cino da pistoia_rime
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7/27/2019 Cino Da Pistoia_rime
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Letteratura italiana Einaudi
Rime
di Cino da Pistoia
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Letteratura italiana Einaudi
Edizione di riferimento:in Poeti del Duecento,a cura di G. Contini,Ricciardi, Milano-Napoli 1960
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Sommario
I La dolce vista e l bel guardo soave 1II Angel di Deo simiglia in ciascun atto 2III Degno son io chio mora 3
IV S mhai di forza e di valor distrutto 5V Picciol dagli atti, rispond i al Piccilo 5VI Qua son le cose vostre chio vi tolgo 6VII Deh, non mi domandar perch sospiri 6VIII Come non con voi a questa festa 7IX Or dov, donne, quella in cui savista 7X Una gentil piacevol giovanella 8
XI Signori, i son colui che vidi Amore 9XII Omo smarruto che pensoso vai 9XIII Signor, e non pass mai peregrino 10XIV Avegna che crudel lancia ntraversi 10XV Ognallegro penser chalberga meco 11XVI Dante, i ho preso labito di doglia 11XVII Per una merla che dintorno al volto 12
XVIII Se tu sapessi ben comio aspetto 13XIX Amico, segualmente mi ricange, 13XX Tutto ci chaltrui agrada a me disgrada 14XXI Meuccio, i feci una vista damante 14XXII Siete voi, messer Cin, se ben vadocchio 15XXIIb Io son colui che spesso minginocchio 15XXIII Ora che rise lo spirito mio 16
XXIV Ci chi veggio di qua m mortal duolo 17XXV Tutto mi salva il dolce salutare 17XXVI Quando potr io dir: Dolce mio dio 18XXVII Om lasso, quelle trezze bionde 19XXVIII Se conceduto mi fosse da Giove 20
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XXIX Voi che per simiglianza amate cani 21XXX A vano sguardo e a falsi sembianti 21XXXI Disio pur di vederla, e seo mapresso 22
XXXII Chi a falsi sembianti il cor arisca 23XXXIII Poi che saziar non posso gli occhi miei 23XXXIV Io sento pianger lanima nel core 24XXXV Una ricca rocca e forte manto 24XXXVI Deh, quando rivedr l dolce paese 25XXXVII Non che n presenza de la vista umana 26XXXVIII Da poi che la Natura ha fine posto 27
XXXIX Lasso, pensando a la distrutta valle 29XL Cecco, i ti prego, per virt di quella 29XLI Io fu n su lalto e n sul beato monte 30XLII Come li saggi di Neron crudele 31XLIII S mha conquiso la selvaggia gente 31XLIV Io guardo per li prati ogni fior bianco 32XLV Quando pur veggio che si volta il sole 33
XLVI Su per la costa, Amor, de lalto monte 34
Sommario
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I
La dolce vista e l bel guardo soavede pi begli occhi che lucesser mai,cho perduto, mi fa parer s gravela vita mia chi vo traendo guai;e nvece di pensier leggiadri e gai 5chaver solea dAmore,porto disir nel core
che son nati di morteper la partenza, s me ne duol forte.
Om, Amor, perch nel primo passo 10non massalisti s chio fossi morto?Perch non dipartisti da me, lasso,lo spirito angoscioso cho porto?
Amore, al mio dolor non conforto,anzi, comio pi guardo, 15a sospirar pi mardo,trovandomi partutoda que begli occhi ovio tho gi veduto.
Io tho veduto in que begli occhi, Amore,
talch la rimembranza me nuccide, 20e fa s grande schiera di doloredentro alla mente, che lanima stridesol perch morte mia non la divideda me, come divisomha dal gioioso riso 25e dogni stato allegro
lo gran contrario ch dal bianco al negro.Quando per gentile atto di salute
ver bella donna levo gli occhi alquanto,s tutta si disvia la mia virtute, 30che dentro ritener non posso il pianto,
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membrando di mia donna, a cui son tantolontan di veder lei:
o dolenti occhi miei,non morrete di doglia? 35S, per nostro voler, pur chAmor voglia.
Amor, la mia ventura troppo cruda,e ci chagli occhi incontra pi mattrista:per merz, che la tua man gli chiuda,
poi cho perduta lamorosa vista; 40e, quando vita per morte sacquista,gioioso l morire:tu sail ove d girelo spirito mio poi,e sai quanta piat sar di lui. 45
Amor, ad esser micidial piatosotinvita il mio tormento:secondo cho talento,dammi di morte gioia,che ne vada lo spirito a Pistoia. 50
IIAngel di Deo simiglia in ciascun atto
questa giovane bellache mha con gli occhi suoi lo cor disfatto.
Di cotanta vert si vede adorna,
che qual la vuol mirare 5sospirando convene il cor lassare.Ogni parola sua s dolce pare,che l ve posa tornalo spirito, che meco non soggiorna,per che forza di sospir lo storna, 10
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s angoscioso fattoquel loco de lo qual Amor lha tratto.
