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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 1 Corso di Diploma Universitario in Ingegneria Elettronica Appunti del Corso di FOTONICA Gabriella Cincotti Anno Accademico 2000-2001 Questi appunti sono un breve riassunto delle lezioni di FOTONICA per il corso di Diploma Uni- versitario in Ingegneria Elettronica. In essi sono illustrati alcuni concetti fondamentali che vengono trattati nel corso e che sono descritti in dettaglio nel testo di riferimento. Questi appunti sono un semplice sussidio per lo studente e non possono sostituirsi al testo di riferimento.

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 1

Corso di Diploma Universitario inIngegneria Elettronica

Appunti del Corso di FOTONICA

Gabriella Cincotti

Anno Accademico 2000-2001

Questi appunti sono un breve riassunto delle lezioni di FOTONICA per il corso di Diploma Uni-versitario in Ingegneria Elettronica. In essi sono illustrati alcuni concetti fondamentali che vengonotrattati nel corso e che sono descritti in dettaglio nel testo di riferimento. Questi appunti sono unsemplice sussidio per lo studente e non possono sostituirsi al testo di riferimento.

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 2

Introduzione

La radiazione luminosa e una perturbazione elettromagnetica variabile nel tempo e nel-lo spazio, che soddisfa le equazioni di Maxwell. Tuttavia, le equazioni di Maxwell pos-sono essere risolte esattamente soltanto in pochi casi, e quindi sono state sviluppate di-verse teorie approssimate che permettono di descrivere in maniera semplice le diversecaratteristiche della radiazione luminosa. Nell’ottica geometrica, la propagazione del-la luce viene studiata analizzando le traiettorie dei raggi luminosi. Alcune semplicileggi spiegano la propagazione della luce attraverso mezzi non omogenei, ovvero ifenomeni di riflessione e rifrazione. Inoltre vengono descritte le proprieta di semplicicomponenti ottici come specchi, lenti e prismi. Alcuni fenomeni, come, per esem-pio, la diffrazione, non possono essere descritti nell’ambito dell’ottica geometrica, mavengono analizzati nell’ambito dell’ottica ondulatoria. In questo caso la propagazionedella luce viene descritta utilizzando una funzione scalare, detta disturbanza. Questatrattazione permette di analizzare la propagazione della luce sia nello spazio liberoche attraverso strutture guidanti, come le fibre ottiche. Nell’approssimazione dell’ot-tica parassiale, il fenomeno della diffrazione viene descritto in due classi generali,note come diffrazione alla Fraunhofer e diffrazione alla Fresnel. L’ottica ondulatoriapermette di spiegare anche i processi di formazione ed elaborazione di un immag-ine attraverso sistemi ottici. Queste teorie classiche sono insufficienti per descriverei fenomeni di interazione radiazione-materia, che sono alla base del funzionamen-to del laser. Per trattare questi fenomeni occorre introdurre alcuni elementi relativialla quantizzazione dei sistemi atomici e del campo luminoso, cioe alcuni elementidell’ottica quantistica.

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 3

Indice

1 Ottica geometrica 41.1 indice di rifrazione e cammino ottico . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41.2 riflessione e rifrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41.3 lente sottile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61.4 dispersione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

2 Ottica ondulatoria 92.1 interferenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112.2 diffrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

3 Ottica di Fresnel 153.1 diffrazione da apertura rettangolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163.2 diffrazione da reticolo di Ronchi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173.3 onda sferica nell’approssimazione parassiale . . . . . . . . . . . . . . . 173.4 lente sottile nell’approssimazione parassiale . . . . . . . . . . . . . . . 183.5 fasci gaussiani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193.6 risonatori ottici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

4 Elaborazione ottica 234.1 sistema 4f . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

5 Ottica guidata 265.1 guida planare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 265.2 fibre ottiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 285.3 dispersione e attenuazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 295.4 comunicazioni in fibra ottica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

6 Ottica quantistica 326.1 fotone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 326.2 interazione radiazione-materia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 336.3 amplificatore laser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 356.4 inversione di popolazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 366.5 oscillatore laser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 376.6 proprieta della radiazione laser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 4

1 Ottica geometrica

L’ottica geometrica e la trattazione piu semplice sulla luce. La radiazione luminosae descritta da raggi che si propagano attraverso mezzi diversi, secondo delle leggigeometriche. Questa trattazione approssimata e molto utile per spiegare i meccanismidi formazione di immagini da parte di lenti o specchi. Inoltre l’ottica geometricapermette di determinare in quali condizioni la luce puo propagarsi attraverso struttureguidanti, come, per esempio, le fibre ottiche.

1.1 indice di rifrazione e cammino ottico

Ogni mezzo omogeneo e caratterizzato da un indice di rifrazione n definito come ilrapporto tra la velocita della luce nel vuoto c e la velocita della luce nel mezzo v.

n =c

v.

Valori indicativi dell’indice di rifrazione sono:aria: n ∼= 1acqua: n = 1.3vetri: n = 1.5

Come vedremo nel paragrafo 1.4, l’indice di rifrazione e funzione della frequenza dellaradiazione. Per ora prescinderemo da cio.Un raggio luminoso che si propaga in un mezzo omogeneo con velocita v, percorre inun tempo t un tratto di lunghezza

d = vt =c

nt.

Si definisce cammino ottico la quantita

nd = ct.

Il cammino ottico, quindi, rappresenta la distanza che la luce percorre nel vuoto, nellostesso tempo impiegato per percorrere il tratto d nel mezzo in esame.

1.2 riflessione e rifrazione

Nella trattazione dell’ottica geometrica, la propagazione della luce viene studiataanalizzando le traiettorie dei raggi luminosi, pensati come delle linee lungo le quali sipropaga l’energia luminosa. Un raggio luminoso che attraversa un mezzo omogeneopercorre sempre una traiettoria rettilinea. Invece, quando incontra l’interfaccia tradue mezzi di indice di rifrazione n1 e n2 una parte della energia luminosa viene riflessaindietro nel mezzo da cui proviene, mentre la rimanente viene rifratta nel secondomezzo. Le tre leggi fondamentali dell’ottica geometrica affermano che

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 5

1. I raggi incidente, riflesso e rifratto giacciono tutti nel piano di incidenza, che enormale all’interfaccia.

2. L’angolo di riflessione e uguale a quello di incidenza (θi = θr).

3. Le direzioni dei raggi incidente e rifratto sono legate dalla legge di Snell-Cartesio

n1 sin θi = n2 sin θt,

dove gli angoli sono indicati in figura.Se a un generico raggio si associa un’on-da piana che si propaga lungo la suadirezione, dalle equazioni di Maxwell edalle condizioni di continui-ta sull’inter-faccia, si ricavano le formule di Fresnelche permettono di calcolare le ampiezzedelle onde riflesse e rifratte. In questocaso, occorre specificare la polarizzazio-ne dell’onda incidente. Nel caso di pola-rizzazione H, in cui il campo magneti-co oscilla parallelamente all’interfacciasi trova

EtEi

=2

n2

n1

+cos θtcos θi

,

ErEi

=

n2

n1

− cos θtcos θi

n2

n1

+cos θtcos θi

.

Invece, nel caso di polarizzazione E in cui il campo elettrico oscilla parallelamenteall’interfaccia, si trova

EtEi

=2

1 +n2

n1

cos θtcos θi

,

ErEi

=1− n2

n1

cos θtcos θi

1 +n2

n1

cos θtcos θi

.

Per la legge di Snell-Cartesio, quando n1 > n2 deve essere θt > θi. In questo caso,cioe quando si passa da un mezzo di indice di rifrazione maggiore ad un mezzo di

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 6

indice di rifrazione minore, si verifica che il rapporto Er/Ei aumenta con θi, sia perpolarizzazione E che H. In particolare, questo rapporto diventa pari a 1 quandol’angolo di incidenza θi uguaglia l’angolo limite θl

sin θl =n2

n1

.

