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Come cambia la cura dell’infanzia Un quadro comparativo dei servizi educativi e della cura per la prima infanzia nei paesi economicamente avanzati UNICEF Centro di Ricerca Innocenti Report Card 8

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Come cambia la cura dell’infanziaUn quadro comparativo dei servizi educativi e della cura per la prima infanzia nei paesi economicamente avanzati

UNICEFCentro di Ricerca Innocenti

Report Card 8

La presente Report Card Innocenti è stata redatta da Peter Adamson sulla base diricerche, dati e documenti forniti da John Bennett. Il progetto è stato coordinato dalCentro di Ricerca Innocenti dell’UNICEF con l’assistenza di un gruppo di consulentiinternazionali (v. pagina 35).

La ricerca per la Report Card 8 è stata completata alla fine di aprile 2008.

Il testo e la documentazione di riferimento, compresi due documenti preparatori,possono essere scaricati dal sito web del Centro di Ricerca Innocenti dell’UNICEF:www.unicef-irc.org

Qualunque parte della Report Card Innocenti può essere liberamente riprodottautilizzando i seguenti riferimenti:

UNICEF, Come cambia la cura dell’infanzia, Report Card Innocenti 8, 2008

UNICEF, Centro di Ricerca Innocenti, Firenze.

© Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF), 2008

Si ringrazia sentitamente il Comitato tedesco per l’UNICEF per il sostegno fornito allarealizzazione della Report Card 8. Ulteriore supporto è stato fornito dal Comitato delRegno Unito per l’UNICEF e dal Comitato andorrano per l’UNICEF.

La serie Report Card Innocenti è pensata per monitorare e comparare i risultati dei paesidell’OCSE nell’assicurare il rispetto dei diritti dell’infanzia.

Il Centro di Ricerca Innocenti dell’UNICEF di Firenze è stato istituito nel 1988 perpotenziare le capacità del Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) nell’attivitàdi ricerca e per sostenere le sue attività a favore di tutti i bambini del mondo.

Il Centro (formalmente denominato Centro Internazionale per lo Sviluppo dell’Infanzia)porta avanti la ricerca nelle aree di lavoro attuale e futuro dell’UNICEF. I suoi obiettiviprincipali sono migliorare la comprensione internazionale dei problemi relativi ai diritti deibambini e incoraggiare la piena applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite suidiritti dell’infanzia, tanto nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo.

Le pubblicazioni del Centro contribuiscono al dibattito globale sui diritti dei bambini eaccolgono una vasta gamma di opinioni. Per tale ragione, il Centro può produrrepubblicazioni che non riflettono necessariamente le politiche o la posizione dell’UNICEFsugli argomenti trattati.

Le opinioni espresse sono quelle degli autori e non riflettono necessariamente la politicao le opinioni dell’UNICEF.

Versione italiana realizzata con il contributo del Comitato italiano per l’UNICEF.

UNICEF Centro di Ricerca InnocentiPiazza SS. Annunziata, 1250122 Firenze, ItaliaTel: (+39) 055 20 330Fax: (+39) 055 2033 [email protected]

R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8 1

UNICEFCentro di Ricerca Innocenti

Un grande cambiamento è in corso per l’infanzia nei paesi piùricchi del mondo.

La maggioranza della generazione adesso in fase di crescita èla prima a trascorrere gran parte della prima infanzia instrutture che se ne prendono cura fuori della propria casa.

Allo stesso tempo, la ricerca sulle neuroscienze dimostra cheun rapporto amorevole, stabile, sicuro e stimolante con lepersone che si prendono cura del bambino nei primi mesi eanni di vita è fondamentale per ogni aspetto del suo sviluppo.

Questi due fattori pongono domande urgenti alla opinionepubblica e ai responsabili delle politiche dei paesi OCSE.

Se il cambiamento nella cura dei bambini rappresenterà unprogresso o un’involuzione per i bambini di oggi e il mondo didomani dipenderà dalla risposta a tali domande.

2 R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8

Parametri comparativi 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Num

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Danimarca 8 ¸ ¸ ¸ ¸ ¸ ¸ ¸ ¸

Finlandia 8 ¸ ¸ ¸ ¸ ¸ ¸ ¸ ¸

Francia 8 ¸ ¸ ¸ ¸ ¸ ¸ ¸ ¸

Norvegia 8 ¸ ¸ ¸ ¸ ¸ ¸ ¸ ¸

Belgio (Fiandre) 6 ¸ ¸ ¸ ¸ ¸ ¸

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Nuova Zelanda 6 ¸ ¸ ¸ ¸ ¸

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Slovenia 6 ¸ ¸ ¸ ¸ ¸¸

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Paesi Bassi 5 ¸ ¸ ¸ ¸ ¸

Regno Unito* 5 ¸ ¸ ¸ ¸ ¸

Germania 4 ¸ ¸ ¸ ¸

Giappone 4

¸ ¸ ¸ ¸Italia 4

¸ ¸ ¸ ¸

Portogallo 4 ¸ ¸ ¸ ¸

Repubblica di Corea 4 ¸ ¸ ¸ ¸

Messico 3 ¸ ¸ ¸

Spagna 3 ¸ ¸ ¸

Stati Uniti 3

¸ ¸ ¸Svizzera 3

¸ ¸ ¸

Australia 2 ¸ ¸

Canada 1 ¸

Irlanda 1 ¸

Totale parametri raggiunti 126 6 19 13 15 17 20 12 6 10 8

* I dati per il Regno Unito si riferiscono alla sola Inghilterra.

Figura 1 – Servizi per la prima infanzia – una classifica comparata

Questa Report Card esamina le opportunità e i rischi inerenti al cambiamento nella cura dell’infanzia e propone dei parametriapplicabili a livello internazionale per l’educazione e l’assistenza alla prima infanzia: una serie di standard minimi per tutelare idiritti dei bambini nel loro periodo formativo più vulnerabile.

La tabella riportata sotto mostra i paesi che attualmente si conformano a questi standard e riassume questo primo tentativo divalutare e comparare i servizi per la prima infanzia nei 25 paesi OCSE nei quali sono stati raccolti i dati.

R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8 3

Si sta verificando un grandecambiamento nel modo in cui ibambini vengono cresciuti nei paesieconomicamente più avanzati delmondo. La cura dei bambini piccoli,dopo essere stata per secoli unaquestione prevalentemente privata efamiliare, adesso si sta trasformando inlarga misura in un’attività esterna allafamiglia in cui sono sempre piùcoinvolti i governi e le impreseprivate. La maggioranza dellagenerazione dei paesi dell’OCSE*

adesso in fase di crescita è la prima atrascorrere gran parte della primainfanzia non nella propria casa, infamiglia, ma in strutture esterne.

Il cambiamento è lungi dall’essereconcluso. Il suo schema varia da paese apaese, ma non vi sono dubbi sulla suaportata globale e sulla sua direzione.Attualmente, circa l’80% dei bambini dai3 ai 6 anni del mondo ricco si trova inuna struttura di servizi educativi eassistenza per la prima infanzia. Per ibambini sotto i 3 anni, la percentuale siattesta intorno al 25% nei paesi OCSEnell’insieme, e intorno al 50% nei singolipaesi (figura 2). In tutte le nazioniindustrializzate, la cura dell’infanziapresso strutture esterne alla famiglia è undato di fatto per un numero crescente dibambini sempre più piccoli e con orarisempre più lunghi.

Nell’ultimo decennio, in molti paesiOCSE si è iniziato a registrare unforte aumento del numero di bambini

di età inferiore a 1 anno che vieneassistito fuori casa. Su questa fascia dietà le statistiche sono carenti. Tuttavia,nel Regno Unito∗∗, per esempio, lamaggioranza delle madri riprende illavoro a tempo pieno o parziale entro12 mesi dal parto1. Analogamente,negli Stati Uniti, oltre il 50% deibambini sotto 1 anno frequentano unastruttura di assistenza per l’infanzia –tre quarti di questi sin dai 4 mesi dietà e per una media di 28 oresettimanali2. In Belgio (Fiandre), più diun terzo dei neonati viene inserito inuna struttura per l’infanzia entro ilprimo anno di vita.

La figura 2 fornisce la miglioreistantanea paese per paese dellasituazione attuale. Per la fascia dei4 anni, 16 dei 24 paesi per i quali visono dati disponibili hanno superato illivello del 75% delle iscrizioniprescolari. In Belgio, Francia, Italia eSpagna, l’iscrizione dei bambini di 4anni è praticamente del 100%. Per ibambini sotto i 3 anni, Danimarca eIslanda presentano i tassi più alti diiscrizione (intorno al 60%).

Questi dati debbono essere interpretaticon attenzione. Le percentuali fornite,infatti, non riflettono né la qualità néla disponibilità dei servizi offerti. Lacifra riportata per il Regno Unito, peresempio, si riferisce ai bambini chefrequentano i centri pubblici diistruzione prescolare per due ore emezzo al giorno (aperti nove mesi

l’anno); la cifra fornita per la Svezia,per contro, si riferisce a servizi checoprono l’intera giornata lavorativa(disponibili, su richiesta dei genitori,per 11 mesi l’anno). È importanteribadire che questi dati “immortalano”quello che, in effetti, è un quadro inrapida evoluzione.

Guidare il cambiamento Le forze che guidano il cambiamentonell’assistenza all’infanzia sono tantoevidenti quanto il cambiamento stesso.

Innanzitutto, più di due terzi di tutte ledonne in età lavorativa dei paesi OCSEoggi lavora fuori casa. Molte rimandanola gravidanza di dieci o più annirispetto alle madri delle generazioniprecedenti e molte hanno carriere benavviate da tenere in considerazione.Fintanto che ciò rappresenta un passoavanti verso le pari opportunità per ledonne, è da ritenersi un fatto positivo.Ma, quando ciò è dovuto a pressionieconomiche crescenti, è motivo dipreoccupazione. Anche tra i gruppimeglio retribuiti, sono spesso necessaridue stipendi per far fronte all’affitto ealle spese. Nella fascia a basso reddito,una famiglia composta da due adulti edue bambini ha generalmente bisognodi almeno un lavoro a tempo pieno euno a tempo parziale (con il minimosalariale) soltanto per rimanere sopra lasoglia di povertà nazionale. La maggiorparte dei genitori in famigliemonoparentali ha bisogno di un lavoroa tempo pieno oltre al sostegno disussidi. Più è povera la famiglia, piùpressante è la necessità di tornare al

C O M E C A M B I A L A C U R A D E L L’ I N FA N Z I A

∗∗ Se non diversamente specificato, i dati per il Regno Unito siriferiscono alla sola Inghilterra.

* Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico,l'organizzazione internazionale dei paesi sviluppati coneconomie di mercato.

4 R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8

statunitense – sono ingenti, in aumento econtinueranno a crescere”.

In breve, queste sono alcune delleforze che spingono i governi e lefamiglie nei paesi OCSE verso modelliradicalmente nuovi di assistenza per ibambini. E nonostante le differenzesignificative nelle politiche e nellepratiche, è chiaro che tutti i paesiindustrializzati si stanno orientandonon solo verso un modello diassistenza all’infanzia presso struttureesterne alla famiglia per unapercentuale significativa di neonati ebambini piccoli, ma anche versosistemi di istruzione universale chenon iniziano con l’istruzione formale a5 o 6 anni, ma con l’istruzioneprescolare a partire dai 3 anni.

Date queste pressioni, esiste il rischioreale che il cambiamento nella curadell’infanzia segua un percorsodeterminato dalle esigenze e dallespinte del momento, piuttosto che dauna visione o una scelta a lungotermine. Pertanto, questa Report Card

le famiglie devono essere ulteriormenteincoraggiate da politiche pubbliche checonsentano a uomini e donne di conciliarela famiglia con il lavoro”.

Per tutti questi motivi correlati, ilcambiamento nella cura dei bambini èsostenuto dappertutto dalle politichepubbliche. Tutti i paesi dell’UnioneEuropea, per esempio, garantisconoalmeno due o tre anni di istruzioneprescolare e i leader dell’UnioneEuropea hanno convenuto di fornireentro il 2010 asili infantili a tempopieno, gratuiti e sovvenzionati peralmeno il 33% dei bambini sotto i 3anni e per il 90% di quelli dai 3 ai 6anni∗. Negli Stati Uniti, attualmentenon è in vigore alcuna leggesull’istruzione prescolare prima dei 5anni, ma in pratica oltre il 60% dei 10milioni di bambini americani in etàprescolare partecipa a un qualche tipodi programma per la prima infanzia.“Le iscrizioni prescolari – sostiene ilConsiglio Nazionale della Ricerca

lavoro subito dopo il parto: spesso unlavoro generico e malpagato. Pertanto,per molti milioni di madri, la pressionecrescente a lavorare non rappresenta unanuova opportunità, ma una necessità.

In secondo luogo, il cambiamento èguidato da pressioni economiche suigoverni; un maggior numero di donnenella forza lavoro aumenta il PIL,aumenta le entrate da tassazione eriduce la spesa sociale.

In terzo luogo, un’economia globalesempre più competitiva e fondata sullaconoscenza contribuisce a convinceresia i governi che i genitori chel’istruzione prescolare è un investimentoper il futuro successo scolastico e per leprospettive di impiego (quadro 2).

Infine, alcuni paesi OCSE hannoiniziato a guardare i servizi perl’infanzia come un sostegno percontrastare il calo dei tassi di natalità.“Se l’Europa vuole invertire il calodemografico – ha notato laCommissione Europea nel 2005 –

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Figura 2 – Come cambia la curadell’infanzia – una panoramica

I Grafici 2a, 2b e 2c presentano ilquadro attuale del cambiamentonella cura dei bambini nei paesiOCSE in cui vi sono dati disponibili.Purtroppo, non sono disponibili daticomparabili a livello internazionalesulle iscrizioni dei bambini di etàinferiore a 1 anno.

Fonte: Banca dati dell’OCSE sulle famiglie e banca dati dell’OCSE sull’istruzione (2004).

∗ Traguardi già raggiunti da Belgio (Fiandre), Danimarca,Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia.

Figura 2a – Iscrizione ai centri di assistenza per l’infanzia dei bambinida 0 a 3 anni

R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8 5

cerca di fornire una visione a largoraggio dei cambiamenti che si stannodeterminando nella cura dei bambininei paesi industrializzati e mette inrisalto alcune delle opportunità e deirischi inerenti a un cambiamento ditale portata, del modo in cui lamaggior parte dei nostri figli vieneaccudita durante il periodo formativopiù importante della loro vita.

In particolare, questo grandecambiamento viene esaminato a partireda un punto di vista che rischia diessere dimenticato e che è invece tantochiaramente enunciato nell’articolo 3della Convenzione sui dirittidell’infanzia, vale a dire che in tutte leazioni che riguardano i bambini“l’interesse superiore del fanciullo deveessere una considerazione preminente”.

Una rivoluzione parallelaMentre è in atto questo profondocambiamento in tutto il mondoindustrializzato, una rivoluzioneparallela nella comprensionedell’importanza della prima infanzia stainteressando il campo meno conosciutodella ricerca sulle neuroscienze.

Il quadro 1 riassume alcuni deiconcetti chiave emersi da questaricerca, tra cui la sequenza di “periodisensibili” nello sviluppo del cervello;l’importanza del rapporto di “servizioe risposta” con la persona cheaccudisce il bambino; il ruolodell’amore come fondamento per losviluppo intellettivo ed emozionale;l’incentivazione del crescente senso disé come agente del bambino; i modiin cui l’architettura del cervello che sista sviluppando può essere danneggiatadallo stress; e l’importanzafondamentale dell’interazione precocecon i familiari e con le persone cheaccudiscono il bambino per losviluppo di sistemi di gestione dellostress. Le nuove tecnologie e i nuovistrumenti di ricerca stanno iniziando agettare luce sui questi processi e hannoportato alla convinzione diffusa che leconoscenze acquisite dalla comunitàneuroscientifica debbano essere resenote a politici, stampa e pubblico.

0 20% 40% 60% 80% 100% 120%

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Spagna

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Figura 2b – Iscrizione prescolare dei bambini di 4 anni

Fonte: EUROSTAT (2005).*Dati contenuti nella banca dati dell’OCSE sulle famiglie (2004).

Figura 2c – Iscrizione prescolare dei bambini dai 3 ai 6 anni

Fonte: Banca dati dell’OCSE sulle famiglie e banca dati dell’OCSE sull’istruzione (2004).

6 R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8

Ai fini della presente ricerca, l’aspettopiù rilevante di queste scoperte è ilfatto che sia l’interazione precoce delbambino con gli altri, soprattutto coni familiari e con le persone che loaccudiscono, a creare i modelli dicollegamenti neurali e di equilibrichimici che avranno una profondainfluenza su ciò che diventerà, suquello che sarà in grado di fare e sucome reagirà al mondo che locirconda. Le prime esperienze, uniteal potenziale derivante dall’ereditàgenetica, sono alla base dell’architetturadel cervello umano e costituiscono sia

le fondamenta che l’impalcatura dellosviluppo futuro. Un rapporto delConsiglio Scientifico Nazionalestatunitense conclude che:“tutti gli aspetti del capitale umanoadulto, dalle abilità della forza lavoro alcomportamento cooperativo e legale sibasano sulle capacità che si sviluppanodurante l’infanzia, a partire dallanascita”3. In altre parole, leneuroscienze stanno cominciando aconfermare e spiegare ilfunzionamento interno di quello chele scienze sociali e l’esperienzacomune hanno a lungo sostenuto, che

relazioni di affetto, stabili sicure,stimolanti e incoraggianti con ifamiliari e coloro che accudiscono ibambini durante i primi mesi e annidi vita sono fondamentali per quasitutti gli aspetti dello sviluppodel bambino.

Riguardo al cambiamento che si staverificando nell’infanzia nel mondoeconomicamente sviluppato,l’importanza di queste scoperte puòdifficilmente essere sopravvalutata.Questo rapporto sottolinea che laconcomitanza di questi due processi,

Al centro delle recenti ricerche sullo sviluppo del cervelloumano c’è qualcosa che non potrebbe essere più distantedalle scienze fisiche e naturali. Il modo in cui la maggiorparte dei genitori risponde ai bambini – il linguaggioinfantile, i sorrisi e il ciangottio, la ripetizione dei suoni,delle parole e dei gesti, la gioia per ogni piccolo progressodel neonato – sono tutte cose che non si prestanofacilmente all’analisi scientifica. Eppure è esattamentequesto tipo di rapporto intimo, affettuoso e individuale che,insieme a un’alimentazione adeguata, costituisce l’inputessenziale per lo sviluppo emozionale, fisico e cognitivodell’essere umano.

Nel tentativo di descrivere questo processo in termini piùscientifici, i ricercatori hanno creato termini come“sensibilità/responsività materna/paterna”, “mutualità” e“reciprocità”. Inoltre, utilizzano spesso analogie come “ladanza della mutua responsività” o “il processo del servizioe della risposta”. Quest’ultima, per esempio, vienedescritta in The Science of Early Childhood Developmentdel Centro sul bambino in età evolutiva dell’Universitàdi Harvard:

“Il servizio e la risposta si verificano quando i bambinipiccoli interagiscono naturalmente attraverso la lallazione,le espressioni facciali, le parole, i gesti e le grida e gliadulti rispondono entrando in sincronia con il bambino,emettendo gli stessi suoni e facendo gli stessi gesti, e ilprocesso continua avanti e indietro. Un altro aspettoimportante del concetto di interazione del servizio e dellarisposta è il fatto che funziona meglio quando è radicatoin un rapporto in atto tra un bambino e un adulto, che èsensibile all’individualità peculiare del bambino. Decennidi ricerche ci dicono che le interazioni reciprocamentegratificanti sono requisiti essenziali per lo sviluppo sanodei circuiti cerebrali e di abilità sempre più complesse”*

Il secondo concetto fondamentale è l’identificazione dei“periodi sensibili” nello sviluppo sequenziale del cervelloumano. Ciascuno di questi periodi è associato ad areespecifiche dei circuiti neurologici e a specifiche abilitàumane, e ciascuno si basa sui circuiti e sulle abilità elaboratinel periodo precedente. È questo processo che determinalo stadio del futuro sviluppo cognitivo ed emozionale – unostadio che può essere forte o debole, a seconda del tipo edella qualità dell’interazione con le persone che si prendonocura del bambino nei primi mesi e anni di vita.

