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G razie per essere intervenuti, grazie per avermi dato la pos- sibilità di parlare in questa se- de. Chiedo scusa se vi ruberò un paio di minuti prima di affrontare il tema della mia relazione, ma visto che è stata fatta un po’ di bagarre sulla par- tecipazione, soprattutto mia ma an- che del collega Volk a questo conve- gno, volevo soltanto stigmatizzare una cosa. La petizione che chiedeva mi fosse impedito di parlare a questo convegno, indirizzata al rettore del- l’Università Politecnica delle Marche di Ancona, è stata firmata da quasi settecento persone, come ho visto in Internet, tra cui molti nomi che io ri- cordo come gente che ha fatto la “strategia della tensione”, attribuen- domi delle affermazioni che io non ho mai fatto. Questo è il tipico modo di fare di una certa parte politica che non analizza le cose, non le guarda, semplicemente si limita a gettare di- scredito su qualcuno senza portare alcuna prova. Per quanto riguarda il senso della polemica che loro hanno innescato contro di me, che riguarda la foiba di Basovizza parlerò dopo, perché c’è uno specifico capitolo della mia relazione dedicato alla foiba di Ba- sovizza, tengo invece a rilevare il fatto che sia invalso l’uso di dare dei negazionisti a tutti coloro che non la pensano come vorrebbe la vulga- ta ufficiale, io sono tacciata di nega- zionista perché, documenti alla ma- no, ho dimostrato che certe cose non sono quelle che sono state pro- pagate come un mito da tanti anni e mi chiedo da che pulpito venga questa predica, quando, per esem- pio, ho visto che è stato distribuito adesso un volantino da una forza politica che non nomino perché non voglio darle pubblicità, che par- la di trentamila infoibati. Io sono negazionista perché dico che non sono state infoibate trentamila per- sone, loro che dicono che sono sta- te infoibate trentamila persone, cosa sono, esagerazionisti? Creiamo una nuova categoria? Come diceva questa mattina il pro- fessor Pesciarelli, quando si fa ricer- ca storica l’importante è avere dei documenti accessibili a tutti, ren- derli poi pubblici, analizzandoli cor- rettamente. Questo è quello che io ho fatto. Da questi documenti che ho analizzato sono giunta ad alcune conclusioni che ho espresso nei miei libri. Tengo a precisare che nessuno storico serio ha mai trovato dei di- fetti in quello che ho scritto. D’altra parte se dovessi avere com- messo degli errori o se qualcuno trova degli altri documenti che van- no a farmi rivedere l’analisi che ho fatto finora, io non ho alcun proble- ma a ritornare su certe analisi, però mi si dimostri con documenti che io ho sbagliato e non semplicemente con azioni squadristiche come que- sta petizione indirizzata al rettore. Chiudo questa parentesi e mi scuso per avere parlato per fatto personale e vado a parlare della cosiddetta questione delle foibe. Nel titolo del libro e nel titolo anche della relazio- ne, si parla di foibe tra storia e mito. Questo perché ho inteso distingue- re le due cose. Come dicevo prima, io non nego che ci siano stati degli infoibamenti, quello che nego è che questi infoibamenti abbiano avuto la valenza, il significato e tutto quel- lo che la propaganda nazionalista e di destra ha portato avanti in questi anni e adesso vado a dimostrare la mia tesi. Con il termine di foibe si intendono le pretese esecuzioni sommarie che sarebbero state operate dai partigia- ni Jugoslavi in Istria dopo l’8 set- tembre del 1943 e nel maggio 1945, dopo la liberazione di Trie- ste, Gorizia e dell’Istria. La propaganda nazional-fascista, dal 1945 in poi, ha sempre sostenuto che migliaia di persone sarebbero state “infoibate sol perché italiane”. Questa propaganda si è consolidata nella mentalità comune come fosse verità incontrovertibile, nonostante non vi sia alcuna risultanza storica che confermi tali affermazioni. Però la cosa grave è che negli anni più re- centi anche la storiografia più seria ha accolto come validi gli argomen- ti di mera propaganda, priva di qualsiasi base storica, che vengono ripetuti tal quali da sessanta anni, come se nel frattempo la ricerca sto- riografica si fosse fermata e non fos- sero emersi dati nuovi in materia. Colgo l’occasione per stigmatizzare le recenti parole dell’on. Violante anche in merito alle dichiarazioni del premier croato Stipe Mesic, il quale avrebbe detto che le foibe avrebbero rappresentato la risposta, esecrabile sì, però la risposta alle violenze commesse dai fascisti in Istria, mentre l’on. Violante ha in- vece parlato di pulizia etnica attuata dallo Stato jugoslavo che voleva sla- vizzare i territori italiani. Questa af- fermazione fatta da una persona che ricopre la carica di Violante è molto grave, perché significa che non co- nosce assolutamente la storia di queste terre, perché come avete sen- tito sia nella relazione del professor Pirjevec che in quella del professor Cecotti che nelle altre relazioni, le terre del confine orientale sono sempre state etnicamente miste, quindi l’on. Violante avrebbe potu- to evitare di fare queste affermazio- ni, dato che con esse non si fa un buon servizio alla fratellanza fra i popoli. Tornando al discorso del fe- nomeno delle foibe, ritengo che in questi anni si è fatta una generaliz- zazione di fatti storici che ha creato l’affermazione di un fenomeno che in realtà è un non fenomeno. Mi spiego meglio. Cito un testo di Raoul Pupo e Roberto Spazzali, che dice «Quando si parla di foibe ci si riferisce alle violenze di massa a dan- no di militari e civili in larga preva- lenza italiani, scatenatesi nell’autun- no del 1943 e nella primavera del 1945 in diverse aree della Venezia Giulia e che nel loro insieme procu- rarono alcune migliaia di vittime». E fin qui va bene. «È questo un uso del termine, consolidatosi ormai, ol- tre che nel linguaggio comune, an- che in quello storiografico e che quindi va accolto, purché si tenga conto del suo significato simbolico e non letterale». Secondo me è mol- to grave accettare un significato simbolico in fatti storici, perché co- 36 l patria indipendente l 27 gennaio 2008 Le foibe tra storia e mito di Claudia Cernigoi Giornalista e storica, Trieste Speciale foibe

