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COMUNICAZIONI ORALI Audiologia e Vestibologia Indice 1. IPOACUSIA E MALATTIA DI ALZHEIMER: STUDIO PRELIMINARE DI CORRELAZIONE TRA DISABILITÀ UDITIVA E CITOCHINE LIQUORALI 2. IPOACUSIA NEUROSENSORIALE IMPROVVISA BAROTRAUMATICA (INIB) E OSSIGENO TERAPIA IPERBARICA (OTI). 3. MANIFESTAZIONI COCLEARI NEI PAZIENTI AFFETTI DA SCLEROSI MULTIPLA IN FASE INIZIALE 4. PRESBIACUSIA E DECLINO COGNITIVO LIEVE 5. UNA PROTEINA DELL’ORECCHIO INTERNO ANCHE IN SANGUE, URINA E SALIVA: POSSIBILE? 6. RUOLO DELLA TITOLAZIONE SERICA DI IGA-HSV1 NELL’APPROCCIO DIAGNOSTICO DELL’IPOACUSIA IMPROVVISA 7. UTILIZZO DEL FATTORE ANTISECRETORIO (FA) NELLA MALATTIA DI MENIERE (MdM): NOSTRA ESPERIENZA CON FOLLOW UP DI 12 MESI 8. UTILIZZO DELL’HEAD PITCH TEST NELLA VPPB DEI CANALI SEMICIRCOLARI VERTICALI 9. DISABILITA’ ED HEALTH LITERACY NEL PAZIENTE CON VERTIGINE PERIFERICA 10. LA TERAPIA DELLA MALATTIA DI MENIERE NEGLI ULTIMI VENTI ANNI. L’ESPERIENZA DELL’OSPEDALE MAGGIORE DI BOLOGNA 11. VALUTAZIONE DELLA CORRELAZIONE TRA DIZZINESS E MANOVRE DI RIPOSIZIONAMENTO CANALARE NELLA VERTIGINE PAROSSISTICA POSIZIONALE DEL CANALE SEMICIRCOLARE POSTERIORE 12. L’UTILIZZO DELL’INFRAROSSO NEL TRATTAMENTO DELLA SINDROME DI MENIERE: RISULTATI PRELIMINARI. 13. INQUADRAMENTO CLINICO E VALUTAZIONE FUNZIONALE DI BAMBINI AFFETTI DA IPOACUSIA NEUROSENSORIALE SOTTOPOSTI A IMPIANTO COCLERE 14. OUTCOMES UDITIVI E BENEFICIO SULLA QUALITÀ DELLA VITA IN PAZIENTI ANZIANI PORTATORI DI IMPIANTO COCLEARE 15. MONITORAGGIO DEI PROGRESSI UDITIVI IN UN GRUPPO DI ADOLESCENTI PREVERBALI CON IMPIANTO COCLEARE VALUTAZIONI SULLE INDICAZIONI, PROGNOSI E PIANO RIABILITATIVO 16. PROLUNGATA DEPRIVAZIONE UDITIVA E CAPACITA’ DI RECUPERO FUNZIONALE CON IMPIANTO COCLEARE: CASE REPORT DI UNA DEPRIVAZIONE SENSORIALE PER OLTRE MEZZO SECOLO. 17. L’IMPIANTO COCLEARE NELLA DEPRIVAZIONE UDITIVA DA SORDITÀ POST-LINGUALE 18. RISULTATI DEI TEST VERBALI NEL RUMORE FISSO ED ADATTIVO NEI PAZIENTI ANZIANI CON IMPIANTO COCLEARE 19. EVIDENZE POSTUROGRAFICHE COMPUTERIZZATE IN ESITI DI CHIRURGIA DELLO SCHWANNOMA DELL’VIII NERVO CRANICO: RISULTATI PRELIMINARI 20. BIOFEEDBACK COME TERAPIA DELL’ACUFENE SOGGETTIVO CRONICO IDIOPATICO: NOSTRA ESPERIENZA 21. DALLO SCREENING AUDIOLOGICO NEONATALE ALLA PRESA IN CARICO DEL BAMBINO CON IPOACUSIA. IL PERCORSO E L’ORGANIZZAZIONE SUL TERRITORIO.

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COMUNICAZIONI ORALI

Audiologia e Vestibologia

Indice 1. IPOACUSIA E MALATTIA DI ALZHEIMER: STUDIO PRELIMINARE DI CORRELAZIONE TRA DISABILITÀ

UDITIVA E CITOCHINE LIQUORALI

2. IPOACUSIA NEUROSENSORIALE IMPROVVISA BAROTRAUMATICA (INIB) E OSSIGENO TERAPIA IPERBARICA (OTI).

3. MANIFESTAZIONI COCLEARI NEI PAZIENTI AFFETTI DA SCLEROSI MULTIPLA IN FASE INIZIALE

4. PRESBIACUSIA E DECLINO COGNITIVO LIEVE

5. UNA PROTEINA DELL’ORECCHIO INTERNO ANCHE IN SANGUE, URINA E SALIVA: POSSIBILE?

6. RUOLO DELLA TITOLAZIONE SERICA DI IGA-HSV1 NELL’APPROCCIO DIAGNOSTICO DELL’IPOACUSIA IMPROVVISA

7. UTILIZZO DEL FATTORE ANTISECRETORIO (FA) NELLA MALATTIA DI MENIERE (MdM): NOSTRA ESPERIENZA CON FOLLOW UP DI 12 MESI

8. UTILIZZO DELL’HEAD PITCH TEST NELLA VPPB DEI CANALI SEMICIRCOLARI VERTICALI

9. DISABILITA’ ED HEALTH LITERACY NEL PAZIENTE CON VERTIGINE PERIFERICA

10. LA TERAPIA DELLA MALATTIA DI MENIERE NEGLI ULTIMI VENTI ANNI. L’ESPERIENZA DELL’OSPEDALE MAGGIORE DI BOLOGNA

11. VALUTAZIONE DELLA CORRELAZIONE TRA DIZZINESS E MANOVRE DI RIPOSIZIONAMENTO CANALARE NELLA VERTIGINE PAROSSISTICA POSIZIONALE DEL CANALE SEMICIRCOLARE POSTERIORE

12. L’UTILIZZO DELL’INFRAROSSO NEL TRATTAMENTO DELLA SINDROME DI MENIERE: RISULTATI PRELIMINARI.

13. INQUADRAMENTO CLINICO E VALUTAZIONE FUNZIONALE DI BAMBINI AFFETTI DA IPOACUSIA NEUROSENSORIALE SOTTOPOSTI A IMPIANTO COCLERE

14. OUTCOMES UDITIVI E BENEFICIO SULLA QUALITÀ DELLA VITA IN PAZIENTI ANZIANI PORTATORI DI IMPIANTO COCLEARE

15. MONITORAGGIO DEI PROGRESSI UDITIVI IN UN GRUPPO DI ADOLESCENTI PREVERBALI CON IMPIANTO COCLEARE VALUTAZIONI SULLE INDICAZIONI, PROGNOSI E PIANO RIABILITATIVO

16. PROLUNGATA DEPRIVAZIONE UDITIVA E CAPACITA’ DI RECUPERO FUNZIONALE CON IMPIANTO COCLEARE: CASE REPORT DI UNA DEPRIVAZIONE SENSORIALE PER OLTRE MEZZO SECOLO.

17. L’IMPIANTO COCLEARE NELLA DEPRIVAZIONE UDITIVA DA SORDITÀ POST-LINGUALE

18. RISULTATI DEI TEST VERBALI NEL RUMORE FISSO ED ADATTIVO NEI PAZIENTI ANZIANI CON IMPIANTO COCLEARE

19. EVIDENZE POSTUROGRAFICHE COMPUTERIZZATE IN ESITI DI CHIRURGIA DELLO SCHWANNOMA DELL’VIII NERVO CRANICO: RISULTATI PRELIMINARI

20. BIOFEEDBACK COME TERAPIA DELL’ACUFENE SOGGETTIVO CRONICO IDIOPATICO: NOSTRA ESPERIENZA

21. DALLO SCREENING AUDIOLOGICO NEONATALE ALLA PRESA IN CARICO DEL BAMBINO CON IPOACUSIA. IL PERCORSO E L’ORGANIZZAZIONE SUL TERRITORIO.

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22. VALIDAZIONE DELLA VERSIONE ITALIANA DELL'IT-MAIS

23. VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DELLA VITA, DELLE ABILITÀ UDITIVE E DELLE FUNZIONI COGNITIVE NEI PAZIENTI ANZIANI IPOACUSICI E RIABILITATI CON IMPIANTO COCLEARE

24. NEUROMODULAZIONE E ACUFENE: LA NOSTRA ESPERIENZA SPERIMENTALE

25. BAHA® ATTRACT: RISULTATI CHIRURGICI, FUNZIONALI ED AUDIOLOGICI

26. LE PROTESI IMPIANTABILI A CONDUZIONE OSSEA

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1. IPOACUSIA E MALATTIA DI ALZHEIMER: STUDIO PRELIMINARE DI CORRELAZIONE TRA DISABILITÀ UDITIVA E CITOCHINE LIQUORALI

Lanzillotta Alessia Policlinico di Tor Vergata Fuccillo Emanuela - Policlinico di Tor Vergata Di Mauro Roberta - Policlinico di Tor Vergata Martorana Alessandro - Policlinico di Tor Vergata Di Girolamo Stefano - Policlinico di Tor Vergata Razionale: Numerosi studi evidenziano una stretta correlazione fra disturbo della funzionalità uditiva e decadimento cognitivo in età avanzata; un grave deficit uditivo può infatti aumentare fino a cinque volte il rischio di sviluppare demenza e, al contrario, la demenza può provocare ipoacusia attraverso meccanismi di degenerazione neuronale in parte ancora sconosciuti. Il lavoro che presentiamo ha analizzato le possibili correlazioni tra la funzionalità uditiva ed i livelli di concentrazione di alcuni fra i principali biomarcatori presenti nel liquor di pazienti affetti da malattia di Alzheimer, quali la proteina B-amiloide, la proteina Tau e la proteina p-Tau (proteina Tau fosforilata). Materiali e metodi: Lo studio preliminare ha coinvolto 13 pazienti con diagnosi neurologica di Malattia di Alzheimer e diagnosi strumentale di ipoacusia neurosensoriale bilaterale e simmetrica. Ogni paziente arruolato è stato valutato con anamnesi, otoscopia, impedenzometria, esame audiometrico tonale e vocale, Mini Mental State Examination ed analisi istopatologica effettuata su campioni liquor cefalorachidiano. Risultati: I dati ottenuti hanno mostrato una correlazione statisticamente significativa fra i livelli liquorali di proteina Tau, di proteina Beta-amiloide e la funzionalità uditiva; dall’analisi statistica è infatti emerso un rapporto direttamente proporzionale tra l'aumento dei livelli liquorali della proteina Tau ed il grado di ipoacusia per tutte le frequenze del range tonale ed un rapporto inversamente proporzionale fra la concentrazione di proteina B-amiloide ed il grado di ipoacusia per le sole frequenze comprese tra 6000 e 8000 Hz. Non è stata osservata nessuna relazione statisticamente significativa fra i livelli di p-Tau e danno uditivo. Infine, i grafici derivati hanno permesso di osservare una correlazione fra la diminuzione di concentrazione della proteina B-amiloide e l’aumento delle soglie di detezione ed intellezione dei pazienti. Conclusioni: L’analisi dei livelli di concentrazione dei principali biomarker liquorali tipici della malattia di Alzheimer potrebbe aprire nuove prospettive legate alla prevenzione del danno uditivo e alla comprensione dei meccanismi patogenetici che legano ipoacusia e decadimento della funzione cognitiva.

