per gli effetti del Dlgs. n. 175/2016 (Tusp).Più precisamente, l’art. 2, comma 1, lett. m), del Tusp, de-finisce le società a controllo pubblico quelle “in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di control-

lo ai sensi della lett. b)”, che a sua volta definisce come controllo “la situazione descritta nell’art. 2359 Cc.. Il con-trollo può sussistere anche quando, in applicazione di nor-me di legge o statutarie o di patti parasociali, per le deci-sioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo”.In proposito, la Struttura di Monitoraggio e Controllo del-le Partecipate, presso il Mef, con l’Orientamento del 15 febbraio 2018, ai sensi dell’art. 15, comma 2, del Dlgs. n. 175/2016 (Tusp), si era espressa sostenendo che “in

della Dott.ssa Federica Giglioli - Consulente di Enti Pubblici, Enti Locali ed Amministrazioni pubbliche, Pubblicista

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coerenza con la ratio della riforma volta all’utilizzo ottimale delle risorse pubbliche e al contenimento della spesa, al controllo esercitato dalla Pubblica Amministrazione sulla società appaiono riconducibili non soltanto le fattispecie recate dall’art. 2, comma 1, lett. b), del Tusp, ma anche le ipotesi in cui le fattispecie di cui all’art. 2359 Cc. si riferi-scono a più Pubbliche Amministrazioni, le quali esercitano tale controllo congiuntamente e mediante comportamenti concludenti, pure a prescindere dall’esistenza di un coor-dinamento formalizzato”.Di diverso avviso, il Consiglio di Stato (Sentenza n. 578/2019), che in riferimento ad una società partecipata per oltre il 90% da soggetti pubblici, ma con partecipazio-ni unitarie di poco rilievo non superiori singolarmente al 3%, ha ritenuto che “pur in presenza di un coordinamento non istituzionalizzato, le partecipazioni in questione non fossero in grado di consentire ai singoli soggetti pubbli-ci partecipanti di incidere sulle decisioni strategiche della società; considerando quindi necessario … la stipulazione di adeguati patti parasociali ovvero la previsione, negli atti costitutivi della società, di un organo speciale deputato a esprimere la volontà dei soci pubblici”.Anche nelle pronunce della Corte dei conti, sopra richia-mate, vi sono opinioni divergenti: secondo la Sezione Autonomie, con la Deliberazione n. 11/2019, il controllo ex art. 2359 Cc. sussiste anche quando la maggioranza dei voti esercitabili in assemblea appartiene a più ammini-strazioni pubbliche, cumulativamente considerate, e non ad una sola, mentre le Sezione Riunite, con la Sentenza n. 19/2019, propendono per una interpretazione lettera-le della suddetta disposizione, per cui la norma civilistica “in modo chiaro e univoco individua fattispecie tipiche di controllo operato da una società nei confronti di un’altra società”.Alla luce delle suddette posizioni, secondo l’Osservatorio, è possibile che il legislatore del Tusp, abbia voluto am-pliare la definizione di società in controllo pubblico oltre i confini dettati dall’art. 2359 del Cc., proprio in funzione della finalità del comparto normativo dettato dalla “Legge Madia”, prevedendo, in aggiunta: - sia un controllo da parte di una singola Amministrazio-ne pubblica, ancorché titolare di una partecipazione di minoranza, ma in grado – in forza di norme di legge, disposizioni statutarie e di patti parasociali - di determi-nare le decisioni finanziarie e gestionali strategiche della Società;

- sia un controllo plurisoggettivo, quando più Ammini-strazioni pubbliche, nessuna delle quali in grado auto-nomamente di integrare una delle situazioni descritte ex art. 2359 del Cc., pervengono a tale integrazione

se cumulativamente considerate, perché dispongono congiuntamente della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria o comunque di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nella stessa As-semblea (art. 2359, nn. 1 e 2, Cc.) ovvero in virtù di vin-coli contrattuali (art. 2359, n. 3, Cc.).

Tuttavia, perché possano configurarsi tali fattispecie di controllo, non bastano semplici comportamenti conclu-denti o maggioranze occasionali (ancorché ripetute), ma occorre un procedimento di unificazione delle volontà fa-centi capo alle diverse componenti – norme di legge o sta-tutarie o patti parasociali – tali da garantire la formazione stabile di soluzioni unanimi e, quindi, a qualificare in modo giuridicamente significativo la società.Infatti, secondo l’Osservatorio, se così non fosse si fareb-bero coincidere il concetto di “Società a controllo pubbli-co” con quello, diverso, di “Società a prevalente capitale pubblico”.Pertanto, ad oggi, il combinato disposto di cui all’art. 2, comma 1, lett. b) e m), del Tusp, permetterebbe di ricon-durre una Società nel perimetro delle “Società a controllo pubblico”, allorché: - “una singola Amministrazione pubblica dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’Assemblea ordina-ria della società, ovvero dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’Assemblea ordi-naria della società, ovvero esercita un’influenza domi-nante sulla società in virtù di particolari vincoli contrat-tuali con essa, ovvero anche quando in virtù di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività so-ciale sia richiesto anche il consenso di tale Amministra-zione pubblica;

- più Amministrazioni pubbliche, in virtù di un coordina-mento formalizzato in forza di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, dispongono congiuntamente della maggioranza dei voti esercitabili nell’Assemblea ordi-naria della società, ovvero dispongono di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’Assemblea ordinaria della società, ovvero esercitano un’influenza dominante sulla Società in virtù di particolari vincoli con-trattuali con essa; ovvero anche quando per le decisio-ni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale sia richiesto anche il consenso unanime di tali amministrazioni pubbliche in virtù di norme di legge o statutarie o di patti parasociali (laddove per consenso unanime si intende l’espressione di una volontà colletti-va unitaria, vincolante anche per le Amministrazioni che abbiano espresso un dissenso minoritario)”.

