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Concorso : “La prima Guerra Mondiale”

Prendendo spunto dalla citazione dello storico austriaco Walter Schaumann (riportata nel bando

del presente concorso) gli allievi della 4^A /AI dell’istituto Carlo Scarpa di Montebelluna, si sono

chiesti innanzitutto quale fosse il mezzo più efficace per ricordare il centenario della Grande

Guerra.

Dopo varie proposte, nasce da parte dell’allievo Alessio D’Aloi l’idea di “intervistare” il nonno

Orazio che racconterà le vicende, i ricordi e le emozioni dell’ esperienza militare fatta da suo

padre Ferdinando, giovane soldato che, a partire dal 1915, combatté tutte le dodici battaglie

dell’Isonzo.

Si delinea così un piacevole dialogo tra nonno e nipote (e quindi simbolicamente .. tra passato e

presente) che pian piano prende forma in una breve ma toccante intervista, nella quale riaffiorano

ricordi ed emozioni anche dolorose, come se l’atto del rievocare contenesse ancora in se, una

ferita non del tutto rimarginata, malgrado il lento scorrere del tempo.

Dopo aver ottenuto questa testimonianza però, gli allievi si chiedono come poterla valorizzare al

meglio, affinché non venga considerata solo come una semplice conversazione impregnata di un

profumo troppo antico, ma percepita invece come “viva” e attuale.

Come fare insomma, a “costruire” una sorta di ponte immaginario tra passato e presente?

L’allievo Andrea Torresan allora (competente ed appassionato di informatica) propone: “perché

non creare una ipotetica pagina Facebook intestata al signor Orazio? Cosa sarebbe accaduto se

questo social network fosse esistito cento anni fa? Immaginate il profilo personale del nonno di

Alessio .. cosa avrebbe scritto o magari “postato” durante la guerra? Come avrebbe espresso i suoi

sentimenti ed emozioni a riguardo? E per noi ragazzi, il fatto di poter conoscere gli eventi

attraverso una storia vera, “dal vivo” diciamo, non sarebbe più interessante?”

Nasce così l’idea di creare un supporto informatico da allegare al presente elaborato scritto ed

inizia il lavoro di ricerca e approfondimento sulla Grande Guerra.

Grazie alla gentile collaborazione della prof.ssa Antonella Panziera (insegnante di italiano e

storia) che ha dedicato varie lezioni sull’argomento, fornendo altresì numerosi testi, manuali e

riviste d’epoca, gli studenti hanno analizzato il contesto e le vicende storiche italiane,

comparandole poi con quelle inglesi, in particolare attraverso lo studio di due poesie scritte in

tempo di guerra : Dulce et Decorum Est (di Wilfred Owen) e Soldiers (di Rupert Brooke).

Questo lavoro (coordinato dalla sottoscritta Iole Codamo, insegnante di inglese) è stato lo spunto

per poter procedere all’analisi di due diversi modi di considerare e percepire la guerra: come un

evento disastroso e traumatico o come un grande “mito”, un avvenimento carico di senso, se non

addirittura sacro. Se da un lato infatti, Owen descrive gli orrori delle trincee e i terribili attacchi

sferzati dai nemici in modo scioccante ma tremendamente vero, Brooke invece considera

l’esperienza bellica come la più alta forma di patriottismo per un soldato.

Per lui l’Inghilterra assume i tratti di una madre, di un’amante e la morte viene accettata nella

prospettiva di un eterno e idealistico riposo in un paradiso squisitamente britannico.

Dopo la lettura di queste due interpretazioni, ho chiesto agli allievi di esprimere i propri punti di

vista sulle poesie e poi più in generale sul primo Conflitto Mondiale: nasce così la sezione

intitolata “Pensieri sulla Guerra” composta dalle riflessioni di Marco Villanova, Daniele Andreatta,

Enrico Michielin e Marco Martini .

Seguendo ancora questa tematica, ho pensato di approfondire i concetti di PROPAGANDA e

CENSURA usati dai governi come strumenti per influenzare l’ opinione pubblica ad accettare la

guerra e prevenire la ribellione.