Io non maccorsi, quandio la mirai,che mi fece Amorelasalto agli occhi e al corpo e al core, 15s forte che n quel punto tratta fredellanima trovaila mia vert, che per forza lassai;
per che, campar non aspettando omai,di ci pi non combatto: 20Dio mandi l punto di finir pur ratto.
Ballata, chi del tuo fattor dimanda,dilli che tu l lassastipiangendo quando tu tacommiatasti,
e vederlo morir non aspettasti, 25per chelli ti mandatosto, perch lo su stato si spanda:a ciascun gentil cor ti raccomanda,chi per me non acattocome pi viver possa a nessun patto. 30
III
Degno son io chio mora,donna, quand io vi mostrochi ho degli occhi vostri Amor furato:ch certo s celato
mavenni al lato vostro, 5che non sapeste quando nusc fra;ed or, po che davante a voi matentomostrarlo n vista vera,ben ragione chi prasolo per questo mio folle ardimento: 10
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chi dovea nnanzi, po che cos era,soffrirne ogni tormento,
che farne mostramentoa voi choltra natura siete altera.
Ben so stato s oso, 15chi ho servito quantomostrar ver me disdegno vi piacesse;ma, se non vi calesse
di mie follie, per tantod stare il vostro cor non disdegnoso: 20che questo Amor challotta vi furai,per se stesso muccidee dentro mi conquide,s che sovente mi fa trarre guai:questa preda dal cor vita divide 25
che dentro a lui menai.Donna mia, unquemaicos fatto giudicio non si vide.
Di mi ardir non vi caglia,donna, ch vostr altezza 30muover non si conven contra s basso.
Lasciatem andar, lasso,cha finir mia gravezzafo con la morte volontier battaglia.Vedete ben ched i non ho possanza. 35Dunque il mio folleggiarepiacciavi perdonare,non per ragion, ma vincavi pietanza:
ch fa ben la vendetta da laudare,e per regnare avanza, 40segnor che perdonanzausa nel tempo che si pu vengiare.
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IV
S mhai di forza e di valor distrutto,che pi non tardo, Amor, ecco chi moio;e levo parte (lasso, a cui mappoio?)del mio gravoso affanno questo frutto.
Come lusingator tu mhai condutto, 5ed or mi fai come villano e croio,
e non so la cagion per ch io tannoiovogliendoti piacer sempre del tutto.
Perch vuo tu, Amor, che cos fortesia lo mio stato sol pi di pesanza? 10forse per chio senta dolce Morte?
O me dolente, che cotal pietanzanon pensava trovar nella tua corte,che tal vha gioia che vha men leanza!
V
Picciol dagli atti, rispond i al Picciloequivocato, se lo ntendi punto:e certo se chio non fu mai giuntoda cos fatti, di tal guisa volo.
Subitamente ti levasti solo, 5sanza esser da me chiamato o punto,
e bel tacer perdesti entro quel punto:ognuom lo dice, il pregio che nha, tlo.
S grande la vettoria come l vinto:se tu se cinto, megli chi non apra, 10ch mi onor non potrebb esser pinto
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di vincer te, che da follia se spintoin laberinto. Morderia la capra
savesse denti: per non se infinto.
VI
A GUIDO CAVALCANTI
Qua son le cose vostre chio vi tolgo,
Guido, che fate di me s vil ladro?Certo bel motto volentier ricolgo:ma funne vostro mai nessun leggiadro?
Guardate ben, chd ogni carta volgo: 5se dite il vero, i non sar bugiadro.Queste cosette mie, dov io le sciolgo,
ben le sa Amor, innanzi a cui le squadro.Ci palese, chio non sono artista,
n cuopro mia ignoranza con disdegno, 10ancor che l mondo guardi pur la vista;
ma sono un uom cotal di basso ngegno
che vo piangendo, tant ho lalma trista,per un cor, lasso, ch fuor desto regno.
VII
Deh, non mi domandar perch sospiri,chi ho test una parola udita,che lanima nel corpo tramortitae svarati tutti miei disiri.
Parmi sentir choma la morte tiri 5a fine, lasso, la mia greve vita:
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fuor de la terra la mia donna gitaed ha lasciato a me pene e martiri.
Seco ha l meo core, e miei occhi smagatirimasi son de la lor luce scuri, 10s chaltra donna non posson guardare;
ma credendoli un poco rappagare,veder fo loro spesso li usci e muride la contrata u sono nnamorati.
VIII
Come non con voi a questa festa,donne gentili, lo bel viso adorno?perch non fu staman da voi richesta
che venisse a onorar[e] questo giorno?
Vedete che ognom si mette n chesta 5per veder lei girandosi dintorno,e guardan[o] quale ave adorna vesta,po miran me che sospirar no storno.
Oggi aspettava veder la mia gioiaistar tra voi, e veder lo cor meo 10che a lei come a sua vita sappoia.
o vi prego, donne, sol per Deo,se non volete chio di ci mi moia,fate s che stasera la vegg eo.