In ogni caso, dovrà essere sempre verificato che non sus-

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sista l’influenza dominante del socio privato, anche unita-mente ad alcune o tutte le amministrazioni socie.Considerata l’incertezza circa la definizione precisa di controllo pubblico e le Pronunce discordi in materia, l’Os-servatorio conclude auspicando un intervento legislativo

in grado di chiarire se il controllo pubblico plurisoggettivo sussista solo in presenza di un coordinamento formale, in virtù di un vincolo legale, statutario, parasociale o con-trattuale, oppure si realizzi semplicemente per il fatto che la maggioranza del capitale sociale sia in mano pubblica.

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QUESITI

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QUESITIQuota incentivo funzioni tecniche da corrispondere al personale di un Ente Locale; dove assegnarlo ?

“All’Ufficio ‘Servizi finanziari’ del Comune è pervenuta una Determinazione di aggiudicazione definitiva di una procedura di gara inerente il ‘Trasporto scolastico’ per gli alunni degli Istituti comunali, con la quale si impegna l’intera somma dell’appalto nel capitolo ‘Servizi Trasporti scolastici’, Missione 04, Programma 06, Titolo I, Macro aggregato 03, del bilancio di previsione 2019-2021. Il quadro economico complessivo dell’appalto in questione è comprensivo, tra le altre spese, anche dell’incentivo per funzioni tecniche di cui all’art. 113 del Dlgs. n. 50/2016 da corrispondere al personale dell’Ente con funzione di Responsabile unico del procedimento.Trattandosi di un servizio rilevante Iva per il Comune, in quanto ricompreso nella gestione immobiliare dell’Ente, chiediamo se sia corretto impegnare l’intera somma dell’appalto nel capitolo inerente il ‘Trasporto scolastico’ o se la quota di incentivo per funzioni tecniche, importo non rilevante Iva, debba essere impegnata su differente capitolo appositamente costituito”.

Il comma 2 dell’art. 113 del Dlgs. n. 50/2016, prevede che “[…]le Amministrazioni aggiudicatrici destinano ad un ap-posito fondo risorse finanziarie in misura non superiore al 2% modulate sull’importo dei lavori, servizi e forniture, posti a base di gara per le funzioni tecniche svolte dai di-pendenti delle stesse esclusivamente per le attività di pro-grammazione della spesa per investimenti, di valutazione preventiva dei progetti, di predisposizione e di controllo delle procedure di gara e di esecuzione dei contratti pub-blici, di Rup, di direzione dei lavori ovvero direzione dell’e-secuzione e di collaudo tecnico amministrativo ovvero di verifica di conformità, di collaudatore statico ove neces-sario per consentire l’esecuzione del contratto nel rispetto dei documenti a base di gara, del progetto, dei tempi e co-sti prestabiliti. Tale fondo non è previsto da parte di quelle amministrazioni aggiudicatrici per le quali sono in essere contratti o convenzioni che prevedono modalità diverse per la retribuzione delle funzioni tecniche svolte dai pro-pri dipendenti. Gli Enti che costituiscono o si avvalgono di una centrale di committenza possono destinare il fondo o parte di esso ai dipendenti di tale centrale. La disposizione

di cui al presente comma si applica agli appalti relativi a servizi o forniture nel caso in cui è nominato il direttore dell’esecuzione”.In linea con la riportata previsione normativa, il Principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria (Allegato n. 4/2 al Dlgs. n. 118/2011), al paragrafo 5.2, di-spone che “gli impegni di spesa riguardanti gli incentivi per le funzioni tecniche di cui all’art. 113 del Dlgs. n. 50/2016, compresi i relativi oneri contributivi ed erariali, sono as-sunti a carico degli stanziamenti di spesa riguardanti i me-desimi lavori, servizi e forniture cui si riferiscono, nel Tit. II della spesa ove si tratti di opere o nel Tit. I, nel caso di servizi e forniture”.Pertanto, tenuto conto di quanto sopra esposto, non risul-ta rilevante ai fini della risposta se la spesa da impegnare e se il capitolo su cui l’impegno è assunto sia rilevante o meno ai fini Iva, poiché la determinazione della posizio-ne Iva è effettuata sulla base delle scritture in contabilità economico-patrimoniale e/o quelle scritture richieste dalle norme fiscali (ad es. registri Iva).Riteniamo opportuno precisare che, seppur il Principio

del Dott. Enrico Ciullo - Consulente e formatore Enti pubblici e Amministrazioni locali, Esperto in materie amministrativo-contabili e gestionali per la P.A.

