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Codice di Procedura Civile STM_600_CodiceProceduraCivile_Studium_2018_1.indb 47 16/01/18 09:54

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Codice di Procedura Civile

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R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443. Approva-zione del Codice di procedura civile (Suppl. ord. alla Gazzetta Ufficiale n. 253 del 28 ottobre 1940).

ViTTorio emanuele III Per grazia di dio e Per VolonTà

della nazione, re d’iTalia e di albania, imPeraTore d’eTioPia

Vista la legge 30 dicembre 1923, n. 2814, che autorizza il Governo del Re Im-peratore ad emanare un nuovo Codice di procedura civile;

Sentito il parere della Commissione delle Assemblee legislative, a termini dell’art. 2 del-la legge 30 dicembre 1923, n. 2814, e dell’art. 3 della legge 24 dicembre 1925, n. 2260;

Udito il Consiglio dei Ministri;Sulla proposta del Nostro Guardasigilli,

Ministro Segretario di Stato per la grazia e giustizia;

Abbiamo decretato e decretiamo:

1. Il testo del Codice di procedura civile è approvato ed avrà esecuzione a comincia-re dal 21 aprile 1942.

2. Un esemplare del Codice di proce-dura civile, firmato da Noi e contrassegna-

to dal Nostro Ministro Segretario di Stato per la grazia e giustizia, servirà di originale e sarà depositato e custodito nell’Archivio del Regno.

3. La pubblicazione del Codice di pro-cedura civile si eseguirà col trasmetterne un esemplare stampato a ciascuno dei Comuni del Regno, per essere depositato nella sala comunale e tenuto ivi esposto, durante un mese successivo, per sei ore in ciascun gior-no, affinché ognuno possa prenderne cogni-zione.

Ordiniamo che il presente decreto, mu-nito del sigillo dello Stato, sia inserito nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a San Rossore, addì 28 ottobre 1940.

VITTORIO EMANUELE Mussolini-Grandi

Visto, il Guardasigilli: Grandi

Registrato alla Corte dei conti, addì 28 ottobre 1940 – Atti del Governo, registro 426, foglio 72.

mancini

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libro iDISPOSIZIONI GENERALI

Il diritto processuale civile è una branca del diritto pubblico che studia e regola lo svolgi-mento del processo civile. Il processo civile – di-stinto in processo di cognizione [➠Libro II] e di esecuzione [➠Libro III] – è un procedimento nell’ambito del quale si esercita la giurisdizio-ne sulle controversie sorte in relazione a situa-zioni giuridiche regolate dal diritto civile (fun-zione giurisdizionale civile). Tale procedimento è caratterizzato da un insieme di atti ed attività autoritative che trovano fondamento nella Costi-tuzione (art. 24 e Titolo IV Parte II) e che sono disciplinate nel codice di procedura civile.

Il legislatore riconosce al cittadino la possibi-lità di adire un’ulteriore forma di tutela giurisdi-zionale, l’arbitrato [➠Libro IV, Titolo VIII] che è uno strumento privato di risoluzione delle contro-versie, alternativo alla giurisdizione ordinaria.

In virtù dell’art. 24 Cost., per cui “tutti posso-no agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”, il legislatore tutela ogni si-tuazione giuridicamente protetta.

Il codice di procedura civile, oggetto del no-stro studio, è l’insieme delle norme che regolano il “rito civile”, cioè l’instaurazione, la forma, il funzionamento e gli effetti del giudizio civile, il cui fine è la tutela giurisdizionale.

La tutela giurisdizionale è definita tutela se-condaria (o strumentale) in quanto costituisce lo strumento di attuazione delle situazioni sostan-ziali protette, nelle ipotesi in cui queste non si ve-rifichino spontaneamente. Il presupposto dell’at-tività giurisdizionale è, quindi, l’illecito, cioè il concreto comportamento difforme dal dettato normativo e che rileva in quanto lede le situazio-ni giuridiche che il legislatore protegge (il pro-cesso penale, al contrario, mira alla repressione degli illeciti ed alla conseguente applicazione della sanzione penale).

Lo scopo della giurisdizione civile non è pu-nire il trasgressore della norma, ma raggiungere lo stesso effetto previsto dalle norme sostanziali a prescindere dalla volontà del soggetto obbligato.

La tutela primaria delle situazioni sostan-ziali protette (in primis i diritti) è garantita dal-le norme del codice civile, che all’articolo 2907 dispone: “…alla tutela giurisdizionale dei dirit-ti provvede l’autorità giudiziaria ordinaria…”, riferendosi così alla natura sostitutiva del dirit-to processuale civile. Ciò vuol dire che l’attività giurisdizionale oltre a tradursi in un’attività stru-mentale rispetto a quella sostanziale (delle norme civili) si configura anche come attività sostitutiva rispetto a quest’ultima. Infatti gli organi giurisdi-zionali si sostituiscono, in via secondaria, a colo-ro che avrebbero dovuto tenere il comportamento previsto dalle norme sostanziali in via principale, al fine di attuare una situazione che risulta essere stata lesa (esempio n. 1). Occorre in ogni caso precisare che, così come le norme che regolano i rapporti materiali creano situazioni soggettive attive e passive, ovvero diritti, obblighi, potestà, oneri, ecc., così anche le norme che disciplinano il processo civile danno luogo ad analoghe situa-zioni soggettive, ovvero poteri del giudice, diritti di iniziativa e di impulso delle parti, oneri, ecc. Tali situazioni risultano essere funzionali al pro-cesso sì da produrre effetti nell’ambito di questo, anche se, in pratica, il risultato dell’attività giuri-sdizionale è destinato ad incidere nella sfera dei rapporti materiali (esempio n. 2).

Il processo civile ha inizio nel momento in cui l’attore [➠163] (colui che agisce) ritiene di essere stato danneggiato dal convenuto [➠163] (colui che è chiamato in causa) e vuole che il giudice gli renda giustizia: a tale scopo il primo propone una domanda giudiziale [➠99] nei con-fronti del secondo, nell’esercizio del diritto all’a-zione [➠99-111], il cui fine è, appunto, quello di ottenere una pronuncia giurisdizionale.

Il Libro I del Codice in commento contiene le Disposizioni generali, cioè i principi generali che regolano il processo civile. Esso si suddivide in sei Titoli:

– Titolo I: Degli organi giudiziari [artt. 1-68]; – Titolo II: Del pubblico ministero [artt. 69-74];

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LIBRO I – DISPOSIZIONI GENERALI

– Titolo III: Delle parti e dei difensori [artt. 75-98];

– Titolo IV: Dell’esercizio dell’azione [artt. 99-111];

– Titolo V: Dei poteri dei giudici [artt. 112-120];

– Titolo VI: Degli atti processuali [artt. 121-162].

1. Nadia stipula un accordo con Francesco af-finché gli consegni una determinata cosa. France-sco è inadempiente. Nadia, che non ha ricevuto la merce, ha interesse alla consegna di quanto pat-tuito e non alla punizione di Francesco. Nadia si rivolge al giudice, affinché riconosca il suo dirit-to ed imponga a Francesco di consegnare la mer-ce, oltre il risarcimento del danno secondo quanto stabilito dal codice civile. Qualora Francesco si rifiutasse ancora di adempiere, Nadia, per effetto della sentenza e ad opera dell’ufficio esecutivo, può ottenere l’esecuzione dell’obbligazione.

2. L’inottemperanza dell’onere della prova [c.c. 2697]:

– immediatamente, comporta l’effetto pro-cessuale di imporre al giudice di considerare co-me inesistenti i fatti non provati;

– mediatamente, comporta un certo esito del-la causa e quindi un’incidenza nella sfera dei rap-porti materiali.

TiTolo iDEGLI ORGANI GIUDIZIARI

Gli organi giudiziari rappresentano uno dei tre poteri dello stato e cioè il potere giudiziario. Essi sono:

– il giudice; – il pubblico ministero; – gli ausiliari del giudice, tra cui: – il cancelliere; – l’ufficiale giudiziario; – il consulente tecnico; – il custode; – gli altri che aiutano il giudice a svolgere i

suoi compiti [68].

caPo iDEL GIUDICE

Il Giudice è l’organo dello Stato preposto a svolgere le funzioni di tutela giurisdizionale.

La tutela giurisdizionale è di tre tipi: a) tutela dichiarativa (o di cognizione).

Nell’ambito del processo di cognizione il giudi-ce deve:

– accertare l’esistenza del diritto; – accertare la lesione subita a causa dell’il-

lecito; – individuare gli effetti necessari ad elimi-

nare la lesione. Il giudice può quindi impartire tre tipi di

provvedimenti: – di mero accertamento: con tale provvedi-

mento accerta l’esistenza del diritto. Più sempli-cemente in seguito all’emanazione della senten-za, la situazione giuridica, sulla quale il giudice è stato chiamato a pronunciarsi, diventa certa ed incontestabile (esempio n. 1). Tuttavia, il sogget-to privato, che si rivolge all’autorità giudiziaria, deve lamentare un concreto pregiudizio al pro-prio diritto, poiché non è sufficiente un semplice timore che possa essere leso in futuro;

– di condanna: con tale provvedimento san-ziona l’illecito, obbligando chi lo ha compiuto ad un dato comportamento (esempio n. 2). A seguito della sentenza di condanna, possono essere com-piute tutte quelle attività necessarie per la soddi-sfazione coattiva del diritto (l’esecuzione);

– costitutivo: attraverso tale provvedimen-to il diritto potestativo, che si esercita giudizial-mente, dà vita ad una modificazione della situa-zione sostanziale preesistente (esempio n. 3);

b) tutela esecutiva. Nell’ambito del processo esecutivo [➠Libro III] il giudice deve garantire la soddisfazione delle situazioni sostanziali ac-certate e può farlo attraverso:

– l’esecuzione forzata in senso proprio; – l’esecuzione indiretta; c) tutela cautelare. Nell’ambito del proce-

dimento cautelare il giudice deve impedire che l’eccessiva durata del processo danneggi la parte che ha ragione. La tutela cautelare non è auto-noma ed è provvisoria, ossia dura per un perio-do di tempo determinato ed è concessa senza che il giudice compia una cognizione completa della causa (esempio n. 4).

Il giudice che svolge la funzione giurisdizio-nale può essere:

– togato: ossia un magistrato di carriera, se-lezionato mediante pubblico concorso;

– onorario: ossia un giudice nominato senza concorso le cui funzioni sono limitate nel tempo che, sovente, è incaricato di questioni “meno gra-vose” (esempio n. 5).

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1 Titolo I – Degli organi giudiziari

Il decreto legislativo n. 7 del 15 gennaio 2016, ha introdotto una nuova figura giuridica, rilevante sul piano del diritto civile e diritto pro-cessuale civile, in vigore dal 6 febbraio 2016.

Si tratta dei cosiddetti illeciti con sanzioni pe-cuniarie civili, di competenza del giudice civile.