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2. IPOACUSIA NEUROSENSORIALE IMPROVVISA BAROTRAUMATICA (INIB) E OSSIGENO TERAPIA IPERBARICA (OTI).

Di Donato Ferruccio Centro Iperbarico Bologna Cavazzuti Pierpaolo - Unità operativa ORL Ospedale Maggiore Bologna Razionale: L’ipoacusia neurosensoriale improvvisa idiopatica ha indicazione al trattamento con OTI, mentre, per le forme ad eziologia barotraumatica, l’indicazione è ancora oggetto di discussione per il timore che l’ambiente iperbarico possa aggravare la condizione dell’orecchio colpito, riproducendo, di fatto, la situazione ambientale che ha provocato il danno. Materiali e metodi: Nel periodo compreso fra l’anno 2000 e il 2016 abbiamo sottoposto ad OTI 29 pazienti (7 femmine e 22 maschi di età media di 44,5anni) affetti da INIb con il medesimo protocollo di trattamento delle forme idiopatiche (90 minuti di permanenza in camera iperbarica a 2,5 ATA, in respirazione di O2 100% per 3 cicli da 25 minuti ciascuno) monitorizzando la patologia mediante esame audiometrico e attuando attenta sorveglianza dei pazienti per l’eventuale insorgenza di eventi iatrogeni conseguenti all’esposizione all’iperbarismo. Risultati: Nessun paziente ha presentato, durante o dopo la terapia, eventi iatrogeni, ne sintomatologia riferibile alla presenza di fistola perilinfatica. La valutazione della soglia uditiva mediante esame audiometrico, espressa in termini di PTA, ha mostrato un recupero statisticamente significativo. I trattamenti effettuati con maggior ritardo hanno mostrato un minor recupero. Conclusioni: La nostra preliminare esperienza, mostra che INIb trae beneficio dal medesimo protocollo OTI utilizzato per le forme idiopatiche, senza insorgenza di eventi avversi iatrogeni connessi all’esposizione all’iperbarismo, facendo supporre che la causa del deficit uditivo non sia imputabile alla presenza di fistola perilinfatica. Riteniamo che possa essere interessante effettuare ulteriori e più ampi studi su questo argomento.

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3. MANIFESTAZIONI COCLEARI NEI PAZIENTI AFFETTI DA SCLEROSI MULTIPLA IN FASE INIZIALE

Di Mauro Roberta Università di Roma "Tor Vergata" Albanese Maria Mercuri Biagio Di Girolamo Stefano Razionale: Diversi studi in letteratura suggeriscono che la presenza di placche di demielinizzazione, specialmente a carico del tronco encefalico, possa alterare la funzione uditiva efferente attraverso un’alterazione del fascio olivo-cocleare mediale. Ad oggi, resta ancora da chiarire nel dettaglio se il danno uditivo nella sclerosi multipla sia non solo di origine retro-cocleare ma vi sia anche un coinvolgimento periferico della coclea. Lo scopo del presente studio è stato quello di valutare la via uditiva in pazienti affetti da sclerosi multipla ad andamento recidivante-remittente (RRSM), di nuova diagnosi, attraverso un’analisi dei potenziali evocati uditivi e delle otoemissioni acustiche. Materiali e metodi: Abbiamo analizzato una popolazione di 40 pazienti affetti da RRSM, senza lesioni demielinizzanti a carico del tronco encefalico, di nuova diagnosi e non trattati, asintomatici per disturbi uditivi ed un gruppo di controllo formato da 40 volontari sani. Tutti i pazienti ed i controlli si sono sottoposti alla raccolta della storia clinica, all’esame obiettivo neurologico, ai potenziali evocati uditivi e ai test audiologici comprendenti esame audiometrico tonale, impedenzometria per escludere patologie dell’orecchio medio, otoemissioni acustiche evocate da transienti (TEOAE) e prodotti di distorsione (DPOAE). Risultati: La soglia tonale all’esame audiometrico non è risultata differente tra i gruppi. L’analisi dei potenziali evocati uditivi non ha mostrato differenze significative tra i soggetti sani e i pazienti affetti da SM né abbiamo osservato alterazioni nella morfologia di nessuna delle 5 componenti-onde. Nei pazienti con RRSM rispetto ai controlli, c’è una riduzione delle TEOAEs con differenze significative nelle frequenze più basse (1, 1.5 e 2 kHz) bilateralmente. Anche le DPOAEs sono ridotte nei pazienti affetti da RRSM, con differenze significative nelle frequenze medio-basse (1, 1.5, 2 e 3 kHz) bilateralmente. Non sono state riscontrate differenze significative nel confronto tra i due lati (destra versus sinistra) per le otoemissioni acustiche. Conclusioni: Una significativa alterazione bilaterale delle otoemissioni acustiche nei pazienti con RRSM suggerisce la presenza di una disfunzione cocleare nelle fasi iniziali della patologia e ci fa ipotizzare come la SM possa essere considerata, in una fase preliminare, una malattia periferica e sistemica poiché bilaterale a differenza dei deficit centrali tipicamente unilaterali. Il coinvolgimento selettivo delle frequenze medio-basse con risparmio delle alte frequenze alle otoemissioni nei pazienti affetti, potrebbe rappresentare non soltanto un “marker di coinvolgimento cocleare subclinico” in fase iniziale ma anche uno strumento promettente di monitoraggio dell’evoluzione di malattia.

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4. PRESBIACUSIA E DECLINO COGNITIVO LIEVE

Corazzi Virginia Clinica ORL-Audiologia, Università degli Studi di Ferrara, Ferrara Guerzoni Alice - Clinica ORL-Audiologia, Università degli Studi di Ferrara, Ferrara Moretto Silvia - Clinica ORL-Audiologia, Università degli Studi di Ferrara, Ferrara Negossi Laura - Clinica ORL-Audiologia, Università degli Studi di Ferrara, Ferrara Rosignoli Monica - Clinica ORL-Audiologia, Università degli Studi di Ferrara, Ferrara Guerra Gianluca - U.O. Geriatria, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant\'Anna, Ferrara Pala Marco - U.O. Medicina Interna Ospedaliera, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant\'Anna, Ferrara Ciorba Andrea - Clinica ORL-Audiologia, Università degli Studi di Ferrara, Ferrara Aimoni Claudia - Clinica ORL-Audiologia, Università degli Studi di Ferrara, Ferrara Razionale: Il Disturbo Neurocognitivo Minore o Mild Cognitive Impairment (MCI), inteso come fase prodromica della demenza di Alzheimer, e la sua diagnosi precoce rappresentano uno dei più attuali dibattiti della Psicogeriatria. Scopo del presente studio è valutare se le conseguenze del deterioramento uditivo età-relato siano più rilevanti negli anziani affetti da MCI rispetto agli anziani cognitivamente integri e se l’audiometria vocale in competizione possa rappresentare uno strumento utile nella individuazione precoce del MCI. Materiali e metodi: I 62 pazienti arruolati (30 anziani con diagnosi di MCI, 16 anziani cognitivamente integri matchati per età e per ipoacusia, 16 giovani normoacusici) sono stati sottoposti ad un’audiometria vocale in competizione (espressa in Signal to Noise Ratio, S/N) per valutare l'effetto di due mascheramenti di tipo energetico (rumore stazionario e fluttuante) e uno di tipo informativo (discorso continuo). Per ogni soggetto è stata calcolata la soglia di percezione (Speech Recognition Threshold, SRT). L’analisi statistica è stata effettuata tramite t-test, analisi della varianza, regressione lineare, mediante il pacchetto statistico SPSS (SPSS Inc. Chicago, IL). Risultati: La performance dei pazienti affetti da MCI è peggiore rispetto agli anziani cognitivamente integri e, in particolare, in modo significativo con il mascheramento informativo (t-test: p<0.001). L’analisi della varianza ha confermato un effetto significativo sulla variazione di S/N per la SRT per i fattori “gruppi” (F=134, p<0.0001) e “mascheramenti” (F=59.3, p<0.0001). Inoltre, è stato riscontrato che l’età esercita un effetto progressivamente peggiorativo sulla SRT nei pazienti con MCI indipendentemente dal mascheramento utilizzato (R2=0.45 con rumore stazionario, R2=0.48 con rumore fluttuante, R2=0.44 con discorso continuo; p<0.01), mentre negli anziani controllo solo in presenza di mascheramento informativo (R2=0.52, p<0.01). Conclusioni: Rispetto agli anziani cognitivamente integri, i pazienti con MCI presentano una discriminazione verbale significativamente peggiore in presenza di un mascheramento informativo, ad indicare un declino delle funzioni associate all’attenzione selettiva. Questo riscontro suggerisce che una valutazione audiometrica in competizione potrebbe rappresentare un valido strumento di facile accessibilità per la diagnosi precoce della fase iniziale del disturbo cognitivo senile; ciò permetterebbe di attuare provvedimenti terapeutico-riabilitativi precoci, al fine di ritardare la progressione verso il quadro manifesto della malattia di Alzheimer.

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5. UNA PROTEINA DELL’ORECCHIO INTERNO ANCHE IN SANGUE, URINA E SALIVA: POSSIBILE?

Avallone Emilio Medizinische Hochschule Hannover Lilli Giorgio Schmitt Heike Siani Michele Lenarz Thomas Razionale: E’ a tutti noto come l’orecchio interno possa essere raggiungibile da molecole estranee ad esso, si pensi ai farmaci chemioterapici derivati del platino o agli amminoglicosidi. E’ possibile che si verifichi il contrario, ovvero trovare una molecola espressa unicamente nell’orecchio interno nei fluidi corporei? Il nostro studio si è focalizzato sulla proteina Otolin-1, la quale è espressa dalle cellule di supporto delle macule, delle creste ampollari e della coclea e non è stata rinvenuta in altri tessuti umani. Materiali e metodi: Lo studio è stato condotto su 5 pazienti, i quali sono stati sottoposti di primo mattino a prelievo ematico, delle urine e della saliva dopo aver osservato 12 ore di digiuno. Le provette sono state conservate in celle frigorifere a -26°C per massimo 3 settimane. L’analisi dei campioni è stata effettuata mediante l’utilizzo di un Kit-ELISA per Otolin-1. Risultati: Lo studio dei risultati del test ci ha consentito di verificare la presenza della proteina in tutti e tre tipi di campione nei pazienti reclutati. Conclusioni: Da precedenti studi è noto come la proteina Otolin-1 sia espressa unicamente nell’orecchio interno e che può essere ritrovata anche nel siero. La scoperta di questa proteina anche nelle urine e nella saliva consente di studiarne i livelli in maniera non invasiva e con una maggiore compliance del paziente. Otolin-1 si presta bene ad essere utilizzata come possibile biomarker di patologie dell’orecchio interno; in particolar modo questo studio rappresenta il primo passo di un lavoro più articolato riguardante l’analisi di questa proteina nei pazienti affetti da Malattia di Ménière.