La scoperta che la cura e l’educazione non sono processiseparati attiene a questo. Uno stretto rapporto emozionaletra genitore e bambino è essenziale sia per lo sviluppointellettuale sia per lo sviluppo emozionale. Sforzipuramente didattici volti a sviluppare le abilità cognitive delbambino potrebbero compromettere ciò che intendonofavorire, se i bisogni emozionali sono trascurati. Lo studioEager to Learn**, per esempio, conclude che “La cura el’educazione non possono essere considerate entitàseparate quando si tratta di bambini piccoli… Amare oinsegnare ai bambini non sono sufficienti presisingolarmente per uno sviluppo ottimale”.

La ricerca ha anche richiamato l’attenzione sull’importanzadei livelli di stress nei primi mesi e anni di vita. Secondo ilProf. Jack Shonkoff, Direttore del Centro sul bambino in etàevolutiva dell’Università di Harvard, livelli eccessivi degliormoni dello stress “sconvolgono letteralmente l’architetturadel cervello”.

Uno stress eccessivo o troppo prolungato in questo periodo,e l’assenza di una persona adulta familiare e fidata che dia ilconforto intimo e immediato atto a riportare gli ormoni dellostress ai livelli di base, può comportare una regolazioneerronea dei livelli di stress del cervello. In particolare, è notoche l’innalzamento persistente del cortisolo danneggia

Quadro 1 Neuroscienze: servizio e risposta

R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8 7

il movimento di massa verso la cura

dei bambini fuori casa e la maggiore

comprensione di ciò che accade nel

cervello umano nei primi mesi e

anni di vita, pone il pubblico e i

politici di fronte a questioni grandi e

urgenti. Se il cambiamento nella cura

dei bambini rappresenterà un

progresso o un regresso, sia per i

bambini di oggi che per il mondo di

domani, dipenderà dalla saggezza

della risposta. Questa risposta deve

iniziare con un maggiore interesse e

un più attento monitoraggio di

questo profondo cambiamento,

mentre acquista forza e si diffonde inaltre parti del mondo∗.

I parametri comparativi(benchmarks)Per contribuire a questo processo, laReport Card sostiene l’idea di applicareuna serie di standard minimi a livellointernazionale per proteggere i dirittidei bambini piccoli mentre è in atto ilcambiamento nella cura dei bambini.

I dieci parametri comparativi(benchmarks) proposti, formulati con laconsulenza di funzionari governativied esperti accademici dei paesi OCSEin Asia, Europa e Nord America, oltreche con il contributo dell’UNICEF edella Banca Mondiale∗, rappresentanoun primo tentativo di valutazione ecomparazione dei servizi per la primainfanzia nei 25 paesi in cui sono statiraccolti i dati. La tabella dei parametri

l’architettura delicata del cervello in fase di sviluppo ed èconnesso con i disturbi associati allo stress più avanti nellavita. La salute mentale necessita di sistemi di gestione dellostress che aumentino il livello degli ormoni in risposta allapercezione di una minaccia e lo riducano quando la minacciascompare. Questi equilibri chimici, che iniziano a instaurarsiancor prima della nascita, si stabiliscono nella prima infanzia.

Infine, la ricerca ha richiamato l’attenzione anche sul sensoemergente di “sé come agente” del bambino, cioè lasensazione di essere in grado di influenzare gli eventi e lesituazioni. Se questo viene incoraggiato dalle risposte degliadulti, si svilupperanno motivazione, fiducia e competenze.Se questa sensazione non viene rafforzata o se vieneattivamente scoraggiata da reazioni negative o punizioni, èprobabile che questi aspetti essenziali dello sviluppopsicologico siano compromessi.

Per tutti questi motivi, il rapporto tra neonati e genitori o conle persone che si prendono cura del bambino è vitale per losviluppo emozionale, psicologico e cognitivo. I problemicomportamentali e dello sviluppo, che spesso continuano averificarsi anche in seguito, nella maggior parte dei casisono dovuti al turbamento di questo rapporto***.

Quanto detto sopra ha evidenti implicazioni per la cura el’educazione dei bambini molto piccoli. E durante ilcambiamento che si sta verificando è essenziale chescoperte come quelle descritte divengano parte dellacoscienza comune e politica.

* National Scientific Council on the Developing Child, The Science ofEarly Childhood Development: Closing the gap between what weknow and what we do, National Scientific Council on the DevelopingChild, Center on the Developing Child at Harvard University,Cambridge, MA, 2007, p. 6

** National Research Council, Eager to Learn: Educating ourpreschoolers, Committee on Early Childhood Pedagogy, Bowman B. T.,Donovan M. S. and Burns M. S. (a cura di); Commission onBehavioural and Social Sciences and Education, National AcademyPress, Washington, D.C. 2001, p. 2.

*** National Research Council and Institute of Medicine, FromNeurons to Neighborhoods: The science of early childhooddevelopment, Committee on Integrating the Science of EarlyChildhood Development, Shonkoff J. P. and Phillips D. A. (a cura di),Board on Children, Youth and Families, Commission on Behaviouraland Social Sciences and Education, National Academy Press,Washington, D.C., 2000, p. 28.

Concetti di base

“Quattro concetti di base importanti per formularevalide politiche sociali per la prima infanzia sonoemersi da decenni di ricerche indipendenti nel campodell’economia, delle neuroscienze e della psicologiadello sviluppo. Innanzitutto, l’architettura del cervello eil processo di formazione delle abilità sono influenzatidall’interazione tra genetica ed esperienze individuali.In secondo luogo, la padronanza delle abilità essenzialiper il successo economico e lo sviluppo delle vieneuronali sottostanti seguono delle regole gerarchiche.I risultati successivi si basano su fondamenta poste inprecedenza. In terzo luogo, le competenze cognitive,linguistiche, sociali ed emozionali sonointerdipendenti; sono tutte formate dalle esperienze

del bambino in fase di sviluppo: tutte contribuiscono alsuccesso nella società in generale. Infine, sebbenel’adattamento continui per tutta la vita, le abilità umanesi formano in una sequenza prevedibile di periodisensibili, durante i quali lo sviluppo di specifici circuitineuronali e i comportamenti da essi mediati sono piùplastici e quindi recettivi in maniera ottimale alleinfluenze ambientali.”

Heckman J. J., ‘Skills Formation and the Economics of Investing inDisadvantaged Children’, Science, vol. 312, n. 5782, pp. 1900-1902,

30 giugno 2006.

∗ Bisogna notare che le ex-economie pianificate dell’Europaorientale e centrale hanno investito notevolmente nellestrutture di assistenza per l’infanzia nei decenni precedenti al1990.

∗ La collaborazione dei governi a questa iniziativa è moltoimportante. Si riconosce che i governi non possono assumersila responsabilità dell’interpretazione delle informazioni fornite odella scelta dei parametri. Le informazioni fornite dai governisono corroborate da dati ufficiali forniti dall’OCSE e da ulterioridiscussioni con esperti accademici a livello nazionale.

8 R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8

stata spesso trascurata e non è possibileindividuare le responsabilità senza unaserie di standard minimi chiari relativiai servizi per la prima infanzia.Infine, i parametri proposti possonodiventare utili per i paesi non OCSEin cui il cambiamento nella cura deibambini è in corso. Gli indicatoriproposti potrebbero essere adattati allamaggior parte dei paesi, sebbene possaessere necessario adattare gli obiettiviper i singoli indicatori per riflettere idiversi livelli economici e le diversefasi di sviluppo dei servizi per laprima infanzia.

Il potenziale positivoA dispetto delle preoccupazioni chesaranno sollevate dal presente rapporto,è importante sottolineare subito chenell’orientamento verso l’educazione el’assistenza all’infanzia è insito unenorme potenziale positivo. Il quadro2 riassume brevemente diversi studiche dimostrano questo potenziale.

L’assistenza alla prima infanzia puòportare vantaggi derivantidall’interazione tra coetanei e conprofessionisti del settore. Lo sviluppocognitivo, linguistico, emozionale esociale dei bambini può migliorare egli effetti possono essere duraturi. Per ifigli di immigrati e per i bambini chein famiglia parlano una lingua diversada quella del paese, un’assistenzaall’infanzia di buona qualità puòfavorirne l’integrazione el’apprendimento della lingua ufficialedel paese e ridurre lo svantaggioall’ingresso nel sistema di istruzioneformale (quadro 5). Per molti milionidi donne, l’assistenza all’infanzia puòeliminare uno degli ultimi grandiostacoli che si frappongono alle pariopportunità. Per molti milioni digenitori, l’assistenza all’infanzia puòaiutare a conciliare la competizione frale necessità della vita lavorativa e ipiaceri di quella familiare. Per leeconomie nazionali, la disponibilitàdell’assistenza all’infanzia che consenteai genitori di tornare al lavoro puòcontribuire a sostenere l’aumento delPIL e le entrate fiscali, ridurre i tassi di

comparativi (figura 1) mostra i paesiche attualmente rispettano gli standardproposti e quelli che non lo fanno.

Nel complesso, la Svezia è in cima allatabella in quanto soddisfa tutti i 10parametri, seguita dall’Islanda, che nerispetta 9 e da Danimarca, Finlandia,Francia e Norvegia che ne soddisfano8. Soltanto tre paesi – Australia,Canada e Irlanda – soddisfano menodi 3 parametri.

È inevitabile che, in questa fase, latabella sia piuttosto incompleta. Maquesto deriva dal fatto che la sceltadegli indicatori e la valutazione delleprestazioni dei paesi siano limitatedalla disponibilità dei dati. Sonopertanto necessari alcuni avvertimenti:

I parametri comparativi

� rappresentano degli standardminimi di base piuttosto che unagaranzia di alta qualità dei serviziper la prima infanzia;

� si riferiscono soprattutto all’assistenzaall’infanzia presso centri o strutturefuori dalla famiglia e non a un tipodi assistenza giornaliera informale, adomicilio o presso centri diquartiere;

� non tengono conto di altri serviziimportanti, come i programmi diassistenza sociale o di visitedomiciliari che hanno l’obiettivo diraggiungere bambini a rischio, oprogrammi di sostegno allagenitorialità;

� non forniscono alcuna misura sullapartecipazione dei genitori ai serviziper la prima infanzia;

� si rivolgono a quello che i governipossono fare per garantire che ilcambiamento nella cura deibambini sia gestito nell’interessesuperiore sia dei bambini che delfuturo della loro società.

Quest’ultimo punto è particolarmenteimportante. La responsabilità

principale dell’educazione e della curadei bambini spetta ai genitori, e oggi,nei paesi OCSE, i genitori utilizzanouna grande varietà di accorgimentiinformali e spesso non riconosciuti perl’accudimento dei propri figli (quadro3). Queste diverse soluzioni esulanodall’ambito del presente rapporto, salvosottolineare che la nuovaconsapevolezza dell’importanza delperiodo della prima infanzia si applica atutte le forme di educazione eassistenza; oggi, la cura dei bambini nonpuò prescindere da interventi educativi.

Standard comuniMalgrado questi limiti, i parametriproposti rappresentano un primo passoverso un’attività di monitoraggio intutti i paesi OCSE di quello cheaccade durante il processo dicambiamento nella cura dei bambini.Se sarà possibile portare avanti questoprocesso, affinandolo con una miglioredefinizione e raccolta dei dati, se nepotranno trarre importanti vantaggi.

Innanzitutto, i parametri comparativiistituiscono una serie di standardminimi comuni per i servizi per laprima infanzia. In settori qualil’assistenza sanitaria, le leggisull’occupazione e l’istruzione deibambini più grandi, gli standardcomuni hanno stimolato e favoritoprogressi concreti. Se supportato dadati, il monitoraggio può evidenziare ipunti deboli e i punti di forza deisingoli paesi, indicare ciò che ci si puòe ci si deve aspettare dalle economieavanzate, mostrare quello che iprincipali paesi sono riusciti a metterein pratica e volgere l’attenzionesull’importanza di gestire ilcambiamento nella cura dei bambini,piuttosto che lasciare che il suopercorso sia determinato solo dapressioni a breve termine.

In secondo luogo, l’istituzione diparametri è un passo verso ilmonitoraggio dell’applicazione dellaConvenzione sui diritti dell’infanziaverso i bambini molto piccoli (quadro6). I diritti dei bambini non iniziano a5 anni; eppure, la fascia 0-5 anni è

R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8 9

povertà e il bilancio della spesa socialee aumentare i rendimenti sugliinvestimenti statali nell’istruzione.

Ma, cosa ancora più importante,l’educazione e l’assistenza all’infanziaoffrono anche la possibilità alle societàdi tentare un’ulteriore significativariduzione della povertà, delladisuguaglianza e dello svantaggio.

Come hanno mostrato le precedentiReport Card di questa serie, losvantaggio nell’istruzione èstrettamente legato all’ambientefamiliare ed è misurabile ancor primadell’inizio dell’istruzione formale. Già a3 anni i figli di genitori più istruiti, peresempio, hanno acquisito un lessicopari al doppio di quello dei bambini difamiglie più povere e meno istruite ehanno maggiori probabilità diconseguire qualifiche di più alto profiloscolastico entro i 15 anni4.

La transizione all’educazione eall’assistenza alla prima infanziapotrebbe aiutare a interromperequesto ciclo; potrebbe aiutare tutti ibambini, non solo quelli che hannovinto la lotteria della nascita, a iniziarebene la loro esistenza. In tal modo,potrebbe contribuire a ridurre iproblemi educativi, di sviluppo ecomportamentali che spessoaffrontano i bambini svantaggiati e lesocietà in cui vivono.

Il buon senso – oltre a una quantitàsignificativa di studi – suggerisce che sesi estendono i benefici diun’educazione e un’assistenza precoce atutti i bambini, sarà possibile ridurre lacondizione di svantaggio. In un esamedettagliato dei costi e benefici nei paesiOCSE, per esempio, i ricercatoricanadesi Cleveland e Krashinsky hannoevidenziato che “sebbene l’educazione el’assistenza all’infanzia rechino beneficio atutti i bambini, l’evidenza mostra che imaggiori benefici vanno ai bambini dellefamiglie più svantaggiate,... un’assistenzaall’infanzia di buona qualità puòcompensare, almeno in parte, un ambientefamiliare svantaggiato”5.

Analogamente, un rapporto delConsiglio Nazionale della Ricercastatunitense conclude che l’assistenzaall’infanzia può “proteggere i bambini dairischi in ambito familiare” e dagli “effettidannosi della povertà, della depressionematerna” e dei conflitti domestici.Un’assistenza all’infanzia di buonaqualità “ha dimostrato di influire sulletraiettorie dello sviluppo dei bambini il cuipercorso è minato dallo svantaggio socio-economico, dal disagio familiare e dalledisabilità diagnosticate”6.

Alla stessa conclusione è giunto ilrapporto 2006 dell’OCSE sui serviziper la prima infanzia: “Gli studi condottiin una vasta gamma di paesi mostrano chel’intervento precoce contribuisce in manierasignificativa a mettere i bambini di famigliea basso reddito sulla via dello sviluppo edel successo scolastico”7.

I bambini svantaggiati e a rischiopossono essere identificati da uninsieme di segnali evidenti: una casa incui vi sono povertà e disoccupazionepersistenti; o in cui i genitori sonopoco istruiti; o in cui vi sia una storiadi abuso di droghe o alcol, malattiementali o depressione; o in cui lefamiglie lottano per integrarsi nellalingua o nella cultura prevalente.Pertanto, l’identificazione del bambinoa rischio non è il problema principale.E affinché la transizione all’assistenzaall’infanzia riduca e non aumenti ledisparità di opportunità, lapianificazione dei servizi per la primainfanzia deve dare la priorità aibambini a rischio. Secondo un recenterapporto (2007) del Center on theDeveloping Child [Centro sulbambino in età evolutiva] dellaHarvard University “l’esigenza diaffrontare le notevoli disparità diopportunità sin dai primi anni di vita è siauna responsabilità morale fondamentale cheun investimento cruciale nel futuro socialeed economico della nostra nazione”8.

Le difficoltà pratiche che presenta larealizzazione di questo potenziale sonoenormi. Il contesto familiare è econtinuerà a essere il fattore diinfluenza più forte sullo sviluppo di un

bambino e neanche un’assistenza eun’istruzione di qualità potrannosopperire alla povertà o alla scarsa curagenitoriale. Ma se i bambinisvantaggiati avranno a disposizione deiservizi per la prima infanzia, se questiservizi saranno di qualità e seforniranno sostegno anche ai genitori,i paesi che stanno affrontando ilcambiamento nella cura dell’infanziaavranno la rara opportunità di mitigaregli effetti della povertà e dellosvantaggio nel futuro di milioni di bambini.

In pratica, si tratterà di un percorsolungo e difficile. Ma non esiste sfidache avanzi una pretesa più legittimasull’intelligenza e sulle risorse di unasocietà del compito di utilizzare leattuali conoscenze sullo sviluppo dellaprima infanzia per garantire a tutti ibambini di iniziare la vita nel migliormodo possibile e di avere le miglioripossibilità di realizzare tutto il loropotenziale.

Né si può sostenere con convinzioneche non ci si può permettere di farlo.Le analisi sul rapporto tra costi ebenefici degli interventi a favore dellaprima infanzia hanno dimostrato, indiversi contesti, che i rendimenti sugliinvestimenti nell’educazione enell’assistenza all’infanzia possonoarrivare fino a 8 dollari per ognidollaro investito. Le conclusioni diquesti studi si possono riassumere inun articolo di James Heckmanpubblicato nella rivista Science (2006):

“Investire sui bambini piccoli svantaggiati èuna rara iniziativa politica che promuovel’equità e la giustizia sociale e, allo stessotempo, la produttività nell’economia e nellasocietà in generale. Gli interventi precocimirati ai bambini svantaggiati sono moltopiù remunerativi degli interventi piùtardivi, come la riduzione del rapportoalunni-insegnante, la formazioneprofessionale, i programmi di riabilitazionedei detenuti, i sussidi per la frequenzascolastica o le spese per la polizia.Attualmente, la società investe troppo nelleattività di recupero dei bambini più grandie troppo poco per i più piccoli”9.

1 0 R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8

Le prove a favore dei vantaggi dell’educazione edell’assistenza all’infanzia di alta qualità si sommano manmano che sono disponibili valutazioni a lungo termine.Alcuni esempi*:

SveziaUno dei primi studi a lungo termine sugli effetti dei servizi perla prima infanzia è stato condotto in Svezia all’inizio degli anniNovanta. Lo studio, basato sulla valutazione dei bambini di128 famiglie a basso e medio reddito in due delle principalicittà svedesi, ha concluso che l’educazione e l’assistenza nellaprima infanzia erano associate a un miglioramento delrendimento scolastico all’età di 13 anni. Il direttore dellostudio, Bengt-Erik Andersson, ha concluso: “l’ingressoprecoce negli asili nido fa presagire un adolescente creativo,socialmente sicuro di sé, ben inserito, aperto e indipendente”.

FranciaUno studio su oltre 20.000 bambini in età prescolare harivelato che più lungo era il periodo di frequenza prescolare,migliori erano i risultati nell’istruzione primaria. Gli effettipositivi erano duraturi (maggiori in quinta che in prima) e ibenefici erano maggiori per i bambini di famiglie svantaggiate.

Stati UnitiUno studio del 2005 sull’efficacia del programmastatunitense Early Head Start (EHS) basato su un campionecasuale di oltre 3.000 famiglie in 17 programmi EHS, hamostrato che i bambini che hanno partecipato allo studioavevano un migliore sviluppo cognitivo e del linguaggio,riuscivano a mantenere la concentrazione per periodi piùlunghi e si comportavano in maniera meno aggressiva neiconfronti degli altri.

I ricercatori canadesi Cleveland e Krashinsky, dopo averesaminato questi e altri studi a lungo termine, hannoconcluso: “La maggior parte di questi studi ha rivelato cheun’assistenza all’infanzia adeguata può avere effetti moltopositivi su questi bambini e questi vantaggi possono essereduraturi. In particolare, questi servizi possono compensare,almeno in parte, una vita familiare svantaggiata”.

Carolina del Nord, Stati UnitiUna generazione fa, l’Abecedarian Project della Carolina delNord, ha inserito 112 bambini svantaggiati a cominciare, inalcuni casi dall’età di appena 3 mesi, in un programma diassistenza all’infanzia della durata di cinque anni, a tempo

pieno, per cinque giorni alla settimana. I bambiniselezionati per il programma erano considerati “a rischio diavere problemi di sviluppo”.

Da allora, i ricercatori ne hanno seguito i progressi durantela scuola e la vita adulta. Rispetto a bambini simili che nonhanno beneficiato del programma, quelli coinvoltipresentavano livelli più alti di intelligenza, migliori risultatiscolastici, redditi più elevati (143.000 dollari USA in più inbase alle proiezioni per l’intera vita lavorativa), miglioresalute e meno dipendenza dall’assistenza pubblica.

