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Convegno MIVES Giovedì, 4 dicembre 2014 Dipartimento di Lettere e Filosofia via Tommaso Gar, 14 - Trento Ore 9.00-12.50 Aula 117 Ore 14.00-16.00 Aula 117, Aula 228, Sala riunioni 4° piano Coordinamento scientifico: Olga Bombardelli [email protected] Monica Pedrazza [email protected] Sabrina Berlanda [email protected] Segreteria organizzativa: Antonella Neri [email protected] Il progetto di ricerca è realizzato con il contributo della Fondazione Caritro e con il patrocinio della Provincia Autonoma di Trento.

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Page 1: Convegno MIVES - lettere.unitn.it · CSM - Psichiatria Neonatologia Neuropsichiatria Infantile Pediatria Pronto Soccorso Psicologia Clinica TOTALE 93% 7% Tipologia di Servizio

Convegno MIVES

Giovedì, 4 dicembre 2014

Dipartimento di Lettere e Filosofia via Tommaso Gar, 14 - Trento

Ore 9.00-12.50 Aula 117

Ore 14.00-16.00 Aula 117, Aula 228, Sala riunioni 4° piano

Coordinamento scientifico:

Olga Bombardelli [email protected] Monica Pedrazza [email protected] Sabrina Berlanda [email protected]

Segreteria organizzativa:

Antonella Neri [email protected]

Il progetto di ricerca è realizzato con il contributo della Fondazione Caritro e con il patrocinio della Provincia Autonoma di Trento.

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Convegno MIVES Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio-Educativi e Socio-Sanitari per Minori

4 dicembre

2014

- Pagina 2 -

Indice

1. Dati relativi alla compilazione del questionario

1.1 Campione p. 3

a. Servizio Socio-educativo p. 3

b. Servizio Sociale Professionale p. 4

c. Servizio Sanitario e Socio-Sanitario p. 4

d. Servizio Istruzione p. 5

2. Primi risultati del questionario

2.1 Comunicazione e Linguaggio p. 6

2.2 Passaggio di Informazioni con Colleghi ed altri Professionisti p. 7

2.3 Rapporto con i genitori dei minori p. 8

2.4 Valutazione di Esito e Pratiche di Documentazione p. 8

2.5 Preoccupazione p. 9

2.6 Percezione della propria Professione p. 9

3. Abstract degli interventi

Introduzione Olga Bombardelli

p. 11

Analisi esplorativa in preparazione al questionario Monica Pedrazza

p. 12

Servizio Minori nella Provincia Autonoma di Trento: il contributo del Servizio Politiche Sociali Ileana Olivo

p. 12

Servizio Minori nella Provincia Autonoma di Trento: il contributo del Dipartimento della Conoscenza Roberto Ceccato

p. 12

Servizio Minori nella Provincia Autonoma di Trento: stato dell'Arte Sabrina Berlanda

p. 14

Servizi Socio-Educativi: l'importanza della collaborazione Anna Berloffa

p. 15

Servizi Socio-Educativi: gli strumenti per comunicare con i professionisti e con i genitori “Comunicazione con i genitori ed azioni di supporto alla genitorialità” Giovanni Odorizzi

p. 15

“Comunicazione tra professionisti nel servizio socio-educativo e nel servizio minori” Maurizio Nicolini

p. 17

Servizio Sociale Professionale: caratteristiche della comunicazione Elisabetta Neve

p. 17

Servizio Sociale Professionale: ricerca di supporto e relazione con i colleghi Monica Susat

p. 18

Servizio Istruzione: il ruolo chiave dell'alleanza con il genitore Massimo Gaburro

p. 19

Giurisdizione minorile e servizi territoriali: fra prassi e riforme Alessandra Cordiano

p. 19

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Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio

1. DATI RELATIVI ALL

L'invito a compilare il questionario è stato inviato via mail per la prima volta giovedì 18 settembre 2014stato possibile accedere al questionario fino a giovedì 30

In totale hanno compilato il questionario 11Provincia Autonoma di Trento, prendendosi cura dei minori

56 professionisti lavorano unicamente indomicilio IDE, e 11 educatori soltanto in servizi di spazio neutroimpiegati in più servizi, accade spesso che chi lavora in servizi a carattere domiciliare lavori anche in serviziresidenziali (9 persone), semiresidenziali (17 persone) e di spazio neutro (10 persone)

23%

77%

Genere

Maschile Femminile

28%

72%

Genere

Maschile Femminile

9%

57%

34%

Fascia d'età dei minori

0-6 anni 7-12 anni 13

35%

29%

28%

8%

Tipologia di servizio

Residenziale Semiresidenziale

Domiciliare Spazio Neutro

Convegno MIVES Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio-Educativi e Socio-Sanitari per Minori

- Pagina 3 -

1. DATI RELATIVI ALLA COMPILAZIONE DEL QUESTIONARIO

L'invito a compilare il questionario è stato inviato via mail per la prima volta giovedì 18 settembre 2014

accedere al questionario fino a giovedì 30 ottobre.

1.1 Campione

In totale hanno compilato il questionario 1192 professionisti, che lavorano nella rete dei servizi della Provincia Autonoma di Trento, prendendosi cura dei minori.

Servizio Socio-Educativo

Min Max

Età 22 61 Anzianità 1 36 Gli educatori ed i coordinatori compongono il campione più giovane.

Gli educatori ed i coordinatori potevano indicare più di una tipologia di servizio nella quale operano102 professionisti svolgono la loro servizi a carattere residenziale per minori in affidamento, ossia centro residenziale per minoricasa famiglia e gruppo famigliaappartamento e domicilio autonomo71 professionisti operano esclusivamente in servizi a carattere semiresidenziale, centro aperto e centro d'aggregazione

56 professionisti lavorano unicamente in servizi a carattere domiciliare, ovvero interventi educativi a atori soltanto in servizi di spazio neutro. Tra gli educatori o coordinatori che sono

accade spesso che chi lavora in servizi a carattere domiciliare lavori anche in servizisemiresidenziali (17 persone) e di spazio neutro (10 persone)

23%

Femminile

25%

17%

52%

Servizio

Socio-educativo Sociale professionale

Sanitario e Socio-sanitario Istruzione

28%

Femminile

15%

85%

Ruolo professionale

Coordinatore

Fascia d'età dei minori

13-18 anni

Tipologia di servizio

Semiresidenziale

Spazio Neutro

Sanitari per Minori

4 dicembre

2014

STIONARIO

L'invito a compilare il questionario è stato inviato via mail per la prima volta giovedì 18 settembre 2014, è

, che lavorano nella rete dei servizi della

Media DS 35.97 7.84 8.76 6.17

Gli educatori ed i coordinatori compongono il

Gli educatori ed i coordinatori potevano indicare più di una tipologia di servizio nella quale operano. 102 professionisti svolgono la loro attività solo in servizi a carattere residenziale per minori in

ossia centro residenziale per minori, casa famiglia e gruppo famiglia, gruppo appartamento e domicilio autonomo. 71 professionisti operano esclusivamente in servizi a

come centro diurno, aggregazione giovanile.

ovvero interventi educativi a Tra gli educatori o coordinatori che sono

accade spesso che chi lavora in servizi a carattere domiciliare lavori anche in servizi: semiresidenziali (17 persone) e di spazio neutro (10 persone).

25%

6%17%

Servizio

Sociale professionale

Istruzione

15%

Ruolo professionale

Educatore

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Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio

Servizio Sanitario e Socio

Ruolo Professional

Assistente Sociale Educatore/trice Professionale Fisioterapista Infermiere/a Logopedista Medico Ostetrica Psicologo/a Tecnico Riabilitazione Psichiatrica Terapista Neuro-psicomotricità età evolutiva TOTALE

11%

89%

Genere

Maschile Femminile

26%

43%

31%

Fascia d'età dei minori

0-6 anni 7-12 anni 13

15%

85%

Genere

Maschile Femminile

Convegno MIVES Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio-Educativi e Socio-Sanitari per Minori

- Pagina 4 -

Servizio Sociale Professionale

Min Max

Età 27 59 Anzianità 2 31

Servizio Sanitario e Socio-Sanitario

Min Max

Età 25 64 Anzianità 2 41

ale % 3.9 4.9 4.9 36.3 3.9 18.6 6.9 13.8 3.9

psicomotricità età 2.9

100

Servizio di appartenenza

Area Dipendenze (SER.D. Alcologia), CDCA Consultorio CSM - Psichiatria Neonatologia Neuropsichiatria Infantile Pediatria Pronto Soccorso Psicologia Clinica TOTALE

Femminile

93%

7%

Tipologia di Servizio

Sociale di Territorio Sociale di Consultorio

Fascia d'età dei minori

13-18 anni

Femminile

Sanitari per Minori

4 dicembre

2014

Media DS 40.00 8.67 12.17 7.84

Media DS 44.38 9.97 18.18 11.05

di appartenenza %

10.8

9.3 13.2 8.3 16.7 10.8 21.1 9.8 100

93%

Tipologia di Servizio

Sociale di Consultorio

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Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio

Ruolo Professionale

Assistente Educatore (privato sociale) Assistente Educatore (PAT) Coordinatore di classe Referente BES Insegnante Dirigente/Direttore TOTALE

15%

85%

Genere

Maschile Femminile

Convegno MIVES Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio-Educativi e Socio-Sanitari per Minori

- Pagina 5 -

Servizio Istruzione

Min Max

Età 24 63 Anzianità 0 49 Questo è il campione con età media ed anzianità nella professione più elevata.