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6. RUOLO DELLA TITOLAZIONE SERICA DI IGA-HSV1 NELL’APPROCCIO DIAGNOSTICO DELL’IPOACUSIA IMPROVVISA

Maiolino Luigi Clinica Otorinolaringoiatrica - Università degli Studi di Catania Cocuzza Salvatore - Clinica Otorinolaringoiatrica - Università degli Studi di Catania Di Luca Milena - Clinica Otorinolaringoiatrica - Università degli Studi di Catania Gulino Alessandro - Clinica Otorinolaringoiatrica - Università degli Studi di Catania Serra Agostino - Clinica Otorinolaringoiatrica - Università degli Studi di Catania Razionale: La genesi dell’ipoacusia improvvisa non presenta, alla luce delle attuali conoscenze, codificazioni eziologiche ben definite. Numerose ipotesi sono state avanzate circa il determinismo causale di tale patologia, anche se non sempre sono ben evidenziabili precisi rapporti di causa – effetto tra i determinanti ipotizzabili e la brusca manifestazione del deficit uditivo. E’in tale ambito che tale studio si propone la valutazione del ruolo del virus herpes simplex tipo 1 nel determinismo eziologico dell’ipoacusia improvvisa. Materiali e metodi: Lo studio è stato effettuato su 93 pazienti, di età compresa tra gli 8 ed i 67 anni, che presentavano segni e sintomi riconducibili ad ipoacusia improvvisa. 83 soggetti normoacusici, costituivano invece il gruppo di controllo. La valutazione clinica prevedeva la effettuazione di: - audiometria tonale liminare - esame impedenzometrico - esame dei potenziali evocati uditivi del tronco encefalico - otocalorimetria vestibolare - valutazione elettronistagmografica. La valutazione serologica era basata sulla valutazione anticorpale del Citomegalovirus, del virus Herpes Zoster e del virus Herpes simplex ed inoltre prevedeva la titolazione specifica del tasso di IgA, mediante immunofluorescenza indiretta, contro il virus Herpes simplex di tipo 1. Risultati: In tutti i 93 soggetti affetti da ipoacusia improvvisa la valutazione otofunzionale ha riscontrato la presenza di ipoacusia neurosensoriale monolaterale, ad insorgenza brusca, di grado variabile. La valutazione impedenzometrica non rilevava alterazioni della dinamica timpano-ossiculare, mentre la reflessometria stapediale presentava alterazioni quali-quantitative varie in rapporto all’entità della perdita uditiva. L’esame ABR presentava alterazioni parametriche correlabili al tipo ed al grado delle rispettive perdite uditive. La titolazione delle IgA HSV1 evidenziava valori particolarmente elevati nel 74,6% dei soggetti esaminati, differentemente di ciò che si riscontrava nei pazienti del gruppo di controllo. Conclusioni: I risultati ottenuti, mediante analisi correlativa dei dati clinici e di quelli serologici, hanno dimostrato che la titolazione di specifiche IgA seriche dirette nei confronti del virus Herpes simplex di tipo 1 può costituire un metodo particolarmente utile per determinare il ruolo eziologico che tali agenti virali possono svolgere nel determinismo dell’ipoacusia improvvisa. Il metodo di determinazione utilizzato non presenta particolari caratteri di invasività o di complessità esecutiva, motivo per cui può essere introdotto nella metodologia diagnostica dell’ipoacusia improvvisa, ai fini non solo di una definizione diagnostica, ma anche di un mirato approccio terapeutico.

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7. UTILIZZO DEL FATTORE ANTISECRETORIO (FA) NELLA MALATTIA DI MENIERE (MdM): NOSTRA ESPERIENZA CON FOLLOW UP DI 12 MESI

Viola Pasquale U.O. di Audiologia e Foniatria, Centro di riferimento Impianti Cocleari e patologie ORL reg. Calabria, Università Magna Graecia di Catanzaro Cavaliere Michele - U.O. di Otorinolaringoiatria Università di Napoli Federico II Petrolo Claudio - U.O. di Audiologia e Foniatria, Centro di riferimento Impianti Cocleari e patologie ORL reg. Calabria, Università Magna Graecia di Catanzaro Iengo Maurizio - U.O. di Otorinolaringoiatria Università di Napoli Federico II Chiarella Giuseppe - U.O. di Audiologia e Foniatria, Centro di riferimento Impianti Cocleari e patologie ORL reg. Calabria, Università Magna Graecia di Catanzaro Razionale: La recente proposta del FA nella terapia della MdM è basata sulla capacità di modulazione del trasporto di acqua e ioni nello spazio endolinfatico con una possibile azione sinergica con le acquaporine. Scopo del nostro studio è stato di valutare i risultati dell'impiego del FA in un protocollo predefinito nel trattamento della MdM con un periodo osservazionale di 12 mesi. Materiali e metodi: 26 pazienti adulti, affetti da MdM definita, sono stati divisi in due gruppi trattati con protocolli predefiniti: Gruppo A (13 pazienti): FA a mesi alterni e Gruppo B (13 pazienti): glicerolo e corticosteroide in bolo insieme a inibitore di pompa protonica, somministrati con cadenza trimestrale. I pazienti sono stati studiati valutando l'andamento dei tre sintomi principali della MdM con test audiovestibolari strumentali e mediante questionari specifici. Risultati: Il parametro che ha mostrato variazioni significative è il numero di episodi vertiginosi, la cui riduzione è risultata significativa nel gruppo A, da 3,5 ± 1,9 a 0,5 ± 0,7 per mese (p=0,0001). Nel gruppo B non si è avuta diminuzione significativa del numero di crisi. Conclusioni: L’apporto di FA ha ridotto significativamente il numero e l'intensità delle crisi vertiginose nei pazienti con MdM definita, a fronte di nessun effetto collaterale, nel periodo di trattamento. L'impiego del FA nei pazienti menierici sembra dunque ampliare la durata della fase intercritica con un netto miglioramento della qualità della vita. Il presente studio prevede un ulteriore prolungamento del follow up.

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8. UTILIZZO DELL’HEAD PITCH TEST NELLA VPPB DEI CANALI SEMICIRCOLARI VERTICALI

Neri Giampiero Università "G. d'Annunzio" di Chieti-Pescara. Dipartimento di Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche. Quaternato Giampaolo - Università \"G. d\'Annunzio\" di Chieti-Pescara. Dipartimento di Scienze mediche, orali e biotecnologiche. Clinica ORL. Vestrini Elisa - Università \"G. d\'Annunzio\" di Chieti-Pescara. Dipartimento di Scienze mediche, orali e biotecnologiche. Clinica ORL. La Torre Pasquina - Università \"G. d\'Annunzio\" di Chieti-Pescara. Dipartimento di Scienze mediche, orali e biotecnologiche. Clinica ORL. D'Orazio Flavia Razionale: Lo studio bedside del nistagmo da vertigine parossistica posizionale (VPP) per il canale orizzontale (CSO utilizza due test fondamentali: la manovra di Pagnini-McClure e dell’Head pitch test (HPT), quest’ultimo utile nei pazienti in cui è difficile determinare con precisione il lato affetto. Nella valutazione dei canali verticali il Nistagmo rotatorio, viene invece osservato solo mediante manovra di Dix-Hallpike, difficile da effettuare in alcuni pazienti. L’obiettivo di questo studio prospettico è quello di valutare se l’HPT in posizione seduta, possa evocare il Ny rotatorio tipico della VPP dei canali verticali in modo da semplificare la diagnosi. Materiali e metodi: Presso il nostro Servizio di Audiovestibologia abbiamo studiato 64 pazienti consecutivi 55 affetti da VPP del CSP e 9 affetti da VPP del CSA Tutti i soggetti sono stati sottoposti ad esame vestibolare con ricerca di Ny spontaneo, HPT, Head Shaking Test, manovre diagnostiche di Dix- Hallpike, Pagnini-McClure e Rose. Durante l’HPT abbiamo valutato l’eventuale presenza di un Ny evocato con la testa iperestesa (Lean) e, successivamente, flessa (Bow). Risultati: Dei 64 pazienti affetti da VPP dei canali verticali, l’HPT era positivo in 38 casi (59.3%), 34 con VPPB del CSP (60%) e 4 del CSA (44,4%). Dai nostri dati il test risulta più sensibile se eseguito precocemente. In fase precoce infatti il Ny più frequente (36.8%) è di tipo rotatorio con componente verticale (up o down beating), nella sua variante oraria o antioraria coincidente con il lato patologico in posizione Lean e con il lato sano in Bow. Nel periodo successivo, all’HPT il Ny si modifica diventando rotatorio e/o verticale solo in una delle due posizioni studiate (31.5% solo in Bow, 23.6% solo in Lean). Nel 7,8% dei casi infine (3 pazienti) il Ny appare non congruente con la vertigine parossistica definita successivamente dalle manovre di Dix Hallpike. Conclusioni: Il nostro studio dimostra che l’HPT, oltre ad essere già ampiamente utilizzato nella diagnosi di litiasi del CSL, risulta utile anche nei pazienti affetti da VPP dei canali verticali. Nei casi in cui la manovra diagnostica di Dix-Hallpike risulti di difficile esecuzione come nei soggetti scarsamente mobili, obesi, ansiosi o che non possano essere sottoposti alla normale procedura delle manovre diagnostiche, l’HPT si propone come valida alternativa. Dai nostri dati preliminari, le caratteristiche del Ny in Bow e Lean si modificano in base ad alcune possibili variabili come il volume dell’ammasso otoconico, la variante multicanalare ed il timing della esecuzione delle manovre che, allungandosi, rende meno sintomatica la patologia, probabilmente in relazione all’instaurarsi del compenso. La rapidità di esecuzione dell’HPT e la sua affidabilità potrebbero consentire, una volta validata la procedura, di ridurre i tempi della bedside examination.

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9. DISABILITA’ ED HEALTH LITERACY NEL PAZIENTE CON VERTIGINE PERIFERICA

Ciavarro Giovanni Dipartimento di Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche, Università degli Studi Chieti-Pescara, UOS di Audiovestibologia P.O.SS Annunziata Chieti Pacella Alessandro - Dipartimento di Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche- Università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara Filograna Pignatelli Giulio - Dipartimento di Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche- Università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara Neri Giampiero - Dipartimento di Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche- Università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara Razionale: La Health Literacy (HL) è la capacità di un individuo di comprendere ed utilizzare informazioni e servizi sanitari di base necessari a compiere scelte di salute appropriate. Diversi studi hanno valutato l'impatto della HL, soprattutto sui pazienti affetti da patologie croniche. La letteratura medica è concorde nel considerare bassi livelli di HL come una delle cause di maggiore incidenza di patologie croniche, peggiore gestione delle stesse, dunque bassi outcome di salute e maggiori costi per il sistema sanitario. Il nostro studio ha come scopo la valutazione della HL nei pazienti con disturbi del labirinto ed il rapporto tra livelli di HL ed outcome terapeutici nelle vestibolopatie croniche. Materiali e metodi: Abbiamo valutato 73 pazienti con patologia vertiginosa (41 VPPB; 13 Vertigini soggettive; 12 Neuriti Vestibolari; 4 Sindromi di Ménière; 2 Vertigini Vascolari; 1 Sindrome di Minor), a cui sono stati somministrati, previa anamnesi remota e prossima, HLS-EU 16 Items, Dizziness Handicap Inventory, e scala VAS in rifermento all'intensità della sintomatologia vertiginosa. Le analisi statistiche di varianza sono state prodotte con modelli ANOVA. Risultati: Lo studio conferma che circa 1 paziente su 2 (53,5%) ha insufficienti livelli di HL, ribadendo inoltre una correlazione forte con l'età (p< .01), scolarità (p< .001) e situazione reddituale (p< .05). Si dimostra una mancata correlazione fra HL e genere sessuale. La correlazione fra HL e la comorbidità è variabile a seconda dell’età del paziente, con una trend direttamente proporzionale per gli adulti, viceversa negli anziani (p< .05). Lo stesso trend è osservabile prendendo in esame HL e la disabilità derivante dalla sintomatologia vertiginosa, con una significativa differenza fra adulti ed anziani per le disabilità severe (p< .05). Significativa è anche la correlazione fra bassi livelli di HL e mancata presentazione della documentazione clinica e strumentale (p <.01). La scala VAS è fortemente correlata ai livelli derivanti dal DHI (p< .01). Conclusioni: CONCLUSIONI: Nei pazienti con labirintopatia l'età, la scolarità, la situazione reddituale sono correlate ai livelli di HL. La comorbidità e la disabilità si correlano in maniera differente a seconda dell'età del soggetto, dimostrando una maggiore plasticità e capacità dell’adulto, rispetto all’anziano, di rispondere a quadri patologici più complessi e disabilitanti con livelli elevati di HL. La scala VAS può essere considerata un valido surrogato del DHI. La mancata presentazione della documentazione clinica e strumentale è un segno di bassa HL. Questo insieme di variabili, quando presenti, sono una indicazione per il medico ad implementare la propria capacità comunicativa allo scopo di rendere il paziente più aderente alla terapia suggerita, migliorandone l’outcome.