In base a quanto stabilito dall’art. 8 del ci-tato decreto: 1. Le sanzioni pecuniarie civili so-no applicate dal giudice competente a conoscere dell’azione di risarcimento del danno. 2. Il giudi-ce decide sull’applicazione della sanzione civi-le pecuniaria al termine del giudizio, qualora ac-colga la domanda di risarcimento proposta dalla persona offesa. 3. La sanzione pecuniaria civile non può essere applicata quando l’atto introdut-tivo del giudizio è stato notificato nelle forme di cui all’articolo 143 del codice di procedura ci-vile, salvo che la controparte si sia costituita in giudizio o risulti con certezza che abbia avuto comunque conoscenza del processo. 4. Al pro-cedimento, anche ai fini dell’irrogazione della sanzione pecuniaria civile, si applicano le dispo-sizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili con le norme [del presente capo].

1. Andrea e Nicola sono proprietari di due fondi confinanti. Tra loro sorge una contestazio-ne circa l’esistenza di una servitù di passaggio a favore del fondo di Nicola. In tal caso il diritto di Nicola trova soddisfazione nel semplice accerta-mento del giudice circa l’esistenza o meno del suo diritto a passare nel terreno di Andrea.

2. Marco è creditore di Bruno per una som-ma di denaro. Il diritto di Marco è pacifico e non contestato, ma non soddisfatto finché Bruno non paga la somma in questione. Ecco la necessità dell’intervento del giudice che condanni Bruno al pagamento.

3. I casi di sentenze costitutive sono differenti (ad esempio quelle che riguardano la risoluzione dei contratti, la rescissione, l’annullamento dei negozi). Si ricordi, inoltre, che lo stesso effetto ottenuto da tale tipo di provvedimento giudiziale, si può ottenere, a volte, anche stragiudizialmente (è il caso del licenziamento).

4. Nel caso di diritto agli alimenti il giudice può stabilire che il coniuge anticipi l’erogazione di questi. Il provvedimento definitivo assorbirà quello provvisorio cautelare.

5. Il giudice di pace è un giudice onorario, il cui incarico è conferito a seguito di determinati requisiti soggettivi e dopo aver espletato un pe-riodo di tirocinio.

u Non sussiste un vizio di costituzione dell’organo giudicante in rapporto alla sua na-tura di giudice onorario, atteso che i giudici onorari possono decidere ogni processo e pro-nunciare qualsiasi sentenza per la quale non vi sia espresso divieto di legge, con piena assimila-zione dei loro poteri a quelli dei magistrati to-gati, sottolineando che l’art. 106 Cost. prevede la nomina di giudici onorari per tutte le fun-zioni attribuite a giudici singoli con piena pa-rificazione. E, più nello specifico, che, ai sensi dell’art. 43-bis del r.d. n. 12 del 1941, i giudici onorari chiamati ad integrare i collegi nei tribu-nali ordinari, possono svolgere anche funzioni di appello (7849/2011).

Sezione iDELLA GIURISDIZIONE

E DELLA COMPETENZA IN GENERALE

La giurisdizione è l’attività dello Stato diretta all’attuazione della norma giuridica e si realiz-za mediante la competenza attribuita agli organi giudicanti. La competenza è, dunque, la porzione di giurisdizione che spetta ad un singolo giudice nei confronti degli altri organi giudicanti.

L’accertamento della giurisdizione è pregiu-diziale rispetto all’accertamento della compe-tenza, in quanto una decisione che verta sull’e-sistenza o meno della competenza presuppone un accertamento (antecedente) sull’esistenza di giurisdizione.

1. Giurisdizione dei giudici ordinari. – La giurisdizione civile, salvo speciali di-sposizioni di legge (25, 102, 103 Cost.; 585 c.n.), è esercitata dai giudici ordinari (1) se-condo le norme del presente codice (37).

(1) Si vedano gli artt. 1 R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario); 2907, 2908 c.c.

Il legislatore ha stabilito che i giudici ordi-nari, genericamente, esercitano la giurisdizione civile secondo le norme del codice, salve speciali disposizioni di legge. Ciò significa che nell’or-dinamento italiano i giudici sono diversi e che il codice disciplina solo l’attività dei giudici ordi-nari, per i quali la Costituzione [Cost. 110-113] detta una serie di garanzie. La norma in esame riprende quanto stabilito dall’art. 102, comma I

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1 LIBRO I – DISPOSIZIONI GENERALI

della Costituzione: “la funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario”.

La giurisdizione, in Italia, viene infatti ripar-tita tra:

a) giudici ordinari, ossia: – Giudice di pace [7]; – Tribunale ordinario [9; 50 bis]; – Corte d’Appello [163]; – Corte di Cassazione [360]; – Magistrato di sorveglianza; – Tribunale di sorveglianza. b) giudici speciali [37] che non fanno inve-

ce parte dell’autorità giudiziaria ordinaria. Per di più, in forza dell’articolo 102 della Costituzione, non è possibile procedere all’istituzione di nuo-vi giudici speciali rispetto a quelli già esistenti.

I giudici speciali, in genere, si interessano solo di una specifica materia, come fanno, ad esempio, la Corte dei Conti ed il Tribunale Su-periore delle Acque. I Tribunali Amministrativi Regionali (TAR) ed il Consiglio di Stato quali giudici amministrativi, anche se non appartenenti all’autorità giudiziaria ordinaria, hanno, invece, una competenza generale in ambito di interessi legittimi. Questi ultimi possono conoscere anche questioni inerenti a diritti soggettivi, se la deci-sione delle medesime è presupposto necessario per decidere una controversia riguardante un in-teresse. Il giudice amministrativo può conoscere anche le questioni inerenti al diritto soggettivo al risarcimento del danno causato dalla lesione di un interesse legittimo [c.c. 2043].

Di contro, come è già stato detto, la giurisdi-zione civile si occupa della tutela dei diritti sog-gettivi. Non di rado, però, può sindacare anche sull’esercizio del potere della Pubblica Ammi-nistrazione (P.A.). Ciò avviene solo nel caso in cui la controversia per la quale il giudice è adi-to non abbia ad oggetto direttamente l’atto del-la p., quale manifestazione del potere della stes-sa, ma un’altra questione riguardante un diritto soggettivo, e la verifica della legittimità dell’atto amministrativo rivesta carattere pregiudiziale ai fini della pronunzia. In tal caso solo ed esclusi-vamente perché si tratta di diritto soggettivo la competenza spetta al giudice ordinario: questi, se ritiene l’atto illegittimo, può disapplicarlo o de-cidere tamquam non esset (come se non ci fosse). La cognizione in ordine alla legittimità o meno di un atto amministrativo non può essere oggetto principale di un processo civile, ma deve essere svolta in via incidentale. L’eventuale disapplica-

zione rimane, quindi, circoscritta al caso di spe-cie (esempio n. 1).

La giurisprudenza ritiene che la giurisdizio-ne delle Commissioni Tributarie sia un’autono-ma giurisdizione speciale (Corte costituzionale n. 215 del 1976); essa ha ad oggetto le liti tra lo Stato e/o enti pubblici ed i contribuenti. Al nuovo processo tributario (introdotto con D.Lgs. 546/92), si applicano in quanto compatibili le norme del codice di procedura civile.

c) sezioni specializzate: sono organi degli uf-fici giudiziari ordinari caratterizzate dalla specia-lizzazione di alcuni membri che sono chiamati a farne parte. Questi ultimi non appartengono alla magistratura, ma sono dotati di particolari com-petenze. Sono considerate sezioni specializzate:

– i tribunali per i minorenni; – i tribunali regionali per le acque; – le sezioni di appello per i minorenni; – le sezioni specializzate agrarie e le sezio-

ni dell’appello di Roma per i reclami contro le decisioni dei commissari liquidatori di usi civili.

La ripartizione delle controversie: – tra giudici speciali e giudici ordinari va

considerata una questione di giurisdizione; – tra le sezioni specializzate e le sezioni ordi-

narie va considerata una questione di competenza.Dall’analisi dell’articolo in questione si evin-

ce che il giudice ordinario incontra dei limiti alla sua giurisdizione inerenti:

a) la persona del convenuto: partendo dal-la considerazione che “…lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità…” [disp. prel. 16] ne consegue che lo straniero può sempre essere atto-re davanti ai giudici italiani, ma non sempre può essere convenuto. Infatti l’art. 3, L. n. 218 del 1995 dispone che: “…la giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o re-sidente in Italia o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell’arti-colo 77 del codice di procedura civile e negli altri casi in cui è previsto dalla legge.” (c.d. criterio di collegamento).

La giurisdizione italiana sussiste anche quan-do le parti l’abbiano convenzionalmente accetta-ta con atto scritto (ex art. 4, L. n. 218 del 1995), o quando il convenuto non eccepisca il difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo.

La materia in ambito comunitario è stata am-pliata dal Regolamento CE n. 44/2001 del 22 di-cembre 2000, entrato in vigore il 2 marzo 2002 (esempio n. 2);

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1 Titolo I – Degli organi giudiziari

b) la Pubblica Amministrazione: nel caso in cui una delle parti sia la P.A. (in qualità di conve-nuto) e la questione in esame riguardi situazioni diverse dai diritti soggettivi, non è più competen-te il giudice ordinario, ma quello amministrativo (esempio n. 3). La P.A. in virtù dei propri poteri autoritativi, non ha bisogno di adire un giudice per la tutela dei propri diritti.

c) gli organi giurisdizionali speciali: il giu-dice ordinario non ha giurisdizione nei confron-ti dei giudici speciali, delle sezioni specializzate, della Corte Costituzionale, della Corte di Giusti-zia dell’UE, ecc.

d) gli altri poteri pubblici: per il principio di legalità gli organi pubblici non possono avere al-tri poteri che quelli attribuiti loro dalla legge. Ciò significa che il giudice ordinario non può avere giurisdizione nei confronti di un altro pubblico potere.

1. Emilio ha un fondo attiguo a quello di Mi-chele sul quale ha una servitù di passaggio. Il Co-mune, in occasione dell’approvazione del nuovo piano regolatore generale, elimina il vincolo di edificabilità assoluta, dichiarando il solo fondo di Michele edificabile. Così Michele costruisce un palazzo eliminando la strada che serviva il fon-do di Emilio.

Emilio cita in giudizio Michele, davanti al giu-dice ordinario, per aver eliminato la servitù, chie-dendo in via principale la reintegra della situazio-ne quo ante ed incidentalmente una valutazione di legittimità del provvedimento comunale che ave-va dichiarato edificabile solo il fondo di Michele.

La questione ricade sotto la giurisdizione del giudice ordinario perché Emilio vanta un diritto reale su cosa altrui leso ingiustamente.

2. Se un cittadino italiano fa domanda di di-chiarazione giudiziale di paternità nei confronti di un cittadino straniero residente all’estero, la giurisdizione del giudice italiano va valutata se-condo il criterio di collegamento del domicilio o della residenza in Italia. Per tale motivo si ritie-ne che il giudice italiano abbia giurisdizione solo nel caso in cui il convenuto abbia dimora o resi-denza in Italia.