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QUESITI

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imponga correttamente la contabilizzazione dell’incentivo per funzioni tecniche a carico del medesimo capitolo dei lavori, servizi e forniture a cui esso si riferisce, le modali-tà di contabilizzazione e la successiva erogazione (paga-mento) sono oggetto di un più complesso “giro” contabile.Difatti, il Principio n. 4/2 chiarisce che l’impegno è registra-to (con imputazione all’esercizio in corso di gestione) solo a seguito della formale destinazione al “Fondo” delle risor-se stanziate in bilancio e nel rispetto dell’art. 113, commi 2 e seguenti. Il medesimo Principio chiarisce le modalità di contabiliz-zazione dell’incentivo stabilendo che contestualmente all’impegno preso sul capitolo di spesa di cui al periodo precedente “è tempestivamente emesso il relativo ordine di pagamento a favore del proprio bilancio, al Titolo III del-le entrate, Tipologia 500 ‘Rimborsi e altre entrate correnti’, Categoria 3059900 ‘Altre entrate correnti n.a.c.’, voce del ‘Piano dei conti’ finanziario E.3.05.99.02.00 Fondi incen-tivanti il personale (‘Legge Merloni’). La spesa riguardan-te gli incentivi tecnici è impegnata anche tra le spese di personale, negli stanziamenti riguardanti il ‘Fondo per la contrattazione integrativa’, nel rispetto dei principi con-tabili previsti per il trattamento accessorio e premiale del personale. La copertura di tale spesa è costituita dall’ac-certamento di entrata di cui al periodo precedente, che svolge anche la funzione di rettificare il doppio impegno, evitando gli effetti della duplicazione della spesa. Tali mo-

dalità di registrazione sono adottate anche per la quota del 20% prevista dal comma 4 dell’art. 113 del Dlgs. n. 50/2016 (c.d. ‘Fondo innovazione’) destinata all’acquisto di beni, strumentazioni e tecnologie funzionali a progetti di innovazione nonché per l’attivazione di tirocini formativi e di orientamento, che, a seguito della formale destinazio-ne al fondo delle risorse stanziate in bilancio, nel rispetto dell’art. 113, comma 2 e seguenti, è impegnata a carico degli stanziamenti di spesa riguardanti i lavori, servizi e forniture con imputazione all’esercizio in corso di gestio-ne, ed è tempestivamente emesso il relativo ordine di pagamento a favore del proprio bilancio, al Titolo 3 delle entrate, Tipologia 500 ‘Rimborsi e altre entrate correnti’, Categoria 3059900 ‘Altre entrate correnti n.a.c.’. Tale quo-ta del 20% è impegnata anche tra le spese correnti o di investimento in base alla natura economica della spesa, nel rispetto del principio contabile della competenza finan-ziaria. La copertura di tale spesa è costituita dall’accerta-mento di entrata di cui al periodo precedente, che svolge anche la funzione di rettificare il doppio impegno, evitando gli effetti della duplicazione della spesa”.In conclusione, è dunque corretto che l’impegno di spesa per l’incentivo di funzioni tecniche, spettante al Rup per la gestione della procedura di gara dell’appalto di “Trasporto scolastico”, sia assunto nel medesimo capitolo di spesa dei servizi a cui lo stesso incentivo si riferisce.

Proventi da sanzioni “Codice della Strada”Ripartizione e vincoli di destinazione

“La destinazione dei proventi relativi alle sanzioni amministrative al ‘Codice della Strada’ e i relativi vincoli sul bilancio dell’Ente Locale, sin dalla riforma operata con la Legge n. 120/2010, ha destato non pochi problemi a fronte dell’a-sistematicità del quadro normativo generale, in primis, la portata del novellato art. 142 del Dlgs. n. 285/1992, in assenza dell’emanazione del Dm. previsto a norma dell’art. 25, commi 2 e 3, della Legge n. 120/2010. Si chiede di conoscere come destinare e con quali modalità vincolare in bilancio le somme derivanti dalle sanzioni amministrative accertate, ex art. 142, comma 12-bis, del ‘Codice della Strada’ (violazioni dei limiti massimi di velocità attraverso l’impiego da parte dei Comuni, di apparecchi o di sistemi di rilevamento della velocità ovvero attraverso l’utilizzazione di dispositivi o di mezzi tecnici di controllo a distanza delle violazioni), su strada statale in concessione Anas”.

del Dott. Giuseppe Vanni - Dottore commercialista e Revisore di Enti Locali

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QUESITI

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Con riferimento al quesito sopra riportato, facciamo pre-sente che, come indicato nel testo della domanda, occorre fare riferimento a quanto disposto dai commi nn. 12-bis e 12-ter dell’art. 142 e dall’art. 208 del Dlgs. n. 285/1992, dall’art. 25, comma 2, della Legge n. 120/2010, ma anche dall’art. 4-ter, comma 16, del Dl. n. 16/2012.Tale ultima norma prevede che “il Decreto di cui al comma 2 dell’art. 25 della Legge n. 120/2010, è emanato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente Decreto. In caso di mancata emanazione del Decreto entro il pre-detto termine, trovano comunque applicazione le dispo-sizioni di cui ai commi 12-bis, 12-ter e 12-quater dell’art. 142 del ‘Codice della Strada’, di cui al Dlgs. n. 285/1992”. Quindi, l’eventuale mancata emanazione del Dm. in pa-rola non preclude l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 142 del “Codice della Strada” (Circolare Ministero dell’Interno, Direzione centrale per gli Uffici territoriali del Governo e per le Autonomie locali, 24 dicembre 2012, n. 17909).Ne deriva, in perdurante assenza dell’emanazione del De-creto di che trattasi, che in primo luogo occorre operare una prima distinzione fra:1- i proventi da sanzioni del “Codice della Strada” per l’ac-