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10. LA TERAPIA DELLA MALATTIA DI MENIERE NEGLI ULTIMI VENTI ANNI. L’ESPERIENZA DELL’OSPEDALE MAGGIORE DI BOLOGNA

Cavazzuti Pier Paolo UOC ORL Ospedale Maggiore - AUSL Bologna Vitagliano Gianna Dall'Olio Danilo Razionale: Negli ultimi venti anni la terapia della malattia di Menière si è arricchita di numerose metodiche, derivate dalla sempre maggiore comprensione dei meccanismi che sono all’origine delle manifestazioni di questa malattia e dalla disponibilità di nuovi ritrovati tecnologici e farmacologici. Presso il nostro centro sono state curate alcune centinaia di pazienti con diversi approcci terapeutici, con finalità a volte opposte (dall’ablazione della funzione vestibolare al tentativo di recupero dell’orecchio malato) per migliorare la sintomatologia e intervenire positivamente sulla qualità della vita dei pazienti Si è dato anche spazio ad un supporto riabilitativo per i pazienti con difficoltà cronica di equilibrio. Infine è stata promossa la collaborazione con l’AMMI, Associazione Malati di Menière Insieme, che proprio presso il nostro ospedale è stata fondata e ha mosso i primi passi. Materiali e metodi: La ricerca è stata svolta sull’ampia casistica dell’Ospedale Maggiore di Bologna, esaminando quali approcci terapeutici sono stati proposti e quale evoluzione si è verificata nel trattamento negli ultimi venti anni. Sono stati presi in esame i gruppi di pazienti trattati con diversi metodi (neurotomia del vestibolare, terapia trans timpanica con gentamicina o desametasone, Meniett, angioplastica per CCSVI, eccetera). Risultati: Vengono illustrate le modalità terapeutiche adottate di volta in volta nei diversi gruppi di pazienti e le loro finalità, sottolineandone scopi, vantaggi e limiti. Conclusioni: Anche se le proposte terapeutiche si sono moltiplicate in questi ultimi anni, ancora non è possibile affermare che la malattia di Menière abbia trovato un trattamento sempre efficace sia per la prevenzione delle crisi idropiche sia per il controllo della sintomatologia.

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11. VALUTAZIONE DELLA CORRELAZIONE TRA DIZZINESS E MANOVRE DI RIPOSIZIONAMENTO CANALARE NELLA VERTIGINE PAROSSISTICA POSIZIONALE DEL CANALE SEMICIRCOLARE POSTERIORE

Grilli Gianluigi U.O. ORL Ospedali Riuniti di Foggia Mario Raffaeli Antonio Minerva Sara Letizia Michele Cassano Razionale: La vertigine parossistica posizionale benigna (VPPB) costituisce in assoluto la causa più comune di vertigine, la cui forma più frequente di manifestazione è rappresentata dalla canalolitiasi del canale semicircolare posteriore. La terapia fondamentale di queste forme di patologia vestibolare si basa sulle manovre di riposizionamento canalare. In particolare, l'effetto delle due principali manovre impiegate nella pratica clinica, di Epley e di Semont, è stato ampiamente studiato in letteratura con dettagliati studi prospettici che ne hanno attestato la funzione, la sicurezza e la sostanziale sovrapponibilità in termini di efficacia. L’esecuzione di queste manovre è frequentemente associata alla successiva comparsa di dizziness, sintomo causa di disagio, ridotta capacità motoria ed una sofferenza psicologica che, nell’insieme, determinano sovente limitazioni funzionali nella cura personale e nello svolgimento di diverse azioni ed attività quotidiane. Obiettivo di questo lavoro è valutare la correlazione tra comparsa di dizziness e tipologia di manovra liberatoria utilizzata, valutandone le caratteristiche sia da un punto di vista obiettivo strumentale che soggettivo del paziente. Materiali e metodi: In questo studio prospettico randomizzato una popolazione di 101 pazienti affetti da VPPB è stata suddivisa in due gruppi di studio, il primo (51) trattato con manovra di Epley, il secondo (50) con manovra di Semont. A termine dell’esecuzione del trattamento ciascun paziente è stato sottoposto ad esame stabilometrico statico e dinamico e, successivamente, ha risposto alle domande contenute nel Dizziness Handicap Inventory (DHI). Il procedimento descritto è stato ripetuto a distanza di 48-72h dalla prima esecuzione in tutti i pazienti. Le forme non andate incontro a risoluzione entro le prime due manovre di riposizionamento sono state escluse dallo studio. Risultati: Non sono risultate differenze statisticamente significative tra i due gruppi oggetto di studio per quanto riguarda l’efficacia della manovra di riposizionamento impiegata, i risultati stabilometrici sia statici che dinamici e i punteggi medi ottenuti al DHI, sia complessivi che specifici (fisici, funzionali ed emotivi). Conclusioni: I risultati ottenuti suggeriscono che la comparsa di dizziness e l’intensità del sintomo successivamente al trattamento con manovre di riposizionamento canalare nei pazienti affetti da VPPB del canale semicircolare posteriore, al pari delle probabilità di risoluzione, non dipendono dal tipo di manovra utilizzato.

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12. L’UTILIZZO DELL’INFRAROSSO NEL TRATTAMENTO DELLA SINDROME DI MENIERE: RISULTATI PRELIMINARI.

E. Pagliarulo U .O. di Otorinolaringoiatria - Cliniica S.Francesco - Galatina (Lecce) La terapia della sindrome di Ménière resta uno dei problemi principali dell’ Otoneurologo. Soprattutto la prevenzione delle crisi di vertigine, estremamente sgradevoli e invalidanti per il paziente menierico, è una delle questioni insolute della pratica clinica, anche in considerazione del fatto che la frequenza e la intensità delle crisi sono estremamente variabili ed imprevedibili. Fino ad oggi non ci sono rimedi significativamente validi né dal punto di vista farmacologico né da quello chirurgico, esclusione fatta per la neurectomia vestibolare, che resta un intervento molto invasivo e certamente non favorevolmente accolto dai paziente. Alla luce di queste considerazioni, ci siamo chiesto se si possano ipotizzare terapie alternative che possano fornire risultati migliori e che possibilmente non siano invasive. Partendo dal presupposto che la ipertensione endolinfatica è correlata con un alterato equilibrio di interscambi con il circolo ematico (eccesso di filtrazione o difetto di riassorbimento) abbiamo ipotizzato che la patogenesi dell’idrope possa essere in relazione con un non perfetto meccanismo vascolare ematico. Abbiamo quindi provato a migliorare il microcircolo ematico utilizzando raggi infrarossi applicati lungo la colonna vetebrale. Lo studio è stato eseguito su 42 pazienti affetti da sindrome di Ménière, con crisi vertiginose di frequenza variabile da una ogni 2-3 settimane a 2-3 crisi alla settimana. Tutti i pazienti selezionati per questo studio presentavano la tipica triade sintomatologica (ipoacusia, acufeni e vertigini rotatorie obiettive).Il trattamento consiste nella esposizione della colonna vertebrale ad una sorgente di raggi infrarossi. Il tempo di esposizione variava tra 30 e 45 minuti, una volta per settimana, per una durata totale di 12-15 settimane. RISULTATI: In ogni caso trattato si otteneva in una prima fase una significativa riduzione della frequenza e della intensità delle crisi, e successivamente persisteva una più o meno modesta sensazione di instabilità posturale, che gradualmente e progressivamente andava poi a ridursi pressocchè del tutto. Alla fine del periodo di trattamento (che veniva poi ripetuto dopo un determinato numero di mesi) la scomparsa del sintomo vertiginoso si otteneva in oltre il 90% dei pazienti. Un particolare ringraziamento va alla Dr.ssa Annalisa Medico, mia preziosa Collaboratrice, per il suo determinante apporto alla realizzazione di questo studio.

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13. INQUADRAMENTO CLINICO E VALUTAZIONE FUNZIONALE DI BAMBINI AFFETTI DA IPOACUSIA NEUROSENSORIALE SOTTOPOSTI A IMPIANTO COCLERE

Guidi Mariapaola Azienda Universitaria-Ospedaliera di Ferrara U.O ORL-Audiologia Cerritelli Luca - Azienda Universitaria-Ospedaliera di Ferrara U.O ORL-Audiologia Mazza Nicola - Azienda Universitaria-Ospedaliera di Ferrara U.O ORL-Audiologia Mazzoli Manuela - Azienda Universitaria-Ospedaliera di Ferrara U.O ORL-Audiologia Negossi Laura - Azienda Universitaria-Ospedaliera di Ferrara U.O ORL-Audiologia Minazzi Federica - Azienda Universitaria-Ospedaliera di Ferrara U.O ORL-Audiologia Tazzari Rita - Azienda Universitaria-Ospedaliera di Ferrara U.O ORL-Audiologia Rosignoli Monica - Azienda Universitaria-Ospedaliera di Ferrara U.O ORL-Audiologia Aimoni Claudia - Azienda Universitaria-Ospedaliera di Ferrara U.O ORL-Audiologia Razionale: Lo studio riguarda una serie di 53 pazienti pediatrici affetti da ipoacusia neurosensoriale severa-profonda sottoposti ad impianto cocleare (IC) nel periodo compreso tra Gennaio 2011 e Dicembre 2015. I pazienti sono stati suddivisi in 3 gruppi in relazione al trattamento ricevuto: impianto cocleare bilaterale simultaneo, bilaterale sequenziale e monolaterale. Lo studio ha consentito una precisazione dell’eziologia dell’ipoacusia, la valutazione dell’ outcome funzionale uditivo– logopedico, una comparazione dei risultati ottenuti nei tre gruppi di pazienti. Materiali e metodi: Sono stati analizzati 53 pazienti pediatrici (34 femmine e 19 maschi) di età <18 anni affetti da ipoacusia neurosensoriale di grado severo/profondo, sottoposti a impianto cocleare nel periodo 2011-2015: vengono descritti i criteri audiologici di selezione dei pazienti, l’iter diagnostico neuro-radiologico pre-IC, i dati relativi alla valutazione logopedica pre e post-IC. Risultati: L’età media al momento dell’impianto cocleare è risultata di 20 mesi nei pazienti con IC bilaterale simultaneo, 42 mesi nei pazienti con IC bilaterale sequenziale e 94 mesi nei pazienti con IC monolaterale. Per quanto riguarda l’eziologia, prevalgono le ipoacusie genetiche non sindromiche (32%) rispetto alle forme sindromiche (9%), infettive (11%), perinatali (6%), tossiche (4%) e malformative (2%). Tra le ipoacusie su base genetica, prevalgono quelle dovute a mutazioni a trasmissione autosomica recessiva (mutazione gene GJB2). Tra le cause infettive la più frequente è risultata l’infezione da Citomegalovirus . L’analisi delle soglie audiometriche tonali mostra una PTA pre-impianto a 115 dB SPL post IC a 34 dB. Le prove di intellegibilità, le matrici di confusione e le categorie percettive post-impianto non mostrano differenze statisticamente significative nei tre gruppi di pazienti Conclusioni: Le cause di natura genetica di ipoacusia neurosensoriale severa/profonda sono molto frequenti: pertanto è fondamentale la valutazione dismorfologica nell’iter diagnostico. Dal punto di vista funzionale, nonostante l’elevata eterogeneità del campione considerato, l’impianto cocleare si dimostra essere una procedura efficace sia nel miglioramento della soglia uditiva sia in termini di progressione delle categorie percettive. E’ necessario comunque un follow-up sufficientemente lungo per permettere la stabilizzazione e il confronto dei risultati.