Dunque l’ampiezza del campo riflesso e uguale a quella del campo incidente e si ha ilfenomeno della riflessione totale. Osserviamo che se θi > θl, si ha sin θt > 1 e quindil’onda trasmessa nel secondo mezzo e evanescente ovvero si propaga parallelamenteall’interfaccia e si attenua lungo la normale all’interfaccia tra i due mezzi. In parti-colare, questa condizione viene utilizzata per confinare la luce all’interno di struttureguidanti, come le fibre ottiche.

1.3 lente sottile

Una lente e un sistema rifrangente costituito da un materiale (tipicamente vetro) conindice di rifrazione diverso da quello del mezzo in cui e immerso (tipicamente aria)e limitato da due interfacce, almeno una delle quali e curva. Una lente sottile e unalente il cui spessore non ha un effetto significativo, e quindi puo essere trascurato.Essa viene caratterizzata dalla sua lunghezza focale f . Se si indica con do e con dila distanza di un punto oggetto e della sua immagine dalla lente, vale la formulagaussiana della lente sottile

1

do+

1

di=

1

f.

Un oggetto si dice reale (do > 0) quando la luce diverge da esso, mentre e virtuale(do < 0) se la luce converge verso di esso. Viceversa un’immagine e reale (di > 0)quando la luce converge verso di essa ed e virtuale (di < 0) se la luce diverge da essa.In genere, l’indice di rifrazione del vetro della lente e maggiore di quello dell’aria, cioen > 1. In questo caso, la lente si dice convergente o positiva (f > 0) se e piu spessaal centro che ai bordi e divergente o negativa (f < 0) nel caso opposto. Una lenteconvergente rallenta di piu la parte centrale del fronte d’onda che la investe, rispettoalle parti esterne.Per studiare la formazione di immagini con una lente sottile, basta osservare ilcomportamento di tre particolari raggi.

1. Il raggio che passa attraverso il centro della lente non viene deviato dalla lente,e quindi esce dalla lente inalterato.

2. Il raggio che arriva sulla lente parallelo all’asse, emerge passando per il fuocoposteriore.

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 7

3. Il raggio che passa per il fuoco anteriore della lente, esce dalla lente paralleloall’asse.

Schemi esemplificativi sono mostrati nella figura 1, dove con F e F ′ si sono indicati ifuochi della lente.Il rapporto tra le dimensioni trasversali di un oggetto yo e della sua immagine yi sipuo determinare dalla relazione

M =yiyo

= −dido

La grandezza M viene detta ingrandimento, ed il suo segno sta indicare se l’immaginee dritta (M > 0) o capovolta (M < 0) rispetto all’oggetto.

1.4 dispersione

Nel vuoto, la velocita di propagazione della luce e la stessa per tutte le lunghezzed’onda. Nei materiali, invece, la velocita della luce varia con la lunghezza d’onda, acausa del fatto che l’indice di rifrazione n e una funzione di λ. Questo fenomeno e dettodispersione. Alcuni componenti ottici, come prismi e lenti, sono costituiti da materialialtamente dispersivi che rifrangono le diverse lunghezze d’onda sotto angoli diversi,e quindi separano la luce bianca nei suoi colori componenti. Inoltre, se la velocitadella luce e funzione di λ, anche il tempo di percorrenza di un impulso luminosovaria con la lunghezza d’onda. Questo particolare fenomeno limita le prestazionidelle comunicazioni in fibra ottica.

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 8

Figura 1: esempi di formazione di immagini

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 9

2 Ottica ondulatoria

La radiazione luminosa e un campo elettromagnetico che soddisfa l’equazione d’onda

52 ~E − µε ∂2

∂t2~E = 0.

Nel caso di un’onda piana, sia il campo elettrico ~E che il campo magnetico ~Hsono polarizzati ortogonalmente rispetto alla direzione di propagazione, individuatadal vettore d’onda ~k. Nell’ambito dell’ottica ondulatoria, si ammette che la luce siadescritta da un’unica grandezza scalare detta disturbanza U(x, y, x, t) che soddisfal’equazione d’onda scalare

52U − µε ∂2

∂t2U = 0.

La quantita

v =1√µε

e definita velocita di propagazione delle onde in un mezzo. Nel vuoto essa e pari a

c =1

√µ0ε0

= 2.99792458× 108ms−1,

mentre l’indice di rifrazione n e

n =

√µε

√µ0ε0

=c

v.

Una soluzione unidimensionale dell’equazione differenziale delle onde

52U − 1

v2

∂2

∂t2U = 0

ha la formaU(z, t) = f(z − vt),

dove f e una funzione arbitraria che descrive la forma dell’onda, ovvero il suo profilo.Se la velocita di propagazione e > 0 l’onda e progressiva, altrimenti e regressiva.Un’onda con profilo sinusoidale e genericamente detta armonica ed e rappresentata,nel simbolismo complesso, dalla disturbanza

U(z, t) = Aeik(z−vt),

dove A e l’ampiezza e

k =2π

λ

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 10

e il numero d’onda, mentre

ν =v

λ

e la frequenza. In generale, se la dipendenza dal tempo e del tipo e−i2πνt l’onda vienedetta monocromatica. La disturbanza di equazione

U(z, t) = Aei(kz−2πνt)

rappresenta un’onda piana il cui vettore d’onda e diretto lungo l’asse z. Nella formapiu generale, un’onda piana e descritta dalla disturbanza

U(~r, t) = Aei(~k·~r−2πνt),

dove ~k e il vettore d’onda (con modulo k) che individua la direzione di propagazionedell’onda e ~r e il vettore posizione di un generico punto nello spazio. Esplicitando ilprodotto scalare in coordinate cartesiane, l’espressione precedente diventa

U(x, y, z, t) = Aei(kxx+kyy+kzz−2πνt).

Il fronte d’onda e una superficie sulla quale la fase del campo e costante. Il fronted’onda di un’onda piana e il piano perpendicolare al vettore d’onda ~k.Un’onda sferica ha come fronti d’onda delle superfici sferiche e la sua disturbanza e

U(r, t) = Aei(kr−2πνt)

r.

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 11

2.1 interferenza

Quando due o piu fasci luminosi si sovrappongono in una certa regione dello spazio,l’intensita del campo in quella regione non coincide in generale con la somma delleintensita dei singoli fasci. Questa modificazione dell’intensita luminosa dovuta allasovrapposizione di due o piu fasci luminosi e detta interferenza. Il piu semplice espe-rimento per verificare il fenomeno dell’interferenza e quello di Young. Un’onda pianamonocromatica illumina uniformemente uno schermo opaco su cui sono praticati dueforellini puntiformi, posti a distanza ±d/2 dall’origine di un sistema di riferimento.Il campo che emerge da ciascun foro e un’onda sferica e, quindi, la disturbanza totalein un punto P (x, y, z) su un piano d’osservazione a distanza z dallo schermo e

V (P ) =A1

r1

eikr1 +A2

r2

eikr2 ,

dove r1 e r2 sono le distanze del punto di osservazione P dai due forellini. L’intensitain quel punto risulta

I(P ) = V (P )V ∗(P ) =A2

1

r21

+A2

2

r22

+ 2A1A2

r1r2

cos [k (r1 − r2)] .

Allora l’intensita e la somma delle intensita delle due onde sferiche e di un terminesinusoidale. Se le due onde sferiche sul piano di osservazione hanno la stessa intensitaI0 = A2

1 = A22, allora l’equazione precedente puo riscriversi come

I(P ) = 2I0

{1 + cos

[2π

λ(r1 − r2)

]}.

Per semplicita, supponiamo che il piano di osservazione coincide con il piano y = 0.In questo caso la differenza r1 − r2 puo essere approssimata come

r1 − r2∼= d sin θ ∼=

dx

z,

e si ottiene

I(P ) = 2I0

[1 + cos

(2π

λ

dx

z

)]= 4I0 cos2

(πdx

λz

).

