computer, elaboratori, cervelloni...forse

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COMPUTER, ORDINATEUR, ELABORATORI ……FORSE CERVELLONI! Attilio A. Romita ___________________________________________________________________________________________________ COMPUTER, ORDINATEUR, ELABORATORI ……FORSE CERVELLONI! _______________________________________________________________________________ Romita informatica 03.doc 1 / 34 5/17/2009 10:58 O5/p5

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Una storia per tutti degli elaboratori dagli inizi a oggi. Posso di re "io c'ero" nel 1938 quando l'elaborazione elettronica è iniziata.

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COMPUTER, ORDINATEUR, ELABORATORI

……FORSE CERVELLONI!

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1 COMPUTER, ORDINATEUR, ELABORATORI ……FORSE CERVELLONI!

INDICE

1 Computer, Ordinateur, Elaboratori ……forse Cervelloni! ........................................................... 3

2 Un po' di storia. ................................................................................................................. 5

2.1 Qui comincia l'avventura......... ..................................................................................... 5

2.2 Qualche riflessione su misure e dimensioni. .................................................................... 8

2.3 Il "cervellone" è realmente intelligente? ......................................................................... 8

2.4 I Sistemi di numerazione. ........................................................................................... 10

2.5 Digitale ... analogico? Ma che vuol dire? ....................................................................... 12

3 ....ma come funziona un elaboratore? ................................................................................. 13

3.1 Guardiamo "la macchina" da fuori. ............................................................................... 13

3.2 Proviamo ad aprire "la macchina". ............................................................................... 14

3.3 Il computer ovvero una fabbrica organizzata. ................................................................ 15

3.4 Il CHIP, un piccolo servitore onnipresente. .................................................................... 16

4 Qualche aneddoto .....restando in tema. ............................................................................. 16

5 Dove conserviamo i dati? ................................................................................................. 18

5.1 La base dei problemi. ................................................................................................. 18

5.2 I nastri magnetici. ..................................................................................................... 19

5.3 I dischi magnetici. ................................................................................................... 20

6 Come conserviamo i dati? ................................................................................................ 21

6.1 Ordine ...prima di tutto. ............................................................................................. 21

6.2 Le elaborazioni con Nastri magnetici. ........................................................................... 22

6.3 L'avvento dei dischi magnetici. .................................................................................... 22

6.4 Il futuro. .................................................................................................................. 24

7 ....ma cosa si può fare con un elaboratore. ......................................................................... 24

7.1 Qualche riflessione.....tanto per capirci. ........................................................................ 24

7.2 All' inizio....."Centri Meccanografici". ............................................................................ 25

7.3 L'alba dei ...."Centri Elaborazione Dati". ....................................................................... 27

7.4 Multi partizioni, Time sharing, Sistema Operativo, ......................................................... 27

7.5 Mainframe. .............................................................................................................. 28

7.6 Collegamenti Remoti. ................................................................................................. 30

7.7 Dal filo di rame alla fibra ottica. .................................................................................. 30

7.8 Sistemi Dipartimentali, Client-Server,................. Sistemi OnLine. .................................. 31

8 ...ed alla fine Internet. ..................................................................................................... 32

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8.1 Un po' di storia. ........................................................................................................ 32

8.2 La struttura iniziale della rete. ..................................................................................... 32

8.3 ....ma che ci facciamo con la rete. ............................................................................... 33

9 .......in conclusione. ......................................................................................................... 34

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2 UN PO' DI STORIA.

2.1 QUI COMINCIA L'AVVENTURA.........Tutto ebbe inizio nel 1959 quando il padre di un mio amico ricevette l'invito per la presentazione di un certo ELEA 9003 della Olivetti. Roberto, il figlio, ed io andammo a sentire di che si trattava.

Ho scoperto molti anni dopo che uno dei primi veri computer elettronico a transistor era stato progettato e costruito in Italia quando ancora alcuni grandi laboratori universitari ed alcuni mitici "enti militari americani" avevano saloni con strani apparati pieni di suoni, colori e luci denominati cervelli elettronici.

La storia degli strumenti che l'uomo ha pensato, progettato e costruito per avere un ausilio nello sviluppo di calcoli è lunga e forse inizia con quel nostro progenitore che ha fatto dei piccoli segni sul muro di una caverna per vedere se tutte le sue pecore erano rientrate. Nei diecimila anni seguenti la tecnica di calcolo non ha fatto grandi progressi fino ad arrivare a tempi storici in cui scienziati medioorientali, i veri Maghi della storia cristiana, erano capaci di fare complessi calcoli astronomici contando ....sulle punte delle dita. Olivetti ELEA 900

E questo ....metodo di calcolo è andato avanti per molti secoli talvolta aiutato da avanzati strumenti quali l'abaco o pallottoliere.

Tutti i cambiamenti che ci hanno portato agli strumenti attuali sono iniziati molte migliaia di anni fa, ma hanno avuto uno sviluppo pratico percepibile negli ultimi centocinquanta anni. Inizialmente le macchine di calcolo erano capaci di fare operazioni singole su numeri a molte cifre con velocità accettabili, ma con il limite di un'operazione per volta che operava su i dati di volta in volta immessi dall'operatore. Queste macchine erano elettromeccaniche e davano risultati veloci....se non si inceppavano. Ovviamente il molto veloce è relativo e come esempio posso darvi questo dato: la Olivetti Divisumma nel 1968 per fare una semplice divisione quale 999.999.999 diviso per 1 (uno) impiegava 47 secondi! E la Divisumma era una macchina d'avanguardia Insieme all'esigenza di fare rapidi calcoli singoli nascevano altre due necessità: calcolo di formule complesse partendo da un numero limitato di valori iniziali e calcolo con formule semplici di un numero notevole di dati. Per ambedue le necessità valeva anche un altra esigenza: poter conservare lo schema di calcolo

per evitare di doverlo impostare ogni volta.

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A questo punto si cominciano a progettare le macchine programmabili il cui progenitore è la pianola meccanica per la quale il rullo di carta perforata rappresenta il "programma".

A fine 800 il Governo degli Stati Uniti lanciò un concorso per contare i risultati del Censimento. Hollerit, un esperto di statistica, propose un sistema in cui i dati venivano codificati su cartoncini perforati, che poi erano dati in pasto ad una macchina che poteva ottenere tutta una serie di elaborazioni (totali, medie, prodotti…). Con questa macchina in 2 anni vennero elaborati i dati di 63.000.000 di persone. Erano nate le schede perforate e le tabulatrici.

Le tabulatrici non erano altro che grosse calcolatrici elettromeccaniche alle quali i dati, invece che dalle dita dell'operatore, venivano fornite dal lettore di schede cioè un organo che con "minidita sensibili" si accorgeva del buco in una scheda.

Le macchine a schede con vari abbellimenti e perfezionamenti, ma sostanzialmente sempre uguali sono durate per gli usi industriali sino a circa il 1950 e per usi scientifici e militari sino al primo conflitto mondiale.

Nel 1967, nel Centro Meccanografico, così si chiamava allora, di una Compagnia di Assicurazioni per la quale lavoravo esisteva ancora il mitico MOLTIPLICATORE OLIVETTI. Questo mostro grande quanto un trattore di medie dimensioni, era capace di "leggere" da una scheda perforata due numeri di 7 cifre, di calcolare il loro prodotto e di perforare sulla stessa scheda il risultato; il tutto alla pazzesca velocità di circa 6 schede al minuto.

Nello stesso periodo esistevano anche macchine elettromeccaniche che lavoravano realmente a velocità impressionante: le selezionatrici. Queste macchine permettevano di mettere in ordine le schede secondo sequenze ben definite come il codice identificativo o il nome. Non era un lavoro fisicamente semplice. Per esempio per avere le schede ordinate secondo la sequenza di un codice di 6 posizioni come il numero di polizza occorreva ripassare 6 volte le schede nella selezionatrice stando attenti a non fare errori tra un passaggio e l'altro. Queste macchine leggono le schede ad una velocità di oltre 2000 schede al minuto e le suddividono in dodici caselle diverse: è una velocità quasi impensabile tenendo presente che un uomo a mano riesce a dividere un pacco di documenti in dieci gruppi ordinati ad una velocità di circa 30 pezzi al minuto.

Nel 1939 ebbe inizio la Seconda Guerra Mondiale e questo evento, per molti versi negativo, fece fare un salto di qualità alla tecnica degli elaboratori. La prima necessità che si presentò fu quella di cifrare e decifrare rapidamente i messaggi che l'avversario si scambiava. Per fare questo occorrevano strumenti capaci di fare un numero notevole di analisi in breve tempo. Inizialmente furono usati strumenti elettromeccanici, il celebre ENIGMA, poi si cominciò a pensare all'elettronica che in quel periodo si basava essenzialmente sull'uso di valvole termoioniche, cioè quella ampolle di vetro con all'interno un circuito elettronico capace di

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reagire in modo controllato a variazioni esterne. Purtroppo la valvola termoionica ha una limitata capacità di lavoro e scalda molto. Per avere risultati reali occorreva mettere in batteria qualche migliaio di valvole installate su di una centrale di raffreddamento.

Queste esperienze dettero buoni risultati, ma non potevano avere usi industriali perché si trattava di macchine costose, enormi, complicate e che si

rompevano continuamente. Dal primo Colossus e da Harward Mark 1 (il popolare Bessie) si passò al mastodonte per eccellenza:ENIAC, 17000 valvole, 70.000 resistenze e 10.000 condensatori, ma 300 moltiplicazioni al secondo. La potenza assorbita è di 174 kilowatt: uno scaldabagno tradizionale da 80 litri assorbe 1 kw. In aggiunta si rompeva mediamente ogni 5 ore e mezza e bruciava 20.000 valvole l'anno.

Il destino dei calcolatori a valvole sarebbe stato segnato se nel 1947 tre ricercatori americani, Bardeen, Houser e Bradford, usando pezzettini di silicio non puro, avessero inventato il TRANSISTOR, una "cosa" che funzionava come una valvola, non si rompeva, era grande un millesimo di una valvola ed assorbiva potenza ed emetteva calore in proporzione.

