cives la scuola in italia dall unita ai giorni nostri

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1 /$6&82/$,7$/,$1$’$//¶81,7$¶$,12675,*,251, D FXUDGL*LDFRPR&LYHV Capitolo I: LA SCUOLA DELL’INFANZIA (di Gaetano Bonetta). 1. Nascono le prime scuole per l’infanzia /¶HVLJHQ]D GHOOD VFXROD SHU O¶LQIDQ]LD VL DIIHUPD TXDQGR LO YHFFKLR VLVWHPD GL HGXFD]LRQH IDPLOLVWLFRQRQULHVFHQHOFRPSLWRGHWWDWRGDLWHPSLPRGHUQLHDWDOHFRPSLWRYLHQHFKLDPDWR XQDJHQWHHVWHUQRDOODWUDGL]LRQDOHIDPLJOLDHVWHVDHSDWULDUFDOH Le prime istituzioni per l’infanzia non furono vere e proprie scuole, bensì ‘sale di custodia’ che nacquero in Francia nella seconda metà del Settecento per poi diffondersi un po’ ovunque, Italia compresa. Si trattava di istituzioni private che funzionarono come opere assistenziali e di carità , il cui unico scopo era quello di offrire ricovero e nutrimento ai bambini privi di assistenza familiare a causa dello VWDWXV operaio dei genitori. Esse non riuscirono a superare le funzioni meramente custodialistiche e languirono in modo deplorevole. Le prime scuole infantili propriamente dette nacquero in Europa ad Ottocento inoltrato, quando furono visibili un po’ dappertutto i segni di un moderato progresso che portò con sé un nuovo interesse per l’educazione infantile; all’infanzia si cominciò a guardare dal punto di vista sociale, psicologico, pedagogico e etico per comprenderla e “utilizzarla”. Due le ragioni che determinarono l’interesse teorico e pratico per l’età infantile: a) la necessità di reagire agli effetti negativi dei nuovi sistemi produttivi e della nuova qualità della vita, che in molti centri urbani determinarono per gran parte dell’infanzia pauperismo, emarginazione, degradazione fisica e morale; b) la volontà di potenziare le capacità infantili mediante un attento intervento pedagogico condotto per gradi. Le iniziative educativo-scolastiche, nei diversi contesti nazionali, furono tuttavia difformi. Degne di menzione appaiono le iniziative di Owen e Froebel, esperienze campioni nell’universo europeo, le cui direttrici di fondo orienteranno la pedagogia infantile e le istituzioni scolastiche degli altri Paesi. Owen nel 1816 aprì in Scozia nel suo centro industriale di New Larnak una ,QIDQW¶VVFKRRO con il duplice obiettivo di: a) frenare lo sfruttamento della manodopera minorile;

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Storia, Scuola, Istituzioni

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Capitolo I: LA SCUOLA DELL’INFANZIA (di Gaetano Bonetta).

1. Nascono le prime scuole per l’infanzia

/¶HVLJHQ]D� GHOOD� VFXROD� SHU� O¶LQIDQ]LD� VL� DIIHUPD� TXDQGR� LO� YHFFKLR� VLVWHPD� GL� HGXFD]LRQH�IDPLOLVWLFR�QRQ�ULHVFH�QHO�FRPSLWR�GHWWDWR�GDL�WHPSL�PRGHUQL�H�D�WDOH�FRPSLWR�YLHQH�FKLDPDWR�XQ�DJHQWH�HVWHUQR�DOOD�WUDGL]LRQDOH�IDPLJOLD�HVWHVD�H�SDWULDUFDOH�

Le prime istituzioni per l’infanzia non furono vere e proprie scuole, bensì ‘sale di custodia’

che nacquero in Francia nella seconda metà del Settecento per poi diffondersi un po’

ovunque, Italia compresa. Si trattava di istituzioni private che funzionarono come opere

assistenziali e di carità, il cui unico scopo era quello di offrire ricovero e nutrimento ai

bambini privi di assistenza familiare a causa dello VWDWXV operaio dei genitori. Esse non

riuscirono a superare le funzioni meramente custodialistiche e languirono in modo

deplorevole.

Le prime scuole infantili propriamente dette nacquero in Europa ad Ottocento inoltrato,

quando furono visibili un po’ dappertutto i segni di un moderato progresso che portò con sé

un nuovo interesse per l’educazione infantile; all’infanzia si cominciò a guardare dal punto

di vista sociale, psicologico, pedagogico e etico per comprenderla e “utilizzarla”.

Due le ragioni che determinarono l’interesse teorico e pratico per l’età infantile:

a) la necessità di reagire agli effetti negativi dei nuovi sistemi produttivi e della nuova qualità della

vita, che in molti centri urbani determinarono per gran parte dell’infanzia pauperismo,

emarginazione, degradazione fisica e morale;

b) la volontà di potenziare le capacità infantili mediante un attento intervento pedagogico condotto

per gradi.

Le iniziative educativo-scolastiche, nei diversi contesti nazionali, furono tuttavia difformi.

Degne di menzione appaiono le iniziative di Owen e Froebel, esperienze campioni

nell’universo europeo, le cui direttrici di fondo orienteranno la pedagogia infantile e le

istituzioni scolastiche degli altri Paesi.

Owen nel 1816 aprì in Scozia nel suo centro industriale di New Larnak una ,QIDQW¶V�VFKRRO con il duplice obiettivo di:

a) frenare lo sfruttamento della manodopera minorile;

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b) dare una prima formazione etica e civica ai bambini ‘proletari’

che mai avrebbero acquisito.

L’esperienza di New Larnak era concentrata sull’istruzione igienica e la formazione di base

del cittadino e trascurava gli aspetti ludici e cognitivi dell’educazione. Ebbe notevole

seguito in Inghilterra.

Froebel, filosofo romantico-idealista, istituì in Germania nel 1840 il primo .LQGHUJDUWHQ;

“il fine ultimo è quello di aiutare a maturare in maniera globale la personalità infantile e,

più specificatamente, è quello di avviare con l’educazione infantile il processo che conduce

alla interiore coscienza religiosa”.

Il gioco è assunto come fondamentale mezzo di educazione ed istruzione.

2. Gli asili aportiani

Negli stati italiani pre-unitari, soprattutto settentrionali, le prime istituzioni scolastiche per

l’infanzia nascono durante il terzo e il quarto decennio del secolo XIX. Le motivazioni

vanno ricercate:

a) nell’affermazione di un movimento ideale e culturale che opererà perché la redenzione civile e

politica, economica e sociale sia preceduta e incoraggiata da una serrata educazione infantile da

impartire in specifiche scuole;

b) in interessi religiosi, cattolici (si ritiene di attualizzare il proprio essere cristiani adoperandosi

per l’emancipazione dell’infanzia).

Il primo asilo, privato e a pagamento, nasce a Cremona nel 1828 ad opera di don Ferrante

Aporti. Accoglie bambini dai tre ai sei anni, istruiti dalla mattina al tramonto durante

l’intero anno solare ad esclusione dei giorni festivi da due maestri. L’obiettivo è preparare

l’educazione morale e insegnare le nozioni base del saper leggere, scrivere e far di conto.

Sul modello aportiano nel corso dei decenni immediatamente successivi si sviluppano

numerosi asili nelle regioni settentrionali, senza che tale propagazione tocchi l’Italia

meridionale e insulare.

Ma la florida stagione degli asili era destinata a passare; con il 1848 la linea di tendenza si

inverte e fino all?unità non si registreranno più fondazioni di asili. Dopo i moti

rivoluzionari, infatti, la borghesia promotrice dell’assistenza e dell’istruzione infantile

cambia rotta e ad una strategia che prevedeva il sommovimento anche delle forze popolari

preferisce una condotta più elitaria, moderata, capace di fare a meno dell’apporto delle

classi inferiori.

3. Gli anni del disimpegno statale: dall’Unità all’età giolittiana

Page 3: Cives La Scuola in Italia Dall Unita Ai Giorni Nostri

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Legge Casati: non contempla alcunché riguardo all’istruzione infantile, che è sotto il

controllo del Ministero dell’Interno.

La ‘latitanza’ dello Stato in questo settore rimarrà di fatto fino al 1968 ed è dovuta a tre

ordini di fattori:

a) politici (estraneità della classe dirigente verso le iniziative a favore dei ceti popolari);

b) economici (lo Stato non dispone di una copertura finanziaria suff. A creare una rete nazionale di

scuole per l’infanzia);

c) culturali (l’asilo non è concepito come servizio pubblico in una prospettiva concreta di

progresso sociale e culturale).

Malgrado tutto nella progettualità delle classi borghesi si continuò a rivendicare la

pianificazione educativa dell’infanzia per il progresso della nazione da svolgere in apposite

istituzioni secondo criteri di uniformità nazionale. Così i governi della Destra storica sia

assegnarono contributi finanziari agli enti solleciti verso l’istruzione infantile sia

esercitarono un controllo pedagogico sulla componente magistrale.

Con l’età giolittiana i molti nodi vennero al pettine: (il diverso stato giuridico degli asili; la

carenza didattica e l’incertezza dello stato giuridico delle maestre molte sprovviste di titolo;

l’asilo è diventato una scuola elementare).