certamento delle violazioni dei limiti massimi di velocità attraverso l’impiego, da parte dei Comuni, di apparec-chi o di sistemi di rilevamento della velocità ovvero at-traverso l’utilizzazione di dispositivi o di mezzi tecnici di controllo a distanza delle violazioni, per i quali occorre fare riferimento a quanto disposto dai commi 12-bis e 12-ter dell’art. 142 del Dlgs. n. 285/1992; e

2- gli altri proventi da sanzioni per violazione del “Codice della Strada”, elevati da Agenti dei Comuni, per i quali occorre fare riferimento all’art. 208, commi 1 e 4, del “Codice della Strada”.

I proventi di cui al punto n. 2 spettano per il 100% al Co-mune di riferimento e devono essere destinati a spese specificatamente individuate per la quota-parte del 50%, con la seguente ulteriore sotto indicata ripartizione:a) in misura non inferiore a 1/4 della quota (12,5%), ad

interventi di sostituzione, di ammodernamento, di po-tenziamento, dimessa a norma e di manutenzione della segnaletica delle strade di proprietà dell’Ente;

b) in misura non inferiore a 1/4 della quota (12,5%), al po-tenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, an-che attraverso l’acquisto di automezzi, mezzi e attrez-zature dei Corpi e dei Servizi di Polizia provinciale e di Polizia municipale di cui alle lett. d-bis) ed e) del comma 1 dell’art. 12 del “Codice della Strada”;

c) ad altre finalità (fino al 50%) connesse al miglioramento

della sicurezza stradale, relative alla manutenzione del-le strade di proprietà dell’Ente, all’installazione, all’am-modernamento, al potenziamento, alla messa a norma e alla manutenzione delle barriere e alla sistemazione del manto stradale delle medesime strade, alla redazio-ne dei Piani di cui all’art. 36 del “Codice della Strada”, a interventi per la sicurezza stradale a tutela degli utenti deboli, quali bambini, anziani, disabili, pedoni e ciclisti, allo svolgimento, da parte degli organi di polizia locale, nelle scuole di ogni ordine e grado, di corsi didattici fi-nalizzati all’educazione stradale, a misure di assistenza e di previdenza per il personale di cui alle lett. d-bis) ed e) del comma 1 dell’art. 12, alle misure di cui al comma 5-bis del presente articolo e a interventi a favore della mobilità ciclistica.

Invece, per i proventi di cui al punto n. 1 occorre operare un’ulteriore distinzione facendo riferimento alle sanzioni “Codice della Strada” elevate con riguardo alle strade non in concessione o in concessione.Nel primo caso, i proventi spettano per il 50% all’Ente proprietario della strada su cui è stato effettuato l’accer-tamento o agli Enti che esercitano le relative funzioni ai sensi dell’art. 39 del Dpr. n. 381/1974, mentre il restante 50% ai Comuni da cui dipende l’Organo accertatore in mi-sura pari al 50%, alle condizioni e nei limiti di cui ai commi 12-ter e 12-quater dell’art. 142 del “Codice della Strada”. Nel secondo caso, in conseguenza di quanto indicato nel secondo capoverso del citato comma 12-bis, i proventi spettano ai Comuni da cui dipende l’Organo accertatore in misura pari al 100%, alle condizioni e nei limiti di cui ai commi 12-ter e 12-quater; infatti, tale secondo capoverso precisa che “le disposizioni di cui al periodo precedente non si applicano alle strade in concessione”, ossia con riferimento alle strade in concessione non si applica la suddetta ripartizione al 50%. Sulle strade statali, tutte in concessione all’Anas Spa, la ripartizione dei proventi non è applicabile, per cui i proventi stessi sono di spettanza degli Enti Locali quando le violazioni siano accertate da loro Funzionari, Ufficiali ed Agenti (Parere Ministero Infra-strutture e Trasporti, 8 maggio 2013, n. 2144).Precisiamo che l’appena citato Parere Mit, all’ultimo pe-riodo, specifica che “…. i proventi delle sanzioni derivanti dall’accertamento sulle strade statali delle violazioni dei limiti massimi di velocità di cui al (…) comma 12-bis, si deve applicare la disciplina generale contenuta nell’art. 208, comma 1, del ‘Codice della Strada’”, il quale a sua volta prevede che “i proventi delle sanzioni amministrati-ve pecuniarie per violazioni previste dal presente ‘Codice’ (…) sono devoluti alle Regioni, Province e Comuni, quan-do le violazioni siano accertate da Funzionari, Ufficiali ed

