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1 Corso di tecnica assicurativa LA PREVIDENZA E LE ASSICURAZIONI SULLA VITA (Tempo di lettura: 8 ore) a cura di Salvatore Infantino Documento non divulgabile

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Corso di tecnica assicurativa

LA PREVIDENZA

E LE ASSICURAZIONI SULLA VITA

(Tempo di lettura: 8 ore)

a cura di Salvatore Infantino

Documento non divulgabile

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Indice

1. Le assicurazioni sulla vita: definizione e principi tecnici 4

2. La fase precontrattuale 7

A) La documentazione precontrattuale: KID, DIP base e DIP aggiuntivi ____________________10

B) La proposta 13

C) L’informativa in corso di contratto 16

D) Le novità sulla trasparenza delle polizze connesse ai mutui e ai finanziamenti 18

3. La fase contrattuale 22

A) Le dichiarazioni del contraente e dell’assicurato 23

B) Il premio 24

C) L’assenso dell’assicurato 25

D) L’aggravamento del rischio e il cambiamento di professione dell’assicurato 25

E) Il suicidio dell’assicurato 26

F) Il rischio di guerra 27

G) Le esclusioni di polizza 27

H) La designazione, la revoca e i diritti del beneficiario 27

I) l'insequestrabilità e l'impignorabilità delle somme assicurate 30

L) Il recesso, la riduzione, il riscatto, e le altre operazioni consentite in corso di contratto 31

M) La prescrizione 33

4. Le forme assicurative 34

a) Le assicurazioni per il caso morte 35

b) Le assicurazioni per il caso vita 37

c) Le assicurazioni miste 38

d) Le opzioni: capitale o rendita 39

e) Le forme di investimento assicurativo __ 40

f) Le polizze Rivalutabili 40

g) Le polizze Unit Linked _________________________________________________ 43

h) Le polizze Index Linked ________________________________________________ 46

i) Il contratto di capitalizzazione _______________________________________________ 47

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j) I PRIIPS _________________ _______________________________________________ 48

k) I Piani Individuali di Risparmio (PIR) 49

l) Le assicurazioni collettive 50

m) Le assicurazioni complementari 50

5. I rami assicurativi vita previsti dal Codice delle Assicurazioni 52

6. La previdenza sociale e complementare in Italia 55

7. I fondi pensione e i PIP 64

8. La destinazione del TFR alle forme pensionistiche complementari 71

9. I requisiti per la prestazione nelle forme pensionistiche complementari 74

10. Il regime fiscale delle polizze vita e delle forme di previdenza complementare 77

A) Polizze Vita aventi finalità assicurative 81

B) Polizze Vita aventi finalità finanziaria 83

C) Polizze aventi finalità previdenziali 84

Normativa di riferimento___________________________________________________________91

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1. Le assicurazioni sulla vita: definizione e principi tecnici

L’art. 1882 del Codice Civile definisce il contratto di assicurazione sulla vita come quel contratto col quale

l’assicuratore in corrispettivo di un premio (unico o periodico) si obbliga a corrispondere un determinato capitale o

una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana.

Nel ramo Danni gli eventi dannosi che vengono assicurati devono avere le caratteristiche dell’accidentalità e

dell’imprevedibilità, inoltre l’entità dell’indennizzo sarà nota soltanto al momento del verificarsi dell’evento. Nel

ramo Vita invece gli eventi che vengono assicurati sono "attinenti la vita umana" e non sono necessariamente

eventi dannosi (es. sopravvivenza), inoltre l’entità del corrispettivo che l’assicuratore dovrà pagare all’assicurato

sarà predeterminato.

Un’altra differenza tra i due rami consiste nella loro funzione. Il ramo Danni avrà una funzione indennitaria, quello

Vita invece una funzione previdenziale, e cioè di permettere all’assicurato di costituirsi una disponibilità

economica da utilizzare nel futuro, se e nel momento in cui ne avrà bisogno.

L’analisi delle forme assicurative, che affronteremo in seguito, ci consentirà di capire meglio in che modo le varie

soluzioni di assicurazione sulla vita soddisfano questa funzione previdenziale. Per introdurci gradualmente alla

comprensione dei concetti base del ramo Vita cominciamo a fare una prima grande distinzione.

Due sono essenzialmente i rischi nel ramo Vita:

- Il rischio di morte, che è l’evento imprevedibile che, soprattutto se prematuro, può lasciare in serie difficoltà

le persone che sopravvivono all’assicurato e da cui dipendevano. In questo caso, l’assicurazione sulla vita ha

la funzione fondamentale di proteggere da una grave situazione destabilizzante dal punto di vista finanziario

come, per esempio, quella di una famiglia nel caso di morte dell’unico produttore di reddito o di una società

nel caso di morte di soci o uomini chiave per l’azienda.

- Il rischio di sopravvivenza, che comprende tutti i fatti che possono succedere nel corso della vita e che

avranno conseguenze economiche. In questo caso alla funzione di protezione si affianca e in certi casi è

preponderante la funzione di accumulazione e investimento del risparmio (che è la funzione principale nelle

forme di assicurazione Vita rivalutabili, Unit Linked, Index Linked).

Questa duplice funzione è tipica del ramo vita e rileva sul premio e cioè sul corrispettivo richiesto dall’assicuratore

a fronte della garanzia prestata. Nel ramo Vita per la determinazione del premio si considerano tre componenti:

- la componente demografica;

- la componente finanziaria;

- i caricamenti.

La componente demografica misura il rischio che l’assicuratore si assume e viene calcolata attraverso criteri

statistici e di calcolo delle probabilità.

La determinazione delle probabilità che gli eventi assicurati si verifichino si basa sulla frequenza di accadimento

che gli stessi eventi hanno presentato in passato.

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Nel caso delle assicurazioni vita l’assicuratore raccogliendo un gran massa di rischi conosce quante persone sono

morte entro un certo periodo di tempo e quante sopravvivranno al termine di questo periodo ipotizzando così una

probabilità di vita per ogni anno di età.

Le frequenze rilevate sono riportate in apposite tavole definite tavole attuariali di mortalità o demografiche, che

sono delle tabelle che, partendo da una popolazione di 100.000 individui di età 0 (radice della tavola), riportano

per ogni età (dopo il 1° anno, dopo il 2° anno,…) il numero dei viventi, dei morti e le probabilità di sopravvivenza

e di morte.

Sulla base di queste probabilità l’assicuratore determina l’assunzione di un rischio (morte o sopravvivenza di un

assicurato) in termini di costo.

Il premio calcolato unicamente sulla base delle probabilità di morte (che ovviamente cresce al crescere dell’età

dell’assicurato) è detto premio naturale o anche premio di rischio. Se venissero corrisposti premi naturali (vita

caso morte) variabili crescenti e commisurati all’avanzare dell’età dell’assicurato non ci sarebbe bisogno di

accantonare riserve.

Come sappiamo nella grande maggioranza dei casi i premi annui vita non sono crescenti al crescere dell’età

dell’assicurato, bensì livellati e costanti per tutta la durata della polizza. Nei primi anni di vita quando la probabilità

di morte è bassa il premio naturale calcolato in base al rischio puro è più basso di quello pagato e avremo quindi

dei premi in eccesso, mentre negli ultimi anni di vita il premio naturale è molto più alto di quello pagato e avremo

dei premi in difetto. La differenza tra premio effettivamente pagato e premio naturale che si genera nei primi anni

viene accantonata a riserva e verrà utilizzata quando, nel corso del tempo con l’aumento dell’età e del rischio di

morte, si invertirà il segno del rapporto e i premi naturali saranno molto più alti di quelli pagati. L’importo

accantonato come vedremo è la c.d. riserva matematica.

Si può concludere che la componente demografica serve a determinare quella parte di premio detta premio di

rischio, necessaria all’assicuratore per garantire all’assicurato la prestazione prevista per i rischi di tipo

assicurativo e cioè per il caso di morte.

Il premio di rischio si troverà quindi nelle assicurazioni per le quali esiste l'impegno di corrispondere un capitale in

caso di morte. Manca, naturalmente, nelle assicurazioni che prevedono il pagamento di un capitale o di una rendita

solo in caso di vita.

La componente finanziaria è invece presente soprattutto in quelle polizze che prevedono il pagamento di un

capitale o di una rendita alla scadenza (Caso Vita o Miste). In questo caso una parte dell’importo che il contraente

versa a titolo di premio viene investita in modo fruttuoso dalla Compagnia attraverso una gestione finanziaria che

produce dei rendimenti.

Occorre infatti considerare che nelle assicurazioni vita il contraente versa i premi in anticipo rispetto al verificarsi

dell’evento. Tali premi saranno in grado di produrre un rendimento finanziario che viene trasferito all’assicurato

anticipatamente, riducendo i premi da pagare di un importo appunto pari agli interessi che i premi investiti potranno

produrre. Il rendimento viene quindi corrisposto in anticipo con uno sconto sul premio. Il tasso tecnico di tariffa

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è appunto il tasso di rendimento minimo che viene riconosciuto in sede di determinazione dei premi dalle imprese

all’atto della conclusione del contratto.

La quota di premio che è destinata all'accantonamento e che capitalizzata servirà per far fronte alle prestazioni

future previste dal contratto è detta premio di risparmio. Alla scadenza del contratto, il premio di risparmio infatti,

insieme ai rendimenti che saranno nel frattempo maturati, costituirà il capitale liquidabile o il montante da

convertire in rendita.

Infine, va considerato che l’assicuratore nell’esercizio della sua attività sostiene delle spese la cui entità forma la

terza componente del premio. Queste spese dette caricamenti sono trattenute dal premio versato e si distinguono

in:

- spese per l’acquisizione dei contratti (che corrispondono alle provvigioni di acquisto riconosciute

all’intermediario che ha procurato il contratto e che sono principalmente commisurate ad una percentuale del

primo premio annuo incassato);

- spese per l’incasso dei premi (che corrispondono alle provvigioni di incasso riconosciute all’intermediario

incaricato ad esigere il premio e che sono commisurate ad una percentuale dei premi incassati)

- spese per la gestione delle polizze (che comprendono tutte quelle relative all’esercizio dell’impresa e al suo

funzionamento amministrativo).

Nella nota informativa andrà indicata la loro entità o meglio il costo percentuale medio annuo che indica di quanto

si riduce ogni anno il rendimento ipotizzato del contratto per effetto di tutti i caricamenti e in generale di tutti i costi

gravanti sulla polizza in caso di mantenimento del contratto fino alla scadenza.

Il premio puro sarà composto dalla somma del premio di rischio e del premio di risparmio.

Il premio netto o di tariffa è costituito invece dalla somma del premio puro e dei cosiddetti caricamenti.

Infine, il premio lordo è pari alla somma del premio netto, degli accessori (rappresentati dai costi di emissione

del contratto e delle quietanze) e delle imposte (che erano pari al 2,5% del premio versato, ma che non sono più

dovute sui contratti stipulati dal 1 gennaio 2001).

Il tasso di inventario è invece un tasso di tariffa dove non sono considerati i caricamenti di acquisto. Viene

utilizzato per le trasformazioni di polizza o per altre operazioni di particolare importanza con rinuncia ai compensi

da parte dell’agenzia.

Un altro concetto importante per l’assicurazione vita è la riserva matematica che è l'accantonamento, calcolato

con procedura matematica, che l'assicuratore deve effettuare per far fronte agli impegni futuri assunti verso gli

assicurati.

Caratteristiche della riserva matematica sono:

- rappresenta anche il debito che l’Assicuratore ha nei confronti degli assicurati in un determinato momento. Il

montante della riserva matematica va portato in bilancio come appostazione passiva a garanzia patrimoniale

della solvibilità dell’impresa a fronte delle suddette future prestazioni. La riserva matematica alla scadenza

contrattuale coincide con il capitale da liquidare;

- può essere calcolata con il metodo prospettivo o retrospettivo seguendo un principio di differenza attuariale o

di montante;

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- essa è data dalla capitalizzazione dei premi di risparmio (mentre invece il premio di rischio serve per garantire

le risorse da aggiungere alla riserva matematica per pagare il capitale assicurato in caso di decesso).

2. La fase precontrattuale

Negli ultimi anni è cresciuta l’esigenza anche a livello comunitario di introdurre delle regole uniformi in tutti i Paesi

dell’Unione Europea al fine di permettere agli investitori al dettaglio di ricevere le informazioni necessarie per

prendere una decisione informata sull'investimento e per confrontare prodotti aventi caratteristiche simili. Proprio

per raggiungere tali obiettivi è stato approvato il Regolamento (UE) n. 1286/2014 del Parlamento Europeo e del

Consiglio Europeo relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti d’investimento al dettaglio

e assicurativi preassemblati (PRIIPs), norma comunitaria direttamente applicabile negli Stati membri a decorrere

dal 1 gennaio 2018.

Il Regolamento fa parte di un più ampio pacchetto legislativo dedicato a ricostruire la fiducia dei consumatori nei

mercati finanziari, a cui sono riconducibili anche le direttive IDD e MIFID II.

La normativa nazionale primaria e secondaria è stata aggiornata in conformità con la normativa comunitaria.

Non è semplice distinguere chiaramente il quadro normativo e regolamentare relativo agli obblighi d’informazione

che le imprese di assicurazione sono tenute a rispettare, con riferimento ai prodotti assicurativi del ramo vita, tale

difficoltà è riconducibile nella frammentarietà delle fonti che disciplinano la materia e nella suddivisione di

competenze tra le autorità di vigilanza Ivass e Consob.

Il decreto legislativo n. 68/2018, che ha recepito nell'ordinamento nazionale la Direttiva (UE) 2016/97 sulla

distribuzione assicurativa (IDD) ha apportato modifiche al Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF) e al

Codice delle Assicurazioni Private (CAP). In particolare, le modifiche di cui al D. Lgs. n. 68/2018, riguardano

l'eliminazione della definizione di "prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione", di cui all'articolo 1,

comma 1, lettera w-bis), del TUF e la disciplina dell'informativa precontrattuale prevista nel nuovo articolo 185 del

CAP.

Sia la IDD (articolo 2, par. 1, n. 17), sia il Regolamento PRIIPs (articolo 4, par. 1, n. 2) definiscono univocamente

il "prodotto di investimento assicurativo" come “un prodotto assicurativo che presenta una scadenza o un valore

di riscatto e in cui tale scadenza o valore di riscatto è esposto in tutto o in parte, in modo diretto o indiretto, alle

fluttuazioni del mercato”. Sotto il profilo sostanziale tale definizione include oltre ai prodotti di ramo III e V anche

le polizze di ramo I rivalutabili collegate alle gestioni separate e le polizze multiramo tutti rientranti nella definizione

i prodotti IBIPs (Insurance based Investment products).

Rimangono esclusi dalla definizione di IBIPs:

1) i prodotti assicurativi non vita elencati all'allegato I della direttiva 2009/138/CE (prodotti ramo danni);

2) i contratti assicurativi vita, qualora le prestazioni previste dal contratto siano dovute soltanto in caso di decesso

o per incapacità dovuta a lesione, malattia o disabilità;

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3) i prodotti pensionistici che, ai sensi del diritto nazionale, sono riconosciuti come aventi lo scopo precipuo di

offrire all'investitore un reddito durante la pensione e che consentono all'investitore di godere di determinati

vantaggi;

4) i regimi pensionistici aziendali o professionali ufficialmente riconosciuti che rientrano nell'ambito di applicazione

della direttiva 2003/41/CE o della direttiva 2009/138/CE;

5) i singoli prodotti pensionistici per i quali il diritto nazionale richiede un contributo finanziario del datore di lavoro

e nei quali il lavoratore o il datore di lavoro non può scegliere il fornitore o il prodotto pensionistico;

In sintesi, la distribuzione dei prodotti di investimento assicurativo è disciplinata, con decorrenza dal 1° ottobre,

dal Titolo X del CAP, dalle disposizioni specifiche di cui agli artt. 121-quater e seguenti del CAP e dai Regolamenti

UE 2017/2358 (POG) e 2359 (distribuzione IBIPs), entrambi direttamente applicabili.