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 12

Figura 2: interferometro di Young

Dunque, sul piano di osservazione si osserva un sistema di frange quasi rettilinee,la cui interfrangia dipende dalla distanza tra i due fori, dalla lunghezza d’onda edalla distanza dello schermo d’osservazione. La visibilita delle frange di interferenzapermette di stabilire una proprieta molto importante delle sorgenti luminose, dettacoerenza. In questo esempio, lo schermo e illuminato da un’unica onda piana mono-cromatica e quindi c’e completa correlazione tra il campo che emerge da i due fori.Se si ripete l’esperimento, utilizzando invece due sorgenti puntiformi indipendenti, lefrange spariscono e l’intensita sul piano di osservazione e banalmente la somma delleintensita delle due sorgenti. Infatti, in questo secondo esempio, il campo sul piano di

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 13

osservazione puo scriversi come

V (P ) =A1(t)

r1

eikr1 +A2(t)

r2

eikr2 ,

dove si e evidenziato che l’ampiezza (in genere complessa) dei campi emessi dalle duesorgenti varia con il tempo. Nella regione del visibile, i campi oscillano a frequenzedell’ordine di 1014 Hz. Dunque l’occhio umano riesce a distinguere soltanto il valoremedio (nel tempo) dell’intensita della radiazione, che nel caso considerato risulta

I(P ) = 〈V (P )V ∗(P )〉 =〈|A1(t)|2〉

r21

+〈|A2(t)|2〉

r22

+ 2〈A1(t)A∗2(t)〉

r1r2

cos [k (r1 − r2)] .

Siccome le sorgenti sono indipendenti, ovvero incoerenti, il valore medio del prodottodelle ampiezze e nullo e dunque in questo caso l’intensita sul piano di osservazionerisulta

I(P ) =〈|A1(t)|2〉

r21

+〈|A2(t)|2〉

r22

.

Dunque nel caso di radiazione coerente, come quella dovuta ad un laser si osservanoi fenomeni di interferenza tra due o piu fasci luminosi: per calcolare l’intensita risul-tante occorre quindi prima sommare i campi e poi elevare al quadrato. Invece, nelcaso di radiazione incoerente, l’intensita risultante si calcola come la somma delleintensita dei singoli fasci.Il dispositivo descritto e un particolare interferometro. Il principio di funzionamen-to degli interferometri e quello di suddividere il fascio luminoso incidente in due opiu fasci che, dopo aver percorso distanze differenti, si ricombinano su di un pianod’osservazione. Gli interferometri si dividono in due categorie: gli interferometri adivisione del fronte d’onda (come il dispositivo di Young, il doppio specchio di Fres-nel, il biprisma di Fresnel o lo specchio di Lloyd) e gli interferometri a divisione diampiezza (come l’interferometro di Michelson o di Mach-Zehender). Oltre a permet-tere di determinare la coerenza o la forma del fronte d’onda di una radiazione, essipermettono di misurare l’indice di rifrazione e lo spessore di film sottili o di laminedielettriche, interposte in uno dei bracci.

2.2 diffrazione

La diffrazione studia quei fenomeni per cui i raggi luminosi non si propagano piulungo linee rette, e che quindi non sono interpretabili secondo l’ottica geometrica.In generale, si puo dire che gli effetti della diffrazione sono rilevanti quando la luceattraversa un mezzo non omogeneo con disomogeneita di dimensioni della lunghezzad’onda λ. Consideriamo un’apertura in uno schermo opaco illuminata da un’onda

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 14

piana uniforme ed osserviamo l’intensita della radiazione su un piano parallelo alloschermo, posto ad una distanza D da quest’ultimo. Se D e molto piccolo si osservauna macchia luminosa che riproduce l’apertura. Allontanando il piano d’osservazionesi vede un sistema di frange limitato grosso modo alla proiezione geometrica dell’aper-tura. La figura continua a cambiare ed ad estendersi man mano che si allontana ilpiano d’osservazione: alla fine si vede un sistema di frange simmetrico e molto estesosenza alcuna rassomiglianza con l’apertura. Questo esempio e un problema tipico del-la diffrazione: assegnato uno schermo piano qualsiasi e conoscendo l’onda incidentesullo schermo, si vuole determinare il campo oltre lo schermo. Uno schermo vienedescritto dalla sua funzione di trasmissione, che individua il rapporto tra il campoemergente ed il campo incidente sullo schermo. Una volta determinato il campo cheemerge dallo schermo, per calcolare il campo propagato oltre lo schermo bisogna uti-lizzare le formule di Rayleigh-Sommerfeld, oppure uno sviluppo in onde piane. Ingenerale, queste trattazioni esatte conducono ad integrali che non si riescono a cal-colare, se non numericamente. Nell’approssimazione parassiale o di Fresnel, ovveroquando il campo diffratto e costituito da un insieme di onde piane poco inclinaterispetto all’asse di propagazione, il campo propagato sul piano di osservazione puoessere calcolato mediante semplici formule.

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 15

3 Ottica di Fresnel

Consideriamo uno schermo diffrangente piano posto nel piano z = 0 e supponiamoche il campo V0 (ξ, η) emergente dallo schermo sia noto. Per determinare il campoV (x, y, z) in un qualsiasi punto del semispazio z > 0 si possono usare due formuleapprossimate; nell’ipotesi di campo vicino, il campo diffratto puo essere calcolato conl’integrale di Fresnel

V (x, y, z) = −ieikz

λz

∫ ∫∞V0 (ξ, η) ei

k2z [(x−ξ)

2+(y−η)2]dξdη,

che, nel caso unidimensionale, diventa

V (x, z) =

√− i

λzeikz

∫ ∞∞

V0 (ξ) eik2z

(x−ξ)2dξ.

Invece, nell’ipotesi di campo lontano, ovvero se il punto di osservazione e posto agrande distanza dallo schermo diffrangente, per calcolare il campo diffratto si puo

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 16

utilizzare l’integrale di Fraunhofer

V (x, y, z) = −iei[kz+ k

2z (x2+y2)]

λz

∫ ∫∞V0 (ξ, η) e−i

2πλz

(xξ+yη)dξdη,

che, nel caso unidimensionale, diventa

V (x, z) =

√− i

λzei(kz+

k2zx2)

∫ ∞−∞

V0 (ξ) e−i2πλzxξdξ.

Se la regione trasparente sullo schermo di osservazione e contenuta in un cerchiodi raggio a, allora la stima della distanza di transizione zt da campo vicino a campolontano e data da

zt =πa2

λ.

Osserviamo che l’integrale che compare nella formula di diffrazione in campo lontanoe la trasformata di Fourier del campo sull’apertura V0 (x, y), calcolata in x/λz ey/λz. Dunque, in questa approssimazione il calcolo del campo diffratto si semplificanotevolmente.

3.1 diffrazione da apertura rettangolare

Consideriamo uno schermo opaco su cui e praticata un’apertura rettangolare di lati2a e 2b, che viene illuminato uniformemente da un’onda piana monocromatica diampiezza A. Scegliendo opportunamente il sistema di assi coordinati, la funzione ditrasmissione dello schermo e

τ (ξ, η) = rect

2a

)rect

2b

).

Allora, il campo emergente dallo schermo di osservazione e

V0 (ξ, η) = Aτ (ξ, η) = Arect

2a

)rect

2b

).

che sostituito nella formula di diffrazione alla Frauhnofer da

V (x, y, z) = −4iAabei[kz+k2z (x2+y2)]

λzsinc

(2ax

λz

)sinc

(2by

λz

).

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 17

3.2 diffrazione da reticolo di Ronchi

Consideriamo adesso uno schermo opaco, su cui sono praticate un numero elevato(teoricamente infinito) di fenditure rettilinee parallele equidistanti. Questa trasparen-za costituisce un esempio di reticolo. Supponiamo che la lunghezza delle fenditure siamolto maggiore della loro larghezza a e indichiamo con L il passo del reticolo, ovverola distanza tra i centri di due fenditure adiacenti. La funzione di trasmissione e unafunzione (unidimensionale) periodica che puo essere sviluppata in serie di Fourier

τ (ξ) =∞∑

m=−∞τme

2πim ξL ,

dove i coefficienti di Fourier sono definiti come

τm =1

L

∫ L/2

−L/2τ (ξ) e−2πim ξ

Ldξ.