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Agenti, rispettivamente, delle Regioni, delle Province e dei Comuni”; reputiamo che il citato riferimento al comma 1 dell’art. 208 del “Codice della Strada” debba intendersi ri-ferito alla sola ripartizione delle sanzioni, ossia alla totale devoluzione all’Ente Locale degli introiti per sanzioni ele-vate con autovelox su strade in concessione e non all’ap-plicabilità per tali introiti pure di tutta la disciplina generale dell’art. 208, comprese anche le disposizioni relative ai vincoli di destinazione degli introiti (art. 4). Infatti, con ri-guardo ai vincoli di destinazione delle somme accertate dall’Ente deve prevalere necessariamente la previsione della norma speciale (art. 12-ter del Dlgs. n. 285/1992, per quanto sopra indicato oggi vigente) che disciplina i proventi da sanzioni elevati con autovelox, e non le norme generali della disciplina di cui all’art. 208 del “Codice della Strada”.Ne deriva che nell’uno e nell’altro dei 2 casi sopra illustra-ti, tenuto conto di quanto previsto dall’art. 4-ter, comma 16, del Dl. n. 16/2012, per riferimento ai proventi “Codice della Strada” relativi, occorre applicare quanto indicato dal comma 12-ter, dell’art. 142 del “Codice della Strada”.Per quanto concerne dette fattispecie, i Comuni dovranno destinare i proventi derivanti dalle specifiche sanzioni “Co-dice della Strada” alla realizzazione:- di interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle

infrastrutture stradali, ivi comprese la segnaletica e le barriere, e dei relativi impianti, nonché

- di interventi di potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazio-ne stradale, ivi comprese le spese relative al personale.

Tenuto conto di quanto sopra, risulta obbligatorio per gli

Enti Locali provvedere alla gestione separata dei proventi delle sanzioni amministrative di cui all’art. 208 rispetto a quelle di cui all’art. 142 del “Codice della Strada” e, per queste ultime, anche alla gestione separata dell’accanto-namento della quota del 50% dei proventi delle suddet-te sanzioni che dovranno essere poi trasferite a favore dell’Ente proprietario della strada.Pertanto, gli introiti di cui all’art. 142, comma 12-bis, del “Codice della Strada” destinati all’Ente proprietario della strada (il 50%) devono essere comunque impegnati a bi-lancio a fine anno e iscritti fra i residui passivi; in sede di ri-accertamento dei residui non risulta possibile re-imputare tale spesa all’anno successivo e pertanto la somma impe-gnata deve rimanere tra i residui passivi riferiti all’anno di competenza.Aggiungiamo che il Dm. Mit previsto e non ancora emana-to dovrebbe provvedere ad approvare il Modello di relazio-ne da inviare da parte dei Comuni ed a definire le modalità di trasmissione in via informatica della stessa, nonché le modalità di versamento della quota di spettanza dei pro-venti agli Enti proprietari.In relazione alla ripartizione dei proventi da sanzioni per violazioni dei limiti di velocità ai sensi dell’art. 142 del “Co-dice della Strada”, secondo i Magistrati contabili la quota del 50% di spettanza dell’Ente proprietario deve essere determinata al netto delle spese accessorie connesse a procedimenti di accertamento e riscossione, ma non an-che al netto delle spese relative al personale impiegato nella specifica attività di controllo e di accertamento delle violazioni, comprese le attività svolte dal personale inter-no.

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OggettoCondanna Amministratori comunali per aver riconosciuto un debito fuori bilancio non documentato: conferma, con riduzione, della Sentenza della Sezione territoriale per la Calabria n. 197/2016.Fatto: Nel novembre 2013 il Consiglio comunale di questo me-dio-piccolo Comune (4.000 abitanti) in Provincia di Ca-tanzaro approva una transazione con una Impresa edile locale per oltre Euro 12.000, quale debito fuori bilancio per lavori effettuati nel periodo 1999/2002. Infatti, nel 2009 il Comune aveva ricevuto una nota “recante l’elenco di lavo-razioni eseguite per conto del Comune, senza quantificare alcuna somma” da un’Impresa richiedente il “pagamento dei corrispettivi per ciascuno dei lavori indicati, oltre ac-cessori di legge, tutte le rilevazioni monetarie ed interessi di mora, con decorrenza da ogni lavoro”. Nel dicembre 2010 l’Ufficio “Tecnico” del Comune attesta l’esecuzione dei lavori e quantifica l’importo finale in Euro 12.352, oltre Iva. Il Segretario comunale immediatamen-te chiedeva al Dirigente l’Ufficio “Tecnico” chiarimenti e la documentazione giustificativa: questi trasmetteva nel febbraio 2011 le schede contabili dettagliando i lavori ed i costi di ogni intervento. Il Responsabile del Servizio “Finanziario” “evidenziava gravi profili di irregolarità che impedivano di operare il ri-conoscimento di debiti fuori bilancio”. Nel febbraio 2013 il Responsabile del Servizio “Tecnico”, nel sollecitare il pagamento, comunicava l’avvenuta ces-sione del credito. Successivamente, il Sindaco ed il Vi-cesindaco firmavano una relazione da cui risulta “di aver acquisito informazioni dagli abitanti delle zone interessate quali confermavano l’esecuzione dei lavori”. La relazione