Ho fatto fare delle ricerche su alcuni manifesti diffusi dai paesi belligeranti, soffermandomi in

particolare sulla funzione di tali strumenti: il volere impedire alla popolazione di essere

pienamente consapevole di ciò che stava succedendo al fronte, alimentando così una ignara

esaltazione patriottica. (SEZIONE 4)

Riguardo il concetto di CENSURA poi, l’allievo Andrea Torresan ha voluto allegare due missive

appartenute a soldati impegnati in guerra e sottoposte chiaramente a questo tipo di controllo

esercitato dal potere politico per impedire la diffusione di contenuti o frasi considerati in contrasto

con gli interessi dello Stato. (SEZIONE 5)

Un suggerimento particolarmente originale è invece venuto dallo studente Jimmy Curpen, che ha

proposto l’inserimento di due canzoni (con due diverse finalità) all’interno di questo lavoro.

La prima è HOME di Michael Bublé, scelta perché sembra riflettere perfettamente l’animo di un

soldato al fronte e il suo immenso desiderio di voter tornare a casa. (Ancora una volta si è

immaginato un ipotetico legame tra passato e presente: se un militare oggi potesse scegliere una

canzone che esprima al meglio i propri sentimenti sulla guerra, quale sceglierebbe, inserendola

magari anche nel suo profilo Facebook?)

Questo primo testo è stato scelto da Jimmy per sottolineare le possibili emozioni provate da un

combattente DURANTE il conflitto. Il secondo invece (la canzone 21 guns dei Green Day) è stata

scelta per evidenziare l’animo di un soldato DOPO avere vinto la guerra.

Per veicolare questa idea, lo studente ha deciso di cambiare il testo originale creandone uno

completamente nuovo, scritto in italiano, lasciando però inalterata la base, gli arrangiamenti e la

musica. Il contenuto di questa inedita versione, descrive la vittoria dei soldati italiani sul

montello. Nella realizzazione di questo lavoro, Jimmy ha usufruito della gentile collaborazione

del prof. di matematica Fabio Lanza. (SEZIONE 6)

Concludo la presentazione di questo lavoro, spiegando il significato delle due foto presenti sia

sulla prima ed ultima pagina dell’ipotetico profilo Facebook che abbiamo creato: quella più

piccola si riferisce al signor Orazio Pincin, nonno dell’allievo Alessio D’aloi, quella più grande

(alla fine) invece vuole ancora una volta sottolineare il simbolico legame che abbiamo voluto

mantenere come filo conduttore dell’intero lavoro, ossia quello tra PASSATO (rappresentato

dalla figura dell’uomo anziano, un bersagliere che abbiamo immaginato aver vissuto l’esperienza

traumatica della guerra) PRESENTE (l’uomo di mezza età e simbolicamente suo figlio) e

FUTURO (il bimbo che, in braccio all’ipotetico nonno, rappresenta le giovani generazioni)

La coordinatrice del lavoro, Iole Codamo, prof.ssa di Inglese

……………………………………………………….

La prof.ssa di Italiano e Storia, Antonella Panziera

……………………………………………………….

Il Prof. di Matematica, Fabio Lanza

……………………………………………………….

Gli allievi:

1. Alessio D’Aloi (sezione 1: Il Primo Conflitto Mondiale)

…………………………………………………………………

2. Andrea Torresan (realizzazione pagina Facebook)

…………………………………………………………………

3. Jimmy Curpen (sezione 6: canzoni HOME e 21 GUNS)

…………………………………………………………………

4. Marco Villanova (sezione 3 : Pensieri sulla Guerra)

…………………………………………………………………

5. Marco Martini (sezione 3 : Pensieri sulla Guerra)

…………………………………………………………………

6. Daniele Andreatta (sezione 3 : Pensieri sulla Guerra)

…………………………………………………………………

7. Enrico Michielin (sezione 3 : Pensieri sulla Guerra)

…………………………………………………………………

Il Primo Conflitto Mondiale – Testimonianze

La situazione italiana

Siamo a fine ‘800 inizi 900 e in Italia assistiamo ad un piccolo boom economico, dettato da un sistema che prevalentemente ruota attorno all’ agricoltura e alle nuove industrie. Grazie all’urbanizzazione e all’industrializzazione infatti, il numero degli operai cresce vistosamente e le famiglie contadine iniziano a spostarsi dalle campagne verso le città per poter lavorare in fabbrica. Nonostante ciò, il numero degli analfabeti tocca ancora picchi elevati (infatti molti maestri insegnano ancora il dialetto a scuola) permangono altresì molti lavoratori “di braccio” piuttosto che persone istruite con conoscenze linguistiche tali da poter intraprendere un altro tipo di mestiere. La cultura contadina poi era molto diffidente nei confronti dello Stato, difatti la parola “STATO” era sinonimo di tasse, imposizioni e, in particolare del servizio militare.