Il legislatore ha inteso semplificare e uniformare quanto più possibile il regime normativo base dei prodotti

assicurativi, indipendentemente dal canale di distribuzione (banche, poste, agenti, broker, ecc.), nell’interesse

primario del consumatore. E ciò a prescindere dalla ripartizione di competenze - che connota il mercato italiano -

tra CONSOB e IVASS in materia regolamentare e di vigilanza.

In merito alle nuove regole sulla trasparenza delle operazioni e protezione dell'assicurato, in particolare il nuovo

articolo 185 del CAP relativo all’informativa precontrattuale è stato modificato in modo da rendere l’informativa

precontrattuale complessivamente coerente con la normativa europea.

A tal fine è stato predisposto un sistema informativo precontrattuale omogeneo per i rami vita e danni imperniato

sulla redazione di tre documenti precontrattuali standard di base:

a) dal 1° ottobre 2018, l’IPID (Insurance Product Information Document) per i prodotti danni: il documento

informativo precontrattuale standard (DIP base danni) di cui all'articolo 185-bis, redatto in conformità

contenente la descrizione delle principali caratteristiche del prodotto, previsto dalla Direttiva IDD e dal

Regolamento di esecuzione (UE) n. 2017/1469 dell’11 agosto 2017;

b) dal 1° ottobre 2018, il DIP Vita per i prodotti vita di “puro rischio” (previsto dall’art. 185-ter del CAP come

specificità nazionale) redatto in conformità a quanto stabilito dal regolamento (UE) n. 1286/2014 del 26

novembre 2014 e relative norme di attuazione;

c) dal 1° gennaio 2018.il documento informativo KID (Key Information Document), per tutti i prodotti

d’investimento assicurativi (IBIPs, Insurance Based Investment Product);

Per soddisfare l’esigenza di realizzare una semplificazione della disciplina in tema di trasparenza applicabile in

modo uniforme a tutti gli “prodotti di investimento assicurativi”, è stato eliminato, per i prodotti di ramo III e V,

l'obbligo di pubblicare un prospetto d'offerta a partire dal 1° gennaio 2019, contestualmente all'entrata in vigore

del Regolamento IVASS n. 41/2018. A partire da tale data, la documentazione precontrattuale da rendere

disponibile all'investitore di un prodotto IBIP è articolata come segue:

1) il Kid PRIIPs, che illustra gli elementi chiave del prodotto;

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2) il documento informativo precontrattuale (DIP) aggiuntivo predisposto dall’IVASS, contenente le informazioni

sull'emittente, in modo da assolvere ai requisiti previsti dalla Solvency II, con riferimento anche alla relazione sulla

solvibilità, nonché gli ulteriori elementi informativi riferiti ai diritti e agli obblighi dei contraenti.

Si ricorda che ai sensi dell’art. 4-sexies, comma 2, lett. c), del TUF individua nella Consob l’autorità nazionale

competente ad esercitare, con riferimento ai prodotti di investimento assicurativo commercializzati, distribuiti o

venduti in Italia, oppure a partire dall’Italia, l’attività di monitoraggio e i poteri di controllo degli obblighi imposti dal

regolamento (UE) n. 1286/2014 agli ideatori di un PRIIP e alle persone che forniscono consulenza sui PRIIP o

vendono i PRIIP, fatto salvo per gli agenti, broker e dai loro collaboratori o dipendenti iscritti alla sez. E del RUI e

dai produttori diretti iscritti nella sezione C del RUI e le imprese che svolgono distribuzione diretta la cui autorità

di vigilanza competente è l’IVASS..

Consob riceve dall’ideatore di PRIIP, o dalla persona che vende un PRIIP, la notifica preventiva del documento

contenente le informazioni chiave conformi ai requisiti stabiliti ai sensi del regolamento (UE) n. 1286/2014, prima

che i PRIIP siano commercializzati in Italia, nonché la notifica delle versioni riviste del documento stesso ai sensi

dell’articolo 10 del regolamento medesimo. In caso di mancata notifica alla Consob del KID o delle versioni riviste

dello stesso ai sensi dell’articolo 4-decies del TUF e delle relative disposizioni attuative, la Consob può:

a) sospendere, per un periodo non superiore a 60 giorni per ciascuna volta, la commercializzazione di un PRIIP;

b) vietare l’offerta;

c) vietare la fornitura di un KID che non rispetti i requisiti di cui agli articoli 6, 7, 8 o 10 del regolamento (UE) n.

1286/2014 e imporre la pubblicazione di una nuova versione di un documento contenente le informazioni

chiave.

Il citato art. 185 del Codice delle Assicurazioni Private (“CAP”) prevede (indistintamente per le polizze del ramo

vita e danni) che le imprese di assicurazione (di seguito anche manufacturer) e gli intermediari che realizzano

prodotti assicurativi da vendere ai clienti (di seguito anche manufacturer de facto) redigono i citati documenti

informativi di base e altresì il documento informativo precontrattuale aggiuntivo (DIP aggiuntivo) che contiene le

informazioni (no pubblicitarie o promozionali), integrative e complementari rispetto a quelle contenute nei

documenti di cui alle precedenti lettere a), b), c) che, tenendo conto della complessità e delle caratteristiche del

prodotto, del tipo del cliente e delle caratteristiche dell’impresa di assicurazione, sono necessarie affinché il cliente

possa pervenire ad una decisione informata su diritti e obblighi contrattuali e, ove opportuno, sulla situazione

patrimoniale dell'impresa. Il DIP aggiuntivo contiene il riferimento alla relazione sulla solvibilità e sulla condizione

finanziaria dell'impresa di cui all'articolo 47-septies. Il DIP aggiuntivo indica la procedura da seguire in caso di

reclamo, l’organismo o l’autorità eventualmente competente e la legge applicabile. L'IVASS, con il regolamento n.

41 del 2 agosto 2018 ha disciplinato il contenuto, lo schema e le istruzioni di compilazione del DIP aggiuntivo.

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A) La documentazione precontrattuale: KID, DIP base e DIP aggiuntivi

Si ricorda che dal 1° Gennaio 2018 è entrato in vigore il Regolamento europeo 2014/1286 sui PRIIPS (Packaged

Retail and Insurance based investment products) che impone la consegna al Cliente di un documento sintetico e

standardizzato contenente informazioni chiave sul prodotto assicurativo e sul sottostante, il KID (Key Information

Document). Il KID è un documento a consegna obbligatoria, contenente le informazioni chiave che devono essere

fornite agli investitori al dettaglio in occasione dell’acquisto di prodotti d’investimento al dettaglio e assicurativi

preassemblati (PRIIPs), al fine di agevolarne la comprensione e la comparabilità. La presentazione, il contenuto,

il riesame e la revisione dei KID nonché le condizioni per adempiere l’obbligo di fornire tali documenti sono

dettagliatamente disciplinati dal regolamento delegato (UE) 2017/653 della Commissione Europea dell’8 marzo

2017, anch’esso applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2018. L’art. 6 del Regolamento PRIIPS stabilisce che le

informazioni che figurano nel documento contenente le informazioni chiave (KID) costituiscono informazioni

precontrattuali, esse devono essere accurate, corrette, chiare, non fuorvianti, coerenti con ogni altro documento

contrattuale vincolante, con le corrispondenti parti dei documenti di offerta e con i termini e le condizioni del PRIIP.

Il KID è un documento informativo a sé stante, chiaramente separato dalla documentazione commerciale, è

redatto sotto forma di documento breve, in maniera concisa, consiste al massimo di tre facciate di formato A4

quando stampate, agevola la comparabilità, e presenta le seguenti caratteristiche:

a) è presentato e strutturato in modo da agevolarne la lettura, in caratteri di dimensione leggibile;

b) si concentra sulle principali informazioni di cui hanno bisogno gli investitori al dettaglio;

c) è formulato con chiarezza e scritto in un linguaggio e uno stile tali da facilitare la comprensione delle

informazioni. In particolare, è necessario utilizzare un linguaggio chiaro, sintetico e comprensibile.

Se un PRIIP offre all'investitore al dettaglio una serie di opzioni d’investimento (Multi-option products c.d. MOP) e

non è possibile fornire tutte le informazioni richieste in un unico documento conciso, il manufacturer assicurativo

ha a disposizione una delle due seguenti possibilità:

1. Un KID per ogni opzione di investimento sottostante, da redigere secondo lo schema previsto a livello

comunitario e che includa le informazioni sul PRIIP nel suo insieme;

2. Un KID generico (GKID), secondo lo schema previsto a livello comunitari, che descriva il PRIIP nel suo

insieme ma con le seguenti specificità espressamente previste:

- indicazione di un range di classi di rischio relative a tutte le opzioni di investimento sottostanti,

completata di una descrizione del rischio e del rendimento dell’investimento varia in base alle opzioni di

investimento sottostanti nonché che la performance del PRIIP nel suo complesso dipende dalle opzioni di

investimento sottostanti;

- indicazione di un range di costi sia a livello di indicatore sintetico sia di composizione, completata di una

descrizione narrativa che indichi che i costi per l’investitore variano sulla base delle opzioni di investimento

sottostanti;

- indicazione su dove risieda l’informazione specifica su ciascun sottostante.

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A tale KID generico dovrà accompagnarsi la produzione di documentazione specifica relativa a ciascuna opzione

di investimento, ai sensi dell’articolo 14 del Regolamento Delegato. È possibile prevedere la pubblicazione della

documentazione sul sito web del manufacturer della documentazione relativa alle opzioni si investimento

sottostanti, con specifica indicazione delle modalità di reperimento all’interno del KID generico.

Il documento contenente informazioni chiave fornisce almeno una descrizione generica (GKID) delle opzioni di

investimento sottostanti e indica dove e come si può trovare una documentazione informativa precontrattuale più

dettagliata relativa ai prodotti di investimento a cui si riferiscono le opzioni di investimento sottostanti.

L’art. 4-decies del TUF introduce l’obbligo di notifica alla Consob del KID dei prodotti PRIIPs. Obbligo che deve

essere assolto dall’ideatore di PRIIP o dalla persona che vende PRIIP, prima della commercializzazione di tali

prodotti in Italia. L’obbligo in questione si estende anche alle versioni del KID riviste a seguito del riesame effettuato

dall’ideatore del PRIIP sulle informazioni contenute nel KID, in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 10 del

Regolamento PRIIPs e dalle relative disposizioni attuative di matrice europea. Relativamente, infine, alla

tempistica prescritta per l’adempimento di tale obbligo, il termine per la notifica del KID è fissato almeno nel giorno

antecedente la data di avvio della commercializzazione. Al fine di evitare che si realizzi una mancata notifica del

KID dovuta alla circostanza che ciascuno dei due soggetti ad essa tenuti confidi nell’adempimento dell’altro, il

Regolamento UE recepito in Italia all’art.193-quinquies del TUF sancisce comunque la responsabilità della

mancata notifica del KID a carico di colui che per primo avvia la commercializzazione, indipendentemente dagli

accordi intercorsi tra le parti. Tale previsione si rende necessaria nell’ottica di assicurare certezza circa il soggetto

nei confronti del quale eventualmente avviare un procedimento sanzionatorio. Infatti l’art. 193-quinquies, comma

2, del TUF prevede una specifica sanzione per la violazione dell’obbligo di notifica alla Consob del KID. Nel comma

4 si prevede che, qualora sia colui che vende o distribuisce il PRIIP ad effettuare il deposito, egli debba darne

tempestiva notizia all’ideatore, con ciò consentendo agli altri eventuali venditori di verificare presso l’ideatore

l’avvenuto adempimento dell’obbligo sancito dall’art. 4-decies del TUF. Infine, nel comma 5 viene disciplinato

l’obbligo di notifica alla Consob della versione rivista del KID. In questo caso, la scelta effettuata è stata nel senso

di porre tale obbligo esclusivamente in capo all’ideatore del PRIIP, che dovrà procedere alla notifica al più tardi

contestualmente alla pubblicazione sul proprio sito internet della versione rivista del KID.

Ai sensi, infatti, della normativa europea (art. 11 del Regolamento PRIIPs e artt. 15 e 16 del Regolamento

Delegato) il manufacturer ha l’obbligo di effettuare il riesame del documento ogni volta che intervengono

cambiamenti che incidono o potrebbero incidere significativamente sulle informazioni ivi contenute e comunque

almeno ogni dodici mesi. Qualora dal suddetto riesame emerga la necessità di modificare il documento, l’ideatore

ha l’obbligo di procedere all’aggiornamento, nonché di pubblicare sul proprio sito web la versione rivista del KID.

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Prodotti Documentazione

informativa fino al 1°

Ottobre 2018

Set informativo dal 1°

Ottobre al 31 dicembre

2018

Set informativo dal 1° Gennaio

2019

Prodotti di investimento assicurativo (IBIPs)1

KID

Fascicolo informativo

KID (tutti IBIPs)

Prospetto d’offerta (unit, index, capitalizzazione)

Fascicolo informativo (rivalutabili, multiramo)

Condizioni di

assicurazione, comprensive del glossario

modulo di proposta o, ove non previsto, il modulo di polizza.

KID

DIP aggiuntivo IBIPs

Condizioni di assicurazione, comprensive del glossario

modulo di proposta o, ove non previsto, il modulo di polizza.

Prodotti di “puro rischio” (TCM, LTC, ecc)

Fascicolo informativo Fascicolo informativo DIP Vita

DIP aggiuntivo Vita

Condizioni di assicurazione, comprensive del glossario

modulo di proposta o, ove non previsto, il modulo di polizza.

Prodotti multirischio (PPI vita e/o danni)

Fascicolo informativo DIP Danni

Fascicolo informativo

DIP Danni (IPID)

DIP Vita

DIP aggiuntivo multirischio

Condizioni di assicurazione, comprensive del glossario

modulo di proposta o, ove non previsto, il modulo di polizza.

Documenti precontrattuali

Allegato 7A

Allegato 7B

Allegato 3

Allegato 4

Allegato 3

Allegato 4

In base al Regolamento IVASS n. 41/2018 (in vigore dal 1° gennaio 2018) tutti i manufacturer sono chiamati a

predisporre una nuova informativa precontrattuale per tutti i prodotti, attraverso la predisposizione di nuovi

documenti semplificati e standardizzati in sostituzione dei fascicoli informativi. Ciascun documento base (KID, DIP

Vita) viene affiancato, secondo le indicazioni dell’art. 185 CAP, da uno specifico documento informativo

precontrattuale “DIP aggiuntivo” destinato a raccogliere le informazioni integrative e complementari rispetto a

quelle contenute nei documenti di base, per una conoscenza più approfondita del prodotto e per guidare il cliente

verso una decisione informata su diritti e obblighi contrattuali. In esso, devono essere incluse anche le altre

informazioni, come quelle sui reclami o sulla legge applicabile al contratto previste da Solvency II che, seppur non

decisive per la scelta del prodotto, sono comunque di rilevante utilità per il consumatore. Il Regolamento IVASS

1 Prodotti di investimento assicurativi IBIPs sono i prodotti rivalutabili, unit linked, index linked, multiramo e le operazioni di capitalizzazione

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n. 41/2018 predispone i modelli standardizzati in sostituzione delle previgenti note informative: il DIP aggiuntivo

IBIP, il DIP aggiuntivo Vita; il DIP aggiuntivo Multirischi.

Per aumentare la comparabilità dei prodotti e rimarcare la natura integrativa del modello informativo aggiuntivo

rispetto al modello base, IVASS ha stabilito l’obbligo di riportare nel DIP aggiuntivo tutte le sezioni e rubriche

anche nel caso in cui una o più di esse siano destinate a rimanere vuote per mancanza di informazioni integrative

rispetto a quelle già riportate nelle omologhe rubriche del modello base.

Il DIP aggiuntivo IBIP è stato predisposto con la finalità di integrare le informazioni previste nel documento KID

per tutti i prodotti IBIPs, al contempo CONSOB ha eliminato il Prospetto d’offerta dei prodotti di ramo III e V e

quindi è stata definitivamente semplificata l’informativa precontrattuale dei prodotti IBIPs che oggi consiste

esclusivamente nel KID e nel relativo DIP aggiuntivo IBIP.