Da qui in avanti l'evoluzione dei calcolatori diventa impetuosa, le potenze elaborative si moltiplicano di momento in momento, le schede perforate che possono contenere pochi dati sono sostituite da nastri e dischi e il Centro Meccanografico diventa più pomposamente Centro Elaborazione Dati.

Per dare una prova tangibile di questo cambiamento vi narro un fatto reale. Una delle caratteristiche di un Elaboratore è il numero di posizioni di memoria di cui può disporre. Nel 1967 il primo elaboratore sul quale ho lavorato aveva 1200 posizioni di memoria. Nel 1969 furono aggiunte 4000 posizioni di memoria e arrivò una specie di armadio grande come una frigorifero. Nel 1972 all'elaboratore che usavamo furono aggiunte 4 milioni di posizioni di memoria che il Tecnico portava

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con una valigetta 24 ore. Oggi, 2008, il computer portatile con il quale sto scrivendo ha 2 miliardi di posizioni di memoria.

Paragonando questo cambiamento alla variazione di velocità di una macchina,se quella del 1969 faceva 100 km/ora, quella del 1972 doveva avere la velocità di lancio di un razzo per la luna ed il mio PC arriverebbe su Marte in pochissimo tempo se Einstein con quella storia della velocità della luce non frenasse il suo slancio.

2.2 QUALCHE RIFLESSIONE SU MISURE E DIMENSIONI.Nelle ultime righe del capitolo precedente ho dato alcune informazioni sulle dimensioni di una caratteristica dei computer.

Penso che sia utile fare qualche riflessione sul valore reale espresso dai numeri che usiamo per definire le caratteristiche di un elaboratore.

Noi sentiamo gli "esperti" parlare di Kilo-yy (k), Mega-xx (M), Giga-kk (G), Tera (T). Questi termini non ci danno la reale impressione sul fatto che per passare da uno all'altro si deve moltiplicare per mille.

Volendo fare un esempio legato a fatti noti possiamo dire che l'Everest è alto 8000 m, cioè 8 km (kilo-metri), la Luna è distante mediamente dalla terra 38.000 km cioè 38 Mega-metri, Marte è distante mediamente 80.000.000 di Km cioè 80 tera-metri e per arrivarci una sonda spaziale impiega circa un anno cioè circa 525 Mega-ore e, per finire il sole è distante 130 tera-metri.

Facendo riferimento a valori economici con 1€ posso prendere un caffè, con 1 K€ posso passare un bel week end in Compagnia in Europa, con 1M€ posso comprarmi una bella casa al centro di Roma e con 1T€......beh mi farebbe piacere averli.

Dall'estremamente grande al molto piccolo. La velocità di elaborazione di un elaboratore viene indicata con il tempo che l'elaboratore impiega per fare una operazione semplice. Nel famoso 1967 quell'elaboratore d'avanguardia aveva un ciclo base di 11,5 micro secondi (milionesimi di secondo), oggi questo ciclo è inferiore a 1 nanosecondo (miliardesimo di secondo). L'uomo non riesce a concepire realmente queste differenze in quanto il più bravo di noi è capace di valutare al massimo differenze di molti minuti, ma se rapportiamo 1 nanosecondo ad una ora, allora 11,5 micro secondi sono 11 mila ore cioè circa 1 anno e 3 mesi. In pratica il nuovo elaboratore fà in un'ora quello che il vecchio faceva in un anno e tre mesi.

Questi pochi esempi spero possano aiutarvi a fare riflessioni "umane" sulle misure che caratterizzano un computer, la sua potenza e la velocità della sua evoluzione.

2.3 IL "CERVELLONE" È REALMENTE INTELLIGENTE?Non voglio entrare in una discussione sull'intelligenza che vede schierati, con molte più capacità di me e secondo diversi punti vista, neurologi, psichiatri, psicologi e filosofi.

Tanto per capirci mi vorrei accordare con voi sulla idea che l'intelligenza è la capacità di scegliere autonomamente in funzioni del variare delle condizioni ambientali e basandosi sulle cognizioni che, chi deve decidere, ha al momento.

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Può essere utile condividere un altro modo di identificare il pensiero esaminando due concetti: scoperta ed invenzione.

La scoperta è la conseguenza dell'analisi di una serie di fatti e fenomeni e porta alla conoscenza di un qualcosa che già esisteva, ma era nascosto.

L'invenzione è un modo nuovo di risolvere un problema basato sempre sull'analisi, ma con l'aggiunta finale di una "scintilla", il pensiero creativo, che conduce all'invenzione.

Un elaboratore è dotato di grandi capacità di analisi e di sintesi, ma la sua intelligenza si limita a questo.

L'uomo può interpretare le sintesi fornite dall'elaboratore e con queste può "inventare qualcosa".Un elaboratore, non è autonomo in quanto tutte le decisioni che prende derivano dalle decisioni che ha preso per lui la persona che lo ha costruito.

L'illusione che il cervellone sia un oggetto pensante cade tutte le volte in cui ci rendiamo conto, magari perché ci arriva un miliardo di € di tasse da pagare, che collaudate procedure gestite da potenti elaboratori hanno prodotto risultati erronei perché "il programmatore" non aveva previsto qualcosa.

Altra leggenda da sfatare è la bravura del "cervellone" a maneggiare grandi quantità: il cervellone è la dimostrazione reale che è possibile "svuotare il mare con un secchiello". Un calcolatore per moltiplicare 100 per 10 non usa la tavola pitagorica, ma somma 100 volte la cifra 1 e ripete l'operazione 10 volte.

Inoltre il calcolatore è particolarmente "pigro" in quanto non usa le normali 10 cifre del sistema decimale che siamo soliti usare, infatti è capace di usare solo 2 cifre, 0 e 1, e con queste fa tutto con un grande dispendio di spazio. Ovviamente questa pigrizia non dipende da progettisti incapaci, ma deriva dal fatto che con uno strumento elettrico è facile accendere e spegnere qualcosa o vedere se qualcosa è acceso o spento.

Questa quantità minima di informazione che l'elaboratore è capace di comprendere ed usare è stata definita bit ed è opportuno sottolineare che un bit può assumere per definizione il valore SI oppure il valore NO e di conseguenza non possiamo con 1 bit dire NI piuttosto che SO. Per tradizione i due valori che il bit può assumere sono indicati con 0 ed 1. Mettendo insieme tanti bit è possibile individuare tutti i numeri e con opportune combinazioni (codifiche) possiamo individuare tutti i segni che vogliamo dalle 25 lettere dell'alfabeto latino alle migliaia di ideogrammi cinesi.

Due delle codifiche più comuni, e note con i loro strani nomi EBCDIC e ASCII, hanno definito il valore delle 256 combinazioni possibili con 8 bit. Ciascuna combinazione composta da 8 bit per

convenzione si chiama BYTE.

Per esempio le lettere dell'alfabeto nella codifica ASCII sono identificate dai seguenti valori binari. e le restanti 230 combinazioni possibili sono utilizzate per individuare numeri, lettere minuscole, caratteri speciali etc

2.4 I SISTEMI DI NUMERAZIONE.A questo punto è opportuno entrare nel mondo dei sistemi di numerazione cioè il modo di rappresentare i valori numerici ed e di usarli per fare calcoli.

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Il valore numerico si esprime con(le cifre), cioè segni convenzionali ordinatamente scritti. La quantità di segni base usati dà il nome al sistema usato.

Base 10Base 2 Binario

Base 16 Hex

Numeri Romani Base 10 Base 2 Binario Base 16 Hex NumeriRomani

0 0000 0000 0 13 0000 1101 D XIII

1 0000 0001 1 I 14 0000 1110 E XIV

2 0000 0020 2 II 15 0000 1111 F XV

3 0000 0011 3 III 16 0001 0000 10 XVI

4 0000 0100 4 IV 17 0001 0001 11 XVII

5 0000 0101 5 V 18 0001 0020 12 XVIII

6 0000 0110 6 VI 19 0001 0011 13 XIX

7 0000 0111 7 VII 20 0001 0100 14 XX

8 0000 1000 8 VIII 100 0110 0100 64 C

9 0000 1001 9 IX 200 1100 1000 C8 CC

10 0000 1010 A X 500 111110100 1F4 D

11 0000 1011 B XI 1000 1111101000 3E8 M

12 0000 1100 C XII Per es.

• Binario, o in base 2, se usa soltanto due segni: 1,0;

• decimale, o in base 10, usa 10 segni: 0,1,2,3,4,5,6,7,8,9;

• esadecimale, in base 16, usa 16 segni: 0,1,2,3,4,5,6,7,8,9,A,B,C,D,E,F.

L’aritmetica che ci viene insegnata fino dalle scuole elementari non è altro che una serie di convenzioni, create nel tempo per rappresentare i numeri e realizzare in modo semplice le operazioni.

Tornando indietro nel tempo vediamo che i Romani usavano un metodo di rappresentazione dei numeri estremamente complicato che rendeva praticamente impossibile fare calcoli anche semplici. Provate a fare MCMLVII + CDXXXIX e poi verificate la somma scrivendo 1957 + 439.

Il sistema che utilizziamo attualmente (il sistema decimale), al contrario, è molto adatto al calcolo aritmetico perché fa parte di una famiglia di sistemi di numerazione chiamati posizionali cioè ogni cifra (i diversi simboli utilizzati per rappresentare i numeri) ha un valore diverso a seconda della posizione in cui viene scritta. Per es per un sistema decimale 5 indica un valore 5 volte il valore 1, 53 indica il valore 3 a cui deve aggiungersi il valore 5 moltiplicato per 10, cioè 53 indica un valore 53 volte il valore 1.

Sulla base di questo meccanismo, si può pensare di creare sistemi di numerazione in qualunque base!

Un sistema di numerazione è spesso collegato i sistemi di misura che possiamo definire il modo di misurare, appunto, le varie cose con cui veniamo in contatto. Esistono così sistemi di misura delle distanze, dei pesi, dei liquidi, etc.etc.