Analizzando la funzione di trasmissione entro un periodo, si vede che essa e pari a 1per ξ compreso tra −a/2 e a/2 e 0 altrove; dunque i coefficienti di Fourier diventano

τ0 =a

L,

τm =a

Lsinc

(ma

L

).

In particolare, si parla di reticolo di Ronchi se a/L = 1/2. In questo caso, tutti icoefficienti di indice pari sono nulli. Se il reticolo e illuminato ortogonalmente daun’onda piana monocromatica, allora il campo che emerge e

V0 (ξ) = Aτ (ξ) = A∞∑

m=−∞τme

2πim ξL ,

ed il campo diffratto alla Fraunhofer e

V (x, z) = −A√−iλzei(kz+

k2zx2)

∞∑m=−∞

τmδ

(x− mλz

L

).

3.3 onda sferica nell’approssimazione parassiale

Consideriamo una sorgente luminosa puntiforme, posizionata nell’origine di un siste-ma di assi cartesiani, che emette onde sferiche. La disturbanza calcolata in un puntoP (~r) dello spazio, a meno di un fattore di proporzionalita, ha l’espressione

V (~r) =eikr

r.

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 18

Passando da un sistema di coordinate sferiche ad un sistema cartesiano, la distanzar del punto di osservazione P dalla sorgente si puo esprimere come

r =√x2 + y2 + z2

Se il punto di osservazione e prossimo all’asse z, ovvero se limitiamo il calcolo delladisturbanza ad un intorno del punto (0, 0, z), allora il termine 1/r puo essere approssi-mato con 1/z. Per il termine esponenziale eikr, a causa del suo andamento oscillante,si deve utilizzare una diversa approssimazione. Riscriviamo r nella forma

r = z

√1 +

x2 + y2

z2

ed utilizziamo lo sviluppo binomiale

√(1 + t) = 1 +

t

2− t2

8+t3

16+ · · ·

troncato al secondo termine. Si ottiene

r ∼= z +x2 + y2

2z.

Dunque, l’espressione di un’onda sferica, nell’approssimazione parassiale e

V (x, y, z) =eik

(z+x2+y2

2z

)z

osserviamo che la distanza z esprime il raggio di curvatura dell’onda. L’onda sfericae divergente se z > 0, altrimenti e convergente.

3.4 lente sottile nell’approssimazione parassiale

Con semplici considerazioni di tipo geometrico, si puo dimostrare che la funzione ditrasmissione di una lente sottile di focale f , in approssimazione parassiale e

τ (x, y) = e−ikx2+y2

2f .

Se la lente e illuminata da un’onda piana uniforme, il campo che ne emerge e un’ondasferica che, se f > 0, converge nel fuoco posteriore della lente. Se la lente e divergente(f < 0) il campo che emerge e un’onda sferica che coincide con l’onda generata da unasorgente (virtuale) puntiforme posta nel piano focale anteriore della lente. Il generale,per determinare l’effetto di una lente sulla propagazione di un campo, bisogna risolvere

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 19

un problema di diffrazione nell’approssimazione di Fresnel. Un caso molto semplicee quello in cui si conosce il campo V0 (ξ, η) nel piano focale anteriore della lente, esi vuole determinare il campo V (x, y) nel piano focale posteriore. In questo caso sidimostra che vale la relazione

V (x, y) = −iei2kz

λf

∫ ∫∞V0 (ξ, η) e

−2πiλf

(xξ+yη)dξdη,

che nel caso unidimensionale diventa

V (x) =

√− i

λfei2kz

∫ ∞−∞

V0 (ξ) e−2πiλf

xξdξ.

Questo risultato estremamente importante mostra che il campo nel piano focale pos-teriore di una lente e la trasformata di Fourier del campo sul piano focale anterio-re, calcolato alla frequenza spaziale x/λf . Dunque la regione di campo lontano (diFraunhofer) puo essere simulata con l’uso di lenti convergenti.

3.5 fasci gaussiani

Nell’approssimazione dell’ottica parassiale, o di Fresnel, si studia la propagazione dicampi che si mantengono sufficientemente confinati intorno alla direzione media dipropagazione. I fasci gaussiani sono di questo tipo, in quanto l’intensita del fascio eprincipalmente confinata intorno all’asse. Essi rivestono una notevole importanza inquanto sono i modi di risonanza di molte cavita laser. Il fascio gaussiano fondamentaleTEM00 e descritto dalla disturbanza

V (x, y, z) = Aw0

w (z)ei[kz−Φ(z)]e

[i k2R(z)

− 1w2(z)

](x2+y2)

w (z) = w0

√1 +

z2

L2spot-size

R (z) = z

(1 +

L2

z2

)raggio di curvatura

Φ (z) = arctan(z

L

)anomalia di fase.

L’intensita del fascio ha una distribuzione gaussiana, la cui varianza e legata allospot-size w (z). Lo spot-size, e quindi la larghezza del fascio, assume il valore minimow0 nel piano di cintola z = 0 ed aumenta con z. Quasi tutta l’intensita del fascio econfinata all’interno di un cono di semiapertura

θ0 =λ

πw0

divergenza angolare.

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 20

Il parametro L e definito come

L =πw2

0

λdistanza di Rayleigh

e convenzionalmente la distanza 2L e considerata come profondita di fuoco del fascio,ovvero il tratto in cui il fascio si mantiene a sezione quasi costante. Come si vededalla figura 3, lo spot-size diventa

√2w0 per z = L.

Confrontando il termine di fase di un fascio gaussiano con l’espressione di un’ondasferica in approssimazione parassiale, si vede che in ogni piano z = const il fasciogaussiano si comporta come un’onda sferica di raggio di curvatura R (z). L’andamentodel raggio di curvatura R in funzione di z e riportato in figura 4. Si vede che nel pianodi cintola il raggio di curvatura e infinito e per z � L esso aumenta quasi linearmentecon z.

3.6 risonatori ottici

I risonatori ottici sono costituiti da due specchi affacciati, di cui uno e parzialmenteriflettente in maniera che la radiazione laser emessa all’interno del risonatore possaessere prelevata dall’esterno. In un risonatore aperto, ovvero privo delle superficilaterali, possono entrare in oscillazione soltanto i modi la cui direzione di propagazionee prossima all’asse della cavita; questa condizione e particolarmente favorevole percheriduce notevolmente il numero dei modi di oscillazione. Assegnata una cavita ottica,ovvero assegnati i raggi di curvatura R1 e R2 dei due specchi e la loro distanza d,per determinare la distribuzione di campo dei modi bisogna, in generale, risolvereun’equazione integrale. In pratica, si impone che, noto il campo su uno specchio,il campo propagato sull’altro specchio sia proporzionale, a meno di una costantecomplessa, al campo che lo ha originato. Le frequenze di risonanza, inoltre, vengonodeterminate imponendo che la fase del campo vari di un multiplo intero di 2π sulladistanza 2d, che corrisponde per la radiazione ad un percorso di andata e ritorno(round-trip). Nell’approssimazione parassiale, si dimostra che i modi di oscillazionedi un risonatore ottico sono i fasci gaussiani. In questo caso, i parametri caratteristicidel fascio, ovvero lo spot-size di cintola e quelli sugli specchi, la distanza di Rayleighe la posizione del piano di cintola, si determinano imponendo che i raggi di curvaturadel fascio coincidano con quelli degli specchi. Se gli specchi sono identici, ovvero se ilrisonatore e simmetrico, il piano di cintola coincide con il centro della cavita. Alcunitipi di risonatori ottici simmetrici permettono una trattazione semplificata.

risonatore piano parallelo (Fabry-Perot) In una prima approssimazione, si puopensare che i modi di un risonatore costituito da due specchi piani e paralleli,siano generati dalla sovrapposizione di due onde piane che si propagano in versoopposto lungo l’asse. Le frequenze di oscillazione si determinano imponendo

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 21

Figura 3: spot-size

Figura 4: raggio di curvatura

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 22

che la lunghezza della cavita sia un multiplo intero della semilunghezza d’onda,ovvero d = nλ/2. Dunque, si ottiene

ν = nc

2dn = 0, 1, 2, · · ·

risonatore concentrico o sferico E’ costituito da due specchi sferici, di raggi dicurvatura R, posti ad una distanza d=2R. In una trattazione semplificata, sipuo pensare che i modi di oscillazione siano delle onde sferiche che si originanoal centro della cavita.

risonatore confocale In questo caso, i due specchi sferici sono posti a una distanzad = R. Questo tipo di risonatore e largamente utilizzato in quanto presenta,a parita di condizioni, il minore spot-size sugli specchi e quindi le piu basseperdite per diffrazione.