Con un rapporto numerico tra personale e bambini di 1:3per i neonati, di 2:7 per i bambini più grandi e di 1:6 perquelli di 4 e 5 anni, i costi del progetto erano elevati(14.000 dollari USA per ciascun bambino nel 2002 – più delcosto equivalente per l’istruzione secondaria). Tuttavia, sistima che l’esperimento abbia avuto un rendimento di4 dollari USA per ogni dollaro pubblico investito.

Ypsilanti, Michigan, Stati UnitiIl Perry Pre-school Project è durato dal 1962 al 1967 e hainserito bambini afro-americani di 3 e 4 anni provenienti dafamiglie povere nell’istruzione prescolare. La maggior partedei bambini, considerati a rischio di andare male a scuola,ha partecipato al progetto per un anno con una frequenzamattutina di due ore e mezza. Anche le visite pomeridianedegli insegnanti a casa dei bambini facevano parte delprogramma.

Una valutazione a lungo termine, che ha messo a confronto64 bambini partecipanti al progetto con 64 coetanei chenon vi avevano preso parte, ha riscontrato che i bambinidel Perry Project avevano QI più alti, pari a una media di unanno in più di istruzione, il 44% di possibilità in più diconseguire un diploma di scuola superiore e avevanotrascorso una media di 1,3 ore in meno presso i servizi diistruzione speciale.

Un controllo successivo effettuato all’età di 27 anni harivelato che il campione aveva avuto il 50% in meno digravidanze precoci e quasi il 50% di probabilità in meno diandare in prigione (con un tasso di arresti per reati violentiinferiore di un terzo).

In seguito a un nuovo monitoraggio all’età di 40 anni, èrisultato che il loro reddito mediano era superiore del 40%rispetto al gruppo di controllo. Avevano anche maggioriprobabilità di avere una casa di proprietà e il 26% diprobabilità in meno di avere ricevuto sussidi statali.

Quadro 2 Benefici: le prove

R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8 1 1

Il Perry Pre-school Project era stato gestito intensivamenteed era stato finanziato con ampi fondi. Il rapporto medio trapersonale e bambini era 1:6 e tutto il personale aveva undiploma universitario e la qualifica di insegnante di scuolapubblica. Il personale faceva regolari visite settimanali allefamiglie per fornire sostegno alle madri e per esortarle arinforzare il programma prescolare a casa. Il costo totale èstato di circa 11,300 dollari USA l’anno per ciascunbambino (rapportato al valore del 2007). Una valutazionedel 1995 ha indicato che il rendimento – soprattutto sottoforma di riduzione dell’assistenza pubblica e dei costiinerenti ai reati – è stato pari a circa 7 dollari USA per ognidollaro investito nel progetto. Un’altra valutazionepubblicata nel 2006 ha calcolato che il rapporto tra costi ebenefici (il rapporto tra i benefici aggregati del progettodurante tutta la vita del bambino e i costi di input) erasuperiore a 8 dollari USA per ogni dollaro investito.

California, Stati UnitiSecondo il rapporto del 2005 The Economics of Investing inUniversal Pre-school Education in California, i bambiniprescolarizzati avevano maggiori probabilità di conseguireun diploma superiore, da adulti percepivano salari più alti eavevano minori probabilità di commettere reati. Gli autorisostengono che anche se solo il 25% dei bambinicaliforniani usufruisse dell’istruzione prescolare universale,lo Stato potrebbe comunque aspettarsi un rendimento di2 dollari USA per ogni dollaro investito.

Nuova ZelandaL’ultima indagine (2004) del Competent Children Projectcondotta in Nuova Zelanda mostra che i dodicenni chehanno usufruito di un’istruzione prescolare di qualitàavevano risultati migliori in matematica e in lettura. Ledifferenze permanevano anche tenendo conto del redditofamiliare e dell’educazione dei genitori.

Regno UnitoEffective Provision of Pre-school Education (EPPE) è unostudio a lungo termine sullo sviluppo dei bambini piccoli. Ilrapporto EPPE 2003, basato su un campione casuale dipopolazione infantile del Regno Unito, conclude chel’istruzione prescolare migliora lo sviluppo cognitivo e socialee che gli effetti sono maggiori per i bambini svantaggiati,soprattutto se il gruppo è formato da membri provenienti daambienti sociali diversi. Vi è una correlazione positiva trabenefici, qualità del programma e qualifiche del personale.

* Questi e altri studi sull’efficacia dell’educazione e dell’assistenzaall’infanzia sono riassunti e riferiti nel capitolo III del documentopreparatorio del presente rapporto “Early Childhood Services in theOECD Countries”, Innocenti Working Paper 2008-01, www.unicef-irc.org.

In sintesi

Nel corso di una presentazione al Congresso degliStati Uniti nel 2003, Jeanne Brooks-Gunn, professoredi Sviluppo Infantile alla Columbia University di NewYork, ha riassunto i benefici dell’istruzione prescolarenel modo seguente:

� I programmi di qualità presso i centri infantilimigliorano i risultati scolastici e il comportamentodei bambini.

� Questi effetti sono maggiori per i bambini poveri eper quelli con genitori poco istruiti.

� I benefici permangono fino alla fine della scuolaprimaria e negli anni delle superiori, anche se glieffetti sono minori rispetto ai primi anni delleprimarie.

� I programmi che proseguono anche nella scuolaprimaria e che prevedono interventi precociintensivi hanno effetti più incisivi e duraturi.

� Se adeguatamente associati ad altri servizi, quelliper la prima infanzia possono produrre risultatiaggiuntivi, come un tasso più elevato dioccupazione per le madri, una riduzione dellapovertà della famiglia, migliori abilità genitoriali emaggiore coesione delle famiglie e delle comunità.

1 2 R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8

a lungo termine sugli effettidell’assistenza all’infanzia. PenelopeLeach, un’esperta del settore da oltrequarant’anni e co-direttrice di un altrostudio a lungo termine condotto nelRegno Unito, Families, Children andChild Care, fornisce la seguentedescrizione sommaria dei datidisponibili a oggi:

“Dai dati raccolti in diverse parti delmondo risulta piuttosto evidente che menotempo i bambini trascorrono nell’assistenzadi gruppo prima dei 3 anni, meglio è.I neonati che trascorrevano anche non piùdi 12 ore a settimana negli asili nidoavevano livelli leggermente più bassi disviluppo sociale e di controllo emozionale(collaborazione meno entusiasta, minoreconcentrazione, socializzazione einiziativa) dei bambini piccoli… Dopoi 2 anni, quando i bambini iniziano astabilire più rapporti tra loro che con gliadulti, l’assistenza di gruppo di altaqualità diventa inequivocabilmenteun beneficio”12.

Pertanto, attualmente, la miglioregeneralizzazione che si possa fare èche più piccolo è il bambino e più oretrascorre in strutture per l’infanzia, piùelevati sono i rischi. In particolare, unorario di permanenza lungo èconsiderato inadeguato per i bambiniche hanno meno di 1 anno. Unaassistenza inadeguata in questo periodocritico della vita può dar luogo ad unafragilità di base e ad un precarioapprendimento futuro; quello cheriguarda l’acquisizione di abilitàcognitive e linguistiche, interessa anchelo sviluppo psicologico ed emotivo.

Nel complesso, è opinione diffusa chel’assistenza all’infanzia “troppo precocee per troppo tempo” può esseredannosa.

Le risposte dei governiIl potenziale a doppio sensodell’assistenza all’infanzia fuori casapone una sfida per tutti i genitori etutti i paesi attualmente interessati dalcambiamento nella cura dei bambini.La maggior parte dei governi OCSE

Il potenziale negativo Accanto al potenziale positivo, èaltrettanto evidente che ilcambiamento nella cura dell’infanziapuò portare con sé anche unpotenziale negativo.

Il quadro 1 mostra che, nei neonati enei bambini piccoli, l’assenza di unastretta interazione con e di cura deigenitori può determinare unosquilibrio nei sistemi dell’organismo digestione dello stress. A causa di ciò, ilbambino potrebbe avere maggioridifficoltà a regolare le proprie reazioninei confronti del mondo. In alcuni casie per alcuni bambini, gli effetti a lungotermine possono essere la depressione,l’introversione, l’incapacità diconcentrarsi e altre forme di cattivasalute mentale. In un maggior numerodi casi meno ovvi, il risultato potrebbeessere uno sviluppo cognitivo elinguistico non ottimale e unrendimento scolastico al di sotto delleproprie potenzialità.

Inoltre, ci si preoccupa che l’assistenzaall’infanzia possa indebolire il legametra genitori e figli e mettere inpericolo il senso di sicurezza e difiducia del bambino. Sono statisollevati dubbi anche sui possibilieffetti a lungo termine sullo sviluppopsicologico e sociale e sul fatto chel’aumento dell’assistenza all’infanziacoincida con l’aumento dei problemicomportamentali nei bambini inetà scolare.

Oggi, diversi studi a lungo terminestanno dando una risposta a taliquesiti. Il primo di questi studi, avviatonel 1991 dal National Institute of ChildHealth and Human Development(NICHD) [Istituto nazionale dellasalute del bambino e dello sviluppoumano] negli Stati Uniti, hamonitorato le esperienze di assistenzaall’infanzia e i risultati conseguitisuccessivamente da oltre 1.300bambini negli Stati Uniti. Nelcomplesso, lo studio NICHD hariscontrato che l’assistenza all’infanziaera associata a differenze relativamentepiccole, negative o positive, nelle

abilità o nei comportamenti. Tuttavia,una delle conclusioni è stata:“Più tempo i bambini trascorrevano nellestrutture di assistenza all’infanzia dallanascita ai 4 anni e mezzo, più gli adultitendevano a classificarli come menopropensi ad andare d’accordo con gli altri,più decisi, disobbedienti e aggressivi”10.

Questa associazione negativa sembraessere legata alla durata del periodotrascorso nelle strutture di assistenzaall’infanzia, indipendentemente dallaqualità dell’assistenza ricevuta. Ma, èimportante ribadire che gli effettiriscontrati non erano di grande entitàe che la qualità della genitorialità si èrivelata molto più significativa deltempo trascorso fuori casa (in effetti,nei bambini che avevano avuto buonecure parentali non sono statiriscontrati effetti negativi).

Qualcuno sostiene che gli effettiriscontrati dallo studio NICHD sonotroppo esigui per essere significativi.Altri hanno replicato che anche unaumento lieve ma diffuso deicomportamenti aggressivi e distruttivipotrebbe avere effetti significativisull’ethos della classe, sulle difficoltàche affrontano gli insegnanti esull’ambiente di apprendimento pertutti i bambini.

Il primo importante studio europeo alungo termine è stato avviato nel1997 nel Regno Unito allo scopo dimonitorare i progressi di oltre 3.000bambini dai 3 ai 7 anni. Nel suorapporto finale, Effective Provision ofPre-school education, lo studio haevidenziato che l’istruzione prescolareper i bambini di tre e quattro annimigliorava le abilità cognitive esociali, ma ha sottolineato che: “livellielevati di vita di gruppo prima dei 3 anni(e in particolare prima dei 2 anni) eranoassociati a livelli più alti di comportamentiantisociali all’età di 3 anni”11.

Fino a che punto questi risultati sianorilevanti per paesi diversi dal RegnoUnito e dagli Stati Uniti è unaquestione dibattuta. Tuttavia, finora,pochi altri paesi hanno condotto studi

R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8 1 3

ha risposto formulando politiche einvestendo risorse pubblichenell’istruzione prescolare e assistenzaall’infanzia. In quasi tutti i paesiindustrializzati, il sostegno ai genitoriper la crescita dei bambini èconsiderato un dovere dei governi edè esplicitamente riconosciuto dallaConvenzione sui diritti dell’infanzia,ratificata da quasi tutti i paesi OCSE(quadro 6). L’articolo 18 dellaConvenzione afferma, per esempio,che i governi dovrebbero “accordare gliaiuti appropriati ai genitori e ai tutorilegali nell’esercizio della responsabilità cheincombe loro di allevare il fanciullo, eprovvedono alla creazione di istituzioni,istituti e servizi incaricati di vigilare sulbenessere del fanciullo”. Inoltre, laConvenzione chiede a tutti i governidi “adottare ogni appropriatoprovvedimento per garantire ai fanciulli icui genitori lavorano il diritto dibeneficiare dei servizi e degli istituti diassistenza all’infanzia, per i quali essiabbiano i requisiti necessari”.

Tuttavia, l’approccio varia da paese inpaese. In alcuni, i servizi di assistenzaall’infanzia sono affermati e finanziatial pari delle scuole primarie. In altri,sono caratterizzati da obiettiviimprecisi, disparità di accesso, qualitànon uniforme e assenza di controllosistematico sull’accesso, sulla qualità, sulrapporto numerico alunni-personale osulla formazione e le qualifiche delpersonale. Secondo il rapporto 2006dell’OCSE, Starting Strong, per esempio“la gran parte del settore di assistenzaall’infanzia è privato e non regolamentatoe la formazione degli insegnanti e laprogrammazione pedagogica sonoparticolarmente carenti… I servizi per laprima infanzia sono particolarmenteimportanti per i bambini con diversi dirittidi apprendimento… tuttavia, i programmiper questi bambini sono spesso irregolari,sottofinanziati e non inclusivi”.

Dal punto di vista del bambino, questoè insoddisfacente. E dal punto di vistadella società in generale, la posta ingioco è troppo alta per considerare ilmovimento di massa verso l’assistenzaall’infanzia fuori casa semplicemente

un altro giro del caleidoscopio nellostile di vita in rapida evoluzione delleeconomie avanzate.

Di conseguenza, i governi OCSE hannola responsabilità di monitorare da vicinoquesto cambiamento nella cura deibambini. I risultati di questomonitoraggio sono un contributoessenziale al dibattito tra i leader politici,gli esperti dell’assistenza all’infanzia, lastampa e il pubblico in tutte le societàeconomicamente sviluppate.

L’azione, a livello nazionale, èl’elemento più importante di questoprocesso. I parametri proposti, che diseguito saranno discussi in maggioredettaglio, intendono dare uncontributo a questo processo da unaprospettiva multi-nazionale.

I parametri comparativi(benchmarks)I parametri comparativi riportati nellafigura 1 sono stati scelti perrappresentare gli elementi distintivi deiservizi per la prima infanzia.Inevitabilmente, la scelta degliindicatori è influenzata dalla probabiledisponibilità di dati chiari ecomparabili a livello internazionale.Per ciascun indicatore è stato scelto unvalore come standard minimoaccettabile per i paesi OCSE. Neltentativo di porre al centro i diritti deibambini, i valori scelti tentano di tenerconto della situazione sia dei genitoriche dei governi.

I dati esistenti sono stati poi usati perla compilazione parziale di unquestionario su 24 paesi OCSE più laSlovenia∗. In seguito, il questionario èstato inviato ai relativi dipartimenti dei25 governi per essere esaminato, perricevere commenti e per ulterioreanalisi. I risultati di questo processosono riportati nella figura 1.I 10 parametri rientrano nelle seguenticategorie: politiche (1 e 2), accesso

(3 e 4), qualità (5, 6, 7 e 8) e contestodi supporto (9 e 10).

I parametri sono:

1. Il diritto a un periodominimo di congedoparentale retribuitoLo standard minimo proposto è il

diritto di uno dei genitori a un

periodo minimo di congedo di un

anno per la nascita di un figlio

(compreso il congedo prenatale)

al 50% del salario (soggetto a

limiti superiori e inferiori). Per i

genitori disoccupati o che

lavorano in proprio, il congedo

retribuito non deve essere

inferiore al minimo salariale o al

livello di assistenza sociale.

Almeno due settimane di

congedo parentale devono essere

riservate ai padri.

2. Un piano nazionale che dia priorità ai bambinisvantaggiatiTutti i paesi in fase di

cambiamento dell’assistenza

all’infanzia devono avere condotto

ricerche e formulato una strategia

nazionale coerente per garantire

la piena disponibilità dei benefici

dell’educazione e della cura nella

prima infanzia, soprattutto ai

bambini svantaggiati (vedere il

dibattito qui di seguito).

Attualmente non è possibile

valutare e comparare in maniera

soddisfacente questa dimensione

dei servizi. Anziché tralasciare

questo fattore importante,

il parametro comparativo 2

valuta, come misura alternativa,

se i governi hanno redatto quanto

meno un piano nazionale per

l’organizzazione e il finanziamento

dei servizi per l’assistenza alla

prima infanzia.

3. Un livello minimo diassistenza all’infanzia per i bambini sotto i 3 anniIl livello minimo proposto è la

disponibilità di servizi di

∗ La Slovenia non è ancora membro dell’OCSE. Insieme a Cile,Estonia, Israele e Federazione Russa ha ottenuto il via libera perl’avvio dei negoziati di adesione. Ogni riferimento ai “25 paesiOCSE” va inteso come “24 paesi OCSE più la Slovenia”.

1 4 R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8

universale” si considera raggiunto

se un paese ha soddisfatto almeno

due dei seguenti tre requisiti: a) il

tasso di mortalità infantile è

inferiore a 4 per 1.000 nati vivi; b)

la percentuale di bambini nati

sottopeso (meno di 2.500 grammi)

è inferiore al 6%; c) il tasso di

vaccinazione dei bambini tra 12 e

23 mesi (media tra vaccino contro

il morbillo, antipolio e DTP3) è

superiore al 95%.

Questioni crucialiI 10 parametri sono stati formulatitenendo in considerazione una serie didomande cruciali:

� A che età i bambini possono trarrevantaggio dai servizi educativi edall’assistenza esterna?

� Se le conoscenze attuali indicanoche è meglio che i bambini di etàinferiore a 1 anno siano accuditi daigenitori, quali politiche sono ingrado di fornire il migliore sostegnoai genitori in questo compito?

� Quali dovrebbero essere gli obiettivie le priorità di base dei servizi per laprima infanzia?

� Come si può definire e controllarela qualità dell’educazione nellaprima infanzia?

� Quali sistemi possono dare accessoai servizi di qualità elevata per tuttie garantire l’inclusione dei bambinisvantaggiati e a rischio?

� Il più generale contesto economicoe sociale può essere di sostegno?Oppure ai servizi per la primainfanzia viene richiesto dicontrastare le forti correnti dellapovertà infantile, dello svantaggiopersistente e delle politiche ostilinell’economia e sul posto di lavoro?

Congedo parentaleIl problema di quale sia l’etàappropriata in cui i bambini possonotrarre beneficio dall’educazione fuoricasa è una delle questioni più

assistenza all’infanzia

sovvenzionati con fondi pubblici e

regolamentati per almeno il 25%

dei bambini sotto i 3 anni.

4. Un livello minimo di accesso per i bambini di 4 anniIl livello minimo proposto è

l’accesso per almeno l’80% dei

bambini di 4 anni a servizi

educativi per l’infanzia finanziati

con fondi pubblici e accreditati

per un minimo di 15 ore

settimanali.

5. Un livello minimo diformazione per il personaleIl livello minimo proposto è la

formazione adeguata di almeno

l’80% del personale che viene a

contatto con i bambini piccoli,

compreso il personale dei centri di

quartiere e quello che accudisce i

bambini a domicilio. Tutto il

personale dovrebbe completare

almeno un corso di formazione.

Bisogna prevedere anche un

adeguamento del salario e delle

condizioni lavorative in linea con

quelli degli insegnanti e degli

assistenti sociali.

6. Una percentuale minima dipersonale con un diplomauniversitario e di formazioneprofessionale

Il livello minimo proposto è che

almeno il 50% del personale dei

centri educativi per l’infanzia

finanziati con fondi pubblici e

accreditati da agenzie governative

abbia un minimo di tre anni di

istruzione a livello universitario

con una qualifica riconosciuta in

studi pedagogici o in un settore

analogo.

7. Un rapporto numericominimo tra personale ebambini

Il livello minimo proposto è un

rapporto numerico tra bambini in

età prescolare (da 4 a 5 anni) e

personale qualificato (educatori

e assistenti) non superiore a 15:1

e un gruppo di massimo 24

persone.

8. Un livello minimo difinanziamento pubblicoIl livello minimo proposto è un

livello di spesa pubblica nei

servizi educativi e di assistenza

per l’infanzia (per i bambini tra

0 e 6 anni) non inferiore all’1%

del PIL.

Questi otto parametri proposti sonointegrati da altri due indicatori chehanno lo scopo di riconoscere eriflettere fattori sociali ed economicipiù ampi, che sono vitali per l’efficaciadei servizi per la prima infanzia.