Secondo le indicazioni fornite dall'Istituto di vigilanza, le imprese di assicurazione devono predisporre un set

informativo che gli intermediari devono consegnare alla clientela prima della sottoscrizione di un contratto.

I documenti indicati nella tabella precedente costituiscono il set informativo e: a) sono individualmente numerati

in ogni pagina, con indicazione del numero totale delle pagine di ciascun documento (es: 1 di 6, 2 di 6,…) e, in

prima pagina, della data dell’ultimo aggiornamento dei dati in essi contenuti; b) sono contestualmente consegnati

al contraente, nell’ultima versione disponibile. Nel caso di contratti in cui sono abbinate più garanzie relative a

prodotti assicurativi vita diversi dai prodotti d’investimento assicurativi, è redatto un unico DIP Vita e un unico DIP

aggiuntivo Vita anche se le garanzie oggetto di abbinamento sono prestate da imprese differenti, oppure se il

prodotto è realizzato da più soggetti.

B) La proposta

La proposta è il documento con cui l’assicurando manifesta all’impresa assicuratrice la volontà di contrarre

assicurazione e quindi con il quale il contraente chiede alla società di assicurazione la stipulazione di un contratto.

La proposta deve indicare:

- le generalità del contraente, dell’assicurato e del beneficiario;

- le caratteristiche del contratto (tipo di tariffa, età, durata, somma assicurata, modalità di pagamento del premio

ecc.);

- quando è prevista una prestazione in caso di morte, le dichiarazioni dell'assicurando relative all’attività

professionale e agli hobbies e sports praticati e quelle sul suo stato di salute (e sui precedenti sanitari);

- le informazioni sul cliente finalizzate alla valutazione dell'adeguatezza del contratto.

Tale documento preliminare rappresenta la base su cui si costruisce il contratto di assicurazione sulla vita e farà

parte integrante dello stesso.

La proposta deve essere compilata dal contraente e come abbiamo visto conterrà tutte le informazioni che

consentono all’assicuratore di valutare il rischio e decidere se e a quali condizioni assumerlo.

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È pertanto fondamentale che le dichiarazioni rese dal contraente nella proposta siano veritiere e complete, in

quanto da esse dipende il consenso dell’assicuratore alla conclusione del contratto. L’eventuale scoperta di

dichiarazioni non veritiere può, come vedremo più avanti, consentire all’assicuratore di rifiutarsi di pagare la

somma assicurata.

Tra le informazioni raccolte nella proposta, particolare importanza assumono, la data di nascita della persona

assicurata e le risposte fornite tramite il questionario sanitario in essa contenuto.

L’età e un elemento basilare per il calcolo del premio di assicurazione. A questo proposito è opportuno sottolineare

che, in qualunque momento l’assicuratore dovesse verificare l’inesattezza dell’età dichiarata, provvederà a

rivedere tutte le prestazioni della polizza, proporzionandole al premio ricalcolato in base all’età corretta.

Essenziale per la valutazione del rischio nell’assicurazione sulla vita che contempli anche il rischio di morte è

anche la conoscenza delle condizioni di salute dell’assicurando. E per questo che, ove il contratto preveda il

pagamento di un capitale alla morte (polizza Temporanea Caso Morte, Vita Intera o Mista), è richiesta una visita

medica preventiva (le spese di questa visita saranno a carico della Compagnia). La visita medica consente di

accertare il reale stato di salute e quindi di valutare correttamente il rischio ed è sempre prevista quando l’età degli

assicurandi è avanzata (in genere oltre i 60 anni) e il capitale assicurato è elevato.

Allo scopo le imprese assicuratrici si avvalgono di un modulo denominato “Rapporto di visita medica” o

“Questionario sanitario” previsto quando debba essere garantita una prestazione assicurativa in caso di morte, la

cui prima parte è riservata alle dichiarazioni rese dall’assicurando al medico fiduciario incaricato sul suo stato di

salute attuale e pregresso (e sulla storia sanitaria della sua famiglia), nonché riguardo alla sua professione, alle

attività sportive / hobby praticati e ai suoi pregressi assicurativi; la seconda parte è destinata alle rilevazioni e alle

conclusioni dello stesso fiduciario a seguito della visita effettuata. La visita medica non esonera l’assicurando

dall’onere di rendere dichiarazioni veritiere e complete sul suo stato di salute, e i risultati della visita medica non

impediscono all’impresa assicuratrice di far valere l’annullabilità del contratto per eventuali situazioni preesistenti

non dichiarate o non rilevate dal medico.

Quando il capitale assicurato non sia di importo rilevante (i limiti vengono stabiliti dall’assicuratore) e la persona

fisica da assicurare non ha superato i 60 anni di età, l’assicuratore può limitarsi ad acquisire le informazion i sullo

state di salute relative alla prima parte, senza richiedere una visita medica. In questo caso però la piena validità

della polizza inizia dopo 6 mesi dalla sua stipula. Questo periodo in cui la copertura non è efficace è definito

periodo di carenza. Se il decesso dell’assicurato avviene durante il periodo di carenza, i beneficiari designati non

riceveranno il capitale assicurato, ma soltanto la restituzione dei premi netti pagati. In questo modo l’assicuratore

cerca di tutelarsi dal rischio di assicurare una persona già gravemente malata.

L’istituto della carenza si è modificato negli ultimi tempi a causa del peso sulle cause di decesso che è andata

assumendo la sindrome da immunodeficienza (AIDS). Le regole che, in genere, vengono seguite dagli assicuratori

vita relativamente all'AIDS prevedono: 5 anni di carenza quando non è prevista visita medica; 7 anni quando la

polizza prevede la visita medica obbligatoria e l’assicurato si rifiuti di sottoporsi al test di sieropositività.

Pertanto se l’assicurando vuole evitare il periodo di carenza e far decorrere la copertura con effetto immediato, lo

stesso dovrà sottoporsi alla visita medica da parte di un medico fiduciario della Compagnia.

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Quando gli esiti della visita medica rivelano uno stato di salute diverso da quello normale (e quindi una probabilità

di morte più elevata rispetto a quella teorica delle persone della stessa età ricavabile dalle tavole di mortalità

nazionali) si configura un rischio tarato. L’assicuratore può rifiutarsi di assumere il rischio o può decidere di

assumerlo a condizioni tariffarie diverse da quelle correnti, in genere chiedendo un “sovrappremio”.

L’assicurazione dei rischi tarati allarga notevolmente il campo d’azione delle imprese assicuratrici, ma la

determinazione della sopramortalità, per stabilire l’entità del sovrappremio, non è agevole per ogni singola

impresa, la quale difficilmente può farsi da sola una esperienza assuntiva abbastanza vasta. Le imprese operanti

in Italia hanno costituito quindi già nel 1927, prendendo come esempio analoghi istituti sorti all’estero, il Consorzio

Italiano per l’assicurazione dei Rischi Tarati (C.I.R.T.). Il sovrappremio è generalmente fissato dall’impresa in base

a dati ricavati dall’esperienza o da statistiche realizzate dal C.I.R.T.

I sovrappremi di più frequente applicazione sono i seguenti:

- sovrappremi sanitari - Se il rischio, sotto l’aspetto sanitario, presenta una probabilità di morte che eccede

quella prevista dalle tavole di mortalità nazionale, esso viene assunto dall’impresa con l’applicazione di un

aumento del premio;

- sovrappremi professionali - Esistono professioni in grado di aggravare profondamente il rischio con

conseguente antiselezione; per dette professioni, ben identificate in tariffa, l’impresa richiede un sovrapprem io

che varia in relazione alla pericolosità dell’attività esercitata. Per alcune professioni o sport praticati a livello

professionistico la proposta di assicurazione, a causa della gravità del rischio, può essere addirittura rifiutata;

questi rischi possono eventualmente essere presi in esame solo quando si tratti di assicurare un gruppo di

persone abbastanza numeroso, applicando adeguati aumenti di premio;

- sovrappremi per viaggi e soggiorni in paesi tropicali - Per assicurandi che dichiarano di essere in procinto di

intraprendere viaggi o soggiorni in paesi particolari a rischio guerra. L’impresa valuterà di volta in volta la

misura del sovrappremio da applicare per residenza e/o attività svolte in condizioni disagiate.

Il contratto di assicurazione sulla vita si perfeziona, e comincia quindi a produrre tutti i suoi effetti, nel momento in

cui il contraente ha ricevuto comunicazione dell'accettazione della proposta da parte dell'impresa di assicurazione.

proposta nei contratti individuali di assicurazioni sulla vita di cui ai rami I, II, III e V è revocabile (art. 176 del Codice

delle Assicurazioni). In caso di revoca le somme che siano state già pagate dal contraente devono essere restituite

entro 30 giorni dalla notifica della stessa.

Questa disposizione non si applica però ai contratti di durata pari od inferiore a sei mesi.

Il contraente può anche recedere dal contratto successivamente alla conclusione dello stesso: il recesso è

esercitabile entro 30 giorni dalla conclusione dello stesso.

L'impresa di assicurazione deve informare il contraente del diritto di recesso.

I termini e le modalità per l'esercizio dello stesso devono essere espressamente evidenziati nella proposta e nel

contratto di assicurazione. L'impresa di assicurazione, entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione relativa

al recesso, rimborsa al contraente il premio eventualmente corrisposto liberandolo da qualunque obbligazione

futura.

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Il rimborso sarà al netto della parte relativa al periodo per il quale il contratto ha avuto effetto, delle spese di

emissione e delle imposte. L'impresa di assicurazione ha però diritto al rimborso delle spese effettivamente

sostenute per l'emissione del contratto a condizione che siano individuate e quantificate nel fascicolo informativo,

nella proposta e nel contratto.

Il diritto di recesso è anche definito diritto di ripensamento in quanto consiste nella facoltà di riconsiderare la sua

decisione e chiedere all’assicuratore di liberarlo dall’impegno preso. Il diritto di recesso non si applica ai contratti

di durata pari od inferiore a sei mesi.

C) L’informativa in corso di contratto

Per i contraenti che investono in contratti unit linked, l’impresa invia al cliente una lettera di conferma

d’investimento dei premi, entro 10 giorni lavorativi dalla data di valorizzazione delle quote, l’ammontare del premio

di perfezionamento lordo versato e di quello investito, la data di decorrenza del contratto, il numero delle quote

attribuite, il loro valore unitario, nonché la data di valorizzazione. Per i contratti che convertono i premi in quote in

base alla data di ricevimento della proposta e/o di incasso del premio sono indicate anche le relative date.

Relativamente ai premi successivi, l’impresa comunica al contraente, entro 10 giorni lavorativi dalla data di

valorizzazione delle quote, l’ammontare del premio lordo versato e di quello investito, il numero delle quote

attribuite con il nuovo versamento, il loro valore unitario, nonché la data di valorizzazione. In caso di contratti a

premi ricorrenti secondo un piano predefinito di versamenti, l’impresa può trasmettere una lettera di conferma

cumulativa per i premi pagati in un semestre.

Per i prodotti IBIP e altri prodotti il DIP aggiuntivo Vita e il DIP aggiuntivo Multirischi contengono la descrizione di

tutte le opzioni esercitabili, con evidenza delle modalità di esercizio e dei relativi costi massimi. Se il prodotto

assicurativo prevede la possibilità di esercizio di opzioni alla data di scadenza del contratto o ad altra data prevista

nel contratto, almeno 30 giorni prima di tale data, l’impresa comunica al contraente le modalità di esercizio

dell’opzione, nonché le informazioni relative ai costi effettivi, alle condizioni, alle garanzie e al diverso regime

fiscale applicati a seguito dell’esercizio dell’opzione, ulteriori rispetto a quelle indicate nel DIP. Oltre alle citate

comunicazioni in caso di esercizio di opzioni contrattuali (Regolamento IVASS 41/2018, art. 17) sono previste altre

comunicazioni informative in corso di contratto come l’estratto conto annuale della posizione assicurativa in cui

l’impresa comunica al contraente, entro 60 giorni dalla chiusura di ogni anno solare o dalla data prevista

contrattualmente per la rivalutazione delle prestazioni, cumulo dei premi versati, valore della prestazione maturata,

importo dei riscatti parziali pagati.

Per le prestazioni dei contratti unit linked, l’impresa consegna al contraente, entro il 31 maggio di ogni anno, un

estratto conto annuale della posizione assicurativa contenente, almeno, le seguenti informazioni:

a) cumulo dei premi versati dal perfezionamento del contratto al 31 dicembre dell’anno precedente, numero e

controvalore delle quote assegnate al 31 dicembre dell’anno precedente;

b) dettaglio dei premi versati, di quelli investiti, del numero e del controvalore delle quote assegnate nell’anno di

riferimento;

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c) numero e controvalore delle quote trasferite e di quelle assegnate a seguito di operazioni di switch;

d) numero delle quote eventualmente trattenute nell’anno di riferimento per il premio relativo alle prestazioni legate

esclusivamente al verificarsi di eventi quali il decesso, incapacità dovuta a lesione, malattia o infermità, e per la

prestazione di una garanzia in termini di capitale o di rendimento;

e) numero e controvalore delle quote rimborsate a seguito di riscatto parziale nell’anno di riferimento;

f) importo dei costi e delle spese, incluso il costo della distribuzione, non legati al verificarsi di un rischio di mercato

sottostante, a carico dell’assicurato nell’anno di riferimento oppure, per i contratti direttamente collegati a OICR, il

numero delle quote trattenute per commissioni di gestione nell’anno di riferimento, con indicazione della parte

connessa al costo della distribuzione;

g) numero delle quote complessivamente assegnate e del relativo controvalore alla fine dell’anno di riferimento;

h) per i contratti con garanzie finanziarie, il valore della prestazione garantita.

Per le prestazioni dei contratti index linked, l’impresa consegna al contraente, entro sessanta giorni dalla chiusura

di ogni anno solare ovvero entro 60 giorni dalla data prevista per l’indicizzazione delle prestazioni assicurate, un

estratto conto annuale della posizione assicurativa contenente almeno le seguenti informazioni:

a) cumulo dei premi versati dal perfezionamento del contratto alla data di riferimento dell’estratto conto

precedente;

b) dettaglio dei premi versati e di quelli investiti nell’anno di riferimento;

c) dettaglio degli importi pagati agli aventi diritto nell’anno di riferimento (pagamenti periodici, riscatti parziali);

d) per i contratti con garanzie finanziarie, il valore della prestazione garantita.

Per le polizze che prevedono prestazioni a scadenza (compreso le polizze di investimento assicurativo – IBIP),

l’impresa comunica al contraente, almeno 30 giorni prima della scadenza del contratto, il termine di scadenza, la

documentazione da trasmettere per la liquidazione della prestazione e inoltre è inserita un’avvertenza sui termini

di prescrizione previsti dalla normativa vigente e sulle conseguenze in caso di omessa richiesta della liquidazione

della prestazione entro detti termini, anche avuto riguardo a quanto previsto in materia di rapporti dormienti

(polizze dormienti). Tale comunicazione è inviata anche al beneficiario se indicato in forma nominativa.

Per le opzioni contrattuali che non prevedono una data di scadenza o di esercizio e che determinano una

variazione del capitale garantito, almeno 3 giorni prima dell’esercizio dell’opzione, l’impresa comunica al

contraente le modalità di esercizio dell’opzione, nonché le informazioni relative ai relativi costi effettivi e alle

condizioni, alle garanzie e al diverso regime fiscale applicati a seguito dell’esercizio dell’opzione.

Tra le comunicazioni in corso di contratto (estratto conto, scadenza del contratto, prescrizione) si può annoverare

anche il documento informativo da consegnare al contraente nelle ipotesi di trasformazione del contratto IBIP,

anche nel caso in cui la trasformazione venga realizzata attraverso il riscatto del precedente contratto

(Regolamento IVASS 41/2018, art. 19). In tale ipotesi è prevista la consegna al contraente, almeno 7 giorni prima

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del riscatto o della sottoscrizione del nuovo contratto, del set informativo e dell’informativa specifica che aiuta il

contraente a confrontare i due prodotti oggetto dell’operazione contrattuale.