IX
Or dov, donne, quella in cui savistatanto piacer choltra vo fa piacenti?
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Poich non c, non ci corron le genti,ch reverenza a tutte voi acquista.
Amor di ci ne lo meo cor attrista, 5che rafrena per lei li maldicenti:ecco in me crescon sospiri dolenti,s chio morr sol damorosa sista.
Chiesi per Deo e per piet di meveche con voi no la menaste stasera, 10challegrezz a vederla ognom riceve;
ma non curaste n Dio n preghera.Di ci mi doglio, ed ognom doler deve,che la festa turbata n tal manera.
X
Una gentil piacevol giovanellaadorna ven dangelica vertute,in compagnia di s dolce saluteche qual la sente poi damor favella.
Ella maparve agli occhi tanto bella, 5che per entr un penser al cor venuteson parolette, che dal cor vedutabbia n vert desta gioia novella;
la quale ha presa s la mente nostrae [lha] coverta di s dolce amore, 10
chella non pu pensar se non di lei:Vedi com soave il su valore!
chagli occhi nostri apertamente mostracome tu di aver gran gio da lei.
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XI
Signori, i son colui che vidi Amore,che mi fer s chio non campere,e sol per cos pensoso voetenendomi la man presso a lo core;
chi sento in quella parte tal dolore, 5che spesse volte dico: Ora morre;
e li atti e li sembianti ched i foeson come dom che n gravitate more.
Io moro in verit, chAmor mancide,che masalisce con tanti sospiri 10che lanima ne va di fuor fuggendo;
e si la ntendo ben, dice che videuna donna apparire a miei disiritanto sdegnosa che ne va piangendo.
XII
Omo smarruto che pensoso vai,or che ha tu che se cos dolente?e che va ragionando con la mente,traendo ne sospiri spesso guai?
Ched e non par che tu vedessi mai 5di ben alcun che core in vita sente,
anzi par[e] che mori duramentenegli atti e ne sembianti che tu fai.
E stu non ti conforti, tu cadraiin disperanza s malvagiamente, 10che questo mondo e laltro perderai.
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Deh, or vuo tu morir cos vilmente?Chiama mercede, e tu camperai.
Questo mi dice la pietosa gente.
XIII
Signor, e non pass mai peregrinoo ver daltra manera vandantecogli occhi s dolenti per cammino,n cos greve di pene cotante,
comi passa per lo mont Appennino, 5ove pianger mi fece il ben sembiante,le trecce biond e l dolce sguardo finochAmor con luna man mi pone avante;
e collaltra nella [mia] mente pingea simil di piacer s bella foggia, 10che lanima guardando se nestinge.
Questa dagli occhi mie men una pioggiache l valor tutto di mia vita stringe,si non ritorno da la nostra loggia.
XIV
Avegna che crudel lancia ntraversinel mi cor questa gioven donna e genteco suo belli occhi, [e] molto foco versi
nellanima che marde duramente,no star di mirarla fisamente, 5
chella mi par s bella in que suo persi,chi non cheggio altro che ponerla mente,po di trovarne rime e dolci versi.
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E se di lei mha preso Amor, non pocolaudar lo deggio, quando in me si mise, 10
ch per s bell ancor nessun nuccise.E se giammai alcun morendo rise,
cos debb io tener la morte a gioco,dacch mi vn di cos alto loco.
XV
Ognallegro penser chalberga mecos come pelegrin giunge e va via,e se ragiona de la vita miaintendol s con fa l tedesco l greco.
Amor, cos son costumato teco, 5
che lallegrezza non so che si sia,e se mi mande a lei per altra via,pi dolor sempre al cor dolente reco.
Ed honde dentro a lui soverchio tanto,che tutto quanto per le membra corre 10e si disvia in me per ogne canto.
Ahi doloroso me, chi mi soccorre?Ben veggio mi convien morir del pianto,che non si pu per nulla cosa trre.
XVI
A DANTEDante, i ho preso labito di doglia
e nnanzi altrui di lagrimar non curo,ch l vel tinto chi vidi e l drappo scurodogni allegrezza e dogni ben mi spoglia;
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e lo cor marde in disosa voglia 5di pur doler mentre che n vita duro,
fatto di quel che dtta ognuom sicuro,sol che ciascun dolor in me saccoglia.
Dolente vo, pascendomi sospiri,quanto posso nforzando l mi lamento 10per quella che si duol ne miei disiri.
E per, se tu sai novo tormento,mandalo al disoso dei martiri,ch fie albergato di coral talento.
XVII
Per una merla che dintorno al voltosovravolando di sicur mi venne,sento chAmore tutto in me raccolto,lo quale usco de le sue nere penne;
cha me medesmo mha furato e tolto, 5n daltro mai poscia non mi sovenne,
e non mi val tra spin essere involtopi che colui che l simile sostenne.
Io non so come ad esser mi ritorni,ch questa merla mha s fatto suo, 10che sol voler mia libert non oso.