veniva sottoposta al Consiglio comunale con la proposta di una riduzione del debito ad Euro 10.000 oltre Iva 20% ed il relativo riconoscimento come debito fuori bilancio. Tale decisione è stata presa nonostante il parere contra-rio, sia del Responsabile del Servizio “Finanziario”, sia del Revisori dei conti. La Procura della Corte dei conti territoriale, sulla base del-la documentazione pervenuta, cita in giudizio per danno erariale il Sindaco e tutti i Consiglieri comunali, oltre al Responsabile del Servizio “Tecnico”. I Giudici territoriali (Sentenza n. 197/2016) ritengono che l’intero debito rico-nosciuto “appare privo degli elementi essenziali in forza dei quali è possibile operare, mediante il riconoscimen-to da parte del Consiglio, la sanatoria”. La Sentenza è di condanna per il 60% (pari ad Euro 7.320) a carico del Responsabile dell’Ufficio “Tecnico”, e per il 40% a carico degli 8 Amministratori (Euro 610 a testa). Tutti presentano ricorso. Viene respinto quello del Tecni-co, mentre è ridotta (ad Euro 400) la quota a carico degli Amministratori (essendosi affidati, sia pure colpevolmen-te, alle attestazioni del Tecnico).Sintesi della Sentenza La difesa del Responsabile dell’Ufficio “Tecnico” affer-ma che “la rendicontazione dei lavori era stata fatta sulla base della documentazione rinvenuta presso gli uffici e sulla base di un apposito computo metrico. Le opere, a differenza di quanto affermato nella Sentenza impugna-ta, erano di carattere permanente, e dimostrabili a distan-za di anni, trattandosi di sostituzione e posa in opera di tubature, rimozione e sistemazione pozzetti, rifacimento pavimentazione ecc. Risultava poi contraddittoria la mo-tivazione della Corte territoriale, la quale aveva dapprima delimitato la responsabilità del riconoscimento di debito al

del Rag. Antonio Tirelli - Consulente e Revisore di Enti Pubblici ed Enti Locali, Ragioniere Commercialista e Revisore Contabile

Corte dei conti - Sezione Prima Giurisdizionale Centrale d’Appello, Sentenza n. 382 dell’8 ottobre 2018

Condanna di alcuni Amministratori comunali per aver riconosciuto un debito fuori bilancio non documentatoconferma, con riduzione

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Consiglio comunale e poi aveva ritenuto la colpa grave del Tecnico comunale, addossandogli il 60% dell’apporto cau-sale. Lamentava inoltre l’appellante la violazione e la falsa applicazione degli artt. 191 e 194 del Tuel perché il ricono-scimento dei debiti fuori bilancio poteva avvenire anche in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 del pre-detto articolo, stabilendo, quale unica condizione, il limite degli accertati e dimostrati utilità e arricchimento dell’Ente. In ogni caso, la Corte territoriale non aveva tenuto conto dell’effettiva realizzazione dei lavori, nonché del fatto che il loro pagamento era avvenuto senza aggravio di spesa per l’Ente e, anzi, con la riduzione del 20% del costo com-plessivo. Da ciò discendeva, anche l’assenza dell’elemen-to soggettivo doloso ovvero della colpa grave richiesti al fine della contestazione della responsabilità erariale”.La difesa dei Consiglieri insiste per l’accoglimento dell’ap-pello, sottolineando che “i lavori erano stati effettivamente eseguiti e di conseguenza mancava la negligenza degli appellanti; la Corte territoriale aveva omesso di considera-re, comunque, l’utilità per il Comune e aveva erroneamen-te ritenuto l’esistenza di un parere negativo al riconosci-mento del debito da parte del Responsabile del Servizio ‘Finanziario’ e del Segretario comunale”.I Giudici affermano che è “destituito di fondamento il primo motivo di gravame che lamenta il travisamento dei fatti e l’erronea valutazione dei documenti da parte della Corte territoriale. Al contrario, è pienamente condivisibile il giu-dizio del primo Giudice, il quale ha ritenuto l’assenza dei presupposti per il riconoscimento del debito fuori bilancio, dubitando addirittura dell’esecuzione dei lavori da parte della Ditta, attesa l’assenza di documentazione al riguar-do nonché di tutti gli elementi concernenti i lavori suddetti. Mancano infatti l’affidamento dei lavori, i progetti, la quan-tificazione dei costi, il computo metrico eseguito all’epoca dei fatti, l’impegno di spesa, l’attestazione dell’avvenuta esecuzione delle opere a regola d’arte e, altresì, ove oc-corrente, dell’urgenza che avrebbe consentito di dero-gare alle procedure di legge per l’affidamento dei lavori. Gli unici atti in possesso del Consiglio comunale erano la richiesta (a distanza di circa 10 anni dai presunti lavori) del Legale rappresentante della Società, senza alcuna do-cumentazione di supporto e le generiche attestazioni del Tecnico comunale. Nonostante le analitiche richieste del Segretario comunale e del Responsabile del Servizio ‘Fi-nanziario’, il Sindaco e i Consiglieri si sono limitati a con-siderare i documenti, del tutto generici e privi di sostegno