3. Emilio, il proprietario del fondo di cui all’esempio n. 1, decide di agire anche nei con-fronti della Pubblica Amministrazione. Propone, quindi ricorso di fronte al giudice amministrati-vo, impugnando per illegittimità l’atto che eleva-va da assolutamente inedificabile ad edificabile solo il fondo di Michele, attiguo al suo. Egli, in-

fatti, sostiene che, nel precedente piano regola-tore, i due fondi facevano parte di un’unica zona omogenea, perciò anche nel nuovo piano dove-vano avere uguale destinazione. Chiede, quindi, che la destinazione del suo fondo passi da asso-lutamente inedificabile ad edificabile. Dato che Emilio, questa volta, vanta nei confronti della P.A. un interesse legittimo ad agire, impugnando direttamente l’atto amministrativo, la giurisdi-zione spetta al giudice amministrativo.

u   La sentenza del giudice del merito che abbia accolto, sia pure non integralmente, la domanda proposta dal cittadino nei confronti di una società straniera, nonostante l’eccezione di carenza di giurisdizione del giudice italiano da questa proposta, contiene il riconoscimento, implicito, della giurisdizione del giudice italia-no e, quindi, di infondatezza dell’eccezione sollevata dalla parte convenuta, trattandosi di questione la cui soluzione positiva rappresenta-va un presupposto logico della decisione adot-tata (17209/2003).

u  Proposto ricorso ex art. 19 D.Lgs. 5/2003, qualora il tribunale, in composizione mono-cratica, abbia dichiarato con ordinanza la pro-pria incompetenza per territorio, non ricorre violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa se la Corte d’appello, dopo avere ritenuto nullo il provvedimento – e aven-do espressamente reputato ammissibile l’impu-gnazione con statuizione non censurata con il ricorso per cassazione, sulla quale si è formato il giudicato – decida nel merito, senza rimette-re la causa al primo giudice e senza ammettere le prove articolate dall’appellato soltanto in quanto prive dei relativi requisiti di ammissibili-tà e di rilevanza, dovendo consistere la rinnova-zione del procedimento dichiarato nullo nell’e-spletamento dell’attività istruttoria non svolta in primo grado, possibile, nel rito societario, anche in fase di appello, essendo quest’ultima il primo grado a cognizione piena del relativo processo (19238/2008).

u  A norma dell’art. 103 Cost., l’attribuzione alla Corte dei conti della giurisdizione in materia di contabilità pubblica non ha carattere cogente ed assoluto, ma solo tendenzialmente generale, sicché la concreta individuazione delle singole fattispecie necessita della "interpositio legisla-toris"; ne consegue che – pur dovendosi ricono-scere, alla stregua della normativa vigente e di alcune pronunce della Corte costituzionale, che non sussistono ragioni per escludere la respon-sabilità amministrativa dei magistrati qualora vi

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2 LIBRO I – DISPOSIZIONI GENERALI

sia un comportamento riconducibile ad ipotesi di reato – la controversia promossa dal Procu-ratore regionale della Corte dei conti, nei con-fronti di un magistrato ordinario, per il danno colposamente arrecato all’Amministrazione a seguito del ritardato dissequestro di due auto-veicoli affidati in custodia giudiziale, è devoluta alla giurisdizione del g.o., e non della Corte dei conti, non essendo configurabile alcuna ipote-si di reato e trattandosi di danno causato – alla luce della legge 13 aprile 1988 n. 117 – nell’e-sercizio delle funzioni giudiziarie (12248/2009).

u  Appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario e costituisce controversia individuale di lavoro, ex art. 409 c.p.c., la domanda propo-sta da un dipendente pubblico – il cui rapporto risulti, “ratione temporis”, contrattualizzato – diretta a far valere, nei confronti del proprio datore di lavoro, il diritto di accedere a taluni documenti del proprio fascicolo personale, poi-ché mira a tutelare una situazione soggettiva che trova la sua fonte nel rapporto di lavoro e non la pretesa, spettante a qualsiasi interessa-to, di conseguire l’accesso a documenti ammi-nistrativi che lo riguardino, con la conseguenza che la stessa resta sottratta all’operatività sia dell’art. 25 l. 7 agosto 1990, n. 241 (che devolve al giudice amministrativo la cognizione delle controversie relative alla tutela del diritto di accesso da parte di chiunque vi abbia interes-se), sia dell’art. 152, comma 13, del d.lg. 30 giu-gno 2003, n. 196, secondo cui le controversie in materia di trattamento di dati personali sono definite dall’autorità giudiziaria ordinaria con sentenza ricorribile solo per cassazione (S.U. 2397/2014).

u  Ogni giudice, anche qualora dubiti della sua competenza, deve sempre verificare innan-zitutto, anche di ufficio, la sussistenza della pro-pria giurisdizione (S.U. 29/2016).

2. (1) [Inderogabilità convenziona-le della giurisdizione. – La giurisdizione italiana non può essere convenzionalmente derogata a favore di una giurisdizione stra-niera, né di arbitri (810 ss.) che pronuncino all’estero (832 ss.), salvo che si tratti di cau-sa relativa ad obbligazioni tra stranieri o tra uno straniero e un cittadino non residente né domiciliato (43 c.c.) nella Repubblica e la deroga risulti da atto scritto].

(1) Articolo abrogato dall’art. 73 della L. 31 mag-gio 1995, n. 218, con decorrenza dal 1° settembre 1995. Si veda l’art. 4 della citata L. n. 218/1995.

3. (1) [Pendenza di lite davanti a giu-dice straniero (2). – La giurisdizione italia-na non è esclusa dalla pendenza davanti a un giudice straniero della medesima causa (39) o di altra con questa connessa (31 ss., 40)].

(1) Articolo abrogato dall’art. 73 della L. 31 mag-gio 1995, n. 218, con decorrenza dal 1° settembre 1995. Si veda l’art. 7 della citata L. n. 218/1995.

(2) Con la L. 21 giugno 1971, n. 804, è stata ratifi-cata e resa esecutiva in Italia la Convenzione interna-zionale ed annesso Protocollo firmata a Bruxelles il 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdi-zionale e le decisioni in materia civile e commerciale.

4. (1) [Giurisdizione rispetto allo stra-niero. – Lo straniero può essere convenuto davanti ai giudici della Repubblica:

1) se quivi è residente o domiciliato (43 c.c.) anche elettivamente (47 c.c.) o vi ha un rappresentante (1387 c.c.) che sia auto-rizzato a stare in giudizio a norma dell’art. 77, oppure se ha accettato la giurisdizione italiana, salvo che la domanda sia relativa a beni immobili (812 c.c.) situati all’este-ro (37);

2) se la domanda riguarda beni esistenti nella Repubblica o successioni ereditarie di cittadino italiano o aperte (456 ss. c.c.) nella Repubblica, oppure obbligazioni (1173 ss. c.c.) quivi sorte (1182 c.c.) o da eseguirsi (1326 ss. c.c.);

3) se la domanda è connessa (31 ss.) con altra pendente davanti al giudice italiano, oppure riguarda provvedimenti cautelari (669 bis ss.) da eseguirsi nella Repubblica o relativi a rapporti dei quali il giudice italia-no può conoscere (14 c.n.);

4) se, nel caso reciproco, il giudice del-lo Stato al quale lo straniero appartiene può conoscere delle domande proposte contro un cittadino italiano].

(1) Articolo abrogato dall’art. 73 della L. 31 mag-gio 1995, n. 218, con decorrenza dal 1° settembre 1995. Si vedano gli artt. 3 e 10 della citata L. n. 218/1995.

5. (1) Momento determinante della giurisdizione e della competenza. – La giurisdizione e la competenza si determi-nano con riguardo alla legge vigente e al-

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5 Titolo I – Degli organi giudiziari

lo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mu-tamenti della legge o dello stato medesimo.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 2 della L. 26 no-vembre 1990, n. 353, a decorrere dall’1 gennaio 1993.

Le norme sulla giurisdizione e competenza presuppongono che il giudice, affinché possa de-cidere se sia competente o meno, deve conosce-re preliminarmente la situazione di fatto dedotta in giudizio. Tale situazione può modificarsi nel tempo, così come possono cambiare le norme in tema di giurisdizione e competenza.

L’articolo in commento, così sostituito dalla L. n. 353 del 1990, in vigore dal 1º gennaio 1993, enuncia il principio della perpetuatio iurisdictio-nis, secondo cui la giurisdizione e la competenza si determinano in riferimento alla legge vigente ed allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, senza che possano rilevare gli eventuali mutamenti successivi.

Il principio è teso a scongiurare che al muta-re del fatto storico possa mutare anche l’applica-zione della norma processuale. Per garantire ciò l’ordinamento “blocca” la norma ed il fatto rile-vanti per la sussistenza della giurisdizione e della competenza al momento della proposizione della domanda (esempio).

Prima della riforma del 1990 venivano con-siderati bloccati solo i mutamenti dello stato di fatto; dopo la riforma il legislatore ha deciso di bloccare anche le modifiche legislative. Ciò per-ché tutti gli elementi utili al fine dell’identifica-zione del giudice competente [➠Libro I, Titolo I, Sezioni II, III, IV] possono mutare nel corso del processo, non solo (fattualmente) per volon-tà del convenuto, ma anche (politicamente) attra-verso mutamenti di legge.

In definitiva il principio trova la sua ratio nel tentativo di evitare il vanificarsi della garan-zia del giudice naturale precostituito per legge [Cost. 25].

Il criterio per la determinazione della com-petenza deve essere fissato in base all’oggetto della domanda proposta dall’attore ed in base all’esposizione dei fatti posti a suo fondamen-to (salvo che non risulti evidente un’artificiosa prospettazione finalizzata a sottrarre la causa al giudice precostituito per legge), dovendo essere considerate del tutto irrilevanti, rispetto al sud-detto fine, le contestazioni formulate dal conve-

nuto e, soprattutto, le contrarie prospettazioni dei fatti allegati da quest’ultimo, le quali possono es-sere utilizzate dal giudice solo come fonte com-plementare del proprio convincimento (così Cas-sazione n. 11374 del 1995) (esempio n. 2).

Riassumendo, il nuovo testo dell’articolo in commento, che trova applicazione in tutti i pro-cessi da qualunque momento pendenti, stabilisce che la competenza si determina, oltre che in for-za dello stato di fatto esistente, anche in base al-la legge vigente al momento della proposizione della domanda, senza che possano avere rilievo i mutamenti successivamente intervenuti nel corso del giudizio.

La giurisprudenza maggioritaria ammette un’eccezione alla regola della perpetuatio iuri-sdictionis nel caso in cui la domanda venga pro-posta di fronte ad un giudice incompetente, il quale (per successione di legge) divenga, in un secondo momento, competente. In pratica, per ragioni di economia processuale, la norma in esame non trova applicazione, in quanto il giu-dice dovrebbe arrestare il processo per poi rias-sumerlo di fronte a sé una volta divenuto compe-tente. Alla luce di ciò è consentito al giudice di decidere direttamente la causa nel merito.