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Grazie per essere intervenuti,grazie per avermi dato la pos-sibilità di parlare in questa se-

de. Chiedo scusa se vi ruberò un paiodi minuti prima di affrontare il temadella mia relazione, ma visto che èstata fatta un po’ di bagarre sulla par-tecipazione, soprattutto mia ma an-che del collega Volk a questo conve-gno, volevo soltanto stigmatizzareuna cosa. La petizione che chiedevami fosse impedito di parlare a questoconvegno, indirizzata al rettore del-l’Università Politecnica delle Marchedi Ancona, è stata firmata da quasisettecento persone, come ho visto inInternet, tra cui molti nomi che io ri-cordo come gente che ha fatto la“strategia della tensione”, attribuen-domi delle affermazioni che io nonho mai fatto. Questo è il tipico mododi fare di una certa parte politica chenon analizza le cose, non le guarda,semplicemente si limita a gettare di -scredito su qualcuno senza portarealcuna prova.Per quanto riguarda il senso dellapolemica che loro hanno innescatocontro di me, che riguarda la foibadi Basovizza parlerò dopo, perchéc’è uno specifico capitolo della miarelazione dedicato alla foiba di Ba-sovizza, tengo invece a rilevare ilfatto che sia invalso l’uso di dare deinegazionisti a tutti coloro che nonla pensano come vorrebbe la vulga-ta ufficiale, io sono tacciata di nega-zionista perché, documenti alla ma-no, ho dimostrato che certe cosenon sono quelle che sono state pro-pagate come un mito da tanti anni emi chiedo da che pulpito vengaquesta predica, quando, per esem-pio, ho visto che è stato distribuitoadesso un volantino da una forzapolitica che non nomino perchénon voglio darle pubblicità, che par-la di trentamila infoibati. Io sononegazionista perché dico che nonsono state infoibate trentamila per-sone, loro che dicono che sono sta-te infoibate trentamila persone, cosasono, esagerazionisti? Creiamo unanuova categoria?