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14. OUTCOMES UDITIVI E BENEFICIO SULLA QUALITÀ DELLA VITA IN PAZIENTI ANZIANI PORTATORI DI IMPIANTO COCLEARE

Benincasa Paola U.O. ORL Ospedale B.Ramazzini di Carpi – Az. USL Modena Negri Maurizio - U.O. ORL Ospedale B.Ramazzini di Carpi – Az. USL Modena Guida Maurizio Cola Claudio - U.O.ORL Ospedale degli Infermi di Rimini Ghidini Angelo Razionale: L’impianto cocleare nei pazienti anziani, con ipoacusia neurosensoriale severo-profonda, determina un ripristino uditivo funzionale adeguato e un miglioramento della qualità della vita, anche in presenza di comorbidità Materiali e metodi: Abbiamo analizzato a un anno di follow up i risultati funzionali e i benefici sulla qualità della vita di 39 pazienti in età geriatrica (> di 65 anni) affetti da ipoacusia neurosensoriale bilaterale severa-profonda ad insorgenza postverbale, sottoposti ad intervento di impianto cocleare monolaterale presso l’Ospedale di Carpi nel periodo Gennaio 2000-Giugno 2014. L’impianto cocleare è stato posizionato nell’orecchio peggiore in 27 pazienti con ipoacusia severa-profonda, mantenendo la protesi acustica nell’orecchio contro-laterale (stimolazione bimodale); nei rimanenti 12 pazienti cofotici 4 hanno ricevuto l’impianto cocleare nel lato con coclea pervia, 5 nell’orecchio con minore durata di deprivazione sensoriale e 3 nell’orecchio con recente anacusia improvvisa. La valutazione audiologica ha compreso l’audiometria tonale e vocale, esame ABR, prove di percezione verbale. Tutti i pazienti hanno svolto il trattamento logopedico e hanno compilato un questionario di autovalutazione dei benefici soggettivi a un anno di utilizzo dell' IC Risultati: Il decorso post-operatorio è stato regolare in tutti i pazienti. Un solo caso presenta inserimento incompleto dell'array elettrodico per la parziale ossificazione cocleare post meningite. Tra i 27 pazienti con stimolazione bimodale 10 hanno abbandonato la protesi acustica per ulteriore aggravamento dell’ipoacusia. Tutti i pazienti hanno riportato un incremento nella qualità della vita e un soddisfacente livello di autonomia uditiva, con raggiungimento dell’open set in un range di tempo compreso tra 1m-12mesi di follow-up. I risultati sono stati confrontati con un gruppo di pazienti adulti con ipoacusia neurosensoriale severo-profonda ad insorgenza postverbale portatori di impianto cocleare monolaterale. Il 72% dei pazienti anziani raggiunge punteggi di percezione verbale a livello di open set in un tempo medio di 4,5 mesi Conclusioni: I fattori condizionanti gli outcomes sono la durata della deprivazione uditiva e la possibilità di impiego della stimolazione bimodale.

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15. MONITORAGGIO DEI PROGRESSI UDITIVI IN UN GRUPPO DI ADOLESCENTI PREVERBALI CON IMPIANTO COCLEARE VALUTAZIONI SULLE INDICAZIONI, PROGNOSI E PIANO RIABILITATIVO

Mazzoli Manuela Az Osp Ferrara Borin Michela - Az Osp Ferrara Guidi Mariapaola - Az Osp Ferrara Aimoni Claudia - Az Osp Ferrara Malagutti Nicola - Az Osp Ferrara Razionale: Il presente lavoro è uno studio retrospettivo effettuato su un gruppo di adolescenti con IC per determinarne l’efficacia non solo in termini quantitativi con test audiologici e di percezione verbale, ma anche qualitativi con questionari semi-strutturati, volti ad individuare la qualità di percezione sonora nei diversi ambiti di vita quotidiana e dei diversi ambienti, particolarmente l’ambito scolastico, la percezione della musica, l’utilizzo del telefono e l’ascolto della televisione . Materiali e metodi: E’ stata eseguita una analisi retrospettiva dei dati anamnestici, audiologici e linguistici di portatori di impianto cocleare che hanno ricevuto l’impianto nel periodo post-linguale, secondo i seguenti criteri di selezione: età di intervento compresa tra i 9 e i 19 anni, sordità pre-verbale, ipoacusia severa/profonda, utilizzo di apparecchi acustici antecedente all’intervento di IC. La valutazione dell’utilizzo dell’impianto cocleare con test audiometrici è stata completata dalla somministrazione di due questionari non validati, a risposta multipla graduata: uno per l’adolescente e uno per i genitori. Risultati: I soggetti partecipanti sono stati impiantati ad un’età compresa tra 9 e 19 anni L’età alla diagnosi e la durata di deprivazione uditiva erano ampiamente variabili. Il periodo medio di utilizzo dell’impianto al momento dello studio, era di 4,9 anni per i maschi e di 5,6 anni per le femmine. La media della soglia audiometrica con IC ha mostrato un progressivo miglioramento nel tempo rispetto alla soglia con protesi acustica su tutte le frequenze da 250 a 4000Hz, con guadagno più evidente per le frequenze 2000 e 4000Hz. L’impianto cocleare migliorava anche le categorie percettive. Tale miglioramento continuava oltre il terzo anno di utilizzo. Sono stati individuati dei fattori prognostici negativi: ridotto tempo di utilizzo, copatologie cognitivo-psichiatriche, bilinguismo nell’ambiente familiare, e protesizzazione tardiva. Le risposte dei questionari somministrati agli adolescenti, hanno evidenziato un miglioramento con IC nelle diverse situazioni d’ascolto nella vita quotidiana, comprese quelle caratterizzate dalla presenza di rumori di fondo, come ad esempio in ambito scolastico o situazione di ascolto difficile, come la televisione o il cinema, confermate dai questionari compilati dai genitori. Conclusioni: Anche in questa categoria "difficile", l'impianto coclearie migliora le performance, sia quantitativamente che qualitativamente. il miglioramento è più lento rispetto ai bambini operati precocemente, ma prosegue per diversi anni e questo ha importanti implicazioni riabilitative.

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16. PROLUNGATA DEPRIVAZIONE UDITIVA E CAPACITA’ DI RECUPERO FUNZIONALE CON IMPIANTO COCLEARE: CASE REPORT DI UNA DEPRIVAZIONE SENSORIALE PER OLTRE MEZZO SECOLO.

Negri Maurizio Struttura complessa di Otorinolaringoiatria, Ospedale Ramazzini di Carpi (MO) Alberici Maria Paola - Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena Benincasa Paola - Struttura complessa di Otorinolaringoiatria, Ospedale Ramazzini di Carpi (MO) Guida Maurizio - Clinica Otorinolaringoiatria, Università degli Studi di Parma Ghidini Angelo - Struttura complessa di Otorinolaringoiatria, Ospedale Ramazzini di Carpi (MO)/ Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena Razionale: Nei pazienti adulti-anziani con sordità profonda o cofosi, ad insorgenza post-verbale, l'impianto cocleare è la scelta terapeutica di elezione per il ripristino della funzione uditiva. In letteratura vengono riportati alcuni fattori che condizionano i risultati, tra i quali la durata della deprivazione uditiva e l'esperienza con le protesi acustiche. Materiali e metodi: Presentiamo il caso di un uomo di 80 anni divenuto cofotico all'età di 20 anni a seguito di un trattamento sistemico prolungato con streptomicina per una tubercolosi polmonare. Il paziente non ha avuto esperienza con le protesi acustiche tradizionali e non ha mai potuto utilizzare le tecnologie multimediali (telefono, ascolto della televisione, ecc...). Si è presentato presso il servizio ORL dell'Ospedale di Carpi (MO) al fine di candidarsi ad impianto cocleare. Dopo un'adeguata valutazione clinica strumentale e un counseling approfondito sui possibili risultati, è stato sottoposto ad intervento di impianto cocleare nell'orecchio destro e ha svolto trattamento logopedico intensivo. Risultati: Il decorso postoperatorio è stato regolare. All'attivazione è stata scelta una strategia a basso rate di stimolazione per il lungo periodo di deprivazione sensoriale; successivamente all'adattamento del paziente si è passati ad una strategia a maggiore complessità. Il trattamento logopedico non si è differenziato sostanzialmente da quanto previsto per il paziente adulto postverbale, fatta eccezione per i tempi più lenti di recupero. Le nuove sensazioni uditive generate dall'impianto cocleare hanno consentito al paziente di raggiungere un buon livello di percezione verbale dopo circa 3 anni di follow-up. Conclusioni: Nel caso presentato nonostante la durata della deprivazione uditiva sono stati ottenuti risultati soddisfacenti a livello della funzione uditivo-verbale. Inoltre il paziente ha potuto utilizzare per la prima volta presidi tecnologici non esistenti all'epoca dell'insorgenza della sua sordità con un notevole incremento in termini di autonomia nella vita quotidiana.