D) Le novità normative in termini di trasparenza delle polizze connesse ai mutui e ai

finanziamenti

Negli ultimi anni l’Istituto di vigilanza assicurativa è intervenuta più volte per disciplinare le caratteristiche e le

modalità di proposizione delle polizze abbinate ai mutui e ai finanziamenti.

Tali polizze sono in genere polizze a tutela della persona (temporanee caso morte, infortuni, malattia grave, ecc.)

che tutelano in quest’ultimo caso il mutuatario o i suoi eredi o il creditore (banca, società finanziaria) dal rischio

che il debitore o i suoi gli eredi non siano più in grado di pagare il debito residuo del finanziamento.

Oltre a costituire una garanzia, tali polizze hanno anche costituito per le banche e le società finanziarie

un’importante fonte di business, poiché sulle queste polizze le banche guadagnano in genere delle provvigioni

molte alte, di cui molto spesso il debitore non è a conoscenza.

Gli interventi dell’Istituto di vigilanza sui contratti di assicurazione connessi a mutui e ad altri finanziamenti

(operativi dal 1° dicembre 2010) possono riassumersi nei seguenti:

1. divieto per la banca o la società finanziaria di assumere contemporaneamente la qualifica di

beneficiario o vincolatario delle prestazioni assicurative e quella di intermediario del contratto stesso.

Tale disposizione, in vigore dal 02 aprile 2012, è stata dettata per rimuovere l’evidente conflitto di interessi

che si crea nel momento in cui la banca o la società finanziaria, che propongono la polizza vita, vengono ad

assumere il ruolo di intermediario e al tempo stesso quello di beneficiario della garanzia assicurativa. La

disposizione emanata dall’Istituto di vigilanza specifica che, nell’offerta e nell’esecuzione dei contratti di

assicurazione, le banche dovranno evitare di effettuare operazioni in cui hanno direttamente o indirettamente

un interesse in conflitto, anche derivanti da rapporti di gruppo o da rapporti di affari propri o di società del

gruppo. In ogni caso, le banche dovranno operare in modo da non danneggiare gli interessi dei contraenti. Le

banche sono chiamate se ricoprire il ruolo di intermediario o beneficiario delle prestazioni assicurative;

2. obbligatorietà a carico delle imprese assicurative di restituire la parte del premio non goduta nel caso

in cui il mutuo o finanziamento venga estinto o si effettua la portabilità presso un altro istituto di

credito.

Le polizze vita vengono infatti solitamente stipulate per una durata pari a quella del mutuo. Il premio

assicurativo può essere spalmato sulle rate o, più frequentemente, viene corrisposto un premio unico

anticipato. In caso di trasferimento ad un'altra banca o di estinzione anticipata del mutuo diventa difficile

ottenere il rimborso della quota di premio relativo al periodo di assicurazione non goduto. In alcuni casi inoltre

la nuova banca non “riconosce” la vecchia polizza e ne richiede un’altra stipulata con una Compagn ia

assicurativa convenzionata. Per rimuovere questi costi aggiuntivi e questi ostacoli alla portabilità, l’IVASS ha

previsto che se il mutuatario ha pagato un premio unico e decide di effettuare l’estinzione anticipata, la

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Compagnia è obbligata a restituire la parte di premio pagata relativo al periodo residuo rispetto alla scadenza

originaria del mutuo. Le imprese assicurative possono trattenere dall’importo dovuto soltanto le spese

amministrative effettivamente sostenute per l’emissione del contratto e per il rimborso del premio, a condizione

che le stesse siano indicate nella proposta, nella polizza ovvero nel modulo di adesione alla copertura

assicurativa. In alternativa, se il contraente sceglie la portabilità del mutuo o del finanziamento e non vuole

stipulare un’altra polizza assicurativa con un’altra Compagnia, può portare a scadenza il contratto già

stipulato, di conseguenza l’impresa assicurativa (del contratto in essere) deve semplicemente cambiare il

beneficiario (la nuova banca) su richiesta del contraente.

Tale disposizione definisce quindi in maniera chiara i principi di rimborso del premio unico in caso di estinzione

anticipata o di trasferimento e disciplina la richiesta di prosecuzione del contratto a favore di un nuovo

beneficiario, facilitando la portabilità e l’estinzione anticipata dei mutui e di altri finanziamenti;

3. nella documentazione informativa dei contratti di assicurazione connessi a mutui e ad altri

finanziamenti, l’impresa riporta tutti i costi a carico del soggetto debitore, con indicazione della quota

parte percepita in media dall’intermediario. La polizza, ovvero il modulo di adesione dei contratti collettivi,

dovranno ricondurre le informazioni alla specifica posizione contrattuale, riportando i costi effettivamente

sostenuti con evidenza dell’importo percepito dall’intermediario. Tale disposizione è stata dettata per colmare

le asimmetrie informative tra imprese, intermediari e debitori/assicurati mediante la trasparenza di costi e

provvigioni di intermediazione.

Nel corso del 2012 il Governo è intervenuto con ulteriori disposizioni in materia di contratti di assicurazione

connessi a mutui e ad altri contratti di finanziamento con il decreto-legge n. 179/2012, recante ulteriori misure

urgenti per la crescita del Paese, meglio noto come Decreto sviluppo bis prevedendo che nei contratti di

assicurazione connessi a mutui e ad altri contratti di finanziamento a premio unico, le imprese, nel caso di

estinzione anticipata o di trasferimento del mutuo o del finanziamento, restituiscono al debitore/assicurato la parte

di premio pagato relativo al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria, calcolata per il premio puro in

funzione degli anni e della frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura nonché del capitale assicurato

residuo. Le condizioni di assicurazione indicano i criteri e le modalità per la definizione del rimborso. Le imprese

possono trattenere dall’importo dovuto le spese amministrative effettivamente sostenute per l’emissione del

contratto e per il rimborso del premio, a condizione che le stesse siano indicate nella proposta di contratto, nella

polizza ovvero nel modulo di adesione alla copertura assicurativa. Tali spese non devono essere tali da costituire

un limite alla portabilità dei mutui/finanziamenti ovvero un onere ingiustificato in caso di rimborso. In alternativa a

quanto previsto, su richiesta del debitore/assicurato, le Compagnie possono fornire la copertura assicurativa fino

alla scadenza contrattuale a favore del nuovo beneficiario designato. Questa regola si applica a tutti i contratti,

compresi quelli commercializzati precedentemente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del

decreto.

Il decreto "liberalizzazioni" (D.L. 24 gennaio 2012, n.1, convertito nella legge 24 marzo 2012, n.27) prevede che

nel caso in cui le banche e gli altri intermediari finanziari condizionino l'erogazione di un mutuo immobiliare o

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di un credito al consumo alla stipulazione di un contratto di assicurazione sulla vita, devono sottoporre al

cliente almeno due preventivi di due differenti gruppi assicurativi non riconducibili alle banche e agli intermediari

finanziari che erogano il finanziamento, riconoscendo al cliente la possibilità di ricercare sul mercato una polizza

vita più conveniente che l'ente deve accettare senza variare le condizioni per l'erogazione del mutuo o del credito

al consumo.

Il consumatore può, quindi, confrontare la polizza vita proposta dalla banca o dall'intermediario finanziario con

quella di altre due compagnie e ha 10 giorni di tempo per ricercare autonomamente altre offerte e scegliere

liberamente sul mercato la copertura assicurativa più conveniente.

In attuazione del decreto, L’Istituto di vigilanza con il Regolamento n. 40 ha fissato i contenuti minimi della polizza

vita e ha definito uno standard di preventivo per consentire al consumatore di poter più facilmente confrontare i

prodotti.

L’Autorità di Vigilanza ha stabilito che la forma assicurativa prescelta è la temporanea per il caso di morte (TCM)

a capitale decrescente nei casi in cui il rimborso del mutuo immobiliare o del credito al consumo segua un piano

di ammortamento, oppure una TCM a capitale costante per il credito al consumo che non prevede un piano di

ammortamento predefinito (ad esempio per le carte di credito revolving). In ogni caso il cliente può stipulare una

polizza che preveda condizioni diverse e maggiormente rispondenti alle proprie esigenze, ad esempio un capitale

costante che offra agli eredi un surplus rispetto a quanto dovuto per l’estinzione del debito residuo.

Il contratto deve avere durata pari alla durata del mutuo immobiliare o del credito al consumo. Il diritto di recesso

deve essere riportato sul contratto e non potrà in nessun caso essere inferiore ai 30gg.

Il premio può essere pagato in unica soluzione o di un premio annuo, con la possibilità di rateazione ed indicazione

dell’ammontare dei costi che nel corso della durata contrattuale sono sostenuti dal cliente, con evidenza

dell’importo percepito dall’intermediario;

In fase assuntiva il contratto può prevedere modalità di verifica dello stato di salute del cliente: indicazione dei casi

in cui è richiesta la visita medica, con i relativi costi a carico dell’impresa e/o del cliente, e dei casi in cui

l’accertamento dello stato di salute dell’assicurato può avvenire tramite compilazione del questionario

anamnestico. In quest’ultimo caso è possibile prevedere un periodo di “carenza” non superiore a 90 giorni dalla

decorrenza della copertura assicurativa che si azzera in caso di visita medica, inoltre è prevista il pagamento

integrale della prestazione in caso di decesso durante la carenza dovuto ad infortunio, malattia infettiva acuta o

shock anafilattico;

Le prestazioni assicurative prevedono il pagamento, al verificarsi del decesso dell’assicurato prima della scadenza

del contratto, di un capitale assicurato pari o in linea rispetto al debito residuo del mutuo immobiliare o del credito

al consumo. La Compagnia può corrispondere le eventuali rate del mutuo immobiliare o del credito al consumo in

scadenza nel periodo che intercorre tra la comunicazione all’impresa del decesso dell’assicurato e la liquidazione

del capitale assicurato, con successivo conguaglio all’atto della liquidazione del capitale assicurato.

I beneficiari o i vincolatari vengono indicati dal cliente. La banca o l’intermediario finanziario possono essere

designati come beneficiari o vincolatari delle prestazioni assicurative solo qualora il contratto di assicurazione non

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sia intermediato dalla banca o dall’intermediario finanziario stesso o da soggetti ad essi legati da rapporti di gruppo

o da rapporti di affari propri o di società del gruppo.

Il contratto base deve prevedere tempi di liquidazione del capitale assicurato con un massimo di 30 giorni dal

ricevimento della documentazione completa.

In caso di estinzione anticipata o di trasferimento del mutuo immobiliare o del credito al consumo: nel caso di

pagamento di un premio unico, indicazione dell’obbligo per l’impresa, entro 30 giorni dal ricevimento della

comunicazione di avvenuta estinzione anticipata o di trasferimento del mutuo immobiliare o del credito al consumo,

di restituzione al cliente della parte di premio pagato relativo al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria

della polizza, secondo le modalità previste dal Regolamento ISVAP n. 35/2010. Su richiesta del cliente, la polizza

può proseguire fino alla scadenza contrattuale anche a favore di un nuovo beneficiario eventualmente designato.

Le Compagnie devono inviare al cliente, entro sessanta giorni dalla chiusura di ogni anno solare ovvero da ogni

ricorrenza annuale, una comunicazione che contiene informazioni sull’ammontare del capitale assicurato, gli

eventuali premi in scadenza ovvero in arretrato, con un’avvertenza sugli effetti derivanti dal mancato pagamento,

e il nominativo del/dei beneficiario/beneficiari o del/dei vincolatario/vincolatari.

A tali contenuti minimi le parti possono pattuire condizioni di assicurazione di maggior favore per il cliente.

I contenuti minimi del contratto enunciate in precedenza devono far parte di un preventivo secondo fac-simile

previsto nel Regolamento ISVAP n. 40 in modo da dare la possibilità al cliente di scegliere la polizza a lui più

conveniente. Lo stesso avrà un periodo minimo di 10gg lavorativi per poter valutare preventivi di altri concorrenti

ed in tale periodo non potranno essere variate le condizioni contrattuali offerte.

Inoltre, il Regolamento ISVAP n. 40 prevede che dal 1° settembre 2012 le imprese che commercializzano tali

prodotti devono mettere a disposizione sul proprio sito internet un servizio on line gratuito di preventivazione. Per

una maggiore visibilità delle offerte disponibili e per agevolare la ricerca della polizza più vantaggiosa è possibile

consultare sul sito dell’IVASS l'elenco delle imprese di assicurazione con la denominazione della relativa polizza

vita commercializzata. Bisogna verificare nell'elenco se la polizza offerta è una polizza vita individuale

sottoscrivibile liberamente da chiunque ovvero una polizza vita collettiva sottoscrivibile solo richiedendo il

finanziamento alla banca o alla finanziaria indicata nella polizza stessa.

IVASS con la lettera al mercato del 17 dicembre 2013 (prot. 51-13-000815) ha voluto chiarire che l’offerta dei

prodotti assicurativi a protezione del credito, da parte di compagnie assicurative e intermediari deve estrinsecarsi

nella verifica delle effettive necessità del consumatore al fine di evitare, tra l’altro, reclami e contenziosi

L’IVASS con l’art. 39 del Regolamento 41/2018 ha confermato che nelle polizze connesse a mutui e ad altri

finanziamenti il cui premio unico è sostenuto dal debitore/assicurato, l’impresa, in tutti i casi di estinzione anticipata

o di trasferimento del mutuo/finanziamento, anche parziale, restituisce al debitore/assicurato la parte di premio

pagato relativo al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria. In alternativa, su richiesta del

debitore/assicurato, fornisce la copertura assicurativa fino alla scadenza contrattuale a favore del nuovo

beneficiario designato.

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La parte di premio da restituire è calcolata:

a) per il premio puro, in funzione degli anni e frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura nonché

del capitale assicurato residuo;

b) per i caricamenti, in proporzione agli anni e frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura.

Le condizioni di assicurazione indicano i criteri e le modalità per la definizione del rimborso. L’impresa può

trattenere dall’importo da restituire le spese amministrative effettivamente sostenute per l’emissione del contratto

e per il rimborso del premio, a condizione che le stesse siano indicate nella proposta, nella polizza ovvero nel

modulo di adesione alla copertura assicurativa. Le spese amministrative e le commissioni percepite dal distributore

non devono essere tali da costituire un limite alla portabilità dei mutui/finanziamenti ovvero un onere ingiustificato

in caso di rimborso.

3. La fase contrattuale

Il procedimento di stipula dell’assicurazione si conclude con l’emissione della polizza.

Questa è il documento principale del contratto di assicurazione che ne attesta l’esistenza e la validità. Viene

redatto in tre esemplari e deve contenere tutti i dati principali del contratto: gli estremi del contraente,

dell’assicurato e dei beneficiari, la durata, l’entità del premio e del capitale (rendita) e tutte le condizioni contrattuali.

Distinguiamo le condizioni generali che regolano gli aspetti fondamentali del contratto di assicurazione sulla vita

e le condizioni particolari che determinano speciali estensioni o limitazioni di rischio o singole caratteristiche.

Le condizioni generali riproducono una parte delle disposizioni di legge applicabili e fissano i limiti del contratto e

tutte le prestazioni non previste dalla legge.

L’appendice è invece un documento collegato al contratto ed emesso successivamente a questo per modificarne

alcuni aspetti comunque concordati tra l’impresa di assicurazione ed il contraente.

Vi è infine la “Proposta-polizza” che è una proposta che, una volta sottoscritta dal contraente, produce gli effetti

del contratto definitivo.

Esamineremo ora le principali norme che regolano la polizza di assicurazione sulla vita sia in relazione alle

condizioni generali che in applicazione delle disposizioni di legge, prime fra tutti gli artt. 1919 - 1927 del Codice

Civile, che disciplinano le assicurazioni sulla vita.

Affronteremo la trattazione analizzando le norme in base alle principali figure giuridiche di un contratto di

assicurazione sulla vita, che sono il contraente, l’assicurato e il beneficiario.

Il contraente è colui che stipula la polizza, che è tenuto a pagare i premi e che ha la facoltà di esercitare tutti i

diritti propri del contratto (es. può esercitare il diritto di riscatto, designare e modificare il beneficiario, chiedere

prestiti sulla polizza ed esercitare il riscatto o la riduzione). Può essere una persona fisica o una persona giuridica.