4. La pedagogia ‘nazionale’ e la scuola materna non statale (1914-1968)

Nel 1914 Luigi Credaro emana OH ,VWLWX]LRQL�� SURJUDPPL� H�RUDUL�SHU�JOL� DVLOL� LQIDQWLOL� H� L�JLDUGLQL�G¶LQIDQ]LD. Nel documento si afferma che ‘l’asilo non è una scuola’, che in esso ‘è

vietato imparare a leggere, scrivere, recitare a memoria poesia e discorsi’; l’asilo deve avere

come obiettivi l’educazione fisica (addestramento igienico fondato sulla pulizia della

persona degli effetti personali e della ‘casa scolastica’), l’educazione morale

(responsabilizzazione, interiorizzazione delle norme convenzionali…), l’educazione

intellettuale ed estetica (cognizioni di vita domestica da acquisire con l’attività ludica,

avviamento al pensiero formale e al disegno, educazione all’immaginazione e al canto).

L’attuazione di tali programmi, che costituiscono la prima teoria educativa infantile imposta

attraverso le prescrizioni dello Stato, fu estremamente lenta per auspicio della stessa

Minerva per l’inopportunità politica e pratica di costringere all’applicazione la classe

magistrale ancora priva di stato giuridico e di dovuta qualificazione professionale.

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Bisognerà attendere il 1923 perché vengano istituite le Scuole di Metodo (dal 1933 si

chiameranno Scuole magistrali) per la formazione delle maestre della durata di tre anni.

Sono scuole di serie inferiore e quindi poco ambite; quelle statali sono soltanto sei, sicché

furono i privati, spesso istituzioni religiose, ad adoperarsi per la creazione di Scuole

Magistrali pareggiate.

Nell’ambito della cosiddetta riforma Gentile viene emanato un decreto che prevede che

l’istruzione elementare si distingua in tre gradi: preparatorio, inferiore e superiore; il grado

preparatorio ha la durata di tre anni, ‘ha carattere ricreativo e tende a disciplinare le prime

manifestazioni dell’intelligenza e del carattere del bambino’. In altri termini, l’educazione

infantile diviene educazione preparatoria e prende il nome di scuola materna.

La carta di Bottai (1939) prevedeva una durata biennale, l’introduzione dell’obbligatorietà e

dell’educazione politica, ma il progetto fu vanificato dagli eventi bellici e le cose per le

scuole materne non cambiarono neanche dopo l’avvento della Repubblica.

Da menzionare è l’emanazione nel 1958 degli 2UGLQDPHQWL� SHU� O¶DWWLYLWj� HGXFDWLYD� GHOOD�VFXROD�PDWHUQD, espressione di una pedagogia retrograda che concepisce il bambino come

totalità indistinta che trova l’identità nella famiglia e nel rapporto con la madre o la sua

vicaria, l’educatrice. In ragione di ciò non si indica alcuna didattica, ma sarà la maestra a

promuovere la spontanea attività infantile.

5. Il ’68 e il ’69. La scuola materna tra conservazione e innovazione

Nel decennio che precede il 1968 si avvia una battaglia politica per la ridefinizione

dell’identità infantile e dell’abito pedagogico da attribuire alla scuola materna, fino alla

legge del marzo 1968 che decreta la nascita della scuola materna statale. Essa è facoltativa e

gratuita e si propone ‘fini di educazione, sviluppo della personalità infantile, di assistenza e

preparazione alla frequenza della scuola dell’obbligo, integrando l’opera della famiglia’.

Al ’69 risale l’emanazione degli 2ULHQWDPHQWL�GHOO¶DWWLYLWj�HGXFDWLYD�QHOOH�VFXROH�PDWHUQH�VWDWDOL, che guidano l’attività didattica.

Capitolo II: LA SCUOLA ELEMENTARE E POPOLARE (di Giacomo Cives)

1. La scuola elementare dall’Unità alla caduta della Destra

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Negli stati italiani preunitari i tentativi di educazione popolare, cioè basilare e diretta a tutti

i cittadini, si rivelarono fallimentari; le sole parziali eccezioni sono rappresentate dalle

regioni soggette all’Austria, che godevano di un sistema scolastico primario

minuziosamente regolamentato, affidato ai Comuni e caratterizzato da modelli didattici ben

definiti, e dal Piemonte.

Nel 1861 il Piemonte è la regione che presenta il tasso più basso di analfabetismo

(57%);qui la OHJJH�%RQFRPSDJQL del 1848 aveva provveduto ad una laicizzazione della

scuola,

a) passando “l’amministrazione della pubblica istruzione al Ministero di Stato incaricato di tale

dipartimento e alla sua dipendenza le scuole elementari inferiori e superiori, affidate ai

Comuni”.

b) Essa istituiva : 1) un Consiglio Generale per le scuole elementari e di metodo con sede a Torino

per il governo e l’ispezione delle scuole; 2) un Consiglio dell’istruzione elementare in ogni

capoluogo di provincia; 3) un Provveditore agli studi per ogni capoluogo di provincia,

incaricato di far eseguire gli ordini riguardanti l’istruzione.

c) affrontava il problema della formazione dei maestri affidando ai Provveditori la gestione delle

Scuole di metodo (scuole da cui escono i professori di ‘metodo’ destinati a preparare i maestri).

La legge incontrò resistenze tra il clero che si vedeva sottratta la gestione dell’istruzione e

presentò difficoltà di attuazione; tuttavia fu un primo decisivo strumento nella lotta contro

l’analfabetismo.

La OHJJH� &DVDWL del 1859 durerà come sostanza fino alla riforma Gentile; la Casati nel

disegno complessivo “puntava a porre le basi attraverso l’istruzione classica e universitaria

per la formazione di una classe dirigente di selezionata estrazione borghese, riservando uno

spazio modesto all’istruzione tecnica, subordinata (affidata del resto al Ministero

dell’agricoltura, industria e commercio) e scaricando sulle spalle dei Comuni quella

elementare, cioè l’istruzione del popolo”.

All’amministrazione centrale, oltre al Ministro, erano preposti: 1) il Consiglio superiore

della pubblica istruzione (di nomina regia, senza rappresentanti della scuola primaria),

consultivo; 2) tre ispettori generali per i tre rami dell’istruzione; 3) a livello locale dei tre

gradi di istruzione si occupano rispettivamente i Rettori, i Provveditori, gli Ispettori.

Quanto all’istruzione elementare, obbligatoria e gratuita, era affidata ai Comuni; partiva dai

sei anni ed era articolata in due gradi biennali, il secondo dei quali doveva essere istituito

dai Comuni se vi erano scuole medie o la popolazione superava i 4000 abitanti, frazioni

escluse.

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Per la formazione dei maestri era stabilita la creazione di scuole normali triennali,

comprensive di tirocinio, ma dopo due anni, con l’esame relativo era possibile ottenere la

patente per insegnare nel corso inferiore.

L’affidamento ai Comuni darà risultati troppo differenziati e carenti sia per gli alunni non

posti in condizione di frequentare davvero bene la scuola sia per gli insegnanti sottoposti

allo sfruttamento, agli abusi, ai favoritismi clientelari delle amministrazioni comunali. La

crescita della scuola elementare dopo la promulgazione della legge Casati fu estremamente

lenta, in primo luogo per la miseria delle famiglie.

2. La scuola elementare dal 1876 alla fine del secolo

La legge Coppino del 1877 rafforza l’obbligo scolastico, operante dal compimento del sesto

anno di età e limitato al solo corso inferiore, che “comprende le prime nozioni dei doveri

dell’uomo e del cittadino, la lettura, la calligrafia, i rudimenti della lingua italiana,

dell’aritmetica e del sistema metrico”. Era dispensato dall’obbligo chi abitava in località

senza scuola o con la scuola lontana oltre due Km.

Negli insegnamenti indicati dalla legge per la scuola elementare non figura la religione. Ciò

è divenuto materia di contrastanti interpretazioni da parte di cattolici e laici, e in particolare

delle amministrazioni comunali; per alcune la religione non è abrogata esplicitamente e

quindi vale ancora, per altre è stata sostituita con l’insegnamento dei doveri dell’uomo e del

cittadino.(La politica di Giolitti e il patto Gentiloni del 1913, di accordo con le forze

cattoliche, riconfermeranno l’insegnamento religioso).

Nel 1888 il ministro Boselli emana istruzioni e programmi didattici per le scuole elementari

di fatto compilati da Aristide Gabelli (scuola come laboratorio e ‘officina’, nella prospettiva

della formazione del popolo). I programmi di Gabelli furono ben presto ridimensionati.

Nel 1894 nuovi programmi per le scuole elementari sono quelli di Baccelli, che “prevedono

realistici spazi per l’educazione scientifica, ma con un’insistenza sui temi dell’educazione

civica che puzza lontano un miglio del timore della diffusione delle idee socialiste”. È lo

stesso Bacceli ad emanare nel 1898 programmi che istituiscono il campicello scolastico

presso le scuole rurali e introducono il lavoro manuale facoltativo.

3. La scuola elementare nell’età giolittiana

L’Ottocento si era chiuso per la scuola elementare senza svolte significative, ma con una

crescita indubbia, seppure lenta e differenziata. L’età di Giolitti portò, particolarmente per

la scuola elementare e popolare, un vento nuovo.

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Ecco i principali apporti dell’età liberal-democratica all’istruzione elementare:

a) OHJJH� 1DVL (1903): contiene disposizioni per la nomina e il licenziamento dei maestri e dei

direttori didattici, limitatrici della spesso abusiva condotta dei Comuni al riguardo.

b) /HJJH 2UODQGR�(1904): estende l’obbligo fino al 12° anno (è cioè obbligatoria la frequenza del

corso superiore dove istituito); stabilisce nei Comuni con più di 4000 abitanti l’istituzione di

una VI classe che con la V costituiva il corso popolare; prevede la presentazione entro un anno

di un disegno di legge per il riordinamento delle scuole normali (che poi non si ebbe); prevede

corsi serali e festivi per adulti analfabeti con compensi dei maestri a carico dello Stato e aumenti

dei minimi di stipendio già fissati dalla legge del 1886.