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17. L’IMPIANTO COCLEARE NELLA DEPRIVAZIONE UDITIVA DA SORDITÀ POST-LINGUALE

Bruno Gabriele UNITO - Torino - Città della salute e della scienza Dalmasso Giulia - UNITO - Torino - Città della salute e della scienza Fantini Marco - UNITO - Torino - Città della salute e della scienza Monticone Valentina - UNITO - Torino - Città della salute e della scienza Canale Andrea - Torino - Città della salute e della scienza Albera Roberto - Torino - Città della salute e della scienza Razionale: valutare se i risultati dell’impianto cocleare in termini di riconoscimento di parole all’audiometria vocale siano negativamente influenzati da una storia di deprivazione uditiva nell’orecchio impiantato; ricercare altri fattori che, in condizione di deprivazione, possano modificare le prestazioni dell’impianto cocleare. Materiali e metodi: il campione oggetto dello studio è costituito da 16 pazienti adulti, tutti caratterizzati da una lunga storia di deprivazione uditiva nell’orecchio impiantato conseguente a sordità post linguale (tempo medio di deprivazione: 19 anni); sono stati valutati i risultati ottenuti dalle audiometrie vocali e sono stati comparati con i risultati di altri 16 pazienti non deprivati (gruppo di controllo). La deprivazione uditiva è definita come l’assenza prolungata di input uditivi nell’orecchio impiantato. È stata valutata l’influenza sulle prestazioni da parte di altre caratteristiche pre e post- operatorie dei pazienti deprivati, quali il tempo di deprivazione, la durata dell’utilizzo dell’impianto, l’età al momento dell’impianto, la presenza di residui uditivi nell’orecchio impiantato, la modalità di stimolazione protesica utilizzata prima dell’impianto e la capacità di labiolettura. Abbiamo raccolto altre informazioni quali la scolarizzazione, l’eziologia dell’ipoacusia, l’accesso chirurgico utilizzato per inserire l’array elettrodico. Risultati: l’analisi statistica è stata condotta sulla percentuale di parole comprese ad un’intensità di 60dB HL (intensità media della voce parlata, considerata la più indicativa della reale capacità di riconoscimento del paziente) nei due gruppi e in due tempi: a 3 mesi dall’intervento e a un tempo medio di 14 mesi dall’intervento. I risultati sono stati comparati ed analizzati statisticamente mediante il Test T di Student (test a due code, intervallo di confidenza 95%), che non ha evidenziato una differenza statisticamente significativa tra i casi ed i controlli (p>0,01). È emersa invece una significativa differenza, nel gruppo dei pazienti deprivati, tra i due momenti del follow up. La durata della deprivazione uditiva, l’età al momento dell’impianto e la buona capacità di labiolettura sono tutti fattori che correlano con le performance dei pazienti. Nei pazienti che utilizzano la protesi acustica convenzionale controlateralmente all’orecchio impiantato (stimolazione bimodale) si sono osservati risultati migliori rispetto a quando gli stessi indossano il solo impianto, sia in termini di riconoscimento vocale sia in termini di individuazione della sorgente sonora. Le altre informazioni raccolte non hanno mostrato essere influenti sui risultati. Conclusioni: quanto emerso dal nostro lavoro e dalla letteratura più recente ci permette di ridimensionare l’importanza fino ad oggi attribuita alla deprivazione uditiva; la prolungata assenza di stimolazione acustica non costituisce una controindicazione assoluta all’impianto, anche se è comunque preferibile posizionarlo il prima possibile dal momento dell’insorgenza di un quadro di ipoacusia profonda. Esistono dei fattori almeno in parte predittivi degli outcome, a cui il chirurgo deve prestare attenzione per operare le scelte più adatte al paziente. In caso di deprivazione uditiva monoaurale e preservazione dell’udito controlaterale tale da beneficiare della protesizzazione acustica, è indicato il posizionamento dell’impianto dal lato deprivato.

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18. RISULTATI DEI TEST VERBALI NEL RUMORE FISSO ED ADATTIVO NEI PAZIENTI ANZIANI CON IMPIANTO COCLEARE

Mancini Patrizia Dipartimento Organi di Senso - Università Sapienza – Roma Ballantyne Deborah - Dipartimento Organi di Senso - Università Sapienza - Roma Di Mario Alessia - Dipartimento Organi di Senso - Università Sapienza - Roma Dincer D'Alessandro Hilal - Dipartimento Organi di Senso - Università Sapienza - Roma De Vincentiis Marco - Dipartimento Organi di Senso - Università Sapienza - Roma Boyle Patrick - Department of Experimental Psychology, University of Cambridge, United Kingdom De Seta Elio - Dipartimento Organi di Senso - Università Sapienza - Roma Razionale: La capacità di comprendere il linguaggio nelle condizioni di quiete e in presenza di rumore ambientale è un aspetto fondamentale della comunicazione umana, ed è una informazione importante per personalizzare l’approccio protesico alla sordità. Vi è un interesse crescente della ricerca verso la qualità di vita dei soggetti anziani portatori di impianto cocleare (IC), in particolare considerando la percezione uditiva in ambiente rumoroso, più difficoltosa anche per l’effetto dell’invecchiamento sulla processazione centrale del suono. I test vocali utili a determinare la candidatura e misurare il beneficio dell’IC debbono infatti da un lato mimare condizioni di ascolto realistiche, dove sia il rumore sia il messaggio primario fluttuano, dall’altro tener conto delle caratteristiche cognitive e di percezione uditiva legate all’età. Questo studio analizza i risultati di due test differenti per modalità di presentazione del rumore e del segnale primario in un campione di anziani portatori di IC. Materiali e metodi: 21 soggetti con età media all’IC compresa tra 65-79 anni (uso medio dell’IC 5,7 anni) ed un gruppo di controllo di 15 adulti di età compresa tra 24-60 anni (uso medio dell’IC 2,5 anni) sono stati valutati con i seguenti test di riconoscimento del linguaggio: Prosser e Cutugno (2000)1, in quiete e ad un rapporto segnale/rumore (SNR) fisso +10 and +5 con segnale primario a 65 dB; Oldenburg test (OLSA)2-3 in modalità di somministrazione con rumore (N) fisso e segnale primario (S) modificato adattivamente per definire il valore di dB-SNR che coincide con il 50% degli elementi chiave correttamente identificati (dB-SNR). Il materiale verbale è costituito da 30 frasi con cinque elementi chiave, ottenuti in modo randomizzato da una matrice che genera frasi di senso compiuto a bassa predicibilità; lo STARR test4, adattato in lingua italiana a partire dalle frasi di uso comune di Prosser e Cutugno5, dove il valore in dB-SNR è ottenuto variando il livello del rumore per tre livelli di intensità di segnale primario (50, 65, e 80 dB) per un totale di 15 frasi. Tutti i soggetti sono stati valutati in cabina silente, con altoparlanti posti ad 1 metro dal paziente in modalità S0/N0. Le correlazioni lineari tra variabili e tra le medie di gruppi di valori indipendenti sono state valutate rispettivamente con il test di Pearson e di Wilcoxon utilizzando il software SPSS. Risultati: I pazienti adulti con impianto cocleare mostrano un deterioramento delle performance sia con rumore fisso che con rumore dinamico dove viene variata adattivamente l’intensità del solo segnale primario (Olsa) o di segnale e rumore (STARR). I risultati ottenuti con i test adattivi sono significamene correlati tra di loro e con il SNR +10 (p=0.001-0.021). Tuttavia, il 37 % di soggetti anziani non è stato in grado di portare a termine il test OLSA, caratterizzato da un numero maggiore di frasi con una bassa ridondanza, mostrando una correlazione significativa con l’età del soggetto (p=0.019). Al contrario, lo STARR test non ha mostrato una correlazione significativa con l’età del paziente. Conclusioni: Nell’elaborazione e nella scelta dei test di riconoscimento del linguaggio in età senile, fattori quali lunghezza del test e ridondanza dei contenuti sono elementi importanti per evitare test che portino ad affaticamento uditivo ed in ultima analisi ad una sottostima del beneficio percepito

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dal paziente con IC. Inoltre il test STARR si è mostrato particolarmente efficace nell’evidenziare il fastidio legato a livelli di dB-SNR elevati dove è facile che si verifichi il fenomeno del rimbombo. BIBLIOGRAFIA 1. Cutugno, F., Prosser, S., Turrini, M. 2000. Audiometria Vocale, Vol. IV. Padova, GN Resound Italia. 2. Kollmeier B, Warzybok A, Hochmuth S, Zokoll MA, Uslar V, Brand T, Wagener KC. The multilingual matrix test: Principles, applications, and comparison across languages: A review. Int J Audiol. 2015;54 Suppl 2:3-16. 3. Puglisi GE, Warzybok A, Hochmuth S, Visentin C, Astolfi A, Prodi N, Kollmeier B. An Italian matrix sentence test for the evaluation of speech intelligibility in noise. Int J Audiol. 2015;54 Suppl 2:44-50 4. Boyle PJ, Nunn TB, O'Connor AF, Moore BC. STARR: a speech test for evaluation of the effectiveness of auditory prostheses under realistic conditions. Ear Hear. 2013 Mar-Apr;34(2):203-12. 5. Dincer D'Alessandro H, Ballantyne D, De Seta E, Musacchio A, Mancini P. Adaptation of the STARR test for adult Italian population: A speech test for a realistic estimate in real-life listening conditions. Int J Audiol. 2016 Apr;55(4):262-7.

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19. EVIDENZE POSTUROGRAFICHE COMPUTERIZZATE IN ESITI DI CHIRURGIA DELLO SCHWANNOMA DELL’VIII NERVO CRANICO: RISULTATI PRELIMINARI

Marioni Gino Dipartimento di Neuroscienze (DNS), Sezione di Otorinolaringoiatria, Università di Padova, Padova, Italia Fasanaro Elena - Dipartimento di Neuroscienze (DNS), Sezione di Otorinolaringoiatria, Università di Padova, Padova, Italia.Unità di Radioterapia IOV-IRCSS Padova, Italia. Favaretto Niccolò - Dipartimento di Neuroscienze (DNS), Sezione di Otorinolaringoiatria, Università di Padova, Padova, Italia Gallina Sebastian - Dipartimento di Neuroscienze (DNS), Sezione di Otorinolaringoiatria, Università di Padova, Padova, Italia Mazzoni Antonio - Dipartimento di Neuroscienze (DNS), Sezione di Otorinolaringoiatria, Università di Padova, Padova, Italia Martini Alessandro - Dipartimento di Neuroscienze (DNS), Sezione di Otorinolaringoiatria, Università di Padova, Padova, Italia Zanoletti Elisabetta - Dipartimento di Neuroscienze (DNS), Sezione di Otorinolaringoiatria, Università di Padova, Padova, Italia Razionale: Il trattamento chirurgico dello Schwannoma dell’VIII nervo cranico ancora oggi presenta sequele post chirurgiche invalidanti come l’instabilità posturale. Lo scopo di questo nostro studio preliminare è stato investigare la possibile relazione tra sintomatologia soggettiva, parametri clinici e risultati strumentali, in pazienti sottoposti a chirurgia per Schwannoma sporadico dell’VIII nervo cranico. Materiali e metodi: Sono stati considerati 20 pazienti operati per Schwannoma sporadico dell’VIII nervo cranico presso la nostra Clinica dalla stessa equipe chirurgica. Per valutare l’instabilità sono state utilizzate metodiche oggettive (posturografia computerizzata) e soggettive (Dizziness Handicap Inventory=DHI). I parametri clinici sono stati messi in relazione con variabili posturografiche di tipo statico e dinamico e con lo score DHI parziale e totale. Il DHI totale è poi stato messo in correlazione con vari parametri posturografici. Risultati: L’analisi statistica non ha evidenziato correlazioni statisticamente significative tra parametri clinici e variabili posturografiche di tipo statico, mentre ha evidenziato come parametri clinici legati all’età (sia età al momento della chirurgia che al momento del test posturografico) correlino direttamente con parametri dinamici specifici come il tempo di reazione (p=0.04 e p=0.02). Nessuna correlazione statisticamente significativa è emersa nel confronto tra parametri clinici e DHI. Il DHI totale è risultato correlare in maniera statisticamente significativa e diretta con i risultati del test statico su pedana morbida ad occhi chiusi (p = 0.03) e con i parametri dinamici come il controllo direzionale e la massima escursione. Conclusioni: Il nostro studio pilota non consente di trarre conclusioni definitive riguardo il potenziale di posturografia e DHI nel porre in relazione parametri clinici con il sintomo instabilità in pazienti operati di Schwannoma sporadico dell’VIII nervo cranico; i metodi del nostro studio applicati ad una casistica più ampia in un setting prospettico, potrebbero definire sulla base di un questionario validato e su criteri oggettivi strumentali, una popolazione di pazienti che potrebbe beneficiare di una riabilitazione posturografica dopo chirurgia dello Schwannoma dell’VIII nervo cranico.