Ruolo Professionale %

3.2

2.0

3.9 3.9 83.6 3.4 100

Tipologia di scuola

Ist Comprensivo Primaria Ist Comprensivo Secondaria 1°Paritaria Primaria Paritaria Secondaria 1° Paritaria Secondaria 2° Istruzione Secondaria Formazione Professionale TOTALE

Femminile

Sanitari per Minori

4 dicembre

2014

Media DS 47.23 8.60 19.95 10.65

Questo è il campione con età media ed anzianità nella professione più elevata.

Tipologia di scuola %

26.4 Ist Comprensivo Secondaria 1° 23

1.9 3.4 3.2 26.2 15.8 100

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Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio

2. PRIMI RISULTATI DEL

In che misura, mediamente, nella trasmissione delle informazioni sul minoreprofessionali

Bisogno di

Tutti i professionisti utilizzano maggiormente la comunicazione informale orale (es. telefonata), rispetto a quella informale scritta (es. mail).

CEducatore/Coordinatore

Assistente Sociale Per tutti i professionisti la persona con la quale è meno facile comunicaredati sui minori, è il pediatra di libera scelta o il medico di medicina generale

1 Per rispondere a tutti gli item (domande) del questionario i professionisti potevano utilizzare una scala Likert a sette livelli, dove: 1

indica "Per niente o Pochissimo" e 7 indica "Molto o Moltissimo".

3,5

4

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5,5

6

6,5

7

Convegno MIVES Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio-Educativi e Socio-Sanitari per Minori

- Pagina 6 -

PRIMI RISULTATI DEL QUESTIONARIO1

2.1 Comunicazione e Linguaggio

nella trasmissione delle informazioni sul minoreprofessionali utilizzano un linguaggio comune

ogno di comunicazione informale per lavorare bene

on chi comunichi più agevolmente Professionista APSS

Professionista SCUOLA

Genitore Genitore

tutti i professionisti la persona con la quale è meno facile comunicare, per ottenere e trasmettere dei è il pediatra di libera scelta o il medico di medicina generale.

del questionario i professionisti potevano utilizzare una scala Likert a sette livelli, dove: 1

indica "Per niente o Pochissimo" e 7 indica "Molto o Moltissimo".

3,5

4

4,5

5

5,5

6

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7

Socio-Educativo Sociale

Professionale

Sanitario e Socio-

Sanitario

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5,56

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Scritta Orale

Socio-Educativo Sociale Professionale

Sanitario e Socio-Sanitario Istruzione

Sanitari per Minori

4 dicembre

2014

nella trasmissione delle informazioni sul minore, le diverse figure

per lavorare bene

Professionista SCUOLA

Genitore Educatore

per ottenere e trasmettere dei

del questionario i professionisti potevano utilizzare una scala Likert a sette livelli, dove: 1

Istruzione

Orale

Sociale Professionale

Istruzione

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Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio

2.2 Passaggio di Informazioni con Colleghi ed altri Professionisti

Condivisione di obiettivi/interventi con colleghi ed altri professionisti Gli educatori e/o coordinatori sono i professionisti che condividono in misura maggiore obiettivi ed interventi con i propri colleghi. Gli assistenti sociali ed i professionisti dell'APSS invece condividono in ugual misura obiettivi ed interventi con i propri colleghi e con gli altri professionisti.

Rispetto e riconoscimento percepito

Rapporto con colleghi ed altri professionisti

Chi ha maggiore fiducia nei colleghi e negli altri professionisti presenta maggiori livelli di soddisfazione, di identificazione con il ruolo professionale e di integrazione nella rete dei servizi. Negli educatori e/o coordinatori e nei professionisti della scuola all'aumentare della fiducia si assiste all'aumento dell'autoefficacia professionale e del rispetto percepito. Negli assistenti sociali all'aumentare della fiducia si verifica una migliore percezione di efficacia nella comunicazione, una maggiore capacità di cercare supp

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6,57

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Convegno MIVES Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio-Educativi e Socio-Sanitari per Minori

- Pagina 7 -

Passaggio di Informazioni con Colleghi ed altri Professionisti

Condivisione di obiettivi/interventi con colleghi ed altri professionisti

Rispetto e riconoscimento percepito

Rapporto con colleghi ed altri professionisti

della fiducia si assiste all'aumento dell'autoefficacia professionale e del rispetto Negli assistenti sociali all'aumentare della fiducia si verifica una migliore percezione di efficacia

nella comunicazione, una maggiore capacità di cercare supporto ed una minore preoccupazione.

3,54

4,55

5,56

6,57

Condivisione con i colleghi Condivisione con gli altri

professionisti

Socio-Educativo Sociale Professionale

Sanitario e Socio-Sanitario Istruzione

3,54

4,55

5,56

6,57

Socio-Educativo Sociale

Professionale

Sanitario e

Socio-Sanitario

3,54

4,55

5,56

6,57

Fiducia nei colleghi Fiducia negli altri

professionisti

Socio-Educativo Sociale Professionale

Sanitario e Socio-Sanitario Istruzione

Sanitari per Minori

4 dicembre

2014

Passaggio di Informazioni con Colleghi ed altri Professionisti

Condivisione di obiettivi/interventi con colleghi ed altri professionisti

della fiducia si assiste all'aumento dell'autoefficacia professionale e del rispetto Negli assistenti sociali all'aumentare della fiducia si verifica una migliore percezione di efficacia

orto ed una minore preoccupazione.

Condivisione con gli altri

professionisti

Sociale Professionale

Istruzione

Fiducia negli altri

professionisti

Sociale Professionale

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Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio

2.3 Rispetto al rapporto con i genitori agli educatori e/o coordinatori ed agli insegnanti accade più spesso che "almeno un genitore si fidi di loro"; per gli assistenti sociali ed i professionisti dell'APSS nella maggior parte dei casi"il passaggio di informazioni con almeno un genitore è positivo".relazione con i genitori dei minori, permette di attribuire ad essi pianificare, comunicare ed agire con intenzione consapevole; ossia di ritenerli delle figure sulle quali fare affidamento. Inoltre la buona relazione con i genitori negli educatori, negli assistenti sociali e nei professionisti della scuola ha una ricaduta positiva su: soddisfazione, percezione di autoefficacia professionale e percezione di integrazione ed appartenenza alla rete dei servizi.Inoltre, l'educatore e l'insegnante si sentono sostenuti nel proprio lavoro se lgenitori dei minori è buona, in quanto attivano più risorse, si sentono maggiormente rispettati e nutrono maggiore fiducia nei colleghi e negli altri professionisti.

2.4 Valutazione di Esito

Effettui valutazione di esito dell'intervento sul minore Gli educatori e/o coordinatori del servizio socio-educativo sono i professionisti che sentono di avere un maggior numero di strumenti per la valutazione di esito. Per tutti i professionisti la valutazione di esito, che svolgono, è finalizzata soprattutto a "ri-orientare l'intervento sul minore""adempimento burocratico".

Rilevanza di queste situazioni affinché sia possibile cominciare a considerare l'intervento sul

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Socio

Convegno MIVES Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio-Educativi e Socio-Sanitari per Minori

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2.3 Rapporto con i genitori dei minori

informazioni con almeno un genitore è positivo". Per tutti i professionisti riuscire ad instaurare una buona relazione con i genitori dei minori, permette di attribuire ad essi maggiori competenze e capacità, come pianificare, comunicare ed agire con intenzione consapevole; ossia di ritenerli delle figure sulle quali fare affidamento. Inoltre la buona relazione con i genitori negli educatori, negli assistenti sociali e nei

sionisti della scuola ha una ricaduta positiva su: soddisfazione, percezione di autoefficacia professionale e percezione di integrazione ed appartenenza alla rete dei servizi.

'educatore e l'insegnante si sentono sostenuti nel proprio lavoro se la relazione che instaurano con i genitori dei minori è buona, in quanto attivano più risorse, si sentono maggiormente rispettati e nutrono maggiore fiducia nei colleghi e negli altri professionisti.