A seguito della riorganizzazione scolastica introdotta dalla legge Orlando nel 1905 vengono

emanati i programmi Orestano, relativi alle classi dalla I alla VI che non hanno lasciato

gran segno nella storia della scuola italiana.

c) OHJJH� VSHFLDOH� SHU� LO�0H]]RJLRUQR (luglio 1906): prevede per le scuole elementari del Sud

diretti finanziamenti statali per l’edilizia scolastica, l’integrazione dello stipendio dei maestri

rurali, l’istituzione di scuole serali e festive per adulti analfabeti, la piena validità della

graduatoria dei maestri nei Comuni fruitori delle sovvenzioni statali.

d) LQFKLHVWD�VXOOD�VFXROD�HOHPHQWDUH�condotta da Camillo Corradini nel 1907-1908, mirante a dare

una base concreta di fatti alle proposte di innovazione scolastica. I dati riconfermano ancora una

volta un forte stacco tra Nord e Sud circa la diffusione e la frequenza della scuola e

l’inadeguatezza dei Comuni. La constatazione del fatto che la spesa scolastica era più forte dove

i Comuni erano più ricchi e più ridotta dove il bisogno era più grave pose le basi per la

sottrazione delle scuole elementari ai Comuni.

e) OHJJH� 'DQHR�&UHGDUR� (1911) toglie le scuole all’amministrazione comunale e ne affida il

‘governo’ al Consiglio scolastico provinciale, in parte elettivo, ora presieduto dal Provveditore.

Rimangono autonomi per l’istruzione elementare i Comuni più grandi, capoluogo di provincia o

di circondario. La legge contiene altri provvedimenti tesi al miglioramento dell’edilizia

scolastica, delle norme sull’obbligo, degli stipendi dei maestri; potenzia le scuole serali ed

estive per maestri, istituisce mille circoli di direzione didattica, 10 posti di ispettore centrale per

l’istruzione elementare, una sezione per l’istruzione elementare e popolare nella giunta del

Consiglio Superiore della pubblica istruzione.

4. La scuola elementare durante il Fascismo

1923 5LIRUPD�*HQWLOH: rappresenta per vari aspetti un ritorno a Casati.

a) accentuazione gerarchica dei poteri del ministro;

b) introduzione del latino come sbarramento nelle scuole secondarie inferiori;

Page 8: Cives La Scuola in Italia Dall Unita Ai Giorni Nostri

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c) trasformazione della sezione fisico-matematica dell’Istituto tecnico in Liceo scientifico;

d) realizzazione dell’Istituto magistrale;

e) istituzione per gli esami di maturità di commissioni esterne;

f) trasferimento alle competenze di vari altri ministeri tecnici dei rami speciali delle scuole

tecniche e proofessionali;

g) trasformazione della scuola biennale istituita nel 1914 da Credaro per la formazione della

maestre in scuola di Metodo (poi magistrale) triennale, affidata quasi totalmente all’iniziativa

privata.

Per quanto riguarda più propriamente l’istruzione elementare, l’obbligo è esteso a 14 anni.

Il corso elementare è riportato a cinque anni; a livello postelementare operano classi

integrative eredi del corso popolare e un triennale corso complementare, senza sbocchi

verso gli studi successivi. Programmi per la scuola elementare compilati dal pedagogista G.

Lombardo Radice.

1939 &DUWD� GHOOD� 6FXROD fatta approvare da Bottai dal Gran Consiglio del Fascismo:

unificazione della scuola media unica di tre anni e mantenimento della scuola d’avviamento

professionale (dal 1928 tale era divenuto il corso complementare) senza sbocchi.

5. La scuola elementare dal secondo dopoguerra ai nostri giorni

Importanti sono i programmi del 1945 ispirati da Washburne, allievo di Dewey e

responsabile alleato per la politica scolastica in Italia

1962 : istituzione della scuola media unica, con riduzione del latino solo a scelta facoltativa

(definitivamente eliminato poi nel 1977)

&DSLWROR ,,,/$�6&82/$�6(&21'$5,$��GL�/XLJL�$PEURVROL�

1848 OHJJH� %RQFRPSDJQL: si parla di un insegnamento secondario suddiviso in tre corsi:

grammatica di tre anni, retorica di due, filosofia di due anni. Al termine dei sette anni era possibile

accedere alla formazione universitaria. Per chi non avesse intenzione di prepararsi all’istruzione

superiore vi sarebbe stato un corso di speciale di 5 anni, che dal 1853 prese il nome di scuola

tecnica.

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1859 OHJJH &DVDWL, estesa poi a tutti i territori del Regno; considera l’istruzione secondaria classica

la vera istruzione, necessaria premessa agli studio universitari. Essa era impartita nei ginnasi

triennali e nei licei pure triennali; già nel regolamento Mamiani 1860 le classi ginnasiali divennero

cinque.

L’istruzione tecnica era impartita nelle scuole tecniche triennali e negli istituti tecnici anch’essi

triennali e si prefiggeva risultati pratici e di considerare gli insegnamenti sotto l’aspetto ‘delle

applicazioni di cui possono essere suscettibili nelle condizioni naturali ed economiche dello Stato’.

L’accesso all’università era previsto solo per i licenziati dai licei. Nei regolamenti del 1860 fu però

istituita , fra le sezioni degli studi tecnici, quella fisico-matematica che dava l’accesso alla facoltà di

scienze fisiche-matematiche e naturali e che fu il primo, seppur parziale, riconoscimento del

significato formativo che gli studi scientifici e tecnici avevano alla stregua di quelli umanistici.

1911 LVWLWX]LRQH� GHO� JLQQDVLR�OLFHR� PRGHUQR (parallelo al ginnasio-liceo classico) inteso come

scuola di preparazione ad alcune facoltà universitarie. Al greco si sostituiva una seconda lingua

straniera; i programmi scientifici si ampliarono con l’inserimento della geografia fisica e

dell’astronomia; alla riduzione dell’italiano e del latino corrispondeva l’introduzione di discipline

quali l’economia politica e il diritto.

1923 ULIRUPD�*HQWLOH: ribadisce la centralità dell’istruzione classica; estende l’obbligo fino ai 14

anni e perciò entrò a far parte della fascia dell’obbligo anche il triennio di scuola secondaria

inferiore; estrema selettività del sistema testimoniata dai numerosi esami per l’accesso al liceo-

ginnasio.

Gentile istituisce l’Istituto magistrale (corso inferiore quadriennale e corso superiore triennale) che

può essere considerato una sorta di liceo PLQRU.

1928 Giuseppe Belluzzo ministro dell’Istruzione: a) passaggio delle scuole tecniche e professionali

al ministero dell’educazione nazionale, b) trasformazione delle scuole complementari in scuole di

avviamento al lavoro.

1939 &DUWD� GHOOD� 6FXROD di Bottai: unificazione dei ginnasi, dei corsi inferiore degli istituti

magistrale e tecnico attraverso la creazione di un triennio comune denominato scuola media.

Mantiene in vita il biennio della scuola tecnica successivo alla scuola di avviamento, il cui posto, a

partire dal 1950, fu preso dagli Istituti Professionali di Stato.

1962: istituzione della scuola media unica (cfr. principi costituzionali)

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, SUHFHGHQWL��OD�OHJJH�%RQFRPSDJQL

Negli stati preunitari, l’insegnamento era affidato principalmente alla Chiesa (si pensi, in

particolare, ai gesuiti). Se si escludono le regioni italiane soggette all’Austria (che godevano di un

sistema scolastico primario minutamente regolato), il Piemonte e, in una certa misura, anche la

Toscana, il sostanziale fallimento negli stati preunitari dei tentativi e delle iniziative di HGXFD]LRQH�SRSRODUH, cioè basilare e diretta a tutti i cittadini, è comprovato dai risultati del censimento del

1861, con indicazione del 78% di analfabeti. Anche l’istruzione secondaria (compresa tra quella

elementare e quella università) non godeva di particolare attenzione da parte dei principi degli stati

preunitari, i quali lasciarono che le riforme venissero effettuate dai tradizionali collegi laici e

ecclesiastici e dai precettori privati. Tra il 1815 e 1848 non erano mancate iniziative private volte ad

accompagnare lo sviluppo economico con FRUVL G¶LVWUX]LRQH� QHOOH� DUWL� H� QHL� PHVWLHUL� H�QHOO¶DJULFROWXUD, le quali attestavano come le esigenze della formazione tecnica e professionale

costituissero ormai la risposta alla svolta dell’economia e all’affermarsi di una moderna visione

dell’agricoltura. E’, tuttavia, difficile considerare questi interventi come qualcosa di sistematico, di

organico.