Amico, or metti qui l consiglio tuo,che segli avien pur chio cos soggiorni,almen non viva tanto doloroso.
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XVIII
Se tu sapessi ben comio aspettostando gravato de lo tuo silenzo,non potresti gi pi, questo sentenzo,la regola tener di Benedetto.
Non sai tu, frate, quantio son distretto 5di quel signore cui servir magenzo,
e prvonde la pena di Lorenzoper mia sventura e per lo tuo difetto?
Ahi, quant lo tacere amaro e forteed innoioso, ove l parlar dolce! 10Ben fai peccato tu e la mia sorte;
e non so come cheto l ti comporte,ch di tormenti sono in tale folcechaltro non veggio che loscura morte.
XIX
Amico, segualmente mi ricange,neente gi di me sarai allegro,chi muoio per quella oscura che pur piange,la qual velata in un amanto negro
vien ne la mente e lagrimando tange 5lo cor ch su servente tutto integro;
allor del suo dolor laggreva e frangeAmor, che n suo pensar nol trova pigro.
Qui non veggh io, dolente, che mi vagliachiamar Pietate, ch la sua mercede 10non aiuta omo che cos travaglia:
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onde satrista lanima, che vedela donna sua che non par che le caglia
se non di morte, e n altro non ha fede.
XX
Tutto ci chaltrui agrada a me disgrada,ed mmi a noia e spiace tutto l mondo.Or dunque che ti piace? I ti rispondo:Quando lun laltro spessamente aghiada;
e piacemi veder colpi di spada 5altrui nel volto, e navi andare a fondo;e piacerebbemi un Neron secondo,e chogne bella donna fosse lada.
Molto mi spiace allegrezza e sollazzo,e la malenconia magrada forte, 10e tutto l d vorrei seguire un pazzo.
E far mi piaceria di pianto corte,e tutti quelli amazzar chio amazzonel fr pensier, l dovio trovo Morte.
XXI
Meuccio, i feci una vista damantead una fante ch piacente in ciera,e ncontenente lo suo cor, ched era
come di cera, si fece diamante.Ed ancor pi, che n ogni su sembiante 5
passa avante dorgoglio ognaltra fera:aguila o falcone o casa alteraa sua manera non simigliante.
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Per che si pu veder nel mio distinochognuna dumilt ver me si spoglia, 10
alza ed orgoglia quant io pi minchino,
e s tosto mi d di capolinocomio fo mostra duna coral voglia:per che m doglia chi test non fino.
XXIIMESSER ONESTO A MESSER CINO
Siete voi, messer Cin, se ben vadocchio,s che la verit par che lo sparga,che stretta via a vo s sembra larga?Spesso vi fate dimostrare ad occhio.
Tal frutto buono che di quello il nocchio, 5chi lasapora, molt amaror larga,e ben lo manifesta vostra farga,che lerba buona tal come il finocchio.
Pi per figura non vi parlo avante,
ma posso dire, e ben me ne ricorda, 10cha trarre un baldovin vuol lunga corda.
Ah cielo, e chi folli a dir saccorda?Alor non par che la lingua si morda,n ci mai vi mostr Guido n Dante.
XXIIbRISPUOSE MESSER CINO A MESSER ONESTO
Io son colui che spesso minginocchio,pregando Amor che dogni mal mi targa:
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e mi risponde come quel da Barga,e voi, messer, lo mi gittate in occhio.
E veggiovi goder come l monocchio, 5che gli altri del maggior difetto varga;tale che muta, in peggio non si starga,con fece del signor suo lo ranocchio.
In figura vi parlo, ed in sembiante
siete dellanimale che si lorda: 10ben talvolta far lorecchia sorda;
e non crediate che l tambur mi storda,ch s credeste a chi li amici scorda;chi mostra l vero intendo, e sogli amante.
XXIII
Ora che rise lo spirito mio,doneava il pensero entro lo core,e con mia donna parlando damore,sotto pietate si covria l disio:
perch l il chiama la follia ched io 5vo i[n]seguendo, e mostrone dolore,e par chi sogni, e sia comom ch fretutto del senno e se stesso ha n oblio.
Per questo donear che fa l pensero,
fra me medesmo vo parlando, e dico 10che l suo sembiante non mi dice vero
quando si mostra di piet nemico,cha forza par ched el si faccia fero:per chio pur di speranza mi nutrico.
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XXIV
Ci chi veggio di qua m mortal duolo,perch i so lunge e fra selvaggia gente,la qual i fuggo, e sto celatamenteperch mi trovi Amor col penser solo;
challor passo li monti, e ratto volo 5al loco ove ritrova il cor la mente,
e imaginando intelligibilmenteme conforta l penser che test imbolo.
Cos non morragg io, se fie tostanolo mio reddire a star s cho miri 10la bella gioia da cui son lontano:
quella chi chiamo basso ne sospiri,perch udito non sia da cor villano,dAmor nemico e de li soi disiri.
XXV
Tutto mi salva il dolce salutareche ven da quella ch somma salute,in cui le grazie son tutte compiute:con lei va Amor che con lei nato pare.