Nel corso dei secoli sono stati creati migliaia di sistemi basati i criteri più strani. Per es. la misura delle distanze spesso era basata su parametri umani e ne sono un ricordo le misure ancora usate nel mondo anglosassone: il pollice (inch) è circa la larghezza di un dito pollice, il piede (feet) è circa la misura di una scarpa numero 38, la yard è un passo lungo e sono 3 piedi. Tra l'altro il rapporto tra le unità di misura di oggetti diversi non è sempre lo stesso: per le distanze abbiamo

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visto che 1 yarda è uguale a 3 piedi e 1 piede è uguale a 12 pollici; per i liquidi invece 1 gallone è uguale a 8 pinte ed una pinta è uguale a 20 once liquide. Fino ad una ventina di anni fà i nostri amici inglesi si complicavano la vita anche con le monete quando 1 sterlina era uguale a 20 scellini, ma 1 ghinea valeva 21 scellini, ed uno scellino valeva 12 penny. Pensate che mal di testa calcolare quanto costava comprare 10 litri di vino, cioè 2 galloni e 2 pinte, il cui costo era di 9 scellini e 4 penny la pinta.

Fortunatamente arrivò la Rivoluzione Francese. Cadde qualche testa sfortunata, ma tutti noi ci siamo salvati da forti mal di testa con l'introduzione del Sistema Metrico Decimale prima in Francia e poi via via in quasi tutto il mondo. Il mondo anglosassone non ha ancora adottato le misure decimali per ragioni strettamente tecnico/economiche in quanto tutte le macchine utensili che lavorano nella loro industria, e sono tantissime, sono costruite e costruiscono pezzi con dimensioni definite secondo i vecchi criteri (pollice, piede, yarda con i loro complessi multipli e sottomultipli) e queste misure non possono essere convertite esattamente in misure metriche: per adattarsi dovrebbero essere ricostruite fabbriche intere e questo costa troppo.

La base del Sistema Decimale è l'uomo che ha dieci dita e può rappresentare facilmente qualsiasi numero. Gli antichi Romani usavano anche loro le dita per indicare qualsiasi numero di più cifre, ma per fare questo usavano strane articolazioni delle dita molto simili a quelle che sono costretti ad usare gli sfortunati sordomuti. Se, in un luogo rumoroso, devo dire ad un amico il mio numero telefonico è sufficiente che indichi una dopo l'altra le cifre che lo compongono aprendo il numero di dita corrispondente.

Il gran valore del sistema decimale sta nel fatto che questo criterio è adottato per tutti i sistemi di misura con la simpatica conseguenza che se io compro 1 kilo e mezzo di frutta che costa 1,8 € al kilo, non ho bisogno di un computer per vedere che devo dare 1 moneta da 2 €, una moneta da 50

cent ed una da 20 cent o tutte le combinazioni facilmente calcolabili.

L'uomo con il sistema decimale si è notevolmente semplificata la vita, purtroppo i calcolatori, per quanto grandi e potenti capiscono solo il concetto di acceso/spento. Fortunatamente il sig Gottfried Wilhelm Leibniz, un filosofo e matematico tedesco vissuto a cavallo tra il ‘600 e il ‘700 pensò che poteva essere utile un sistema iper-semplificato che usasse il minore numero possibile di cifre. La base di questo sistema è 2 e comprende soltanto due cifre, 0 e 1, da cui il nome binario. Leibniz considerava il sistema binario come un qualcosa di puro e di essenziale, e arrivava a dire che “allorchè i numeri sono ridotti ai principi più semplici, e cioè allo 0 e

all’1, appare ovunque un ordine meraviglioso”. Questo sistema restò in letargo nel regno della filosofia matematica sinchè nella seconda metà dell’800 grazie a George Boole, un matematico inglese considerato il padre della logica moderna lo ripescò dal dimenticatoio e ricodificò le regole per usare il sistema binario.

Un secolo dopo l'algebra booleana ed il sistema binario aiutò enormemente i progettisti dei primi costruttori di calcolatori. Dopo alcuni secoli Leibniz e Boole hanno aggiunto un nuovo successo al loro già vasto palmares.

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Nel sistema binario, le cifre utilizzabili sono soltanto 0 e 1 e i numeri si scrivono come sequenze di questi due unici simboli e la più ovvia conseguenza è che valori facili da scrivere in decimale diventano abbastanza complessi in binario.

L'antico romano che doveva sommare MCMLVII + CDXXXIX, forse sorriderebbe vedendo che i suoi pronipoti, che hanno dimenticato di presentargli il calcolatore, per fare la stessa operazione scrivono: 11110100101 + 110001001.

E tanto per finire ricordatevi che 1 bit vale 1 o 0 e la somma di 2 bit che valgono 1 è 10.

Questa parentesi su i sistemi di numerazione forse è stata utile per capire quanti sono i modi di indicare una quantità e sicuramente, almeno lo spero, è servita per chiarire su che base i calcolatori "parlano".

Se qualcuno è curioso di saperne di più in rete su WIKIPEDIA, la più grande enciclopedia consultabile gratuitamente, è possibile leggere moltissime pagine all'indirizzo: http://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_di_numerazione

2.5 DIGITALE ... ANALOGICO? MA CHE VUOL DIRE?Con l'avvento degli elaboratori e della numerazione binaria si sono diffuse le parole digitale e analogico.

Digitale letteralmente vuol dire rappresentato a digit, a valori interi o meglio a scalini, cioè due valori consecutivi di una "cosa" differiscono di un valore intero fisso, piccolo quanto di vuole, ma di grandezza definita.

Analogico vuol dire che la grandezza di una misura varia con continuità e per quanto si renda piccolo l'intervallo dello strumento "in analogia" del quale si calcola la misura non è possibile rappresentare questa misura con un numero esatto.

Ricordate il tormentone che si inventò Adriano Celentano: rock e melodico.

Bene digitale è rock ed analogico è melodico.

A mo di esempio possiamo dire che una scala è digitale, una salita analogica oppure che l'acceleratore di una macchina è analogico mentre il cambio è digitale. Gli orologi meccanici sono tutti digitali in quanto l'avanzamento delle sfere è prodotto dal moto alternativo del bilanciere che si muove a scatti e condiziona il moto provocato dall'elasticità di una molla, ma la lettura dell'ora è fatta su una scala analogica. Gli orologi "digitali" sono come gli orologi meccanici perché guidati da un "motorino" la cui velocità è controllato da un "bilanciere elettronico", il quarzo che vibra; per l'indicazione dell'ora può essere usata una scala analogica come il normale quadrante o un dispositivo digitale con i numeri che si illuminano.

I motori a scoppio sono tutti analogici perché pur alimentati da un moto alternativo, si muovono con continuità e con continuità erogano potenza.

Tutti gli elaboratori che basano il loro funzionamento sulla numerazione binaria sono digitali in quanto, qualunque sia il metodo di immissione o di emissione dei dati, tutti i valori in gioco, numeri e lettere (che sono codificate come numeri), avranno come ultima cifra 1 (uno) o 0 (zero) e non può esistere 1 più o meno qualcosa.

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Il concetto di digitale è stato poi esteso a moltissimi altri dispositivi, ma non si deve confonderlo con la precisione o genericamente con la "bontà" di una attrezzatura. E' vero soltanto il fatto che con strumenti digitali è possibile raggiungere precisioni elevate ad un costo molto inferiore che con strumenti analogici perché giocare con variazioni elettriche è molto più facile e meno costoso che usare una lima ed un tornio per costruire parti metalliche precise.

3 ....MA COME FUNZIONA UN ELABORATORE?

3.1 GUARDIAMO "LA MACCHINA" DA FUORI.Abbiamo visto che un elaboratore è essenzialmente un groviglio di fili e componenti elettronici capaci di aprire e chiudere circuiti in funzione di circuiti che sono stati chiusi o aperti in precedenza.

Abbiamo anche visto che un elaboratore ha migliaia di circuiti che a metà del secolo scorso collegavano dei componenti con funzionalità simili ad un interruttore particolare, che all'inizio erano fisicamente delle bottiglie da mezzo litro, le valvole termoioniche, ed ora sono dei pezzetti di

metallo e metalloide di pochi millimetri che possono contenere l'equivalente di migliaia di valvole termoioniche.

Da un punto di vista descrittivo un elaboratore raccoglie dei segnali in entrata (l'input), questi segnali sono interpretati dai primi circuiti e, secondo regole ben definite, proseguono il loro viaggio nella macchina (l'elaborazione) ed alla fine danno luogo ad un risultato (l'output) che normalmente assume un aspetto comprensibile all'uomo: una nuova scheda perforata, una stampa, delle lucine a forma di lettere e numeri su di uno schermo.

I primi strumenti di input sono state le schede perforate (ricordate Holleryt) cioè dei cartoncini bucati seconda uno schema ben definito per comunicare alla macchina lettere e numeri. Tramite il lettore queste

schede entravano nella macchina che cominciava ad accendere e spegnere i circuiti iniziali a seconda di dove era posizionato il buco. La "lettura" avveniva tramite un "pennellino metallico" che passava sulla zona del buco e se lo trovava aperto chiudeva un contatto cioè il circuito contenente quel contatto passava da uno stato 0 ad uno stato 1. Questo processo elementare era ripetuto per ciascuna scheda 80 volte, le colonne di una scheda ovvero i caratteri che una scheda poteva contenere.

I primi elaboratori erano "fissi" cioè i loro circuiti interni erano per così dire bloccati e potevano fare sempre e soltanto lo stesso tipo di elaborazione su i dati di input.

Questi elaboratori fissi erano però poco utili e ben presto furono inventati gli elaboratori programmabili cioè macchine che prima di ingurgitare i dati di un lavoro, leggevano una serie di

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schede (il programma) che predispone i circuiti della macchina in modo che siano capaci di reagire nel modo specifico che quel tipo di dati richiede.

Per es. uno di questi elaboratori potrebbe leggere le schede che contengono le informazioni sugli ordini di un Cliente per stampare le fatture e, in una seconda elaborazione, calcolare le provvigioni per il rappresentante.