Affinche un modo gaussiano possa entrare in oscillazione all’interno di un risonatore,occorre che quest’ultimo sia stabile. Si dimostra che cio accade se e soddisfatta lacondizione

0 ≤ g1g2 ≤ 1,

con g1 = 1− d/R1 e g2 = 1− d/R2.

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 23

4 Elaborazione ottica

Un sistema per la formazione di immagini e costituto da un insieme di dispositiviottici, come per esempio lenti, diaframmi e specchi. Per caratterizzare le proprietadi un sistema ottico, si puo considerare che tutti gli elementi che lo costituisconosiano racchiusi in una ’scatola nera’, al cui ingresso vi e la pupilla di ingresso, ovveroun’apertura (reale o virtuale) attraverso cui la luce emessa dall’oggetto entra nel si-stema. La radiazione penetrata all’interno transita attraverso gli elementi ottici ed,emergendo attraverso la pupilla di uscita, raggiunge il piano dell’immagine. Sottoalcune ipotesi semplificative, si puo assumere che il sistema sia lineare ed invarianteper traslazione; in questo caso esso e completamente caratterizzato dalla sua rispostaimpulsiva e dalla sua funzione di trasferimento.Nel caso di illuminazione coerente, il campo V (x, y) all’ uscita del sistema e la con-voluzione tra il campo V0 (x, y) in ingresso e la risposta impulsiva H (x, y) del sistema.Nel dominio delle frequenze spaziali, per il teorema sulla convoluzione, si ha che latrasformata del campo in uscita V (νx, νy) e il prodotto della trasformata del campoV0 (νx, νy) in ingresso per la funzione di trasferimento H (νx, νy) del sistema. Se siindica con p(x, y) la funzione di trasmissione della pupilla di uscita, si dimostra che,in approssimazione parassiale, la funzione di trasferimento del sistema ottico in lucecoerente, coincide, a meno di fattori moltiplicativi e di scala, con la funzione pupillastessa.Nel caso di illuminazione incoerente, invece si vuole determinare il legame tra le in-tensita della radiazione all’ingresso e all’uscita del sistema. La risposta impulsivaincoerente e il quadrato del modulo della risposta impulsiva coerente e la funzionedi trasferimento incoerente coincide con l’autocorrelazione di quella coerente. Questeconsiderazioni sono riepilogate nella seguente tabella.

radiazione coerente

spazio V (x, y) = V0 (x, y) ∗H (x, y) H (x, y) = p (x, y)

frequenze spaziali V (νx, νy) = V0 (νx, νy) H (νx, νy) H (νx, νy) = p (νx, νy)

radiazione incoerente

spazio I (x, y) = I0 (x, y) ∗Hi (x, y) Hi (x, y) = |p (x, y)|2

frequenze spaziali I (νx, νy) = I0 (νx, νy) Hi (νx, νy) Hi (νx, νy) = p (νx, νy)⊗ p (νx, νy)

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 24

Figura 5: sistema 4f

4.1 sistema 4f

Il sistema ottico della figura 5 e detto sistema 4f oppure elaboratore ottico poichepermette di elaborare lo spettro di un segnale in ingresso. Ciascuna delle due lentieffettua una trasformata di Fourier, e se nel piano di elaborazione non vi e alcunoschermo, il campo in uscita e una replica perfetta di quello in ingresso, salvo perun’inversione degli assi coordinati x e y.Consideriamo dapprima il caso di radiazione coerente e supponiamo che sia nota ladistribuzione di campo V (ξ, η) sul piano di ingresso del sistema. Nel piano di elabo-razione, intermedio tra le due lenti, si ha la trasformata di Fourier del campo, calco-lata alle frequenze spaziali

(xλf, yλf

), ovvero V

(xλf, yλf

). Se nel piano di elaborazione

e posta una trasparenza con funzione di trasmissione τ (x, y), quest’ultima modifi-ca lo spettro del campo in ingresso. Siccome la seconda lente effettua un’ulterioretrasformata di Fourier si ha che lo spettro del campo in uscita e

V

(x

λf,y

λf

)τ (x, y) ,

cioe una versione filtrata dello spettro in ingresso. La funzione di trasferimentoH (νx, νy) del sistema 4f coincide con la funzione di trasmissione τ (x, y) nella trasparen-za posta nel piano di elaborazione, se si pone νx = x

λf, νy = y

λf.

Nel caso di radiazione incoerente, si possono ripetere le considerazioni fatte per unsistema ottico generico; in questo caso, si verifica che la funzione di trasferimentoincoerente e l’autocorrelazione di quella coerente.La figura 6 mostra un semplice esempio di un immagine elaborata con un sistema 4f .Supponiamo che l’oggetto da elaborare sia disponibile sotto forma di diapositiva e siaposto all’ingresso del sistema. L’oggetto viene illuminato uniformemente da un’ondapiana e nel piano di elaborazione e posto un filtro. Il primo filtro in esame e costitu-ito da uno schermo opaco, su cui e praticata un’apertura circolare di un opportuno

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 25

oggetto filtro immagine

Figura 6: Esempio di elaborazione di un’immagine

raggio. Esso si comporta come un filtro passa-basso, in quanto elimina le frequenzespaziali che cadono al di fuori dell’apertura. L’immagine che si ottiene all’uscita delsistema e riportata alla destra del filtro. Il secondo filtro e invece un filtro passa-alto, costituito da supporto completamente trasparente alla radiazione, su cui vi erealizzato un disco opaco. Ovviamente i due filtri sono complementari.

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5 Ottica guidata

Nella maggior parte dei sistemi ottici, la luce viene trasmessa da uno strumento ot-tico all’altro sotto forma di fasci luminosi, che in propagazione libera diffrangono equindi si allargano. Inoltre, questi fasci possono essere facilmente ostruiti o scat-terati da vari oggetti che si interpongono sul loro cammino. Per poter trasmetteresegnali luminosi su lunghe distanze, si puo confinare la luce all’interno di struttureguidanti dielettriche, che presentano basse perdite di trasmissione. Il principio difunzionamento alla base dell’ottica guidata e quello di intrappolare la luce all’internodi un strato guidante, di indice di rifrazione ng, ricoperto da uno strato di indice dirifrazione n1 < ng. Infatti, a causa del fenomeno della riflessione totale, i raggi lu-minosi subiscono riflessioni multiple sulle interfacce e rimangono confinati all’internodello strato guidante. Quindi la luce viene trasportata all’interno del dielettrico diindice di rifrazione ng senza irradiare nel mezzo che lo circonda.

5.1 guida planare

Una guida planare simmetrica e una struttura costituita da uno strato dielettricopian-parallelo di indice di rifrazione ng e spessore 2h, compreso tra due strati dielet-trici di indice di rifrazione n1, con n1 < ng. Per determinare la condizione affinchela radiazione si mantenga confinata all’interno dello strato guidante, si puo ricor-rere ad una trattazione dell’ottica geometrica: un raggio che incide sulle superfici didiscontinuita con un angolo θi subisce riflessione totale se θi > θl, dove

θl = arcsin

(n1

ng

).