E fa rinovellar la terra e lre 5e rallegrar lo ciel la sua vertute:
giammai non fuor tai novit vedutequali ci face Dio per lei mostrare.
Quando va fuor adorna, par che l mondosia tutto pien di spiriti damore, 10s chogni gentil cor deven giocondo.
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E lo villan domanda: Ove mascondo?;per tema di morir vl fuggir fre;
chabassi gli occhi lomo allor, rispondo.
XXVI
Quando potr io dir: Dolce mio dio,per tua grande vertute
or mhai tu posto dogni guerra in pace,per che gli occhi miei, comio disio,veggion quella salute 5che dopo affanno riposar mi face?Quando potr io dir: Signor verace,or mhai tu tratto dogni oscuritate,or liberato son dogni martiro,
per chio veggio e miro 10quella ch da dogni gran biltate,che mempie tutto di soavitate?
Increscati di me, signor possenteche lalto ciel distringi,della battaglia de sospir chio porto. 15
Increscati la guerra della mente,l dove tu dipingiquel che rimira lintelletto accorto.Increscati del cor che giace mortodel colpo della tua dolce saetta, 20che fabricata fu di quel piacere,nel qual certo vedere
tu mi facesti quella vita eletta,per cui agli angiol dubidir diletta.Muoviti omai, signor cui sempre adoro, 25signor cui tanto chiamo,signor mio solo a cui mi raccomando;muoviti a pet, vedi chio moro,
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vedi per te quant amo,vedi per te quante lagrime spando. 30
Signor mo, non sofferir chamandoda me si parta lanima mia trista,che fu s lieta della tua sentita.Vedi che poca vitarimasa m se non mi si racquista 35per graza della beata vista.
XXVII
Om lasso, quelle trezze biondeda le quai rilucinodaureo color li poggi dogni intorno;oim, la bella ciera e le dolci onde,
che nel cor mi fedino, 5di quei begli occhi al ben segnato giorno;oim, l fresco ed adornoe rilucente viso,oim, lo dolce risoper lo qual si vedea la bianca neve 10fra le rose vermiglie dogni tempo,
om, senza meve,Morte, perch togliesti s per tempo?
Oim, caro diporto e bel contegno,oim, dolce accoglienza 15ed accorto intelletto e cor pensato;om, bell umle e bel disdegno,
che mi crescea la intenzadodiar lo vile ed amar lalto stato;oim, lo disio nato 20de s bella abondanza,om, la speranzachogn altra mi facea vedere a dietro
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e lieve mi rendea damor lo peso,spezzat hai come vetro, 25
Morte, che vivo mhai morto ed impeso.
Om, donna dogni vert donna,dea per cui dogni dea,s come volse Amor, feci rifiuto;om, di che pietra qual colonna 30in tutto il mondo avea
che fosse degna in aire farti aiuto?E tu, vasel compiutodi ben sopra natura,per volta di ventura 35condutta fosti suso gli aspri monti,dove tha chiusa, oim, fra duri sassila morte, che due fonti
fatt ha di lagrimar gli occhi miei lassi.Om, Morte, fin che non ti scolpa 40di me, almen per li tristi occhi miei,se tua man non mi colpa,finir non deggio di chiamar omei.
XXVIIISe conceduto mi fosse da Giove,
i no[n] potrei vestir quel[l]a figurache questa bel[l]a don[n]a fred[d]a e duramutar facesse de lusate prove.
Adunque l pianto che dagl[i] occhi piove 5e l continuo sospiro e la rancura,con la piet de la mia vita oscura,nent da mirar se lei no[n] move.
Ma si potesse far come quel dio,
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sta donna muterei in bella faggia, 10e vi farei unel[l]era dintorno;
ed un chi taccio, per simil desio,muterei in uccel ched onni giornocantereb[b]e su lel[l]era selvaggia.
XXIX
Voi che per simiglianza amate cani,tanto chaltrui non ne fareste un dono,[o] cari amici m[i]ei, eo vi perdonosun non ve [ne] potei trar da le mani;
e non meraviglia se fr vani 5
i preg[h]i m[i]ei, ch sventurati sono,chio non [ne] sep[p]i mai far un s bono,che quel cheo voglio pi non si lontani.
Forse mi fece mia chesta fal[l]arevostro difet[t]o, o ver la mia s[ci]agura, 10che pi mi piaceria per voi scusare.
Sempre mi possa mia don[n]a star scura(ch maggior sacramento non so fare),se cotal fallo non vi va ad usura.
XXX
A vano sguardo e a falsi sembianticelo colei che nella mente ho pinta,e covro lo desio di tale infinta,chaltri non sa di qual donna eo mi canti.
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E spesse volte li anderia dinanti; 5lasso per gli occhi ond la vert vinta,
s che direbber: Questi ha lalma tintadel piacer di costei, li malparlanti.