Lo output di una elaborazione può avere un formato "umano" come una stampa o un formato "elettronico" come una scheda perforata che può servire per elaborazioni successive.

Riepilogando, lo schema di lavoro di un calcolatore è sempre lo stesso: leggere un programma, leggere i dati, elaborare i dati, emettere un output che può anche avere un formato comprensibile

dal calcolatore.

Con il passare del tempo il formato, o meglio gli strumenti, di input sono cambiati, ma il ciclo di elaborazione è sempre restato lo stesso e potremmo dire che la fase iniziale primordiale di una elaborazione è sempre un uomo che con una attrezzatura particolare trasferisce l'informazione su un supporto "elettrico" che è in grado di farsi capire da una macchina.

Quando andiamo alla cassa di un supermercato la cassiera fa leggere ad una macchina il codice che identifica il prodotto, ma prima il capo-supermercato aveva detto, tramite una tastiera, all'elaboratore collegato alla cassa il prezzo da attribuire a quel prodotto. Al termine della registrazione degli

acquisti, la cassiera inserisce la nostra Carta di Credito ed i soldi passano dalla nostra Banca alla Banca del supermercato, ma qualcuno prima aveva registrato sulla Carta e per mezzo di una tastiera il nostro nome ed il codice identificativo del conto.

Sia che facciamo la spesa al mercato, sia che progettiamo il più lungo ponte del mondo, sia che calcoliamo come mandare un razzo su Marte, il calcolatore funziona sempre allo stesso modo.

3.2 PROVIAMO AD APRIRE "LA MACCHINA".Abbiamo detto che in un elaboratore entrano le informazioni, che gli addetti ai lavori chiamano input, che vengono "elaborate" ed quindi altre informazioni organizzate diversamente escono dalla macchina e questi dati elaborati si chiamano output.

A questo punto è bene ricordare una massima che tutti gli "uomini del computer" conoscono, ma talvolta dimenticano. Il proverbio, in inglese, suona così: "If garbagge in, than garbagge out".

Questa massima è la volgarizzazione per computer dell'aurea regola scientifica: "In natura nulla si

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crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma" che in "computerese" si traduce in "se entra porcheria, allora può uscire solo porcheria".

Armati di un magico cacciavite apriamo il computer e vediamo che è una scatola.....quasi vuota. Avevamo in mente i grandi elaboratori complicati pieni di fili ed apparati ed ora vediamo una scatola con dentro qualche tavoletta di plastica cui sono attaccati un po di fili di collegamento. L'unico organo che ci sembra di riconoscere, forse per il rumore e l'aria che emette, è un piccolo ventilatore.

Abbiamo scoperto la magia della miniaturizzazione. I tecnici sono riusciti a comprimere transistor, condensatori, resistenze ed altre mercanzie elettroniche in piccoli quadretti, simili a cioccolatini, che si chiamano "Consolidated Highly Integrated Processor" o più familiarmente CHIP. Ma chip vuol dire piccolo pezzo, granulo ed anche il più piccolo gettone in una partita di poker.

Un chip è un micro calcolatore completo che, partendo dal transistor, i tecnici sono riusciti a inventarsi, con tecniche microscopiche e quasi magiche. Infatti in un chip, più piccolo di un francobollo piegato in quattro, sono presenti migliaia, avete letto bene...migliaia, di componenti elettronici.

Ogni chip può essere considerato come una squadra di tecnici ed operai molto specializzati, cioè capaci di fare bene solo poche cose. Dal lavoro organizzato di tutti i chip si passa dall'input all'output.

Forse a questo punto è necessario passare dalla struttura tecnica di un calcolatore ad una descrizione più vicina a noi in grado di chiarire meglio il funzionamento del nostro computer.

3.3 IL COMPUTER OVVERO UNA FABBRICA ORGANIZZATA.Per descrivere il funzionamento di un computer l'esempio migliore che mi è venuto in mento è

quello di paragonarlo ad una fabbrica nella quale entrano materie prime ed escono prodotti finiti.

Per la trasformazione le materie prime passano attraverso varie fasi, cioè sono oggetto dell'attività di macchine specifiche ciascuna delle quali compie un operazione particolare.

Tutte le materie prime passano da una fase all'altra trasportate da immaginari vagoncini che seguono un percorso ben definito: il programma che può essere considerato la direzione operativa della fabbrica.

In una fabbrica di bibite le macchine operatrici lavano i contenitori, li riempiono di liquido, mettono tappi ed etichette, imballano le bottiglie e le caricano su i camion.

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In un computer i dati di input sono assoggettati ad organi funzionali, cioè capaci di fare una azione specifica, capaci di sommarli, sottrarli, confrontarli, cambiarne il formato, colorarli etc. etc.

Tutta l'area della fabbrica può essere assimilata alla memoria di un computer dove sono scritti i dati, dove risiedono gli organi funzionali e dove è registrato il programma.

Gli organi funzionali sono costituiti da uno o più chip ed hanno compiti specialistici, cioè come ho già detto sono capaci di fare, bene e sicuramente, un numero minimo e ben specificato di operazioni e solo quelle.

3.4 IL CHIP, UN PICCOLO SERVITORE ONNIPRESENTE.Abbiamo detto che il CHIP può essere considerato come un microcomputer progettato e costruito per fare un piccolo numero di operazioni fisse, cioè è non programmabile.

Nella nostra fabbrica immaginaria il tornio, la macchina avvitatrice, la pressa o la stazione di verniciatura possono essere considerate i CHIP mentre il programma è la sequenza variabile con cui le lavorazioni possono essere predisposte.

Nel nostro mondo "moderno" possiamo trovare un chip praticamente in tutti gli apparecchi che funzionano con l'elettricità. Ci sono chip nella lavatrice come nell'orologio o in molti giochi di bambini: praticamente tutte le volte che accanto al nome del dispositivo leggiamo la parola elettronico o digitale.

Un altra curiosità: avrete fatto caso che di tempo in tempo viene lanciato sul mercato un dispositivo "digitale" che ha funzioni innovative ed un prezzo elevato. Dopo un qualche tempo le stesse funzioni sono presenti su dispositivi molto più economici. La risposta a questa domanda non riguarda tecniche commerciali o concorrenza, è molto più tecnica: le aziende capaci di progettare chip sono poche nel mondo e quando riescono a creare un chip con nuove funzioni lo vendono a caro prezzo ad un costruttore di apparati che a sua volta vende a caro prezzo la sua produzione. Dopo un certo tempo, che può variare da

settimane ad anni il produttore di chip recupera la spesa iniziale che ha dovuto fare per progettare il chip ed abbassa il prezzo e così fa anche il costruttore di dispositivi e così via sino al compratore.

4 QUALCHE ANEDDOTO .....RESTANDO IN TEMA.A questo punto del discorso spero di aver chiarito, se non in termini scientifici, come è fatto e come funziona un "cervellone".

Chiaramente le spiegazioni non vogliono avere alcuna completezza tecnica e vorrebbero ottenere il risultato di far apparire un elaboratore per quello che è: una macchina. E come tutte le macchine deve servire per aiutarci a rendere più semplice la risposta a qualche nostra esigenza.

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Nel modo degli "informatici", di cui per 40 anni ho fatto parte purtroppo perché i 40 anni incidono direttamente sulla mia età, si è spesso portati a "dare del "TU" ad un calcolatore dicendo cose del tipo "ha sbagliato", "ha preso un virus", "non risponde", "...e adesso che hai combinato" oppure "perché ti sei bloccato", etc. Questo modo di esprimersi degli "addetti ai lavori" è stato rapidamente recepito dal "mondo esterno" per il quale "il calcolatore sbaglia". Vi posso assicurare che se viene emesso un risultato sbagliato non è mai colpa della macchina che è soltanto una "grande stupidona efficiente", ma è colpa di qualcuno di noi informatici che ha sbagliato "il programma". 30 anni fa, avevo cominciato a fare il "programmatore" da 10 anni, giuravo

sul fatto che se mi fossi accorto che un calcolatore avesse fatto intenzionalmente qualcosa, avrebbe voluto dire che pensava ed allora io, per paura "sarei scappato a fare il piantatore di banane in Uganda!". Io sono ancora quì ed il mondo ha perso una splendida produzione di banane ex-informatiche.

Qualche film di fantascienza ha cercato di convincerci che possono esistere computer capaci di pensare, ma anche questa è una bella storiella.

Ricordate "2001: Odissea nello spazio" ed il fantastico computer HAL. I protagonisti del film non riuscivano a liberarsi dei superpoteri della macchina che sembrava anticipare tutte le loro mosse quasi che leggesse nel loro pensiero. Una semplice azione è bastata per fermare HAL: è stato sufficiente staccare la spina. A proposito HAL si chiama così perché viene prima di IBM: H prima di I, A prima di B e L prima di M.

E per finire un consiglio: se qualche mio amico informatico cerca di confondervi le idee, parlando un anglo-romanesco condito da strane sigle, non statelo a sentire perché forse neanche lui ha le idee chiare!_______________________________________________________________________________

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Nelle pagine che seguono tenterò di rendere meno oscuri alcuni concetti dell'informatica e proverò a rispondere ad alcune giuste curiosità. Visto che con il cervellone ci conosciamo da tanti spesso lo tratterò in modo amichevole e talvolta farò esempi non rispettosi. Molti miei amici informatici troveranno le informazioni imprecise e talvolta quasi sbagliate: a loro chiedo scusa e a voi lettori non informatici Vi confermo che se qualche errore ci fosse è dovuto alla mia ignoranza e non è fatto per imbrogliare. A proposito alla mia età qualche perdita di memoria è meno costoso chiamarla ignoranza.

Io penso che una migliore conoscenza di questi strumenti che ormai ci invadono sia utile per trattarli come "strumenti" cioè di attrezzature utili per aiutarci a risolvere tante esigenze e che talvolta può sembrare limitino alcune nostre libertà.

E, tanto per finire con una citazione di filosofia spicciola, la libertà vera è la capacità di raggiungere, con qualche limitazione, il bene di tutti.