Come diceva questa mattina il pro-fessor Pesciarelli, quando si fa ricer-ca storica l’importante è avere deidocumenti accessibili a tutti, ren-derli poi pubblici, analizzandoli cor-rettamente. Questo è quello che ioho fatto. Da questi documenti cheho analizzato sono giunta ad alcuneconclusioni che ho espresso nei mieilibri. Tengo a precisare che nessunostorico serio ha mai trovato dei di-fetti in quello che ho scritto.D’altra parte se dovessi avere com-messo degli errori o se qualcunotrova degli altri documenti che van-no a farmi rivedere l’analisi che hofatto finora, io non ho alcun proble-ma a ritornare su certe analisi, peròmi si dimostri con documenti che ioho sbagliato e non semplicementecon azioni squadristiche come que-sta petizione indirizzata al rettore.Chiudo questa parentesi e mi scusoper avere parlato per fatto personalee vado a parlare della cosiddettaquestione delle foibe. Nel titolo dellibro e nel titolo anche della relazio-ne, si parla di foibe tra storia e mito.Questo perché ho inteso distingue-re le due cose. Come dicevo prima,io non nego che ci siano stati degliinfoibamenti, quello che nego è chequesti infoibamenti abbiano avutola valenza, il significato e tutto quel-lo che la propaganda nazionalista edi destra ha portato avanti in questianni e adesso vado a dimostrare lamia tesi.Con il termine di foibe si intendonole pretese esecuzioni sommarie chesarebbero state operate dai partigia-ni Jugoslavi in Istria dopo l’8 set-tembre del 1943 e nel maggio1945, dopo la liberazione di Trie-ste, Gorizia e dell’Istria.La propaganda nazional-fascista, dal1945 in poi, ha sempre sostenutoche migliaia di persone sarebberostate “infoibate sol perché italiane”.Questa propaganda si è consolidatanella mentalità comune come fosseverità incontrovertibile, nonostantenon vi sia alcuna risultanza storicache confermi tali affermazioni. Peròla cosa grave è che negli anni più re-centi anche la storiografia più seriaha accolto come validi gli argomen-

ti di mera propaganda, priva diqualsiasi base storica, che vengonoripetuti tal quali da sessanta anni,come se nel frattempo la ricerca sto-riografica si fosse fermata e non fos-sero emersi dati nuovi in materia.Colgo l’occasione per stigmatizzarele recenti parole dell’on. Violanteanche in merito alle dichiarazionidel premier croato Stipe Mesic, ilquale avrebbe detto che le foibeavrebbero rappresentato la risposta,esecrabile sì, però la risposta alleviolenze commesse dai fascisti inIstria, mentre l’on. Violante ha in-vece parlato di pulizia etnica attuatadallo Stato jugoslavo che voleva sla-vizzare i territori italiani. Questa af-fermazione fatta da una persona chericopre la carica di Violante è moltograve, perché significa che non co-nosce assolutamente la storia diqueste terre, perché come avete sen-tito sia nella relazione del professorPirjevec che in quella del professorCecotti che nelle altre relazioni, leterre del confine orientale sonosempre state etnicamente miste,quindi l’on. Violante avrebbe potu-to evitare di fare queste affermazio-ni, dato che con esse non si fa unbuon servizio alla fratellanza fra ipopoli. Tornando al discorso del fe-nomeno delle foibe, ritengo che inquesti anni si è fatta una generaliz-zazione di fatti storici che ha creatol’affermazione di un fenomeno chein realtà è un non fenomeno. Mispiego meglio. Cito un testo diRaoul Pupo e Roberto Spazzali, chedice «Quando si parla di foibe ci siriferisce alle violenze di massa a dan-no di militari e civili in larga preva-lenza italiani, scatenatesi nell’autun-no del 1943 e nella primavera del1945 in diverse aree della VeneziaGiulia e che nel loro insieme procu-rarono alcune migliaia di vittime».E fin qui va bene. «È questo un usodel termine, consolidatosi ormai, ol-tre che nel linguaggio comune, an-che in quello storiografico e chequindi va accolto, purché si tengaconto del suo significato simbolicoe non letterale». Secondo me è mol-to grave accettare un significatosimbolico in fatti storici, perché co-