Valutazione di Esito e Pratiche di Documentazione

alutazione di esito dell'intervento sul minore

orientare l'intervento sul minore", piuttosto che rispondere alla necessità di un

Rilevanza di queste situazioni affinché sia possibile cominciare a considerare l'intervento sul minore in via di risoluzione

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Socio-Educativo Sociale

Professionale

Sanitario e

Socio-Sanitario

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Socio-Educativo Sociale

Professionale

Sanitario e Socio

Sanitario

Genitore

consapevole e si fa

carico

Comportamento in

remissione

Solida rete tra

professionisti

Socio-Educativo Sociale Professionale Sanitario e Socio

Sanitari per Minori

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2014

Per tutti i professionisti riuscire ad instaurare una buona maggiori competenze e capacità, come

pianificare, comunicare ed agire con intenzione consapevole; ossia di ritenerli delle figure sulle quali fare affidamento. Inoltre la buona relazione con i genitori negli educatori, negli assistenti sociali e nei

sionisti della scuola ha una ricaduta positiva su: soddisfazione, percezione di autoefficacia

a relazione che instaurano con i genitori dei minori è buona, in quanto attivano più risorse, si sentono maggiormente rispettati e nutrono

e Pratiche di Documentazione

alutazione di esito dell'intervento sul minore

rispondere alla necessità di un

Rilevanza di queste situazioni affinché sia possibile cominciare a considerare l'intervento sul

Istruzione

Sanitario e Socio-

Sanitario

Solida rete tra

professionisti

Sanitario e Socio-Sanitario

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Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio

Pratiche di

Avere degli strumenti adeguati e la capacità di documentare le proprie azioni, permettono all'educatore o al coordinatore di sentirsi maggiormente integrato nel servizio minori, questo ha delle ricadute positive sulla percezione delle proprie competenze nel comunicare con gli altri professionisti.

Per tutti i professionisti la maggior fonte di preoccupazione è "l'eventuale ritardo di intervento sul minore". Per gli educatori e/o coordinatori ed i professionisti dell'APSS la seconda fonte di preoccupazione è "l'eventuale vaghezza rispetto agli obiettivi del servizio inviante". Invece sociali è preoccupante al secondo postominore"; mentre i professionisti della scuola frammentazione/parzialità del flusso di informazione sul minore".Negli educatori e/o coordinatori la prminore percezione di sentirsi rispettati e riconosciuti nel proprio ruolo.Negli assistenti sociali più aumenta la preoccupazione, meno loro colleghi e meno si sentono efficaci nella l'utenza.

2.6

Chi ha compilato il questionario presenta alti punteggi di soddisfazione lavorativa.

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Socio

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Convegno MIVES Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio-Educativi e Socio-Sanitari per Minori

- Pagina 9 -

atiche di documentazione della valutazione di esito

comunicare con gli altri professionisti.

2.5 Preoccupazione

preoccupazione è "l'eventuale vaghezza rispetto agli obiettivi del servizio inviante". Invece è preoccupante al secondo posto "la solitudine che percepiscono nell'affrontare i problemi su un

i professionisti della scuola al secondo posto collocano "l'eccessiva arzialità del flusso di informazione sul minore". o coordinatori la preoccupazione comporta una minor soddisfazione lavorativa ed una

minore percezione di sentirsi rispettati e riconosciuti nel proprio ruolo. Negli assistenti sociali più aumenta la preoccupazione, meno riescono ad instaurare relazioni di fiducia con i

e meno si sentono efficaci nella ricerca di supporto, e nella gestione delle emozioni

2.6 Percezione della propria Professione

Soddisfazione lavorativa

3,54

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6,57

Narrazione scritta (verbali,

relazioni,…)

Osservazione sistematica

(schede, griglie,…)

Socio-Educativo Sociale Professionale Sanitario e Socio

3,54

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Socio-Educativo Sociale

Professionale

Sanitario e

Socio-Sanitario

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Socio-Educativo Sociale

Professionale

Sanitario e

Socio-Sanitario

Sanitari per Minori

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2014

della valutazione di esito

preoccupazione è "l'eventuale vaghezza rispetto agli obiettivi del servizio inviante". Invece per gli assistenti

"la solitudine che percepiscono nell'affrontare i problemi su un al secondo posto collocano "l'eccessiva

eoccupazione comporta una minor soddisfazione lavorativa ed una

riescono ad instaurare relazioni di fiducia con i gestione delle emozioni con

Osservazione sistematica

(schede, griglie,…)

Sanitario e Socio-Sanitario

Istruzione

Istruzione

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Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio

Senso d'integrazione/appartenenza nel servizio minori ed Identificazione con il proprio ruolo

Gli educatori e/o coordinatori e gli assistenti sociali percepiscono un livello maggiore di integrazione nel servizio minori rispetto al personale dell'APSS e della scuola. Rispetto al senso d'integrazione nella rete dei servizi che si occupano di minori, tutti i professionisti attribuiscono alla collaborazione un valore molto importante per il proprio ruolo, ma non si sentono in egual misura parte effettiva di esso.

Per gli educatori e/o coordinatori la percezione di autoefficacia è connessa alla possibilità di avere a disposizione degli strumenti adeguati per documentare e comunicare il proprio lavoro quotidiano sia con i colleghi sia con i genitori

dei minori. Per gli assistenti sociali la percezione di autoefficacia è legata soprattutto alla capacità di cercare supporto nei colleghi, tale abilità risulta più importante dbuona relazione con l'utente. Per i professionisti della scuola la percezione d'autoefficacia correla positivamente con la capacità di comunicare in modo efficace con i propri colleghi e con gli altrilavorativa, con la percezione di rispettoprofessione e di integrazione nella rete dei servizi.

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Convegno MIVES Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio-Educativi e Socio-Sanitari per Minori

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Senso d'integrazione/appartenenza nel servizio minori ed Identificazione con il proprio ruolo

professionale

tutti i professionisti attribuiscono alla collaborazione un valore molto importante per il proprio ruolo, ma non sentono in egual misura parte effettiva di esso.

Autoefficacia

Per gli assistenti sociali la percezione di autoefficacia è legata soprattutto alla capacità di cercare supporto nei colleghi, tale abilità risulta più importante degli aspetti procedurali e della capacità di instaurare una

a percezione d'autoefficacia correla positivamente con la capacità di comunicare in modo efficace con i propri colleghi e con gli altri professionisti

con la percezione di rispetto, con la fiducia negli altri, con il grado di identificazione con la professione e di integrazione nella rete dei servizi.

3,54

4,55

5,56

6,57

Integrazione nel servizio

minori

Identificazione con il ruolo

professionale

Socio-Educativo Sociale Professionale

Sanitario e Socio-Sanitario Istruzione

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4

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7

Socio-Educativo Sociale

Professionale

Sanitario e

Socio-Sanitario

Sanitari per Minori

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Senso d'integrazione/appartenenza nel servizio minori ed Identificazione con il proprio ruolo

tutti i professionisti attribuiscono alla collaborazione un valore molto importante per il proprio ruolo, ma non

Per gli assistenti sociali la percezione di autoefficacia è legata soprattutto alla capacità di cercare supporto capacità di instaurare una

a percezione d'autoefficacia correla positivamente con la capacità di professionisti, con la soddisfazione

con il grado di identificazione con la

Identificazione con il ruolo

professionale

Sociale Professionale

Istruzione

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Convegno MIVES Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio-Educativi e Socio-Sanitari per Minori

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- Pagina 11 -

3. ABSTRACT DEGLI INTERVENTI Introduzione

Olga Bombardelli Professoressa di Pedagogia Generale e Sociale, Università di Trento