5 DOVE CONSERVIAMO I DATI?

5.1 LA BASE DEI PROBLEMI.Come abbiamo visto un elaboratore che si nutre di dati, li elabora e fa uscire nuovi dati. Nelle vecchie calcolatrici, meccaniche o "pomposamente" digitali, i dati in entrata erano forniti dal "dito" dell'operatore che impostava anche il programma di calcolo, una somma oppure una divisione, e la calcolatrice scriveva il risultato su una striscia di carta piuttosto che su un piccolo schermo.

Alcune calcolatrici avevano la possibilità di fare un secondo calcolo sul risultato del primo che avevano registrato "in memoria".

Alcune calcolatrici più evolute avevano i tasti M+, M-, MC, MR che permettevano di conservare in una memoria a parte un dato, per

esempio il risultato di una moltiplicazione poteva essere sommato al contenuto della memoria permettendo di fare la somma di vari prodotti che era

poi visualizzata con il tasto MC (memory call). Al termine di

tutto questa memoria aggiuntiva era cancellata con MR (memory reset).

Negli elaboratori tutti i dati intermedi, cos' come il programma, sono

registrati nella memoria interna che però ha un difetto: quando si

spegne l'elaboratore tutte le registrazioni si perdono. Anche

in questo caso la tecnica e l'emulazione sono venute in soccorso agli informatici con i nastri magnetici.

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5.2 I NASTRI MAGNETICI.Un italiano, Arrigo Castelli, è stato il primo a incidere rumori su filo d’acciaio. Rumori che poi sono diventate voci, filo d’acciaio che poi è diventato nastro magnetico, tramite un oggetto da lui brevettato che, per la sua utilità e le sue applicazioni, sarebbe entrato nella storia: il magnetofono.

Era il 1947 ed Arrigo Castelli ha inventato un sistema rivoluzionario, primo passo verso il moderno registratore. Il magnetofono registrava il suono, trasformato in impulsi elettrici, su un supporto magnetico che poi era in grado di restituirli abbastanza fedelmente.

Anche le informazioni che "girano" in un calcolatore sono segnali elettrici e quindi il "magnetofono informatico" non è altro che un magnetofono un po' più preciso. Forse qualcuno di voi ricorda il Vic20 ed il V64, due progenitori dei Personal computer, che avevano una "unità nastro" che altro non era che un mangianastri senza altoparlante.

I nastri negli anni sono diventati sempre più capienti e perfetti, ma avevano un grosso limite: tutti i dati andavano letti in sequenza e quindi se per un problema dovevo leggere i dati in un ordine diverso da come erano scritti avevo due possibillità, o riorganizzare il nastro o andare continuamente avanti e indietro per trovare il dato che mi interessava.

Altra limitazione dei nastri era la quantità di dati registrabili. La tecnica ha migliorato continuamente la qualità dei nastri e la densità di registrazione, ma ben presto il limite è stato raggiunto e le dimensioni fisiche quali la lunghezza totale ed il diametro della bobina di supporto non potevano essere aumentate.

5.3 I DISCHI MAGNETICI.A questo punto i tecnici si ispirarono ai dischi. Questi supporti avevano in comune con i dischi

musicali soltanto la forma, la tecnica di registrazione era completamente differente. Uso i verbi al passato perché questi primi dischi per la registrazione si ispiravano ai nastri, cioè esistevano delle testine "magnetiche" che incidevano elettricamente il disco. Incidere elettricamente non vuol dire, come nei primi gloriosi "78 giri" scavare un solco proporzionale al suono ricevuto, ma con un segnale elettrico modificare il contenuto magnetico della superficie del disco.

I dati erano registrati sul disco su "piste" concentriche ed un apposito indice registrava la posizione nella quale ciascun gruppo di dati era posizionato.

Anche per questi supporti la tecnica ha fatto passi velocissimi. Nel 1956 fu costruito dalla IBM un grosso armadio alto più di un uomo che conteneva 50 dischi ciascuno dei quali poteva registrare 100 kbytes (ricordate K equivale a moltiplicare per 100). Intorno al 1970, sempre la IBM lanciò le unità 2311 che erano dei giradischi grandi

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come una lavatrice nelle quali era possibile inserire un disco, che con i suoi accessori pesava qualche kilo, capace di circa 7 Mbytes ( cioè 27.000.000 di bytes) e quindi la sua capacità era circa il 75% dei 50 dischi del RAMAC. Circa 10 anni dopo un armadione IBM, il 2314, poteva contenere nei suoi dischi multipli circa 270 Mbytes e quindi oltre 50 volte il disco singolo del 2311 o i 50 dischi del RAMAC.

Negli stessi anni si usavano i dischetti o "floppy disk", cioè i dischi flessibili in contrapposizione ai grandi dischi rigidi. I "floppy" erano piccoli attrezzi maneggevoli capaci di contenere buone quantità di dati per conservarli o trasportarli altrove ed il tutto a prezzo contenuto.

Anche per i dischetti le dimensioni e le capacità sono rapidamente aumentate. I primi floppy del diametro di circa 20 cm contenevano 128 K bytes (128.000), gli ultimi, ancora in circolazione con un diametro inferiore a 10 cm contenevano circa 1,4 Mbytes (1.400.000) bytes.

Ultimi nati, nel campo dei dischetti, sono i CD (compact disk). Come al solito la musica ha fatto da battitrice e questi supporti molto leggeri e sicuri sono capaci di contenere circa 1 ora di musica.

Per registrare i CD si è passati da una tecnologia magnetica ad una tecnologia laser. Nella tecnologia magnetica una testina scrivente magnetizza più o meno la superficie del disco e, in un secondo tempo, una testina lettrice è sensibile ai cambi di magnetizzazione e li traduce in suoni.

Nella tecnologia laser, la luce speciale che questo dispositivo emette, modifica la composizione della superficie del disco. Un laser-lettore sarà capace di innescare il procedimento contrario.

L'uso del laser, molto più preciso della testina magnetica, ha reso possibile scrivere i dati "molto più vicini" ed ha quindi aumentato la quantità di dati registrabili.

Rispetto alla registrazione magnetica, la registrazione laser ha il difetto che il CD poteva essere registrato 1 sola volta.

Oggi, di progresso in progresso, esistono particolari compact disk i DVD doppia faccia, che possono contenere 8 Gbyte (8.000.000.000 bytes) e sono anche riusabili.

Ovviamente anche per i dischi grandi, quelli dei grandi elaboratori, sono stati fatti passi da gigante e per le capacità occorrerà abituarci anche ai fratelli maggiori di tera quali peta, exa, zetta e yotta.

6 COME CONSERVIAMO I DATI?

6.1 ORDINE ...PRIMA DI TUTTO.Tanti anni fa, ma sicuramente meno di 50, un diffuso mezzo di registrazione dei dati erano le schede perforate che avevano un grande vantaggio: anche l'uomo era capace di leggerle senza bisogno di strani strumenti. Purtroppo le schede contenevano pochi dati (80 bytes) erano poco maneggevoli e prima di farle leggere all'elaboratore (caricarle) dovevano essere messe in ordine (selezionate) con macchine accessorie lente e faticose da usare.

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I nastri magnetici, e poi i dischi, hanno sostituito le schede con ovvi vantaggi di sicurezza e quantità di lavoro manuale. Sicurezza perché non capitava più che si perdesse una scheda e quindi che ....a qualcuno non fosse calcolato lo stipendio. Fatica fisica perché mettere un nastro sulla macchina era molto più semplice che caricare qualche migliaio di schede. Purtroppo qualche volta il nastro si rompeva o si "stirava" e si perdevano tanti dati, ma in questi casi la soluzione era facile: bastava rifare il passo precedente, quello, cioè che aveva scritto il nastro sfortunato.

6.2 LE ELABORAZIONI CON NASTRI MAGNETICI.I nastri conservavano i dati esattamente nell'ordine come erano scritti cioè sequenzialmente e non erano possibili elaborazioni che richiedevano un ordine diverso. Per. es. il nastro contenente le fatture di un mese spesso era ordinato in ordine del Codice Cliente. Questo nastro per essere messo insieme (fuso o "mergiato") con il nastro delle fatture emesse nei mesi precedenti, che era ordinato sul numero della fattura per comodità delle elaborazioni successive, doveva prima essere ordinato (selezionato) nel nuovo ordine. Dal piccolo esempio fatto si può capire che tutte le procedure a nastri, cioè tutti i cicli di elaborazione su dati contenuti su i nastri, comprendevano molteplici passi di ordinamento e fusione che le rendevano lunghe e pesanti da

eseguire.

6.3 L'AVVENTO DEI DISCHI MAGNETICI.Come abbiamo detto i nastri permettevano solo elaborazioni sequenziali in quanto non era possibile, a meno di enorme aumento dei tempi di esecuzione, trattare i dati a salti avanti ed indietro.

I nuovi dischi magnetici permettevano di scrivere i dati sequenzialmente come un nastro, ma, con particolari tecniche di registrazione e ricerca permettono la ricerca a salti (random).

I dischi, qualunque sia la dimensione e la capacità, registrano i dati su cerchi concentrici e ciascun punto del cerchio passa sotto la stazione di lettura ad ogni giro. Inoltre la "velocità di scorrimento del disco", cioè la quantità di dati che passano sotto la testina, è molto più alta di quella di un nastro.

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L'esempio che segue può essere utile per valutare la differenza di utilizzo tra un archivio su nastro ed un archivio su disco. Una biblioteca ha i suoi libri in ordine alfabetico e collocati in un locale rettilineo ed una bibliotecaria deve preparare i libri da consegnare ad un certo numero di Clienti sulla base di un modulo di richiesta. Per ogni modulo la bibliotecaria preleva i titoli percorrendo la biblioteca dall'inizio alla fine e quindi torna all'inizio per lavorare sul modulo successivo. Adesso costruiamo la biblioteca con gli scaffali circolari e su più piani. La stessa bibliotecaria può fare molta meno strada in quanto alla fine del suo primo modulo s trova esattamente all'inizio della biblioteca

e, se la biblioteca è su più piani, può facilmente controllare se un certo piano può essere saltato perché non contiene alcun libro richiesto.