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Le foibe tra storia e mito

di Claudia CernigoiGiornalista e storica, Trieste

Speciale foibe

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me ammettono gli stessi Pupo eSpazzali, queste migliaia di vittimeche loro accettano che vengano ac-comunate nel significato simbolicodi infoibati, morirono in una casisti-ca molto varia nel corso di due-treanni e per diversissimi motivi, dovele foibe furono il fenomeno minore.Tralasciando il discorso delle foibedel 1943 su cui ritornerò dopo, perquanto riguarda la fine della guerra,la maggior parte delle persone chescomparvero da Trieste e da Goriziaperché arrestate dalle autorità jugo -slave, in parte furono processate aLubiana e a Maribor, oppure inCroazia e alcune condannate a mor-te (sull’ordine delle duecento perso-ne tra Trieste e Gorizia); molti furo-no i militari morti in campi di pri-gionia − penso che siano la maggiorparte degli scomparsi da queste cit -tà −; e poi una minima parte furonoveramente infoibati, nel senso di uc-cisi e poi gettati in alcune foibe per-ché furono vittime di vendette per-sonali. Voglio specificare questo,perché le rese dei conti sono acca-dute in tutti i Paesi d’Europa e fu-rono non una cosa pianificata dagliStati e dai governi vincitori ma ilfrutto di vendette personali di sin-goli che, a torto o a ragione, si rite-nevano vittime di quelli che a lorovolta sono diventati le loro vittime.Faccio un esempio: una personaaveva sofferto la deportazione pervia della delazione di un altro, tornain patria, l’ammazza perché lo vedeancora girare libero in quanto non èstato arrestato. Questo è un fattoesecrabile finché si vuole, che perònon può essere considerato, come sipretende, la violenza dello Stato ju-goslavo contro gli italiani, questo èun caso di un singolo che ammazzaun altro singolo e la responsabilità èsua personale. Quindi non si puòaccomunare a tutte le altre casisti-che, secondo me.Inoltre vorrei parlare delle cifre degliinfoibati, perché si dice che fare lacontabilità dei morti è una cosa or-renda. Io sono d’accordo, però sevogliamo conoscere il fenomeno,dobbiamo anche conoscere l’entitadi questo fenomeno, quindi parlaredi trentamila infoibati come fa il vo-lantino di cui sopra non significa fareun buon servizio alla verità storica.Se prendiamo il primo testo fattocon un certo criterio di serietà su

queste problematiche, il Martirolo-gio delle genti adriatiche, pubblicatonel 1961 dal democristiano GianniBartoli che era stato sindaco di Trie-ste negli Anni 50 (lui si definiva unprofugo istriano, ma da quanto mirisulta viveva a Trieste già negli An-ni 30) fa un totale di 4.122 nomi discomparsi per tutta la Venezia Giuliache, come avete visto prima nellecartine, è un bel pezzo di territorio(Istria, Fiume, la Dalmazia), consi-dera un periodo che va dal 1942 al-l’estate del 1945 e comprende, oltrea diversi nominativi di militari cadu-ti in combattimento, anche diversierrori di trascrizione, nomi duplica-ti e persone che non morirono all’e-poca ma rientrarono dalla prigionia,inoltre inserisce anche nomi di ca-duti partigiani e deportati dai nazi-fascisti. Quindi, anche questo studioche può essere considerato di partenel senso di fonte democristianaistriana, non parla di più di quattro-mila persone.Entrando ora nel merito vorrei parla-re di quello che secondo me è l’uni-co vero fenomeno delle foibe, cioèl’insurrezione dell’Istria dopo l’8 set-tembre 1943, quando alcune partidella regione furono conquistate dal-l’esercito di liberazione popolare e inquei giorni convulsi ci furono effetti-vamente delle esecuzioni sommarie,ci furono delle vendette, ci furonodegli infoibamenti. Però anche qui,se andiamo ad analizzare a fondo le

cose, vediamo che dalle foibe istrianefurono riesumati poco più di duecen-to corpi. Questo risulta da un docu-mento redatto nel 1945 dalle autori-tà anglo-americane che hanno inter-vistato il vigile del fuoco ArnaldoHarzarich di Pola, che aveva diretto ilavori di recupero. Harzarich descrive abbastanza accu-ratamente il tipo di recuperi che fu-rono effettuati e qui aggiungo unacosa, a proposito sempre del mito.Il mito ha parlato di bambini uccisinelle foibe, sacerdoti con il capo cir-condato da una corona di spine, ge-nitali tagliati e ficcati in bocca. Que-sto non risulta dal rapporto di Har-zarich, non è vero niente. È veroche don Tarticchio, il parroco di unpaese vicino Pisino è stato ucciso edè stato riesumato da una foiba, perònon è assolutamente vero che siastato trovato nelle condizioni in cuiviene descritto. Ancora per fattopersonale, per chiarire le cose quan-do vengo considerata “negazioni-sta”, voglio dire che io ammetto dinegare che don Tarticchio sia statoritrovato nelle condizioni in cui vie-ne detto dalla propaganda, perchécolui che descrisse il suo recuperonon ne fa parola, però non nego chedon Tarticchio sia stato “infoibato”.Nell’inverno 1943-’44 furono recu-perati duecento corpi, che non furo-no tutti quelli uccisi nel periodo. Seandiamo un po’ più avanti con iltempo, troviamo che il 24 aprile del

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Dove passano, soldati e camicie nere italiani bruciano i paesi sloveni, seminando morte trale popolazioni.