I contadini vedevano la guerra come un flagello, come un evento totalmente al di fuori dei loro schemi dal momento che tutta la loro vita era concentrata e basata sulla produzione di beni, sulla conservazione e sul miglioramento della loro proprietà.

Gli attimi prima della Guerra

Riassunto in ordine cronologico:

05/07/1914: una settimana dopo l’attentato di Sarajevo, il Kaiser tedesco incontra un inviato austro-ungarico dando cosi “il via libera” alla rappresaglia contro la Serbia;

Da quel momento comincia una violenta crisi diplomatica che precipita verso la guerra;

Il Governo Italiano viene tenuto all’oscuro del patto tra Tedeschi e Austriaci;

Un verbale segreto dello Stato Maggiore, del Dicembre del 1913, dimostra che in quella data i generali Italiani erano tutti d’accordo nell’inviare, in caso di guerra tra Francia e Germania, un’armata sul Reno, onorando gli accordi di mutua difesa presa con la Triplice Alleanza;

Vienna non si fida più dell’ alleato di minoranza;

L’Italia si dichiara neutrale;

In Italia il “NO” alla guerra è unanime nel popolo;

Nell’Agosto del 1914 San Giuliano affermava che in un Paese democratico come l’Italia non

era possibile fare una guerra contro la volontà e il sentimento della Nazione poiché essa (ad

eccezione di una piccolissima minoranza) si era da subito schierata contro la

partecipazione;

05/1915: Nei primi giorni di Maggio ambiguità, doppio gioco e slealtà caratterizzano tutte le parti coinvolte nelle trattative;

“Le faccende italiane si decidono nel corso del mese. E’ un peccato che non abbiamo truppe per

contrastare questi lazzaroni” – scrive sprezzante il ministro degli esteri Tedesco Jagow in una lettera

privata;

13/05/1915: Salandra improvvisamente si dimette. Tutti gli Italiani e non, nemici e amici rimangono sconcertati. Queste dimissioni vengono respinte tre giorni dopo dal Re;

20/05/1915: Il Governo ottiene dal Parlamento i poteri straordinari;

Giolitti dice: “ Il fosso è saltato. Non dubito che il Paese e l’esercito faranno il loro dovere. La prova

sarà aspra e lunga”

Il conflitto ha inizio:

Il 24/05/1915 le truppe Italiane si trovano al confine dell’ Isonzo.

Due anni dopo, l’ufficiale di Stato Maggiore Angelo Ciotti scriverà nel suo diario: “Tutta questa Guerra è stata un cumulo di menzogne, una deplorevole farsa. Ma che cosa è stata quella corsa affannata per

l’entrata, per la quale sembrava che ci mancasse il terreno sotto i piedi?”.

Durante il conflitto

Cosa provavano i soldati? Come vivevano la guerra? E le famiglie a casa? Che cosa significava

una semplice lettera per un soldato? Lettere dal fronte:

3.993.932.090 ……..

È il numero sconcertante di lettere inviate durante i primi mesi di guerra, ossia circa 3.000.000

missive ogni giorno.

Di fatto, la lettera era l’unico momento personale, intimo del soldato, “un attimo di autonomia”

che assumeva perciò un valore elevatissimo.

A questo proposito, riporto una lettera scritta da un militare al fronte alla famiglia:

“Cara madre,

Già da molto tempo non sapevo più nulla dell’amico Colombotto, ne se era partito d’altro, ma essendomi interessato di saperlo con dolore dovetti constatare – secondo ciò che risulta dai registri – la sua morte avvenuta il 15/03 scorso nell’ ospedale di questo comandamento.

Spero che già lo sapete caso mai ti prego dirlo al Sig. Parroco che con prevenzione dia la triste notizia ai suoi. In seguito mi interesserò degli altri compaesani.

Guarda se puoi farmi avere un po’ di pesto di basilico, che lo trovo unico condimento per cucinare. La pasta adesso và discreta, solo la croce rossa che non arriva, come mai? Se puoi spedirmi anche il pane da casa diviso dai viveri sarebbe meglio. Aumenta se puoi il tabacco che non mi basta.

Saluti a tutti i parenti ed amici e baci a te ed il fratello tuo figlio.

Scrissi a diversi parenti e non ebbi risposta. Perché?!?!?!”