Questa facilità che ha la testina di lettura di passare rapidamente da un punto all'altro del disco può essere inoltre sfruttata se noi siamo in grado a creare opportuni indici dei dati che ci permettano

di

arrivare più facilmente al dato che ci serve. Per es. pensate quanto può essere difficile trovare nel manuale uso e manutenzione di una automobile come si si cambia una lampadina e quanto questa operazione è facilitata se esiste un indice alfabetico o degli indici con capitoli e sottocapitoli.

Una delle prime organizzazioni di dati è stata quella detta INDEXED SEQUENTIAL (I:S:), cioè i dati sono registrati sequenzialmente e logicamente suddivisi in vari blocchi. Insieme all'archivio è registrato l'indice che riporta l'indirizzo, cioè la zona del disco, dove è registrato il blocco il cui primo elemento è riportato nell'indice. Con questo "trucco" è possibile arrivare "al volo" ad un dato vicino a quello che si ricerca e da questo, sequenzialmente, trovare il dato corretto.

L'organizzazione I.S. è stata la prima usata e è la base di tutte le organizzazioni successivamente inventate.

Nel corso degli anni sono stati inventati vari modelli di indice per arrivare ai cosiddetti "database reticolari" cioè archivi complicatissimi che permettono di associare i dati secondo i criteri più disparati. E questo non per particolari esigenze di complicazione, ma perché aumentando la quantità di dati registrati, si sono rese possibili delle elaborazioni complesse e particolarmente utili.

Un esempio comprensibile, anche se molti esperti puristi non saranno d'accordo, di database reticolare è un manuale nel quale esistono una serie di pagine contenenti le informazioni ed una serie di indici che associano le informazioni in modo diverso come possono essere indici alfabetici, indici per parole chiave, per titoli e sottotitoli, etc.

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6.4 IL FUTURO.La scienza prima e la tecnologia, che non è altro che l'applicazione della scienza, continuano a mettere a disposizione "cose" adatte a contenere dati ed informazioni in quantità sempre maggiore.

Pensate a quegli oggettini, -ini solo per dimensioni esterne, come gli IPod che permettono di registrare, con tecniche quasi magiche, una gran quantità di canzoni. Tanto per fare un confronto pensate a quanto spazio serve per conservare 100 "78 giri" od anche 100 "45 giri".

Nuovi sviluppi si avranno con le nanotecnologie,le

tecniche che lavorano su miliardesimi di mm cioè su dimensioni di una capocchia di spillo in riferimento all'orbe terracqueo.

Quello che succederà qualche visionario lo prevede, ma sino ad oggi tutte le previsioni dei visionari più pazzi sono sempre state superate.

Sicuramente i contenitori saranno sempre più piccoli e le quantità di dati registrabili saranno sempre maggiori. Quello che meno cambierà, se non viene fuori qualche nuova pazza idea, sarà come logicamente archiviare e ritrovare i dati.

7 ....MA COSA SI PUÒ FARE CON UN ELABORATORE.

7.1 QUALCHE RIFLESSIONE.....TANTO PER CAPIRCI.Nelle pagine precedenti ho cercato di raccontarvi in modo semplice ed assolutamente non scientifico come è fatto un elaboratore che non è un "cervellone", ma un bambinone "autistico" e per questo paragone e per quel che segue chiedo scusa per l'uso esemplificativo di questo temine a tutti i poveretti affetti da questa gravissima menomazione.

L'elaboratore è uno strumento capace di eseguire all'infinito la stessa operazione senza fare mai un errore o ripetendo sempre lo stesso errore.

Ovviamente "la stessa operazione" può essere anche un complicato calcolo scientifico con migliaia

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di operazioni che operano su numeri con un infinito numero di cifre. In questo caso è sufficiente che esista un "umano" capace di istruire l'elaboratore con un programma adatto.

I famosi elaboratori "che giocano a scacchi" lavorano con un programma, quasi sempre dettato da un Maestro di Scacchi, che ripete moltissime volte, e molto rapidamente, l'analisi delle posizioni e dei pezzi e, dopo aver simulato varie mosse, contromosse e controcontro mosse, suggerisce la mossa statisticamente più utile. Anche l'uomo può fare la stessa cosa, purtroppo dopo aver simulato nel suo cervello alcune mosse/strategie non è capace di andare oltre e spesso dimentica quello che ha esaminato.

I computer di Capo Kennedy che controllano i voli spaziali registrano tutti gli eventi e sulla base di quanto loro insegnato dal "programma" reagiscono ai

cambiamenti e prendono nuove decisioni che un uomo sarebbe capace di prendere dopo ore di riflessione e calcoli, ma che dall'elaboratore possono essere prese ed attuate in qualche frazione di secondo.

E questi sono le applicazioni che in qualche modo affascinano, in qualche modo le applicazioni modello "FERRARI".

Esistono poi le applicazioni tipo "Camion con Rimorchio" cioè elaborazioni capaci di trattare tanti dati simili in breve tempo.

Un esempio. Tanti anni fà, quando lavoravo per una Compagnia di Assicurazioni, ogni mese si faceva il Quietanzamento. Un programma leggeva l'archivio dove erano registrate tutti i dati dei clienti, circa un milione, e quando la polizza scadeva, cioè stava per avere termine la sua efficacia, stampava un foglietto, la Quietanza, per chiedere un nuovo pagamento per prolungare la scadenza.

Tutto questo procedimento durava un paio di giorni con impegno umano ridotto solo ad impacchettare le Quietanze.

Se l'ARCHIVIO fosse stato "manuale", cioè una serie di righe su svariati libroni, e stimando 10 sec per analisi di ogni polizza e 45 secondi per la scrittura delle quietanze mensili relative al 10% dell'archivio, il lavoro totale sarebbe di oltre 60 gg......senza calcolare gli errori.

Cerchiamo di vedere come erano fatti e come lavoravano i famosi Centri Elettronici per "sbrigare" il lavoro loro richiesto.

7.2 ALL' INIZIO....."CENTRI MECCANOGRAFICI".Le storie che sto per raccontarvi le ho vissute personalmente e probabilmente negli Stati Uniti erano cominciate una ventina di anni prima.

Siamo poco dopo l'inizio degli anni sessanta quando si usavano massicciamente le schede perforate.In quel tempo il Centro Meccanografico era un salone ingombro di schede, macchine e ....rumore dove degli uomini, quasi sempre robusti, con dei camici una volta bianchi maneggiavano le schede e creavano polvere. Nonostante questa descrizione un po' "infernale" si tiravano fuori tanti risultati che aiutavano a funzionare quasi bene molte società ed industrie.

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Le macchine elettromeccaniche erano programmabili, in modo molto elementare, attraverso i "pannelli" che servivano a collegare i vari organi elettromeccanici di calcolo in un modo che potremmo definire flessibile.

In pratica un pannello era una piastra metallica, grande sino ad 40 cm di lato e pesanti sino a 15 kg, piena di buchetti cui si collegavano dei cavetti di collegamento.

Per capire il funzionamento di un pannello forse è utile un esempio pratico. Se noi apriamo una radio o un televisore vediamo che esistono tutta una serie di "parti elettriche" collegate

rigidamente da cavetti. Se pensiamo di tagliare a metà tutti i cavetti e di collegare ciascun capo ad un buchetto del pannello, possiamo

ricreare tutti i collegamenti necessari collegando con un altro cavetto esterno i due buchetti "giusti". Ovviamente per una radio questa operazione è inutile ed un errore potrebbe .....mandare a fuoco il tutto.

Nel caso delle macchine elettromeccaniche questo sistema permetteva di far fare più cose diverse alla macchina. In molti casi il pannello era così complesso da preparare che esistevano pannelli "intoccabili" che venivano tirati fuori da armadi speciali solo al momento dell'uso.

Il pannellista era un "personaggio sacro" del Centro meccanografico in quanto era l'unica persona che conosceva come era fatto un certo pannello.....e la documentazione era, ma tante volte lo è ancora, uno strano attrezzo sconosciuto.

Negli anni 60 i Centri Meccanografici cominciarono ad ospitare anche gli "elaboratori elettronici.

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7.3 L'ALBA DEI ...."CENTRI ELABORAZIONE DATI".Nel 1965, quando ho cominciato ad avere uno stipendio visto che sapevo qualcosa di elaborazione dati, gli stanzoni pieni di macchine rumorose cominciarono ad essere divisi: da una parte le "vecchie" macchine e dall'altra i nuovi "quasi silenziosi" ELABORATORI ELETTRONICI. Il "quasi silenziosi" è d'obbligo perché queste prime macchine lavoravano solo con le schede e quindi "il lettore", cioè la macchina che serviva per far entrare (input) i dati, il perforatore, cioè la macchina che preparava nuove schede contenenti risultati intermedi, e la stampante di tabulati, cioè la

macchina che stampava i risultati su lunghe strisce di carta larghe circa 50 cm, erano macchine tutt'altro che silenziose e discrete.

Queste prime macchine, che oggi avrebbero solo 50 anni, rispetto agli attuali elaboratori hanno differenze molto più grandi di quelle che una moderna Ferrari F1 ha con il modello di macchina a vapore disegnato da Leonardo.

La sala dell'elaboratore comincio a divenire un luogo "simil laboratorio avanzato" e gli "operatori" cambiarono la divisa: da un camice grigio topo ad un camice bianco quasi da "scienziato".

Più o meno dalla metà degli anni 60 cominciarono a fare la loro apparizione i nastri magnetici e questa per gli operatori fu una grande conquista in quanto la pratica del sollevamento pesi, per maneggiare le schede, fu, per almeno il 50% del tempo, sostituita da una ginnastica degli occhi dedicati a guardare i nastri che giravano e da brevissimi momenti di cambio del nastro.

Questi primi elaboratori non erano molto potenti e nonostante luci e lucette che li facevano sembrare importanti, erano capaci di fare solo una cosa per volta.

Questo concetto di svolgere sequenzialmente una sola operazione per volta come una semplice macchina utensile sarà rivoluzionato negli anni subito successivi con l'avvento di elaboratori più potenti.