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1945 il federale dell’Istria Luigi Bi-lucaglia inviò un corposo fascicoloal capitano Ercole Miani, del Partitod’Azione, che era dirigente del Co-mitato di Liberazione Nazionale diTrieste. Bilucaglia manda assieme aquesta documentazione una letterache descrive cosa c’è dentro, e dice:«Alcuni documenti che costituisco-no una pagina di sanguinosa storiaitaliana in questa provincia. Trattasidi circa cinquecento pratiche perl’ottenimento della pensione alle fa-miglie dei caduti delle foibe, corre-date di tutti i documenti che con-tengono gli atti notori che illustranolo svolgimento dei fatti». Quindi nel 1945, quasi alla fine del-la guerra, il federale del Partito na-

ste e Gorizia sono state deportate aLubiana e processate. Purtroppo sisa abbastanza bene che ricoprivanodelle cariche brutte sotto il fasci-smo. Si tratta di questori, federali,collaborazionisti. Io non voglio en-trare nel merito del processo, se fos-se giusto o sbagliato. Potremmo an-che discutere se il Processo di No-rimberga era giusto o sbagliato, seera giusto o sbagliato concluderecon una condanna a morte. Quelloche intendo dire e che non si puòparlare di infoibati, perché così sigeneralizza e si crea un fenomenoche non è un fenomeno. Per quantoriguarda le effettive foibe della zonadi Trieste, abbiamo, come docu-mentazione, una specie di tabellina

Quindi abbiamo una quarantina dipersone che furono uccise, letteral-mente gettate nelle foibe, per ven-dette personali, perché di tutti que-sti casi qui sono stati celebrati deiprocessi, i responsabili sono staticondannati e si è chiarito il motivoper cui sono stati uccisi.Voglio citare, tanto per far capirequal è il livello di varietà di situazio-ni che si potevano verificare all’epo-ca, che l’infoibamento più consi-stente del maggio 1945 della zonadi Trieste, è quello dei 18 gettatinell’abisso Plutone, eccidio che fuoperato da una banda di criminalicomuni che si erano infiltrati nelmovimento partigiano. Quindi an-che qui abbiamo un ulteriore, diver-

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Campo di concentramento n. 89 per jugoslavi in Gonars (Udine) operante dal ’41 al ’43: conta dei prigionieri.

zionale fascista Bilucaglia parla dicinquecento pratiche di risarcimen-to per infoibamenti. Questo vuol di-re che dall’8 settembre del 1943 al24 aprile del 1945 non furono in-foibate, in Istria, più di cinquecentopersone. Quindi già questa letteradovrebbe rappresentare una provaper chi parla di migliaia e migliaia diinfoibati.Poi c’è il periodo più complicato,secondo me, quello del dopoguerra,perché qui abbiamo tutta quella se-rie di casistiche diverse, per cui è im-possibile generalizzare e parlare diinfoibati genericamente. Abbiamo imilitari internati nei campi, abbia-mo i processati a Lubiana. Le perso-ne che sono state deportate da Trie-

conservata presso l’Istituto regiona-le per la storia del movimento di li-berazione di Trieste, pubblicata an-che sul quotidiano Il Piccolo di Trie-ste. In questo specchietto la squadraesplorazione foibe che era stata di-retta dall’ispettore Umberto DeGiorgi della polizia civile istituitadal GMA, esplorò, tra il 1945 e il1948, 71 cavità. In totale nella zonadi Trieste furono recuperate 42 sal-me di persone gettate in varie cavitàdopo essere state uccise. Preciso il“dopo”, perché questo risulta dagliatti processuali, così, anche qui, sitoglie l’immagine dell’infoibato vi-vo che viene ogni tanto fatta passaree nella maggior parte delle voltenon era così.

so caso da analizzare. Vorrei adessocitare alcuni documenti storici chepossono far capire qual era la situa-zione di Trieste all’epoca.Lo storico triestino Mario Pacor de-scrisse il malcontento operaio delmaggio 1945. Diceva di avere rice-vuto delle lamentele da parte di al-cuni operai. Dice: «Fu così che aglioperai insorti non fu permesso diprocedere a quelle liquidazioni difascisti responsabili di persecuzioni eviolenze, a quegli atti di giustiziasommaria che invece si ebbero a mi-gliaia a Milano, Torino, in Emilia ein tutta l’Alta Italia nelle giornatedella Liberazione, e poi ancora perpiù giorni. Non ce lo permettono!, mi dissero ancora alcuni operai. Pre-