Un cordiale benvenuto a tutti! Quella di oggi è una giornata importante. Il nostro incontro è finalizzato ad una prima divulgazione e soprattutto alla discussione dei risultati intermedi raccolti nel progetto: Modelli di integrazione e di

innovazione delle pratiche di documentazione e valutazione di esito degli interventi socio-educativi e socio-

sanitari su minori in affidamento. L’oggetto della ricerca è il passaggio di informazioni tra i vari servizi a proposito dei soggetti da seguire: stato di bisogno, punti forti e potenzialità, possibilità di intervento e attività in corso, risultati, con l'obiettivo di offrire un'assistenza sempre più mirata e coordinata. Si è lavorato per raccogliere dati e proposte con diversi metodi: dai focus group ai questionari. I professionisti che operano nel servizio minori e nella scuola hanno collaborato attivamente ed hanno mostrato di sentire l’esigenza di un’interazione efficace nella raccolta e nella comunicazione di informazioni sulle attività in via di svolgimento. Il progetto è promosso dalle Università di Trento (Olga Bombardelli, docente di Pedagogia generale) e di Verona (Monica Pedrazza, docente di Psicologia sociale) e dal CERP - Centro di Ricerca di Psicoterapia di Trento, con la collaborazione di varie istituzioni del territorio trentino (in prima linea la Provincia autonoma di Trento e l'Azienda provinciale per i servizi sanitari), ha ricevuto un importante finanziamento dalla Fondazione Caritro e il patrocinio della Provincia Autonoma di Trento; è cominciato nel novembre 2013 e si concluderà nel marzo 2015. I vari aspetti del progetto stesso saranno oggetto di studio nel corso della giornata; mi limito ad alcune considerazioni di inquadramento. Il passaggio di informazioni, in forma orale e scritta, la compilazione della documentazione e la trasmissione di essa fra i vari professionisti che ruotano attorno ai minori in difficoltà ed alle loro famiglie: assistenti sociali, educatori, insegnanti, pedagogisti, coordinatori dei servizi pedagogici, pediatri, personale sanitario o personale del tribunale dei minori, non è un mero adempimento burocratico, ma una strategia che può essere d’aiuto in molteplici direzioni: per l’attenzione ai soggetti in cura, per la soddisfazione legata al proprio lavoro, dato che un buon gioco di squadra favorisce un buon uso delle energie. Il monitoraggio degli interventi, la valutazione di processo e di esito non sono intese in ottica contabile e standardizzata, ma con attenzione all’unicità del lavoro con le persone, nel rispetto dei vincoli istituzionali e nel contesto di un’ampia visione d’insieme. Il compito di chi opera in questo campo è molto delicato; nelle sue varie dimensioni: cognitivo-comportamentali, socio-ambientali e relazionali, ma soprattutto identitarie, costituisce un’opera grandiosa, perché permette di intercettare le difficoltà sul nascere, e quindi implica ancora la possibilità di esercitare influssi positivi. I bambini di oggi sono gli adulti di domani ed il loro equilibrio futuro dipende anche dalle esperienze in età giovanile. Ai nostri tempi constatiamo a volte un eccesso di omologazione e una delega da parte del sistema formativo al sistema sanitario, con aspetti di medicalizzazione del disagio. Spesso i ragazzi si considerano ritardati, o si dichiarano iperattivi, o si mandano dallo psichiatra in base a criteri omologanti, anziché tentare di capirli, di responsabilizzarli e di porli in condizioni sane di crescita. Le famiglie hanno bisogno di politiche in ambito socio-economico, di lavoro, di alloggi, di messaggi mass mediali meno superficiali, di rispetto dei diritti umani, prima che di segnalazione ai servizi sociali; l'allontanamento dei figli ed il loro trasferimento in strutture protette dovrebbe essere un fatto del tutto eccezionale. L’obiettivo fondamentale del progetto, della raccolta di dati e di proposte relativamente al passaggio di informazioni fra le figure professionali è proprio la ricerca di sinergie, di decisioni coordinate e di attuazione di misure proficue, valorizzando i punti forti e tenendo presente il peso delle profezie che si autoavverano. Auspico che questa nostra giornata sia costruttiva, è un’occasione speciale per riflettere insieme su quanto si va facendo; il passaggio di informazioni si riferisce a dati, interpretazioni, attività, proposte, ma anche al coinvolgimento attivo dell’utenza.

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Convegno MIVES Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio-Educativi e Socio-Sanitari per Minori

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Il lavoro di questo progetto è impostato intenzionalmente sulla valorizzazione del ruolo dei protagonisti che operano sul campo quotidianamente; c’è la massima fiducia nel patrimonio di conoscenze, di abilità e di valori costruiti con l’esperienza, sulle competenze specifiche di ciascuno per un progresso che venga dall’interno, da un percorso comune. Le modalità innovative di documentazione e di comunicazione, che sono uscite e che escono dai vostri contributi, permettono di migliorare non solo il passaggio di informazioni, ma anche il benessere lavorativo ed il supporto stesso ai minori in situazione di disagio, un servizio preziosissimo per le persone coinvolte e per tutta la società. Analisi esplorativa in preparazione al questionario

Monica Pedrazza Professoressa di Psicologia Sociale, Università di Verona

Il contributo intende presentare la prima parte della ricerca relativa al progetto Mives. Si tratta di un'indagine esplorativa, volta ad identificare le aree di benessere/malessere dei minori in carico al servizio, nonché gli incidenti critici ascrivibili alla relazione inter-professionale del servizio stesso. I risultati dell'analisi esplorativa sono stati utilizzati per costruire un questionario, il cui obiettivo è quello di indagare alcune delle attività relative alla raccolta di documentazione ed alla gestione delle informazioni nel servizio minori: • chi osserva cosa? • come si documenta? • come si comunica? • incidenti critici? La presa di decisione nel servizio minori è un processo inter-soggettivo estremamente complesso, che si basa sulla fiducia reciproca dei professionisti, agita ed esperita nelle seguenti funzioni: • esprimere convinzioni personali su temi sensibili, • sapersi confrontare con posizioni divergenti alle proprie, • saper chiedere supporto, • saper offrire supporto, • tollerare il senso di impotenza, • gestire il confronto con orientamenti valoriali diversi dai propri. Servizio Minori nella Provincia Autonoma di Trento: il contributo del Servizio Politiche Sociali

Ileana Olivo Dirigente del Servizio Politiche Sociali, Provincia Autonoma di Trento

L’intervento evidenzia il ruolo che ha avuto il Servizio politiche sociali della Provincia Autonoma di Trento nel coinvolgere nel progetto di ricerca Servizi sociali territoriali e Associazioni/Cooperative che operano nell’ambito dell’area minori. Si farà inoltre riferimento all’approvazione da parte della Giunta Provinciale (deliberazione n. 1008 del 23 giugno 2014) dello schema di protocollo tra gli Enti coinvolti nel progetto. Verranno presentati i dati relativi a: numero di Cooperative/Associazioni che si occupano di minori, tipologie di servizio e distribuzione sul territorio dei servizi per minori. Servizio Minori nella Provincia Autonoma di Trento: il contributo del Dipartimento della

Conoscenza

Roberto Ceccato Dirigente del Servizio Infanzia e Istruzione del Primo Grado, Provincia Autonoma di Trento

È con piacere che in qualità di Dirigente del Servizio Istruzione del Dipartimento della Conoscenza partecipo a questo convegno che ha come obiettivo restituire i primi esiti del lavoro portato avanti in questi mesi dal Progetto Mives. Siamo convinti che l’ambizioso progetto di riuscire a valorizzare l’integrazione tra i vari servizi scolastici, socio-sanitari e socio-educativi per i minori sia sicuramente un obiettivo centrale per un positivo esito degli interventi a favore dei minori in difficoltà. Con il Progetto Mives si è partiti dalla osservazione e lettura di come i diversi professionisti si trasmettono le informazioni per arrivare a capire come si può costruire un sapere comune. Infatti, siamo consapevoli che riuscire a mettere insieme le diverse visioni e conoscenze del minore che frequenta la scuola, ed è anche in

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Convegno MIVES Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio-Educativi e Socio-Sanitari per Minori

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carico agli altri servizi socio-sanitari, può migliorare l’efficacia e l’efficienza degli interventi attraverso la messa in campo di nuovi sistemi organizzativi in cui vi sia coordinamento tra i diversi soggetti ed agenzie appartenenti al pubblico ed al privato sociale. Ciò richiede forme concertate di collaborazione per la conoscenza dei problemi e per trovare risposte ai bisogni complessivi che presenta il minore ed il contesto in cui vive. Sappiamo che l’attuazione dell’integrazione è un percorso difficile in cui ogni professionista deve saper ascoltare e mettere a disposizione le proprie conoscenze e il proprio sapere al fine di arrivare a formulare un sistema di comunicazione/integrazione che renda più approfondito l’approccio alla conoscenza del bisogno individuando interventi che sappiano sostenere il minore. Con il progetto Mives ci si è dati anche l’obiettivo di analizzare i processi e le pratiche attualmente in uso presso i diversi servizi quali la scuola, il sociale, il sanitario con la consapevolezza che è fondamentale iniziare a sviluppare un linguaggio comune dalla presa in carico alla valutazione degli esiti degli interventi. Per la scuola questo ha significato riuscire a confrontarsi con i temi difficili e delicati degli studenti che presentano difficoltà socio/relazionali e che pur non essendo certificati ai fini della Legge 104/92 richiedono un’attenzione ed un supporto adeguato per rimotivarli affinché mantengano un rapporto positivo e non abbandonino il loro percorso scolastico. A tal proposito i dati che vi illustrerò possono aiutarci a capire il fenomeno complessivo degli studenti con Bisogni educativi speciali presenti nelle nostre istituzioni scolastiche.