L’assicurato è colui sulla cui vita è stipulata la polizza (come vedremo è necessario il suo assenso, se è diverso

dal contraente e la polizza vita è caso morte, può cambiare professione salvo il disposto dell’art. 1926 e se si

suicida si applica il disposto dell’art. 1927). È sempre una persona fisica in un’assicurazione sulla vita.

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Il beneficiario è colui che percepisce la prestazione assicurativa e che quindi riscuoterà il capitale o la rendita

assicurata (è designato dal contraente, in forma generica o nominativamente). La designazione può avvenire

all'accensione del contratto, in un secondo momento con comunicazione all'assicuratore, che è tenuto a farne

annotazione sulla polizza, oppure tramite testamento. Può essere una persona fisica o una persona giuridica.

Relativamente alle polizze vita, in estrema sintesi, potremo avere le tre seguenti combinazioni:

a) il contraente, assicurato e beneficiario possono essere la stessa persona (polizza Caso Vita a favore proprio);

b) il contraente e l’assicurato sono la stessa persona, il beneficiario un’altra (polizza Caso Morte sulla vita propria

o polizza Caso Vita a favore di terzi);

c) il contraente, l’assicurato e il beneficiario sono tre persone diverse (polizza Caso Morte sulla vita di terzi).

A) Le dichiarazioni del contraente e dell’assicurato

Il consenso dell’impresa alla stipulazione della polizza è basato sulle dichiarazioni rese dall’assicurato e dal

contraente nella proposta e negli altri eventuali documenti.

In caso di dichiarazioni inesatte o reticenti rese con dolo (volontà di agire in modo scorretto per godere di un

ingiusto profitto) o con colpa grave (con negligenza), per cui l’impresa non avrebbe dato il suo consenso o non lo

avrebbe dato alle medesime condizioni se avesse conosciuto il vero stato delle cose, l’impresa stessa ha diritto:

a) di annullare il contratto entro tre mesi dal giorno in cui è venuto a conoscenza dell’inesattezza o della reticenza,

con diritto di percepire i premi relativi al periodo di assicurazione in corso e, in ogni caso, il premio del primo anno;

b) di rifiutare qualsiasi pagamento in caso di sinistro avvenuto prima o nei 3 mesi successivi alla scoperta delle

inesatte dichiarazioni o reticenze.

Un tipico esempio è costituito dal caso in cui l’assicurato non rilascia notizie su malattie preesistenti.

Quando invece non esiste malafede o colpa grave l’impresa ha diritto di recedere dal contratto con dichiarazione

da farsi entro tre mesi dal giorno in cui essa ha conosciuto l’inesattezza o la reticenza. Se nel frattempo si verifica

il sinistro (e quindi prima che sia venuto a conoscenza della inesattezza o della reticenza della dichiarazione o

prima che abbia dichiarato di recedere dal contratto), la somma dovuta viene ridotta in proporzione alla differenza

fra il premio convenuto e quello che sarebbe stato dovuto in base al reale stato del rischio.

Le imprese di solito non si avvalgono del diritto loro conferito dall’art. 1893 del Codice Civile, e cioè quando non

vi è dolo o colpa grave nelle dichiarazioni inesattamente rese o nelle reticenze, e rinunciano al recesso quando la

polizza sia stata in vigore per un periodo di almeno 6 mesi. La clausola di incontestabilità prevede infatti che,

decorso un termine solitamente di 6 mesi, il contratto non può venire impugnato per violazione dell’onere di

dichiarazione, con l’eccezione del dolo e della colpa. Trascorso questo periodo quindi la polizza diventa

incontestabile, sollevando così l’assicurato in buona fede da ogni pericolo di impugnativa futura e rendendo sicuro

l’atto di previdenza connesso alla stipula di un’assicurazione sulla vita.

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B) Il premio

La polizza entra in vigore dalle ore 24 del giorno della sottoscrizione, a condizione che sia stato pagato il primo

premio. In questo caso la polizza si definisce perfezionata.

In base all’art. 1924 del Codice Civile e diversamente previsto per le polizze dei rami danni il contraente di una

polizza vita è tenuto a pagare la sola prima annualità di premio.

Se il contraente non paga il premio relativo al primo anno, l'assicuratore, se lo ritiene opportuno, può agire

legalmente per ottenere il pagamento entro 6 mesi decorrenti dal giorno in cui il premio o la rata di premio sono

scaduti. Se non agisce entro questo termine il suo diritto decade e il contratto viene risolto.

Se il contraente non paga i premi relativi agli anni successivi nel termine di tolleranza previsto dalla polizza o, in

mancanza, nel termine di 20 giorni dalla scadenza, il contratto è risolto di diritto e i premi corrisposti rimangono

acquisiti dall’assicuratore, salvo che sussistono i presupposti per la richiesta della riduzione o del riscatto (e cioè

che siano state pagate tre annualità di premio).

Distinguiamo 3 diverse modalità di pagamento dei premi:

- premio annuo o periodico;

- premio unico;

- premio unico ricorrente.

Nel caso premio annuo o periodico il contraente si impegna a pagare una somma di denaro per un determinato

numero di anni. Il premio annuo è la soluzione ideale per i piani di investimento ad accumulo di lunga durata

perché consente di diluire nel tempo l’impegno economico che la realizzazione del piano comporta.

Il premio annuo può essere frazionato in più rate con maggiorazione di costo (interessi di frazionamento), che

devono essere indicati nella nota informativa. Si tratta di una facilitazione nel pagamento del premio nei casi in cui

gli assicurati non dispongano, alla scadenza annuale, dell’intero importo della rata o, come spesso accade, siano

dipendenti di aziende che hanno stipulato accordi o convenzioni con una Compagnia, tuttavia non ha senso per

le polizze che prevedono una resa finanziaria del contratto, perché le addizionali di frazionamento previste

andrebbero a vanificare il rendimento che matura sulla polizza. Va precisato che il premio resta comunque

indivisibile e, indipendentemente dal fatto che sia frazionato o meno, è dovuto integralmente per ciascun periodo

di assicurazione.

Il premio annuo può essere inoltre costante o rivalutabile.

Il premio costante rimane invariato per tutta la durata contrattuale. La soluzione del premio costante ha il pregio

di permettere di sapere sempre l’impegno economico da sopportare ad ogni scadenza, ma in contrapposizione

ha lo svantaggio di immettere, nel fondo a gestione separata, un importo che, anno dopo anno, perde potere

d’acquisto.

Il premio rivalutabile invece cresce di anno in anno di una percentuale uguale a quella della rivalutazione del fondo

a gestione separata nel quale vengono investiti i premi. La rivalutazione dei premi offre una maggiore tutela nei

confronti dell’inflazione, permettendo di conservare il potere d’acquisto del denaro investito. Nelle polizze a premi

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rivalutabili il contraente ha facoltà di limitare o rifiutare la rivalutazione del premio nel corso della vita del contratto

qualora questa crescesse in modo non più sostenibile.

Nel caso del premio unico il contraente si impegna a pagare una somma di denaro in un’unica soluzione

contestualmente alla sottoscrizione del contratto. Generalmente si adotta questa soluzione quando si ha a

disposizione un capitale consistente. Il vantaggio di questa forma di pagamento consiste nel fatto che il denaro

versato confluisce, da subito, nella gestione del fondo, massimizzando così i risultati che si possono ottenere.

Nel caso del premio unico ricorrente il contraente pattuisce il pagamento di una serie di premi unici a una

determinata ricorrenza. Pur essendo fissata questa ricorrenza per il pagamento, questo avviene solo se il

contraente lo vuole.

Per quanto riguarda i mezzi di pagamento del premio, questo può essere generalmente pagato con diverse

modalità: assegno, bonifico, RID bancario, conto corrente postale, etc. Nel caso in cui sia previsto un particolare

mezzo di pagamento, l’impresa di assicurazione è tenuta a specificarlo nella nota informativa.

Ricordiamo che in base al Reg. ISVAP n. 5/2006 (art. 43 comma 3) agli intermediari è fatto divieto di ricevere

denaro contante a titolo di pagamento di premi relativi a contratti di assicurazione sulla vita.

La quietanza è la prova di avvenuto pagamento del premio. Può ad esempio essere costituita dalla ricevuta

rilasciata su carta intestata dell’impresa di assicurazione o dall’estratto di conto corrente bancario comprovante

l’accredito all’impresa di assicurazione (RID bancario) od anche dalla ricevuta del pagamento in conto corrente

postale. La quietanza deve sempre essere rilasciata in caso di pagamento con assegno bancario.

C) L’assenso dell’assicurato

In base all’art. 1919 del Codice Civile, l’assicurazione può essere stipulata sulla vita propria o su quella di un terzo.

Quando l’assicurazione è contratta sulla morte di un terzo, questa non è valida se quest’ultimo o il suo legale

rappresentante non dà il consenso scritto alla conclusione del contratto. L’assenso in quanto autorizzazione deve

essere preventivo (quello successivo alla stipulazione non sana il contratto) e una volta dato non è revocabile.

Se l’assenso manca o non è valido, il contratto è nullo e i premi devono essere restituiti dall’origine.

Va specificato che l’assenso non è necessario in caso di assicurazione per il caso di sopravvivenza di un terzo.

D) L’aggravamento del rischio e il cambiamento di professione dell’assicurato

La rappresentazione del rischio in sede di conclusione del contratto è essenziale ai fini della classificazione dello

stesso e dell’applicazione delle relative condizioni sotto l’aspetto tariffario.

L’aggravamento del rischio in corso di contratto nel caso delle assicurazioni vita è determinato in funzione del

lavoro svolto dall’assicurato, del tipo di sport praticato e delle condizioni di salute. È norma seguita da tutte le

imprese rinunciare alle disposizioni previste dall’art. 1898 del Codice Civile e prevedere, a beneficio

dell’assicurato, che la polizza sia libera da ogni restrizione per quanto riguarda il cambiamento di residenza o della

professione, per i soggiorni in qualsiasi luogo del mondo e per i viaggi che l’assicurato possa compiere con

qualsiasi mezzo, ivi compresi quelli effettuati per via aerea, purché in qualità di passeggero su voli di linea. Al

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momento della conclusione del contratto è importante stabilire il maggior rischio sopportato dalla Compagnia,

perché se l’aggravamento avviene in corso di durata contrattuale non è possibile più fare alcuna eccezione, tranne

il caso in cui la polizza sia riattivata, perché nel caso specifico la Compagnia si può rifiutare. L’aggravamento del

rischio può comportare in questo caso il pagamento di un sovrappremio.

Qualora vi sia la sopraindicata previsione contrattuale, saranno valide tutte le disposizioni dell’art. 1898. In più il

Codice Civile prevede per le assicurazioni vita una disposizione specifica per un particolare caso di aggravamento

del rischio e cioè il cambiamento di professione dell’assicurato.

L’art. 1926 del Codice Civile prevede che il cambiamento di professione o di attività dell’assicurato non sia causa

di cessazione dell’assicurazione qualora il rischio non venga aggravato in modo tale che, al momento della

stipulazione, l’assicuratore non lo avrebbe accettato il rischio o lo avrebbe accettato a condizioni diverse.

Qualora i cambiamenti siano di natura tale che, se il nuovo stato di cose fosse esistito al tempo del contratto,

l'assicuratore avrebbe consentito l'assicurazione per un premio più elevato, il pagamento della somma assicurata

è ridotto in proporzione del minor premio convenuto in confronto di quello che sarebbe stato stabilito.

Se l'assicurato dà notizia dei suddetti cambiamenti all'assicuratore, questi, entro 15 giorni, deve dichiarare se

intende far cessare gli effetti del contratto ovvero ridurre la somma assicurata o elevare il premio.

A questo punto, se l'assicuratore dichiara di voler modificare il contratto in uno dei tre sensi suindicati, l'assicurato,

entro 15 giorni successivi, deve dichiarare se intende accettare la proposta.

Se l'assicurato dichiara di non accettare, il contratto è risolto, salvo il diritto dell'assicuratore al premio relativo al

periodo di assicurazione in corso e salvo il diritto dell'assicurato al riscatto. Il silenzio dell'assicurato vale come

adesione alla proposta dell'assicuratore.

E) Il suicidio dell’assicurato

Nelle assicurazioni che prevedono il caso morte è contemplato anche il suicidio. In base all’art. 1927 del Codice

Civile l'assicuratore non è tenuto al pagamento delle somme assicurate se il suicidio dell'assicurato avviene prima

che siano decorsi 2 anni dalla stipula del contratto. È ammesso il patto contrario inteso a prolungare o abbreviare

questo termine.

In questo articolo c’è un’attenuazione del principio previsto dall’art. 1900 che esclude dall’assicurazione i fatti

dolosi (e il suicido essendo un fatto puramente intenzionale rientra tra i fatti dolosi).

L’art 1927 aggiunge che l'assicuratore non è nemmeno obbligato se, essendovi stata sospensione del contratto

per mancato pagamento dei premi, non sono decorsi 2 anni dal giorno in cui la sospensione e cessata.

Questo periodo di carenza di 2 anni viene adottato dalle Compagnie per evitare di assicurare persone che già

meditino di togliersi la vita. È ragionevole infatti pensare che qualcuno non premediti un atto così estremo con 2

anni di anticipo.

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F) Il rischio di guerra

Le condizioni generali delle polizze prevedono la copertura del rischio di guerra alle condizioni che saranno

stabilite, in caso di ostilità, dal Ministero competente. Questa clausola, quindi, garantisce la continuità del contratto

anche quando vi è in corso una guerra, sempre che l’assicurato provveda a pagare gli aumenti di premio che lo

Stato fisserà in relazione all’aggravamento derivante da un conflitto in atto. E assai difficile oggi supporre a quali

condizioni lo Stato proporrebbe la copertura del rischio guerra, considerata la possibilità di uso di armi atomiche,

chimiche, in altre parole armi non convenzionali.

G) Le esclusioni di polizza

Nelle assicurazioni che prevedono il caso di morte è escluso dalla garanzia anche il decesso causato da:

- dolo del contraente o del beneficiario;

- partecipazione attiva dell’assicurato a delitti dolosi;

- partecipazione attiva dell’assicurato a fatti di guerra salvo da obblighi verso lo Stato Italiano;

- incidente di volo su aerei non di linea, non autorizzati o con pilota non munito di brevetto e sempre se

l’assicurato è membro dell’equipaggio.

H) La designazione, la revoca e i diritti del beneficiario

In base all’art. 1920 del Codice Civile, l'assicurazione può essere stipulata a favore di un terzo (beneficiario). In

questo caso il contraente destina le prestazioni della polizza non a sé stesso, ma ad un terzo non titolare

dell’interesse assicurato.

Valgono le regole previsto dal Codice Civile in generale per i contratti a favore di terzi che di seguito enunciamo.

È valida la stipulazione a favore di un terzo, qualora lo stipulante vi abbia interesse. Salvo patto contrario, il terzo

acquista il diritto contro il promittente per effetto della stipulazione. Questa però può essere revocata o modificata

dallo stipulante, finché il terzo non abbia dichiarato, anche in confronto del promittente, di volerne profittare. In

caso di revoca della stipulazione o di rifiuto del terzo di profittarne, la prestazione rimane a beneficio dello

stipulante, salvo che diversamente risulti dalla volontà delle parti o dalla natura del contratto. Se la prestazione

deve essere fatta al terzo dopo la morte dello stipulante, questi può revocare il beneficio anche con una

disposizione testamentaria e quantunque il terzo abbia dichiarato di volerne profittare, salvo che, in quest’ultimo

caso, lo stipulante abbia rinunciato per iscritto al potere di revoca. La prestazione deve essere eseguita a favore

degli eredi del terzo se questi premuore allo stipulante, purché il beneficio non sia stato revocato o lo stipulante

non abbia disposto diversamente. Il promittente può opporre al terzo le eccezioni fondate sul contratto dal quale

il terzo deriva il suo diritto, ma non quelle fondate su altri rapporti tra promittente e stipulante.