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tendono che restiamo e denuncia-mo regolarmente codesti fascisti,ma spesso, dopo che li abbiamo ar-restati e denunciati, essi li liberano,non procedono». E allora ne eranoindignati.Questo succedeva perché le autoritàjugoslave pretendevano di avere del-le prove abbastanza circostanziateper trattenere in prigione le personeche venivano arrestate. È ben veroche nel maggio del 1945 sono statearrestate tantissime persone a Trie-ste, però è altrettanto vero − maquesto si tende a non dirlo − che lamaggior parte di queste persone fu-rono liberate negli immediati giornisuccessivi, per cui alla fine furonomolto pochi quelli che vennero ve-ramente portati via da Trieste. Vo-glio ricordare a questo propositoche tra le persone che sono stateportate oltre confine, a Lubiana, peressere processate, c’erano anche gliinfoibatori della foiba Plutone, per-ché sono stati scoperti i loro crimi-ni, sono stati arrestati e condotti inJugoslavia. Si trovano anche nell’e-lenco degli infoibati di Marco Piri-na, il sedicente ricercatore storico diPordenone che è stato sconsiderata-mente definito il Wiesenthal italianoper le sue ricerche: Pirina in uno deisuoi libri fa un elenco dei criminali emette i nomi anche degli infoibatoridella foiba Plutone, poi li mette an-che fra gli infoibati, dato che questisono stati arrestati e portati a Lubia-na ed uno di essi è morto in un ten-tativo di fuga.Ci sarebbero ancora tante cose dadire, ma vorrei parlare brevementedella foiba di Basovizza, visto che èuna materia del contendere. La foi-ba di Basovizza è monumento na-zionale, mi sembra che gli studentisiano anche venuti in visita questoautunno. La “foiba” è in realtà unpozzo di ispezione per la ricerca dicarbone ed è in disuso dagli Anni 20. Tra le due guerre alcune persone visi suicidarono e i loro corpi furonorecuperati. Poi vi sono testimonian-ze che parlano di prigionieri civiligettati nel pozzo nell’estate del1944 ad opera della Guardia Civica,che era un corpo collaborazionistadei nazisti. Alla fine della Secondaguerra mondiale, dopo la battagliadi Basovizza (una battaglia moltocruenta combattuta il 30 aprile) lagente del posto gettò nel pozzo

corpi di militari, so-prattutto tedeschi,carcasse di cavallimorti durante i raideffettuati dagli aereibritannici e anchemateriale militare. Subito dopo la par-tenza delle autoritàjugoslave da Trieste(12 giugno 1945), il14 giugno il CLNtriestino scrisse unadenuncia nella qualediceva che nei primigiorni di maggiocentinaia di cittadinivennero trasportatial cosiddetto “pozzodella miniera” e lì sarebbero stati infoibati. In luglio alcune notizie apparvero sulla stam-pa nazionale, come RisorgimentoLiberale, e parlavano di quattrocentomorti a Basovizza. Il giorno dopo,però, fu pubblicata una smentita alleata: «Il comando generale del -l’VIII armata britannica ha ufficial-mente smentito oggi la notizia pub-blicata dalla stampa italiana secondocui quattrocento o seicento cadaverisarebbero stati rinvenuti in una pro-fonda miniera della zona di Trieste». Visto che la polemica continuava,tra settembre, ottobre e novembregli angloamericani decisero di faredelle ricognizioni. La foiba di Baso-vizza fu così esplorata e Il Piccolodel gennaio 1995 pubblicò alcunirapporti segreti (così sono definiti,ma una volta che sono pubblicatinon sono più segreti, ovviamente)in cui viene descritto quello che èstato ritrovato nel pozzo: «Le sco-perte effettuate si riferiscono a partidi cavalli e cadaveri di tedeschi e sipuò dedurre che ulteriori sopralluo-ghi potrebbero eventualmente rile-vare cadaveri di italiani». Poi però vengono descritti i recupe-ri effettuati: «Otto corpi umani in-teri, due di questi presumibilmentedi tedeschi, ed uno, forse, di sessofemminile, alcuni resti umani e car-casse di cavalli». Ma una decina dicorpi smembrati (qui cito l’articolode Il Piccolo di Trieste) irri co no -scibili, non dovevano sembrare unrisultato soddisfacente e alla fine sipreferì sospendere i lavori».Che i lavori siano stati sospesi lo di-mostrano alcuni documenti del co-