Amor celato fa s come l foco,lo qual procede senza alcun riparo, 10arde e consuma ci che trova in loco,
e non si p sentir se non amaro:ond eo so ben che l mi viver si poco,ma pi che l viver m lo morir caro.
XXXI
Disio pur di vederla, e seo mapresso,[i]sbigottito conver[r] cheo incespi:cos mi fere la sua luce adessoe l bel color de biondi capei crespi.
E ci cheo celo converr che sesp 5per lo sospiro che del core ho messo,
dolente lasso, ch s come vespimi pungon li sospir cotanto spesso.
Girlli pur dinanti, e seo vi caggioa lo splendor di sua nova beltate, 10forse che maiter levar Pietate:
ch n segno di merzede e dumiltateodo si muove lo gentil coraggio.Dunque per sua fidanza moveraggio.
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XXXII
Chi a falsi sembianti il cor arisca,credendo esser amato, e sin[n]amora,tanto diletto non sente in quel[l]orachapresso pi di pena non lang[u]isca,
quando per lume di vert chiarisca 5chel no[n] dentro quel che par di fra;
e se di ci seguir pi si rancora,co[n]ven che finalmente ne perisca.
Onde non chiamo gi donna, ma morte,quella chaltrui per servitor acogl[i]e 10e poi gab[b]ando e sdegnando luccide,
a poco a poco la vita gli togl[i]e,e quanto pi tormenta pi ne ride:caduta vegg eo lei in simil sorte.
XXXIII
Poi che saziar non posso gli occhi mieidi guardare a madonna suo bel viso,mirerl tanto fiso,che diverr beato lei guardando.
A guisa dangel che di sua natura, 5stando su in altura,
diven beato sol vedendo Dio,cos, essendo umana creatura,guardando la figuradi quella donna che tene l cor mio, 10porria beato divenir qui io:tant la sua vert che spande e porge,
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avegna non la scorgese non chi lei onora desando.
XXXIV
Io sento pianger lanima nel core,s che fa pianger gli occhi li soi guai,e dice: O lassa me, chio non pensai
che questa fosse di tanto valore!
Ch per lei veggio la faccia dAmore 5vie pi crudel che non vidi gi mai,e quasi irato mi dice: Che faidentro a questa persona che si more?
Dinanzi agli occhi mei un libro mostra,nel qual io leggo tutti que martiri 10che posson far vedere altrui la morte.
Poscia mi dice: Misera, tu miril dove scritta la sentenza nostraditratta del piacer di costei forte .
XXXV
Una ricca rocca e forte mantovolesse Dio che monte ricco avesse,che di gente nemica non temesse,
avendo unalta torre ad ogni canto;e fosse dogni ben compita quanto 5
core pensare e lingua dir potesse,e quine poi lo dio damore stessecon li amorosi cori in gioia e canto.
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E poi vorrei che nel mezzo surgesseunacqua vertudiosa damor tanto, 10
che lor bagnando dolce vita desse;
e perch pi fedele il meo cor vanto,vorrei che l gonfalon fra quei tenesseche potran di soffrir pietoso manto.
XXXVI
Deh, quando rivedr l dolce paesedi Toscana gentile,dove l bel fior si mostra dogni mese,e partirmmi del regno servilechanticamente prese 5
per ragion nome danimal s vile?ove a bon grado nullo ben si face,ove ogni senso fallace e bugiardosenza riguardo di virt si trova,per ch cosa nova, 10straniera e peregrinadi cos fatta gene baldina.
O sommo vate, quanto mal facesti(non tera me morirea Piettola, col dove nascesti?) 15quando la mosca, per laltre fuggire,in tal loco ponestiove ogni vespa deveria venire
a punger que che su ne tocchi stannocome simie in iscranno, senza lingua 20la qual distingua pregio o ben alcuno.Riguarda ciascheduno:tutti compar li vedi,degni de li antichi viri eredi.
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O gente senza alcuna cortesia, 25la cu nvida punge
laltrui valor, ed ogni ben soblia;o vil malizia, a te, perch tallungedi bella leggiadria,la penna e lorinal teco saggiunge. 30O slo solo voto di vertute,perch trasforme e mute la naturagi bella e pura del gran sangue altero?
A te converria Neroo Totila flagello, 35per che n te non nasce bon n bello.
Vera satira mia, va per lo mondo,e de Napoli contache riten quel che l mar non vle a fondo.
XXXVII
Non che n presenza de la vista umanafosse, madonna, la bilt ch n voi,gi mai non venne solo a laudenza,
e quanto possa mostr a conoscenza:cos meravigliando tragge altrui, 5chogni altra cosa vi rassembra vana.Queste bellezze nove e s piacentivi tengon gli occhi pien di signoria,onde conven che siaogni vert degli altri a lor suggetta: 10
s sono sopra lanima possentiper uno spiritel che se nde cria,lo qual fedo la miaguardando, in guisa di mortal saetta.