In linea con tutte queste disposizioni generali l’art. 1920 del Codice Civile, con particolare riferimento

all’assicurazione a favore di un terzo, prevede che la designazione del beneficiario da parte del contraente deve

avvenire per iscritto durante la stipula (mediante annotazione di apposita clausola in polizza detta “clausola

beneficiaria”) o con successiva dichiarazione comunicata all’assicuratore o per testamento.

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La modificazione o la revoca dovranno essere fatte con le stesse modalità della prima designazione, cioè per

iscritto all’assicurazione o con disposizione testamentaria.

Per questo motivo è molto importante che l’assicuratore prenda visione del testamento del contraente prima di

pagare il capitale o la rendita assicurata al beneficiario.

Il beneficiario infine può essere determinato nominativamente o genericamente (es. gli eredi legittimi o

testamentari, in questo caso la ripartizione viene fatta in parti uguali senza seguire le regole di successione

previste dal Codice Civile).

In base all’art. 1921, la designazione del beneficiario è revocabile. La revoca non può tuttavia farsi dagli eredi

dopo la morte del contraente, né dopo che, verificatosi l'evento, il beneficiario abbia dichiarato di voler profittare

del beneficio.

Il beneficio diventa irrevocabile se il contraente ha rinunciato per iscritto al potere di revoca e il beneficiario ha

dichiarato al contraente di voler approfittare del beneficio (cd. beneficio accettato). La rinuncia del contraente e la

dichiarazione del beneficiario devono essere comunicate per iscritto all'assicuratore (in modo che lo stesso sappia

a chi rivolgersi per poter assolvere la sua obbligazione).

Quando il beneficio è accettato, il contraente non solo non può generalmente revocarlo, ma non può neanche

riscattare la polizza, né chiedere prestito sulla stessa senza il consenso del beneficiario.

La designazione accettata e irrevocabile decade qualora il beneficiario attenti alla vita dell'assicurato.

Se la designazione è stata fatta a titolo di liberalità (cioè a scopo di favorire una persona), essa può essere

ugualmente revocata nei casi previsti per la revoca delle donazioni come ad esempio la sopravvenienza di figli o

l’ingratitudine del beneficiario (che si ha quando questo uccide o tenta di uccidere il designante, lo ingiuria

gravemente, gli arreca grave pregiudizio al patrimonio o gli rifiuta gli alimenti dovuti). La domanda di revocazione

per causa d'ingratitudine deve essere proposta dal donante o dai suoi eredi, contro il donatario o i suoi eredi, entro

l'anno dal giorno in cui il donante è venuto a conoscenza del fatto che consente la revocazione.

Il terzo per effetto della designazione, acquista un diritto proprio ai vantaggi dell'assicurazione e non

semplicemente un’aspettativa alla prestazione dell’assicuratore e pertanto può disporne. In base all’art. 1412 del

Codice Civile, se il beneficiario muore prima dell’assicurato, e non vi sia modifica del beneficio, la prestazione

deve essere eseguita a favore degli eredi del beneficiario, seguendo le regole della successione.

Al verificarsi dell’evento assicurato avranno azione nei confronti dell’assicuratore per richiederne la prestazione

non soltanto il terzo beneficiario, ma anche il contraente e gli aventi causa (e cioè le persone a cui è stato trasferito

un diritto dal precedente beneficiario).

A norma dell’art. 1923 del Codice Civile, le somme dovute dall'assicuratore al contraente o al beneficiario non

possono essere sottoposte ad azione esecutiva (ovvero di pignoramento) né ad azione cautelare (art. 670 c.p.c.)

e quindi nemmeno a sequestro.

Sono salve, rispetto ai premi pagati, le disposizioni relative alla revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei

creditori. I creditori possono quindi esercitare sui premi pagati l’azione revocatoria fallimentare o ordinaria, e quelle

relative alla collazione, all'imputazione e alla riduzione delle donazioni. Questa norma vuole tutelare gli eredi

quando l’assicurazione è stipulata a favore di terzi “donandi causa” (cioè allo scopo di fare ad un terzo una specie

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di dono), ma riguarderà soltanto i premi pagati (che costituiscono l’oggetto della liberalità uscito dal patrimonio del

contraente) e non il capitale assicurato.

Ivass con la lettera al mercato del 17 novembre 2015 (Prot. n. 0189424/15) richiama l’attenzione delle imprese

sull’importanza di adottare le idonee iniziative volte a recepire le indicazioni riportate nella sentenza n. 17024 del

20 agosto 2015 della Corte di Cassazione, la quale ha riconosciuto come vessatorie una serie di previsioni

contrattuali presenti in una polizza di assicurazione sulla vita, aventi ad oggetto gli oneri posti in capo al beneficiario

per ottenere la liquidazione del capitale in caso di morte dell’assicurato.

In particolare, la sentenza ha considerato vessatorie tipiche, e quindi nulle, ai sensi dell’art. 33, comma 2, lettera

q, del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, le clausole riportate nella tabella seguente in quanto subordinano il

pagamento dell’indennizzo ad adempimenti eccessivamente onerosi da parte del beneficiario.

Clausole vessatorie tipiche Motivazioni individuate dalla Corte di Cassazione

a) sottoscrivere una domanda su apposito modulo predisposto dall’assicuratore, e per di più farlo presso l’agenzia di competenza;

a) contrasta con il principio di libertà delle forme nella materia delle obbligazioni la previsione per cui il beneficiario deve formulare domanda di indennizzo su un modulo predisposto dall’assicuratore e con quello di libertà personale e di movimento del beneficiario il doversi recare presso l’agenzia di competenza;

b) produrre una relazione medica sulle cause della morte, scritta da un medico su un modulo predisposto dall’assicuratore;

la richiesta di produrre una relazione medica sulla morte dell’assicurato pone un rilevante onere economico a carico del beneficiario e, ancor più grave, gli trasferisce l’onere di documentare le cause del sinistro, onere che per legge non ha. La Corte ricorda che nelle assicurazioni sulla vita il beneficiario ha il solo onere di provare l’avverarsi del rischio e, quindi, la morte della persona sulla cui vita è stata stipulata l’assicurazione;

c) produrre una dichiarazione del medico autore della relazione di cui sopra, nella quale questi attesti di avere “personalmente curato le risposte”;

d) produrre, a semplice richiesta dell’assicuratore, le cartelle cliniche relative ai ricoveri subiti dall’assicurato;

la possibilità, a semplice richiesta, che il beneficiario debba fornire le cartelle cliniche relative ai ricoveri della persona deceduta non è soggetta a limiti temporali, è di “sconfinata latitudine” e pone a carico del beneficiario le spese di estrazione delle relative copie, nonché l’onere di contrastare il possibile rifiuto delle strutture sanitarie giustificato dalla tutela della riservatezza;

e) produrre un atto notorio “riguardante lo stato successorio” dell’assicurato deceduto;

la necessità di produrre un atto notorio riguardante lo “stato successorio” del deceduto è inutile dal momento che il beneficiario acquista il diritto all’indennizzo jure proprio e non a titolo ereditario;

f) produrre l’originale della polizza. il dover produrre l’originale della polizza è previsione inutilmente gravosa dal momento che di essa l’assicuratore è già necessariamente in possesso (art. 1888 c.c.).

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In particolare IVASS raccomanda alle imprese di adottare idonee iniziative nella redazione delle clausole dei nuovi

contratti di assicurazione sulla vita e nella gestione delle richieste di indennizzo relative a contratti già stipulati che

dovessero contenere clausole analoghe a quelle oggetto di censura.

Per limitare l’incidenza e la numerosità delle polizze dormienti l’art. 11 del Regolamento IVASS n. 41/2018 prevede

che il modulo di proposta o il contratto assicurativo di una polizza individuale e/o collettiva sia redatto in modo da

favorire l’acquisizione in sede di stipula dei nuovi contratti della designazione del beneficiario in forma nominativa,

salva espressa diversa volontà del contraente. A tal fine, la proposta:

a) contiene lo spazio per l’indicazione dei dati anagrafici del beneficiario, incluso il codice fiscale e/o la partita IVA

italiani o esteri, e dei relativi recapiti anche di posta elettronica;

b) contiene le avvertenze, realizzate con caratteristiche grafiche di particolare evidenza, che, in caso di mancata

compilazione dello spazio di cui alla lettera a), l’impresa potrà incontrare, al decesso dell’assicurato, maggiori

difficoltà nell’identificazione e nella ricerca dei beneficiari o e che la modifica o revoca di quest’ultimo deve essere

comunicata all’impresa;

c) contiene lo spazio per indicare, nel caso in cui il contraente manifesti esigenze specifiche di riservatezza, i dati

necessari per l’identificazione di un referente terzo, diverso dal beneficiario, a cui l’impresa potrà far riferimento in

caso di decesso dell’assicurato;

d) contiene l’opzione per escludere l’invio di comunicazioni al beneficiario, se indicato in forma nominativa, prima

dell’evento.

I) L'insequestrabilità e l'impignorabilità delle somme assicurate

L’art. 1923 del Codice Civile dispone che le somme dovute dall’assicuratore all’assicurato o al beneficiario non

sono soggette ad azione esecutiva o cautelare e quindi sono insequestrabili e impignorabili. L’intangibilità delle

somme dovute dall’assicuratore riguarda ogni specie di assicurazione sulla vita, sia questa a favore proprio o a

favore altrui. Non possono così esperire azioni esecutive o cautelari sulle somme dovute dall’assicuratore né i

creditori dell’assicurato né i creditori del beneficiario. Sono da escludere le azioni dei creditori del contraente sulle

somme dovute al beneficiario, oltre che per disposizione dell’art. 1923, per il principio proprio dell’assicurazione a

favore di terzi, secondo il quale la prestazione dell’assicuratore è acquisita dal beneficiario in modo autonomo

rispetto al patrimonio del contraente, salvo il caso di revocatoria, limitata ai premi.

In caso di premorienza dell’assicurato o del beneficiario, l’intangibilità opera nei confronti degli eredi o aventi

causa, per essere il diritto all’indennità “iure proprio” e non derivante da successione.

Il secondo comma dell’art. 1923 precisa che sono salve, rispetto ai premi pagati, le disposizioni relative alla

revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori (artt. 2901 e seguenti) e quelle relative alla collazione

(art. 737 e seguenti), all'imputazione (art. 747) e alla riduzione (artt. 555 e seguenti) delle donazioni.

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L) Il recesso, la riduzione, il riscatto, e le altre operazioni consentite in corso di contratto

Il contraente, può avvalersi dei diritti di riduzione e di riscatto della polizza, purché sia trascorso un periodo minimo

di tempo dalla data di stipula del contratto, considerato sufficiente ai fini della costituzione della relativa riserva

matematica che in genere è di 3 anni.

Nel primo anno la Compagnia anticipa la provvigione di acquisto al produttore, per cui dopo il primo anno e il

pagamento del primo premio, la riserva matematica di una polizza è nulla. La provvigione che la Compagnia ha

dovuto corrispondere al produttore è spesso così alta che anche la riserva matematica del 2° anno viene erosa.

Decorsi 3 anni c’è invece sempre una riserva matematica.

Dopo la data di scadenza stabilita per il pagamento del premio, il contraente ha 20 giorni di tempo entro cui deve

provvedere al pagamento e durante i quali le garanzie assicurative mantengono la loro piena validità ed efficacia.

Se allo scadere di questo periodo il premio non è stato ancora pagato, nella presunzione che la sospensione del

pagamento dei premi da parte del contraente sia definitiva, le condizioni di polizza prevedono che il contratto resti

in essere fino alla scadenza, ma con prestazioni ridotte rispetto a quelle previste inizialmente (ciò solitamente a

condizione che siano state pagate almeno 3 annualità di premio).

La riduzione è l’operazione che consiste nel sospendere definitivamente il pagamento dei premi di un contratto

di assicurazione sulla vita, mantenendolo però in vita fino alla scadenza, ma con prestazioni ridotte rispetto a

quelle inizialmente previste.

Il contraente pertanto nella riduzione rimarrà assicurato ma per un capitale inferiore rispetto a quello previsto in

funzione dei minori premi versati rispetto a quelli che erano stabiliti all’inizio.

Resteranno ferme la scadenza del contratto e le modalità relative alle prestazioni.

Il valore di riduzione o capitale ridotto si calcola applicando al capitale assicurato la proporzione tra i premi

effettivamente pagati e quelli inizialmente stabiliti dal contratto. Questo valore è tanto più basso rispetto alle

prestazioni originariamente calcolate, quanto maggiore è il tempo restante alla scadenza del contratto.

Matematicamente la riserva matematica viene utilizzata come premio unico per l’accensione di un nuovo contratto

della stessa forma, ma calcolato in base all’età raggiunta dall’assicurato e per la durata residua del contratto.

La riduzione non è concessa nelle assicurazioni temporanee caso morte dove la riserva matematica è minima.

Nel caso del riscatto il contraente chiede la risoluzione anticipata della polizza e il versamento immediato della

riserva matematica maturata fino a quel momento. Il contratto in questo caso si annulla e viene rimborsata la

riserva matematica al netto dei caricamenti (che possono essere consistenti soprattutto nei primi anni di vita del

contratto).

In genere, per i contratti a premio annuo, il riscatto così come la riduzione è consentito dopo il pagamento di

almeno 3 annualità di premio, mentre per quelli a premio unico o ricorrente il riscatto può essere richiesto dopo

un anno dalla decorrenza del contratto. Nelle condizioni di polizza può anche essere prevista la possibilità di

chiedere riscatti parziali.

I valori di riscatto e di riduzione devono essere riportati a cura dell’assicuratore sul prospetto informativo che deve

essere consegnato al contraente.

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Il contraente può inoltre, chiedere a quanto ammonti il valore di riscatto rivolgendosi alla rete di vendita della

Compagnia o direttamente all'impresa, la quale è tenuta a rispondere a tale richiesta.

Il valore di riscatto si calcola scontando il capitale per numero di anni intercorrente tra il momento del riscatto e la

data di scadenza del contratto.

Il valore di riscatto sarà pertanto inversamente proporzionale al tempo restante per la scadenza del contratto.

Non si darà luogo a riscatto per le polizze temporanee caso morte e per le polizze caso vita solo per le forme con

controassicurazione, che permette la restituzione dei premi pagati.

Altre operazioni consentite in corso di contratto sono:

- la sospensione della polizza. Se è prevista questa possibilità in polizza, il contraente può decidere di

interrompere temporaneamente il pagamento dei premi. La Compagnia in questo caso rinuncerà alla

risoluzione di diritto del contratto prevista dal Codice Civile;

- la riattivazione, in cui il contraente decide di riattivare una polizza sospesa per mancato pagamento dei premi

e di ripristinarla nella forma originariamente pattuita. Questa facoltà concessa al contraente, che ha sospeso

i pagamenti, di riprendere il versamento può essere esercitata, una volta trascorsi i 20 (o 30 giorni) dalla

scadenza, entro i 6 mesi successivi. In questo caso l’assicuratore è tenuto a concedere la riattivazione senza

condizioni. Oltre i 6 mesi la riattivazione è subordinata ad una esplicita accettazione della Compagnia,

l’assicuratore può anche rifiutarsi di riattivare il contratto o può dettare nuove condizioni tariffarie e normative

o chiedere all’assicurato di sottoporsi ad una nuova visita medica.

La riattivazione si concede facendo pagare i premi in arretrato rimasti insoluti e gli interessi di mora.

Normalmente tutte le carenze iniziali vengono ripetute per uno stesso periodo all’atto della riattivazione.

Per le polizze Caso Morte il termine entro cui il contraente può chiedere la riattivazione è portato a 24 mesi.

Resta, comunque, ferma la regola che trascorsi 6 mesi dal mancato pagamento vigono le norme di cui sopra.