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La foiba di Basovizza.

mando generale delle forze armatestatunitensi del Mediterraneo cheho pubblicato nel libro Operazionefoibe. Il 21 ottobre 1945 scrivono:«Il materiale finora ottenuto indicache corpi umani e carcasse di cavallisono stati gettati nel pozzo. A parteciò i risultati sono inconcludenti».In febbraio il comando invia a Trie-ste un telegramma nel quale si auto-rizza di cessare le investigazioni. Pe-rò si specifica: «Per minimizzarequalsiasi effetto sull’opinione pub-blica italiana e qualsiasi possibilitàche gli jugoslavi interpretino la ces-sazione come una ammissione chele accuse contro di loro erano infon-date, siete autorizzati a rilasciareuna dichiarazione pubblica che lacessazione delle investigazioni è do-vuta a difficoltà fisiche sopravvenutee che ciò non implicava che le asser-zioni fatte dal CLN siano dimostra-te essere senza fondamento». Inquesto rapporto i militari anglo-americani sostanzialmente dicononoi non abbiamo trovato niente enon pensiamo che ci sia altro, peròper favore non ditelo, altrimenti ilcastello di carta si sgonfia.Successivamente il pozzo fu usatocome discarica, fu svuotato al mo-mento in cui gli anglo-americani an-darono via da Trieste nel 1953-1954e poi fu successivamente usato nuo-vamente come discarica, questa voltacon l’autorizzazione del sindacoGianni Bartoli. Io penso che se ilsindaco Bartoli, che era un cattolicopraticante, ha permesso di gettareimmondizie nella foiba di Basovizza,vuol dire che sapeva benissimo che lì

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non c’erano resti umani, altrimentinon avrebbe fatto una cosa del gene-re, secondo me è impensabile. Co-munque la mia opinione è che perfare chiarezza definitivamente suquesto problema bisognerebbe ope-rare lo svuotamento del pozzo.Quando sono stati iniziati i lavoriper la ristrutturazione della zona adopera del Comune di Trieste che haspeso la somma di ottocentocinque-mila euro per fare quei lavori, io edun altro storico triestino abbiamopresentato una denuncia alla Procu-ra della Repubblica, richiamandoci aun articolo del codice di procedurapenale che prevede che, se viene da-ta notizia di salme sepolte irregolar-mente da qualche parte, l’autoritàgiudiziaria deve provvedere a recu-perarle. Citando il regolamento dipolizia mortuaria, che prevede che lesalme devono essere sistemate neiluoghi appositi, per esempio i cimi-teri, abbiamo chiesto che prima difare il lavoro di ristrutturazione, checomprendeva un’ulteriore coperturadel pozzo della miniera, venisserofatte le esplorazioni per tirare fuoriqueste salme e sistemarle degnamen-te da qualche parte, se queste salmec’erano.La procura della Repubblica nel gi-ro di cinque giorni (compresi i festi-vi che cadevano in mezzo) ha archi-viato questo nostro esposto-denun-cia come fatto non concernente no-tizie di reato, per cui non ha datoordine di esumare le salme. Questo,secondo me, può voler dire solo unacosa: che non ci sono salme lì sotto,altrimenti a rigor di legge la Procu-ra avrebbe dovuto chiedere che ve-nissero recuperate. Se così non è siapra il pozzo e si verifichi. Nellaquestione riguardante le foibe c’è ilritorno continuo a quello che il pro-fessor Giovanni Miccoli, dell’Uni-versità di Trieste, definì, nel 1976,un accostamento aberrante, cioè as-serire che come i nazisti avevano fat-to funzionare la Risiera di San Sab-ba come campo di sterminio, così ititini avevano infoibato gli italiani,quindi i criminali stanno da tutte edue le parti. Questo accostamento,aberrante appunto, non consideratutta una serie di fatti: intanto che inazisti avevano pianificato lo stermi-nio dei popoli da loro cosiddetti“inferiori”, e qui parlo degli ebrei,degli slavi, dei rom, parlo anche de-gli handicappati che venivano visti