Dipartimento della Conoscenza

Settore Coordinamento BES

PRESENZA STUDENTI CON BES

rilevazione anni scolastici 2011/12 – 2012/13 - 2013/14

1.9872.019 2.171

1.150

1.397

1.636

757774

960

0

500

1.000

1.500

2.000

2.500

2011/12 2012/13 2013/14

Certif. L. 104/92

DSA

Svantaggio

L.104/92

DSA

Svantaggio

Dipartimento della Conoscenza

Settore Coordinamento BES

PRESENZA STUDENTI CON BESrilevazione anni scolastici 2011/12 – 2012/13 - 2013/14

Grafico percentuali sulla popolazione scolastica

3,07%

2,87%2,87%

2,31%

1,99%

1,66%

1,36%

1,10%1,10%

0,00%

0,50%

1,00%

1,50%

2,00%

2,50%

3,00%

3,50%

2011/12 2012/13 2013/14

Certif. L. 104/92

DSA

Svantaggio

Svantaggio

DSA

L.104/92

Dipartimento della Conoscenza

Settore Coordinamento BES

PRESENZA STUDENTI CON BES

rilevazione anni scolastici 2011/12 – 2012/13 - 2013/14

Valori percentuali sulla popolazione scolastica

1,36%9602,31%1.6363,07%2.17170.7622013/14

1,10%7741,99%1.3972,87%2.01970.3192012/13

1,10%7571,66%1.1502,87%1.98769.1162011/12

%Tot. Certif%Tot. Certif%Tot. Certif.

SvantaggioDSACertificati L. 104/92Tot.

Popolaz.Anno scol.

Dipartimento della Conoscenza

Settore Coordinamento BES

PRESENZA STUDENTI IN SITUAZIONE DI SVANTAGGIO

rilevazione anno scolastico 2013/14

1,36% 960Totali

3,41%134FORMAZIONE

PROFESSIONALE

0,27%42SECONDARIA DI

SECONDO GRADO

2,80% 411SECONDARIA DI PRIMO

GRADO

1,54% 373PRIMARIA

Percentuale presenza

situazioni svantaggio su

totale studenti

Situazioni rilevate dalla

scuola e accompagnate

con relativo progetto

personalizzato

Ordine di scuola

Dipartimento della Conoscenza

Settore Coordinamento BES

PRESENZA STUDENTI IN SITUAZIONE DI SVANTAGGIO

rilevazione anno scolastico 2013/14

Distribuzione studenti per ordine e grado

411;

43%

42;

4%

373;

39%

134;

14%

PRIMARIA

SECONDARIA DI PRIMO

GRADO

SECONDARIA DI SECONDO

GRADO

FORMAZIONE

PROFESSIONALE

La lettura dei dati ci suggerisce che è importante allargare i confini della scuola, migliorare e rilanciare una pluralità di azioni educative, renderle partecipate includere gli studenti per prevenire la dispersione. L’inclusione, quindi, come presa in carico condivisa che possa dar avvio allo sviluppo di progetti individualizzati garantendo al tempo stesso uno stretto coordinamento di rete allo scopo di assicurare continuità nell’attivazione delle risorse scolastiche ed extra scolastiche. Per sostenere e accompagnare il

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Convegno MIVES Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio-Educativi e Socio-Sanitari per Minori

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progetto Mives presso il Dipartimento della conoscenza si è costituito un tavolo di lavoro specifico coordinato dall’Università composto da tre Dirigenti scolastici, la responsabile ed una collaboratrice del Settore Bisogni Educativi Speciali ed un funzionario dell’Ufficio Sistemi informatici del Dipartimento. Il tavolo ha organizzato i focus group in due distinti incontri della durata di tre ore ciascuno coinvolgendo sei Dirigenti scolastici e sei docenti appartenenti a diverse scuole della provincia di ogni ordine e grado. I focus group, condotti dall’Università, hanno prodotto il materiale utile alla formulazione di un questionario, le cui domande sono state condivise con il tavolo di lavoro. Il Dipartimento poi si è fatto carico di sollecitare le scuole alla compilazione del questionario on-line. La nostra partecipazione al progetto sarà garantita fino al termine della ricerca. Questo pomeriggio saremo presenti nei lavori di gruppo per condividere la costruzione di reti e buone pratiche tra le varie figure professionali che operano nella scuola, nei servizi socio-sanitari e nel terzo settore. Servizio Minori nella Provincia Autonoma di Trento: Stato dell'Arte

Sabrina Berlanda Assegnista di Ricerca, Università di Trento I professionisti che hanno compilato il questionario valutano abbastanza positivamente il passaggio di informazioni sul minore, anche se gli assistenti sociali, che rivestono un ruolo chiave in questo passaggio, presentano medie inferiori nella percezione dell'utilizzo di un linguaggio comune. Tutti i professionisti accanto alle comunicazioni formali utilizzano anche comunicazioni informali, sia orali (telefonate) sia scritte (mail). Questo dato è indicativo della necessità dei professionisti di integrare le informazioni che passano attraverso documenti ed incontri ufficiali, ma se la comunicazione informale può permettere ai professionisti di sentirsi più sicuri nello svolgere i propri compiti, può anche rivelarsi controproducente, poiché come sostengono i professionisti, le informazioni veicolate in contesti informali non possono essere utilizzate alla stregua degli elementi veicolati in contesti formalmente istituzionalizzati. I professionisti che comunicano più agevolmente tra loro sono gli educatori e/o coordinatori e gli assistenti sociali. Rispetto al senso d'integrazione nella rete dei servizi che si occupano di minori, tutti i professionisti attribuiscono alla collaborazione un valore molto importante per il proprio ruolo, ma non si sentono in egual misura parte effettiva di esso. Per tutti i professionisti riuscire ad instaurare una buona relazione con i genitori dei minori, permette di attribuire ad essi maggiori competenze e capacità, come pianificare, comunicare ed agire con intenzione consapevole; ossia di ritenerli delle figure sulle quali fare affidamento. Per tutti i professionisti la valutazione di esito degli interventi, che svolgono, è finalizzata soprattutto a "ri-orientare l'intervento sul minore", piuttosto che rispondere alla necessità di un "adempimento burocratico". Per tutti i professionisti la maggior fonte di preoccupazione nel loro lavoro è "l'eventuale ritardo di intervento sul minore". Gli educatori e/o coordinatori del servizio socio-educativo si impegnano affinché almeno un genitore si fidi di loro. L'educatore e/o coordinatore si sente sostenuto nel proprio lavoro se la relazione che instaura con i genitori dei minori è buona, e questo gli permette di attivare più risorse e di avere una migliore relazione anche con i colleghi e con gli altri professionisti. Per gli educatori e/o coordinatori una fonte di preoccupazione è "l'eventuale vaghezza rispetto agli obiettivi del servizio inviante", rispetto a questo manifestano l'esigenza di ottenere informazioni ed indicazioni più precise dagli altri servizi che hanno in carico il minore. Proprio aver creato e consolidato "una solida rete tra professionisti" rappresenta per l'educatore e/o coordinatore l'elemento più rilevante per cominciare a considerare l'intervento sul minore in via di risoluzione. Gli educatori e/o coordinatori sono i professionisti che sentono di avere un maggior numero di strumenti per la valutazione di esito degli interventi. Avere degli strumenti adeguati e la capacità di documentare le proprie azioni, permettono all'educatore o al coordinatore di sentirsi maggiormente integrato nel servizio minori, e questo ha delle ricadute positive anche sulla percezione delle proprie competenze nel comunicare con gli altri professionisti. Gli educatori e/o coordinatori condividono obiettivi e strategie soprattutto con i loro colleghi, basando il loro intervento sul lavoro d'equipe. Dai dati raccolti emerge come per gli educatori e/o coordinatori la percezione di autoefficacia sia connessa alla possibilità di avere a disposizione degli strumenti adeguati per documentare e comunicare il proprio lavoro quotidiano sia con i colleghi sia con i genitori dei minori.