Infine il principio di cui all’articolo in ogget-to non opera laddove la norma che detta i cri-teri determinativi della giurisdizione venga di-chiarata costituzionalmente illegittima, atteso il carattere retroattivo delle pronunce della Corte costituzionale che ne comporta l’immediata ap-plicabilità nei giudizi in corso, con il solo limite del giudicato sulla giurisdizione (così Cassazio-ne S.U. n. 21635 del 2004).

Le Sezioni unite della Cassazione hanno al-tresì affermato che il principio sancito dall’arti-colo in commento, secondo cui i mutamenti di legge intervenuti nel corso del giudizio non assu-mono rilevanza ai fini della giurisdizione, la qua-le si determina con riguardo alla legge vigente al momento della proposizione della domanda, si riferisce esclusivamente all’effetto abrogativo determinato dal sopravvenire di una nuova leg-ge, e non anche all’effetto di annullamento di-pendente dalle pronunce di incostituzionalità. Tale efficacia retroattiva, che si arresta esclusiva-mente di fronte al giudicato od al decorso dei ter-mini di prescrizione o decadenza stabiliti per l’e-sercizio di determinati diritti, non contrasta con il principio costituzionale di ragionevole durata del processo, in quanto l’opportunità di evitare lo spreco di attività conseguente alla rinnovazione

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5 LIBRO I – DISPOSIZIONI GENERALI

del processo non può prevalere sull’esigenza di evitare, a tutela del diritto di difesa del conve-nuto, l’esercizio di un potere giurisdizionale che, in relazione ad una determinata controversia, sia stato ritenuto contrario alla Costituzione (così Cassazione S.U. n. 11136 del 2016).

1. Chiara, cittadina italiana, nel 1989, citò in giudizio Adele, cittadina italiana domiciliata in Belgio. All’inizio del giudizio la giurisdizio-ne nei confronti della convenuta era determinata sulla base del criterio della cittadinanza, perciò il processo si instaurava di fronte al giudice italia-no. Nel corso del medesimo processo entrava in vigore una nuova legge secondo cui la giurisdi-zione doveva determinarsi in base al domicilio. Il giudice italiano, in virtù dell’articolo in com-mento, non perdeva nei confronti della convenu-ta, cittadina italiana domiciliata in Belgio, il suo potere giurisdizionale.

2. Luca e Mario stipulano un contratto simu-lato. Luca cita Mario ed allega la simulazione assoluta del contratto stipulato. Ai fini della de-terminazione della competenza, si deve fare ri-ferimento al negozio dedotto in giudizio ed as-seritamente affetto da nullità per la denunciata simulazione, poiché è l’unica fattispecie nego-ziale oggetto di contestazione fra le parti e di de-cisione da parte del giudice. Così anche nel caso in cui venga allegata la simulazione relativa, la competenza deve essere determinata in base al negozio dissimulato indicato dall’attore.

u  L’equiparazione ai fini della tutela giuri-sdizionale delle concessioni in materia di lavori pubblici agli appalti, disposta dall’art. 31-bis, quarto comma, della legge 11 febbraio 1994 n. 109 (introdotto dall’art. 9 del D.L. 3 aprile 1995 n. 101) è espressamente estesa dal comma quin-to del menzionato art. 31-bis della legge n. 109 del 1994 anche alle controversie relative ai lavo-ri appaltati o concessi anteriormente alla data in entrata in vigore di detta disposizione. Ne consegue che qualora prima della intervenuta modifica della normativa, per una di tali contro-versie sia stato promosso un giudizio arbitrale avente ad oggetto questioni relative a diretti soggettivi, la giurisdizione degli arbitri rimane ferma in conseguenza dello “ius superveniens” costituito dal citato art. 31-bis della legge n. 109 del 1994, senza che abbia rilievo la qualifi-cazione del rapporto come concessione o come appalto e senza che in contrario operi la nuo-

va formulazione dell’art. 5 c.p.c., la quale non esclude che debbano trovare applicazione nei giudizi pendenti le norme sopravvenienti che, diversamente regolando la giurisdizione, l’attri-buiscano, nel caso, al giudice davanti al quale la domanda è stata proposta (10634/1997, rv. 509339).

u   La domanda del dipendente di un ente pubblico non economico (nella specie, di una U.S.L. e poi dell’Azienda sanitaria locale che ha sostituito la prima), diretta al conseguimento della differenza tra la piena retribuzione e l’as-segno alimentare corrispostogli durante un pe-riodo di sospensione cautelare dal servizio, ap-partiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, senza che rilevi lo “ius superve-niens” rappresentato dall’art. 68 del D.Lgs. 3 feb-braio 1993 n. 29, come novellato dall’art. 29 del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80, qualora vi osti – in ri-ferimento all’art. 5 c.p.c. nel testo novellato dalla legge 26 novembre 1990 n. 353 – la circostanza che la controversia sia stata introdotta anterior-mente all’entrata in vigore della norma modi-ficativa della giurisdizione, e – in relazione alla norma transitoria di cui all’art. 45, comma dicias-settesimo, del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80 – il fat-to che il giudizio riguardi una fase del rapporto di pubblico impiego svoltasi anteriormente alla data del 30 giugno 1998 (8451/1998, rv. 518367).

u   La giurisdizione delle Commissioni tribu-tarie prevista, per le controversie concernenti i tributi comunali e locali, dall’art. 2 del D.Lgs. n. 546 del 1992, comma primo, lett. h), non sussi-ste in relazione ai processi pendenti alla data di entrata in vigore della suddetta legge, atteso che, a norma dell’art. 5 c.p.c., come modificato dalla legge n. 353 del 1990, sono ininfluenti sul processo già iniziato i mutamenti della legge e dello stato di fatto altrimenti rilevanti ai fini della giurisdizione e della competenza; ne con-segue che le controversie che abbiano ad ogget-to l’accertamento negativo dell’obbligazione d’imposta e del correlativo diritto del Comune di domandarne il pagamento, ove pendenti alla data dell’1 gennaio 1993, restano soggette alla giurisdizione del giudice ordinario come dispo-sto dall’art. 271 del R.D. n. 1175 del 1931, testo unico sulla finanza locale (95/1999, rv. 523474).

u   Nel procedimento monitorio la compe-tenza del giudice va riscontrata con riferimento alla data del deposito del ricorso introdutti-vo, anche ai fini della norma transitoria di cui all’art. 43 della legge 21 novembre 1991 n. 374, essendo soltanto eventuale la fase dell’oppo-sizione. Né a diversa conclusione può indurre la norma dell’art. 643 c.p.c. secondo cui è con

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5 Titolo I – Degli organi giudiziari

riferimento alla data di notificazione del ricor-so e del decreto ingiuntivo che va stabilita la pendenza della lite, poiché con tale norma il legislatore ha inteso solo “fare riferimento alla costituzione del contraddittorio ed agli effetti sostanziali e processuali (dall’interruzione della prescrizione alla prevenzione) nell’eventualità dell’opposizione, ma non ha inteso privare d’ef-ficacia gli atti già venuti in essere nella fase in-troduttiva”. Pertanto, in applicazione dell’art. 5 c.p.c. che nella formulazione novellata, esclude la rilevanza dei mutamenti della legge succes-sivi alla proposizione della domanda, qualora il decreto ingiuntivo proposto davanti al conci-liatore sia stato depositato anteriormente all’1 maggio 1995 (data di entrata in vigore della legge n. 374 del 1991), la causa deve conside-rarsi pendente, a tale data, davanti al concilia-tore, che deve pertanto provvedere sulla stessa a norma della disposizione transitoria sopra ci-tata (8118/1999, rv. 528987).

u  In seguito all’entrata in vigore della legge sul giudice unico, la competenza per il giudi-zio di rinvio dopo la Cassazione delle sentenze emesse dal tribunale in grado d’appello contro sentenze pretorili, appartiene alla Corte d’Ap-pello (1083/2000, rv. 533332).

u   La norma di cui all’art. 5 c.p.c. (laddove stabilisce che la competenza – come la giu-risdizione – si determina con riguardo alla legge – ovvero allo stato di fatto – vigente al momento della domanda) non trova applica-zione nell’ipotesi in cui il giudice adito sia ori-ginariamente sprovvisto di competenza e ne venga successivamente investito, a meno che il criterio di collegamento tra la controversia e l’ufficio giudiziario adito non intervenga dopo che il giudice adito abbia declinato la propria competenza, non sussistendo, in tal caso, le ra-gioni di economia processuale poste a base del suindicato principio. Ne consegue che, investi-to di una controversia relativa ad opposizione ad ordinanza-ingiunzione per violazioni del codice della strada, il giudice di pace adito in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.L. n. 507 del 1999 (attributivo alla competenza di tale giudice delle controversie ex art. 22 della legge n. 689 del 1981) legittimamente emette sentenza di incompetenza, e legittimamente il giudizio prosegue dinanzi al pretore, essendo intervenuto il criterio di collegamento tra la controversia ed il giudice adito in epoca succes-siva alla declaratoria di incompetenza emessa da quest’ultimo (6473/2000, rv. 536658).

u   Ai fini della determinazione della com-petenza, l’art. 5 c.p.c., anche nella nuova for-

mulazione introdotta dall’art. 2 della legge n. 353 del 1990, attribuisce valenza determinante non già al “decisum” bensì al “deductum” o, meglio, al “disputandum”, e perciò alla valuta-zione della domanda, con ogni suo accessorio, al momento della relativa proposizione; ne con-segue che, proposta dinanzi al Tribunale per i minorenni domanda di dichiarazione giudiziale di paternità e di condanna del genitore natura-le al mantenimento del minore, la competenza del Tribunale per i minorenni resta ferma anche nell’ipotesi in cui venga successivamente dichia-rata la cessazione della materia del contendere in relazione alla richiesta di dichiarazione giudi-ziale di paternità (8243/2000, rv. 537701).

u  Nell’ipotesi di controversia in materia di lavoro ex art. 409 c.p.c. la sentenza emessa in primo grado dal tribunale all’epoca incompe-tente, per essere la causa di competenza del pretore con funzione di giudice del lavoro e che era pertanto invalida secondo la legge in vigore all’epoca della pronuncia, deve essere di-chiarata valida in sede di impugnazione in forza dell’efficacia sanante dei mutamenti di diritto intervenuti nel corso del giudizio di gravame, tenuto conto altresì della nuova formulazione di cui all’art. 5 c.p.c. introdotta dall’art. 2 della legge n. 353 del 1990 che trova fondamento in ragioni di economia processuale essendo il tri-bunale divenuto giudice unico di primo grado e pertanto competente in base allo “ius superve-niens” (2450/2001, rv. 543954).