Fonte: Focus “Storia” n° 14 Giugno – Luglio 2007

Cosa significa scrivere una lettera per un soldato?

Nelle lettere il soldato cerca una formula di rassicurazione nelle comunicazioni di eventi o episodi

particolari che si accinge a comunicare. Ciò non si esplica solamente attraverso l’adozione di

modelli linguistici prefissati e straordinariamente persistenti ma risponde al bisogno naturale di

NON accrescere pene e apprensioni nei familiari.

Raccontare oppure Occultare?

L’intenzione primaria di molte lettere che provenivano dal fronte non era insomma (non poteva essere) quella di comunicare realmente il proprio stato d’animo e la propria esperienza, ma più spesso quella di occultarla. Quindi … il bisogno di raccontare si scontra continuamente col desiderio di rimuovere.

Superare le paure .. facendole tacere.

La preoccupazione di rassicurare gli altri influenza del resto la corrispondenza dei soldati non meno del bisogno di farsi coraggio in proprio. Nominare le proprie paure significa infatti in un certo senso rinforzarle, anche se in realtà, il vero desiderio è quello di superarle, ma dal momento che non vi è un’altra soluzione, un’altra scelta, esse rimangono bloccate all’interno dell’ anima di ogni militare facendone aumentare il disagio e la sofferenza interiore.

L’ Intervista

L’intervista è stata fatta al Sig. Orazio Pincin (mio nonno) residente a Cornuda, un piccolo centro che fu luogo di scontri e vicissitudini importanti nel periodo della Grande Guerra. I fatti riportati sono accaduti al padre del Sig. Orazio (il mio bis-nonno) che ha combattuto dal primo all’ultimo giorno, il Sig. Ferdinando Pincin .

Io: Cominciamo dal principio, cosa mi diresti per introdurre questo racconto nonno?

Nonno: Ci sarebbe una storia perfetta per introdurre tutto.. si tratta addirittura del mio bis nonno, ormai

vecchio, che stando sulla collina dove abitava, un giorno vide il primo dirigibile austriaco, così grande da

coprire tutto con la sua ombra.

Lui alzò le braccia al cielo e gridò: “Signor molè do el cuercio cossa che me toca vedar, i omeni che svola pedo dei demòni, Signor molé do el cuercio”. Questo mio bis nonno poi morì ad Altivole … mentre stavano

scappando… sopra un fascio di granturco.

Io: Interessante, ma entrando nel vivo, potresti raccontarmi la storia di qualche nostro parente

che ha combattuto questo conflitto?

Nonno: Beh, mio padre Ferdinando ha combattuto tutta la Guerra, dal principio alla fine.

Io: Ah, bene allora approfondiamo! Per esempio… ti ricordi il reggimento in cui ha combattuto?

Nonno: Allora … mio padre ha militato nella “Brigata Sassari”, arruolato di leva, in Fanteria, ma purtroppo il reggimento proprio non lo ricordo.

Io: Puoi raccontarmi la sua storia?

Nonno: Nel 1915, mio Padre Ferdinando venne mandato sul fronte Isontino a Gorizia e partecipò a tutte e

12 le battaglie dell’Isonzo, riportando anche un congelamento al piede destro.

Al momento della ritirata di Caporetto si trovava sempre nell’Isontino, questa volta però non ricordo dove.

L’ospedale da campo nel quale era ricoverato fu evacuato e mio padre scappò a piedi con l’aiuto delle stampelle attraversando il Tagliamento.

Fu spostato sul Montello ma non partecipò ad altre battaglie.

Comunque venne anche promosso varie volte a Caporale, Caporal Maggiore e Sergente.

Io: Quante gliene sono successe al bis nonno! Ma adesso parlami un po’ degli sfollati o dei

profughi dell’ epoca, hai qualche testimonianza?

Nonno: Si, in Paese quasi la metà delle persone sono fuggite e anche la famiglia di mio padre, è stata

accolta in provincia di Pistoia dopo aver dovuto abbandonare in fretta e furia tutto ciò che aveva. La famiglia

di mia madre invece, trovò rifugio presso Canosa (Bari). Nel frattempo a mio padre venne dato il permesso di

ispezionare casa sua di tanto in tanto.

Io: Ma quando hanno abbandonato casa le nostre due famiglie?

Nonno: Beh, le famiglie di mio padre e di mia madre scapparono quando cominciarono ad arrivare le prime

granate austriache; in particolare la casa di mio padre venne totalmente distrutta.