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4 dicembre

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Gli assistenti sociali del servizio sociale professionale si impegnano affinché il passaggio di informazioni con almeno un genitore sia positivo, e ritengono che l'elemento più importante affinché sia possibile cominciare a considerare l'intervento sul minore in via di risoluzione sia che almeno un genitore sia consapevole e si faccia carico del problema del minore. Una fonte di preoccupazione nel lavoro degli assistenti sociali è "la solitudine che percepiscono nell'affrontare i problemi su un minore", e tanto più aumenta il loro livello di preoccupazione, tanto meno riescono ad instaurare relazioni di fiducia con i loro colleghi ed a sentirsi efficaci nella ricerca del loro supporto. Dai dati raccolti emerge come per gli assistenti sociali la percezione di autoefficacia sia legata soprattutto alla capacità di cercare supporto nei colleghi; tale competenza risulta più importante anche della conoscenza degli aspetti procedurali e della capacità di instaurare una buona relazione con l'utente. I professionisti del servizio sanitario e socio-sanitario presentano punteggi più alti, rispetto a quelli degli altri servizi, nella qualità della relazione che instaurano con i genitori dei minori, in particolare loro si impegnano affinché il passaggio di informazioni con almeno un genitore sia positivo. I professionisti dell'APSS condividono in ugual misura obiettivi ed interventi con i propri colleghi e con gli altri professionisti, e manifestano come fonte di preoccupazione nel lavoro "l'eventuale vaghezza rispetto agli obiettivi del servizio inviante". Dai dati raccolti emerge come la percezione d'autoefficacia per i professionisti sanitari e socio-sanitari sia legata alla qualità della relazione che instaurano con i genitori dei minori, nonché alla percezione di rispetto ed al grado di integrazione nella rete dei servizi. I professionisti del servizio istruzione cercano di instaurare buone relazioni con i genitori dei loro alunni, ed in particolare si impegnano affinché almeno un genitore si fidi di loro. Anche l'insegnante come l'educatore si sente sostenuto nel proprio lavoro se la relazione che instaura con i genitori dei minori è buona. Una fonte di preoccupazione nel loro lavoro è rappresentata dall'eccessiva "frammentazione/parzialità del flusso di informazione sul minore". Dai dati raccolti emerge che per i professionisti della scuola la percezione d'autoefficacia sia legata alla capacità di comunicare in modo costruttivo con i propri colleghi e con gli altri professionisti, alla percezione di rispetto e di fiducia negli altri, nonché al grado di identificazione con la professione e di integrazione nella rete dei servizi. Servizi Socio-Educativi: l'importanza della collaborazione

Anna Berloffa Direttore del Centro per l'Infanzia, Provincia Autonoma di Trento L’intervento affronta la presa in carico, da parte dei soggetti istituzionali e non, di situazioni che coinvolgono bambini/e, ragazzi/e e le loro famiglie. Verrà evidenziata la necessità di avere una visione complessiva che ponga al centro la relazione genitori-bambini, sapendo cogliere aspetti disfunzionali ma anche risorse presenti. Sarà sottolineata l’indispensabilità di uno sguardo attento ai bisogni evolutivi di bambini e ragazzi e la significatività degli interventi di protezione. Verranno presentate alcune considerazioni sulla collaborazione tra i diversi soggetti coinvolti sia nelle criticità che nelle potenzialità. Servizi Socio-Educativi: Gli strumenti per comunicare con i professionisti e con i genitori

Giovanni Odorizzi “Comunicazione con i genitori ed azioni di supporto alla genitorialità” Direttore del Villaggio SOS di Trento

È interessante, per chi opera all’interno di un servizio di accoglienza residenziale per minori da tempo, esaminare i dati di questa ricerca, in quanto probabilmente si trova in una posizione avvantaggiata potendo fare un confronto con il passato e quindi percepire con più chiarezza il senso del nuovo che in essa emerge e immaginarsi fino a dove questo nuovo può spingersi. In questo breve intervento farò quindi uso di questo confronto, evidentemente semplificando ed estremizzando un po’ le note relative al passato (recente) al fine di far risaltare maggiormente i contenuti su cui oggi stiamo riflettendo. Emerge dalla ricerca che “per tutti i professionisti – quindi anche per gli educatori – riuscire ad instaurare una buona relazione con i genitori dei minori permette di (…) ritenerli delle figure sulle quali fare affidamento”. Possiamo cogliere in questa breve affermazione due aspetti: • esprime una prospettiva di positività nello sguardo sui genitori; • postula una prospettiva di una loro integrazione trasversale nel progetto di affidamento.

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Non era così solo fino a qualche anno fa. Pur all’interno di un confronto variegato trovava per esempio forza e legittimazione anche il pensiero secondo il quale non toccava agli educatori delle comunità residenziali occuparsi dei genitori e del loro percorso tendendo fra l’altro a ritenere ingombrante (e negativa) la loro presenza almeno fino al momento in cui essi non si fossero dati da fare per “mettere a posto la loro vita”. Dei genitori si dovevano allora occupare i Servizi sociali e quelli dell’Azienda sanitaria incontrando per altro difficoltà e relativamente scarsi risultati. L’assistente sociale si giocava dentro il duplice ruolo di chi aiuta e del pubblico ufficiale che deve segnalare le cose che non vanno all’autorità giudiziaria, agiva prevalentemente attraverso colloqui e visite domiciliari (“ispettive”), dettava programmi che certo dovevano promuovere l’attivazione del genitore ma che il genitore in qualche modo subiva come un “dover essere”, non da protagonista. Lo psicologo o neuropsichiatra si giocava prevalentemente nella forma dei colloqui in cui ci stava dentro qualche genitore ma probabilmente la maggioranza no, fra un “non ho bisogno dello strizzacervelli”, un “ci capisco poco” e soprattutto un “passa il tempo e non vedo risultati” (cioè il risultato di riavere i miei bambini a casa)… Quando le cose andavano bene, alla fine di questi percorsi si mettevano insieme i pezzi di una specie di puzzle, pezzi che effettivamente combaciavano ma che non stavano incollati insieme o magari sì ma solo per poco… Le varie esperienze sul campo ci dicevano con maggiore evidenza ed insistenza che le cose così funzionavano poco, certamente poco rispetto alle tante risorse messe in gioco (e, mi si permetta, anche alla tanta buona volontà che di rado è venuta meno). Alcuni approcci, ricordo quello dell’Associazione Prospettive, ci aiutavano a capire che il lavoro non era quello di mettere insieme i pezzi di un puzzle ma di pervenire ad una visione unica e interprofessionale delle situazioni e di fondare su questa il progetto. Altri evidenziavano la necessità di partecipazione da parte dei genitori e dei bambini/ragazzi. Hanno aiutato anche eventi significativi, come le “Giornate mondiali”, come la Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne del 25 novembre: ci sono servite per vedere questo problema della violenza in quanto tale, una violenza che abbiamo incontrato tante volte nella situazione familiare dei bambini/ragazzi che abbiamo accolto, ma che faceva parte del quadro complessivo, che era uno degli elementi problematici della situazione. Abbiamo capito che questo fatto della violenza è un fatto rilevante in se stesso, che una donna non va a cercarsi, di cui una donna non ha colpa, che blocca la donna… Abbiamo potuto percepire “come ci si sente”, capire che la soluzione che dall’esterno appare ragionevolmente semplice non può essere imboccata con facilità, concludere che forse noi nelle stesse condizioni non sapremo da che parte prendere… Sentire la sua parte e sentirci dalla sua parte… Poterla incontrare. Per concludere su questo punto abbiamo capito che “l’instaurare una buona relazione con i genitori”, così importante per l’esito dei progetti di accoglienza dipende certo da tutto quello che abbiamo imparato sul come gestirla, questa relazione, ma ha quale suo elemento fondativo un diverso approccio, rispetto al passato, a tutta la questione, cioè il saper riconoscere il loro spazio e la loro soggettività. L’educatore deve tradurre questo approccio dentro quello che è lo spazio funzionale suo proprio nel progetto e non può che interpretare questo spazio se non attraverso la specificità delle sue conoscenze, competenze e metodologie. Egli deve trovare e implementare quindi azioni e modi di essere in cui, nel progetto, la genitorialità venga riconosciuta, orientata, supportata, sostenuta. Una parola chiave per l’educatore, a questo proposito, è “quotidianità”. Attorno a questa parola si sono fatte molte riflessioni negli anni ’80 e queste sono diventate “cultura pedagogica” dell’intervento educativo in particolare nelle comunità di accoglienza residenziale. Non c’era documento identitario delle comunità, in quel tempo, che non facesse esplicito riferimento alla quotidianità. Nell’approccio educativo di sostegno alla genitorialità si tratta quindi di recuperare questo concetto di quotidianità: immaginare situazioni, azioni, interventi che abbiano a che fare con la “quotidianità”. Qualcosa del genere si sta sperimentando: • al rientro in famiglia del bambino/ragazzo al fine settimana o durante le vacanze si condivide parte del tempo con l’educatore: nel fare le cose insieme genitore, bambino/ragazzo ed educatore in una situazione di assoluta normalità come è quella del pomeriggio passato a casa, spesso senza nemmeno doversi dire niente il genitore si mette all’opera, si sente più sicuro, osserva come interviene l’educatore, c’è un travaso diretto fra quanto il bambino/ragazzo vive e impara in comunità e quello che vive a casa. E molto altro… • colloquio del genitore con l’educatore di riferimento: non è il colloquio carico di informazioni e di accordi fatto in occasione degli incontri di rete in cui necessariamente si devono prendere decisioni. È il colloquio in un contesto appropriato, in cui ci si prende il tempo per confrontarsi, per mettere sul tavolo le proprie idee e le proprie preoccupazioni, le strategie che si vorrebbe adottare o che non si riesce ad individuare, la richiesta di un consiglio o di un parere…