u   La controversia, proposta anteriormente al 10 agosto 2000, inerente ai compensi e al rimborso delle spese erogate per prestazioni sanitarie rese in regime di convenzione stipu-lata tra un’Azienda (unità) sanitaria locale e un’istituzione privata, ai sensi della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (o rese secondo il suc-cessivo sistema dell’accreditamento), appartie-ne alla giurisdizione del giudice ordinario ove, senza coinvolgere la validità della convenzione o la determinazione del suo contenuto, ri-guardi indennità, canoni od altri corrispettivi, mentre non incide su tale determinazione la circostanza che la domanda possa implicare la modificazione di provvedimenti autoritativi dell’Amministrazione, trattandosi di questione che rileva sotto il diverso profilo dei limiti in-terni delle attribuzioni del giudice ordinario. In relazione a tali controversie, infatti, non trova applicazione né la disciplina sulla giurisdizione dettata dall’art. 33 (e 45, diciottesimo comma) del D.Lgs. n. 80 del 1998, dichiarata illegittima, “in parte qua”, dalla sent. n. 292 del 2000 della Corte Costituzionale, né la disciplina, sostitutiva

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5 LIBRO I – DISPOSIZIONI GENERALI

di quella dichiara illegittima, e priva di efficacia retroattiva, di cui all’art. 7 della legge n. 205 del 2000, perché – entrata in vigore solo a partire dal 10 agosto 2000 – vi osta il principio della “perpetuatio iurisdictionis” di cui all’art. 5 c.p.c. (7160/2003, rv. 562850).

u  Anche successivamente all’istituzione del giudice unico, è ammissibile il ricorso per Cassa-zione, proposto antecedentemente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 51 del 1998, per far valere il vizio di violazione delle norme sulla compe-tenza già denunziato nel corso del giudizio di merito (8923/2001, rv. 547850).

u   II principio della “perpetuatio iurisdictio-nis”, secondo cui la giurisdizione si determina con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della domanda, sen-za che abbiano effetto eventuali successivi mu-tamenti, trova applicazione solo nel caso di so-pravvenuta carenza di giurisdizione del giudice originariamente adito, ma non pure quando il mutamento sopravvenuto dello stato di diritto o di fatto comporti, invece, l’attribuzione della giu-risdizione al giudice che ne era privo al momento dell’instaurazione del giudizio (17635/2003).

u  In forza del D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, con cui l’ufficio del pretore è stato soppresso e le relative competenze sono state trasferite al tribunale ordinario, giudice unico di primo gra-do, senza eccezione per le controversie in mate-ria di lavoro e di previdenza ed assistenza obbli-gatorie, vengono a perdere rilevanza giuridica le questioni di competenza tra pretore e tribu-nale basate sulla precedente disciplina in ma-teria. Ne consegue che la sopravvenuta compe-tenza, per effetto di detto “ius superveniens”, del tribunale, svolge effetti sananti in ordine alla sua originaria incompetenza, la quale non è più idonea ad inficiare la pronuncia emessa da detto tribunale, ed in fase di impugnazione della Corte d’Appello, tanto più che il principio di economia processuale, di cui è parte l’interes-se (ora coperto dalla garanzia costituzionale di cui all’art. 111 Cost.) alla spedita definizione dei giudizi, vieta qualsiasi inutile reiterazione di at-tività processuali, e quindi preclude l’emanazio-ne di una pronuncia che, nel cassare la sentenza perché emanata da un giudice incompetente, abbia l’effetto di rimettere le parti davanti allo stesso giudice divenuto “medio tempore” com-petente (11228/2003, rv. 565231).

u   Quando viene dedotto in giudizio un rapporto obbligatorio, ai fini dell’individuazio-ne del foro del convenuto e in particolare del foro della sede di una persona giuridica, il fatto che la sede della stessa fosse in un determinato

luogo al momento dell’insorgenza del rappor-to dedotto in giudizio è irrilevante, assumendo rilievo esclusivamente, ai sensi dell’articolo 5 del c.p.c., la sede del momento di introduzione della lite (453/2007).

u   Il principio stabilito dall’art. 5 c.p.c., se-condo cui la giurisdizione si determina con ri-guardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, senza che abbiano effetto i succes-sivi mutamenti, va interpretato in conformi-tà alla sua ratio che è quella di favorire, non già di impedire la "perpetuatio iurisdictionis". Pertanto, ove sia stato adito un giudice privo di giurisdizione al momento della proposizio-ne della domanda, il difetto di giurisdizione non può essere dichiarato qualora la stessa sia sopravvenuta per effetto di una disposizione sopravvenuta. (Nella specie era stata chiesta, innanzi al giudice amministrativo, la nullità o inefficacia di contratti stipulati a seguito della contestata aggiudicazione. In pendenza dell’i-stanza di regolamento era sopravvenuto l’art. 7 d.lg. n. 53 del 2010 che ha aggiunto al comma 1 dell’art. 244 d.lg. n. 163 del 2006 la precisazione che la giurisdizione esclusiva si estende alla di-chiarazione di inefficacia del contratto a segui-to di annullamento dell’aggiudicazione o alle sanzioni alternative. Hanno ritenuto pertanto, le Sezioni Unite la giurisdizione dei giudici am-ministrativi, evidenziando, comunque, che – pe-raltro – già prima del ricordato intervento legi-slativo del 2010 le stesse Sezioni Unite avevano ritenuto in materia la giurisdizione dei giudici amministrativi) (20776/2010).

u  È ricorribile per cassazione, e non già ap-pellabile, la sentenza pronunciata dal g.d.p. in materia di contratti di massa nel caso in cui la domanda giudiziale, il cui valore non ecceda 1100 euro, sia stata proposta prima dell’entra-ta in vigore del d.l. 8 febbraio 2003 n. 18, con-vertito, con modificazioni, nella l. 7 aprile 2003 n. 63, restando definitivamente fissato a quel momento il criterio di giudizio (secondo equità) in ragione del principio di irrilevanza dei mu-tamenti di fatto e di diritto sopravvenuti alla proposizione della domanda stessa. Infatti, la norma di diritto transitorio di cui all’art. 1 bis del citato decreto, che è stata introdotta con la legge di conversione ed ha inciso direttamen-te sul d.l., ha specificato che, per i contratti di massa, la trasformazione del criterio di giudi-zio, non più equitativo ma secondo diritto, e il conseguente rimedio dell’appello, si applicano soltanto ai giudizi promossi successivamente all’entrata in vigore del d.l. convertito, in tal

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5 Titolo I – Degli organi giudiziari

modo confermando, peraltro, il generale prin-cipio secondo il quale tale criterio ed il connesso rimedio impugnatorio non hanno efficacia re-troattiva (22813/2010).

u  Spetta al giudice italiano la giurisdizione con riguardo all’istanza di fallimento presen-tata nei confronti di società di capitali, già co-stituita in Italia che, dopo il manifestarsi della crisi dell’impresa, abbia trasferito all’estero la sede legale, nel caso in cui i soci, chi impersona l’organo amministrativo ovvero chi ha maggior-mente operato per la società, siano cittadini ita-liani senza collegamenti significativi con lo Sta-to straniero, circostanze che, unitamente alla difficoltà di notificare l’istanza di fallimento nel luogo indicato come sede legale, lasciano chia-ramente intendere come la delibera di trasferi-mento fosse preordinata allo scopo di sottrarre la società dal rischio di una prossima probabile dichiarazione di fallimento (S.U. 15880/2011).

u   L’iscrizione del trasferimento della sede dell’impresa all’estero nel registro delle imprese dopo la presentazione dell’istanza di fallimento rende la relativa delibera inopponibile al credi-tore istante e ne determina l’insensibilità rispet-to al corso della procedura, ai sensi dell’art. 5 c.p.c. (S.U. 15872/2013).

u  Ai sensi dell’art. 38 disp. att. cod. civ. come novellato dall’art. 3 della legge 10 dicembre 2012, n. 219, il Tribunale per i minorenni resta competente a conoscere della domanda diret-ta ad ottenere la declaratoria di decadenza o la limitazione della potestà dei genitori ancor-ché, nel corso del giudizio, sia stata proposta, innanzi al Tribunale ordinario, domanda di separazione personale dei coniugi o di divorzio, trattandosi di interpretazione aderente al dato letterale della norma, rispettosa del principio della "perpetuatio jurisdictionis" di cui all’art. 5 cod. proc. civ., nonché coerente con ragioni di economia processuale e di tutela dell’interesse superiore del minore, che trovano fondamento nell’art. 111 Cost., nell’art. 8 CEDU e nell’art. 24 della Carta di Nizza (2833/2015).

u   Ai fini della determinazione della com-petenza (nella specie, competenza territoriale per l’equa riparazione da irragionevole durata del processo), l’art. 5 c.p.c., quando esclude la rilevanza dei mutamenti normativi in corso di causa, va interpretato in conformità alla "ratio" di favorire – non già di impedire – la "perpe-tuatio iurisdictionis", sicché, ove sia stato adito un giudice incompetente al momento della do-manda, l’incompetenza non può essere dichia-rata se quel giudice è diventato competente in forza di una legge entrata in vigore nel corso

del giudizio (nella specie, la l. n. 208 del 2015, che ha modificato l’art. 3 della l. n. 89 del 2001) (4059/2016).

u   Nei procedimenti di cui agli artt. 330 e 333 c.c., il principio della "perpetuatio iuri-sdictionis", in forza del quale la competenza territoriale del giudice adito rimane ferma, nonostante lo spostamento in corso di causa della residenza anagrafica o del domicilio del minore, a seguito del trasferimento del genito-re con cui egli convive, prevale, per esigenze di certezza e di garanzia di effettività della tutela giurisdizionale, su quello di "prossimità", ove il provvedimento in relazione al quale deve indi-viduarsi il giudice competente sia quello stesso richiesto con l’istanza introduttiva o con altra che si inserisca incidentalmente nella medesi-ma procedura. (Nella specie, la S.C. ha accolto il regolamento di competenza d’ufficio sollevato dal Tribunale per i minorenni di Brescia, dinanzi al quale era stato riattivato, nei medesimi ter-mini originari, il procedimento "de potestate" dopo la pronuncia di incompetenza del Tribu-nale per i minorenni di Bologna, adito dal P.M., motivata sul trasferimento, in corso di causa, della madre, insieme alle minori, in un comune in provincia di Brescia) (7161/2016).

u   L’art. 38, comma 1°, disp. att. c.c., disci-plinante la competenza del Tribunale per i Mi-norenni, si colloca nell’ampia riflessione della dottrina e della giurisprudenza sulla sovrappo-nibilità tra i provvedimenti relativi all’affida-mento dei figli minori quando incidono sulla titolarità e l’esercizio della responsabilità geni-toriale e quelli previsti dagli artt. 330 e 333 c.c. Si ritiene al riguardo che la norma in questione, pur esprimendo un netto favor per la concentra-zione delle tutele presso un unico giudice, non comporta l’applicazione di detto principio in senso assoluto, stabilendo che detta attrazione operi soltanto quando il giudizio relativo al con-flitto sia stato promosso prima dell’azione rivol-ta in via principale all’ablazione o alla limitazio-ne della responsabilità genitoriale, dovendosi nell’ipotesi inversa, mantenere l’interpretazio-ne testuale della norma, e quindi la competen-za del tribunale per i minorenni, presso il quale è stato già incardinato il giudizio relativo alla responsabilità genitoriale. Ciò in virtù del dato testuale della norma, nel rispetto del principio della “perpetuatio jurisdictionis” di cui all’art. 5 c.p.c., nonché in coerenza con ragioni di econo-mia processuale e di tutela dell’interesse supe-riore del minore nel non disperdere l’efficacia degli accertamenti già svolti e la conoscenza già

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6 LIBRO I – DISPOSIZIONI GENERALI

acquisita dal giudice specializzato nella concreta situazione di fatto (6430/2017).

u  Non integra motivo di giurisdizione, per cd. eccesso di potere giurisdizionale, la prospet-tazione secondo cui il Consiglio di Stato, nel decidere su un ricorso contro una sentenza di primo grado del T.A.R., abbia ritenuto di disat-tendere il motivo di appello con cui si postulava che, per effetto di successive vicende fattuali, la situazione giuridica soggettiva, la cui tutela a suo tempo era stata correttamente introdotta davanti al giudice amministrativo, per apparte-nere alla sua giurisdizione, era divenuta quali-ficabile in diverso modo, tale da giustificarne la tutelabilità davanti al giudice ordinario e il venir meno dell’interesse a ricorrere davanti al giudice amministrativo (S.U. 13977/2017).