Prima di considerare l’evoluzione delle istituzioni scolastiche dall’Unità in poi, è necessario far

riferimento al sistema legislativo in vigore nel Regno di Sardegna, poiché sarà esso ad essere esteso

al resto della penisola. Qui, nel ����, viene emanata, dal regime di pieni poteri (cioè, in cui si

prendono decisioni senza effettuare votazioni), a causa della prima guerra d’indipendenza, in cui i

Piemontesi si batterono contro gli austriaci, la OHJJH�%RQFRPSDJQL sull’ordinamento dell’istruzione

pubblica nel Regno di Savoia. Essa ha provveduto a una decisiva laicizzazione della scuola (i

gesuiti furono addirittura espulsi dal regno), pur senza escludere insegnamento di catechismo e

rappresentanza ecclesiastica nei vari consigli. Tale legge prevedeva che le scuole elementari

inferiori e superiori venissero affidate ai Comuni, e la loro amministrazione al Ministro di Stato

incaricato della pubblica istruzione. Per quanto concerne la scuola secondaria, essa suddivideva il

percorso formativo in tre parti: FRUVR GL�JUDPPDWLFD (tre anni), FRUVR�GL�UHWRULFD (due anni), FRUVR�GL� ILORVRILD (due anni). Il superamento di questi tre corsi consentiva di accedere agli studi

universitari. Per chi non aspirava a tali studi, invece, fu istituita la VFXROD�WHFQLFD, la quale aveva lo

scopo di addestrare all’esercizio delle professioni, per le quali non è stabilito un insegnamento

speciale nell’Università. Separata sia dall’insegnamento secondario, sia dalle scuole tecniche era la

formazione dei maestri per le scuole elementari della quale si occupò soprattutto la OHJJH�/DQ]D del

����� istituendo le VFXROH� QRUPDOL per formare maestri e maestre. Ma tali scuole rimanevano

nell’ambito della scuola elementare e ad esse non veniva riconosciuto carattere di secondarietà.

Page 11: Cives La Scuola in Italia Dall Unita Ai Giorni Nostri

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'DOOD�OHJJH�&DVDWL�DOOD�ULIRUPD�*HQWLOH

La OHJJH�&DVDWL del ����, emanata anch’essa dal regime di pieni poteri (a causa della seconda

guerra d’indipendenza, il conflitto che vide battersi i franco-piemontesi contro gli austriaci),

definisce, al momento della sua promulgazione, l’ordinamento della scuola in riferimento ai territori

piemontesi e lombardi. In seguito alle vicende dell’unificazione, essa venne estesa a tutto il

territorio nazionale e divenne così il codice dell’istruzione del regno d’Italia. Da un punto di vista

formale, la Casati fu estesa integralmente con la OHJJH &RSSLQR del ���� sull’obbligo scolastico.

L’impianto della Casati durerà, come sostanza, quanto meno sino alla riforma Gentile, e per vari

aspetti anche oltre. La Casati era l’espressione della scelta organica liberal-moderata vincente: essa

puntava fondamentalmente a porre le basi, attraverso l’istruzione classica ed universitaria, per la

formazione di una classe dirigente di selezionata estrazione borghese, riservando un modesto spazio

all’istruzione tecnica, distinta e subordinata (e del resto affidata nel 1861 al Ministrero

dell’agricoltura, dell’industria e del commercio) e scaricando sulle gracili e restie spalle dei Comuni

quella elementare1. Si taceva, poi, del tutto degli asili, di fatto lasciati all’iniziativa della Chiesa.

Tali asili avevano lo scopo di tenere i bambini dei lavoratori, secondo un atteggiamento di

assistenzialismo paternalistico (non esisteva ancora un concetto di educabilità dell’infanzia) ed

infatti l’educazione infantile era sotto la giurisdizione del Ministero degli Interni2. L’obbligo era

quanto mai ridotto e senza incentivi. L’affidamento della scuola elementare ai Comuni era

oltremodo precario e darà risultati troppo differenziati e in troppi casi carenti, con danni per gli

alunni, non posti in condizione di frequentare davvero e bene la scuola, e per gli insegnanti,

sottoposti alle prepotenze, ai favoritismi clientelari, agli abusi, allo sfruttamento da parte delle

amministrazioni comunali.

6FXROH�HOHPHQWDUL: a cura e a carico dei Comuni (da un punto di vista amministrativo, perché i

programmi e le normative che regolavano i rapporti tra i maestri ed i Comuni venivano emanati dal

centro, cioè dallo Stato), essa era obbligatoria e gratuita, partiva dai 6 anni di età ed era articolata in

due grandi bienni (ma l’obbligo, che, in realtà, era formale e non osservato, riguardava solo il

primo). Secondo un principio di parziale laicizzazione, l’insegnamento della religione era affidato al

maestro laico di classe (anche se poi era molte volte un religioso).

Il senso sostanziale che si attribuisce all’intervento della scuola verso il popolo è il seguente:

una specie di azione paternalistica a senso unico, intesa alla civilizzazione e insieme alla

promozione del consenso. Tutto l’Ottocento sarà caratterizzato dall’esigenza di rendere l’istruzione

1 Solo l’istruzione secondaria classica era affidata allo Stato, mentre quella tecnica superiore era affidata alle Province. 2 I decenni successivi non videro nulla di nuovo dal punto di vista giuridico-istituzionale: lo Stato nei riguardi dell’educazione infantile si rese pressoché “latitante” e tale rimarrà per oltre un secolo, fino al 1968.

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quanto più possibile “educativa”, cioè di compensare i potenziali pericoli “eversivi” dell’istruzione

con la formazione morale, “piegando al bene” e, in ultima istanza, condizionando all’ordine e

all’obbedienza.

Con il decreto del ���� del ministro &RSSLQR si sopprime l’Ispettore provinciale per

l’istruzione elementare sostituendolo col Provveditore e si pone a capo del Consiglio provinciale

scolastico, con funzione deliberativa, il Prefetto, vincolando ancora di più al potere centrale.

Dall’LQFKLHVWD�PLQLVWHULDOH�0DWWHXFFL�del ���� emerse una profonda debolezza della scuola

nella sua edilizia, nella sua diffusione e frequenza, nello iato grave tra Nord e Sud,

nell’impreparazione dei suoi insegnanti. La principale causa di insuccesso sostanziale della scuola

elementare è, in primo luogo, la miseria delle famiglie, quella dei maestri, precari e pagati

malissimo, e la miseria di tanti Comuni.

Perido di governo della sinistra storica: si provvede a migliorare la condizione dei maestri

(aumento degli stipendi minimi, nel 1876, limitazione dell’autonomia comunale nel settore della

nomina e del licenziamento dei maestri, nel 1885, istituzione del Monte Pensioni dei Maestri, nel

1878). Si aumentano gradualmente, sino alla fine del secolo, le spese statali complessive per

l’istruzione, passando dal 1,7% nel 1877 al 2,9% nel 1900. La riforma più importante, tuttavia, è la

OHJJH�&RSSLQR del ����, con cui l’obbligo scolastico passa dai due ai tre anni. Con dettagliate

procedure erano previste per i genitori degli inadempienti prima l’ammonizione, e quindi ammende.

Erano previste, inoltre, ammende per richiamare i Comuni all’obbligo di istituire e mantenere le

scuole elementari, prevedendo per essi anche sussidi dello Stato (ma poteva bastare tutto ciò di

fronte a quell’impedimento grave e diffuso della miseria delle famiglie?). La legge Coppino

prevedeva, inoltre, anche una forte riduzione dell’insegnamento della religione cattolica. Con la

OHJJH�'H�6DQFWLV del ���� la ginnastica educativa viene introdotta come insegnamento obbligatorio.

Lo slancio riformista incappa, tuttavia, nel periodo crispino (1887-1896), caratterizzato da un

proposito marcatamente “educativo” e in sostanza conservatore, che si può sintetizzare con la nota

formula di Baccelli: “Istruire il popolo quanto basta, educarlo più che si può”, legato alla paura che

percorse la borghesia a causa delle agitazioni popolari e socialiste. Con la OHJJH &RSSLQR del ����la scuola elementare viene strutturata finalmente in 5 classi. L’Ottocento comunque si chiude per la

scuola elementare con esiti deludenti, senza svolte significative, anche se insieme a una crescita

indubbia, ma troppo lenta e differenziata, anche per la forte incidenza della questione meridionale e

sociale non affrontata.

Età giolittiana: insieme alla crescita, all’espansione ed al rafforzamento della scuola elementare

e popolare, sono incrementate le attività parallele e complementari degli asili infantili, dei corsi per

adulti lavoratori analfabeti e per emigranti, le biblioteche e le università popolari , i ricreatori (per i

giorni festivi) e gli educatori (per le ore postscolastiche) con la refezione per i figli dei lavoratori, in

generale le iniziative di assistenza scolastica. Allo sviluppo della scuola si aggiunge la pressione

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degli insegnanti finalmente organizzati in associazioni nazionali: O¶8QLRQH�0DJLVWUDOH� 1D]LRQDOH��8�0�1��, nata nel 1901, e la )HGHUD]LRQH�1D]LRQDOH�,QVHJQDQWL�6FXROD�0HGLD��)�1�,�6�0��, nata nel

1902. Le due associazioni rimarranno in vita sino al 1925, quando l’avanzante totalitarismo fascista

le costringerà a sciogliersi. La F.N.I.S.M. si ricostituirà poi, dopo la seconda guerra mondiale.

L’analfabetismo scende, nel 1921, al 27,3%.

Vediamo più in dettaglio gli apporti all’istruzione elementare durante l’età giolittiana:

• /HJJH�1DVL�del ����: fornisce nuove e più “garantistiche” disposizioni per la nomina e il

licenziamento dei direttori didattici e dei maestri elementari, limitatrici della spesso abusiva

condotta dei Comuni al riguardo. La legge era un impegno serio per regolare il rapporto del

Comune col maestro, rapporto fin lì prevaricatorio e arbitrario, come denunziato da casi

emblematici quale quello tragico della povera maestra Donati, suicida nel 1886, per protesta

contro l’ingiusta accusa di essersi sottomessa alle voglie del Sindaco del Comune ove

insegnava.