Figura 7: guida planare

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Figura 8: curve di dispersione modale

Si definiscono modi della guida planare quelle particolari distribuzioni di campo chedurante la propagazione in guida mantengono inalterata la distribuzione trasversale,a meno di un fattore di fase. Essi si dividono in modi TE (trasversale elettrico), ilcui il campo elettrico oscilla lungo l’asse y e modi TM (trasversale magnetico), ilcui il campo magnetico oscilla lungo l’asse y. Per semplicita, in questa trattazione,considereremo soltanto i modi TE, ma analoghe considerazioni valgono per i modiTM . I modi di propagazione sono caratterizzati dalla costante di propagazione

β = ngksinθi

e quindi dall’angolo θi con cui si riflettono sulle interfacce. Per determinare il numerodei modi che si possono propagare all’interno di una guida assegnata, e le relativecostanti di propagazione, bisogna risolvere l’equazione di dispersione

V√

1− b = mπ + 2 arctan

√ b

1− b

m = 0, 1, 2,

dove

b =(β/k)2 − n2

1

n2g − n2

1

e la funzione incognita, detta indice di rifrazione equivalente normalizzato, mentre

V = 2kh√n2g − n2

1

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Corso di Diploma in Ingegneria Elettronica. Appunti del corso di Fotonica 28

e un parametro, detto frequenza normalizzata, che dipende solo dalle caratteristichedella guida e dalla lunghezza d’onda della radiazione iniettata. I valori di b corrispon-denti ai vari modi della guida, e quindi le relative costanti di propagazione β possonoessere determinate dalle curve di dispersione modale di figura 8. Si osserva che sipossono avere una o piu soluzioni, a seconda del valore di V . Se V < π si ha soltantola soluzione corrispondente a m = 0, e quindi la guida si comporta come monomodo.In generale, il numero di modi che si possono propagare all’interno della guida e

numero dei modi = Int(V

π

)+ 1.

Le guide ottiche, essendo di tecnologia planare, vengono utilizzate come elementidi connessione per i componenti ottici integrati. L’ottica integrata e la tecnologia perintegrare vari dispositivi ottici per la generazione, la focalizzazione, l’accoppiamento,la divisione, la modulazione e la rivelazione della luce sopra un singolo substrato(chip).

5.2 fibre ottiche

Una fibra ottica a salto d’indice e una struttura dielettrica cilindrica di ossido di silicio,costituita da un nucleo centrale (core) di raggio a ed indice di rifrazione ng, ricopertoda un mantello (cladding) di indice di rifrazione n1, con n1 < ng. Come per la guidaplanare, anche nella fibra ottica la luce viene confinata all’interno del nucleo, grazieal fenomeno della riflessione totale interna. Un raggio luminoso puo essere guidatonel nucleo della fibra solo se la sua direzione forma con la normale all’interfaccia tranucleo e mantello un angolo θi > θl, dove

θl = arcsin

(n1

ng

).

Applicando la legge di Snell, si verifica che il massimo angolo αM con cui un raggioluminoso proveniente dall’aria puo essere accettato dalla fibra e guidato al suo internoe dato dalla relazione

NA = sinαM =√n2g − n2

1∼=√

2n1δn δn = ng − n1.

NA e l’apertura numerica della fibra e determina la frazione di potenza luminosa chepuo essere accoppiata all’interno di una fibra. Per determinare i modi di propagazionedelle fibre ottiche, bisogna risolvere le equazioni di Maxwell ed imporre le condizioni alcontorno sulle superfici di discontinuita. Questa trattazione e piuttosto laboriosa; per-cio osserviamo soltanto che all’interno della fibra si puo propagare un modo soltantose risulta V < 2.405, dove

V = ka√n2g − n2

1

e la frequenza normalizzata.

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Figura 9: fibra ottica a salto d’indice

5.3 dispersione e attenuazione

dispersione intermodale In una fibra ottica, ciascun modo si propaga con unadiversa velocita. Se all’ingresso di una fibra multimodo viene iniettato un singoloimpulso luminoso di durata molto breve, gli impulsi associati ai vari modi subisconoritardi differenti ed all’uscita della fibra si hanno tante copie dell’impulso inizialequanti sono i modi, ritardate in maniera diversa, che si sovrappongono parzialmente.L’insieme di questi impulsi da luogo ad un singolo impulso luminoso di durata mag-giore. Il ritardo tra i due raggi che compiono il cammino piu breve (lungo l’asse) edil cammino piu lungo all’interno di una fibra e convenzionalmente assunto come lamisura dell’allungamento di un impulso ed e pari

∆τ =ngL

c

ng − n1

n1

∼=L

cδn.

dove L e la lunghezza della fibra. L’allungamento dell’impulso puo essere messo inrelazione al bit rate B, ovvero al numero di bit che possono essere trasmessi in unsecondo, assumendo B = 1/∆τ . Infatti, la separazione temporale tra due impulsiiniettati all’ingresso della fibra deve essere tale da garantire che i due impulsi all’usci-ta della fibra non si sovrappongano a causa dell’allungamento. Per fare un esempio,una fibra ottica multimodo, lunga un chilometro in cui gli indici di rifrazione sonoscelti in maniera che δn/n1 = 2 · 10−3 puo essere utilizzata con un bit rate massimodi 100 Mb/s (avendo assunto n1

∼= 1.5). Quindi, nelle trasmissioni su lunghe distanzesono di solito utilizzate fibre monomodo, caratterizzate dalla condizione V < 2.405;esse presentano, rispetto alle fibre multimodo, una minore apertura numerica e/o unminor raggio del nucleo e quindi una minore efficienza di accoppiamento.

fibre a profilo d’indice graduale Per ridurre gli effetti della dispersione, senza

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diminuire le dimensioni del nucleo, si possono utilizzare le fibre a profilo d’indice gra-duale. In queste fibre l’indice di rifrazione del core non e piu costante, ma diminuiscein maniera graduale in funzione della distanza dall’asse. Queste fibre possono essereutilizzate con bit rate piu elevati, rispetto a quelli consentiti nelle fibre a salto d’indice,ma sono piu costose e quindi vengono utilizzate soltanto per connessioni locali.

dispersione cromatica. Nelle fibre monomodo, dove la dispersione intermodalee assente, l’allungamento dell’impulso non scompare completamente, a causa delladispersione cromatica. Essa e dovuta al fatto che la radiazione iniettata nella fibranon e completamente monocromatica e ciascuna componente dello spettro si propagacon una velocita di fase diversa. L’allungamento dell’impulso dovuto alla dispersionecromatica e proporzionale alla lunghezza della fibra e alla larghezza dello spettro ∆λ

∆τ = D∆λL

attenuazione Un altro fattore limitante delle fibre ottiche e l’attenuazione poicheessa riduce la potenza della radiazione che raggiunge il ricevitore. Siccome i ricevi-tori ottici necessitano di una certo valore minimo di potenza per rivelare il segnalecorrettamente, la massima distanza tra due ripetitori consecutivi dipende stretta-mente dall’attenuazione introdotta. Nelle fibre ottiche, l’attenuazione dipende dallalunghezza d’onda utilizzata ed assume il valore minimo di 0.16 dB/km alla lunghezzad’onda λ = 1.55µm (terza finestra). In seconda finestra, per λ = 1.312µm l’at-tenuazione e 0.3 dB/km; per questa lunghezza d’onda la dispersione cromatica epressoche nulla e quindi questa lunghezza d’onda e largamente utilizzata nei sistemidi telecomunicazione.

5.4 comunicazioni in fibra ottica

I sistemi di comunicazione in fibra ottica si sono sviluppati in tutto il mondo dal 1980ed hanno rivoluzionato le tecnologie della trasmissione dell’informazione. Le fibreottiche hanno quasi completamente sostituito i cavi coassiali, sia per comunicazionisu lunghe distanze che per connessioni locali. Le comunicazioni ottiche utilizzanofrequenze portanti dell’ordine di 100 THz, mentre quelle a microonde sono dell’ordinedi 1−10 GHz ed il solo fatto di utilizzare frequenze piu elevate porta ad una aumentodella capacita di informazione del sistema. Per fissare le idee, se la larghezza di bandadei segnali da trasmettere e 1% della frequenza portante, i sistemi di comunicazioneottici potenzialmente possono trasmettere informazioni ad un bit rate dell’ordine di 1Tb/s. Questo valore al momento attuale non e stato raggiunto, ed i moderni sistemidi telecomunicazioni ottici lavorano ad un bit rate dell’ordine di 10 Gb/s.Un sistema di comunicazione in fibra e costituito da un trasmettitore ottico, da uncanale di comunicazione, genericamente una fibra ottica, e da un ricevitore ottico.