Comunque vorrei aggiungere una cosa: durante il profugato c’è stata anche un’epidemia di Spagnola in tutta

Italia e molte famiglie tornarono a Cornuda completamente dimezzate.

Cornuda dal punto di vista edile se la passava davvero male… era rasa al suolo e la ricostruzione fu molto lenta, con qualche aiuto da parte del Governo certo .. ma soprattutto con tanta buona volontà.

Io: Tornando al bis nonno, quando è stato congedato?

Nonno: E’ stato congedato nel 1919 ricevendo come ricompensa una cavallina bianca e un carretto.

Io: Se dovessi descrivere la Guerra con due aggettivi, quali useresti? (la sua espressione si contrae passando da una espressione dolce ad una piuttosto seria)

Nonno: Beh, sembrano due aggettivi piuttosto scontati ma per me sono oltre che azzeccati, molto significativi per descrivere la Guerra, allora… Il primo è TERRIFICANTE e poi DISUMANA, per colpa di tutta la

miseria e le atrocità che portò, e il bello è che questa guerra fu voluta dai vertici politici e non dal popolo.

Io: Va bene nonno grazie mille, del tuo tempo. Hai qualche altro appunto o ricordo che potrebbe essermi utile?

Nonno: Si, prima di chiudere avrei un racconto da dirti ..sai, la casa del mio Bis nonno era una costruzione

risalente al ‘700 ed era collocata su una collina, con la vista sul Piave. .. e Il Piave in piena era di colore rosso a causa delle battaglie che svolgevano a monte!

Io: Wow che storie interessanti nonno! Grazie mille del tempo che mi hai dedicato!

Nonno: è mio dovere raccontare e tramandare storie di eventi importanti come questo, perché tutto non vada

perduto e dimenticato.

Conclusione In merito a quanto scritto, alle testimonianze trovate in riviste, libri e a quella diretta del Sig. Orazio, credo che si possa solo avere un’ idea di cosa poteva significare “andare in guerra”. Analizzando le circostanze possiamo fare le seguenti considerazioni:

1. L’Italia è entrata in guerra per interessi dei vertici politici nonostante il “NO” unanime del popolo; 2. Siamo andati sul fronte molto disorganizzati e con armamenti non completamente adatti 3. Sono state sacrificate troppe vite per gli interessi dei potenti; 4. Le testimonianze di chi ha vissuto determinate situazioni sono oggi fondamentali affinchè tutto ciò non vada perduto; 5. Iniziative come queste sono un modo per ricordare ed educare le nuove generazioni;

La mia ricerca è stata così strutturata:

SEZIONE 1.: Situazione dell’Italia prima della guerra;

SEZIONE 2.: Situazione politica Italiana ed Europea nei mesi imminenti alla guerra, elaborata cronologicamente per poter capire meglio i fatti accaduti;

SEZIONE 3.: Breve testo con i fatti più importanti all’ inizio della guerra;

SEZIONE 4: ho voluto spiegare la guerra tramite il concetto di “lettera” soffermandomi su tutto ciò che essa comportava per il soldato. A questo proposito, ho riportato anche uno scritto di un militare dal fronte. Ho pensato che spiegare il conflitto tramite una testimonianza scritta in prima persona potesse permettere al lettore di immedesimarsi meglio su cosa si poteva provare sul fronte mentre si rischiava ogni giorno la propria vita.

SEZIONE 5.: Intervista al Sig. Orazio Pincin (mio nonno);

Mi auguro che ciò che avete appena letto sia stato chiaro e completo. Personalmente mi ritengo

un ragazzo fortunato perché ho avuto l’opportunità di “vivere” l’esperienza della guerra non

semplicemente attraverso un libro di storia, ma “per davvero” grazie alla testimonianza di mio

nonno, che mi ha fatto riflettere, emozionare e soprattutto capire meglio il vero significato

storico ed emotivo della Grande Guerra.

È proprio vero che – come diceva Walter Schaumann – le grandi imprese ed i sacrifici umani

diventano inutili solo quando li si dimentica…

Alessio D’Aloi

4^A/AI

I.P.S.I.A . Carlo Scarpa

Montebelluna - (TV)

Pensieri sulla guerra…

La guerra è la malattia dell’umanità, sbagliata in tutti i suoi ambiti e sfaccettature… È solo un pretesto per arricchire pochi potenti … Porta solamente al male, alla cattiveria, all’odio, alla violenza e trasforma anche il più giusto e leale tra gli uomini in una vera “macchina” capace di uccidere e disprezzare chiunque.