come zavorre, degli invalidi, degliomosessuali. Avevano programma-to, nello stesso modo, l’eliminazio-ne fisica degli oppositori politici e lalotta contro i partigiani, condottaanche mediante eccidi di massa,stragi, rappresaglie contro ostaggiinnocenti e via di seguito. Nessunparagone può essere fatto con ilcomportamento delle forze armatepartigiane, jugoslave ed italiane, chenon avevano tra le loro finalità né lapulizia etnica né la purezza dellarazza, così come non era loro pro-prio il concetto di rappresaglia ter-roristica. Ora vorrei trarre delle con-clusioni. Innanzitutto non si puòparlare di foibe come di un unicoepisodio; bisogna distinguere tral’episodio-foibe del settembre 1943e gli arresti e le esecuzioni del do-poguerra, ed anche fra questi faredei distinguo. L’episodio delle foibeistriane del settembre-ottobre del1943 deve essere ridimensionatocome numero.Nel maggio del 1945 non vi furonoa Trieste e a Gorizia eccidi indiscri-minati, come riportato prima. Lamaggior parte dei morti si ebbe neicampi di internamento, dove eranostati condotti i militari e nei quali lecondizioni di vita non erano buone,perché la Slovenia era stata comple-tamente devastata dalla guerra,mancava delle strutture igieniche,c’era la fame per tutti. I processicontro gli “infoibatori” che avevanoucciso la gente per vendetta perso-nale sono già stati fatti nel dopo-guerra, essi non si possono quindinuovamente processare.In conclusione, e spero che non sipensi io voglia mancare di rispetto aimorti che non è nelle mie intenzio-ni, io ritengo che quello che vienedefinito il fenomeno delle foibe puòessere semplicemente inserito inquel grande fenomeno, orribile fe-nomeno che si chiama Secondaguerra mondiale, perché non poten-do accomunare tutti insieme questimorti come invece si può e si devefare per i morti nei campi di stermi-nio la cui morte fu pianificata, dob-biamo considerare che queste perso-ne fanno parte dei morti per causedi guerra, come furono i morti deibombardamenti, che a Trieste cau-sarono sicuramente più vittime chenon gli “infoibamenti”, per esem-pio. La questione va quindi vista inun altro modo. La conclusione che

secondo me va fatta, è quella a cuisono più o meno giunti gli altri rela-tori precedentemente. Il problema èche quando il nazionalismo prendepiede, si sfoga, procura guerre, vio-lenze, odio, poi le reazioni sono in-controllabili, quindi quello che bi-sogna combattere è il nazionalismo,la guerra, la violenza, perciò ritengoche si possa decidere, una volta va-lutato quello che è stato il passato,di non ripeterne gli errori e ancheper questo cercare di capire vera-mente cosa è stato il passato, appun-to per non ripeterlo. Solo un’ultima nota polemica, aproposito sempre della foiba di Basovizza che viene vista come unpunto del pellegrinaggio e del ricor-do, perché si vuole che i capi di Sta-to italiano, sloveno e croato si rechi-no nei luoghi della memoria per ri-conciliarsi, a Gonars, alla Risiera diSan Sabba e alla foiba di Basovizza.Mentre del campo di Gonars si saesattamente cosa è successo, mentredella Risiera di San Sabba si sa abba-stanza esattamente che cosa è suc-cesso ed è stato pure celebrato unprocesso per i crimini lì commessidai nazifascisti, per quanto riguardala foiba di Basovizza, l’unica perso-na che si sa per certo essere stata uccisa e gettata lì dentro (questo ri-sulta da un processo che si è cele-brato nel 1949) era un torturatoredell’ispettorato speciale di PS che èstato ammazzato da alcuni partigia-ni, sempre per un regolamento diconti. Per questo motivo non vedocome sia possibile una riconciliazio-ne che si basa, tra le altre cose, su unfalso storico, perché questo non èun buon modo di riconciliarsi. Sitrovi qualche altro posto, si troviqualche altra cosa. E comunque io penso che la ricon-ciliazione è già stata fatta, come hadetto in un discorso ufficiale il sin-daco del comune di Muggia, in pro-vincia di Trieste: «I popoli di questeterre, per questa pacificazione, forsenon hanno bisogno di aspettarequesti incontri, spesso solo formali:la pacificazione l’hanno compiutagià allora, combattendo assieme perla libertà, la democrazia e il progres-so sociale. E non solo qui, in questoo in altri luoghi dell’Istria: essi ave-vano già cominciato molti anni pri-ma, assieme in terra di Spagna, perdifendere quella Repubblica dall’at-tacco fascista».

40 l patria indipendente l 27 gennaio 2008

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