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20. BIOFEEDBACK COME TERAPIA DELL’ACUFENE SOGGETTIVO CRONICO IDIOPATICO: NOSTRA ESPERIENZA

Verzicco Giannandrea Struttura complessa di Otorinolaringoiatria, Chirurgia Maxillo-Facciale e Odontoiatria, Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo (FG) Topazio Davide - Struttura complessa di Otorinolaringoiatria, Chirurgia Maxillo-Facciale e Odontoiatria, Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo (FG) Aragona Teodoro - Università \"Magna Graecia\" di Catanzaro d'Ecclesia Aurelio - Struttura complessa di Otorinolaringoiatria, Chirurgia Maxillo-Facciale e Odontoiatria, Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo (FG) Tricarico Nicola - Struttura complessa di Otorinolaringoiatria, Chirurgia Maxillo-Facciale e Odontoiatria, Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo (FG) Cocchi Roberto - Struttura complessa di Otorinolaringoiatria, Chirurgia Maxillo-Facciale e Odontoiatria, Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo (FG) Razionale: La percezione di un rumore in assenza di qualunque sorgente sonora esterna al nostro organismo viene definito acufene. A volte gli acufeni sono sintomo di patologie auricolari, ma nella maggior parte dei casi sono idiopatici e si autosostengono in maniera retroattiva, in aree del sistema uditivo posteriori rispetto alla coclea. Gli acufeni originerebbero quando l’encefalo tenta di compensare i segnali neuronali mancanti in ingresso e sarebbero tanto più forti quanto più è attiva la retroazione positiva tra talamo e corteccia cerebrale. Tale processo può quindi rendersi indipendente dal suo meccanismo di origine ed essere arricchito di affettività negativa dal sistema limbico, creando un circolo vizioso che si rinforza nel tempo (P.J.Jastreboff). Il biofeedback si basa sulla capacità dell’individuo di autocontrollare lo stress emotivo interrompendo il circolo vizioso che sostiene il sintomo, generando una maggiore tollerabilità del tinnito, che può arrivare in alcuni casi alla attenuazione o scomparsa soggettiva dello stesso. Materiali e metodi: A partire dal 2004 abbiamo trattato 761 pazienti, 457 uomini e 304 donne. A tutti è stato somministrato il questionario THI, valutazione psicologica per valutare distress emotivo e cognitivo, RM encefalo e test audiologici. L’apparecchiatura utilizzata (Tinniton- Psicotron) permette di monitorare in tempo reale frequenza cardiaca, attività simpatica e stress-arousal. Il nostro protocollo è sviluppato in tre fasi sequenziali di 5 sedute ognuna: decondizionamento con rumore bianco (distraente ma non mascherante l’acufene), fase mista, fase di controllo retroattivo della attività simpatico-mimetica. Sfruttando la plasticità neuronale si riesce a decondizionare il soggetto, distogliendone l’attenzione dall’acufene, con parallela riduzione dell’area corticale uditiva disfunzionale responsabile del sintomo. Nella seconda e terza fase il paziente, sfruttando il suo autocontrollo, tende ad abbassare lo stato di stress, ricevendo segnali acustici positivi (musica per rilassamento di tipo Jacobsoniano) quando l’arousal si abbassa sotto una soglia stressogena predefinita dal terapista. Dopo 3 mesi si ripete la valutazione psicologica e il questionario THI. Risultati: Il 74% dei pazienti ha ottenuto risultati positivi, in termini di maggiore tollerabilità al tinnito e minore disconfort soggettivo (riduzione dell’acufene nel 40% dei casi, sensazione di allontanamento o dislocazione nel 20%, scomparsa nel 14%). Il 24% ha riferito una situazione soggettiva invariata. Solo tre pazienti hanno manifestato un aumento di intensità dell’acufene. Conclusioni: I risultati ottenuti appaiono soddisfacenti. L’efficacia, la non invasività della metodica e la buona compliance dei pazienti fanno del trattamento di biofeedback un’ efficace opzione terapeutica di prima scelta.

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21. DALLO SCREENING AUDIOLOGICO NEONATALE ALLA PRESA IN CARICO DEL BAMBINO CON IPOACUSIA. IL PERCORSO E L’ORGANIZZAZIONE SUL TERRITORIO.

Palma Silvia Audiologia ASL Modena Stagi Paolo - NPIA ASL Modena Ferrari Fabrizio - Neonatologia e Terapia Intensiva neonatale. Policlinico Modena Roversi Maria Federica - Neonatologia e terapia intensiva neonatale. Policlinico Modena Genovese Elisabetta - Audiologia Policlinico Modena Razionale: L’ipoacusia è tra le patologie congenite più comuni nel bambino, da 1 a 3 \1000 casi, con una incidenza maggiore all'interno delle NICU. E' stato ormai dimostrato che una ritardata diagnosi di determina importanti conseguenze sullo sviluppo linguistico, emotivo e sociale del bambino. Inoltre, il 30-40% dei bambini portatori di ipoacusia presenta una disabilità associata e ciò rende ancora più importante una diagnosi precoce ai fini di un approccio riabilitativo. Sono note le difficoltà relative alla diagnosi ed alla gestione organizzativa dei percorsi di presa in carico delle ipoacusie infantili in quanto difficoltà di accesso al sistema possono condizionare i benefici derivanti da una diagnosi precoce. Lo scopo di questo studio è il monitoraggio del percorso di diagnosi e presa in carico del bambino con ipoacusia nella nostra provincia attraverso la analisi dei dati provenienti dal servizio di neuropsichiatria infantile (NPIA) Materiali e metodi: In Emilia Romagna lo screening audiologico neonatale è stato introdotto dal 1 gennaio 2012. Il primo test viene eseguito presso il centro nascita e tutte le famiglie ricevono l’appuntamento per il proseguimento degli accertamenti nella lettera di dimissione dall’ospedale. E’ successivamente previsto un controllo a 10-12 mesi mediante audiometria comportamentale per tutti i bambini che presentano fattori di rischio per ipoacusia. I bambini portatori di ipoacusia vengono quindi inviati per valutazione anche presso il servizio di NPIA Lo studio si è basato sul sistema informatico aziendale della NPIA ed ha selezionato i casi in carico al servizio con diagnosi di ipoacusia secondo classificativo il Sistema IDC.10. Risultati: I dati raccolti, nel periodo compreso tra il 1989 ed il 2015, riguardano 281 casi. I casi selezionati sono stati 232, 73 dei quali in età prescolare. I maschi rappresentano il 60%. La distribuzione secondo l’anno di presa in carico dal servizio ha mostrato che il numero di pazienti è costantemente in crescita. Nel 23% dei casi l’ipoacusia è indicata come profonda, nel 26% come severa. In 57 casi risultava presente una malformazione congenita. Conclusioni: I dati raccolti hanno dimostrato la rilevanza dell’impegno assunto dai servizi territoriali nel trattamento dei casi di ipoacusia infantile, l’efficacia del percorso di screening audiologico neonatale nonché del programma di intervento precoce. Un programma di screening audiologico senza un appropriato servizio di intervento non è funzionale all’obbiettivo di implementare le competenze linguistiche e comunicative del bambino. La creazione di una rete territorio-ospedale è determinante in quanto problemi di continuità e di comunicazione tra i professionisti coinvolti possono condizionare i risultati degli sforzi terapeutici.

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22. VALIDAZIONE DELLA VERSIONE ITALIANA DELL'IT-MAIS

Mozzanica Francesco Unità di Foniatria, Ospedale L. Sacco, Università degli Studi di Milano Cavicchiolo Sara Guerzoni Laura Murri Alessandra Dall’Ora Ilaria Ambrogi Federico Ambrosetti Umberto Cuda Domenico Schindler Antonio Razionale: scolo del lavoro è di sviluppare la versione italiana del questionario Infant-Toddler Meaningful Auditory Integration Scale (I-IT-MAIS). Materiali e metodi: lo studio è stato suddiviso in 4 fasi: 1) creazione del questionario I-IT-MAIS, 2) analisi dell’affidabilità test-retest del I-IT-MAIS, 3) raccolta di dati normativi nella popolazione italiana; 4) analisi della validità clinica del I-IT-MAIS. A tale scolo sono stati arruolati un totale di 120 bambini normoudenti con età compresa tra 0 e 24 mesi. Il questionario I-IT-MAIS è stato compilato per 2 volte (con un intervallo di 2 settimane) al fine di valutare l’affidabilità test-retest. I punteggi ottenuti nel questionario I-IT-MAIS sono stati utilizzati per calcolare la traiettoria di sviluppo prelinguistico (EPLAD) dagli 0 ai 24 mesi nei bambini normoudenti italiani. Infine, i punteggi del I-IT-MAIS sono stati confrontati con quelli ottenuti nel questionario PRISE (Production of Infant Scale Evaluation) al fine di valutare la validità di criterio del I-IT-MAIS Risultati: La consistenza interna, così come l’affidabilità test-retest del questionario I-IT-MAIS sono risultati ottimi. La traiettoria EPLAD nei bambini italiani appare sovrapponibile a quella ottenuta in bambini normoudenti appartenenti ad altri ceppi linguistici. La correlazione tra punteggi I-IT-MAIS e PRISE è risultata elevata, confermando in tal modo la validità di criterio del I-IT-MAIS. Conclusioni: La versione italiana del questionario IT-MAIS risulta essere uno strumento valido, affidabile e che può essere utilizzato nella pratica clinica.

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23. VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DELLA VITA, DELLE ABILITÀ UDITIVE E DELLE FUNZIONI COGNITIVE NEI PAZIENTI ANZIANI IPOACUSICI E RIABILITATI CON IMPIANTO COCLEARE

Anzivino Roberta Istituto di Clinica Otorinolaringoiatrica-Area Testa e Collo. Fondazione Policlinico A.Gemelli- Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma Fetoni AR, Picciotti PM, Guglielmi V, Conti G, Di Nardo W, Paludetti G Istituto di Neurologia-Area Neuroscienze. Fondazione Policlinico A.Gemelli- Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma Razionale: dall’analisi della letteratura emerge che attualmente sono pochi e con risultati incongruenti gli studi riguardanti i rapporti tra ipoacusia,qualità della vita e riabilitazione uditiva nei pazienti anziani.Inoltre,manca una significativa evidenza del beneficio di un corretto intervento riabilitativo sulle funzioni cognitive valutate a lungo termine. Materiali e metodi: sono stati arruolati nello studio tre gruppi di pazienti con età>60 anni ed assenza di patologie neurologiche accertate:1)soggetti normoacusici con PTA≤25dB ed intelligibilità conservata;2)soggetti con ipoacusia neurosensoriale e PTA>25dB;3)soggetti con ipoacusia bilaterale grave-profonda candidati ad intervento di impianto cocleare.Ciascun paziente è stato sottoposto ad una valutazione audiologica completa, ad una batteria di test neuropsicologici(MMSE,Rey’s Auditory Verbal Learning test-RAVLT,Rievocazione di Rey,Span di cifre,Test di Corsi,Test di Stroop,Multiple Features Targets Cancellation-MFTC,Trail Making test) e ad una stima della qualità della vita mediante questionari(SF-36,GBI).Nel terzo gruppo di pazienti è stata attuata un’osservazione prospettica, effettuando i test al momento dell’attivazione dell’ impianto e dopo prolungato follow-up(6-12 mesi). Risultati: prestazioni significativamente peggiori sono state dimostrate nei soggetti ipoacusici rispetto ai normoacusici nelle prove mnesiche di richiamo immediato e differito(RAVT) e nella prova di attenzione selettiva e divisa(MFTC), in maniera proporzionale al grado di ipoacusia.Inoltre i due gruppi differivano significativamente nell’apprendimento,nel forgetting mnesico e nell’effetto recency.Nella valutazione prospettica del gruppo 3 un miglioramento statisticamente significativo è stato rilevato nella prova di Span avanti ed nel subtest di recognition del RAVLT. Ai limiti della significatività statistica risultava l’allungamento del tempo di esecuzione dello Stroop con riduzione del numero di errori,mentre un trend migliorativo si riscontrava nelle prove di memoria.Veniva inoltre registrato un aumento significativo del beneficio soggettivo,in termini di qualità della vita(p<0.005) Conclusioni: i dati raccolti confermano che la necessità di riallocare le risorse attentive e mnesiche per colmare il deficit uditivo possa portare durante l’invecchiamento ad un’alterazione dei meccanismi di compenso a scapito delle funzioni cognitive superiori.A tal proposito, i risultati ottenuti nei pazienti sottoposti a riabilitazione uditiva dimostrano un significativo beneficio sullo stato di salute fisica e mentale, sulla qualità della vita e sulle funzioni cognitive,in particolare nei domini della working memory,dell’attenzione selettiva e della memoria episodica.