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Il trasmettitore ottico converte il segnale elettrico che si vuole trasmettere in unsegnale ottico e lo invia alla fibra ottica; esso e costituito da una sorgente ottica, unmodulatore ed un accoppiatore di canale. In genere, le sorgenti ottiche sono costituiteda un laser a semiconduttore o da un diodo, per la loro elevata compatibilita con latecnologia delle fibre ottiche. Il segnale ottico da trasmettere e generato modulando ilfascio luminoso emesso da queste sorgenti, in funzione del segnale elettrico in ingres-so. Spesso la modulazione viene ottenuta senza un dispositivo esterno, ma variandola corrente di iniezione dei dispositivi laser a semiconduttore. Infine, l’accoppiatoree tipicamente una microlente che focalizza il fascio luminoso sul piano di ingresso diuna fibra ottica, con la massima efficienza possibile. Le potenze luminose iniettatesono dell’ordine di 0.1 mW (−10 dBm) per i diodi laser e di 10 mW (10 dBm) per ilaser a semiconduttore.Il ricevitore ottico converte il segnale ottico ricevuto all’uscita della fibra in unsegnale elettrico, ed e costituito da un accoppiatore, un fotorivelatore ed un demodu-latore. I fotorivelatori utilizzati sono i fotodiodi, che convertono la luce in elettricita,grazie all’effetto fotoelettrico.

Figura 10: sistema di comunicazione ottico

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6 Ottica quantistica

6.1 fotone

Nella trattazione dell’ottica quantistica, la luce e descritta come costituita da delleparticelle, dette fotoni, che non hanno massa ma trasportano energia elettromagneticaE = hν. Essi viaggiano nel vuoto alla velocita c e sono in grado di interagire conla materia. La prima ipotesi di quantizzazione fu introdotta da Planck nel 1900 perspiegare la distribuzione di energia nello spettro di emissione di un corpo nero. Lateoria elettromagnetica della luce e la teoria di equipartizione dell’energia avevanocondotto alla formula di Rayleigh-Jeans

ρ (ν) =8πν2

c3kT,

dove ρ (ν) e la densita di energia per unita di volume e di frequenza, k = 1.38·10−23J/Kla costante di Boltzmann e T la temperatura assoluta. Questa formula rappresentacorrettamente le osservazioni sperimentali solo alle basse frequenze, mentre la densitadi energia aumenterebbe indefinitamente con la frequenza ν. E’ soltanto assumendoche gli oscillatori armonici nella sorgente radiante non possono esistere in tutti gli statipossibili dell’energia, ma soltanto in un numero discreto di stati per i quali l’energia eun multiplo di un certo particolare valore (quanto) che si ottiene la formula di Planck

ρ (ν) =8πν2

c3

ehν/kT − 1,

dove h = 6.63 · 10−34J s e la costante di Planck, che risulta in perfetto accordo conl’esperienza.L’ipotesi di quantizzazione, introdotta da Planck per gli oscillatori materiali presentinel corpo nero, fu estesa nel 1905 da Einstain alla radiazione elettromagnetica. Eglimostro che supponendo la luce come uno sciame di particelle di energia hν (piu tardichiamate fotoni), era possibile spiegare un fenomeno non interpretabile classicamente(effetto fotoelettrico). Einstein osservo che l’energia degli elettroni emessi da un cato-do, illuminato dalla luce, non era dipendente dall’intensita della radiazione, ma solodalla sua frequenza ν, cioe E = hν − E0, dove E0 e una costante caratteristica deltipo di metallo del catodo.Per spiegare le righe caratteristiche dello spettro di emissione dell’idrogeno, nel 1913Bohr suppose che gli elettroni di un atomo ruotavano su un numero discreto di orbitesenza irradiare. L’energia di un sistema atomico (o molecolare) e quantizzata e puoassumere soltanto un numero discreto di valori. In questa trattazione, considereremodapprima un sistema in cui esistono soltanto due livelli di energia.

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6.2 interazione radiazione-materia.

Un fotone puo interagire con un atomo (o molecola) se la sua energia e pari alladifferenza di energia dei due livelli del sistema. Per semplicita iniziamo a considerarel’interazione tra un singolo fotone di frequenza ν0 ed un sistema atomico (o moleco-lare) isolato.emissione spontanea E’ il processo per cui un atomo, o una molecola, che si trovain un livello energetico di energia E2 passa spontaneamente ad un livello energetico dienergia E1 < E2, con emissione di un quanto di energia elettromagnetica di frequenza:

ν0 =(E2 − E1)

h

ovvero, con emissione di un fotone di energia

hν0 = E2 − E1.

Indichiamo con N2(t) la popolazione di livello, cioe il numero di atomi per unita divolume che al generico istante t si trova nel livello d’energia E2; la variazione diN2, rispetto al tempo, dovuta al fenomeno dell’emissione spontanea, ovvero il rate didecadimento spontaneo della popolazione, e proporzionale alla popolazione N2 stessa(

dN2

dt

)sp

= −AN2.

Il coefficiente A e detto probabilita di emissione spontanea o coefficiente di Einstein.Inoltre, la grandezza:

τsp =1

A

e detta vita media del livello per emissione spontanea ed ha le dimensioni di un tempo.L’equazione dell’emissione spontanea ha soluzioni del tipo:

N2(t) = N(0)e−At = N(0)e−t/τsp .

Dunque, τsp indica il tempo necessario affinche la popolazione N2 si riduca di 1/e delvalore iniziale, e quindi, puo essere assunto a misura del tempo di permanenza di unatomo nel livello 2. Inoltre τsp dipende dalla particolare transizione energetica che siconsidera. E’ importante osservare che l’emissione spontanea non e il solo processoattraverso il quale l’atomo (o molecola) puo dissipare energia. Vi sono altri processi didecadimento non radiativo, i piu comuni sono quelli che portano alla trasformazione

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di E2 − E1 in energia cinetica degli atomi (o molecole) circostanti.

emissione stimolata E’ il processo attraverso il quale un atomo (o una moleco-la) passa dal livello di energia E2 a quello di energia E1 < E2 perche su di essoincide un’onda elettromagnetica (ovvero un fotone) di frequenza ν0 = (E2 − E1) /h;in questo caso l’atomo emette un secondo fotone di uguale energia E2 − E1, che siaggiunge all’onda incidente.

Il rate di decadimento per emissione stimolata e(dN2

dt

)st

= −W21N2.

Il coefficiente W21, detto probabilita di emissione sti-molata, non dipende solo dalla particolare transizione,ma anche dall’intensita dell’onda elettromagneticaincidente. Se questa e piana si ha:

W21 = σ21F

dove F e il flusso di fotoni dell’onda incidente, cioe il numero di fotoni che nell’unitadi tempo attraversa l’unita di area disposta perpendicolarmente alla direzione dipropagazione; inoltre σ21 e un parametro che dipende soltanto dalla transizione edha le dimensioni di un’area e che e detto sezione d’urto del processo di emissionestimolata. Le differenze fondamentali tra il fotone emesso per emissione stimolata equello emesso per emissione spontanea sono le seguenti:

1. I fotoni stimolati emessi dai vari atomi hanno una relazione di fase fissa fraloro e con l’onda incidente; i fotoni spontanei, al contrario, sono emessi con fasecasuale.

2. I fotoni stimolati sono emessi nella direzione dell’onda incidente, mentre quellispontanei sono emessi in qualsiasi direzione.

Queste differenze sono alla base delle caratteristiche di coerenza della radiazione laser.

assorbimento E’ il processo attraverso il quale un atomo (o una molecola) passadal livello di energia E1 a quello di energia E2 > E1 quando e investito da un’ondadi frequenza ν0 = (E2 − E1) /h, ovvero da un fotone di energia hν0 = E1 − E2.

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Se indichiamo con N1(t) la popolazione del livello l, ilrate di assorbimento e

dN1

dt= −W12N1.