• /HJJH�2UODQGR del ����: in essa si stabilisce il prolungamento dell’obbligo scolastico a 12

anni di età (prevedendo, inoltre, sanzioni più funzionali per gli evasori scolastici), la

riduzione a quattro anni della scuola elementare, l’istituzione delle classi V e VI (FRUVR�SRSRODUH, con carattere di cultura generale e di primo avviamento professionale),

l’istituzione di corsi serali e festivi per adulti analfabeti, l’assunzione, da parte dello Stato,

dei nuovi oneri derivanti dall’aumento di stipendio concesso ai mastri.

• /HJJH SHU� LO� 0H]]RJLRUQR� (ad opera del ministro 6RQQLQR) del� ����: prevede diretti

finanziamenti statali da devolvere ai Comuni del Meridione per il potenziamento della

scuola popolare, per migliorare il processo di alfabetizzazione.

• ,QFKLHVWD�&RUUDGLQL�del�����������sulla scuola elementare: essa innanzitutto riconferma il

forte stacco fra Nord e Sud, circa la diffusione e frequenza delle scuole, e l’inadeguata

azione di tanti Comuni. Accadeva, paradossalmente, in tal modo che la spesa per la scuola

fosse più forte ove i Comuni erano più ricchi e più ridotta proprio dove il bisogno era più

grave. In questa denuncia Corradini poneva le basi dell’avocazione delle scuole elementari

allo Stato, sottraendole alla carente gestione comunale, come avverrà con la legge Daneo-

Credaro del 1911.

• /HJJH 'DQHR�&UHGDUR� del� ����: finalmente le scuole elementari vengono tolte

all’amministrazione comunale e passano alle dipendenze dirette dello Stato. Il Consiglio

scolastico provinciale, in parte elettivo, non è più presieduto dal Prefetto3, ma dal

Provveditore. Rimangono autonomi per l’istruzione elementare i Comuni più grandi,

capoluogo di provincia o di circondariato. Tale legge, inoltre, prevede tutta una serie di

3 Fino al 1911 la scuola era, infatti, tutelata dal Ministero degli Interni, di cui il Prefetto era un funzionario.

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interventi per lo sviluppo della scuola elementare. Un altro punto importante della legge del

1911 era l’obbligo di istituzione in ogni Comune del 3DWURQDWR� VFRODVWLFR4 quale ente

morale con propri soci, con proprio Consiglio di amministrazione, con fondi ricavati dai

contributi dei soci, dai sussidi dello Stato, dagli stanziamenti per l’assistenza scolastica del

Comune, della Provincia e di altri enti. Esso è rivolto all’organizzazione di servizi, piuttosto

che di sussidi ad personam, tramite la promozione di istituzioni pre e para-scolastiche. I

Patronati scolastici saranno definitivamente sciolti nel 1977 a causa della visione meramente

assistenziale e caritatevole delle sue finalità, decisamente anacronistica, in un tempo in cui

lo stesso concetto di assistenza scolastica veniva via via sostituito da quello di diritto allo

studio. Le loro funzioni ed i loro beni passeranno ai Comuni, tenuti a realizzare il diritto allo

studio secondo leggi regionali relative.

6FXROH VHFRQGDULH:

• LQGLUL]]R� ³FODVVLFR´ (consentiva l’accesso alle Università, e, dunque, preparava la futura

classe dirigente): l’istruzione secondaria veniva impartita nei JLQQDVL (tre anni) e nei OLFHL(tre anni), per una durata complessiva del corso pari a sei anni (che passerà ad otto, con il

UHJRODPHQWR� 0DPLDQL del ����, tramite il prolungamento dei trienni ginnasiali in

quinquenni);

• LVWUX]LRQH� WHFQLFD (istruzione agraria, commerciale, industriale): era rivolta ai giovani che

intendevano dedicarsi a carriere nel pubblico servizio, nelle industrie nei commerci e nel

settore agrario, svolgendo piccoli impieghi (professioni intellettuali vicine alla manualità).

L’istruzione tecnica era anch’essa suddivisa in due distinte istituzioni: le VFXROH WHFQLFKH(tre anni) e gli LVWLWXWL�WHFQLFL (tre anni).

La scuola tecnica triennale, successiva alla scuola elementare, non ebbe l’esclusiva

funzione di corso inferiore degli istituti tecnici, ma assunse caratteristiche autonome di

scuola media di primo grado senza latino, nella quale si insegnavano alcune nozioni di

contabilità e di merceologia e si offrivano pertanto le basi per l’inserimento nel settore

impiegatizio pubblico e privato.

Nella Casati era previsto l’accesso all’università solo per i licenziati dai licei, tuttavia, nel

succitato UHJRODPHQWR�0DPLDQL� del ����, fu istituita, tra le sezioni degli istituti tecnici, quella

ILVLFR�PDWHPDWLFD, che consentiva l’iscrizione alle facoltà di scienze fisiche, matematiche e naturali.

Ciò è stato il primo riconoscimento, seppur parziale, del significato formativo che gli studi

scientifici e tecnici avevano alla medesima stregua di quelli umanistici. Ma quasi

4 L’idea di provvedere agli alunni bisognosi con “soccorsi” compare per la prima volta nella legge sull’obbligo scolastico nel 1877. La nascita, nel 1897, del Patronato come ente strutturato e oggetto di attenzione e cura esplicita da parte del Ministero, si deve, invece, al ministro Gianturco.

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contemporaneamente, ad opera di De Sanctis e Stella, venne deciso il trasferimento dell’istruzione

tecnica e di tutte le scuole professionali al ministero appena istituito dell’agricoltura, industria e

commercio.

Fu soprattutto nell’età giolittiana che le tendenze riformatrici si fecero sentire:

• nel ���� si ha il ULRUGLQR�GHJOL�VWXGL�VHFRQGDUL: la proposta più significativa (ad opera della

Commissione reale d’inchiesta per il riordino degli studi secondari, nominata dal minmistro

Bianchi) fu senza dubbio quella dell’XQLILFD]LRQH�GHL�FRUVL� LQIHULRUL�degli istituti tecnici e

dei licei. Portata a termine la IV elementare, i giovani si sarebbero trovati di fronte a due

strade: il corso popolare, oppure questa secondaria inferiore unitaria, di durata triennale,

senza l’insegnamento del latino, al termine della quale i licenziati avrebbero potuto scegliere

tra i licei e gli istituti tecnici. Tale proposta, tuttavia, non fu approvata, a causa

dell’opposizione (sostenuta principalmente da Salvemini) delle classi medio-elevate.

• ����: istituzione del JLQQDVLR�OLFHR� PRGHUQR, come corso parallelo al ginnasio-liceo

“classico”, intesa come scuola di preparazione ad alcune facoltà universitarie, non fine a se

stessa: il greco era sostituito da una seconda lingua straniera, mentre la prima (il francese)

veniva impartito fino alla prima classe liceale. Esso ha una vita breve, per cui non si sono

potuti valutare i frutti di tale sperimentazione.

• ����: suddivisione delle scuole industriali, artistico-industriali e professionali femminili in

tre gradi: il primo era costituito dalle VFXROH�RSHUDLH�SHU�DUWL�H�PHVWLHUL (triennali), il secondo

dalle VFXROH�LQGXVWULDOL (quadriennali), il terzo dagli LVWLWXWL�LQGXVWULDOL (quadriennali).

Per insegnare nelle scuole secondarie bisognava aver conseguito una laurea ed una sorta di

“abilitazione”, che consisteva nell’esporre una lezione preparata dal futuro insegnante. Dopo

l’abolizione, con la riforma Gentile, delle VFXROH� GL� 0DJLVWHUR (comunque, non obbligatorie), si

istituirono i concorsi, in cui, tuttavia, non erano richieste conoscenze pedagogiche.

6FXROH QRUPDOL: erano divise in maschili e femminili. Non erano a nessun effetto considerate

scuole secondarie e non avevano neppure un corso inferiore: soltanto nel ���� il ministro

*LDQWXUFR ne decise l’istituzione (VFXROD�FRPSOHPHQWDUH, triennale e limitata alle sole ragazze). Il

corso era triennale e l’iscrizione avveniva, senza richiesta di precedenti titoli di studio, con il

superamento di un esame al quale erano ammessi i giovani di 16 anni di età e le giovani di 15. Dopo

due anni gli alunni potevano conseguire la SDWHQWH�G¶LQVHJQDPHQWR nel corso inferiore della scuola

elementare (conseguibile anche nelle scuole magistrali biennali), dopo tre anni quella

d’insegnamento.

Con la OHJJH 'H�6DQFWLV del ����, cui seguirà la OHJJH 'H�6DQFWLV�%DFFHOOL�del�����, vengono

istituiti a Firenze e a Roma due ,VWLWXWL�6XSHULRUL�)HPPLQLOL�GL�0DJLVWHUR, aperti alle maestre che

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volevano, in una istituzione di grado superiore, prepararsi ad insegnare in scuole professionali e

scuole normali femminili. La riforma Gentile li potenzierà aprendoli anche agli uomini e

prevedendo sbocchi diversi. Nel 1935 e 1936 diverranno le )DFROWj� GL� PDJLVWHUR, come

essenzialmente sono ancora oggi.

Il 0LQLVWUR�&UHGDUR istituirà, nel ����, corsi di perfezionamento per i licenziati delle scuole

normali, correntemente detti “VFXROH SHGDJRJLFKH”, corsi universitari aperti nelle Università per la

preparazione alla funzione direttiva ed ispettiva dei maestri, che dureranno fino al 1923.