9. Un livello basso di povertàinfantilePrecisamente, un tasso di povertà

infantile inferiore al 10%. La

definizione di povertà infantile è

quella adottata dall’OCSE, vale a

dire, la percentuale di bambini

che vive in famiglie il cui reddito,

adattato alla dimensione della

famiglia, è inferiore al 50% del

reddito mediano

10. Inclusione universale

Per avvalorare uno dei principi

fondamentali di questo rapporto –

che i servizi per la prima infanzia

devono essere disponibili anche ai

bambini di famiglie svantaggiate –

quest’ultimo parametro

comparativo tenta di misurare e

comparare l’impegno nazionale

dimostrato nei confronti di questo

obiettivo. Poiché al momento non

è possibile effettuare misure

dirette, la misura alternativa

suggerita è fino a che punto i

servizi sanitari di base sono stati

resi disponibili alle famiglie più

emarginate e più difficili da

raggiungere.

In particolare, il parametro

comparativo della “inclusione

R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8 1 5

controverse del dibattito sull’assistenzaall’infanzia. Molte persone nonvedono controindicazioni nell’affidarei bambini ai centri di assistenzaall’infanzia a partire dai 3 mesi, acondizione che l’assistenza sia diqualità accettabile. Altre ritengonoche nel primo anno di vita delbambino vi sia l’esigenza di una curagenitoriale costante e amorevole e diuna relazione diretta con i genitori.Milioni di genitori lavoratori deipaesi OCSE hanno bisogno diricevere una risposta a questadomanda, date le pressioni esercitatedalla carriera e dai bilanci familiari.Pertanto, questa questione èpraticamente inseparabile da quelladel diritto al congedo parentale(parametro 1 e quadro 3).

Tutti i paesi OCSE, tranne l’Australia∗

e gli Stati Uniti, prevedono il diritto auna forma di congedo retribuito per igenitori lavoratori subito dopo lanascita di un bambino. La duratamedia del congedo nei paesi OCSE,con vari livelli di retribuzione,attualmente si avvicina a un anno(compreso il congedo prenatale e di maternità).

Tuttavia, nei singoli paesi, le diverseopinioni sulla “questione dell’età”,sono state uno dei fattori che hacontribuito all’adozione di politiche epratiche diverse. Nel Regno Unito enegli Stati Uniti, per esempio, lamaggioranza dei bambini sotto 1 annoattualmente usufruisce di qualcheforma di assistenza all’infanzia per granparte di ogni giorno feriale. Anchel’Australia sembra andare nella stessadirezione. Al contrario, in Finlandia,Norvegia e Svezia, l’assistenza esternaall’infanzia durante il primo anno dietà è diventata una rarità.

Quando i genitori possono scegliere ehanno un sostegno concreto peroperare tale scelta (quadro 3), ingenere evitano l’assistenza fuori casa.Nella Svezia di vent’ anni fa, peresempio, l’assistenza alla prima infanziagodeva di ingenti sovvenzioni ed erautilizzata su vasta scala. Ma conl’introduzione dei 12 mesi di congedoparentale con l’80% del salario∗∗, ilricorso agli asili nido ha subito unforte calo e oggi i bambini svedesisotto i 18 mesi usufruiscono raramentedell’assistenza fuori casa (i padri e lemadri hanno diritto a 60 giorniciascuno di congedo parentale e unodei due genitori ha a disposizione altri360 giorni di congedo).

Il quadro 1 riassume il recentecontributo delle neuroscienzeall’allungamento del congedo parentaleretribuito. In breve, questi congedi,oltre a sostenere l’allattamento al seno,contribuiscono a creare le condizioniper un rapporto diretto, costante,intimo, affidabile e rassicurante con igenitori di cui hanno bisogno tutti ibambini piccoli. Si può argomentareche i genitori non sono i soli a potersoddisfare questi bisogni; ma anche sesi ammettesse questo fatto in linea diprincipio, l’assunzione, la formazione,la retribuzione e la supervisione di ungran numero di personale qualificatonecessario a garantire un’assistenzaadeguata e a fornire gli stimoli giusti abambini sotto un anno,comporterebbe grandi difficoltàpratiche e finanziarie. Nei paesi in cuil’assistenza alla prima infanzia stadiventando la norma, è impossibilenon chiedersi se le conoscenzeodierne riguardo alle esigenze crucialidi sviluppo che hanno i bambinimolto piccoli siano realmente tenutein considerazione.

Alla luce dei progressi delleneuroscienze e delle recentiesperienze, sembrerebbe che gliinteressi dei bambini molto piccoli

fossero meglio serviti da politiche checonsentano, almeno a uno deigenitori, di accudire il bambinodurante i primi 12 mesi di vita. Diconseguenza, il valore del primoparametro – il diritto al congedoparentale – è stato fissato a un anno dicongedo al 50% del salario (vincolatoa un livello minimo per le famiglie abasso reddito e a un livello massimoper quelle più benestanti).

In linea con la Convenzione sui dirittidell’infanzia, che stabilisce che igoverni “devono compiere ogni sforzo pergarantire il riconoscimento del principio inbase al quale entrambi i genitori hanno laresponsabilità comune di educare e crescerei propri figli”, diversi paesi OCSEhanno introdotto un dirittoaggiuntivo “per soli padri” nelcongedo parentale. Questo diritto alcongedo, che solitamente è breve eretribuito al 100%, si perde se nonviene utilizzato. A sostegno di ciò, ilparametro 1 non si considerasoddisfatto se non prevede almenodue settimane di congedo paterno.

Come mostra la figura 1, il parametrodel congedo parentale è attualmentesoddisfatto da 6 dei 25 paesi peri quali sono disponibili i dati.L’Islanda è l’unico paese nordico a nonsoddisfare lo standard previsto.

Il quadro 3 fornisce un quadro piùdettagliato tentando di comparare ildiritto effettivo al congedo parentale neipaesi OCSE (considerando la duratadel congedo rispetto alla percentualedi salario corrisposto).Purtroppo, anche periodi di congedogenerosi possono escludere molti deibambini più vulnerabili dei paesiOCSE. I neo genitori con redditi bassisubiscono generalmente forti pressionieconomiche per tornare al lavoro.Quelli che hanno un lavoro informalee non regolamentato, naturalmente,non hanno diritto al congedoparentale. In parte, questa carenzaviene compensata dal parametro 9 cheprevede iniziative a sostegno dellefamiglie a basso reddito.

∗ Ai sensi del Workplace Relations Act (1996) dell’Australia,i lavoratori in pianta stabile con dodici mesi di serviziocontinuativo presso un datore di lavoro, hanno diritto a unminimo di 52 settimane di congedo parentale condiviso nonretribuito in seguito alla nascita o adozione di un bambino.In pratica, molti genitori che lavorano, sia in Australia che negliStati Uniti, hanno diritto al congedo parentale retribuito in basealle condizioni di impiego. Inoltre, tutti i neo genitori in Australia,hanno diritto a un compenso una tantum per la nascita di unbambino, compenso che, attualmente, è il più generoso di tuttii paesi OCSE.

∗∗ Il periodo di congedo parentale in Svezia è incluso nel calcolodella pensione.

1 6 R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8

La tabella a destra presenta un quadro comparato piùdettagliato del congedo parentale cui ha diritto unlavoratore che abbia un’occupazione formale. La suamisura è il livello di efficacia del congedo parentale,calcolato considerando la durata del congedo rispetto allapercentuale di salario offerto.

La classifica comparata rivela notevoli differenze tra i paesi,con un indice che va da un massimo di 116 in Norvegia, aun minimo di 0 in Australia e Stati Uniti. Nel complesso, illivello dei congedi parentali in Norvegia e Francia, peresempio, è oltre cinque volte più alto di quello di Australia,Irlanda, Giappone, Messico, Nuova Zelanda, Portogallo,Repubblica di Corea, Spagna, Svizzera e Stati Uniti.

La ponderazione nella classifica tiene conto del fatto chei paesi adottano approcci diversi. Le neo madri del RegnoUnito, per esempio, hanno diritto a un anno di congedo dimaternità con salari che diminuiscono gradualmente:le prime sei settimane sono retribuite al 90% (dopodichépossono avere altre 33 settimane alla tariffa fortettaria di133 Euro (202 dollari USA)∗ settimanali a cui fa seguito uncongedo non retribuito di 13 settimane. In Islanda, invece,il periodo di congedo parentale è più breve (39 settimane)∗∗,ma è ugualmente suddiviso tra congedo di maternità,congedo di paternità e congedo parentale (concessi a unodei due genitori); ciascuno di questi periodi di 13 settimaneè retribuito all’80% dello stipendio fino a un massimo di6.000 Euro (9.112 dollari USA) al mese, con un minimo di630 Euro (957 dollari USA) al mese (concesso anche alledonne che lavorano a tempo parziale).

Altri paesi concedono periodi di congedo parentale anchepiù lunghi a livelli salariali più bassi: Finlandia, Francia eGermania (congedo retribuito solo per un anno), Ungheria,Norvegia e Spagna (non retribuito), per esempio,concedono un periodo di congedo fino al terzocompleanno del bambino, se i genitori scelgono di nonusufruire dei servizi per la prima infanzia (questi periodi dicongedo sono inclusi nella tabella).

In sintesi, sia la retribuzione, sia la durata del congedoparentale hanno un impatto importante sulle decisioni deigenitori riguardo alla procreazione e alla cura dei figli.Sebbene sotto certi aspetti rappresenti un mezzo e unamisura dei progressi verso l’obiettivo delle pari opportunitàper le donne, un periodo di congedo “troppo lungo etroppo materno” può compromettere i progressi versol’uguaglianza di genere, dato che un congedo prolungatopuò rendere più difficile il ritorno al lavoro sia per le madriche per i datori di lavoro.

* Basato sul valore di cambio del 4 Marzo 2008.** L'allungamento del congedo parentale ad un anno è attualmentein discussione in Islanda.

Quadro 3 Efficacia del congedo parentale: una classifica comparata

Congedo parentale efficace = durata del congedomoltiplicata per percentuale di salario corrisposto+

Diritto al congedo retribuito per maternità (settimane)

Diritto ad altri congedi (settimane)

31

18

18

16

8

7

58

0

29

29

19

32

23

38

0

12

27

20

95

65

116

103

48

57

53

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180

Regno Unito

Danimarca

Svezia

Finlandia

Slovenia

Ungheria

Messico

Norvegia

Belgio

Canada

Austria

Portogallo

Islanda

Spagna

Francia

Germania

Paesi Bassi

Italia

Nuova Zelanda

Giappone

Australia

Stati Uniti

Irlanda

Svizzera

Repubblica di Corea

Un congedo parentale efficace

Fonte: Bennett (2008), aggiornamento di Moss & Wall (2007).

+ Congedo parentale efficace = durata del congedo moltiplicata per percentuale disalario corrisposto. Per esempio, 40 settimane sostituite dal 100% del salario hannoun coefficiente di 40; al 50% del salario, un coefficiente di 20.

Si fa presente che i calcoli sono approssimativi, dato che alcuni paesi corrispondonouna percentuale del salario, mentre altri corrispondono una percentuale del salario medioo minimo.

Queste cifre vanno interpretate con cautela. In Canada e nell’Unione Europea, peresempio, le cifre riflettono i diritti legali al congedo parentale. In Australia e Stati Uniti,d’altro canto, non vi sono diritti legali al congedo parentale e i coefficienti forniti riflettonociò che normalmente avviene in pratica. Nel caso della Repubblica di Corea, il valoreriflette periodi di congedo di cui, in pratica, la maggior parte delle madri non usufruisce.

R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8 1 7

Infine, i congedi parentali generosi e legaranzie per tornare al lavoro devonoessere accompagnati da un sostegnoper i datori di lavoro e soprattutto perle piccole imprese che, altrimenti,potrebbero essere restii ad assumere opromuovere donne in età fertile.

Definire gli obiettiviLa maggior parte degli esperti e deglistudi a lungo termine convengono chegli effetti dell’educazione edell’assistenza nella prima infanziasiano inequivocabilmente positivi perla maggior parte dei bambini tra i 2 ei 3 anni, a condizione che gli orarinon siano troppo lunghi e chel’assistenza sia di qualità. Ma prima dipassare alla questione dell’accesso edella qualità, bisogna spiegare megliole notevoli differenze negli obiettiviche sono alla base dell’educazione edell’assistenza nella prima infanzia.

Attualmente, nella maggior parte deipaesi OCSE, gode di ampio consensol’idea che i primi anni di vita siano unperiodo di straordinarie opportunità,in cui si sviluppano le abilità e sipongono le basi per il futuro sviluppocognitivo e sociale (quadro 1). Ilconcetto superato e ristrettodell’assistenza all’infanzia come mezzoper consentire ai genitori di lavoraresta cedendo il passo a un approcciopiù incentrato sul bambino che mettel’enfasi sulla qualità di questo servizio.

Ciononostante, la qualità è interpretatain modi diversi.

In Francia, Regno Unito e Stati Uniti,per esempio, l’educazione e l’assistenzanella prima infanzia tendono a essereintesi come una preparazione per ilbuon esito scolastico futuro. In paesicome Danimarca, Finlandia, Norvegiae Svezia, gli obiettivi sono piùambiziosi. L’idea prevalente nei paesinordici è che i primi anni di vita sianoun’importante opportunità non soloper lo sviluppo delle abilità cognitive elinguistiche, ma anche per abilitàsociali di autocontrollo e di sviluppodella consapevolezza delle emozioni,dei bisogni e dei diritti degli altri. La

pianificazione dei servizi per la primainfanzia, compresa la formazione delpersonale e lo sviluppo del programmadi studio, riflette questepreoccupazioni. L’educazione el’assistenza nella prima infanzia sonopertanto concepite come uninvestimento non solo nel buonrendimento scolastico, ma anche nellasocietà e nelle capacità dei futuricittadini.

Non è ancora possibile stabilire unlegame chiaro tra i diversi sistemi dieducazione nella prima infanzia e gliesiti futuri. Ma vale la pena notare cheun approccio più ampio non sembramettere in condizioni di svantaggio ipaesi nordici quando si tratta dei futuririsultati scolastici. Finlandia e Svezia,per esempio, sebbene abbiano rifiutatola “scolarizzazione” nei primi anni divita e abbiano ritardato l’iniziodell’istruzione primaria fino ai 7 anni∗,sono regolarmente in testa alleclassifiche comparate internazionaliper i risultati scolastici all’età di 15anni. I quindicenni finlandesi hannorisultati migliori degli studenti di tuttigli altri paesi industrializzati nei livellimedi di competenza in matematica escienze e sono superati nelle capacitàdi lettura e comprensione solo daglistudenti della Repubblica di Corea.Vale anche la pena sottolineare che losvantaggio educativo, che sia misuratosulla percentuale di studenti che nonraggiungono un determinato standardminimo o sul divario tra gli studentiche hanno meno successo e quellimedi, è inferiore in Finlandia che inqualsiasi altro paese OCSE13.

Queste differenze nell’approcciofondamentale all’educazione eall’assistenza della prima infanzia nonsono facilmente misurabili. Ilparametro 2 adotta pertanto unapproccio meno ambizioso. Chiede aipaesi se hanno condotto ricerche epubblicato un piano nazionale suiservizi per la prima infanzia, e se ilpiano comprende una strategia per

garantire che i vantaggi a essa associatisiano accessibili ai bambinisvantaggiati. Probabilmente nonsorprende che 19 paesi OCSE su25 siano in grado di risponderepositivamente a questa domanda,eccetto Australia, Canada, Irlanda,Spagna, Svizzera e Stati Uniti.

Servizi miratiAl di là di queste considerazionifondamentali, i governi dell’OCSEhanno di fronte un’ampia scelta distrategie e di sistemi per finanziare efornire servizi per la prima infanziaaccessibili a tutti, anche dal punto divista dei costi. I servizi dovrebberoessere mirati o accessibili a tutti?Devono essere gratuiti per tutti osovvenzionati in base al redditofamiliare? Devono essere forniti daagenzie governative o da privati?Devono essere finanziati direttamenteo tramite voucher o sussidi in contantiper consentire ai genitori di acquistarel’assistenza all’infanzia sul mercato?

Per promuovere l’equità contenendo icosti, molti paesi OCSE hanno decisoche la spesa pubblica per l’educazionee l’assistenza nella prima infanziadebba concentrarsi, almeno all’inizio,sulle famiglie più povere. Altrimenti,si afferma, la distribuzione dellerisorse è troppo esigua e i benefici,anziché promuovere l’equità,andranno principalmente a chi stameglio. Per questi motivi, i programmisu vasta scala, come il programmaHead Start negli Stati Uniti e SureStart nel Regno Unito, sono miratiai gruppi svantaggiati (e comprendonosia l’assistenza presso centri che iprogrammi di sostegno allagenitorialità).

Vi sono, tuttavia, argomentazionicontrarie all’idea di mirare i servizi perla prima infanzia solo a gruppiparticolari di bambini.

Innanzitutto, i servizi universali perla prima infanzia hanno molti deivantaggi dell’istruzione universale peri bambini più grandi; in particolare,i servizi universali tendono a mettere

* A 6 anni, i bambini finlandesi e svedesi iniziano un anno di“transizione” o di preparazione alla scuola. Fino ad allora,l’istruzione si concentra principalmente sullo sviluppo sociale edemozionale e sull’apprendimento basato sul gioco.

1 8 R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8

soddisfare le richieste dei genitori. Inlinea di principio, i servizi privatipossono diventare accessibili a tuttitramite voucher o altre forme disussidi. I fornitori privati abilitati aiservizi di assistenza all’infanziapossono essere controllati pergarantire il rispetto degli standard diaccesso, di qualità, di formazione edel rapporto numerico tra personale ebambini (per esempio, imponendo aicentri privati di accettare tutti ibambini di una determinata areegeografica, compresi quelli conbisogni particolari). Infine, si puòanche argomentare che i genitorisono più in grado dei governi didecidere quello che è meglio per ipropri figli.

Per tutti questi motivi, la cultura delpartenariato tra settore pubblico eprivato si è instaurata in molti paesiOCSE, e molti fornitori privati diassistenza all’infanzia offrono servizi diqualità elevata.

Vi sono anche argomenti contrari allafornitura privata dei servizi per laprima infanzia. Il monitoraggiocostante e l’applicazione degli standardpossono rivelarsi sia costosi che nonattendibili. Alcuni privati sono tentatidi ridurre i costi meno visibili, comela formazione, gli stipendi e lecondizioni lavorative. Inoltre, larotazione del personale nei servizi conscopo di lucro tende a essere piùelevata (un fattore che, dal punto divista del bambino, si traducenell’instabilità dell’assistenza).

Per di più, ciò che offrono i fornitoriprivati di assistenza all’infanzia non èun prodotto di consumo, maun’opportunità unica nella vita di unbambino di attraversare con successole fasi critiche dello sviluppocognitivo, emozionale e sociale. Comeha sostenuto l’UNICEF per moltidecenni e in molti contesti, il nomedel bambino è “oggi”.

Questo fa nascere due problemiparticolari, entrambi riguardanti leinformazioni a disposizione del

insieme i bambini provenienti dacontesti sociali diversi, piuttosto cheaccentuare lo svantaggio. Questo ègeneralmente riconosciuto come unvantaggio significativo per tutti ibambini ed è considerato da moltigoverni un mezzo per prevenirel’esclusione sociale.

In secondo luogo, i serviziuniversalmente accessibiligeneralmente dispongono di unsostegno pubblico più ampio e piùsostenibile e generano un maggioreinteresse pubblico per la qualità.Troppo spesso, i servizi per i poverisono stati sinonimo di servizi discarsa qualità.

Inoltre, anche i sistemi universalipossono dare priorità ai bambinisvantaggiati, incanalando fondiaggiuntivi verso i centri di assistenzaall’infanzia che si occupano dibambini a basso reddito o bambinicon bisogni educativi particolari. Sipossono offrire anche incentivi perindirizzare gli insegnanti più abiliverso i bambini più svantaggiati.

Infine, i bambini che rischiano disviluppare disturbi comportamentali odell’apprendimento si trovano in tuttii gruppi socio-economici e non sonoconfinati a determinate areegeografiche. I programmi realizzatiesclusivamente sulla base del redditoo della geografia potrebbero nonriuscire a raggiungere la parte piùpiccola – ma spesso più grande intermini assoluti – di bambinivulnerabili che non rientrano nellazona mirata. È stato stimato, peresempio, che attualmente iprogrammi Head Start e Sure Startnegli Stati Uniti e nel Regno Unitostanno raggiungendo solo da un terzoa metà dei gruppi obiettivodell’intervento (sebbene questodipenda in parte dai fondi inadeguati,piuttosto che dalle strategie).