Il coefficiente W12 e la probabilita di assorbimento, cheanalogamente a W21 puo scriversi:

W12 = σ12F

dove σ12 e detta sezione d’urto di assorbimento e dipende solo dalla transizione con-siderata, mentre F e il flusso fotonico dell’onda incidente. Fu dimostrato da Einstein,all’inizio del secolo, che:

W12 = W21 = W → σ12 = σ21 = σ.

Fin ora, abbiamo considerato le transizioni legate ad una sola frequenza ν0. In gene-rale, la sezione d’urto dipende dalle caratteristiche dell’interazione dell’atomo con lamateria ed e funzione della frequenza σ(ν). Normalizzando rispetto alla sua area S,si ottiene la funzione di riga

g (ν) =σ (ν)

S=

σ (ν)∫∞0 σ (ν) dν

.

La funzione di riga ha una forma a campana ed e centrata intorno alla frequenza ditransizione ν0. Consideriamo adesso l’interazione del sistema atomico (o molecolare)con una radiazione non piu monocromatica, ma con una densita spettrale di energiadata dalla formula di Planck. Le probabilita di emissione stimolata e di assorbimentopossono scriversi come

W = Bρ (ν)

dove il coefficiente di Einstein B e dato dalla relazione

B =λ3

8πhA.

6.3 amplificatore laser

Supponiamo che un’onda piana caratterizzata da un flusso fotonico F , viaggiandolungo una direzione z, investa ortogonalmente una lamina di spessore dz di un certomateriale. Supponiamo che nel materiale esistano due livelli energetici E1 e E2 e che

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l’onda sia monocromatica di frequenza ν0 = (E2 − E1) /h. Per effetto dei processi diemissione stimolata e di assorbimento, all’interno del materiale il flusso fotonico Fvariera di una quantita:

dF = σF (N2 −N1) dz.

la soluzione dell’equazionedF

dz= σF (N2 −N1) .

eF (z) = F (0) eσ(N2−N1)z.

E’ evidente che se N1 > N2 il materiale si comporta come un assorbitore, mentrese N1 < N2 esso e un amplificatore con un guadagno, per un tratto di lunghezza d

γ = σ (N2 −N1) d.

Osserviamo che se la radiazione emessa o assorbita dal materiale non e monocroma-tica, il guadagno, essendo proporzionale alla sezione d’urto, dipende dalla frequenza.Inoltre, in questa trattazione, abbiamo, per semplicita, trascurato il fenomeno dell’e-missione spontanea.In condizioni di equilibrio termodinamico, le popolazioni (N e

1 e N e2 ) dei due livelli

sono legate dalla relazione di Boltzmann:

N e2

N e1

= e−(E2−E1)

kT .

Ne consegue che N e2 e sempre minore di N e

1 , e dunque tutti i materiali all’equilibriotermodinamico si comportano come assorbitori. Se invece si riesce a realizzare unacondizione per cuiN2 > N1, cioe un’inversione di popolazione, il materiale si comportacome un amplificatore e viene detto mezzo ’attivo’.

6.4 inversione di popolazione

Nei sistemi atomici a due livelli finora considerati non e possibile realizzare un’in-versione di popolazione; infatti se proviamo a forzare gli atomi al livello superiore,arrivati alla situazione N1 = N2 il materiale diventa trasparente e diventa impossibilearrivare all’inversione di popolazione N2 > N1. Gli amplificatori laser, come tuttigli amplificatori, necessitano di una sorgente di energia esterna per poter amplifi-care il segnale. Essa viene fornita dal pompaggio, ovvero da un meccanismo esternoche permette di realizzare un’inversione di popolazione, che puo essere di tipo ottico(per esempio dei flash di luce) o di tipo elettronico (per mezzo di scariche di elettroni).

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Consideriamo un sistema a tre livelli conun meccanismo di pompaggio che permet-te agli atomi ( o molecole) di passare dallivello fondamentale al livello 3. Supponi-amo, inoltre, che il livello 3 sia fortementeinstabile, ovvero che si spopoli rapidamen-te verso il livello 2, in maniera che siasempre praticamente vuoto (N3

∼= 0). Ilrate di pompaggio sara proporzionale allapopolazione del livello 1, cioe

(dN2

dt

)p

= WpN1.

La condizione di inversione di popolazione N2−N1 > 0 si raggiunge quando piu dellameta degli atomi del livello 1 siano stati trasferiti nel livello 3 e quindi nel livello 2.L’inversione di popolazione si realizza piuvelocemente in un sistema a 4 livelli chedifferisce dal precedente per il fatto che illivello inferiore 1 della transizione laser noncoincide con il livello fondamentale e quin-di e normalmente vuoto. Il vantaggio diquesto schema consiste nel fatto che gia iprimi atomi trasferiti nel livello 3 e quin-di nel livello 2 realizzano una inversionedi popolazione. Inoltre, affinche il siste-ma possa funzionare in continua e moltoutile che il livello 1 si spopoli rapidamen-te, cioe che il decadimento da 1 al livellofondamentale g sia veloce.

Osseviamo che il rate di pompaggio deve essere proporzionale alla condizione diinversione N2 −N1 che si vuole ottenere.

6.5 oscillatore laser

Partendo da un amplificatore laser, si possono realizzare degli oscillatori, introducen-do un’opportuna reazione positiva. Consideriamo, per esempio, un risonatore otticoa specchi piani e paralleli, posti a distanza d, nel cui interno vi sia un mezzo attivoe supponiamo che la radiazione laser sia semplicemente un’onda piana che viaggialungo l’asse della cavita. Affinche possa stabilirsi un’oscillazione stazionaria, l’ampli-

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ficazione dell’onda per ogni tratto percorso deve compensare le perdite corrispondenti.Assumendo che queste siano dovute soltanto alle riflettivita R1 e R2 dei due specchi,la condizione di compensazione si scrive:

eσ(N2−N1)dR1eσ(N2−N1)dR2 = 1

ovvero

(N2 −N1)c = −(lnR1R2)

2σd

La differenza di popolazione calcolata e detta inversione di popolazione critica inquanto essa corrisponde al minimo valore sufficiente affinche il guadagno compensile perdite e che quindi si stabilisca un’oscillazione all’interno della cavita. Questacondizione determina il minimo valore del rate di pompaggio necessario per ottenereuna radiazione laser.

6.6 proprieta della radiazione laser

monocromaticita E’ dovuta sia al processo di amplificazione che avviene soltantoalle frequenze ν ∼= (E2 − E1) /h, in quanto la curva di guadagno γ (ν) e moltoselettiva, sia al processo di oscillazione relativo alle frequenze dei modi dellacavita. La riga laser puo essere fino a sei ordini di grandezza piu stretta dellariga dovuta all’emissione spontanea.

coerenza La radiazione laser ha elevata coerenza spaziale e temporale. La coeren-za temporale misura la correlazione tra i valori che il campo elettromagneticoassume in due istanti di tempo t e t + τ ; si definisce tempo di coerenza il mas-simo ritardo τ tale che il campo nei due istanti mantenga costanza di fase. Sidimostra che esso e inversamente proporzionale alla larghezza di banda del-la radiazione. La radiazione laser ha un tempo di coerenza diversi ordini digrandezza maggiori della radiazione emessa da una sorgente termica.La coerenza spaziale indica la correlazione tra i valori che il campo elettromag-netico assume in due punti diversi dello spazio e si definisce area di coerenza,nell’intorno di un generico punto, l’area della zona all’interno della quale sirealizza questa condizione.

direzionalita La radiazione laser e altamente direzionale perche la cavita selezionai modi che si propagano lungo l’asse. Dunque, il raggio all’uscita e limitato soloper diffrazione, che e caratterizzata da una divergenza angolare

θ = βλ

w,

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dove λ e la lunghezza d’onda della radiazione, w lo spot-size del fascio su unospecchio, e β un fattore dell’ordine dell’unita che dipende dalla forma dello spec-chio. Questa relazione vale solo se l’area di coerenza e maggiore dello spot-sizew. Se essa e minore, la divergenza del fascio e determinata dalle sue dimen-sioni. La radiazione laser, avendo elevata coerenza spaziale, gode di una elevatadirezionalita.