6. Inderogabilità convenzionale del-la competenza. – La competenza non può essere derogata per accordo delle parti, sal-vo che nei casi stabiliti dalla legge (28-30, 339, 360).

La norma riguarda la deroga per accordo sul-la competenza di un giudice, enunciando il prin-cipio dell’inderogabilità pattizia.

La deroga per accordo è un patto raggiunto tra le parti con il quale esplicitamente non si ricono-sce competenza o giurisdizione ad un determinato giudice (precostituito per legge, ex art. 25 Cost.), designandone un altro od attribuendo ad un giu-dice scelto competenza e giurisdizione sulle liti che possono insorgere tra quelle parti (esempio).

Tali accordi possono essere anteriori al giudi-zio oppure risultare successivi all’instaurazione del processo nei limiti di quanto consente la legge.

Il principio di inderogabilità pattizia sancisce che le parti non possono accordandosi, disapplicare norme inerenti alla giurisdizione od alla competen-za, né, tanto meno, introdurre nuove norme in tema.

Si può derogare pattiziamente alle norme su giurisdizione e competenza solo quando ciò è ammesso per legge.

La legge n. 218 del 1995 (diritto privato in-ternazionale) permette alle parti di istituire rego-le diverse da quelle previste dall’ordinamento:

– l’art. 4 consente una deroga alle norme sul-la giurisdizione nei confronti del convenuto;

– ai sensi dell’art. 3 la giurisdizione italiana sussistente può essere convenzionalmente esclu-sa dalle parti con atto scritto, ma solo in presenza di diritti disponibili;

– al di fuori dei casi previsti dall’art. 3 la giurisdizione italiana sussiste se le parti l’hanno accettata con atto scritto.

Per quanto riguarda la competenza, invece, la legge consente accordi espliciti sulla deroga unicamente in relazione al criterio del territorio e con esclusione delle materie previste dall’art. 28, al contrario non è mai derogabile la competenza per valore e materia.

L’invalidità della deroga può essere fatta va-lere dalla parte non oltre la prima udienza di trat-tazione [➠183].

In ordine ad una controversia insorta tra il contribuente e l’ufficio delle imposte Roberto, impiegato presso l’ufficio medesimo, si accorda con il suo amico Francesco, il contribuente, al fi-ne di derogare la competenza delle Commissio-ni Tributarie ed attribuirla al giudice ordinario. L’accordo in questione non è ammesso grazie al-la previsione dell’articolo in argomento.

u  L’inderogabilità della competenza territo-riale si ha soltanto nei casi in cui sia espressamen-te disposta dalla legge (art. 28 c.p.c.). Fra questi casi non è compreso il foro stabilito dalle parti – che, appunto perché pattizio e non legale, dà luogo ad un’ipotesi di competenza “derogata” e non già “inderogabile” – e, pertanto, tale foro, ancorché sia esclusivo (art. 29 c.p.c.), non impe-disce, al pari di ogni altro criterio determinativo della competenza, che questa sia suscettibile di modificazioni per ragioni di connessione, in base alle regole della prevenzione e dell’assorbimen-to ovvero del cumulo soggettivo (artt. 31, 33, 39 e 40 c.p.c.) (4143/1985, rv. 441669).

u   È manifestamente inammissibile la q.l.c. degli art. 1, 5 e 6 del codice di procedura civile e degli art. 3 e 5 l. 31 maggio 1995 n. 218, cen-surati, in riferimento agli art. 10 e 11 cost., nella parte in cui non prevedono la giurisdizione esclusiva di uno Stato non riconosciuto sovrano dallo Stato italiano (nella specie Governo del Principato di Seborga), ma considerato tale da comunità o Stati stranieri riconosciuti dall’Italia, dal momento che, essendosi il giudice rimetten-te limitato a indicare le norme denunciate e i parametri costituzionali da esse asseritamente lesi senza motivare riguardo al preteso contra-sto, l’ordinanza di rimessione risulta del tutto carente di motivazione sulla rilevanza e non manifesta infondatezza. – V., ex plurimis, ordi-

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7 Titolo I – Degli organi giudiziari

nanze numeri 164, 161 e 123/2006 n. 123/2005 (Corte cost. 14/2008).

u  Non è efficace la clausola derogatrice della competenza territoriale inserita tra le condizio-ni generali di contratto dattiloscritte in calce ai documenti di trasporto predisposti dalla società venditrice e sottoscritti dall’acquirente, peraltro con firma illeggibile, al momento della ricezio-ne della merce. L’anzidetta previsione inserita nelle condizioni generali di contratto ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c., invero, integra una clausola vessatoria, comportando l’alterazione del sinallagma contrattuale, per la previsione di un foro esclusivo a favore del solo predisponen-te, di talché la stessa deve essere specificamente approvata per iscritto, con sottoscrizione distin-ta da quella di approvazione delle condizioni generali di contratto (3386/2016).

Sezione iiDELLA COMPETENZA

PER MATERIA E VALORE

La competenza è la ripartizione interna del potere appartenente ad ogni singolo settore giu-risdizionale. È valutata in un momento seconda-rio, quando c’è già la certezza che la giurisdizio-ne circa la determinazione di una cosa specifica spetti ai giudici ordinari [➠1].

Le norme sulla competenza, oltre ad avere lo scopo di distribuire il carico di lavoro tra più uf-fici, hanno una funzione garantista, cioè mirano ad attuare il principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge (art. 25 Cost.).

La competenza si attribuisce secondo il se-guente schema:

a) gli organi competenti in primo grado sono il Giudice di pace ed il Tribunale. Per stabilire il tipo di ufficio competente tra i due organi con-correnti si utilizza:

– come principale, il criterio verticale [➠7-17]: esso si sostanzia nella competenza per mate-ria e nella competenza per valore; si utilizza pri-ma il criterio per materia, qualora non si riesca ad attribuire la competenza, si passa al successivo, quello per valore.

– come residuale il criterio orizzontale [➠18-30]: esso si sostanzia nella competenza per territorio, che si applica quando, pur indi-viduando il tipo di ufficio competente, risultano più uffici giurisdizionali dello stesso tipo distri-buiti sul territorio (esempio);

b) gli organi competenti per l’impugnazio-ne sono: il Tribunale per le sentenze emesse dal Giudice di pace, la Corte d’appello, la Corte di Cassazione.

In questa sezione si prenderanno in conside-razione solo gli elementi che contraddistinguo-no il criterio verticale, cioè il criterio prioritario della materia che afferisce alla natura ed al tipo di diritto oggetto della causa ed il criterio resi-duale del valore che afferisce al valore monetario dell’oggetto della controversia.

Il legislatore ha stabilito espressamente che la competenza per valore si determina sulla base della domanda proposta dall’attore [10], mentre nulla ha stabilito in ordine alla competenza per materia. La dottrina, così come la giurisprudenza prevalente, è concorde nel sostenere che, ai fini dell’individuazione del giudice competente per materia si debba far riferimento alla domanda, senza aver riguardo alle eccezioni del convenuto (così Cassazione n. 3546 del 1998).

La ratio della competenza per materia è indi-viduabile nella idoneità o meno di un determina-to ufficio giudiziario a conoscere della controver-sia. Al contrario per il criterio di competenza per valore, la dottrina non ha individuato una ratio unitaria che spieghi le varie ipotesi.

Individuato che per materia e per valore è competente il tribunale, si passa ad individuare quale tra i tanti tribunali sparsi in tutta Italia si deve adire.

7. (1) Competenza del giudice di pa-ce. – Il giudice di pace è competente per le cause relative a beni mobili (812 c.c.) di valore non superiore a cinquemila euro (2) (10), quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice.

Il giudice di pace è altresì competente per le cause di risarcimento del danno pro-dotto dalla circolazione di veicoli e di na-tanti, purché il valore della controversia non superi ventimila euro (3).

[Il giudice di pace è inoltre competen-te, con il limite di valore di cui al secondo comma, per le cause di opposizione alle in-giunzioni di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, salvo che con la sanzione pecunia-ria sia stata anche applicata una sanzione amministrativa accessoria. Resta ferma la

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7 LIBRO I – DISPOSIZIONI GENERALI

competenza del pretore in funzione di giu-dice del lavoro e per le cause di opposizione alle ingiunzioni in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie.] (4)

È competente qualunque ne sia il valore:1) per le cause relative ad apposizione

di termini (951 c.c.) ed osservanza delle di-stanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli al-beri e delle siepi (892 ss. c.c.);

2) per le cause relative alla misura ed al-le modalità d’uso dei servizi di condominio di case;

3) per le cause relative a rapporti tra pro-prietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni (844 c.c.) di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità;

3 bis) per le cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di pre-stazioni previdenziali o assistenziali (5).

[4) per le cause di opposizione alle san-zioni amministrative irrogate in base all’art. 75 del testo unico approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309] (6).

(1) Questo articolo è stato così sostituito dall’art. 17 della L. 21 novembre 1991, n. 374, recante l’isti-tuzione del giudice di pace, a decorrere dal 1° mag-gio 1995.

(2) Le originarie parole: «lire cinque milioni» sono state così sostituite dall’art. 45, comma 1, lett. a), della L. 18 giugno 2009, n. 69, a decorrere dal 4 luglio 2009. Ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, ta-le disposizione si applica ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore.