8QLYHUVLWj: dalla formazione dello stato unitario alla prima guerra mondiale lo sviluppo del

sistema universitario italiano è lentissimo. I giovani appartenenti a ceti sociali diversi da quelli che

tradizionalmente frequentano l’università non giungono neppure al completamento degli studi

secondari. Le stesse sedi universitarie sono quelle “storiche”, sicché si perpetuano i rilevantissimi

squilibri determinati dalle diverse situazioni negli Stati pre-unitari: dalle 4 Università dell’Emilia

Romagna all’unica (Napoli) dell’intera Italia meridionale, ove si deve attendere il 1923 per

l’istituzione dell’Università di Bari.

La legge Casati articolava l’università in 4 facoltà: *LXULVSUXGHQ]D, /HWWHUH�H�ILORVRILD, 0HGLFLQDH FKLUXUJLD, 6FLHQ]H�PDWHPDWLFKH��ILVLFKH�H�QDWXUDOL, più quella di 7HRORJLD, soppressa nel 1873, e

faceva appena riferimento ad una “Scuola d’applicazione” (Ingegneria), annessa alla facoltà di

Scienze matematiche, fisiche e naturali dell’Università di Torino; ma nei decenni successivi si

sviluppano sempre più numerosi, soprattutto nel settentrione, corsi di Ingegneria, di Veterinaria, di

Agraria, di Economia, di Studi sociali, variamente configurati dal punto di vista giuridico-

amministrativo.

Vengono definite molto in dettaglio le norme sui docenti: accanto al SURIHVVRUH�RUGLQDULR, la cui

nomina è a vita, ci sono SURIHVVRUL�VWUDRUGLQDUL, nominati dal ministro di anno in anno, e incaricati

speciali; sono, infine, previsti insegnanti a titolo privato. I concorsi per professore ordinario

possono essere per titoli o per esame, ma quest’ultima forma, meno manovrabile, cade subito in

desuetudine. Circa l’organizzazione didattica, è analiticamente disciplinato soprattutto ciò che

concerne gli esami. Vi è in primo luogo un esame di ammissione (a cui, tuttavia, non si dà luogo);

poi esami speciali relativi ai singoli corsi; infine 3 esami generali per conseguire la laurea.

/D�ULIRUPD�*HQWLOH�������

La politica scolastica del fascismo, dittatura antipopolare legata agli interessi dei ceti agrari e

industriali e valorizzatrice di alcune delle aspirazioni unilaterali della borghesia, con ingannevoli

coperture di tipo demagogico e con caratterizzazioni ideologiche statalistico-totalitarie e

imperialistiche, è contraddistinta nel suo primo periodo dal pensiero e dall’azione di *LRYDQQL�

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*HQWLOH, fatto ministro nel primo governo (ancora di coalizione e non di regime) di Mussolini nel

1922. Le successive insofferenze del regime verso di lui non riusciranno a mutare nella sostanza

l’impianto della scuola da lui dato e che per molti aspetti durerà ancora fino ai nostri giorni.

La ULIRUPD�*HQWLOH, realizzata nel ���� sotto il regime di pieni poteri, fu una restaurazione

dell’ordine sociale e culturale, del sistema formativo ispirato alla priorità dei valori dello spirito,

alla diversità delle funzioni sociali, ai principi di disciplina e di religiosità. Lo scopo era quello di

realizzare una seria e selettiva formazione dei ceti dirigenti e a scaricare la scuola statale dai troppi

aspiranti poco dotati, da cui lo slogan “poche scuole, ma buone” (in realtà ciò era legato anche a

motivazioni di ordine finanziario, causa il dissesto economico in cui versava l’Italia dopo la guerra).

Tale riforma non forniva, di fatto, pari opportunità, poiché i percorsi scolastici per le varie classi

sociali erano già prestabiliti, anche se, legalmente, tutti potevano accedere a tutto.

Dal punto di vista dell’DPPLQLVWUD]LRQH�VFRODVWLFD, c’è un forte ritorno all’esecutivo (dall’alto

verso il basso, e non viceversa), come nella Casati: viene abolita, nei vari organi collegiali (ridotti a

compiti solo consultivi) e individuali, la nomina elettiva, a favore di una nomina regia o

ministeriale; si assiste ad una accentuazione gerarchica e monocratica dei poteri del Ministro, del

Provveditore, del Preside, dell’Ispettore didattico e del direttore Didattico. Viene restituita, dunque,

centralità al Re ed al Ministro.

Prima di passare all’analisi delle modifiche introdotte dalla riforma, è necessario porre l’accento

su due suoi aspetti fondamentali:

• rinvigorimento della funzione selettiva (con introduzione degli esami in ingresso ed in

uscita, tramite cui s’intendeva “scremare” la popolazione scolastica);

• contrapposizione tra organizzazione gerarchica interna alla scuola e libertà didattica (ma non

di ideologia) degli insegnanti, derivante dal fatto che i programmi non erano

d’insegnamento, ma d’esame.

6FXROH HOHPHQWDUL:• estensione dell’obbligo scolastico fino ai 14 anni di età, stabilita per la sottoscrizione di un

impegno internazionale (ma l’attuazione di tale impegno rimarrà soprattutto sulla carta);

• il corso elementare è riportato a cinque anni e, simbolicamente, integrato dal “grado

preparatorio” (asilo, giardino d’infanzia: erano i tempi della Montessori), che resterà quasi

del tutto privato (e di fatto confessionale).

• per rendere possibile la frequenza scolastica obbligatoria, Gentile propose, quale soluzione

di massa, il FRUVR�LQWHJUDWLYR, un triennio successivo alla scuola elementare e che non aveva,

quindi, carattere di secondarietà. I suoi programmi erano un completamento molto modesto

dell’insegnamento elementare, con un tentativo professionalizzante. Carattere di

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secondarietà avrebbe dovuto avere invece la nuova triennale VFXROD�FRPSOHPHQWDUH, senza

latino e di generica cultura generale. Il programma era ricalcato su quello della preesistente

scuola tecnica, ma, a differenza di questa, la scuola complementare non permetteva la

prosecuzione degli studi e, dunque, costituiva un “canale di scarico” per evitare che un gran

numero di giovani affluisse alle vere scuole secondarie. Dal che si vede la forte

divaricazione che la riforma gentile segnava tra scuola (con latino) di formazione dei ceti

dirigenti e intermedi (il settore dei periti) e scuola del popolo, destinato al suo destino chiuso

senza emancipazione.

• reintroduzione dell’insegnamento obbligatorio della religione cattolica (esteso anche alla

scuola secondaria nel 1929, con i Patti lateranensi) secondo la prospettiva gentiliana

“religione come prima filosofia popolare”.

• libri di teso: il libro di scuola dell’Ottocento era stato accentuatamente moralistico, classista,

esortativo, inautentico, retorico. Un qualche primo spiraglio alla vita e alla realtà si apre nei

libri di testo dell’età giolittiana, ma fu grazie a Giuseppe Lombardo Radice5 che i libri di

testo raggiungono il loro momento più bello di espansione didattica, artistica, letteraria,

culturale, finché, nel 1929, il regime istituisce il OLEUR� XQLFR� GL� 6WDWR per la scuola

elementare, compilato per tutti dal centro, che svuotava di ogni significato ideale il tentativo

di riorganizzare la scuola effettuato da Gentile e Radice.

6FXROH�VHFRQGDULH:

Gentile non si allontanò poi tanto dal sistema casatiano, ma lo rese più organico, inserendovi, in

maniera più precisa, le correzioni e le modifiche che erano state introdotte nel corso di oltre

sessant’anni. Rispetto alla Casati, si nota soprattutto la fedeltà al principio della supremazia

dell’istruzione classica (introduce, per esempio, il latino in tutte le scuole secondarie inferiori). Per

creare una scuola molto selettiva, Gentile istituì tutta una serie di esami: per essere ammessi alle

scuole secondarie inferiori, per poter passare dalla secondaria inferiore a quella superiore, al

termine del corso superiore (introducendo l’esame di Stato, con commissioni esterne, composte

anche da professori universitari, venendo incontro alle richieste delle scuole private, così

incoraggiate).

,VWUX]LRQH� VHFRQGDULD� LQIHULRUH: ginnasio inferiore (triennale), corso inferiore dell’istituto

tecnico (quadriennale), corso inferiore dell’istituto magistrale (quadriennale).

5 Giuseppe Lombardo Radice fu chiamato alla direzione generale dell’istruzione elementare dal 1922 al 1924, anno in cui , in seguito al delitto Matteotti, abbandona polemicamente la carica. Radice, pedagogista, gentiliano, ma di forte sentimento popolare, svolse un’attività intensissima ed ammirevole di innovazione della scuola elementare. In particolare, i suoi programmi per la scuola elemetare sono di grande rilievo educativo, momento importante dello sviluppo della didattica italiana. Questi programmi, inoltre, sviluppavano fortemente gli insegnamenti e le attività artistico-espressivi (canto, disegno diario, lettura di prose e poesie) in chiave, si può dire, attivistica e di riforma dell’infanzia.