7.4 MULTI PARTIZIONI, TIME SHARING, SISTEMA OPERATIVO,I progetti di computer iniziavano a rendersi conto che gli elaboratori elettronici, nonostante fossero utilizzati da operatori bravissimi che li caricavano di lavori uno dopo l'altro, per la maggior parte del tempo..........si riposavano.

All'inizio di queste note abbiamo parlato di unità di misura e di multipli e sottomultipli. Ora quelle nozioni ci sono utili. Negli elaboratori del 1970 per far passare un dato da un supporto esterno, scheda o nastro, all'elaboratore serviva qualche millisecondo (millesimo di secondo) mentre per l'elaborazione all'interno della macchina serviva qualche microsecondo, cioè milionesimo di secondo. Lo stesso rapporto passa tra una ora e circa 42 giorni. Negli anni successivi questo rapporto è aumentato e oggi possiamo dire che è passato da 1 ora a circa 1 anno.

Nel periodo di tempo che serve per far entrare un dato, l'elaboratore "aspetta"._______________________________________________________________________________

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Gli esperti di programmazione, cioè quei signori che sanno mettere nella sequenza desiderata le funzioni che i vari circuiti elettronici possono fare, cominciarono a pensare come quella gran massa di tempo inutilizzato potesse essere sfruttata facendo viaggiare quasi contemporaneamente due o più programmi e quindi due o più lavori.

La prima cosa che occorreva fare era di progettare un super programma capace di agire come la torre di controllo di un aeroporto. A questa tutti gli aerei in partenza o in arrivo chiedono alcune risorse per un certo tempo, per es. la pista, i corridoi di attraversamento, i moli cui attaccarsi, e la torre di volta in volta assegna temporaneamente le risorse.

Il programma di controllo si chiama sistema operativo che inizialmente controllava 2,3 programmi ed ora è in grado di "far girare contemporaneamente" un numero teoricamente infinito di programmi. Il limite del teoricamente è dovuto al fatto che anche il sistema operativo ha bisogno di

risorse e più le richieste di "contemporaneità" aumentano più si aggrava il compito del sistema operativo sino a chè "non sa più a chi dare la precedenza" e da solo si mangia tutte le risorse.

La suddivisione del tempo dedicato all'uso delle varie risorse cioè il "time sharing" è il nome che prende questo tipo di tecnica di sfruttamento delle capacità di un elaboratore.

La possibiltà di far "girare" più programmi insieme era presto condizionata dalle dimensioni della cosiddetta "sala macchine" e dalla limitata disponibilità di organi di input ed output, cioè di macchine capaci di trasformare le informazioni da "umane", come la scrittura o la voce, a elaborabili, cioè impulsi elettrici. A complicare la faccenda arrivavano macchine sempre più potenti i mainframe, cioè grandi e grandissimi elaboratori capaci di collegare un gran numero di dispositivi di input ed output, ma sempre "locali" cioè rigidamente collegati tra loro a distanza di pochi metri.

Era arrivato il momento di "allungare" gli organi di input ed output.

7.5 MAINFRAME. Le grandi macchine, i mainframe, sono in grado di rispondere alle richieste di un gran numero di utenti, ma il loro limite iniziale era che tutti i lavori dovevano iniziare e finire a pochi metri dal "cervellone" cioè la serie di armadi contenenti tutti gli organi capaci di digerire informazioni.

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A questo punto la "sala macchine" è divisa in varie parti. La stanza del cervellone, pulita con la temperatura ben condizionata e le porte che si aprono solo per qualche specialista o per il tecnico le rare volte che qualcosa non va. La sala comando dove esistono alcuni terminali, cioè televisori e tastiere, che servono a controllare i lavori che "contemporaneamente" sono attivi. La sala dei dischi dove "girano" una buona quantità di dischi magnetici contenenti le informazioni di base. La sala dei nastri e delle stampanti dove sono poste queste macchine più o meno rumorose che alimentano il computer con i dati variabili e preparano stampe....per gli utenti esterni.

Il Centro meccanografico è diventato Centro Elaborazione Dati e si avvia a diventare Servizio Informativo.

Ogni grande azienda ha il suo Sevizio Informativo il cui Direttore spesso fà di tutto per non far capire a

tutto il resto dell'Azienda cosa il suo Servizio sarebbe capace di fare. Il Direttore dei Servizi Informativi spesso distilla il suo sapere mischiando termini astrusi a termini anglo-simili e tutti i suoi colleghi fanno di tutto per farselo amico finchè, come nella favola il bimbo innocente grida "il Re è nudo!". A questo punto un "potente cade" e viene sostituito da un altro che diverrà "potente". Ovviamente questa visione pessimistica non è reale, ma ........talvolta accade.

Chiusa la parentesi sulla direzione del Servizio Informativo, torniamo a chiaccherare di macchine.

Le dimensioni di un mainframe sono le più varie e talvolta due o più elaboratori vengono associati ed i sistemi operativi sono in grado di guidarli come una unica macchina.

Una delle principali ragioni per le quali si associano due macchine, invece di metterne una doppia, è la sicurezza. Infatti se una delle due macchine si rompe, la seconda interviene e si prende tutto il carico di lavoro. Chiaramente in questo casi si ha una "velocità di esecuzione" minore.

Sono definibili mainframe le macchine che usava la FIAT a Torino, come l'elaboratore abbastanza piccolo che usava per es. una fabbrica di medicinali vicino Roma.

La distanza fisica alla quale i vari dispositivi di un elaboratore potevano essere messi era molto piccola e ben presto iniziarono gli studi per aumentarla.

I primi ad essere "cacciati" dalla sala macchine, ed ad essere posti più lontani possibile, sono stati i programmatori, cioè le persone in grado di "scrivere" un insieme di comandi che permettevano all'elaboratore di eseguire una sequenza di azioni. I programmatori lavoravano su dei terminali, uno schermo ed una tastiera, che all'inizio potevano distare circa 30 m dall'unità centrale.

Ma l'appetito vien mangiando ed i tecnici inventarono le unità di controllo dei teminali. Queste unità erano interposte tra terminali ed unità centrale e permettevano di collegare un certo numero di terminali ad una distanza doppia, tripla, etc.

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Questo tipo di organizzazione era però sempre "locale" ed i soliti scienziati pensarono che forse le linee telefoniche potevano essere dedicate alla trasmissione dati.

7.6 COLLEGAMENTI REMOTI.Le linee telefoniche sono subito apparse come i migliori canali per far viaggiare oltre che informazioni analogiche, le conversazioni che donne ed uomini fanno attraverso il telefono, anche

dati digitali, cioè lettere e numeri elaborabili. Purtroppo ci si accorse subito che le linee telefoniche sono molto "sporche", cioè aggiungono rumori e gorgoglii che il cervello umano è capace elaborare eliminando le informazioni inutili dovute al rumore.

Per poter usare le linee telefoniche sono stati inventati nel tempo vari metodi di controllo e filtro delle informazioni a scapito, purtroppo, della quantità di dati trasmessi nell'unità di tempo.

La velocità di trasmissione si misura in baud cioè bit al secondo. Ricordandoci che un carattere alfabetico ( 1 byte) è composto da 8 bit quindi quando leggiamo per es. 100 baud, vuol dire che passano o vengono trasmessi circa 10 caratteri al sec.

La velocità di trasmissione effettiva che le prime linee telefoniche permettevano, siamo negli anni '70, erano di circa 1200 baud, cioè 120 caratteri al secondo. Tanto per capirci due righe di un testo, simile a quello che state leggendo, ogni secondo.

Anche in tema di trasmissioni l'uso di linee realizzate appositamente sino all'attuale fibra ottica ha permesso di arrivare a velocità milioni di volte

più grandi.

La disponibilità di collegamenti capaci, cioè veloci e quindi in grado di trasmettere quantità di dati sempre maggiori ha fatto esplodere la possibilità di elaborazione "a distanza".

7.7 DAL FILO DI RAME ALLA FIBRA OTTICA.

I collegamenti telefonici sono stati fatti per lungo tempo usando il filo di rame, o meglio 2 fili di rame meglio noto come"doppino telefonico". Questo collegamento è una connessione rigida tra due persone che parlano. Particolari tecniche elettromeccaniche permettevano di collegare alternativamente un utente ad un altro dello stesso gruppo.

Poi si cominciarono ad usare sistemi di trasmissione più particolare sino ad arrivare alla fibra ottica.

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Per capire come funziona e quali sono i vantaggi della fibra ottica è necessario fare una parentesi teorica. Chiaramente cercherò di fornirvi il minimo di particolari che rendano comprensibile l'argomento senza troppe complicazioni.

Una voce può essere considerata come una vibrazione che ha una certa frequenza che misura la sua acutezza, più alta è la frequenza più "lo strillo" è acuto.

La voce che entra in un traduttore elettromeccanico, un microfono, è convertita in un segnale elettrico che ha caratteristiche simili alla voce.

Le frequenze che un segnale sonoro può avere passano da alcuni Hertz, cioè variazioni al secondo a circa 16.000 Hertz. Il segnale sonoro ha quindi una "larghezza di banda" di circa 16 kiloHertz.

Dal punto di vista esemplificativo potremo dire che per far passare un segnale sonoro è necessario un tubo virtuale largo 16 kHertz. Il doppino telefonico è capace di far passare questa larghezza di banda.

Gli antichi collegamento con doppino, cioè usando una coppia di fili elettrici di rame,, prevedevano l'uso di centinaia di doppini uniti in un grosso fascio.

Ma gli studi sono proseguiti e si è visto che alcuni collegamenti di tipo radioelettrico permettevano di trasferire una larghezza di banda pari ad alcune centinaia di volte i 16 kHertz.

Il passo successivo è stato quello di "spezzettare" questi collegamenti radio elettrici in tanti doppini virtuali capaci di collegare alcune centinaia di utenti in modo rigido, ma usando una modalità che si potrebbe definire virtuale.

Il suono, il segnale radio, la luce sono tutti segnali caratterizzati da una vibrazione di frequenza sempre crescente e con adatti strumenti è possibile usare questa gamma di "canali trasmissivi"sempre più capaci per trasmettere le nostre informazioni.