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• gruppi di incontro fra genitori che hanno i loro figli in temporaneo affido: con organizzazioni che possono essere diverse l’una dall’altra. Ma le sperimentazioni che ci sono in giro dicono che in questi contesti emergono i vissuti dei genitori (che sono: senso di isolamento, solitudine nell’affrontare le situazioni, senso di colpa e inadeguatezza, paura…) e questi vissuti sono quotidianità, qualcosa che loro si portano addosso momento per momento e che se non entrano in gioco nel progetto li costringono dentro ruoli precostituiti… • un’organizzazione del progetto che non si chiami più “accoglienza temporanea in comunità” nel senso che l’intervento deve essere concepito con flessibilità, prevedendo concretamente una gradualità delle azioni sequenziali passando ad esempio dalla comunità al centro diurno o all’educativa domiciliare o a singoli interventi che supportino il percorso di inserimento lavorativo del ragazzo nel momento in cui torna a casa. Un progetto quindi in cui l’accoglienza residenziale non è “il” progetto, ma parte di esso… • e naturalmente altro ancora… Questi interventi, a seconda delle situazioni, possono essere proposti singolarmente o addirittura tutti insieme al genitore e diventare quindi un complessivo “progetto di affido diverso” in cui la regia educativa è su questa pluralità di azioni ed al tempo stesso alimenta e sostiene ognuna di esse. Nel considerare questo “nuovo” che emerge anche dalla ricerca penso sia necessario evitare di cadere in quello che forse, a mio parere, è stato un errore del passato, cioè pensare che adesso finalmente possiamo avere in mano un modello di progetto che risolverà davvero le questioni che le famiglie in difficoltà o temporaneamente inidonee affrontano quotidianamente. Diverse sono infatti le situazioni famigliari, diverse le persone, diverse le variabili indipendenti che entrano in gioco… In un recente incontro pubblico la Presidente del Tribunale per i minorenni che da poco ha lasciato l’incarico diceva che esistono “zone grigie”, situazioni cioè in cui si può entrare solo con un supporto che aiuti a gestirle, non a riprogettarle. Per questo credo sia importante ritornare sulla dimensione culturale, sull’affermazione che, almeno in questo tempo, l’approccio di fondo ai progetti di cui ci occupiamo, deve essere quello del riconoscere lo spazio, la soggettività, la partecipazione ai genitori (e ai bambini/ragazzi). Questo approccio deve andare oltre la considerazione delle diversità, delle possibilità di successo o meno. Deve diventare un’opportunità per tutti. Deve entrare nel curriculum formativo universitario degli educatori. Maurizio Nicolini “Comunicazione tra professionisti nel servizio socio-educativo e nel servizio minori” Coordinatore della Struttura Socio-Sanitaria Campotrentino, APPM

Gli strumenti utilizzati per comunicare sia all'interno dei servizi educativi, che con i professionisti coinvolti nel progetto del minore in carico, sono numerosi e sono basati su: procedure formali, rapporti informali, comunicazioni scritte e informazioni orali. Costituiscono la trama essenziale della rete dei servizi e di tutte le persone che a vario titolo sono coinvolte nel progetto educativo e/o sanitario dei minori che ci vengono affidati, e sono dunque fondamentali per la riuscita e il buon esito del progetto educativo. Gli educatori negli ultimi anni, oltre ai tradizionali sistemi di raccolta e condivisione delle informazioni, si sono dotati di strumenti di valutazione degli esiti educativi attrezzandosi con schede e griglie osservative, che documentano il cambiamento osservato quotidianamente nei ragazzi che vengono loro affidati. Avere strumenti che monitorano il cambiamento alla luce delle azioni educative pensate e condivise dall'equipe educativa è fondamentale sia per la condivisione e accettazione con gli altri professionisti, sia nei confronti dei minori e delle loro famiglie. Gli strumenti di osservazione quotidiana permettono di valutare non la persona, ma le azioni adottate per favorire il cambiamento evolutivo della persona che siamo chiamati ad aiutare. Servizio Sociale Professionale: caratteristiche della comunicazione

Elisabetta Neve Professoressa di Valutazione degli Interventi nei Servizi, Università di Verona

La particolare propensione dell’assistente sociale alla comunicazione e collaborazione con altri professionisti, del proprio e di altri servizi, e con soggetti-non professionisti della comunità territoriale, è dovuta sia a ragioni intrinseche al ruolo e all’identità professionale, sia all’aumento di complessità che caratterizza la società attuale. È nel dna del Servizio sociale l’adozione di un approccio ai problemi di tipo “globale”, che non ne frammenta le dimensioni personali, sociali, istituzionali che concorrono al loro insorgere. Ne consegue un mandato

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Convegno MIVES Passaggio di Informazioni tra Servizi Scolastici, Socio-Educativi e Socio-Sanitari per Minori

4 dicembre

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professionale che privilegia interventi di tipo prettamente relazionale, non solo con diretto riferimento alle persone in situazione di disagio e al loro contesto familiare, ma anche cercando e costruendo alleanze con diversi soggetti e organismi disposti ad integrarsi per garantire risposte più appropriate ed efficaci. Inoltre, l’attuale diminuzione di risorse istituzionali e nello stesso tempo il fiorire di numerose iniziative – organizzate e/o spontanee – della società civile, apre per l’assistente sociale scenari più ampi di possibili risorse e insieme di condivisione di responsabilità nel prendersi cura delle persone più fragili. La prospettiva che si pone oggi alla figura dell’assistente sociale è quella di un affinamento di metodi, strumenti, strategie che rendano più solidi e visibili gli esiti concreti del lavoro professionale, e tali da facilitare processi di integrazione sia professionale che organizzativa. Servizio Sociale Professionale: ricerca di supporto e relazione con i colleghi

Monica Susat Nucleo di Pianificazione Servizio Attività Sociali, Comune di Trento

I risultai emersi dallo studio condotto nell'ambito del progetto MIVES hanno messo in evidenza che l'assistente sociale considera di importanza cruciale la "ricerca di supporto" intesa come impegno volto ad una integrazione sinergica con tutti i professionisti coinvolti nella presa in carico di un minore e della sua famiglia. Questo elemento è percepito come una condizione di autoefficacia del proprio agire professionale. Ciò deriva dalla consapevolezza che le storie personali e familiari dei minori si caratterizzano come multi problematiche2 e quindi richiedono di essere affrontate con un approccio multidisciplinare e interdisciplinare. Multidisciplinare perché i problemi rappresentati fanno riferimento a diverse sfere della vita di ogni individuo (fisica, emotiva, relazionale, sociale, ambientale, …). Interdisciplinare perché i professionisti coinvolti sono chiamati ad agire integrando i loro saperi e porsi così in un'ottica più ampia di tipo olistico3. I singoli operatori devono assumere sia una responsabilità collettiva nel momento in cui condividono gli obiettivi generali insieme a famiglia ed altri operatori, che una responsabilità individuale quando definiscono con chiarezza gli obiettivi specifici dell'intervento che sarà messo in campo. Poter definire con precisione gli obiettivi specifici è un passaggio fondamentale perché così si identificano con chiarezza gli eventi da monitorare, gli esiti attesi e si esplicitano i ruoli ed i compiti specifici di ogni professionista coinvolto e dei genitori. Diversamente si rischierebbe di mettere in campo modalità di intervento disorganizzate e frammentate che andrebbero a sommarsi ai già fragili stili di vita dei genitori chiamati in causa. Definire obiettivi e compiti specifici di ogni azione, significa assumersi con forza e chiarezza di fronte alla famiglia, la responsabilità di un cammino impegnativo da percorrere insieme senza delegare e lasciare che altri se ne occupino. Molto spesso purtroppo accade che i soggetti coinvolti deleghino tacitamente la soluzione del problema al servizio sociale e si aspettino che l'assistente sociale assuma su di sé anche responsabilità che invece sono proprie di altre figure professionali. È necessario chiarire che l'assistente sociale esercita una funzione di facilitatore della comunicazione tra gli operatori e la famiglia (il servizio sociale, anche per la sua collocazione fisica e mission istituzionale, è raggiungibile più facilmente dalle famiglie). L'assistente sociale, quindi, non può sostituirsi agli altri professionisti che sono chiamati ad assumersi precise responsabilità individuali, pur nell'ambito di un contesto che ha condiviso gli obiettivi a cui tendere. L'assistente sociale, a differenza di altre figure professionali che operano in ambiti più strutturati, si trova a lavorare in un contesto ricco di incertezze e di variabili in continua mutazione. Questa complessa condizione lavorativa di chi si trova a misurarsi quotidianamente con elementi di forte conflittualità e con le fragilità proprie dei familiari, rende indispensabile la nascita di una nuova visione che sappia valorizzare un approccio multiprofessionale integrato, capace di contenere e supportare con efficacia le problematiche che emergono ogni giorno.