Tutta vi fece loda vera Iddio, 15
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benigno consiglier de la Natura,donandovi in quell or la Sua vertute
quando compose di tanta salutela vostra gentilissima figura,s comi credo, per un Suo desio, 20chaltra ragion non se ne pote avere,ch voi fuggite nanzi allo ntelletto.Ahi gioioso diletto!Quel sol, che degno n, vede lo cielo,
noi degnamente nol possiam vedere. 25Per, madonna, io che ne son distretto,lo mio corale affettoa voi medesma per vergogna celo.
La mia forte e corale inamoranzavi celo, comuom tanto vergognoso 30
chanzi che dica suo difetto more.Se non chi chiamo fra me stesso Amore,che n vostra altezza ponga l cor pietosoe facciali veder la mia pesanza:s che ver me, quando Pietate chiama, 35vostra umilt risplenda e non mi sdegni,perch poi non convegni
esser gioioso onde mia vita dole,a simiglianza del Signor che vama,lo qual pur vl chumilitate regni, 40che, s come a li degni,a tutti gli altri fa nascere l sole.
XXXVIII
PER LA MORTE DE LO IMPERATOREHENRICO DA LUCIMBURGO
Da poi che la Natura ha fine postoal viver di colui in cui Virtute
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come n su proprio loco dimorava,i prego lei che l mio finir sia tosto,
poi che vedovo son dogni salute: 5ch mort quel per cui allegro andava,e la cui fama il mondo alluminavain ogni parte del suo dolce lume.Raverassi mai? Non veggio come.
In uno morto l senno e la prodezza, 10iustizia tutta e temperanza intera.E non morto (lasso, cho io detto?),anzi vive beato in gran dolcezza;e la sua fama al mondo s comera,e l nome suo regner n saggio petto, 15ched e notricher il gran dilettode la sua chiara e bona nominanza,s chogni et navr testimonianza.
Ma que son morti e qua vivono ancora,chavean tutta lor f in lui fermata 20con ogni amor, s come n cosa degna;e malvagia fortuna n subit oraogni alegrezza del cor ci ha tagliata:per ciascun come smarrito regna.
O somma Maiest giusta e benegna, 25poi che Ti fu n piacer trci costui,danne qualche conforto per altrui.
Chi questo somm uom, potresti dire,o tu che leggi, il qual tu ne raconteche la Natura ha tolto al breve mondo, 30
ed hal mandato in quel senza finire,l dove lallegrezza ha larga fonte?Arrigo imperador, che del profondodel vile esser qua gi su nel giocondolha Dio chiamato, perch l vide degno 35dessere cogli altri nel beato regno.
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Canzon piena daffanni e di sospiri,nata di pianto e di molto dolore,
movi piangendo e va disconsolata,e guarda che persona non te miri 40che non fosse fedele a quel signoreche tanta gente vedova ha lassata.Tu te nandrai cos chiusa e celatal dove troverai gente pensosade la singular morte dolorosa. 45
XXXIX
Lasso, pensando a la distrutta valle,spesse fate, del mio natio suole,cotanto me ne ncendo e me ne dole,che l pianto dal cor fin agli occhi salle;
e rimembrando de le nove talle 5chivi son de le piante di Vergiole,pi meco lalma dimorar non vole,s la speranza del tornar mi falle.
E senza aver lo frutto creder mai,
sol di veder lo fior era l diletto, 10che mentre chaltro vidi non pensai.
Oh, credere per lor nel Macometto!Dunque, parte crudel, perch mi faipena sentir del mal chio non commetto?
XLA MAESTRO CECCO DASCOLI
Cecco, i ti prego, per virt di quellach de la mente tua pennello e guida,
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che tu corri per me di stella n stelladel cielo, di cui sai ciascuna rida.
E di chi massicura e chi mi sfida, 5e qual per me laida e qual bella,poi che rimedio la mia scampa grida,per qual da loro iudico sappella;
e se m buono di gire a quella petra
ov fondato l gran tempio di Giove, 10o star lungo l bel fiore, o gire altrove;
o se cessar d la tempesta tetrache sovra l genital mio terren piove.Dimmelo, o Ptolomeo, che l vero trove.
XLI
Io fu n su lalto e n sul beato monte,chi adorai baciando l santo sasso,e caddi n su quella petra, di lasso,ove lonesta pose la sua fronte,
e chella chiuse dogni vert il fonte 5quel giorno che di morte acerbo passofece la donna de lo mio cor, lasso,gi piena tutta dadornezze conte.
Quivi chiamai a questa guisa Amore:
Dolce mio iddio, fa che qui mi traggia 10la morte a s, ch qui giace l mio core.
Ma poi che non mintese l mio signore,mi diparti pur chiamando Selvaggia;lalpe passai con voce di dolore.
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XLII
Come li saggi di Neron crudeleingravidar lo fecer duna rana,cos ha fatto Amor per vista vanala mente tua, onde tu ardi e gele.
Falso, che ne la bocca porti l mle 5e dentro tsco, onde l tuo amor non grana,
or come vuoi fa landatura pianaper prender la colomba senza fele:
quella per cui lo spirito damorein me discende da lo suo pianeto 10quand con atto di bel guardo lieto.