(3) Le originarie parole: «lire trenta milioni» sono state così sostituite dall’art. 45, comma 1, lett. b), della L. 18 giugno 2009, n. 69, a decorrere dal 4 luglio 2009. Ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, ta-le disposizione si applica ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore.

(4) Questo comma è stato abrogato dall’art. 1 del D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito, con modifica-zioni, nella L. 20 dicembre 1995, n. 534. In materia di competenza del giudice di pace nel giudizio di oppo-sizione ad ordinanza-ingiunzione, si veda l’art. 22 bis della L. 24 novembre 1981, n. 689.

(5) Questo numero è stato aggiunto dall’art. 45, comma 1, lett. c), della L. 18 giugno 2009, n. 69, a de-correre dal 4 luglio 2009. Ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, tale disposizione si applica ai giu-dizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore.

(6) Questo numero è stato abrogato dall’art. 1 del D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito, con modifica-zioni, nella L. 20 dicembre 1995, n. 534.

Prima della riforma del 2009Il Giudice di pace è un giudice ordinario isti-

tuito dalla L. n. 374 del 1991.Egli ha il potere di esercitare la giurisdizione

civile e penale. Può giudicare solo in ambito di tutela dichiarativa, mai, quindi, in ambito di pro-cessi esecutivi o cautelari.

L’articolo in esame prende in considerazione sia le materie civili sulle quali il giudice è com-petente, sia il limite massimo del valore moneta-rio della causa entro i limiti del quale la compe-tenza rimane al Giudice di pace:

a) per un valore non superiore a 2.582,28 euro, le cause relative a beni mobili e rapporti obbligatori (esempio n. 1);

b) per un valore non superiore a 15.493,71 euro, le cause relative al risarcimento del dan-no causato da circolazione di veicoli e natanti (esempio n. 2). Occorre sottolineare che la nor-ma pone uno specifico nesso di derivazione cau-sale tra il fatto della circolazione e il danno, nel senso che il primo elemento sia causa efficiente del secondo e ne costituisce invece una semplice occasionalità (esempio n. 3). La posizione dot-trinaria è pacifica nel ritenere la locuzione legi-slativa contenuta nella norma comprensiva altre-sì di tutte le controversie inerenti danni a cose e a persone, ovvero di tutte quelle relative a danni derivanti dalla circolazione di veicoli e natanti prive o dotati di motore, nonché di tutte quelle afferenti all’assicurazione obbligatoria R.C. au-to, promosse contro il danneggiante e il proprie-tario ovvero l’assicuratore o l’impresa designata. Altrettanto unanime è la convinzione che dalla competenza del giudice di pace vadano escluse le controversie sorte a causa di un vizio o di un difetto del veicolo a prescindere dalla sua circo-lazione nonché del danno cagionato dalla cosa in sé (esempio n. 4);

c) senza limiti di valore, le cause relative a: – apposizione di termini di osservanza della

distanza di alberi e siepi; – misura e modalità d’uso dei servizi di con-

dominio, ovvero le controversie aventi ad ogget-to il modo in cui va esercitato il godimento dei beni immobili comuni e le cause aventi ad og-getto i limiti quantitativi, spaziali e temporali del diritto di godimento;

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7 Titolo I – Degli organi giudiziari

– rapporti tra proprietari e detentori di immo-bili adibiti a civile abitazione in materia di im-missioni (esempio n. 5).

Inoltre il Giudice di pace è competente per le opposizioni alle sanzioni amministrative, in vir-tù della L. n. 689 del 1981 che ha depenalizzato alcune materie, in tal caso deve decidere sempre secondo diritto e non secondo equità [98]. Ve-di, ora, la nuova disciplina contenuta nel D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150 recante “Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei proce-dimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69”..

La competenza del Giudice di pace in materia penale è disciplinata dal D.Lgs. 274/2000.

Dopo la riforma del 2009L’intervento riformatore del 2009 modifica

i primi due commi dell’articolo in commento nell’intento di alleggerire il contenzioso civili-stico, riducendo le controversie di competenza della magistratura ordinaria con contestuale al-largamento quantitativo e qualitativo della com-petenza per valore e per materia della magistra-tura non togata.

L’intervento è semplicemente quantitativo, ossia preordinato ad un ampliamento della com-petenza per valore del Giudice di pace, la quale per le cause relative a beni mobili che non siano attribuite per legge ad altro giudice viene incre-mentata da euro 2.582,28 ad euro 5.000,00, men-tre per le cause di risarcimento del danno pro-dotto dalla circolazione di veicoli e natanti viene estesa da euro 15.493,71 ad euro 20.000,00.

Di diverso spessore risulta essere l’introdu-zione nel comma 2 del n. 3 bis, in base al quale il Giudice di pace è competente per materia nelle cause relative agli interessi o agli accessori da ri-tardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali. Invero la nuova norma non attribu-isce al Giudice di pace la competenza a decidere le controversie in materia di prestazioni previden-ziali e assistenziali qualora in tali cause si accerti la sussistenza del diritto della parte alla fruizione di tali prestazioni o anche solo alla determinazio-ne del loro ammontare, per le quali rimane ferma la competenza per materia del Tribunale del la-voro; la modifica attribuisce piuttosto al Giudice di pace una competenza per materia nelle con-troversie relative alla sussistenza o meno del di-ritto della parte di vedersi corrisposti e in quale ammontare gli interessi o gli accessori maturati

in proprio favore in caso di ritardato pagamento delle prestazioni previdenziali e assistenziali sul-la cui legittima titolarità non via sia, però, alcuna contestazione da parte dell’ente erogante.

Più avanti vedremo che il legislatore di rifor-ma ha introdotto anche un ultimo comma all’art. 442, secondo cui, nelle predette controversie di cui al citato n. 3 bis demandate alla competenza per materia del Giudice di pace non si osserva-no né le disposizioni di cui agli artt. 442-446 né quelle di cui agli artt. 409 ss. Ne discende che nelle ipotesi in cui il Giudice di pace deve pro-nunciarsi su cause relative a interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previden-ziali o assistenziali non trova applicazione il “ri-to del lavoro”, ma il “rito ordinario” di cui agli artt. 316 e ss.

Dopo la riforma del 2017 (che entrerà in vi-gore a decorrere dal 31 ottobre 2025)

L’art. 27 del D.Lgs. 13 luglio 2017, n. 116 (Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché di-sciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57), estende – a decorrere dal 31 ottobre 2025 – la competenza del giudice di pace a procedi-menti attualmente di competenza del tribunale a ragione del loro valore.

In particolare il comma 1, lett. a), n. 1, mo-difica l’articolo in commento – che, come visto, delinea il quadro della competenza per materia e per valore del giudice di pace: in relazione al valore della causa (da cui è evidentemente de-sunta la sua minore complessità) – attribuendo al giudice di pace le controversie:

– relative a beni mobili di valore non superio-re a 30.000 euro; il previgente limite era di 5.000 euro (primo comma);

– relative al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, in cui il valore della controversia non supera i 50.000 euro; il previgente limite era di 20.000 euro (se-condo comma).

In materia poi di diritti reali e comunione, la delega ha previsto per l’attribuzione al giudice di pace la verifica del parametro della minore com-plessità. La relazione al provvedimento chiarisce che, per alcune tipologie di cause, tale minore complessità è rivelata dalla predeterminazione di una certa soglia di valore.

Sono, infatti, attratte alla competenza del giu-dice di pace, purché nel limite di valore di 30.000

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7 LIBRO I – DISPOSIZIONI GENERALI

euro, i procedimenti nelle seguenti materie (nuo-vo quarto comma):

– usucapione di beni immobili e di diritti reali immobiliari;

– riordino della proprietà rurale (v. Libro ter-zo, titolo II, capo II, sez. II del codice civile);

– accessioni; – superficie.In aggiunta, in ordine alle competenze per

materia, deve essere preliminarmente conferma-ta la competenza del giudice onorario per le cau-se in materia di apposizione di termini (risulta espunta, per coordinamento con il contenuto del nuovo numero 3-ter del comma 3, la competenza per le cause sull’osservanza delle distanze stabi-lite da leggi, regolamenti ed usi per il piantamen-to di alberi e di siepi) e le cause condominiali (come definite dall’art. 71-quater, disp. att. c.c.), mentre il comma 1, lett. a), n. 1, aggiunge nuo-vi numeri al terzo comma (nn. da 3-ter a 3-un-decies) che estendono la competenza del giudice onorario di pace in materia di diritti reali e comu-nione in relazione alle seguenti controversie, ora attribuite al tribunale:

– distanze nelle piantagioni e scavi e dei mu-ri, fossi e siepi interposti tra i fondi;

– luci e vedute, eccetto le cause relative a di-stanze per l’apertura di luci dirette a balconi, per l’apertura di luci laterali e oblique sul fondo del vicino e di distanze delle costruzioni dalle vedute (conservate alla competenza del tribunale);

– stillicidio ed acque; – occupazione e invenzione di cose mobili; – specificazione, unione e commistione; – enfiteusi; – usufrutto, uso e abitazione; – esercizio delle servitù (come detto, la com-

petenza del giudice di pace su costituzione, ac-quisto, estinzione ed accertamento della servi-tù è, invece, limitata alle cause di valore fino a 30.000 euro);

– impugnazione del regolamento e delle deli-bere dell’assemblea condominiale.

Il comma 1, lett. a), n. 1, aggiunge, poi, un ulteriore comma quinto che prevede, infine, indi-pendentemente da ragioni di connessione, l’attra-zione alla competenza del tribunale di due azioni contro la stessa parte quando una delle domande riguardi specifiche controversie di competenza del giudice onorario di pace (ai sensi del terzo comma, nn. da 3-ter a 3-undecies e quarto com-ma).

1. La causa che insorge in relazione ad una vendita di cose altrui [c.c. 1478], dove la cosa al-trui è un bene mobile di valore pari ad euro 1.500 (ora ad es. euro 4.500), è di competenza del Giu-dice di pace.

2. La causa che insorge per un risarcimento danni di ammontare pari a 10.000 euro (ora ad es. 15.000 euro), dovuti al fatto che una barca ne ha speronato un’altra [c.c. 2054], ricade sotto la competenza del Giudice di pace; nonché tutte le cause relative ad incidenti stradali, qualora si di-scuta sull’an e/o quantum del danno.

3. In questo modo la disposizione di cui al secondo comma non può essere invocata con riguardo ai danni reclamati da un utente del-la strada nei confronti dell’ente proprietario di quest’ultima, deducendo che detti danni si so-no verificati a causa di un’insidia esistente nella strada medesima.

4. Si pensi ad un incendio improvviso di una vettura in sosta o l’ingombro costituito da un’au-to abbandonata su suolo altrui.