2 Definizione di Malagoli Togliatti & Rocchietta Tofani (2010) “la famiglia multiproblematica è un gruppo che, attraverso i suoi vari

componenti, è in contatto con un’ampia varietà di servizi, agenzie e istituzioni, enti della comunità, cui vengono richiesti interventi

multipli o a lungo termine”. 3 Tratto da wikipedia: Il modello olistico di essere umano si sviluppa come sintesi di antiche tradizioni mediche e scienze moderne. La

salute globale non è vista come semplice assenza di malattia, ma un benessere globale di corpo, mente, società e ambiente, e anche

come un'evoluzione psicofisica.

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Servizio Istruzione: il ruolo chiave dell'alleanza con il genitore

Massimo Gaburro Dirigente scolastico, Istituto Comprensivo di Mezzocorona

Non è una novità per nessuno dire che la scuola è obbligatoria per almeno 10 anni e che abbraccia un’utenza variegata rispetto a capacità cognitive personali e condizioni socioculturali. È evidente come proprio dagli operatori della scuola nasca l’esigenza di attivare una collaborazione proficua gli altri servizi socio-educativi e socio-sanitari dal momento che in ambito scolastico si evidenziano sempre più problematiche di tipo didattico, di tipo comportamentale o sociale. Proprio per la prossimità e la lunga frequentazione obbligatoria, gli operatori scolastici sono tra i primi a raccogliere informazioni dirette e indirette sulle situazioni famigliari e personali dei propri utenti. La scuola, trovandosi al centro di una rete di servizi specializzati, si trova perciò ad operare nella necessità di creare alleanze innanzitutto con le famiglie. I docenti hanno spesso il compito di essere un riferimento informativo rispetto ai servizi da attivare da parte delle famiglie, per questo vivono come necessario il coinvolgimento della stessa nel percorso didattico-educativo dello studente. Per sua vocazione il terreno di confronto con la famiglia non si limita a problemi didattici e di apprendimento (es. scarsi risultati scolastici o la mancata consegna dei compiti per casa) ma ben presto si espande su quelli educativi (es. gestione del materiale scolastico, trascuratezza personale, gestione famigliare, problematiche comportamentali, poco rispetto delle regole di convivenza, …). Gli operatori della scuola più attenti sono consapevoli che il loro ruolo va oltre l'istruzione e tentano di intervenire con gli strumenti istituzionali a loro disposizione, ma spesso si accorgono dei propri limiti e della necessità di attivare precocemente interventi specialistici. Un problema che talvolta i docenti rilevano è la sensazione di non aver risposte risolutive da parte degli altri enti; ciò comporta la nascita e il persistere di un certo senso di frustrazione al termine degli incontri di equipe multidisciplinari formali. Il senso di impotenza nel non riuscire a risolvere la situazione problematica di un proprio studente alimenta con il tempo la scarsa fiducia nei riguardi dell’efficacia del proprio lavoro e nei confronti della propria struttura organizzativa, o nei riguardi di tutti gli altri servizi che sembrano non intervenire con celerità e fermezza. Prevale di conseguenza il senso di solitudine e di incomprensione professionale che spesso i docenti lamentano. Cosa va ripensato? Probabilmente il profilo professionale del docente e della struttura ordinamentale della scuola, soprattutto della secondaria di 1° grado, fatica a dare risposte significative ai bisogni reali, incardinata com’è in una organizzazione che si rifà al modello gentiliano degli inizi del secolo XX. In secondo luogo occorre attivare significative collaborazioni reali con gli altri servizi. Pertanto, è importante affrontare almeno alcune questioni. All'interno della scuola occorre agire a livello culturale con una formazione più efficace sulle strategie di intervento psico-educative, fin dalle fasi di reclutamento, favorendo con ciò nei docenti un senso di efficacia della propria azione nel fronteggiare un problema; sarebbe opportuno favorire le occasioni di incontro professionale tra i servizi per facilitare la reciproca conoscenza in riferimento agli strumenti, agli ambiti di intervento e ai limiti, al fine di controllare la frustrazione di aspettative mal riposte. Diventa necessario ripensare gli strumenti di intervento, definendo almeno delle linee guida pluridisciplinari (scuola, servizi sociali, servizi sanitari,…) per favorire un metodo di lavoro istituzionale degli operatori maggiormente efficace soprattutto sul piano comunicativo e informativo. È necessario superare l'inefficacia di un certo formalismo e la estemporaneità degli interventi risolutivi dovuta alla sola buona volontà dei singoli evitando, come talvolta accade, che la differenza nella risposta efficiente ai cittadini sia da imputare alla casualità.

Giurisdizione minorile e servizi territoriali: fra prassi e riforme

Alessandra Cordiano Professoressa di Diritto di Famiglia, Università di Verona

Il “processo di famiglia” è una struttura complessa, formata di istituti giuridici, di prassi municipali e di relazioni informali fra i soggetti, nella quale i paradigmi dell’efficienza (costi della giustizia), del giusto processo (tempi della giustizia) e del principio del contraddittorio non si esplicano con le stesse modalità con cui avviene in altri settori del diritto, in ragione della tutela del minore.

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La tutela giurisdizionale del minore, poi, non si costituisce, come tradizionalmente avviene, secondo una relazione trilatera composta dal giudice e dalle parti: accanto a questi soggetti, vi è la figura del minore, recentemente rafforzata e formalizzata come parte processuale, al quale debbono essere garantiti l’ascolto e l’autodeterminazione personale; vi sono poi i Servizi sociali territoriali, i Servizi socio-sanitari, il consulente tecnico d’ufficio, talvolta affiancato dai consulenti di parte, e i mediatori pubblici e privati. La stessa relazione fra gli organi giurisdizionali si presenta complessa: non solo per il problema - oggi in parte risolto dalla legge 219/2012 sulla parificazione della filiazione - del riparto di competenza e della diversità fra riti processuali, ma soprattutto per le frequenti sovrapposizioni di procedure e di competenze fra il giudice della separazione e del divorzio - che era fino ad oggi il tribunale competente anche per i provvedimenti di affido dei figli naturali -, il giudice tutelare - al quale è affidato il compito, ex art. 337 c.c., di vigilare sull’esecuzione del giudice di merito e a “intrattenere” le relazioni con il tessuto sociale di riferimento -, e il tribunale per i minorenni. A questi peculiari “incastri” di competenze si aggiunge la constatazione che, nella crisi familiare, il problema dei costi e dei tempi della giustizia è affiancato da un'ulteriore tipologia di costi: quelli emotivi ed individuali dei soggetti coinvolti e i costi sociali del welfare, relativi alle strutture di sostegno e di supporto, necessarie per condurre la famiglia verso e attraverso gli equilibri successivi alla crisi. A questa geografia già fortemente articolata e complessa, si deve aggiungere la riforma sulla parificazione della filiazione, la legge 219/2012 e il decreto delegato 154/2013, che ha sostanzialmente mutato gli attori del procedimento minorile, inteso nel suo senso più ampio: ciò ha evidentemente significato un mutamento degli operatori coinvolti nella rete degli interventi e lo sconvolgimento, con tutta probabilità, delle prassi virtuose sin ad oggi esistenti e ottenute magari dopo lunghe e faticose negoziazioni fra i soggetti. In questo contesto problematico, acuito dalle recenti normative, si collocano le questioni sollecitate dalla ricerca, che coinvolgono, in primo luogo, il ruolo degli operatori giuridici rispetto alle modalità di raccolta, di valutazione e di circolazione delle informazioni sui minori, necessarie all’assunzione del provvedimento giudiziario, nonché rispetto alle diverse professionalità con cui gli operatori giuridici si trovano a confrontarsi. D’altro canto, non meno problematica risulta la percezione degli operatori dei servizi rispetto al lavoro di magistrati e avvocati, che innegabilmente possiede tratti di forte complessità e che si possono riverberare, in ultima analisi, anche sugli esiti dei procedimenti minorili in termini di effettività di tutela.