Per, dovunque i vo, le lasso l core,cui raccomando [a]l suo dolc e discreto:non temo duom cha amar vada col geto.
XLIII
S mha conquiso la selvaggia gentecon li su atti nuovi,ch bisogno chio pruovital pena, che morir chieggio sovente.
Questa gente selvaggia 5 fatta s per farmi penar forte,
che tropp affanno sosterr mia vita;per chieggio la morte,chio voglio innanzi che faccia partitalanima dallo cor, che tal pen aggia: 10chogni partenza di quel loco saggia,che pien di tormento;
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ed io, per quel chio sento,non deggio mai se non viver dolente.
Non mi fra pesanza 15lo viver tanto, se gaia ed allegravedesse questa gente dun cor piano;ma ell bianca e negrae di tal condizion, che ogni stranoche del suo stato intende nha pesanza; 20
e chi lama non sente riposanza,tanto nha coral duolo:dunque io, che son quel soloche lamo pi, languisco maggiormente.
Cotal gente gi mai 25non fu veduta, lasso, qual questa,
ch crudel di se stessa e dispietata,che in nulla guisa restagravar sua vita come disperata,ch non si cura daltra cosa omai. 30Per quanto di lei piatosi laimuovo col mio signore,tanto parlo dolore
per abbondanza che l mio cor ne sente.Altro gi che tu, Morte, al me parvente, 35
non credo che mi giovi.Adunque ora ti muovi:deh, vieni a me, che mi se s piacente.
XLIV
Io guardo per li prati ogni fior biancoper rimembranza di quel che mi faces vago di sospir chio ne chieggio anco.
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E mi rimembra della bianca parteche fa col verdebrun la bella taglia, 5
la qual vesto Amorenel tempo che, guardando Vener Marte,con quella sua saetta che pi tagliami die per mezzo il core.E quando laura move il bianco fiore, 10rimembro de begli occhi il dolce bianco,per cui lo mio desir mai non fie stanco.
XLV
Quando pur veggio che si volta il soleed apparisce lombra,per cui non spero pi la dolce vista,
n ricevuto ha lalma, come suole,quel raggio che la sgombra 5dogni martiro che lontano acquista,tanto forte si attrista e si travagliala mente, ove si chiude lo disio,che l dolente cor miopiangendo ha di sospiri una battaglia 10
che comincia la serae dura insino a la seconda spera.
Allor chio mi ritorno a la speranza,e lo disio si levacol giorno che riscuote lo mio core, 15mi movo e cerco di trovar pietanza
tanto cho ricevadagli occhi l don che fa contento Amore:chegli ha gi per dolore e per gravezzadel perduto veder pi amanti morti. 20Dunque, chio mi confortisol con la vista, e prendane allegrezza
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sovente in questo stato,non mi par esser con ragion biasmato.
Amor con quel principio onde si cria 25sempre il disio conduce,e quel per gli occhi innamorati viene:per lor si porge quella fede in priada luna a laltra luce,che nel cor passa e poi diventa spene. 30
Di tutto questo ben son gli occhi scorta:chi gli occhi, quando amanz ha dentro chiusa,riguardando non usa,fa come quei che dentro arde e la portacontra l soccorso chiude; 35per degli occhi usar vl la virtude.
Vanne via, mia canzon, di gente in gente,tanto che la pi gentil donna trovi;e prega che suoi novie begli occhi amorosi dolcemente 40amici sian de miei,quando per aver vita guardan lei.
XLVI
Su per la costa, Amor, de lalto monte,drieto a lo stil del nostro ragionareor chi potr montare,poi che son rotte lale dogni ingegno?
I penso chegli secca quella fonte 5ne la cui acqua si potea specchiareciascun del suo errare,se ben voln guardar nel dritto segno.Ah vero Dio, cha perdonar benegnosei a ciascun che col pentir si colca, 10
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questanima bivolca,sempre stata damor coltivatrice,
ricovera nel grembo di Beatrice.
Qual oggimai dagli amorosi dubsar a nostri intelletti secur passo, 15poi che caduto, ahi lasso, l ponte ov e passava i peregrini?Nol vegg[end]o [di] sotto [da le] nubi,
del suo aspetto si copre ognun basso,s come l duro sasso 20si copre derba e talora di spini.Ah dolce lingua, che con t[u]oi latinifaci contento ciascun che tudia,quanto doler si diaciascun che verso Amor la mente ha volta, 25
poi che Fortuna del mondo tha tolta!Canzone mia, a la nuda Firenza
oggima di speranza te nandrai:di che ben p trar guai,chomai ha ben di lungi al becco lerba. 30Ecco, la profezia che ci sentenza,
or compiuta, Firenza, e tu l sai:se tu conosceraiil tuo gran danno, piangi che tacerba;e quella savia Ravenna che serba 35il tuo tesoro, allegra se ne goda,ch degna per gran loda.Cos volesse Iddio che per vendetta
fosse deserta liniqua tua saetta.
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