probatorio, redatti dal Tecnico comunale, il quale tra l’altro con Nota del 18 febbraio 2013 aveva evidenziato che i lavori erano stati eseguiti da altra Ditta che aveva ceduto il credito, e non quindi dalla richiedente. Inutile sottolineare che nessuna documentazione circa l’asserita cessione del credito è presente agli atti. Gli appellanti de quibus, inoltre, nella Delibera n. 53 del 29 novembre 2013, si sono limitati a richiamare generiche e non qualificate fonti informati-ve, da ‘abitanti delle zone interessate’ i quali, a distanza di molti anni, avrebbero confermato l’effettiva esecuzione dei molteplici lavori asseritamente realizzati dalla Ditta”.Inoltre, concludendo che “non sono accoglibili, alla luce della prospettazione sopra sinteticamente riportata, le af-fermazioni degli appellanti, i quali affermano l’esistenza di vantaggi innegabili per l’amministrazione; infatti, come sottolineato dalla Corte calabrese, non sono attendibili, né la relazione del Tecnico comunale né, tantomeno i riferi-menti, contenuti nella citata Delibera consiliare, ad affer-mazioni di anonimi cittadini circa l’effettiva esecuzione dei lavori; né - aggiunge il Collegio - nessuna ulteriore verifica postuma è stata disposta dal Tecnico comunale ovvero dagli stessi Consiglieri in via istruttoria. Infine, va disattesa altresì anche l’obiezione, comune a tutti gli appellanti, per i quali il Comune avrebbe ritratto addirittura un vantaggio dal riconoscimento del debito fuori bilancio perché l’Ammi-nistrazione avrebbe pagato un importo inferiore a titolo di ‘transazione’. Infatti, la Ditta richiedente non aveva alcun titolo per richiedere il pagamento della somma, né aveva paventato il ricorso al Giudice per ottenere il soddisfaci-mento delle proprie pretese”.CommentoTutto appare strano: l’Impresa richiede il pagamento dei lavori dopo 10 anni, senza allegare una pur modesta do-cumentazione; il Responsabile dell’Ufficio “Tecnico” non trova agli atti alcuna documentazione; il Sindaco propone al Consiglio il riconoscimento del debito sulla base delle dichiarazioni di anonimi cittadini. La decisione ha avuto parere negativo, sia del Segretario che del Ragioniere, sia dell’Organo di revisione. Ordinare lavori classificandoli di “somma urgenza” appare sempre più rischioso adottando immediatamente proce-dure corrette. I debiti fuori bilancio non riconoscibili da parte del Consi-glio comunale devono restare a carico dell’Amministratore o del dipendente che li ha ordinati (art. 191, comma 4, del Tuel).

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Oggetto: Condanna Direttore generale di una Azienda sanitaria lo-cale per l’illecito utilizzo dell’autovettura di servizio per il tragitto casa–lavoro: conferma Sentenza territoriale per l’Abruzzo n. 134/2017.Fatto: Nel giugno 2010 la Procura contabile, avuta comunicazio-ne dalla Procura penale dell’azione giudiziaria per l’utiliz-zo di una auto aziendale di una Asl per finalità personali, cita in giudizio il Direttore generale ed un dipendente con funzioni di autista della stessa Azienda per ottenere il ri-sarcimento del danno stimato in oltre Euro 28.000 (Euro 16.300 dal Direttore ed Euro 12.055 dall’autista). Risulta infatti che l’autista, con l’auto aziendale, prelevasse ordi-nariamente il Direttore dalla sua abitazione per condurlo nella sede dell’Asl percorrendo, nel periodo considerato 670 viaggi per oltre 46.000 chilometri, oltre al costo dei pedaggi autostradali. Nell’atto di citazione risulta che essi sono stati imputati del reato di peculato e truffa; al solo autista sono stati contestati anche i reati di appropriazio-ne indebita, truffa ed assenteismo “perché si appropriava dell’auto aziendale utilizzandola per fini personali facendo risultare l’uscita dal posto di lavoro per ragioni di servizio; in particolare, egli si recava tutti i giorni da casa al lavoro e viceversa; in molte occasioni si recava in palestra; in un caso si era recato a Roma o ancora al ristorante, o ad appuntamenti privati; in altre occasioni, durante l’orario di lavoro, utilizzava la vettura viaggiando senza apparente meta per le vie della città, senza svolgere alcun effettivo servizio connesso all’attività lavorativa”: i 2 nel 2015 fu-rono condannati dal Tribunale. La Procura contabile rileva che il Direttore generale aveva provveduto, con proprie Delibere, a riconoscere al dipendente–autista compensi per lavoro straordinario per attività di “supporto”. I Giudici territoriali (Sentenza n. 134/2017), accolgono in-tegralmente la tesi della Procura e condannano il Direttore ed il suo autista per l’importo del danno contestato, oltre