Va notato che attualmente le Compagnie limitano la possibilità di riattivazione a 1 anno per le polizze

rivalutabili e 2 anni per quelle tradizionali;

- la trasformazione, che riguarda il passaggio da una forma di assicurazione ad un’altra, ma può operarsi

anche sul capitale assicurato o sulla durata del contratto. In questo caso al momento della richiesta della

trasformazione, si confronta la riserva matematica della polizza da riscattare con la riserva che dovrebbe avere

la nuova polizza. Per questa operazione viene utilizzato il cosiddetto tasso d’inventario che è pari al tasso di

tariffa meno i caricamenti d’acquisto in modo da evitare il riconoscimento di un altro compenso oltre quello

iniziale all’intermediario. Se la differenza è negativa, si potrà chiedere una riduzione del capitale assicurato o

il prolungamento della durata o il versamento della differenza, al contrario se positiva, si potrà chiedere un

aumento del capitale assicurato o una diminuzione della durata o una riduzione dei premi da pagare;

- il prestito in cui il contraente, che non vuole annullare la polizza. ha la facoltà di chiedere prestiti sulla polizza

entro il limite del valore di riscatto. Il prestito viene concesso di solito a condizione che la polizza sia stipulata

per una durata di almeno 5 anni, che siano state pagate almeno 3 annualità di premio e che il contraente sia

in regola con i pagamenti. Esso verrà concesso ad un tasso di interesse determinato dall’impresa in relazione

al rendimento degli altri suoi investimenti e tenendo conto delle spese di amministrazione dei prestiti. In

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speciali circostanze la Compagnia può concedere un prestito sulla polizza senza richiedere il pagamento di

interessi (es. se l’assicurato debba sostenere una operazione chirurgica).

La polizza sulla quale è stato concesso un prestito resta in vigore e solitamente gli interessi che l’assicuratore

chiede sono pagati in concomitanza delle quietanze di premio. Il cliente può restituire in qualsiasi momento

l’ammontare di detto prestito, ma se alla scadenza della polizza il contraente non avrà estinto il prestito, il

capitale assicurato sarà ridotto dell’importo del prestito ancora dovuto;

- la cessione, con cui il contraente trasferisce tutti i diritti e gli oneri del contratto ad un altro soggetto;

- il pegno, che consiste nel caso in cui la polizza viene posta a garanzia di impegni finanziari contratti dal

contraente o anche da terzi. Il creditore pignoratizio potrà riscattare polizza in caso di insolvenza del

contraente o del terzo. Le somme assicurate possono quindi essere date in pegno, ma tale atto diventa efficace

solo a seguito di annotazione sull'originale di polizza o su appendice. In caso di pegno, le operazioni di riscatto

e di prestito richiedono l'assenso scritto del vincolatario.

- il vincolo, in cui il contraente dà al creditore vincolatario un privilegio rispetto al beneficiario sul capitale

assicurato. L’assicuratore effettuerà la prestazione nei confronti del vincolatario.

Nel caso di pegno o vincolo, le operazioni di riscatto e prestito possono essere effettuate solo con l’assenso del

creditore.

Le operazioni di cessione, pegno o vincolo esplicano la loro efficacia solo dopo che siano state formalizzate

dall’assicuratore mediante annotazione sull’originale di polizza o su apposita appendice. Ciò per evitare

contestazioni dopo la morte dell’assicurato da parte degli interessati, dei beneficiari e degli eredi.

M) La prescrizione

La prescrizione è un istituto giuridico che concerne gli effetti giuridici del trascorrere del tempo. Nel diritto civile

indica quel fenomeno che porta all'estinzione di un diritto soggettivo non esercitato dal titolare per un periodo di

tempo indicato dalla legge. La ratio della norma è individuabile nell'esigenza di certezza dei rapporti giuridici. In

ambito assicurativo tale istituto è disciplinato dall'articolo 2952 del codice civile. Ai sensi del D.L. 18 ottobre 2012,

n. 179 convertito nella legge 17 dicembre 2012, n. 221, che ha modificato il citato articolo 2952 c.c., il termine di

prescrizione dei diritti derivanti dal contratto di assicurazione sulla vita passa da 2 a 10 anni, mentre resta invariato

a 2 anni il termine per la prescrizione dei diritti delle polizze danni, tranne il diritto al pagamento delle rate di premio

la cui prescrizione è di un anno dalle singole scadenze (art. 2952, 1° comma).

I nuovi termini prescrizionali si applicano a tutti gli eventi (decessi/scadenze) accaduti successivamente al 20

ottobre 2010, per quelli precedenti a quest’ultima data si applica la prescrizione biennale.

L’allungamento dei termini permette di particolare vantaggio nel caso in cui, ad esempio, gli eredi di una persona

deceduta vengano a sapere della esistenza della polizza caso morte solo a distanza di tempo.

Nel caso in cui i beneficiari non riuscissero a richiedere in tempo la liquidazione della polizza, le imprese, in virtù

di quanto disposto dalla Legge n. 166 del 27 ottobre 2008, hanno l’obbligo di devolvere, in modo irreversibile,

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l’importo dei diritti prescritti in data successiva al 28 ottobre 2008 al “Fondo a favore delle vittime delle frodi

finanziarie” istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e gestito dalla Consap S.p.A. una volta

devolute le somme, gli aventi diritto non possono chiederne la restituzione delle somme versate al fondo del

Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Per cercare soluzioni più strutturali al fenomeno delle polizze dormienti, l’IVASS ha previsto all’art.11 del

Regolamento IVASS n. 41/2018 che il modulo di proposta o se non previsto il simplo di polizza individuale o il

modulo di adesione di una polizza collettiva va redatto in modo da favorire l’acquisizione in sede di stipula dei

nuovi contratti della designazione del beneficiario in forma nominativa, salva espressa diversa volontà del

contraente. A tal fine, la proposta:

a) contiene lo spazio per l’indicazione dei dati anagrafici del beneficiario, incluso il codice fiscale e/o la partita IVA

italiani o esteri, e dei relativi recapiti anche di posta elettronica;

b) contiene le avvertenze, realizzate con caratteristiche grafiche di particolare evidenza, che, in caso di mancata

compilazione dello spazio di cui alla lettera a), l’impresa potrà incontrare, al decesso dell’assicurato, maggiori

difficoltà nell’identificazione e nella ricerca dei beneficiari e che la modifica o revoca di quest’ultimo deve essere

comunicata all’impresa;

c) contiene lo spazio per indicare, nel caso in cui il contraente manifesti esigenze specifiche di riservatezza, i dati

necessari per l’identificazione di un referente terzo, diverso dal beneficiario, a cui l’impresa potrà far riferimento in

caso di decesso dell’assicurato;

d) contiene l’opzione per escludere l’invio di comunicazioni al beneficiario, se indicato in forma nominativa, prima

dell’evento.

L'IVASS per rendere informati i contraenti ha introdotto, per le polizze vita in scadenza, l’art.18, del Regolamento

IVASS n. 41/2018 in cui viene sancito l’obbligo di inserire, nella comunicazione da inviare al contraente 30 giorni

prima della scadenza del contratto, un’avvertenza sui termini di prescrizione previsti dalla normativa vigente e

sulle conseguenze in caso di omessa richiesta entro detti termini, anche avuto riguardo a quanto previsto in

materia di rapporti dormienti dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266 e successive modificazioni ed integrazioni. La

comunicazione va inviata anche al beneficiario se indicato in forma nominativa tranne se il contraente abbia scelto

di escludere l’invio di comunicazioni al beneficiario, se indicato in forma nominativa, prima dell’evento.

4. Le forme assicurative

Come illustrato in precedenza, l’assicurazione sulla vita può essere definita come un contratto tra due parti

“contraente” ed “assicuratore”, nel quale, a fronte del pagamento di un premio, in unica o più soluzioni, da parte

del contraente, l’assicuratore si impegna a pagare determinate prestazioni, sotto forma di un capitale o di una

rendita, a favore di uno o più beneficiari, nel caso si verifichino determinati eventi connessi con la durata della vita

di uno o più individui assicurati. Gli eventi al cui avverarsi è condizionata l’obbligazione dell’impresa assicuratrice

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sono la morte (ma anche invalidità permanente, l’insorgere di una malattia grave o della perdita

dell’autosufficienza) e la vita, in un determinato tempo, della persona assicurata. Perciò tutti i contratti di

assicurazione del ramo Vita possono essere ricondotti alle seguenti due grandi categorie:

- assicurazione per il caso di morte,

- assicurazione per il caso di vita.

La tecnica assicurativa ha poi cercato di soddisfare le diverse esigenze delle persone assicurabili creando le forme

adatte allo scopo. Sono così sorte le molteplici forme di assicurazione, con caratteristiche e prestazioni specifiche.

Le varie forme vengono anche combinate fra loro ottenendo così schemi che esprimono le caratteristiche di

entrambe le categorie nella misura più confacente alle esigenze degli assicurandi.

Le forme tradizionali di assicurazione sulla vita si possono suddividere in tre categorie a seconda degli eventi

presi in considerazione: le assicurazioni per il caso morte, per il caso vita e miste.

A) Le assicurazioni per il caso morte

Queste assicurazioni comportano il pagamento ai beneficiari di una somma in caso di morte dell'assicurato. Tali

assicurazioni sono di 2 tipi: assicurazioni Temporanee Caso Morte e assicurazioni a Vita Intera.

Le assicurazioni Temporanee Caso Morte, che garantiscono al beneficiario/i un capitale in caso di decesso

dell'assicurato se avviene entro un periodo di tempo prefissato.

Il versamento dei premi non è motivato da finalità di risparmio, non vi è infatti una parte del premio capitalizzata

per poi essere restituita ad una data scadenza. Per questo motivo in queste polizze non c’è riserva matematica e

pertanto possibilità di riscatto o riduzione.

Trattandosi di una polizza che assicura il puro rischio di morte (scommessa) al termine del contratto, se non si è

verificata la premorienza dell’assicurato, i premi corrisposti restano acquisiti dalla Compagnia.

Il capitale assicurato è predefinito all’atto della stipula del contratto e può essere costante (se rimane fisso durante

tutta la durata del contratto), crescente (se aumenta ogni anno di una percentuale prefissata) e decrescente (se

diminuisce). La garanzia comprende i casi di premorienza avvenuti sia per cause naturali che per infortunio. Poche

sono le cause di morte escluse dalla garanzia e, generalmente, riguardano malattie particolari e infortuni subiti in

circostanze eccezionali. Il suicidio è contemplato nelle cause di morte comprese in garanzia, a condizione che la

morte dell’assicurato, dovuta a questa causa, si verifichi dopo almeno 2 anni dalla stipulazione della polizza.

Questo tipo di polizza è quindi indicato per integrare le polizze infortuni che come ricordiamo escludono eventi

come l’infarto o i tumori, compresi invece nelle polizze vita.

Le polizze a capitale crescente potrebbero interessare chi vuole far fronte agli effetti negativi dell’ inflazione,

suscettibili di ridurre la prestazione talvolta in maniera rilevante. Le polizze a capitale decrescente potrebbero

interessare chi ha acceso un finanziamento importante (come un mutuo) e vuole tutelare la propria famiglia in

caso di premorienza garantendo la disponibilità economica per pagare le rate del finanziamento o del mutuo che

residuano dopo la morte.

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Questo tipo di polizza viene a volte richiesta dalle banche quando si sottoscrive un mutuo. La banca solitamente

è designata come beneficiaria irrevocabile del contratto, il capitale liquidato in caso di decesso sarà pari al debito

residuo rimasto da ammortizzare all’epoca del decesso del contraente/assicurato. In tal modo la banca si

garantisce la copertura del debito residuo nel caso in cui il decesso del cliente (contraente/assicurato) avvenga

entro la durata contrattuale prevista e prima che egli abbia potuto estinguere totalmente il mutuo.

Un'altra forma di copertura caso morte interessante per le ditte individuali o le società di persone e di capitali, dove

il decesso dell’imprenditore o di determinate persone metterebbe a repentaglio la continuità dell’azienda o

comunque le arrecherebbe un grosso danno, è la cosiddetta “polizza Key-Man”. Questa è una copertura

assicurativa caso morte dove l'azienda viene designata come beneficiario della polizza. Questa polizza risponde

appunto al bisogno di proteggere l'azienda in caso di improvvisa mancanza degli "uomini chiave" (titolare, soci,

amministratore, etc.).

Infine, all’assicurazione temporanea caso morte può essere aggiunta una interessante garanzia accessoria che è

l’assicurazione complementare infortuni, che garantisce in caso di morte dell’assicurato: a) il raddoppio del

capitale base se la morte avviene per infortunio; b) la triplicazione del capitale base se la morte avviene per

infortunio causato dalla circolazione stradale dei veicoli.

Va infine detto che per queste polizze non è possibile applicare alcun meccanismo di rivalutazione e che la durata

massima di queste polizze è di 20 anni. Tuttavia, l'aspettativa di vita sempre più lunga e la durata sempre maggiore

dei mutui ha spinto molte Compagnie ad estendere la durata delle polizze anche a 25/30 anni, derogando a questa

vecchia regola.

Le assicurazioni a Vita Intera garantiscono al beneficiario/i il pagamento di un capitale o di una rendita in caso

di decesso dell'assicurato in qualsiasi momento si verifichi.

La caratteristica principale di questa polizza è pertanto che non c’è una scadenza prefissata, in quanto, la durata

del contratto coincide con la vita dell’assicurato (esistono tuttavia anche dei contratti a “vita intera” dove il

contraente paga i premi per un periodo prefissato, ma è assicurata tutta la vita). Per questa polizze è prevista la

facoltà di riscatto.

Il capitale può essere in questo tipo di polizze anche rivalutabile. Caratteristica importante dell’assicurazione caso

morte a Vita Intera rivalutabile è infatti che gli importi delle rate di premio, pagati dal contraente confluiscono in un

fondo, gestito dalla Compagnia, in modo tale da generare dei rendimenti che, annualmente, vengono in massima

parte riconosciuti nel contratto, dove si consolidano concorrendo a fare accrescere, nel tempo, la prestazione

promessa dalla polizza.

Esiste, in genere, la possibilità di adottare tre tipi di tariffa: tariffa a premio annuo costante, a premio annuo

rivalutabile (se i premi versati annualmente dal contraente si rivalutano della stessa percentuale con la quale si è

rivalutato il fondo gestito dalla Compagnia) e a premio unico (se il contraente versa un premio in un’unica

soluzione).

Questo tipo di polizze è indicato per il capofamiglia che vuole tutelare i suoi familiari in caso di morte prematura e

in caso di particolari situazioni familiari es. convivente non riconosciuta e suoi figli, persona cara non parente, ecc.

che in caso di successione sarebbero esclusi dalla quota di legittima.

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Per le assicurazioni caso morte di norma è richiesta la visita medica preventiva, ma è anche prevista la possibilità,

per capitali contenuti, di contrarre assicurazione senza tale visita ma con la semplice compilazione di un

questionario sanitario. In quest’ultimo caso però l’assicurazione entra in pieno vigore dopo un certo periodo dalla

stipulazione c.d. “periodo di carenza”, salvo che la morte dell’assicurato non sia conseguenza di infortunio o di

malattie infettive acute elencate nell’apposita clausola. In caso di decesso non dovuto da infortunio o malattia

specificata in polizza avvenuto durante il periodo di carenza, la Compagnia restituisce i premi o la riserva

matematica.

B) Le assicurazioni per il caso vita

Queste assicurazioni garantiscono una prestazione (capitale o rendita) se l’assicurato è ancora in vita alla

scadenza pattuita.

La componente principale del premio di queste polizze è quella di risparmio, che è destinata alla capitalizzazione

per poi essere restituita alla scadenza del contratto se l’assicurato è in vita. La polizza ha quindi una riserva

matematica e pertanto sarà possibile la riduzione e il riscatto.

Tali assicurazioni possono essere dei seguenti tipi:

- capitale differito (se garantiscono il pagamento di un capitale ad una data scadenza se alla stessa

l’assicurato è in vita);

- rendita vitalizia differita (se garantiscono il pagamento di una rendita a partire da una data scadenza fino

alla morte dell’assicurato);

- rendita vitalizia immediata (se garantiscono il pagamento di una rendita immediata e cioè a partire dalla

prima scadenza annuale fino a morte dell'assicurato. In questo caso il premio è necessariamente unico e cioè

versato in un’unica soluzione al momento della conclusione del contratto);

- rendita certa (se garantiscono il pagamento all’assicurato di una rendita certa ad una data scadenza per un

periodo predeterminato, solitamente 5-10 anni, anche se questi non è più in vita).