Questi argomenti indicano che, ovepossibile, la strada da seguire è quellaintrapresa da paesi come Paesi Bassi:servizi universali, ma con sistemi

flessibili di finanziamento che possonodare la priorità ai bambini svantaggiatiaumentando la spesa pro capiteladdove i bisogni sono maggiori.

Assistenza privataLe differenze di base nell’approcciosono evidenti anche nelle strategieutilizzate dai diversi governidell’OCSE per finanziare e fornire iservizi per la prima infanzia, sia miratiche universali.

Nella maggior parte dei paesi èdisponibile una combinazione diservizi pubblici e privati di assistenzaall’infanzia. Alcuni governi sonomaggiormente orientati verso iservizi gratuiti o sovvenzionati, gestitidirettamente dai governi o dafornitori che ricevono finanziamentipubblici, mentre altri favoriscono lafornitura privata di servizi diassistenza all’infanzia, sovvenzionatisia direttamente dai governi, cheindirettamente, mediante voucher oagevolazioni fiscali, che consentano aigenitori di fruire di assistenzaall’infanzia da fornitori privati. Inmolti paesi OCSE, le organizzazionino-profit sono tra i principali fornitoridell’assistenza all’infanzia e, in molticasi, hanno aperto la strada allapartecipazione delle comunità e degliinvestimenti. Naturalmente, èimportante che tali servizi soddisfinogli standard di qualità fissati daigoverni; ma tenuto conto di questacondizione, le organizzazioni no-profitcontinueranno a essere fondamentalinell’aumentare la disponibilità,l’accessibilità, la scelta e la qualitàdella fornitura dei servizi per la prima infanzia.

Queste sono anche solideargomentazioni a favore delpartenariato con il settore privato perla fornitura di servizi per i bambini,in quanto può introdurre laconcorrenza, stimolare l’innovazione,ridurre la burocrazia, ampliare lascelta, attrarre investimenti e ridurre icosti per il contribuente. Inoltre, ifornitori privati tendono a essere piùrapidi nell’erogazione dei servizi e nel

R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8 1 9

Preoccupazioni riguardanti il cambiamento nella cura deibambini sono state espresse da psicologi infantili e daattivisti dei diritti dell’infanzia di molti paesi.

Uno dei critici più autorevoli è lo psicologo australianoSteve Biddulph, i cui libri sulla genitorialità hanno vendutopiù di 4 milioni di copie in tutto il mondo. Sostenendo chel’assistenza esterna non sia adatta ai bambini sotto i3 anni, Biddulph concentra il suo attacco sul divario tra lateoria e la pratica dell’assistenza all’infanzia nei diversicentri e asili nido che ha visitato:

“I migliori asili nido facevano fatica a soddisfare i bisogni deibambini molto piccoli in una situazione di gruppo. I peggiorierano trascurati, spaventosi e deprimenti: un incubo disconcertante solitudine che, a vederla, straziava il cuore.I bambini di quest’età – meno di 3 anni – vogliono soltantouna cosa: le cure individuali della loro persona speciale.

È una questione di equilibrio, di scegliere il momentogiusto. I primi tre anni di vita sono quelli in cui i bambinisono troppo vulnerabili, hanno troppo bisogno di cureintime per essere affidati a un’assistenza di gruppo fornitada estranei”*.

Anche la psicoterapeuta di Oxford, Susan Gerhardt,co-fondatrice del Progetto Genitore Neonato di Oxford,si è espressa contro l’assistenza esterna per i bambinimolto piccoli:

“Ciò che sembra essere più importante per il bambino è lamisura in cui il genitore o la persona che si prende cura dilui è emotivamente disponibile e presente per lui, peraccorgersi dei suoi segnali e per regolare i suoi stati.

La madre è preparata a fare queste cose per il suobambino dagli ormoni ed è probabile che riesca aidentificarsi di più con i sentimenti del figlio, a condizioneche abbia le risorse interiori per farlo.

I bambini nascono con il bisogno di avere un’interazionesociale che li aiuti a sviluppare e organizzare il lorocervello. Se non ricevono sufficiente attenzione empatica esensibile – in altre parole, se non hanno un genitore che siinteressi e reagisca positivamente nei loro confronti –alcune parti importanti del loro cervello non si sviluppanoin maniera adeguata”.

La Gerhardt commenta inoltre:

“Oggi non è di moda mettere in chiaro quanto siano grandile responsabilità di essere genitore, visto che le donnehanno lottato disperatamente per essere uguali agli uominisul posto di lavoro e non vogliono sentirsi in colpa perchéfanno carriera o perché guadagnano mentre qualcun altrosi occupa dei loro figli”**.

Lo stesso argomento è stato sostenuto da altricommentatori, tra cui il difensore dei diritti umani CathleenSherry:

“Nessuno ha il diritto assoluto di fare carriera, né uomini nédonne. Se si sceglie di avere figli, la responsabilitàprincipale è occuparsi di loro adeguatamente, e se questoinfluisce sulla carriera non importa. Ma nessuno vuolericonoscere questa realtà.

L’assistenza all’infanzia consente agli uomini di evitare diassumersi la responsabilità dei propri figli. Le donnedevono pagare altre persone per accudire i bambini perchégli uomini non sono disposti a ridurre l’orario di lavoro perfare la propria parte di genitori. Se le donne tornano allavoro, dovrebbero essere gli uomini, non i bambini,a modificare le loro vite di conseguenza.

Nei reparti maternità non si usa più allineare i neonati nelnido con un paio di infermiere che li accudiscono. Questoè considerato spaventoso. Le madri vengono persuase atenere i bambini con sé 24 ore al giorno. Eppure, seisettimane dopo, va bene mettere dieci bambini in un nidocon solo due persone che li accudiscono. Tutto questo nonha senso”***.

* Biddulph, S., Raising Babies: Should under 3s go to nursery?,Harper Thorsons, Londra, 2006.

** Gerhardt, S., Why Love Matters: How affection shapes a baby’sbrain, Brunner-Routledge, Scarborough (Canada) e New York, 2004.

*** Biddulph, S., Raising Babies: Should under 3s go to nursery?, op.cit., pp. 32-34.

Quadro 4 Gli oppositori: dubbi sull’assistenza all’infanzia

2 0 R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8

federale per i finanziamenti e unimpegno ad un sostegno maggioreall’istruzione prescolare.

Per i bambini sotto i 3 anni, ledifferenze tra i paesi sono ancora piùmarcate. In Finlandia, Norvegia eSvezia, i servizi sono organizzati alivello delle comunità e sonolargamente finanziati: in genere, igenitori non contribuiscono più del10 o 15% (le famiglie molto poveresono totalmente esentate dalpagamento). Al contrario, i paesi dilingua inglese hanno adottato approccipiù orientati verso il mercato; inIrlanda, Regno Unito e Stati Uniti, igenitori sono spesso costretti asostenere l’intero costo dei servizi peri bambini sotto i 3 anni.

È importante sottolineare ancora unavolta che, sebbene il presente rapportosi occupi della responsabilità deigoverni per i servizi per la primainfanzia, le “lacune dell’assistenzaall’infanzia” vengono anche colmateattraverso una miriade di sistemiinformali e non registrati checoinvolgono i nonni, gli amici, i vicini,le baby-sitter e altre forme di assistenzadi gruppo o domiciliare dei bambinipiccoli. La figura 3 tenta di dareun’idea, con un metodo indiretto, dellamisura di questi tipi di organizzazione.Mostra, per esempio, che in Austria,Canada, Germania e Irlanda circa il60% o più delle donne con bambinipiccoli lavora, ma che il tasso diiscrizione nelle strutture autorizzate diassistenza all’infanzia dei bambini sottoi 3 anni è inferiore al 20%.

Di conseguenza, l’accesso complessivoai servizi per la prima infanzia èdifficile da valutare e comparare. Per“accesso” si deve intendere soltantol’accesso ai centri di assistenzaall’infanzia accreditati? Oppure deveincludere anche altre forme diassistenza all’infanzia, come i centri diassistenza diurna per le famiglie, leludoteche o i servizi doposcuola? Èinteso come “mezza giornata”, “atempo pieno”, “tutto l’anno” o “annoscolastico”? Inoltre, l’accesso è libero e

consumatore. Innanzitutto, la qualitàdell’educazione e dell’assistenza allaprima infanzia fornite, può non essereimmediatamente evidente ai genitorisia perché non hanno una conoscenzaadeguata degli standard, sia perché ifornitori non danno informazioniesaustive sulla qualità dei serviziforniti. Si può argomentare che ilproblema della “informazioneimperfetta” riguarda tutte le operazionidi mercato e spetta ai consumatoritenersi informati e prendere ledecisioni giuste. Ma qui sorge un altroproblema: l’istruzione e l’assistenzaall’infanzia di scarsa qualità non sonoun prodotto che si può restituire,riparare, cambiare o farsi rimborsare.Possono trascorrere anni prima che glieffetti della mancanza di qualità simanifestino; la causa potrebbe nonessere mai scoperta e le conseguenzepotrebbero ricadere non solo sulbambino, ma sulla società in generale.

Nessuna strategia di fornitura deiservizi può essere indicata come lastrada ideale da seguire. Ma affinchéservizi di buona qualità, universali omirati, pubblici o privati, sianoaccessibili a tutti e diano la priorità aibambini svantaggiati e a rischio, sononecessari finanziamenti consistenti,supervisione e sostegno statali.

Nel complesso, sembrano esserci solideargomentazioni a favore dellaconcentrazione delle politiche e deifinanziamenti pubblici sulla fornituradifferenziata, ma accessibile a tutti, deiservizi per la prima infanzia finanziatie controllati da agenzie governative.Questa è la strategia di massimaadottata da quasi tutti i governi OCSEin risposta alle esigenze educative deibambini più grandi e, in linea diprincipio, non vi è motivo peradottare una strategia diversa per iservizi per la prima infanzia. “Le proveindicano – sostiene il rapporto OCSE2006 Starting Strong – che ilfinanziamento pubblico diretto dei serviziconsente al governo di orientare i servizi inmaniera più efficace, di ottenere maggiorivantaggi e migliore qualità a livellonazionale, una formazione più efficace

degli educatori e un livello più elevato diequità nell’accesso”14.

Ciononostante, i servizi per la primainfanzia sovvenzionati e universali nonsono una panacea e di per sé non sonogaranzia di accesso equo né di qualitàelevata. I progressi verso questiobiettivi fondamentali devono essereregolarmente valutati e monitorati,indipendentemente dalla strategiaadottata. Pertanto, il prossimo gruppodi parametri è stato scelto, entro ilimiti dei dati disponibili, per registraree comparare i progressi nell’accesso enella qualità dei servizi per la primainfanzia in tutti i paesi OCSE.

AccessoCome si è già visto, i governi dei paesiOCSE affrontano la questionedell’accesso ai servizi per la primainfanzia in modi diversi.

In Europa, molti governi fornisconoistruzione prescolare gratuita euniversale dall’età di 3 anni (sebbeneesistano notevoli differenze negli orarisettimanali). Anche Nuova Zelanda eRepubblica di Corea stannoampliando rapidamente l’accesso aiservizi per la prima infanzia e lo stessostanno facendo Australia e Giappone,seppure in misura minore. Il Messicosta compiendo sforzi significativi ed èdiventato il primo paese OCSE arendere obbligatoria l’iscrizione all’etàdi 3 anni.

In Nord America, il Canada fasostanziali investimenti pubblicinell’istruzione a partire dai 5 anni.Negli Stati Uniti, dove la responsabilitàper i servizi per la prima infanziaspetta ai singoli Stati, la situazione stacambiando rapidamente. Dal momentoche l’istruzione e l’assistenzaall’infanzia di buona qualità hannodimostrato di recare notevoli beneficia lungo termine – dal migliorerendimento scolastico e guadagni piùalti alla minore probabilità di compierereati – molti Stati hanno deciso diampliare i programmi prescolari. Ciòha comportato, nel 2008, unamaggiore pressione sul governo

R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8 2 1

aperto a tutti o è soggetto alpagamento di una retta e a criteri diammissibilità?

Bambini di età inferiore ai 3 anniIl presente rapporto non tenterà dirispondere a queste domande, data ladisponibilità estremamente limitata didati comparabili a livellointernazionale.

Alla voce “accesso”, il parametro 3indica che i servizi di assistenzaall’infanzia finanziati dallo Stato eregolamentati dovrebbero esseredisponibili per una percentualesignificativa di bambini sotto i 3 anni.La soglia per questo indicatore è stata

fissata al 25% – uno standardattualmente rispettato soltanto da unpo’ più della metà dei paesi OCSE peri quali vi sono dati disponibili. Austria,Canada, Germania, Ungheria, Irlanda,Italia, Giappone, Messico, Portogallo,Repubblica di Corea, Spagna eSvizzera non si conformano a questostandard (figura 1).

Per molti il livello del 25% è troppobasso. Innanzitutto, perché è inferiorealla percentuale di bambini sotto i 3anni che attualmente frequenta centriabilitati di assistenza all’infanzianell’insieme dell’OCSE (tenendoconto anche dei servizi privati diassistenza all’infanzia nonsovvenzionati). In secondo luogo, è

inferiore all’obiettivo del 33% giàfissato dai leader dell’Unione Europea.Ma è importante notare che l’accessosuggerito del 25% per i bambini sottoi 3 anni non è inteso come misura deltasso lordo di iscrizione (o comeindice delle esigenze del mercato dellavoro) e non include l’accesso aservizi non abilitati, ai centri diassistenza familiare diurna o ai servizidi assistenza all’infanzia privati nonsovvenzionati. Il parametro è proposto, piuttosto,come un indicatore dell’impegno deigoverni a favore di servizi di assistenzaall’infanzia finanziati con fondi pubblici,ben regolamentati e con livelli di qualitàelevati, che siano accessibili a tutti, anchedal punto di vista economico. Esso

Figura 3 – Il divario nell’assistenza all’infanzia

La tabella consente un confronto tra la percentuale di donne lavoratrici con bambini piccoli e la percentuale di bambini sottoi 3 anni che frequentano i centri abilitati per l’assistenza all’infanzia. Il “divario nell’assistenza all’infanzia” riscontratoè un’indicazione approssimativa dell’utilizzo dell’assistenza all’infanzia informale.

Messico

Svizzera

Italia

Austria

Ungheria

Germania

Irlanda

Giappone

Canada

Repubblica di Corea

Spagna

Portogallo

Regno Unito

Francia

Australia

Paesi Bassi

Nuova Zelanda

Belgio

Finlandia

Stati Uniti

Svezia

Norvegia

Islanda

Danimarca

70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80%

**Messico

Svizzera

Italia

Austria

Ungheria

Germania

**Irlanda

Giappone

Canada

**Repubblica di Corea

Spagna

Portogallo

Regno Unito

Francia

**Australia

Paesi Bassi

Nuova Zelanda

Belgio

Finlandia

Stati Uniti

Svezia

**Norvegia

**Islanda

Danimarca

Iscrizione dei bambini da 0 a 3 anni nei centri abilitatiper l’assistenza all’infanzia, 2004

Tassi di occupazione delle donne conbambini sotto i 3 anni, 2005

**Dati non disponibili.

Fonte per l’iscrizione dei bambini da 0 a 3 anni nei centri abilitati di assistenza all’infanzia: banca dati dell’OCSE sulle famiglie e banca dati dell’OCSE sull’istruzione.Nota: I dati relativi a Canada e Germania si riferiscono al 2001; i dati relativi alla Francia si riferiscono al 2002; i dati relativi a Islanda, Messico e Norvegia si riferiscono al 2003, e i dati relativi ad Australia,Danimarca, Repubblica di Corea e Stati Uniti si riferiscono al 2005.

Fonte per i tassi di occupazione delle donne con bambini da 0 a 3 anni: OCSE (2007) Babies and Bosses – Reconciling Work and Family Life (Vol. 5); Babies and Bosses (Australia, Australian Bureau ofStatistics (2005); 6224.0.55.001 FA2 Labour Force Status and Other Characteristics of Families; Statistiche del Canada (dati del 2001), Statistiche della Danimarca (dati del 1999); Statistiche della Finlandia(dati del 2002); Statistiche dell’Islanda (dati del 2002 relativi alle donne tra 25 e 54 anni); Autorità giapponesi (dati del 2001); LFS svizzera (dati del 2° trimestre del 2006); Ufficio di Statistica Nazionale delRegno Unito (dati del 2005); Indagine sulla popolazione attuale degli Stati Uniti (dati del 2005); per tutti gli altri paesi dell’UE, European Labour Force Survey (dati del 2005, a eccezione dell’Italia i cui datisi riferiscono al 2003.

2 2 R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8

In linea di principio, il passaggio all’assistenza all’infanziafuori casa rappresenta l’opportunità di ridurre gli svantaggidei figli degli immigrati. Promuovendo l’integrazione e losviluppo del linguaggio, l’educazione e l’assistenzaall’infanzia dovrebbero riuscire a ridurre le barriere chemolti figli di immigrati incontrano al loro ingresso nelsistema di istruzione formale.

Non è ancora possibile confrontare i servizi destinati ai figlidi immigrati nei vari paesi: anche all’interno delle singolenazioni esistono grandi differenze tra i diversi tipi diimmigrati e tra le difficoltà che incontrano. Alcuni paesiOCSE, tuttavia, stanno tentando di monitorare i progressidei bambini di famiglie di immigrati e di valutare ilcontributo dell’educazione e dell’assistenza esterna.

In Germania, per esempio, diversi studi recenti hannotentato di definire la questione più chiaramente:

Alcune delle principali scoperte sono:

In media, i figli degli immigrati:

� Sono a maggior rischio di crescere in povertà (in unostudio, il rischio di povertà per i bambini immigrati eraquasi doppio rispetto ai coetanei di cittadinanza tedesca).

� Hanno una conoscenza più scarsa della lingua tedesca,un fattore critico per l’integrazione sociale e ilrendimento scolastico.

� Iniziano la scuola molto più tardi rispetto ai bambinitedeschi.

� Hanno (in media) voti più bassi alla scuola primaria.

� Restano molto indietro nella scuola secondaria.

� Hanno il doppio delle probabilità di avere problemirelazionali con gli altri coetanei, per esempio di esserepresi in giro e tiranneggiati.

� Hanno meno spazio e più persone a casa e hanno menoprobabilità di avere un posto in cui studiare senzaessere disturbati*.

� È quattro volte più probabile che debbano ripetere laprima e la terza.

� Hanno maggiori probabilità dei bambini tedeschi diessere raccomandati per la Hauptschule all’età di10 anni, e meno probabilità di accedere al Gymnasium oal Realschule**.

� Hanno meno probabilità, quando finiscono la scuola, diaccedere alla formazione professionale.

� È più probabile che siano sovrappeso.

� Usufruiscono meno dei servizi medici.

� Hanno meno probabilità dei bambini tedeschi diaccedere all’istruzione prescolare.

Gli studi sui figli degli immigrati che hanno avuto accessoall’istruzione prescolare mostrano che:

� Più lunga è la frequenza prescolare dei bambiniimmigrati, più si riduce il divario tra la loro conoscenzadella lingua tedesca e quella dei bambini non immigrati.

� La frequenza prescolare ha migliorato il rendimentoscolastico dei bambini immigrati al punto da essereconsiderati, per quanto riguarda le opportunitàeducative, al pari dei bambini di famiglie tedesche abasso reddito (che, nello studio in esame, non avevanotratto notevoli benefici dall’istruzione prescolare).

� È meno probabile che i figli di immigrati conoscano bene lalingua tedesca se frequentano gli asili infantili con unapercentuale elevata di bambini dello stesso gruppo etnico.

Alcuni avvertimenti importanti:

� Alcuni degli studi riferiti sono di piccole dimensioni epotrebbero non essere rappresentativi a livellonazionale.

� Il rendimento scolastico può dipendere da famiglie piùpovere, quartieri più poveri e genitori meno istruiti.I servizi per la prima infanzia e gli sforzi delle scuoleprimarie da soli non possono compensare pienamentequesti problemi strutturali.

� Il tipo di scuole frequentate dai bambini immigratipossono anche riflettere la loro condizione socio-economica e abitativa.