alla rivalutazione monetaria. Il Direttore generale presenta ricorso, che viene respinto. Sintesi della Sentenza:I Giudici contestano l’affermazione della difesa del Diret-tore generale che, “né la legge, né il contratto che legava il Direttore generale alla Asl prevedessero la limitazione nell’utilizzo dell’auto di servizio e che la retribuzione da questo prevista fosse omnicomprensiva è un’interpre-tazione opinabile. Contesta altresì la sussistenza dell’e-lemento psicologico del dolo a connotazione del proprio operato, come anche della colpa grave”.Orbene, secondo i Giudici, “è del tutto infondato quanto detto dal Direttore in ordine alla mancanza dei presupposti normativi (primari e secondari) che prevedessero la retri-buzione che riceveva dall’Amministrazione sanitaria per i suoi servigi professionali come omnicomprensiva. La for-mulazione invece, in entrambi i casi, era di una chiarez-za disarmante. Si legge all’art. 1 del Dpcm. n. 502/1995, siccome successivamente modificato ad opera del Dpcm. n. 319/2001, che ‘il trattamento economico è comprensi-vo delle spese sostenute per gli spostamenti dal luogo di residenza al luogo di svolgimento delle funzioni’. Come pure all’art. 4 del contratto stipulato con l’Azienda che cita, a proposito dell’onnicomprensività della retribuzione an-nua spettante, ‘le spese sostenute per gli spostamenti dal luogo di residenza al luogo di svolgimento delle funzioni’. Tanto premesso, non si vede dove i provvedimenti siano carenti, come l’appellante intende far credere. Se effettiva-mente fosse stato un suo diritto utilizzare l’auto di servizio, come continua a sostenere, non si vede quale bisogno ci fosse di far dipendere l’uso o meno dell’auto aziendale da tale fatto criminogeno, peraltro, neppure documentato, ma solo enunciato. O ancora che l’automobile, non essendo assegnata personalmente, ma, come lui stesso si premu-ra di indicare, ‘alla c.d. ‘Direzione strategica dell’Azienda’ ossia al Direttore generale, al Direttore amministrativo e al Direttore sanitario per l’uso esclusivo da parte degli

del Rag. Antonio Tirelli - Consulente e Revisore di Enti Pubblici ed Enti Locali, Ragioniere Commercialista e Revisore Contabile

Corte dei conti - Sezione Prima Giurisdizionale Centrale d’Appello, Sentenza n. 369 del 26 settembre 2018

Condanna Direttore generale di una Azienda sanitaria locale per l’illecito utilizzo dell’autovettura di servizio per il tragitto casa–lavoro

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stessi’, veniva a privare gli altri 2 di un bene strumentale messo a disposizione dall’Azienda per lo svolgimento del servizio, come hanno dimostrato gli accertamenti relativi all’altro convenuto oggi non appellante”.I Giudici concludono affermando che “la giurispruden-za contabile, in più occasioni, ha avuto modo di ribadire che ‘non può valere ad affievolire la qualificazione grave-mente colposa della condotta, l’esistenza di un sistema o ‘prassi’ risalente nel tempo, in quanto nessuna prassi può giustificare la violazione degli obblighi inerenti la traspa-renza nella gestione del denaro pubblico’. La presenza di prassi amministrative contra legem non può in alcun modo scriminare, per difetto dell’elemento psicologico, il comportamento dell’Agente pubblico, sul quale incombe, anzi, l’obbligo di modificare e disapplicare tali prassi se non conformi a legge. Quindi, nessuna consuetudine, per quanto radicata nel tempo, poteva giustificare la violazio-ne degli obblighi di servizio. È semmai vero che il mante-nimento di una prassi illegittima può addirittura costituire elemento di aggravio della responsabilità nei casi in cui la posizione dell’Agente avrebbe potuto consentire di porre

rimedio o modificare una situazione foriera di grave pre-giudizio per le finanze pubbliche. Né, infine, alcun valore è in grado di manifestare l’ardito parallelo con l’infortunio in itinere che afferisce a tutt’altro, come correttamente, rile-vato anche dalla Pm. d’aula”.Commento:La Sentenza si commenta da sola. Sono mancati tutti i controlli, sia interni (dell’Asl, come, ad esempio, il Servizio “Finanziario” e l’Organo di revisione), sia esterno (Assessorato regionale alla Sanità). Le domande sono tante: come è stato possibile che si sia stipulato un contratto di leasing per un’auto così costosa ? Perché nessuno abbia mai, anche “amichevolmente”, ricordato al Direttore generale che l’auto aziendale non poteva essere considerata, sempre, a completa sua di-sposizione ? In Sentenza risulta che l’auto non era quasi mai parcheggiata nell’autorimessa dell’Asl. Il dipendente–autista, anch’esso condannato, risulta ab-bia fatto ricorso in appello, ma fino ad oggi, non risulta alcuna Sentenza.

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dedica al delicato compito della revisione contabile.L’Agenda è consultabile direttamente on-line, attraverso una semplice e immediata interfaccia.

Inoltre, l’abbonamento al servizio comprende l’invio periodico di una newsletter che segnala e descrive la natura delle scadenze più imminenti.

L’Agenda del Revisore è integrabile con i principali calendari on-line (Google calendar, Outlook ecc.), e offre quindi la possibilità di aggiungere, con un semplice click, anche i promemoria legati all’incarico di revisione al

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Questionari dei Revisori sul consuntivo 2016: il quadro delle scadenze deliberate dalle Sezioni regionali della Corte dei conti

Bilancio di previsione 2017 Enti Locali: approvato il Modello per la certificazione

“Procedura di riequilibrio finanziario pluriennale degli Enti Locali”: il ruolo degli Organismi partecipati

RevisorenewsCentro Studi Enti LocaliRivista mensile di approfondimento per i Revisori degli Enti Locali e delle Società ed Aziende partecipate

ISSN

253

2-25

83

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