Marco Villanova 4^A/AI

La guerra non è solo una parola di sei lettere, ma è un evento infausto, causato dalla stupidità umana. Ovunque venga combattuta, porta solo distruzione e miseria. Penso alla vita in trincea … una vita tra fame, freddo e paura … una vita appesa ad un filo

perché se e quando il nemico attaccherà, essa finirà in un attimo … senza un motivo. E che dire degli orfani, gli sfollati ed i profughi? La guerra è anche questo. Cosa bisogna fare allora? Ripudiarla. Con ogni mezzo.

Daniele Andreatta 4^A/AI

La guerra e le sue migliaia di vittime decedute invano. Spesso sento dire questa frase: “la guerra rinnova il mondo” – ma quale è il senso? Forse che .. anticipa la morte?

Marco Martini 4^A/AI

La guerra: una sola parola … tante interpretazioni. Anche in letteratura. La poesia DULCE ET DECORUM EST è il racconto di chi ha vissuto in prima persona

l’orrore e lo squallore di un conflitto mondiale denunciando tutto ciò che è accaduto in modo aspro, duro, crudo, ma purtroppo tremendamente vero. Invece la poesia SOLDIERS si presenta come eccessivamente patriottica, irreale, surreale. Partorita quasi da una mente che non ha vissuto davvero o pienamente la guerra, intesa quasi sempre come sinonimo di morte. Una mente però che si è resa comunque colpevole … colpevole di incitare alla battaglia, al conflitto, all’odio, al fallimento della ragione.

Enrico Michielin 4^A/AI

Home - Michael Bublè

Another summer day

Has come and gone away In Paris and Rome

But I wanna go home,

May be surrounded by A million people I

Still feel all alone I just wanna go home Oh, I miss you, you know

And I've been keeping all the letters

That I wrote to you Each one a line or two

I'm fine baby, how are you?

Well I would send them but I know That it's just not enough

My words were cold and flat And you deserve more than that

Another aeroplane

Another sunny place I'm lucky I know

But I wanna go home Mmm, I got to go home

Let me go home

I'm just too far From where you are I wanna come home

And I feel just like I'm living someone else's life It's like I just stepped outside

When everything was going right

And I know just why you could not Come along with me That this was not your dream But you always believed in me

Another winter day Has come and gone away In even Paris and Rome And I wanna go home Let me go home

And I'm surrounded by A million people I I still feel alone Oh, let me go home

Oh, I miss you, you know

Un altro giorno d’estate

è venuto e andato via

Sia a Parigi sia a Roma

ma io voglio andare a casa

Forse sono circondato da un milione di persone io

mi sento ancora tutto solo

voglio solo andare a casa Mi manchi, lo sai

E ho tenuto tutte le lettere che ti scrissi,

Ognuna una riga o due Io sto bene piccola, tu come stai?

Te le manderei ma so che non sono¨ abbastanza

Le mie parole erano fredde e piatte

e tu meriti più di questo

Un altro aereo un altro luogo soleggiato

Sono fortunato,lo so

ma voglio andare a casa Mmmm, io devo andare a casa

Lasciami andare a casa

Sono assolutamente troppo lontano

da dove sei tu voglio venire a casa

E mi sento proprio come se stessi vivendo

la vita di qualcun altro

E’ come se me ne fossi andato proprio

quando tutto stava andando bene

e io so esattamente perchè non potresti tornare con me

Questo non è il tuo sogno

ma tu hai sempre creduto in me

Un altro giorno d’inverno è venuto

e andato via Sia a Parigi sia a Roma

e io voglio andare a casa

Lasciami andare a casa

E sono circondato da un milione di persone io

mi sento ancora solo

Oh, lasciami andare a casa Oh, mi manchi, lo sai

Testo – riscritto da Jimmy Curpen Base- “21 guns” dei GREEN DAY

Ricordi di una guerra che … Portano il dolore con se

Abbiamo vinto e tu non lo sai … Eroi che sono morti per noi

Anche loro sono vissuti qui

Ma cosa è rimasto a te? Solo ricordi e testimonianze

Di sofferenza …

Non dimenticarti Di quelle persone

Che hanno lottato …

Non dimenticarti Di quelle trincee

Riempite di sangue

Nel nostro Montello

Dulce et Decorum Est

Bent double, like old beggars under sacks,

Knock-kneed, coughing like hags, we cursed

through sludge,

Till on the haunting flares we turned our backs

And towards our distant rest began to trudge. Men marched asleep. Many had lost their boots But limped on, blood-shod. All went lame; all blind;

Drunk with fatigue; deaf even to the hoots

Of tired, outstripped Five-Nines that dropped behind.