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24. NEUROMODULAZIONE E ACUFENE: LA NOSTRA ESPERIENZA SPERIMENTALE

Rolesi Rolando (1) Fetoni AR (1), Paciello F (1), Podda MV (2), Grassi C (2), Troiani D (2), Paludetti G (1). (1) Institute of Otolaryngology (2) Institute of Human Physiology, Università Cattolica, School of Medicine, Rome, Italy. Razionale: È stimato che una percentuale di circa l’ 8/20% della popolazione adulta ultrasessantenne sia affetta da acufene soggettivo. Per quanto la sua etiopatogenesi appaia eterogenea è ormai chiaro che questa spesso correli le più comuni cause di danno cocleare tra cui quello indotto da trauma acustico. Negli ultimi anni la ricerca di base ha permesso di inferire che, seppur innescato da un danno cocleare periferico, il successivo intervento di fenomeni di adattamento centrale tali da comportare alterazioni del comportamento frequenziale caratteristico corticale, svolge un ruolo chiave nella genesi dell’acufene indotto da trauma acustico. Sebbene molto sia stato compreso su questa dinamica funzionale, rimane tuttora da chiarire quale sia il suo presupposto anatomo-strutturale. A tale scopo, abbiamo esaminato le alterazioni plastiche corticali indotte da trauma acustico cronico in un modello sperimentale animale. Abbiamo inoltre studiato la possibilità di attenuare tali alterazioni mediante un duplice approccio: 1) valutazione della plasticità centrale in risposta all’attenuazione del danno cocleare ottenuta da terapia antiossidante e 2) valutazione della reversibilità degli effetti maladattativi centrali mediante stimolazione elettrica anodica transcranica (tDCS), metodica emergente in grado di modulare direttamente la plasticità sinaptica strutturale. Metodi: abbiamo studiato un modello animale di trauma acustico cronico (Wistar rat, esposto a trauma acustico di 100 dB, 60 min/giorno per 10 giorni consecutivi). Il danno cocleare e le alterazioni plastiche centrali sono state valutate mediante studi funzionali (ABR, prodotti otoacustici di distorsione), morfologici (staining Rh-Ph, Golgi-Cox), biologici (espressione corticale di BDNF, Sinaptofisina) e bioenergetici (DHE assay, 4HNE). Risultati: il danno cocleare indotto da trauma acustico cronico si è associato a riduzione della densità sinaptica terminale nei neuroni piramidali deli strati III e V della corteccia acustica. La somministrazione di antiossidanti ha ridotto il danno cocleare periferico e le alterazioni plastiche centrali ad esso correlate. La tDCS è stata in grado di contrastare a livello corticale, gli effetti plastici maladattativi relati al danno indotto da rumore, riportando la densità di spine dendritiche ai valori di controllo. Conclusioni: Nel modello da deprivazione sensoriale indotta da trauma acustico cronico la tDCS ha un effetto neuromodulatorio sulle strutture sinaptiche degli strati corticali della corteccia uditiva suggerendo un interessante spunto in chiave terapeutica per l’attenuazione degli effetti centrali indotti da trauma acustico.

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25. BAHA® ATTRACT: RISULTATI CHIRURGICI, FUNZIONALI ED AUDIOLOGICI

d'Ecclesia Aurelio 1Struttura complessa di Otorinolaringoiatria, Chirurgia Maxillo-Facciale e Odontoiatria, Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo (FG) Ortore Rocco Pio - Struttura complessa di Otorinolaringoiatria, Chirurgia Maxillo-Facciale e Odontoiatria, Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo (FG) Aragona Teodoro - Università \"Magna Graecia\" di Catanzaro Topazio Davide - Struttura complessa di Otorinolaringoiatria, Chirurgia Maxillo-Facciale e Odontoiatria, Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo (FG) Cocchi Roberto - Struttura complessa di Otorinolaringoiatria, Chirurgia Maxillo-Facciale e Odontoiatria, Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo (FG) Razionale: Le protesi osteointegrate rappresentano una soluzione per quei pazienti affetti da disturbi dell'udito unilaterale/bilaterale di conduzione o misti così come nelle anacusie monolaterali. Il prototipo di tali presidi è composto da un impianto ancorato nell'osso collegato mediante un pilastro percutaneo ad un processore esterno. Nonostante i buoni risultati audiologici, tali dispositivi richiedono una meticolosa igiene quotidiana con il rischio di complicanze cutanee quali infezioni, granulazioni e ulcere che possono portare anche alla necessità di rimozione dell'impianto. Inoltre gli effetti estetici del pilastro percutaneo possono scoraggiare il paziente ad accettare l'impianto. Il BAHA® Attract supera i limiti del pilastro percutaneo, sostituendolo con un disco magnetico sottocutaneo al quale si interfaccia esternamente un secondo disco magnetico collegato al processore senza soluzione di continuo della cute. Abbiamo analizzato i risultati chirurgici, funzionali ed audiologici dei pazienti impiantati con BAHA® Attract nella nostra U.O. Materiali e metodi: 5 pazienti sono stati sottoposti ad impianto con BAHA® Attract. Tutti i pazienti presentavano una ipoacusia di tipo trasmissivo o misto (4 esiti bilaterali di TPL e 1 sindrome di Treacher Collins), sono stati impiantati e il processore esterno è stato attivato dopo 6 settimane dalla chirurgia. I risultati chirurgici riguardano: durata dell’intervento, assottigliamento del lembo cutaneo, rimodellamento dell’alloggiamento osseo e problematiche chirurgiche peri/post-operatorie. Gli aspetti funzionali si riferiscono ai benefici soggettivi della protesi e sono stati valutati con il questionario APHAB, mentre i risultati audiologici sono stati valutati con un’audiometria tonale in campo libero. Risultati: La durata media dell’intervento è stata di 40±10 min, in 2 pazienti (40%) è stato necessario ridurre lo spessore del lembo cutaneo, in 1 paziente (20%) è stato necessario un rimodellamento osseo corticale. Tutti i pazienti sono guariti senza sostanziali complicanze postoperatorie. Il questionario APHAB ha evidenziato miglioramenti statisticamente significativi sia nello score globale sia nelle 4 sottocomponenti. Il PTA (0,5-1-2kHz) medio pre-intervento è stato di 65±9 dB rispetto a quello con BAHA® Attract che è stato in media di 30±5 dB (p<0,005). Conclusioni: Dalla nostra iniziale esperienza l'impianto di BAHA® Attract rappresenta una procedura chirurgica semplice, reversibile, sicura ed efficace. La maggior parte dei pazienti non presenta complicanze chirurgiche e la guarigione, l'estetica ed il comfort della protesi sono molto soddisfacenti. I risultati funzionali ed audiologici evidenziano un buon guadagno protesico. Pertanto il BAHA® Attract rappresenta una valida alternativa agli impianti percutanei.

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26. LE PROTESI IMPIANTABILI A CONDUZIONE OSSEA

Di Tano Andrea Università "G. d'Annunzio" di Chieti-Pescara. Dipartimento di Scienze mediche, orali e biotecnologiche. Clinica ORL Pugliese Mara - Università \"G. d\'Annunzio\" di Chieti-Pescara. Dipartimento di Scienze mediche, orali e biotecnologiche. Clinica ORL. Cabrini Giorgio Tommy Bruno - Università \"G. d\'Annunzio\" di Chieti-Pescara. Dipartimento di Scienze mediche, orali e biotecnologiche. Clinica ORL. Pepe Lucio - Università \"G. d\'Annunzio\" di Chieti-Pescara. Dipartimento di Scienze mediche, orali e biotecnologiche. Clinica ORL. Neri Giampiero - Università \"G. d\'Annunzio\" di Chieti-Pescara. Dipartimento di Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche. Razionale: Le protesi acustiche impiantabili sono dispositivi elettromedicali che vengono posizionati chirurgicamente nell’orecchio medio o nell’osso temporale. Quelle applicate nell’orecchio medio possono essere totalmente impiantabili (Carina, Esteem,…) o semi-impiantabili (Vibrant, Soundbridge,…), mentre quelle applicate a livello dell’osso temporale sono solo semi-impiantabili (BAHA, Bonebridge, Alpha 1 Sophono, Ponto, …). Le protesi che abbiamo recentemente posizionato, in un numero ristretto di pazienti, sono le Bonebridge, attive nella trasmissione ossea, indicate per le ipoacusie trasmissive o miste con via ossea ≥ a 45dB su 500, 1000, 2000 e 3000 Hz o neurosensoriali monolaterali con orecchio controlaterale normoudente; le Sophono, passive nella trasmissione ossea, con indicazione sostanzialmente sovrapponibile; le Vibrant per le ipoacusie neurosensoriali tra 10-40 dB e 65-80 dB di perdita per le frequenze centrali o ipoacusia mista con via ossea con 45-65 dB. Intendiamo qui riportare alcuni dati preliminari inerenti la nostra esperienza. Materiali e metodi: Tra il 2014 e il 2016 sono stati impiantati 10 pazienti (5 maschi e 5 femmine, età media 58 anni, range 34-72 anni) affetti da ipoacusia mista così suddivisi: 6 con protesi Bonebridge, 2 con protesi Vibrant e 2 con protesi Sophono. I pazienti sono stati studiati attentamente dal punto di vista anamnestico, audiologico (audiometria tonale liminale e vocale) e mediante TC. L’intervento chirurgico è stato eseguito in anestesia generale. La degenza media ospedaliera è stata di 2 giorni; i pazienti sono stati dimessi con bendaggio compressivo in regione retroauricolare tenuto in sede per 7 giorni. L’attivazione dell’impianto è avvenuta a 30 giorni circa dall’intervento mediante posizionamento esterno di audioprocessore. Risultati: Non si sono verificate complicanze nel post-operatorio. La valutazione audiometrica nel post-operatorio è stata effettuata in campo libero, dapprima senza audioprocessore e poi con audioprocessore attivato, registrando buoni risultati. Conclusioni: Questa esperienza preliminare appare essere incoraggiante e positiva. Considerando che la procedura chirurgica è semplice e rapida, che l’attivazione dell’impianto può essere effettuata anche da un tecnico audiometrista pratico del settore e che i risultati ottenuti sono soddisfacenti, possiamo affermare che questa opzione terapeutica rappresenta una valida indicazione per i pazienti con ipoacusia mista.