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,VWUX]LRQH�VHFRQGDULD�VXSHULRUH:

• in luogo delle scuole normali, Gentile istituisce l’,VWLWXWR�PDJLVWUDOH (4 anni di inferiori e 3

di superiori, contro gli 8 anni dei licei e degli istituti tecnici), sorta di liceo incentrato sulla

cultura umanistica, ma senza una vera professionalità magistrale (la psicologia venne

eliminata e la pedagogia ridotta a problematica filosofica) e senza tirocinio (secondo l’idea

gentiliana che la realtà è solo creazione spirituale). Esso era, di fatto, un istituto di cultura

popolare (da cui “liceo minor”, come veniva anche detto). L’istituto magistrale non

consentiva l’accesso all’università, ma gli abilitati di tale scuola avrebbero potuto iscriversi

all’LVWLWXWR�VXSHULRUH�GL�PDJLVWHUR (ma i posti erano limitati e vi si accedeva per concorso),

evoluzione dell’istituto di magistero femminile, che andava assumendo fisionomia di vero e

proprio corso universitario (era una sorta di facoltà di lettere e filosofia). Inizialmente

produce dirigenti di scuola elementare e docenti per l’istituto magistrale.

• le due scuole superiori istituite da Gentile, il OLFHR�VFLHQWLILFR (erede del Liceo moderno di

Credaro) ed il OLFHR�IHPPLQLOH, non avevano corso inferiore (vi si accedeva dopo quattro anni

di scuola media inferiore e al compimento del quattordicesimo anno di età). L’eliminazione

della sezione fisico-matematica dell’Istituto tecnico bloccò quella via popolare di accesso

all’università. Il liceo scientifico era una sorta di istituto classico, innestato con nozioni

scientifiche e studio delle lingue straniere. Esso non consentiva l’accesso alle facoltà di

Lettere e filosofia e di Giurisprudenza. Il liceo femminile avrebbe dovuto “scaricare” dai

ginnasi-licei e dagli istituti magistrali le ragazze appartenenti a famiglie benestanti che non

avevano prospettiva di esercizio professionale. Esso non consentiva l’accesso all’università.

Entrambe le esperienze furono fallimentari.

• LVWLWXWR�WHFQLFR: fu ridotto a soli due indirizzi (agrimensura, che diventerà istituto tecnico per

geometri, e commerciale), trascurando completamente le istruzioni industriale ed agraria.

Esso formava personale impiegatizio di livello medio-alto per tutti i campi di attività e di

libere professioni (ad esempio, ragionieri e geometri).

• OLFHR�JLQQDVLR (o liceo classico): rimaneva l’istituzione scolastica privilegiata, la scuola che

avrebbe dovuto preparare la classe dirigente del Paese. Accanto all’italiano, al latino, al

greco alla storia, la filosofia assumeva, nei programmi gentiliani, un ruolo di primissimo

piano, consentendo la formazione dello spirito critico, la realizzazione del momento più alto

della vita dello spirito (negli istituti tecnici l’insegnamento della filosofia veniva sostituito

con quello del diritto).

• istituzione del OLFHR� DUWLVWLFR, in cui si studia l’essenza dell’arte, che è un momento di

elevata spiritualità, in quanto creazione, e quindi nettamente separato dalle scuole d’arte,

dove, più che altro, si svolgevano attività pratiche.

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8QLYHUVLWj:

La riforma Gentile è liberale nella didattica, ma con precise connotazioni fasciste nella politica

(per esempio, attraverso la necessaria fedeltà, nelle università statali, del Rettore, nominato

d’autorità).

Si ha una concezione radicalmente elitaria dell’istruzione superiore, che doveva essere

prettamente finalizzata alla scienza, distaccandosi chiaramente da funzioni professionalizzanti.

Si mantengono, come facoltà, le quattro tradizionali, accanto alle quali restano collocate come

scuole la Farmacia, l’Ingegneria, l’Architettura, mentre vengono espulse (collocandole alla

dipendenza del Ministero dell’Economia nazionale) l’Agraria e la Veterinaria, vengono soppresse le

Scuole di Magistero (chi sa, sa insegnare) e vengono ignorate le Scienze economiche e

commerciali.

L’accesso all’università era consentito solo a coloro che erano in possesso di maturità classica o

scientifica (dal liceo scientifico non si poteva, tuttavia, accedere alle facoltà di Lettere e filosofia e

di Giurisprudenza)6: ciò, di fatto, taglia fuori dagli studi superiori chi non appartenga a famiglie di

ceto medio-alto.

'D�*HQWLOH�D�%RWWDL

Il dopo Gentile (il filosofo siciliano abbandonò il ministero della pubblica istruzione poco dopo

il delitto Matteotti) fu un susseguirsi di ritocchi tendenti ad attenuare le restrizioni imposte dalla

riforma originaria, mantenendo soltanto quelle che avrebbero consentito alla borghesia, principale

fruitrice delle superiori, di esercitare il controllo sull’istruzione secondaria, evitando che ad essa

potessero accedere giovani provenienti dai ceti inferiori. Inoltre, la libertà dei programmi della

riforma Gentile mal si conciliava con le idee fasciste: essi verranno, dunque, ripristinati e definiti

fin nei minimi particolari.

Principali modifiche alla riforma Gentile:

• ristrutturazione delle varie iniziative d’istruzione professionale (per adeguare

l’organizzazione italiana dell’istruzione a quella dei paesi più avanzati nella ricerca

scientifica e tecnologica): istituzione di speciali FRUVL� SHU� PDHVWUDQ]H con lo scopo di

integrare le capacità di lavoro conseguite dall’apprendista e dall’operaio con un programma

di conoscenze culturali generali, tecnologiche, grafiche, pratiche (aveva lo scopo di

mantenere i giovani lavoratori sotto controllo, evitando che avessero tempo da dedicare alla

6 Le uniche eccezioni sono: dall’Istituto tecnico ad Agraria oppure a Scienze economiche e commerciali, dal liceo artistico ad Architettura.

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politica). Inoltre si ha, sotto il ministro %HOOX]]R, nel 1928, il passaggio di tutta

l’organizzazione scolastica professionale sotto il Ministero dell’Educazione nazionale e la

trasformazione delle scuole complementari, unificate ai preesistenti corsi integrativi, nelle

VFXROH� GL� DYYLDPHQWR� DO� ODYRUR, successivamente denominate VFXROH� GL� DYYLDPHQWR�SURIHVVLRQDOH, suddivise in vari indirizzi: commerciale, industriale, industriale femminile,

agrario, marinaro. Esse consentivano, quale unica prosecuzione, la frequenza della VFXROD�WHFQLFD ELHQQDOH, di nuova istituzione.

• estensione, in seguito alla sottoscrizione, nel 1929, dei Patti lateranensi, dell’insegnamento

obbligatorio della religione a tutte le scuole medie di ordine e grado.

• provvedimenti un favore delle scuole private (dagli anni Trenta): nei Patti lateranensi fu

stipulato che, per le scuole medie tenute da enti ecclesiastici e religiosi, sarebbe stato

mantenuto l’esame di Stato (la composizione della cui commissione fu rivista dal governo

fascista onde rapportarla ad una valutazione degli alunni meno intransigente di quella

immaginata da Gentile), come garante GHOO¶LVWLWXWR� GHO� SDUHJJLDPHQWR, che assicurava la

corrispondenza dell’ordinamento della scuola pareggiata con quello della scuola pubblica.

Nel 1938 fu promosso anche l’LVWLWXWR� GHO� ULFRQRVFLPHQWR� OHJDOH, o SDULILFD, delle scuole

private che avessero corrisposto a certi impegni di gran lunga più lievi, soprattutto

finanziariamente, di quelli previsti per il pareggiamento.

%RWWDL��OD�&DUWD�GHOOD�6FXROD

A %RWWDL va attribuita la stesura della Carta della Scuola (presentata al Gran consiglio del

fascismo nel ����), un documento con il quale il fascismo ed i suoi fiancheggiatori costruirono un

monumento di retorica, facendo attribuire alla Carta una portata che non ebbe e non soltanto per il

sopraggiungere della guerra. Non ne derivò, infatti, altro che:

• VFXROD� PDWHUQD biennale obbligatoria, governata solo a livello ispettivo dallo Stato ed

affidata, da un punto di vista amministrativo, ai Comuni e ad alcuni Enti locali;

• unificazione dei ginnasi e dei corsi inferiori degli istituti magistrale e tecnico attraverso la

creazione di un unico corso triennale denominato VFXROD�PHGLD (����). L’unificazione non

toccava, naturalmente, la scuola di avviamento (destinata allo scarico dei figli del

proletariato). Anzi, accanto ad essa, Bottai ritornava ad una scuola dagli 11 ai 14 anni

assegnata all’ordine elementare, la VFXROD�DUWLJLDQD, periferica, senza sbocchi e affidata ai

maestri (meno costosi dei laureati dell’avviamento). La vera unificazione della scuola media

ci sarà nel 1962.

• Il liceo scientifico è parificato agli altri con l’aggiunta del V anno.

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,O�VHFRQGR�GRSRJXHUUD

6FXROD�PDWHUQDAlla fine delle ostilità, grazie all’adozione di uno spirito restauratore (riflesso dell’ideologia

piccolo-borghese che si instaura principalmente in seguito alla “conquista” dello stato da parte del

cattolicesimo politico, del partito della Democrazia Cristiana), la scuola materna perse il suo

carattere preparatorio e/o pre-elementare, e riacquisì la funzione integrativa alla famiglia, con

riassunzione dei tratti privatistico, assistenzialistico, maternalistico, custodialistico,

confessionalistico.

Con il passaggio dai partiti di centro-destra ai partiti del centro-sinistra (democristiani,

socialisti, socialdemocratici e repubblicani), nel 1963, si apre la stagione del riformismo (che si

conclude nel 1971, anno in cui si registra una spinta a destra), non priva, tuttavia, di contraddizioni,

legate alla presenza di partiti così diversi all’interno della coalizione.