Nota: Informazioni tratte da: Clauss S. e Nauck B., 2008, The Situationof Immigrant Children in Germany, a Literature Review, un rapportopreparato per il Centro di Ricerca Innocenti dell’UNICEF su Childrenin Immigrant Families in Rich Countries, curato da Hernandez D. (diprossima pubblicazione).* Quando ai bambini in Germania è stato chiesto di dare un voto da1 a 7 alla loro situazione abitativa, classificandola da “molto cattiva”a “molto buona”, il voto medio dei bambini immigrati è stato 6,1,di poco inferiore al voto medio di 6,5 dato dai bambini non immigrati.** A 10 anni, gli alunni nel sistema educativo tedesco sonoselezionati per uno dei tre tipi diversi di scuola secondaria:Gymnasium, Realschule o Hauptschule. Il Gymnasium forniscel’istruzione più accademica e ha quasi il monopolio sull’ingressoall’università. Il Realschule tradizionalmente dà accesso a unaformazione impiegatizia e a lavori di concetto. L’Hauptschule è lascuola di livello più basso e generalmente prepara ai lavori manuali.Pochi bambini cambiano scelta dopo la selezione iniziale.

Quadro 5 Germania: i figli degli immigrati

R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8 2 3

riconosce che i servizi educativi per ibambini sotto i 3 anni sono unanecessità nei paesi in cui unapercentuale elevata di donne lavora,ma mostra anche rispetto per la sceltadei genitori e riconosce che, in moltipaesi, il diritto al congedo parentaleconsente loro di operare questa scelta.

Teoricamente, il diritto al congedoparentale consentirebbe a tutti ibambini di essere accuditi a casaalmeno per i primi 12 mesi di vita.A quel punto, si potrebbe sceglieredi inserirli gradualmente nei centri diassistenza all’infanzia finanziati edi qualità fino all’età in cui inizianol’istruzione formale∗. Il 25% suggeritodal parametro riflette l’impegno delgoverno nei confronti di questo ideale.

Pur essendo un utile metro diparagone, il parametro 3 ha anche deilimiti evidenti. Il fatto che i servizisiano finanziati dallo Stato non è di persé una garanzia di qualità, sebbenel’esperienza suggerisca che è piùprobabile che la qualità dell’assistenzasia superiore se i governi finanziano,controllano e applicano gli standard dibase del personale, la qualifica, ledimensioni del gruppo e il rapportonumerico tra personale e bambini. I tipiinformali di assistenza all’infanzia, perquanto intesi nel senso migliore,potrebbero non adeguarsi a questistandard e c’è la possibilità che i serviziprivati non sovvenzionati siano costrettia far pagare rette che escludono lefamiglie più povere o a risparmiare sulpersonale e sulla formazione.

In secondo luogo, un parametro diaccesso del 25% per i bambini sotto i3 anni non indica se tiene conto deibambini svantaggiati e più vulnerabili:quelli che appartengono alle famigliepiù povere, i figli di immigrati e nonmadrelingua (quadro 5), i bambini icui genitori devono affrontareproblemi e pressioni particolari e ibambini con disabilità diagnosticate e

bisogni speciali. Al momento, unnumero esiguo di paesi dispone di datisufficienti per comparare questofattore decisivo. La mancanza distatistiche e di uno standardconcordato in base al qualemonitorare l’accesso dei bambinisvantaggiati, continua a rappresentareuna carenza importante in questotentativo iniziale di formulare unaserie di standard minimi comparabilia livello internazionale per i serviziper la prima infanzia.

Bambini più grandiPer i bambini più grandi, quelli di 4-5anni, l’indicatore scelto (parametro 4) èil livello di iscrizione prescolare instrutture sovvenzionate con fondipubblici e accreditate, con unafrequenza minima di 15 ore settimanali.

All’età di 5 anni, i beneficidell’istruzione prescolare non sono indubbio. Questa è anche l’età in cuiquasi tutti i genitori ritengono che siagiusto che i loro figli partecipino aun’attività regolare di apprendimentodi gruppo che li aiuti a prepararsiall’inserimento nell’istruzione formale.

Per questi motivi, il valore propostocome standard minimo è un tasso diiscrizione dell’80% per i bambini dai 4 ai5 anni. Come mostra la figura 1, aquesto parametro si conformano 15 dei25 paesi OCSE per i quali vi sono datidisponibili (anche se, sorprendentemente,non la Finlandia).

La maggior parte dei governi europeigarantisce già un posto nell’istruzioneprescolare a tutti i bambini di 4 anni,sebbene il numero di ore settimanali siavariabile. Altri paesi OCSE si stannoorientando nella stessa direzione avelocità diverse. Idealmente, l’iscrizionedei bambini di 4 anni dovrebbe esseredel 100% e vi è ancora una volta lapreoccupazione che il parametrodell’80% possa nascondere o accettare ilfatto che il restante 20% sia costituitoda bambini svantaggiati. Un altro difettoevidente del parametro è che non tieneconto del numero di ore giornaliere in

cui sono disponibili i servizi: un fattorecruciale per molti milioni di genitoriche lavorano a tempo pieno.

Pertanto, il parametro 4 dovrebbe essereinteso come un cartello indicatore,piuttosto che come una finalità.

Qualità e personaleL’accesso ha poco valore senza laqualità. Di conseguenza, tutti i governiOCSE si trovano davanti a una sfidadifficile quando si tratta di definire emonitorare la qualità dei servizi per laprima infanzia. Idealmente, questocompito dovrebbe coinvolgere igenitori e le comunità, oltre aiprofessionisti dell’assistenza all’infanziae le istituzioni accademiche.

Gli studi disponibili concordano tuttisul fatto che la qualità dell’educazionee dell’assistenza nella prima infanziadipende soprattutto dalla capacità dellapersona che si prende cura delbambino di stabilire un rapporto conlui e di creare un ambiente sicuro,stabile, sensibile, stimolante egratificante. In altre parole, un’assistenzaall’infanzia di buona qualità è unprolungamento di una buona curagenitoriale. O, come sostiene il giàcitato rapporto del Consiglio Nazionaledelle Ricerche statunitense, “se esiste unsingolo elemento cruciale della qualità, essodipende dal rapporto tra il bambino el’insegnante/persona che si prende cura dilui e dalla capacità dell’adulto di andareincontro al bambino”15.

È questa l’essenza della “qualità”, ma sitratta di qualcosa che è molto difficilemisurare.

Tuttavia è possibile valutare alcunirequisiti indispensabili come ladisponibilità di un numero sufficientedi professionisti della prima infanziaadeguatamente formati, controllati eben retribuiti. I parametri 5, 6 e 7fissano pertanto una serie di standardminimi e mettono a confronto leattuali prestazioni nazionali con tredegli aspetti chiave misurabilidell’educazione e dell’assistenza nellaprima infanzia.

* Questa alternativa è attualmente disponibile nei paesi nordici,dove i bambini hanno anche il diritto legale a un posto in unservizio per la prima infanzia locale al termine del periodo dicongedo parentale.

2 4 R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8

che i bambini piccoli hanno con gli adultiche si occupano di loro per la maggior partedella giornata”.

Questo è un tipo di assistenzaall’infanzia scadente e non è utile.

Approssimativamente, circa tre quartidei costi per la fornitura dei servizi diassistenza all’infanzia gravano sui salari.Poiché è dimostrato che il personalepiù qualificato e con livelli di istruzionesuperiore è in grado di interagiremeglio e di fornire maggiori stimoli aibambini, se si vuole mantenere laqualità, la possibilità di tagliare i costi è

In generale, il quadro non èincoraggiante. Il rapporto 2006dell’OCSE, Starting Strong, conclude,per esempio, che spesso esiste “unampio divario salariale tra gli assistentiall’infanzia e gli insegnanti. Nella maggiorparte dei paesi europei, i primi hanno unascarsa formazione e una retribuzioneintorno al minimo salariale. Non sorprendeaffatto che vi siano livelli elevati dirotazione del personale nel settoredell’assistenza all’infanzia”.

In molti paesi, gli assistenti all’infanziasono in fondo alla scala salariale ehanno scarsa sicurezza dell’impiego e

scarse possibilità di fare carriera.In alcuni paesi, tra cui Australia,Regno Unito e Stati Uniti, il lavoronegli asili nido viene consideratoadatto a persone molto giovani, nonqualificate, di passaggio o con tutte etre queste caratteristiche. Quando ilsalario è basso, il tasso di rotazione delpersonale tende a crescere (del 30%l’anno tra il personale dell’assistenzaall’infanzia negli Stati Uniti, rispetto ameno del 7% tra gli insegnanti).“Questi tassi di rotazione del personalecosì elevati – commenta il ConsiglioNazionale delle Ricerche statunitense– attualmente compromettono il rapporto

“L’educazione del fanciullo deve avere come finalitàlo sviluppo della personalità del fanciullo, nonché losviluppo delle sue facoltà e delle sue attitudini mentalie fisiche, in tutta la loro potenzialità.”

Articolo 29 della Convenzione sui diritti dell’infanzia

Il Comitato dei Diritti del Fanciullo è incaricato dalle NazioniUnite di promuovere e monitorare i progressi versol’attuazione su scala mondiale della Convenzione sui dirittidell’infanzia del 1989.

Dall’entrata in vigore della Convenzione nel 1990, ilComitato ha adottato otto Commenti generali per assisterei governi nell’adempimento dei loro obblighi sanciti dallaConvenzione. Uno di questi, il Commento generale n. 7,sulla realizzazione dei diritti dei bambini nella primainfanzia, ha particolare attinenza con l’educazione el’assistenza prescolare.

Commento generale n. 7Il Commento generale n. 7 pone in evidenza che i bambinihanno diritti sin dalla nascita. Inoltre riconosce che quellimolto piccoli sono particolarmente esposti alla povertà, alladiscriminazione e ad altre avversità che rischiano dicompromettere i loro diritti, così come le loro capacità e illoro benessere.

Pertanto, la prima infanzia è un periodo cruciale per i dirittidei bambini. Tutti i governi sono perciò incoraggiati adadoperarsi per realizzare i diritti dei bambini molto piccoliattraverso politiche globali, leggi, programmi, pratiche eformazione professionale e ricerca. In particolare, per

diritto all’educazione durante la prima infanzia si intendecome avente inizio sin dalla nascita.

Il Commento generale n. 7 chiarisce i seguenti puntispecifici:

� I bambini piccoli in generale non devono subirediscriminazioni per alcun motivo, per esempio, qualorale leggi non offrano uguale protezione dalla violenza atutti i bambini, compresi quelli in tenera età. Questiultimi sono particolarmente esposti alla discriminazionein quanto sono relativamente impotenti e dipendonodagli altri per la realizzazione dei loro diritti.

� La discriminazione può assumere la forma di livelli ridottidi nutrizione; cure e attenzioni inadeguate; minoriopportunità di gioco, apprendimento e istruzione; oppureinibizione della libera espressione dei sentimenti e delleopinioni. La discriminazione può anche manifestarsimediante trattamenti severi e aspettative irragionevoli,che possono essere uno sfruttamento o un abuso.

� La discriminazione potenziale nell’accesso ai servizi diqualità per i bambini piccoli desta particolarepreoccupazione, soprattutto quando i servizi sanitari, diistruzione, di assistenza e altri servizi non sonouniversalmente disponibili e sono forniti da un insiemedi organizzazioni statali, private e di beneficenza.

� Innanzitutto, il Comitato esorta gli Stati parte amonitorare la disponibilità e l’accesso ai servizi di qualitàche contribuiscono alla sopravvivenza e allo sviluppo deibambini piccoli, anche mediante la raccolta sistematicadi dati, disaggregati in termini di variabili principali

Quadro 6 Diritti dei bambini nella prima infanzia

R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8 2 5

limitata. Inoltre, i servizi che non hanno

una qualità adeguata possono arrecare

più danni che benefici. Di conseguenza,

per quanto siano a buon mercato, sono

comunque denaro sprecato. Quel che è

peggio, dal punto di vista dell’interesse

superiore del bambino, vanificano

un’opportunità che non si verificherà

mai più.

Il parametro comparativo 5 richiede

che tutto il personale abbia almeno una

formazione iniziale prima di lavorare

nei centri di educazione e di assistenza

alla prima infanzia. Il valore suggerito

dell’80% attualmente collegato a questo

parametro si applica a tutto il personale

che lavora regolarmente con i bambini

piccoli, compreso quello che lavora nei

centri di quartiere e che fornisce

assistenza domiciliare. Se per far fronte

a esigenze a breve termine è necessario

impiegare personale non specializzato,

la legge dovrebbe imporre la frequenza

di un corso di formazione

riconosciuto. Il parametro comparativo

5 tenta anche di affrontare il problema

della qualità e della rotazione del

personale ponendo come condizione

che siano almeno previste una

retribuzione e delle condizioni in linea

con quelle degli insegnanti o degli

assistenti sociali.

Anche questo parametro ha dei punti

deboli evidenti, dal momento che non

è in grado di cogliere la misura o la

durata della formazione, né quella del

tirocinio pratico e del sostegno di cui

ha bisogno il personale impiegato nei

servizi per la prima infanzia e tanto

meno la determinazione dei governi

ad attuare, piuttosto che “prevedere”,

un miglioramento per il personale che

si occupa di assistenza all’infanzia.

relative alle famiglie e alle condizioni dei bambini. Insecondo luogo, possono essere necessarie azioni voltea garantire pari opportunità a tutti i bambini perbeneficiare dei servizi disponibili.

� Gli Stati parte dovrebbero tendere sempre a fornireprogrammi che facciano da complemento al ruolo deigenitori e siano sviluppati, per quanto possibile, incollaborazione con questi ultimi, anche tramite lacollaborazione attiva tra genitori, professionisti e altripartner per sviluppare “la personalità del fanciullo,nonché lo sviluppo delle sue facoltà e delle sue attitudinimentali e fisiche, in tutta la loro potenzialità” (Articolo 29della Convenzione sui diritti dell’infanzia).

� Agli esperti di prima infanzia, sia del settore pubblicoche di quello privato, dovrebbe essere fornita unapreparazione esauriente, una formazione continua e unaretribuzione adeguata. In questo contesto, gli Statiparte sono responsabili della fornitura dei servizi per losviluppo della prima infanzia. Il ruolo della società civiledovrebbe essere complementare e non un surrogatodel ruolo dello Stato. Laddove i servizi privati svolgano ilruolo principale, il Comitato ricorda agli Stati parte chehanno l’obbligo di monitorare e regolamentare la qualitàdei servizi forniti per garantire che i diritti dell’infanziasiano tutelati e che agiscano nell’interesse superiore deibambini.

� Il rispetto delle capacità evolutive dei bambini è vitaleper la realizzazione dei loro diritti ed è particolarmenteimportante durante la prima infanzia, data la rapida

trasformazione delle funzioni fisiche, cognitive, sociali edemozionali dell’individuo, dalla primissima infanziaall’inizio dell’istruzione scolastica.

� Lo sviluppo delle capacità evolutive deve essereconsiderato un processo positivo e abilitante, non unascusa per pratiche autoritarie che limitano l’autonomiadel bambino e l’espressione della sua personalità, e chesono state giustificate per tradizione adducendo comescusa la relativa immaturità del bambino e il suo bisognodi socializzare. I genitori (e gli altri) devono essereesortati a fornire “indicazioni e guida” adottando unapproccio incentrato sul bambino, attraverso il dialogo el’esempio, in modi che migliorino le capacità dei bambinipiccoli di esercitare i loro diritti, compreso il diritto allapartecipazione (articolo 12) e il diritto alla libertà dipensiero, di coscienza e di religione (articolo 14).

� Al fine di garantire la piena realizzazione dei diritti deibambini piccoli durante questa fase critica della loro vita(e tenendo a mente l’impatto delle esperienze durante laprima infanzia sulle loro prospettive a lungo termine), gliStati parte sono esortati ad adottare piani globali,strategici e con una scadenza prestabilita per la primainfanzia, in un contesto basato sui diritti. Questorichiede un aumento della distribuzione delle risorse peri servizi e i programmi per la prima infanzia.

� Gli Stati parte sono esortati a sviluppare partenariati fortied equi tra governo, servizi pubblici, organizzazioni nongovernative, settore privato e famiglie per finanziareservizi globali a sostegno dei diritti dei bambini piccoli.

2 6 R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8

servizi per la prima infanzia, uncambiamento negli atteggiamentipubblici potrebbe essere uno deiprerequisiti per compiere rapidamentedei progressi. In alcuni paesi vi è laconvinzione diffusa che per occuparsidi neonati e bambini piccoli serve pocao nessuna formazione, che a chiaccudisce i bambini dai 3 ai 5 anniserve un po’ più di preparazione e chequalifiche di livello più elevato sianonecessarie solo agli insegnanti dibambini più grandi. Ora queste ideesono pericolosamente antiquate.

In termini concreti, un miglioramentodella retribuzione e delle condizionilavorative contribuirebbe a modificarei comportamenti e a riqualificare laprofessione, così come l’inserimentodell’assistenza all’infanzia nella piùampia categoria degli insegnanti edelle professioni di chi si dedica adassistere gli altri (come già accade inDanimarca, Finlandia e Svezia, dove ilpersonale dei centri di assistenzaall’infanzia ha la possibilità diproseguire la formazione e diconseguire qualifiche più alte). Lapossibilità di proseguire gli studi e diconseguire un diploma universitarionel settore dell’educazione edell’assistenza alla prima infanziacontribuirebbe anche a migliorare lostatus della professione e ad ancorarela pratica alla ricerca e a politichebasate sull’evidenza empirica.

Infine, bisogna considerare che livellipiù elevati di formazione delpersonale, il miglioramento delrapporto numerico tra personale ebambini e gruppi più piccoli rivestonoun’importanza particolare nei centriche si occupano di bambini a rischio edi bambini con bisogni educativiparticolari. Senza le risorse aggiuntiveche ciò implica, sarà meno probabileche l’educazione e l’assistenza infantilefacciano la differenza nella vita deibambini svantaggiati.

BilanciNell’insieme, il livello dell’impegnonazionale per la qualità e ladisponibilità di servizi educativi e di

Tuttavia, preoccupa il fatto chesoltanto 17 dei 25 paesi OCSEoggetto della ricerca siano stati ingrado di conformarsi a questoparametro relativamente pocoimpegnativo. Sorprende anche il fattoche Danimarca e Norvegia, che hannoservizi per la prima infanziaapprezzabili sotto altri aspetti, nonraggiungono il livello minimodell’80% per la formazione iniziale delpersonale di assistenza all’infanzia.

Il parametro comparativo 6 insistesull’importanza della formazione per“l’assistenza di alta qualità” stabilendoche almeno il 50% del personale deicentri educativi per l’infanzia, compresigli assistenti di classe e tutti i consulentie gli insegnanti, debba avere almeno treanni di istruzione a livello universitario,con specializzazione in materie relativealla prima infanzia o argomenticorrelati. Come mostra la figura 1,20 paesi OCSE su 25 sono riusciti aconformarsi a questo standard, mentrenon lo hanno fatto Austria, Finlandia,Giappone, Norvegia e Svizzera.

Anche questo parametro ha limitievidenti e deve essere interpretato inmaniera flessibile per farvi rientrare:a) i paesi in cui la qualifica richiesta èun corso universitario della durata didue anni; b) paesi come Francia, Irlandae Regno Unito, dove l’unico requisitoè un’abilitazione all’insegnamento nellescuole primarie, senza alcunaformazione nei bisogni particolari disviluppo dei bambini in età prescolare∗.

Il parametro 7 si focalizza sulledimensioni del gruppo e sul rapportonumerico tra personale e bambini. Inparticolare, fissa un minimo di unmembro del personale per ogni 15bambini dai 4 ai 5 anni, per ungruppo massimo di 24 bambini. Comemostra la figura 1, soltanto 12 dei 25paesi OCSE attualmente soddisfanoquesto standard.

In molti dei paesi che non siconformano allo standard fissato,saranno necessari aumenti significatividei finanziamenti per portare a 1:15 ilrapporto numerico tra personale ebambini e la dimensione dei gruppi a24. Il Messico, per esempio, deveimpegnarsi molto per rispettare questoparametro con la rapida espansionedell’istruzione prescolare a tutta lapopolazione infantile in atto nel paese.Ma anche in alcuni paesi più ricchidell’OCSE sarà necessario aumentarenotevolmente la spesa. Uno di questi èl’Irlanda, dove i bambini più piccolisono spesso assegnati a classi con unrapporto numerico sfavorevole trapersonale e bambini.

In pratica, il rapporto numerico trapersonale e bambini varierà a secondadelle circostanze e del numero di oregiornaliere che il bambino trascorre inun centro di assistenza all’infanzia.Tuttavia, gli studi indicano che ibambini piccoli hanno bisogno dimolta attenzione e sostegnoindividuale: di rapporti, piuttosto chedi insegnamento di gruppo. Vi è largaconvergenza di opinioni sul fatto che ibambini molto piccoli non sonopronti per l’attività di gruppo; maanche nel caso dei bambini di 4 e 5anni, in un gruppo di piccoledimensioni è più facile programmareattività più stimolanti e più sensibiliagli interessi e alla fase di sviluppo diciascun partecipante.