5. La causa che insorge in relazione all’im-missione [c.c. 844] di acqua da un appartamento verso un altro, è di competenza del Giudice di pace.

u   Nel procedimento dinanzi al giudice di pace, qualora detta autorità non si sia espres-samente pronunciata in ordine all’equità della decisione, facendo, invece, riferimento a norme di diritto, deve ritenersi implicita la corrispon-denza delle norme giuridiche richiamate ai principi di equità, riferibili tanto alla decisione del merito della causa quanto alla regola so-stanziale da applicare alla domanda di attribu-zione del bene della vita proposta dalla parte, e consistenti non già nell’applicazione di una re-gola soggettiva e particolare avulsa dal sistema, ma nella mitigazione e nel temperamento del diritto positivo quale effetto della peculiarità della fattispecie esaminata, secondo un “iter” argomentativo che dia, comunque, conto del processo logico seguito, onde manifestarne la concreta “ratio decidendi” (12295/1998, rv. 521386).

u   Per l’individuazione delle cause che a norma dell’art. 113 c.p.c. devono essere decise dal giudice di pace secondo equità, il valore della causa deve determinarsi applicando, per analogia, le regole formulate nel codice per la determinazione del valore della causa ai fini

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7 Titolo I – Degli organi giudiziari

della competenza (artt. 10, 14, 16 e 17 c.p.c.) (1789/1999, rv. 523796).

u   La sosta di un’autovettura negli spazi comuni condominiali configura una modalità di uso di detti beni, onde la controversia nella quale si discuta della legittimità o meno di tale forma di utilizzazione, perché contraria ad una espressa esclusione posta dal regolamento con-dominiale o da una deliberazione assembleare ovvero perché incompatibile con l’esercizio da parte degli altri condomini di loro concorrenti facoltà della stessa natura sul medesimo bene, concerne non il diritto di comproprietà o il dirit-to di esercitarne in generale le relative facoltà, ma soltanto il limite qualitativo o quantitativo a seconda della contestazione sollevata della par-ticolare facoltà di utilizzare in tal guisa il bene comune e rientra, pertanto, nella competenza per materia del giudice di pace ai sensi dell’art. 7 c.p.c. (2402/1999, rv. 524207).

u  Poiché la competenza in materia di oppo-sizioni a sanzioni amministrative ex lege n. 689 del 1981 (ivi compresa quella sulle opposizioni avverso cartelle esattoriali relative alla riscos-sione di tali sanzioni, nel caso che si contesti la stessa pretesa sanzionatoria), già attribuibile esclusivamente al pretore (anche se prevista da disposizioni speciali, come quella dell’art. 205 del codice della strada) a seguito dell’abroga-zione – da parte del D.L. n. 432 del 1995 con-vertito nella legge n. 534 del 1995 – del terzo comma e del n. 4 dell’art. 7 c.p.c. (che in parte l’attribuivano al giudice di pace), deve reputarsi passata al tribunale a far tempo – ex art. 247 del D.Lgs. n. 51 del 1998 – dal 2 giugno 1999, in forza delle disposizioni degli artt. 1, 49 e 50 del D.Lgs. (le quali hanno, rispettivamente, soppres-so l’ufficio del pretore, salvo che per i processi pendenti, abrogato la competenza pretorile ex art. 8 c.p.c. e disposto che il tribunale è compe-tente su tutte le cause non attribuite ad altro giudice), in sede di pronuncia per regolamento di competenza avverso la sentenza pretorile, la quale – relativamente ad un’opposizione avver-so cartella esattoriale concernente la riscossione di una sanzione amministrativa per violazione del codice della strada – aveva erroneamente declinato (prima del 2 giugno 1999) la propria competenza per materia a favore di quella per valore del giudice di pace, deve dichiararsi la competenza del tribunale della stessa circoscri-zione cui faceva capo la Pretura, senza che sia necessaria la cassazione dell’impugnata senten-za (9403/1999, rv. 529669).

u   Il conferimento al giudice di pace della competenza senza limiti di valore per le cause,

tra proprietari confinanti, relative – oltre che all’apposizione di termini – all’osservanza delle distanze riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi (vigente art. 7 c.p.c.), cioè per la ma-teria sul piano sostanziale disciplinata dall’art. 892 c.c., non implica la competenza di questo giudice anche per le controversie promosse per ottenere la recisione di rami (o radici) che si protendano (o addentrino) da un fondo in quello confinante, in riferimento alla disciplina sostanziale di cui all’art. 896 c.c., poiché, il col-legamento tra la finalità delle due discipline di carattere sostanziale non ha sufficiente rilievo rispetto ad un giudice che, diversamente dal pretore – a cui precedentemente era attribui-ta, con formula analoga, la competenza sulle distanze degli alberi e siepi dal confine –, ha in linea generale competenza solo per cause mo-biliari, tenuto anche presente che la violazione dell’art. 896 c.c. implica la lesione di un diritto reale e che le domande relative alla recisione di rami protesi sul fondo altrui possono dar luogo ad eccezioni basate sulla deduzione della sussi-stenza al riguardo di una servitù costituita per destinazione del padre di famiglia (859/2000, rv. 533186).

u  Al giudice di pace non è consentita l’ap-plicazione dell’art. 36 c.p.c., e cioè separare una domanda riconvenzionale eccedente la sua competenza per valore e rimettere le parti per la decisione soltanto su di essa dinanzi al giu-dice superiore perché l’art. 40, settimo comma, c.p.c. lo obbliga, in caso di connessione, a rimet-tere a quest’ultimo tutta la causa, e perciò sia la domanda principale sia la domanda riconven-zionale (3818/2000, rv. 535146).

u  Il criterio di ripartizione della competenza tra giudice di pace, pretore e tribunale (ora in seguito al D.Lgs. 51/98 che ha istituito il giudice unico di primo grado, la questione riguarda il giudice di pace e il tribunale) in ordine alla controversie attinenti al risarcimento del danno da circolazione dei veicoli e natanti non è dato esclusivamente dal valore, ma è quello misto della materia in relazione al valore. Pertanto è ammissibile il regolamento di competenza d’uf-ficio ex art. 45, ove sia in contestazione la ricon-ducibilità della controversia alla materia della circolazione, mentre è inammissibile se attiene solo al valore della causa poiché non è confi-gurabile un conflitto negativo virtuale tra detti giudici (5032/2000).

u  Il creditore, senza rinunciare all’ecceden-za, può limitare la domanda di adempimento a quella parte della prestazione che rientra nella competenza per valore del giudice di pace, che

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7 LIBRO I – DISPOSIZIONI GENERALI

permane se il convenuto non chiede una pro-nuncia con effetto di giudicato sull’esistenza o validità dell’intero rapporto obbligatorio (11203/2000, rv. 539784).

u  La competenza per materia con un limite di valore, che l’art. 7, comma secondo, c.p.c. at-tribuisce al giudice di pace per le cause di risar-cimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e natanti, non si esaurisce nelle ipote-si contemplate dall’art. 2054 c.c. ma concerne anche i casi che, pur non essendo suscettibili di essere disciplinati da tale articolo, tuttavia rien-trano nella nozione di fatti illeciti prodotti dalla circolazione stradale di veicoli (15573/2000, rv. 542560).

u  La domanda con la quale l’attore chiede di essere risarcito del danno subito a segui-to della infissione sul proprio fondo di pali di sostegno di una linea telefonica, in mancanza della costituzione di una servitù, non costitui-sce una causa-relativa a beni immobili, e per-tanto, se di valore inferiore all’importo stabilito dall’art. 7 c.p.c., appartiene alla competenza del giudice di pace e va decisa secondo equità, se rientra nel limite di valore dell’art. 113, comma 2, c.p.c. (2889/2003).

u   Per le controversie di competenza del giudice di pace, la regola di decisione secondo equità per le cause di valore entro i due milio-ni attiene esclusivamente alle cause decise da detto giudice secondo valore, e quindi necessa-riamente alle sole cause attinenti a beni mobili per effetto dell’art. 7 c.p.c., con la conseguenza che, se una causa relativa a beni immobili è por-tata alla cognizione del giudice di pace e l’in-competenza non viene rilevata, anche d’ufficio, entro la prima udienza di trattazione, mentre la questione sulla competenza rimane preclusa, la regola decisionale sarà in ogni caso secondo diritto e non secondo equità, sicché l’impugna-zione proponibile avverso tale decisione sarà solo l’appello e non anche il ricorso per Cassa-zione che, se proposto, dovrà essere dichiarato inammissibile (7293/2003, rv. 562946).

u   In caso di domanda di risarcimento dei danni non cagionati dalla circolazione di vei-coli o di natanti proposta davanti al giudice di pace senza precisazione del “quantum” – aven-do chiesto l’attore nell’atto introduttivo ed in sede di precisazione delle conclusioni la con-danna del convenuto al risarcimento dei danni patiti “nei limiti della competenza del giudice adito” –, il valore della causa, in forza del prin-

cipio stabilito dall’art. 14 c.p.c., si deve presu-mere, in difetto di tempestiva contestazione, nei limiti della competenza del giudice adito, e quindi, atteso lo specifico “petitum”, pari a lire cinque milioni (art. 7, primo comma, c.p.c.), con la conseguenza che la sentenza emessa da detto giudice, per il combinato disposto degli artt. 113 e 339 c.p.c., è impugnabile con l’ap-pello e non con il ricorso per Cassazione che, se proposto, deve essere dichiarato inammissibile (11170/2003, rv. 565169).

u   In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla cir-colazione di veicoli a motore e dei natanti, la controversia avente ad oggetto la domanda di regresso proposta, ai sensi dell’art. 29 l. 24 di-cembre 1969 n. 990, dall’impresa designata del Fondo di garanzia per le vittime della strada contro il responsabile del danno da circolazione di veicoli, si deve ritenere compresa nella com-petenza del g.d.p. per materia, con il limite di valore, relativo alle cause di risarcimento del danno da circolazione stradale, di cui al comma 2 dell’art. 7 c.p.c. (17467/2010).

u  Il Giudice di Pace è assolutamente incom-petente in materia di locazione di immobili urbani, sia perché questi è competente soltan-to per le cause relative a beni mobili, sia per-ché, a seguito della soppressione dell’ufficio del Pretore, con la conseguente abrogazione dell’art. 8 c.p.c. ad opera del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, la competenza in ma-teria di locazione di immobili urbani è stata attribuita alla competenza del Tribunale (Cass. 12910/2004; Cass. 2842/2003 e per fattispecie relativa alla restituzione di deposito cauziona-le, Cass. 2143/2006) (Giudice di pace Eboli, 21 giugno 2011).

u  Il giudice di pace è competente (nei limiti della sua competenza per valore) in ordine alle controversie aventi ad oggetto pretese che ab-biano la loro fonte in un rapporto, giuridico o di fatto, riguardante un bene immobile, salvo che la questione proprietaria non sia stata og-getto di una esplicita richiesta di accertamento incidentale di una delle parti e sempre che tale richiesta non appaia, ictu oculi, alla luce delle evidenze probatorie, infondata e strumentale – siccome formulata in violazione dei principi di lealtà processuale – allo spostamento di compe-tenza dal giudice di prossimità al giudice togato (S.U. 21582/2011).

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