L'aumento di velocità elaborativa e l'aumento di velocità trasmissiva non sono sempre andati di pari passo e l'architettura dei sistemi informativi diffusi sul territorio ha seguito questo andamento altalenante.

7.8 SISTEMI DIPARTIMENTALI, CLIENT-SERVER,................. SISTEMI ONLINE.All'inizio c'erano i sistemi locali, cioè tutte le macchine ed utenti ....abitavano nello stesso luogo. Ben presto ci si accorse che la bassa velocità di trasmissione e le possibili interruzioni condizionavano pesantemente la velocità di elaborazione.

Il passo successivo sono stati i cosiddetti sistemi dipartimentali, cioè piccoli mainframe locali che "predigerivano" i dati e poi li mandavano al sistema centrale che li elaborava tutti insieme al momento opportuno. I vantaggi erano notevoli, ma in qualche caso la qualità ne risentiva perché talvolta alcuni archivi base che erano duplicati in periferia non erano allineati con gli archivi base al centro e questo provocava spesso danni a catena ed era necessario utilizzare molto spesso gravosi programmi di allineamento dei dati.

Fortunatamente le linee diventavano sempre più veloci e fu possibile applicare la metodologia Client-Server. Nell'elaboratore centrale, il server erano registrati tutti i dati principali e tutti i programmi. In periferia c'erano piccoli elaboratori, i Client, dove esisteva un programma semplice capace di effettuare una predigestione dei dati.

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Quando l'operatore CLIENT aveva terminato l'operazione di accettazione dei dati elaborati, il programma del CLIENT riconosce quali sono i dati variati ed invia solo quelli all'elaboratore centrale. Questa tecnica permette un sicuro risparmio di tempo, ma ha ancora necessità di capacità elaborativa propria e di allineamento delle funzioni.

Ultimamente le linee di trasmissione sono arrivate a velocità impensabili e sono state messe a punto tecniche trasmissive che permettono velocità di carico e scarico dei dati impressionanti. A questo punto si è tornati praticamente all'origine con l'ovvio vantaggi che il terminale periferico ha solo la necessità di poter disporre di programmi di collegamento standard che non devono prevedere alcuna funzione specifica per le applicazioni standard.

8 ...ED ALLA FINE INTERNET.

8.1 UN PO' DI STORIA.Grandi aziende multinazionali, sfruttando la possibilità di collegare un elaboratore centrale con elaboratori più piccoli e con terminali, hanno costruito delle reti che permettevano loro di trasferirsi rapidamente informazioni commerciali. Per esempio una casa costruttrice di automobili, la Ford od anche la FIAT, hanno collegato gli stabilimenti di produzione con la rete di vendita e con la direzione amministrativa. Quando il Cliente, sig. Michele,ordina una auto con varie personalizzazioni, l' ordine è trasmesso direttamente alla programmazione della catena di montaggio che predispone la modifica temporanea di alcune fasi della costruzione per aggiungere le personalizzazioni richieste, contemporaneamente l'amministrazione controlla che tutti i particolari aggiuntivi siano disponibili e li mette a disposizione della catena di montaggio esattamente nel momento in cui sono necessari. Nello stesso tempo si mette in moto la macchina contabile ed alla vettura, proprio quella vettura ordinata dal Cliente sig. Michele, viene attaccato un documento di viaggio ed una fattura.

Nel 1960 il sig Joseph Carl Robnett Licklider, del famoso del Massachusetts Institute of Technology, cominciò a pensare e definire le caratteristiche di una rete di comunicazione che permettesse di collegare, come un sistema telefonico mondiale, tutti coloro che avevano interesse a scambiarsi dati ed informazioni.

Le idee teoriche di Robnett dettero spunto a molti tentativi più o meno riusciti e dopo circa 30 anni la ragnatela larga quanto il mondo (in inglese World Wide Web ovvero il famoso WWW) cominciò a catturare l'interesse generale.

8.2 LA STRUTTURA INIZIALE DELLA RETE.Il Governo degli Stati uniti, intorno al 1970, decise che una rete di comunicazione capace di

collegare rapidamente e sicuramente i vari Enti Americani sparsi per il mondo sarebbe stata utile e cominciò a mettere le basi della ragnatela collegando tra loro alcuni grandi calcolatori e, a ragnatela, collegando ad essi altri calcolatori. Questa rete di macchine di servizio, i server, erano la struttura base cui si collegavano gli utenti finali che risultavano tutti identificati collegati e raggiungibili.

Il primo problema da risolvere fu come individuare esattamente ogni utente finale in modo che le informazioni dirette a lui non si

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perdessero per strada. Tra l'altro il numero di indirizzi differenti, vista la rapida diffusione di questo strumento, doveva essere enorme: ad oggi circa 5 miliardi di persone sono identificate.

Qualche pagina fa abbiamo parlato della numerazione binaria, del bit e del Byte. Abbiamo visto che un Byte, composto da 8 bit, può assumere 256 valori diversi ed è la dimensione minima di una cella di memoria. Facendo un rapido calcolo si può vedere che con 4 Byte è possibile avere circa 4 miliardi e 300 mila numeri diversi cioè il risultato di 256x256x256x256 = 4.294.967.296.

I costruttori della rete si misero d'accordo per individuare ciascun utente con un "numero" di 4 byte in cui la prima cifra individua i 256 server che costituiscono "l'anello centrale della ragnatela". La seconda cifra individua i 256 server connessi a ciascun server principale e così via.

Chi si collega con il suo computer di casa alla rete ha assegnato un indirizzo temporaneo del tipo 185.205.027.181 che nel linguaggio dei computer è simile all'indirizzo che diamo ai nostri amici quando vogliamo ricevere una lettera: Nazione, Città, Via e numero civico. Con una unica particolarità che l'indirizzo IP è il nostro per la sola durata del periodo in cui siamo collegati. Questa apparente complicazione non è un problema per un "cervellone" che anche se di piccole dimensioni resta sempre un cervellone.

Quel numero di oltre 4 miliardi sembrava enorme, ma comincia ad essere piccolo e si stanno studiando

tecniche per trovare altri indirizzi.

Oltre all'indirizzamento moltissimi altri problemi dovevano essere risolti perché le comunicazioni tra macchine e persone sparse in tutto il mondo potessero costruire qualcosa di più utile di una Torre di Babele. I 30 anni tra la descrizione teorica della Rete ed la sua realizzazione pratica sono stati necessari per definire tutti i particolari.

Un "particolare" importante è stata la definizione del cosiddetto PROTOCOLLO di TRASMISSIONE, cioè le regole seconde le quali le informazioni da trasmettere dovevano essere "Confezionate" per essere sicuri che arrivassero completamente e sicuramente al destinatario. Oggi sono stati definiti ed universalmente accettati alcuni protocolli dedicati alla trasmissione di vari tipi di informazione.

Indirizzamento e protocolli hanno reso possibile un uso ordinato della rete che a questo punto era disponibile per essere usata produttivamente.

8.3 ....MA CHE CI FACCIAMO CON LA RETE.Nei primi anni di funzionamento i progenitori di Internet sono stati usati da enti scientifici per scambiarsi informazioni sulle esperienze che andavano facendo. Subito dopo, sempre le università, iniziarono a mettere a disposizione della comunità scientifica le relazioni e le pubblicazioni. Ben

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presto qualcuno si accorse che la rete poteva essere usata anche con finalità commerciali e questo fu l'inizio di tutte quelle attività che saranno poi identificate con il prefisso e. come e.mail, la posta elettronica, e.commerce, il commercio fatto attraverso la rete, e.learning, l'apprendimento fatto attraverso "libri" elettronici, e così via.

Parte importante di una attività è la promozione, cioè la pubblicità di un prodotto. Sono così iniziati a comparire i siti sponsorizzati dalle case produttrici che fornivano informazioni più o meno dettagliate su i loro prodotti e talvolta li offrivano in vendita.

Giorno dopo giorno la rete si riempiva dei contenuti più vari che si andavano ad affastellare in questo enorme contenitore ed erano sempre più difficili da trovare.

A questo punto esperti "programmatori" cominciarono a studiare e realizzare i "motori di ricerca" cioè degli strumenti capaci di volare velocissimi nella rete per individuare tutti i contenuti relativi ad un argomento scelto da un utente normale.

Per poter portare avanti lo studio dei motori di ricerca era necessario trovare degli sponsor che finanziassero l'operazione.

Gli sponsor hanno ottenuto il loro vantaggio economico pubblicizzando le loro attività insieme ai risultati delle ricerche.

Dall'unione dell'utile e del dilettevole, per usare una frase familiare, è nata ed è cresciuta quasi una nuova era nella quale molte distanze tradizionali sono state abbattute, imperi economici sono stati creati, come Microsoft, Google, Yahoo, molta gente ha guadagnato e perso soldi quando all'arrembaggio per la promozione di nuove offerte non era unita una corretta conoscenza di strumenti e possibilità.

Oggi Internet ed il WWW sono diventate uno strumento di base del quale, come la luce elettrica, non se ne può fare a meno ed anche le persone più recalcitranti, per scelta, per principio o per pigrizia, cominciano a pensare che è una comodità e come tale deve essere considerata.

9 .......IN CONCLUSIONE.In conclusione...non esiste la conclusione di questa storia. Io posso dire di essere stato uno dei fortunati che ha potuto percorrere quasi tutto questo cambiamento realmente epocale che, come la scoperta dell'America ha iniziato l'Era Moderna, forse darà inizio all'ERA GLOBALE.

Queste poche pagine che ho voluto mettere assieme tra qualche anno potranno apparire come i graffiti preistorici di qualche caverna.

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Se queste nozioni potranno servire a qualcuno per iniziare a capire che computer, elaboratori e "cervelloni" non sono cose magiche, ma strumenti che hanno una qualche utilità, allora avrò raggiunto lo scopo che mi ero prefisso quando ho scritto il primo rigo della prima pagina.

Il seguito della storia è appena iniziato e sarei tanto contento se potessi continuare ad essere io il narratore di quello che succederà nei prossimi 100 anni.

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