Nel complesso, questi tre parametridi “qualità” (5, 6 e 7) nonrappresentano altro che un livellominimo di requisiti che si sa essereassociati al tipo di rapporti stimolantie di sostegno tra personale e bambiniche sono alla base della qualità edella buona pratica nell’educazione el’assistenza alla prima infanzia.Attualmente, soltanto cinque paesiOCSE – Islanda, Ungheria, PaesiBassi, Nuova Zelanda, e Svezia – lisoddisfano tutti. Sei paesi – Australia,Belgio (Fiandre), Canada, Irlanda,Giappone e Norvegia – soltanto uno.

Nelle nazioni che non si conformanoagli standard minimi di qualità per i

*Questo è uno dei motivi per cui i servizi per la prima infanzia inquesti paesi sono orientati verso la “scolarizzazione”dell’educazione e l’assistenza alla prima infanzia, che spessosignifica insegnare a gruppi numerosi, prestando scarsaattenzione ai singoli bambini e al fatto che siano pronti o meno aun particolare tipo di apprendimento.

R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8 2 7

assistenza all’infanzia si riflette anchenel livello degli investimenti pubblicinei servizi per i bambini.

La figura 4 mostra il livello attuale dispesa nei 23 paesi OCSE per i quali visono dati disponibili (esclusi i sussidiper le famiglie e il costo dei congediparentali).

Ancora una volta, queste cifre vannotrattate con cautela. Le statisticheufficiali non sono sempre chiare ouniformi nel registrare ciò checomprendono o non comprendono iservizi per la prima infanzia∗. Il livellodell’1,3% del PIL riportato per laSvezia, per esempio, è quasi certamenteuna sottostima (dato che l’istruzioneprescolare in Svezia è di qualità elevatae disponibile per diverse ore al giorno

durante l’intero anno lavorativo).Un’altra preoccupazione è determinatadal fatto che, in alcuni casi, la spesastatale e delle autorità locali potrebbeessere esclusa dall’ammontare registratocome livello nazionale. La figura 4,inoltre, non riflette il rapidocambiamento che si sta verificandonell’assistenza all’infanzia; nellaRepubblica di Corea e nel RegnoUnito, per esempio, la spesagovernativa per l’istruzione prescolareè quadruplicata nell’ultimo decennio.

Nel complesso, la figura 4 mostra che igoverni dei paesi OCSE stannoattualmente spendendo una mediadello 0,7% del PIL nei servizi per laprima infanzia. In maniera piùeloquente, mostra che i paesi in cimaalla tabella dei parametri comparativispendono approssimativamente ildoppio della media OCSE. Soltantosei paesi OCSE si conformano a ottoo più dei parametri identificati (figura1) e sono gli stessi sei paesi che

figurano in cima alla tabella della spesagovernativa nei servizi per la primainfanzia (Islanda, Danimarca, Finlandia,Svezia, Francia e Norvegia).

La conclusione generale che si puòtrarre dai dati disponibili è perciò chemolti paesi dell’OCSE devono quasiraddoppiare il livello attuale di spesaper i servizi alla prima infanzia sevogliono rispettare gli standard minimi.

La stessa conclusione si può trarreanche partendo dalla direzioneopposta, vale a dire, chiedendosi qualesarebbe il costo per bambinodell’educazione e dell’assistenza nellaprima infanzia di alta qualità. Sebbenei dati disponibili siano pochi,l’esperienza degli Stati Uniti indicache il costo è di circa 5.000 dollaril’anno per bambino, per mezzagiornata e per l’intero anno scolastico,e aumenta fino a circa 9.000 dollaril’anno per il tempo pieno16. Per ibambini di età inferiore a 3 anni per i

* Per le raccomandazioni specifiche su quello che dovrebbeessere incluso nella spesa statale per i servizi per la primainfanzia, con i diversi modelli di finanziamento, vedere il CapitoloIII di “Benchmarks for Early Childhood Services in OECDCountries”, Innocenti Working Paper 2008-02, disponibile sul sito<www.unicef-irc.org>.

Fonte: OCSE (2007), Banca dati sulla spesa sociale 1980-2003.

Islanda

Svizzera

Giappone

Nuova Zelanda

Repubblica di Corea

Irlanda

Germania ii

Australia

Paesi Bassi

Spagna

Italia

Regno Unito

Austria

Stati Uniti

Media OCSE

Messico

Belgio

Portogalllo

Ungheria

Norvegia

Francia

Svezia

Finlandia

Danimarca

0.0 0.4 0.8 1.2 1.4 1.6 1.8 2.0

Assistenza per l’infanzia

Istruzione prescolare

0.2 0.6 1.0

Percentuale del PIL

Figura 4 – Spesa pubblica nei servizi di assistenza per l’infanzia e dieducazione prescolare, percentuale del PILi, 2003

i Esclusi i sussidi per le famiglie e il costo dei congedi parentali.

ii La bassa posizione occupata dalla Germania nella classifica dipende dal fatto che la spesa per i bambini da 0 a 3 anni è indicata come 0% nella banca dati dell’OCSE sulle famiglie dal quale sono statirilevati i dati. I fondi federali per i Bundesländer non sono stanziati per i servizi per la prima infanzia; pertanto, l’investimento è a discrezione di ciascun Land. I nuovi Bundesländer (ex Germania dell’Est)preseno uno dei tassi più alti d’Europa (37 per cento) per la partecipazione dei bambini piccoli ai servizi di assistenza all’infanzia. Nei vecchi Bundesländer (ex Germania occidentale), vi è un investimentopubblico significativo nei servizi di assistenza all’infanzia che raggiunge oltre 10.000 Euro l’anno per bambino in alcune delle città principali.

2 8 R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8

Il parametro 9 suggerisce, pertantoche, affinché i servizi per la primainfanzia realizzino appieno il loropotenziale, il livello dei tassi di povertàinfantile deve essere ridotto. Nelpresente rapporto, il tasso di povertàinfantile è definito come lapercentuale di bambini che vive infamiglie il cui reddito, commisurato alnumero di componenti della famiglia,è inferiore al 50% del reddito medianodel paese in questione18.

In particolare, secondo il parametro 9,il tasso di povertà infantile dovrebbeessere al di sotto del 10%. Questo è inlinea con la Report Card 6 di questaserie, nella quale si asseriva che i livellidi povertà infantile nei paesi OCSEdovessero essere ridottiprogressivamente al di sotto del 10%per mezzo di obiettivi a scadenzaprefissata sostenuti da un largoconsenso pubblico e politico (in modoche l’impegno sia mantenuto neltempo e non dipenda da unparticolare partito politico)∗.

La figura 1 riporta i dati più recenti(2008) per indicare i paesi OCSE cheattualmente si conformano alparametro proposto di “meno del 10%di bambini che crescono in condizionidi povertà”. Dei 25 paesi per i quali visono dati disponibili, solo 10soddisfano lo standard. La figura 1mostra anche che il parametro del“basso livello di povertà infantile” èstato realizzato da 8 dei 10 paesi chesono ai vertici della classificacomparata dei parametri∗∗.

InclusioneIl passaggio alla cura dei bambini fuoricasa rappresenta una grandeopportunità per indebolire il legametra povertà e risultati negativi perl’infanzia. L’estensione dei beneficidell’educazione e dell’assistenza diqualità a tutti i bambini potrebbe e

quali il rapporto numerico personale-bambini è superiore, naturalmente icosti saranno ancora più elevati.

Queste cifre indicano che il costo perbambino sarà probabilmente superiorea quello che si affronta normalmentenei primi anni di scuola dell’obbligo.Tuttavia, il messaggio che trasmettonoquesti studi è che i programmi cherecano benefici misurabili richiedonolivelli elevati di personale e diformazione e che i servizi per la primainfanzia che sono al di sotto di unadeterminata soglia di costi e di qualitàrecheranno pochi o nessun beneficio.

Pertanto, esiste una forte evidenza adogni livello che, per conformarsi aglistandard minimi dei servizi per la primainfanzia, molti paesi dell’OCSE dovrannoraddoppiare i livelli attuali di spesa.

Nella maggior parte dei paesi, questiinvestimenti addizionali sono crucialiper l’accesso dei bambini svantaggiati,per una formazione più estesa delpersonale e per allungare l’orariogiornaliero per soddisfare le esigenzedi bambini e genitori. Nei paesi in cuiil settore privato è il principalefornitore dei servizi di assistenzaall’infanzia, saranno necessariinvestimenti aggiuntivi anche perstabilire e applicare gli standard e perconsentire ai genitori – tramite sussidi,sgravi fiscali o voucher – di scegliere epagare autonomamente i serviziaccreditati di assistenza all’infanzia.

Nel tentativo di tenere conto dellasituazione attuale, il parametro 8 fissa illivello di spesa governativa per i servizidi assistenza all’infanzia a un minimodell’1% del PIL. Soltanto 6 dei 25paesi OCSE per i quali vi sono datidisponibili, raggiungono o superanoquesto livello. La spesa in Australia,Irlanda, Giappone, Paesi Bassi, NuovaZelanda, Repubblica di Corea, Spagnae Svizzera è tuttora ferma a metà diquesto standard minimo.

Il contesto più ampioInfine, l’adeguatezza dei servizi per laprima infanzia deve essere valutata

anche nel contesto in cui questi servizivengono forniti. Per quanto buonisiano, non si può pretendere chequesti, da soli, possano liberare ibambini dalla morsa della povertà edell’esclusione sociale. Solo politiche alungo termine incentrate suoccupazione, casa, formazioneprofessionale, lotta alla discriminazionee livelli salariali minimi potrannoridurre gli svantaggi più profondi. Perquesto motivo, il rapporto delConsiglio Nazionale delle Ricerchestatunitense sullo sviluppo infantile faquesta forte raccomandazione:

“…il Congresso dovrebbe valutarel’adeguatezza delle politiche fiscali,salariali e di sostegno al reddito dellanazione… per assicurarsi che nessunbambino che abbia un sostegno equivalentea quelle di un adulto che lavora a tempopieno viva in povertà e che nessunafamiglia sia in una condizione di povertàprofonda e persistente, indipendentementedalla condizione lavorativa”17.

Non vi è una piena comprensione deimeccanismi precisi in base ai quali unreddito familiare basso tende acompromettere il futuro di unbambino. Oltre allo stretto legame tralo svantaggio dei bambini e il livello diistruzione e di reddito dei genitori, visono anche dei legami consolidati trale difficoltà economiche e l’incidenzadi depressione psicologica, problemi disalute mentale, un’immagine negativadi sé e l’abuso di sostanze stupefacenti(tutti fattori associati a una curagenitoriale inadeguata, distaccata e avolte anche rigida). Nel complesso, glistudi hanno riscontrato che in moltipaesi, la povertà nell’infanzia èassociata a esiti negativi durantel’adolescenza e l’età adulta. Più diqualsiasi altra variabile, il redditofamiliare basso è l’indicatore piùattendibile di problemi educativi,psicologici e comportamentali.

Di conseguenza, nessun tentativo diindicare degli standard minimi per iservizi per la prima infanzia puòignorare il problema più generale dellapovertà infantile.

*La Report Card 6 suggeriva anche che i paesi che avevano giàconseguito l’obiettivo del tasso di povertà infantile “inferiore al10%”, si impegnassero a ridurre il tasso al 5% o meno.

**Purtroppo, i dati relativi a bambini di fasce di età diverse nonsono disponibili; pertanto, le cifre riportate si riferiscono a tutti ibambini e ai giovani fino a 17 anni. Per affinare i parametrisono necessari dati specifici sui bambini sotto i 6 anni.

R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8 2 9

dovrebbe essere un ideale realizzabile,

man mano che il cambiamento nella

cura si dispiega.

La probabilità maggiore – e lo schema

attualmente prevalente in molti paesi

OCSE – è che il cambiamento

nell’assistenza all’infanzia acuisca le

disuguaglianze esistenti. Infatti, tale

risultato sarà inevitabile se la

transizione sarà gestita in modo tale

che i servizi per la prima infanzia

forniti ai bambini svantaggiati siano di

qualità inferiore. A parità di altre

condizioni, le famiglie a basso reddito

sono sottoposte a pressioni più forti

per inserire i bambini nell’assistenza

all’infanzia il prima possibile e al

minor costo possibile. In assenza di

politiche specifiche e adeguatamente

finanziate che forniscano servizi di

buona qualità ai bambini vulnerabili, il

movimento per l’assistenza all’infanzia

fuori casa, con tutta probabilità,

aggiungerà un altro giro alla spirale

dello svantaggio. Per evitare che questa

possibilità diventi realtà, i governi

Figura 5 – Inclusione nei servizi di base (parametro 10)

Al momento, non esiste un metodo efficace per misurare e comparare l’impegno dei governi dell’OCSE a fornire servizi per laprima infanzia di alta qualità alle famiglie più svantaggiate. Il parametro 10 fornisce un criterio-guida alternativo, misurando lainclusione nei servizi sanitari di base per le madri e i bambini. Fissando limiti deliberatamente alti – un tasso di mortalitàinfantile inferiore a 4 per 1.000 nati vivi, un tasso di nascite sottopeso inferiore al 6% e un tasso medio di vaccinazionesuperiore al 95% – si può mostrare i paesi OCSE che riescono ad arrivare anche alle famiglie più difficili da raggiungere a causadella povertà, dell’isolamento culturale e dell’esclusione sociale.

I paesi evidenziati in blu soddisfano almeno 2 dei 3 criteri di inclusione.

Figura 5a

Tassi di mortalità infantile(2005)

Figura 5b

Sottopeso alla nascita(2005)

Figura 5c

Copertura della vaccinazione dei bambini dai12 ai 23 mesi (percentuale, 2005)

Decessi su 1.000 nati vivi

Islanda 2.3

Svezia 2.4

Giappone 2.8

Finlandia 3.0

Slovenia ii 3.0

Norvegia 3.1

Portogallo 3.5

Francia 3.6

Belgio (Fiandre) iii 3.9

Germania 3.9

Irlanda 4.0

Spagna 4.1

Austria 4.2

Svizzera 4.2

Danimarca 4.4

Italia 4.7

Paesi Bassi 4.9

Australia 5.0

Nuova Zelanda 5.1

Regno Unito 5.1

Canada i 5.3

Repubblica di Corea ii 6.0

Ungheria 6.2

Stati Uniti i 6.8

Messico 18.8

Morbillo Polio 3 DTP3 Media

Ungheria 99 99 99 99.0

Giappone 99 97 99 98.3

Messico 96 98 98 97.3

Paesi Bassi 96 98 98 97.3

Svezia 94 99 99 97.3

Finlandia 97 97 97 97.0

Repubblica di Corea 99 96 96 97.0

Belgio (Fiandre) i 94 98 98 96.7

Spagna 97 96 96 96.3

Slovenia 94 96 96 95.3

Francia 87 98 98 94.3

Danimarca 95 93 93 93.7

Stati Uniti 93 92 96 93.7

Islanda 90 95 95 93.3

Italia 87 97 96 93.3

Portogallo 93 93 93 93.0

Australia 94 92 92 92.7

Canada 94 89 94 92.3

Germania 93 94 90 92.3

Norvegia 90 91 91 90.7

Svizzera 82 95 93 90.0

Irlanda 84 90 90 88.0

Regno Unito 82 91 91 88.0

Nuova Zelanda 82 89 89 86.7

Austria 75 86 86 82.3

% di nati con peso inferiore a 2.500 grammi

Islanda 3.9

Finlandia 4.1

Svezia ii 4.2

Repubblica di Corea 4.3

Norvegia ii 4.8

Danimarca 4.9

Irlanda ii 4.9

Canada ii 5.9

Slovenia i 6.0

Nuova Zelanda ii 6.1

Paesi Bassi 6.2

Australia ii 6.4

Italia ii 6.7

Austria 6.8

Francia ii 6.8

Germania 6.8

Belgio (Fiandre) iii 6.8

Svizzera 7.0

Spagna ii 7.1

Portogallo 7.5

Regno Unito 7.5

Stati Uniti 8.1

Ungheria 8.2

Messico 8.8

Giappone 9.5

Fonte: 2005, Dati sanitari dell’OCSE 2007 –Versione: Ottobre 2007.

Nota:i 2004, Dati sanitari dell’OCSE 2007.ii 2005, Statistiche sanitarie mondiali, 2007.iii 2005, Kind en Gezin, Il bambino nelle Fiandre.

Fonte: 2005, Dati sanitari dell’OCSE 2007 –Versione: Ottobre 2007.

Nota:i Transmonee 2007 features.ii 2004, Dati sanitari dell’OCSE 2007.iii 2005, Kind en Gezin, Il bambino nelle Fiandre.

Fonte: Stime UNICEF/OMS 2005.

Nota:i 2005, Kind en Gezen, Il bambino nelle Fiandre.

3 0 R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8

devono pianificare, fornire emonitorare i servizi per la primainfanzia in modo da garantirel’inclusione dei bambini svantaggiati.Nella maggior parte dei casi, questorichiederà servizi accessibili a tutti e dialta qualità, sovvenzionati dalle agenziegovernative con bilanci flessibili e unamaggiore concentrazione di risorse,personale e abilità nelle aree che nehanno maggiore bisogno.

Non vi sono dati comparabili a livellointernazionale per misurare i progressiverso questo obiettivo. Ma allo scopodi non tralasciare questo fattorecruciale, il parametro 10 propone unamisura di accesso alternativa. Perindirizzare l’impegno di ciascun paeseOCSE a fornire i servizi essenziali atutti i bambini, compresi quelli piùpoveri e più vulnerabili, esamina illivello di accesso ai servizi di assistenzasanitaria di base per l’infanzia.

Allo scopo di identificare quei paesiche hanno mostrato grandedeterminazione nel garantire lacopertura dei servizi anche per ibambini delle famiglie più emarginate,il parametro 10 fissa traguardi moltoambiziosi. In particolare, propone untasso di mortalità infantile inferiore al4 per 1.000 nati vivi, un tasso dinascite sottopeso inferiore al 6% e untasso di vaccinazione superiore al 95%per i bambini dai 12 ai 23 mesi (per levaccinazioni contro le principalimalattie dell’infanzia). Per i paesi chesoddisfano due di questi tre standardminimi, il parametro 10 si consideraraggiunto. Al momento, questi paesisono soltanto 8 su 25 (figura 5) e cioè,Finlandia e Svezia (che rispettano tuttie tre i criteri di accesso), Belgio(Fiandre), Islanda, Giappone, Norvegia,Repubblica di Corea e Slovenia.

Molti paesi ricchi vantano servizisanitari per l’infanzia di qualitàeccellente e hanno compiutostraordinari progressi nel ridurre lamortalità infantile, il tasso di nascitesottopeso e le malattie prevenibili conla vaccinazione, a livelli bassi senza

La Report Card 8 si propone di colmare un’importante lacuna della ReportCard 7 – Un quadro comparativo sul benessere dei bambini nei paesi ricchi– che ha confrontato i livelli generali di benessere dei bambini in 21 paesiindustrializzati. Sebbene abbia utilizzato 40 diversi indicatori del benessere,il rapporto non riportava quasi alcun dato sui bambini in età prescolare eammetteva che “un’omissione particolarmente importante è il livello dipartecipazione dei bambini di 3 e 4 anni all’educazione della prima infanzia”.

Pertanto, per il presente rapporto sono stati compiuti sforzi decisi periniziare a colmare questa “lacuna nei dati”.

Tuttavia, le difficoltà continuano e la scelta dei parametri comparativi inquesto rapporto è fortemente limitata dalla disponibilità di dati comparabili alivello internazionale.

In parte, l’inconsistenza dei dati, anche a livello nazionale, può essereascritta alla natura spesso privata e informale dell’assistenza all’infanzia fuoricasa, e alla natura decentralizzata e in rapida evoluzione dei servizi per laprima infanzia. Ma, in parte, riflette anche una mancanza di riconoscimentodell’importanza del periodo della prima infanzia e della necessità dimonitorare i servizi dai quali dipendono sempre più milioni di bambinipiccoli.

Al momento, i Ministeri della Salute e degli Affari Sociali generalmenteraccolgono dati soltanto sui minori sotto i 15 anni, mentre i Ministeri dellaPubblica Istruzione raccolgono dati solo quando inizia l’istruzione formale.I dati relativi ai bambini in età prescolare sono molto meno frequenti.