Nel ���� (terzo governo Moro) si giunse all’approvazione della OHJJH� ���, frutto del

compromesso tra le forze della maggioranza, fra le esigenze istituzionali e culturali di innovazioni

statalistiche e laiche e gli interessi confessionalistici per la conservazione dello status quo. Essa

decreta la QDVFLWD�GHOOD�VXROD�PDWHUQD�VWDWDOH, facoltativa e gratuita, che accoglie i bambini dai tre

ai sei anni di età. E’ istituita soprattutto nelle zone depresse o di accelerata urbanizzazione e le sue

sedi sono spesso decentrate.

La scuola materna statale, tuttavia, non è riuscita a decollare come nelle speranze ed anzi ha

dovuto ingaggiare una dura battaglia istituzionale ed educativa con la scuola non statale.

6FXROD�HOHPHQWDUHLa politica alla fine della seconda guerra mondiale si orienta all’inizio verso il ritorno alle

strutture della scuola liberale, ma senza slancio e fantasia innovatrice e senza tener conto del

bisogno di riforme radicali. Tratti salienti:

• 3URJUDPPL�GHO�����: ispirati dal pedagogista Carleton Washburne, allievo di Dewey,

sono fortemente nutriti di spirito democratico ed aperti al sociale. Il bambino deweyano

è un bambino attivo, dinamico e concretato nelle sue azioni. A causa delle resistenze

incontrate (un’eccessiva democratizzazione della scuola non era vista di buon occhio

da più parti), tali programmi dureranno solamente dieci anni e saranno addirittura

bruciati sulla pubblica piazza;

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• Promulgazione, il � *HQQDLR� ����, della &RVWLWX]LRQH� GHOO¶,WDOLD� UHSXEEOLFDQD

(compromesso tra cattolici e comunisti), con cui si passa da una concezione

paternalistica dell’educazione all’idea delle pari opportunità formative. In particolare,

essa sancisce l’istituzione di scuole statali di tutti gli ordini e gradi (articolo 33); il

diritto di istituire scuole private, senza oneri per lo Stato (articolo 33); l’obbligo

scolastico, di almeno otto anni (articolo 34); il diritto, per i capaci ed i meritevoli, di

raggiungere i gradi più alti degli studi (articolo 34);

• 3URJUDPPL�GHO����� (dureranno 30 anni): varati dall’egemonia cattolica del periodo,

essi ridimensionano la spinta progressista impressa con i programmi del ’45,

richiamandosi alle indicazioni di Hessen, allora proposte in Italia come “terza via” tra

attivismo deweyano e personalismo cattolico. Si ripropone un bambino tutto fantasia,

intuizione e sentimento, dunque un bambino idealista, ma nel senso deteriore del

termine roussoniano. L’insegnamento viene orientato in senso pesantemente

confessionale, riconfermando l’insegnamento religioso come “fondamento e

coronamento di tutta l’opera educativa”.

• ����: istituzione del tempo pieno nella scuola elementare, come rilancio delle migliori

tradizioni della scuola attiva e progressiva;

• ����: dopo aver pesantemente manipolato il testo proposto dalla commissione

Fassino7, il ministro )DOFXFFi vara i QXRYL SURJUDPPL per la scuola elementare.

�6FXROD�VHFRQGDULD• 6FXROD VHFRQGDULD� LQIHULRUH� dopo un intenso dibattito politico8 su come strutturare gli

ultimi tre anni della scuola dell’obbligo, finalmente si giunge, il �� 'LFHPEUH� ����,

all’istituzione della VFXROD PHGLD�VWDWDOH�XQLFD, gratuita ed obbligatoria e con carattere di

secondarietà. Tuttavia ci sono tutta una serie di contraddizioni:

1) Nell’ultimo anno si poteva scegliere tra l’insegnamento facoltativo del latino o delle

applicazioni tecniche;

2) Ci fu una carenza di organico, perché i professori delle superiori, provenienti da una

scuola di elite, non erano disposti ad insegnare in una scuola di massa.

7 I programmi proposti dalla Commissione, non sordi alle esigenze formative, ma fortemente impegnati in senso cognitivo, presupponevano una riforma della struttura della scuola elementare, che doveva essere portata, con pluralità di insegnanti, ad un orario “lungo” di almeno 32 ore settimanali, mentre la preparazione degli insegnanti doveva essere elevata a livello di laurea. Gli impegnativi programmi del 1985 furono, invece, applicati senza aver prima attuato tali riforme strutturali. 8 Netta divisione tra i partiti di centro-sinistra e cattolici, favorevoli ad una scuola dell’obbligo unitaria, con carattere di secondarietà, e quelli di centro-destra, che riproponevano una scuola a carattere postelementare (il corso complementare di gentiliana memoria).

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Nel ���� si ha l’istituzione della VFXROD PHGLD� D� WHPSR� SUROXQJDWR di 36-40 ore la

settimana.

• 6FXROD� VHFRQGDULD� VXSHULRUH: ci furono numerosi dibattiti circa il modo di riformare la

scuola secondaria superiore, criticata su vari fronti (scarso ruolo dell’istruzione tecnica,

scarsa differenziazione tra liceo classico e scientifico, esami di maturità e di abilitazione non

più garanti di una selezione obiettiva). Gli elementi di maggior contrasto sono stati:

1) ,QQDO]DPHQWR�GHOO¶REEOLJR dai 14 anni ai 15 o ai 16;

2) )LQDOLWj�GD�DWWULEXLUH�DO�ELHQQLR�REEOLJDWRULR (le opinioni si dividevano tra i fautori

di una scuola di formazione generale, partiti di sinistra, e quelli di una scuola avente

decisi obiettivi di addestramento professionale, partiti di destra);

3) 5LIRUPD�GHJOL�HVDPL�GL�6WDWR, sia riguardo le impostazioni (ai fini di una valutazione

più obiettiva, si proponeva il sopravvento delle prove scritte su quelle orali), sia

riguardo la formazione delle commissioni (c’era chi proponeva una commissione

prevalentemente interna, con vantaggi per le scuole non statali).

Nel ���� si introduce, negli istituti magistrali, la psicologia (però come percorso alternativo

alla filosofia)

Va ricordata, inoltre, la nascita, nel ����� degli ,VWLWXWL 3URIHVVLRQDOL�GL�6WDWR, corsi della

durata di due o tre anni, che prenderanno il posto delle scuole tecniche biennali. Avrebbero

dovuto formare personale specializzato (nei vari settori dell’industria, dell’artigianato,

dell’agricoltura, del commercio), ma privo di una reale autonomia nello svolgimento delle

proprie attività. La trasformazione degli Istituti Professionali a scuole di livello secondario si

ha solo a partire dall’A.S. �������, allorquando si consente l’accesso a tutti i corsi

universitari anche a coloro che sono in possesso della maturità professionale.

8QLYHUVLWjDagli anni ’60 inizia tutta una serie di dibattiti e proposte per riformare:

1) L’RUJDQL]]D]LRQH� GLGDWWLFD� (introduzione, da un lato, del diploma di laurea, con

caratteristiche tecnico-professionali e, dall’altro, del dottorato di ricerca, finalizzato

all’acquisizione di un più alto livello di approfondimento scientifico);

2) L’DVVHWWR�JHVWLRQDOH� LQWHUQR� (si vuole superare il tradizionale modello per cui ad ogni

cattedra corrisponde, in totale isolamento, un micro-istituto: le strutture scientifiche

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universitarie dovrebbero essere i Dipartimenti, a carattere interdisciplinare o,

comunque, di istituti policattedra);

3) Il SHUVRQDOH GRFHQWH (riassetto della docenza, con l’individuazione di tre sole figure

fondamentali, l’ordinario, l’associato ed il ricercatore, tra le molteplici esistenti;

definizione di uno stato giuridico ed economico differenziato tra i professori full time e

quelli che si dedicano anche ad attività extrauniversitarie).

Le suddette riforme (tranne quella relativa all’istituzione dei diplomi di laurea) saranno

effettuate solo nel ���� e nel ����, dopo venti anni di dibattiti.

Altri aspetti importanti sono:

• ����: è consentita l’iscrizione a talune facoltà universitarie, congruenti con gli studi

secondari seguiti, di diplomati da Istituti Tecnici (l’accesso a tutti i corsi di laurea per

studenti provenienti da scuole secondarie diverse dai licei sarà consentito nel ����);

• ����: istituzione dell’assegno di studio universitario;

• ����: si consente alle facoltà universitarie di approvare piani di studio studenteschi difformi

rispetto agli ordinamenti.

Altri aspetti importanti sono:

• 'HIDVFLVWL]]D]LRQH: essa procede a rilento e con cautela, per il timore degli alleati di

favorire le forze democratiche e di ostacolare la normalizzazione del paese in senso

moderato, alimentando il formarsi di atteggiamenti neofascisti. Di fatto sfugge

all’epurazione la quasi totalità dei dirigenti scolastici fascisti (si pensi a Nazareno

Padellaro), che mantengono intatte le proprie posizioni di potere e soprattutto la natura

autoritaria dei loro rapporti con gli insegnanti.

• 'HFUHWL� GHOHJDWL� GHO� ����: riguardano l’istituzione degli organi collegiali, nuove norme

sullo stato giuridico del personale docente, direttivo ed ispettivo, la normativa e gli

straordinari connessi agli organi collegiali, norme sulla sperimentazione, la ricerca educativa

e l’aggiornamento, norme sullo stato giuridico del personale non insegnante.

• /HJJH�����GHO�����: riferita insieme a scuola elementare e media, ha battuto sul valore della

“classe aperta”, della programmazione collegiale, dell’integrazione scolastica relativa anche

agli handicappati.