Gas! Gas! Quick, boys!—An ecstasy of fumbling,

Fitting the clumsy helmets just in time; But someone still was yelling out and stumbling

And flound'ring like a man in fire or lime... Dim, through the misty panes and thick green light, as under a green sea, I saw him drowning.

In all my dreams, before my helpless sight,

He plunges at me, guttering, choking, drowning.

If in some smothering dreams you too could pace Behind the wagon that we flung him in,

And watch the white eyes writhing in his face, His hanging face, like a devil's sick of sin;

If you could hear, at every jolt, the blood Come gargling from the froth-corrupted lungs, Obscene as cancer, bitter as the cud

Of vile, incurable sores on innocent tongues,— My friend, you would not tell with such high zest

To children ardent for some desperate glory, The old Lie: Dulce et decorum est

Pro patria mori.

Dulce et decorum est

Piegati in due, come vecchi accattoni sotto sacchi, con le ginocchia che si toccavano, tossendo come streghe, bestemmiavamo nel fango fin davanti ai bagliori spaventosi, dove ci voltavamo e cominciavamo a trascinarci verso il nostro lontano riposo.

Uomini marciavano addormentati. Molti avevano perso i loro stivali ma avanzavano con fatica, calzati di sangue. Tutti andavano avanti zoppi; tutti ciechi; ubriachi di fatica; sordi anche ai sibili di granate stanche, distanziate, che cadevano dietro.

Gas! Gas! Veloci, ragazzi! – Un brancolare frenetico, mettendosi i goffi elmetti appena in tempo; ma qualcuno stava ancora gridando e inciampando, e dimenandosi come un uomo nel fuoco o nella calce… Pallido, attraverso i vetri appannati delle maschere e la torbida luce verde, come sotto un

mare verde, l’ho visto affogare.

In tutti i miei sogni, prima che la mia vista diventasse debole, si precipita verso di me,

barcollando, soffocando, annegando. Se in qualche affannoso sogno anche tu potessi marciare dietro al vagone in cui lo gettammo, e

guardare gli occhi bianchi contorcersi nel suo

volto, il suo volto abbassato, come un diavolo stanco di peccare; se tu potessi sentire, ad ogni

sobbalzo, il sangue che arriva come un gargarismo dai polmoni rosi dal gas, ripugnante

come un cancro, amaro come il bolo di

spregevoli, incurabili piaghe su lingue innocenti, – amico mio, tu non diresti con tale profondo

entusiasmo ai figli desiderosi di una qualche

disperata gloria, la vecchia Bugia: Dulce et decorum est pro patria mori.

RUPERT BROOKE

The soldiers

If I should die, think only this of me: That there’s

some corner of a foreign field That is forever

England. There shall be In that rich earth a

richer dust concealed;

A dust whom England bore, shaped, made aware

Gave, once, her flowers to love, her ways to roam

A body of England’s, breathing English air,

Washed by the rivers, blest by suns of home.

And think, this heart, all evil shed away A pulse

in the eternal mind, no less Gives somewhere

back the thoughts by England given;

Her sights and sounds; dreams happy as her day;

And laughter, learnt of friends; and gentleness,

In hearts at peace, under an English heaven.

I soldati

Se dovessi morire, pensa solo questo di me: che c’è

qualche angolo del campo straniero che sarà per

sempre Inghilterra. Ci dovrebbe essere In quella

ricca terra una più ricca polvere nascosta;

una polvere di cui l’Inghilterra si fece, si formò, s'informò, diede, una volta, i suoi fiori all’amore, le sue vie al vagabondaggio, un corpo inglese, respirante aria inglese, lavato dai fiumi, benedetto dal sole di casa.

E pensa, questo cuore, tolto tutto il male, un

battito nella mente eterna, nondimeno restituisce

da qualche parte i pensieri dati dall'Inghilterra;

le sue visioni ed i suoi suoni; sogna felice come il

suo giorno; e la risata, imparata dagli amici; e

gentilezza, nei cuori in pace, sotto un cielo

inglese.