Più in generale, i dati disponibili si basano sul presupposto che i bambini sottoi 4 o 5 anni hanno bisogno di assistenza piuttosto che di educazione, unadistinzione di nessuna utilità che, istituzionalizzata, tende a declassare i serviziper la prima infanzia. Le qualifiche e la formazione del personale, i metodi diinsegnamento e il corso di studio, il monitoraggio e la valutazione, sono tuttifattori importanti nell’educazione e nell’assistenza all’infanzia quanto lo sononei sistemi di istruzione destinati ai bambini più grandi.

Quadro 7 I dati: un punto debole per i bambini

R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8 3 1

precedenti. Ma, ai fini del parametro10, ciò che conta non sono i progressinel settore sanitario di per sé, bensìl’impegno a fornire accesso a tutti ibambini, in particolare a quelli più arischio a causa della povertà,dell’isolamento culturale e dell’esclusione.

Ridurre le disparitàI 10 parametri proposti dovrebberoessere considerati come un primopasso per stabilire una serie comune distandard minimi per i servizi allaprima infanzia. Il loro affinamentodipenderà da definizioni concordate,da indicatori che riflettono meglio larealtà e da dati migliori.

Al momento, non viene propostoalcun indicatore dei risultati. Riserve ediscussioni accompagnano i metodiattualmente disponibili per lavalutazione dei progressi e dei successidei bambini molto piccoli, e lamaggior parte delle autorità mettonoin dubbio l’utilità di verifiche intensiverelative ai bambini di tre anni∗.Tuttavia, in futuro, sarebbe utiledisporre di un metodo che soddisfitutti per misurare il grado di disparitàtra le abilità dei bambini al momento delloro ingresso nel sistema di istruzioneformale. Questo consentirebbe, in lineadi principio, di valutare l’efficaciagenerale dei servizi per la primainfanzia in base alla misura in cuiriescono a ridurre queste disparità.È sicuramente un compito difficile, manon impossibile. Le disparità di questotipo sono state valutate dai progetti diricerca e dagli studi pilota19, e ciò cheè possibile misurare per pochi, si puòmonitorare per molti. Di recente,molti sforzi sono stati dedicati almonitoraggio delle disuguaglianzeeducative sia all’interno che tra i paesiOCSE; ma le considerazioni sollevatein questo rapporto indicano che questisforzi hanno posto troppa enfasi sullalinea di arrivo e troppo poca sullalinea di partenza.

Ora il problema non è se l’educazione el’assistenza alla prima infanzia possanoridurre lo svantaggio e la disparità diopportunità, ma se i paesi applicherannole conoscenze disponibili per conseguirequesto obiettivo. Come conclude ilrapporto From Neurons to Neighbourhoods:“Alla domanda più importante, vale a dire sepossiamo intervenire con successo nella vitadei bambini piccoli, è già stata data unarisposta affermativa e dovrebbe esserearchiviata. Tuttavia, gli interventi chefunzionano, raramente sono semplici, pococostosi o facili da realizzare. L’obiettivo degliinterventi sulla prima infanzia è riuscire a farcapire cosa sia necessario per migliorare leprobabilità di ottenere risultati positivi per ibambini piccoli più vulnerabili della nazionee stabilire le strategie più efficaci in termini dicosti per conseguire obiettivi ben definiti”20.

Questo non sarà facile. Tentare di daresostegno alle famiglie svantaggiate econtrastare gli effetti della povertà èun compito difficile e costoso.Qualsiasi progresso sarà ottenuto confatica. Tuttavia, migliorare la qualitàdell’educazione e dell’assistenza allaprima infanzia continua a essere la piùgrande delle opportunità disponibiliper fronteggiare il radicarsi dellosvantaggio. Ma senza nuovi metodiper misurare i progressi verso questoobiettivo, è probabile che questaopportunità sia persa. La raccolta didati di base sull’andamento degliindicatori sanitari, educativi edeconomici, per qualche tempo è stataarmonizzata in tutti i paesidell’OCSE. Ora è il momento diincludere i dati essenziali sui serviziper la prima infanzia nelle serie di datistandardizzati. Senza definizioni non sipossono fare misurazioni; senzamisurazioni non si possono raccoglieredati; senza dati non si può monitorare,e senza monitoraggio non si possonoformulare politiche basatesull’evidenza empirica, non ci puòessere promozione efficace oresponsabilità pubblica.

Promuovere l’impegnoDalla presente rassegna risulteràchiaro che, in molti paesi OCSE, iservizi per la prima infanzia mancano

di quello di cui hanno bisogno. Èugualmente evidente che affinché ilmovimento verso la cura dei bambinifuori casa realizzi il proprio potenzialedi recare vantaggi anziché danni, illivello del dibattito e degliinvestimenti sulla disponibilità, qualitàed equità dovrà essere incrementatonon marginalmente, masostanzialmente. In molti paesiOCSE, come indicano le prestazionirelative al parametro 8, per unagestione efficace della transizione allacura dei bambini fuori casa bisogneràraddoppiare gli attuali livelli diinvestimento.

Si potrebbe contestare che in molti diquesti paesi un tale aumento dellaspesa pubblica non sia politicamentefattibile. Ma questa sarebbeun’opinione troppo pessimistica.

Innanzitutto, esiste già una domandapubblica crescente per servizi educativie di assistenza alla prima infanziasovvenzionati e di alta qualità.

In secondo luogo, soltanto unaassistenza di alta qualità reca benefici alungo termine alla società sotto formadi aumento della produttività e deiredditi, compreso un maggiore ritornosugli investimenti nell’istruzione(quadro 2).

Inoltre, è ampiamente riconosciutoche molti dei problemi sociali,educativi e comportamentali cheinfluiscono sulla qualità della vita neipaesi economicamente sviluppatiderivano dalla cattiva cura genitorialee dalle condizioni di svantaggio. Comehanno dimostrato diversi studi a lungotermine, un elevato livello di qualitàdei servizi educativi e di assistenza allaprima infanzia può contribuire aprevenire o a mitigare questi problemi.I risparmi per la società nel suoinsieme, sull’istruzione integrativa, sulleiniziative per contrastare l’esclusionesociale e di risposta ai comportamentiantisociali e criminali, come pure sultrattamento dei problemi di salutementale, saranno probabilmente moltopiù ingenti della cifra necessaria ad

*La Svezia, che ha un’esperienza di lunga data nei servizi per laprima infanzia, rifiuta di sottoporre a test i bambini piccoli epreferisce effettuare valutazioni regolari sui centri di assistenzaall’infanzia.

3 2 R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8

rintracciabili soprattutto sui bambini difamiglie svantaggiate. Sono le famigliepiù povere a subire le maggioripressioni per tornare subito al lavoro eavere minori probabilità di trovare lerisorse necessarie a garantire ai proprifigli un’assistenza di qualità. In assenzadi azioni specifiche su larga scala chepongano un’enfasi particolare suiservizi per la prima infanzia di qualitàper tutti i bambini a rischio, èprobabile che il “doppio svantaggio”diventi la regola e che latrasformazione nell’assistenzaall’infanzia si trasformi in una nuova epotente fonte di disuguaglianza.

Se permettiamo che questo accada,perderemo un’opportunità storica.L’istruzione primaria e secondariafinanziata con fondi pubblici da oltreun secolo ha accelerato i progressi versole pari opportunità. Ma, nei decennipiù recenti, i progressi verso questoobiettivo sembrano essersi interrotti. Èchiaro che per compiere altri progressisignificativi bisogna indirizzare gliinterventi alla prima infanzia. In altreparole, l’aumento dei servizi educativi edi assistenza alla prima infanzia offre lapossibilità di accelerare nuovamente iprogressi del passato verso un mondo incui le opportunità di vita non sianolimitate dalle condizioni in cui si nasce.Considerato che le condizioni disvantaggio si instaurano nei primi annidi vita, bisogna concentrare l’attenzionesu quello che accade nei primi mesi eanni del bambino. È qui che bisognaagire per consentire a tutti i bambini direalizzare al meglio il loro potenziale.Ed è qui che si interromperà il ciclodello svantaggio che si autoalimenta,se mai succederà. �

aumentare l’investimento in servizi diqualità alla prima infanzia. Nelle analisidei costi e dei benefici, i benefici sonosempre risultati superiori ai costi conun rapporto di 8:1.

Infine, attualmente non esistonomotivi convincenti per spendere menoper i servizi educativi e di assistenzaalla prima infanzia che per l’istruzionedei bambini più grandi. Quando ibambini raggiungono l’età di 5 o 6anni, tutti i paesi accettano livellielevati di spesa pubblica perl’istruzione perché i benefici per lasocietà giustificano i costi. Eppure, allaluce delle attuali conoscenze, lo stessosi può asserire, anche in maniera piùconvincente, per gli investimenti neibambini più piccoli. In effetti, con lamaggiore comprensione del processodi sviluppo infantile, ci si rende contoche gli schemi attuali dell’investimentonell’istruzione sono sempre piùanomali e antiquati: laddove l’impattopotrebbe essere maggiore,l’investimento è minore.

ConclusioniCiò a cui stiamo assistendo in tutto ilmondo industrializzato, si potrebbegiustamente descrivere come unarivoluzione nel modo in cui lamaggioranza dei bambini piccoli vienecresciuta. E, nella misura in cui questocambiamento non è pianificato omonitorato, si potrebbe descrivereanche come un gioco d’azzardo con ibambini di oggi e il mondo di domani.

La tendenza verso l’educazione el’assistenza all’infanzia ha l’enormepotenziale di consentire ai bambini di

iniziare la vita nel miglior modopossibile, di limitare le condizioni disvantaggio, di accelerare i progressiverso l’uguaglianza delle donne, dimigliorare i risultati scolastici e diinvestire nella cittadinanza. L’assistenzadi scarsa qualità, d’altro canto, ha ilpotenziale negativo di arrecare danniimmediati e a lungo termine.

Alcuni paesi OCSE si sono occupati diquesto problema e hanno formulatopolitiche e fatto investimenti volti arealizzare i benefici potenziali. In altri, ilmovimento di massa verso la cura deibambini fuori casa procede in manieraimprovvisata con garanzie minime diqualità. In questi casi, è più probabileche si realizzi il potenziale dannoso.

In definitiva, se questi cambiamentiarrecheranno benefici o danni aibambini di oggi dipenderàdall’effettiva disponibilità dei congediparentali e dalla disponibilità eaccessibilità dei servizi per la primainfanzia di buona qualità. Al centrodella questione della qualità si trova ilpersonale di assistenza all’infanzia, chedeve avere formazione adeguata,motivazione, una buonaremunerazione ed essere rispettatonella propria comunità. L’esperienzadei paesi OCSE indica che nonesistono scorciatoie o alternative “aprezzi d’occasione” che noncompromettano il futuro dei bambini.

In pratica, esiste il pericolo che ibenefici potenziali dell’educazionedell’infanzia siano riservati ai bambinidi famiglie benestanti e più istruite,mentre i danni potenziali saranno

R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8 3 3

La presente Report Card è accompagnatada due documenti preparatoricommissionati dal Centro di RicercaInnocenti dell’UNICEF redatti da JohnBennett. Il primo di questi documenti, EarlyChildhood Services in OECD Countries,Innocenti Working Paper 2008-01, forniscele basi e i riferimenti bibliografici per leargomentazioni presentate, compreso unesame della letteratura. Il secondodocumento, Benchmarks for EarlyChildhood Services in OECD Countries,Innocenti Working Paper 2008-02, riportauna discussione più dettagliata deiparametri proposti. I due documentipreparatori sono disponibili sul sito webdel Centro Innocenti all’indirizzowww.unicef-irc.org. Le fonti e i riferimentibibliografici sono forniti nei documentipreparatori.

Ulteriori riferimenti:

1 Belsky, J., ‘Developmental Risks (Still)Associated with Early Child Care’,Emanuel Miller lecture, Journal of ChildPsychology and Psychiatry and AlliedDisciplines, vol. 42, n. 1, 2001, pp. 845-859.

2 National Research Council and Instituteof Medicine, From Neurons toNeighborhoods: The science of earlychildhood development, Committee onIntegrating the Science of Early ChildhoodDevelopment, Shonkoff J. P. e Phillips D. A.(a cura di), Board on Children, Youth andFamilies, Commission on Behavioral andSocial Sciences and Education, NationalAcademy Press, Washington, D.C., 2000.

3 National Scientific Council on theDeveloping Child, The Science ofDevelopment: Closing the gap betweenwhat we know and what we do, Center onthe Developing Child at Harvard University,Cambridge, MA, 2007, pp. 1 e 4.

4 Committee on the Prevention ofReading Difficulties in Young Children,Snow C., Burns M. S. and Griffin P. (a curadi), Preventing Reading Difficulties inYoung Children, National Academy Press,Washington, D.C., 1998, Vedi anche HartB. e Risley T., Meaningful Differences inthe Everyday Experiences of YongAmerican Children, Paul H. BrookesPublishing Co., Baltimore, MD, 1995.

5 Cleveland G. and Krashinsky M., FinancingECEC Services in OECD Countries,University of Toronto, Toronto, 2003.

6 National Research Council and Instituteof Medicine, From Neurons toNeighborhoods, op. cit., pp. 309-310 e 11.

7 Organizzazione per la Cooperazione e loSviluppo Economico, Starting Strong II,Early Childhood Education and Care,OCSE, Parigi, 2006, pp. 35-36.

8 National Scientific Council on theDeveloping Child, The Science of EarlyChildhood Development, op. cit., p. 2.

9 Heckman J. J. ‘Skill Formation and theEconomics of Investing in DisadvantagedChildren’, Science, vol. 312, no. 5782, 30giugno 2006, pp. 1900-1902.

10 National Institute of Child Health andHuman Development, National Institutes ofHealth Press Release, ‘Child Care Linked toAssertive, Noncompliant and AggressiveBehaviours Vast Majority of Children withinNormal Range’, 16 luglio 2003.

11 Syklva K. et al., The Effective Provisionof Pre-school Education Project (EPPE),Findings from the Pre-school Period,Institute of Education, Londra, marzo 2003.

12 ‘Nursery Tales’, The Guardian,8 luglio 2004.

13 UNICEF, Una Classifica Comparatadello Svantaggio Educativo nei PaesiIndustrializzati, Report Card 4, UNICEFCentro di Ricerca Innocenti, Firenze, 2002,

14 Organizzazione per la Cooperazione elo Sviluppo Economico, Starting Strong II,op. cit., p. 14.

15 National Research Council, Eager toLearn: Educating our preschoolers,Committee on Early Childhood Pedagocy,Bowman B. T., Donovan M. S. and BurnsM. S. (a cura di); Commission onBehavioural and Social Sciences andEducation, National Academy Press,Washington, D.C., 2001, p. 322.

16 Bennett J., “Benchmarks for EarlyChildhood Services in OECD Countries”,Innocenti Working Paper 2008-02, UNICEFCentro di Ricerca Innocenti, Firenze, p. 41.

17 National Research Council and Instituteof Medicine, From Neurons toNeighborhoods, op. cit., p. 396.

18 UNICEF, Povertà dei bambini nei paesiricchi 2005, Report Card 6, UNICEF Centrodi Ricerca Innocenti, Firenze, 2006, p. 11.

19 Feinstein L., “Inequality in the EarlyCognitive Development of British Childrenin the 1970 Cohort”, Economica, vol. 70,n. 277, 2003, pp. 73-97.

20 National Research Council and Instituteof Medicine, From Neurons toNeighbourhoods, op. cit., p. 10.

N O T E

3 4 R E P O R T C A R D I N N O C E N T I n . 8

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La Report Card Innocenti 8 è stata redatta

da Peter Adamson sulla base di ricerche

condotte da John Bennett. Il progetto è

stato coordinato dal Centro di Ricerca

Innocenti dell’UNICEF con l’assistenza di

un gruppo internazionale di consulenti.

I due documenti preparatori per il presente

rapporto sono disponibili sul sito web

<www.unicef-irc.org>.

Esperti del Centro di Ricerca Innocentidell’UNICEF

Marta Santos PaisDirettore

David ParkerVice Direttore

Eva JespersenResponsabile dell’Unità delle politichesociali ed economiche

Marco KoolsFunzionario di programma

Esperti esterni

Bea BuysseConsulente seniorKind en GezinBruxelles, Belgio

Päivi LindbergFunzionario superiore per la pianificazioneSTAKESHelsinki, Finlandia

Hans Eirich Direttore, Ministero Bavarese del Lavoro e degli Affari Sociali, della Famiglia e delle DonneMonaco, Germania

Marta KorintusDirettore per la ricercaIstituto nazionale per le politiche sociali e della famigliaBudapest, Ungheria

Sachiko KitanoProfessore associatoUniversità di FukuokaFukuoka, Giappone

Mugyeong MoonRicercatore, Direttore Istituto coreano dell’assistenza all’infanzia e dell’istruzioneSeoul, Repubblica di Corea

Myunglim ChangRicercatore, DirettoreIstituto coreano dell’assistenza all’infanzia e dell’istruzione

Lars Olof MikaelssonVice DirettoreDipartimento dell’istruzione e della culturaDivisione per le scuoleStoccolma, Svezia

Sandra GriffinDirettore GeneraleCentro nazionale di collaborazione per lasalute degli aborigeniUniversity of Northern British ColumbiaPrince George, BC, Canada

Luísa Ucha Direttore dei servizi d’istruzione scolasticaMinistero dell’istruzioneLisbona, Portogallo

Hirokazu YoshikawaProfessore, Harvard Graduate School of EducationCambridge, MA, USA

Erika BernacchiCoordinamento TecnicoSegretariato ChildONEuropeFirenze, Italia

Mary Eming YoungChild Development Knowledge LeadSpecialistBanca Mondiale,Washington, D.C., USA

Nurper UlkuerConsulente seniorEarly Childhood DevelopmentUNICEFNew York, NY, USA

Redattori esterni

Simon ChappleEconomista, Child Well-Being ProjectOrganizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo EconomicoParigi, Francia

Patrice EngleProfessore, Dipartimento di Psicologia e SviluppoInfantileCalifornia Polytechnic State UniversitySan Luis Obispo, CA, USA

Hirokazu YoshikawaProfessore,Harvard Graduate School of EducationCambridge, MA, USA

Joan LombardiPresidenteBirth to Five Policy AllianceWashington, D.C., USA

Mark PearsonResponsabile divisione per le politiche socialiOrganizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo EconomicoParigi, Francia

Nurper UlkuerConsulente seniorEarly Childhood DevelopmentUNICEFNew York, NY, USA

Gerlinde ZinielDirettore della ricercaFondazione Europea per il miglioramentodelle condizioni di vita e del lavoroDublino, Irlanda

Versione italiana a cura di Patrizia Faustini

e Leonardo Menchini,

UNICEF Centro di Ricerca Innocenti

R I N G R A Z I A M E N T I

Pubblicati in questa serie (i titoli disponibili in italiano sono indicati):

Innocenti Report Card 1

A league table of child poverty in rich nations

Innocenti Report Card 2

A league table of child deaths by injury in rich nations

Innocenti Report Card 3

A league table of teenage births in rich nations

Innocenti Report Card 4

A league table of educational disadvantage in rich nations

(Una classifica comparata dello svantaggio educativo nei paesi

industrializzati)

Innocenti Report Card 5

A league table of child maltreatment deaths in rich nations

Innocenti Report Card 6

Child Poverty in Rich Countries 2005

(Povertà dei bambini nei paesi ricchi 2005)

Innocenti Report Card 7

Child poverty in perspective: An overview of child well-being in

rich countries

(Prospettiva sulla povertà infantile: un quadro comparativo sul

benessere dei bambini nei paesi ricchi)

Grafica: mccdesign.com

Impaginazione: Bernard & Co., Siena

Stampa: ABC Tipografia, Firenze

Traduzione dall’originale inglese: Maria Vittoria Ieranò

Le copie in italiano dell’Innocenti Report Card n. 8 possono essere

richieste a:

Comitato Italiano per l’UNICEF Onlus

Via Palestro, 68

00185 Roma

Tel. (+39) 06 478091

Fax (+39) 06 47809270

[email protected]

www.unicef.it

Report Card Innocenti n. 8, 2008

Come cambia la cura dell’infanzia

Un quadro comparativo dei servizi educativi e della cura per la

prima infanzia nei paesi economicamente avanzati

UNICEF Centro di Ricerca Innocenti

Piazza SS. Annunziata, 12

50122 Firenze, Italia

Tel: (39) 055.20.330

Fax: (39) 055.2033.220

[email protected]

www.unicef-irc.org

ISSN: 1605-7317

ISBN: 978-88-89129-70-8

© Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF)

Dicembre 2008