Nei contratti che prevedono la corresponsione di una rendita vengono indicati due periodi: il periodo di differimento,

cioè quello nel corso del quale il contraente provvede al versamento dei premi periodici previsti dal contratto, e di

godimento della rendita, che inizia dal momento in cui finisce il differimento e dura fino alla morte di chi usufruisce

della rendita.

Nelle polizze vita “pure” nulla è dovuto in caso di decesso prima della scadenza (nelle temporanee caso morte è

vero il contrario cioè nulla è dovuto in caso di sopravvivenza alla scadenza). Può interessare all’assicurato

garantirsi contro l’evento contrario e cioè avere il rimborso dei premi pagati a vuoto ove la prestazione della polizza

non abbia luogo.

Con la cosiddetta controassicurazione la Compagnia verserà ai beneficiari una somma pari all’ammontare

complessivo dei premi sino a quel momento pagati (rivalutati sulla base del rendimento del fondo nel quale erano

confluiti), se si verificherà la morte dell’assicurato prima della scadenza.

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Questo tipo di polizze è indicato a coloro che non possono godere di forme di previdenza pubblica o a coloro che

vogliano integrare la pensione di categoria, al fine di preservare il tenore di vita anche durante la vecchiaia.

A questo proposito va considerato che l’allungamento della vita media rende sempre più oneroso, per le

Compagnie di Assicurazioni, sostenere il costo dell’erogazione di rendite vitalizie a individui che hanno stipulato

la polizza molti anni fa. Infatti, i calcoli tecnici e attuariali alla base delle tariffe in vigore all’atto della sottoscrizione

del contratto, non sono più coerenti e, quindi, non più remunerativi Compagnie di Assicurazioni.

Parliamo invece di reversibilità per indicare la trasferibilità di un beneficio, in caso di premorienza del primo

beneficiario principale indicato, a favore di un altro beneficiario designato. Il termine di reversibilità viene

comunemente usato per indicare la destinazione ad altra persona del godimento della rendita. Lo sdoppiamento

della rendita su due teste determina una riduzione della rendita stessa tanto più sensibile quanto più la seconda

persona beneficiata è in giovane età e quindi destinata a vivere a lungo.

C) Le assicurazioni miste

Le assicurazioni miste sono l'integrazione di due forme assicurative, quella per il caso morte e quella per il caso

vita.

Si tratta di un’assicurazione che integra quindi in unico contratto due prestazioni: il pagamento di un capitale o di

una rendita all’assicurato o al beneficiario ad una data scadenza se l'assicurato è ancora in vita o la

corresponsione di una capitale al beneficiario in caso di premorienza.

La funzione della polizza mista è, dunque, duplice in quanto contiene in sé sia le caratteristiche tipiche delle forme

di tipo previdenziale che quelle riconducibili a una polizza di risparmio.

Il premio versato viene diviso: una parte serve per pagare la quota di rischio rappresentata dalla possibilità di

premorienza, l’altra alimenterà la quota destinata al risparmio in caso di sopravvivenza alla scadenza della polizza

ed è destinata alla capitalizzazione per poi essere restituita ad una data scadenza sotto forma di capitale o rendita.

La polizza ha quindi una riserva matematica e pertanto sarà possibile la riduzione e il riscatto.

Siamo, quindi, di fronte a una prestazione certa, nel senso che l’assicuratore in un caso o nell’altro, sarà chiamato

a fornire una prestazione, ma non si conosce, a priori, quale dei due eventi si verificherà.

Tali assicurazioni possono essere dei seguenti tipi:

- mista ordinaria che garantisce un capitale ad una scadenza determinata in caso di sopravvivenza

dell'assicurato o al momento del decesso se avviene prima;

- termine fisso che garantisce un capitale ad una scadenza determinata sia in caso di sopravvivenza che di

morte dell'assicurato.

Il primo tipo di polizza che è anche la forma più diffusa risponde alle esigenze di coloro che, oltre a perseguire

l’obiettivo di risparmio, sentono anche il bisogno di garantire una protezione economica immediata in caso di

premorienza.

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Il secondo tipo di polizza è indicato per costituire una dote al momento del matrimonio dei figli o per garantire un

capitale che permetta a questi il completamento degli studi o ad esempio l’avvio di un’attività commerciale.

D) Le opzioni: capitale o rendita

Alla scadenza del contratto si otterranno le prestazioni previste dalla tariffa utilizzata all'atto della conclusione del

contratto (capitale, rendita ecc.). Tuttavia, è concesso al contraente, tramite comunicazione da farsi 6 mesi prima

della scadenza, di modificare la prestazione originariamente pattuita (un capitale può essere convertito in rendita

e viceversa) o ritardare nel tempo l’erogazione della stessa.

Di seguito le principali opzioni di rendita e di capitale che possono essere ricomprese nelle polizze vita in

commercializzazione.

Opzioni di rendita:

a) l’opzione di rendita vitalizia in base alla quale il capitale assicurato per il caso vita o il valore di riscatto viene

trasformato in rendita vitalizia pagabile fino alla morte dell’assicurato;

b) l’opzione di rendita vitalizia con un numero minimo di annualità garantite, in cui il capitale assicurato per il

caso vita o il valore di riscatto viene convertito in una rendita pagabile in modo certo per un determinato

numero di anni (5 o 10) e, successivamente, fino a quando l’assicurato resta in vita. Si chiama certa perché

se l’assicurato dovesse morire prima dei 5 o 10 anni, la rendita continuerebbe a essere pagata alla persona

designata dall’assicurato sino allo scadere del periodo scelto;

c) l’opzione di rendita reversibile, in cui il capitale assicurato per il caso vita viene convertito in una rendita vitalizia

pagabile fino alla morte dell’assicurato e successivamente resa reversibile parzialmente o totalmente a favore

di un’altra persona, fino a quando questa sarà in vita (la reversibilità è la trasferibilità di un beneficio, in caso

di premorienza del primo beneficiario principale indicato, a favore di un altro beneficiario designato. Come già

ricordato, lo sdoppiamento della rendita su due teste determina una riduzione della rendita stessa tanto più

sensibile quanto più la persona beneficiata è in giovane età e quindi destinata a vivere a lungo).

d) da rendita vitalizia in rendita certa e, successivamente, vitalizia. Si tratta della conversione della rendita

maturata al termine del differimento, in una rendita certa per un determinato numero di anni e,

successivamente, vitalizia;

e) da rendita vitalizia a rendita reversibile. Alla scadenza della polizza la rendita originariamente prevista sarà

trasformata in una rendita che verrà erogata all’assicurato fino a quando sarà in vita. Alla sua morte, sarà

erogata a una persona designata in precedenza dall’assicurato, vita natural durante.

Opzioni di capitale:

a) da rendita a capitale, consiste nella trasformazione della rendita in capitale al termine del differimento;

b) per le polizze di rendita vitalizia differita esiste la possibilità di “riscatto al termine del differimento” che si

concretizza con la liquidazione di un capitale “pagabile immediatamente” invece che di una rendita. Qualora

si opti per la riscossione della rendita vitalizia questa non potrà essere successivamente riscattata.

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Il differimento della prestazione:

a) differimento del capitale a scadenza: consiste nel decidere di lasciare il capitale maturato in gestione

all’assicuratore e posticipare la sua liquidazione di un certo numero di anni;

b) differimento del godimento della rendita al termine del periodo di differimento consente di differire l’erogazione

della rendita maturata alla scadenza dopo un certo numero di anni.

E) Le forme di investimento assicurativo

Negli ultimi 25 anni l’assicurazione sulla vita ha conosciuto dei profondi cambiamenti. Le Compagnie hanno dovuto

aggiornare i loro prodotti per competere con l’offerta di prodotti finanziari e di investimento proposti dalle banche.

Ciò ha portato a modificare la struttura delle polizze, che pur mantenendo le basi tecnico-attuariali, hanno

introdotto dei meccanismi di indicizzazione, rivalutazione delle riserve matematiche e di investimento delle stesse

in fondi. Queste innovazioni hanno da una parte il merito di venire incontro alle esigenze dei risparmiatori di prodotti

più sofisticati che permettono di diversificare maggiormente il loro portafoglio, dall’altra a volte si snatura la finalità

previdenziale e il ruolo di sicurezza e protezione tipica delle polizze vita per trasformarle in un puro prodotto

finanziario / speculativo. Per questo motivo è necessario capire le esigenze dell’assicurato per evitare che

vengano proposti e sottoscritti prodotti speculativi nel caso in cui la finalità principale sia invece quella

previdenziale.

Tra le forme di investimento assicurativo possiamo citare le polizze rivalutabili, i contratti di capitalizzazione, le

polizze Unit Linked, Index Linked e multiramo.

F) Le polizze Rivalutabili

Le polizze rivalutabili sono quindi quei contratti assicurativi che prevedono la rivalutazione annuale delle

prestazioni (capitale o rendita vitalizia) in base al rendimento della gestione finanziaria attuata dalla Compagnia.

In questo tipo di contratti di assicurazione il capitale viene rivalutato ogni anno attraverso la partecipazione agli

utili di un Fondo a Gestione Speciale Separata, appositamente creato dalla Compagnia di Assicurazione, in cui

confluiscono tutti i premi versati dagli assicurati e le riserve matematiche relativi a questi contratti. Questo è il

portafoglio di valori mobiliari e altri attivi, gestiti separatamente dagli attivi dell’impresa, in funzione del cui

rendimento si rivalutano le prestazioni dei contratti ad esso collegati.

Il Fondo è detto a gestione speciale separata perché è gestito separatamente dagli altri tipi di investimento

effettuati dalla Compagnia con le proprie risorse e perché costituisce un patrimonio separato da tutte le altre attività

della Compagnia. La gestione dei Fondi in esame deve risultare conforme alle norme stabilite dall'ISVAP con il

Regolamento n. 38/2011 (che abroga la circolare n. 71 del 26 marzo 1987) recentemente aggiornato con il

Provvedimento IVASS n. 68 del 14 febbraio 2018 che ha introdotto nuove disposizioni per la determinazione del

tasso medio di rendimento della gestione separata.

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La regola di determinazione del tasso medio di rendimento delle gestioni separate prevede l’attribuzione, alla

chiusura del periodo di osservazione, delle plusvalenze realizzate e delle minusvalenze sofferte, non consente

all’impresa di accantonare gli utili ottenuti in periodi economici favorevoli per attribuirli agli assicurati in periodi

meno favorevoli. L’attribuzione di tutte le plusvalenze al rendimento della gestione separata nell’anno stesso di

realizzo può determinare, inoltre, per gli assicurati facenti parte della gestione separata in quell’anno, il

riconoscimento di un rendimento di entità sproporzionata rispetto a quello riconosciuto, in futuro, ai contratti

esistenti o a quelli stipulati successivamente. In contesti di mercato incerti e instabili l’applicazione rigida di tale

principi potrebbe creare problemi di parità di trattamento tra gli assicurati. Con il Provvedimento n. 68/2018 le

imprese possono prevedere, per i nuovi contratti, modalità di determinazione del tasso medio di rendimento che

tengano conto dell’accantonamento delle plusvalenze nette realizzate in un apposito “fondo utili”. Tale fondo ha

natura di riserva matematica e concorre interamente alla determinazione del tasso medio di rendimento in un

tempo massimo di 8 anni dalla data in cui le plusvalenze nette sono state accantonate. Le nuove regole di

determinazione del tasso medio di rendimento sono applicabili anche per le gestioni separate costituite prima del

6 marzo 2018 (data di entrata in vigore del Provvedimento) ma solo ai contratti stipulati successivamente alle

modifiche dei regolamenti delle gestioni separate. In tali gestioni separate aggiornate potranno coesistere contratti

ai quali si applicano due diverse regole di determinazione del tasso medio di rendimento (a seconda che nelle

rispettive condizioni contrattuali sia previsto o meno il fondo utili).

Gli investimenti sono generalmente orientati, per questa tipologia di Fondi, verso Titoli di Stato e altri titoli

obbligazionari (80% - 90% in media) e solo in minima parte verso Azioni, italiane o estere (1% - 10% in media).

Le risorse devono essere amministrate in modo particolare, con una gestione apposita delle spese relative, degli

utili, delle perdite di realizzo (quando si deve vendere per ottenere contanti) e con un bilancio di esercizio (separato

da ogni altra gestione della compagnia) sottoposto annualmente a certificazione da parte di una società di

revisione contabile (con cui si attesta la regolarità della tenuta contabile e dei risultati di gestione del fondo). È

possibile fondere più gestioni separate di una Compagnia (per risparmiare costi: un unico gestore finanziario, un

unico revisore, ecc.). Non è invece possibile trasferire attività dal patrimonio della Compagnia alla gestione

separata (se in casi eccezionali o non nel caso previsto dall’art. 8 comma 3 del reg. ISVAP n. 38/2011, in questo

caso il trasferimento è assoggettato ad una comunicazione all’IVASS e avverrà al valore corrente dell’attività alla

data in cui avviene il trasferimento).

Il bilancio certificato, il tasso di rendimento della gestione separata e l'aliquota di retrocessione (vedi avanti)

devono essere resi noti annualmente dalle imprese attraverso la pubblicazione su almeno 2 quotidiani a diffusione

nazionale e l’IVASS impone l'indicazione della composizione degli stessi (per macro titoli) e i rendimenti ottenuti.

Gli ammontari rivalutati del capitale, della rendita e del premio (se rivalutabile) devono inoltre essere comunicati

annualmente agli assicurati.

Nel fondo a gestione separata, pertanto, confluiscono e vengono gestiti finanziariamente i premi ed i redditi

provenienti dalle operazioni di investimento degli stessi premi. Il fondo, dunque, si incrementa ogni anno per effetto

degli interessi, delle cedole, dei dividendi e delle plusvalenze o minusvalenze (cioè dei profitti e delle perdite

dell’attività di negoziazione), derivanti dalla gestione degli strumenti finanziari in portafoglio. Una percentuale del

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rendimento ottenuto dalla gestione separata (detta aliquota di retrocessione - solitamente non inferiore al 75%)

verrà riconosciuta agli assicurati. Dal rendimento ottenuto dalla gestione separata e dall'aliquota di retrocessione

deriva quindi la rivalutazione da attribuire alle prestazioni assicurate. Il rendimento realizzato dalla suddetta

gestione speciale prevista per queste polizze viene quindi retrocesso in una percentuale predeterminata

contrattualmente, che va a incrementare il capitale assicurato. La polizza può prevedere anche un rendimento

minimo trattenuto che è il rendimento finanziario fisso che la società può trattenere dal rendimento finanziario della

gestione separata.

La percentuale di rivalutazione ottenuta serve anche a stabilire di quanto si dovrà rivalutare il premio annuo da

pagare nelle polizze a premio rivalutabile.

Caratteristiche fondamentali di tali polizze sono:

1. la garanzia del rimborso del capitale (grazie al fatto che le attività del fondo vengono contabilizzate al costo

storico e non al valore di mercato);

2. un rendimento minimo annuo (pari al tasso tecnico o di minima rivalutazione). Il tasso minimo garantito intesa

come garanzia di rendimento prevista dal contratto e prestata direttamente dalle imprese;

3. una partecipazione agli utili della gestione separata e quindi la corresponsione di una prestazione rivalutata

sulla base delle rivalutazioni annualmente riconosciute;

4. il consolidamento dei rendimenti conseguiti di anno in anno (i rendimenti una volta assegnati sono acquisiti

definitivamente dal fondo e non risentono degli andamenti successivi). Il meccanismo di capitalizzazione è

quello composto.

Infine, anche il premio di queste polizze può essere rivalutabile. Con la polizza a premio rivalutabile il premio

dovuto dal contraente cresce annualmente. Tale crescita può essere predeterminata (es. 5% all’anno) oppure

seguire la rivalutazione del capitale assicurato, e quindi crescere in base al rendimento della gestione separata

della Compagnia. Il contraente ha comunque facoltà di chiedere annualmente la sospensione totale o parziale

dell’applicazione della clausola di rivalutazione.

Sono definite “polizze ad alta rivalutazione” quelle forme di assicurazione (attuate normalmente mediante polizze

caso vita miste), in cui tanto la prestazione e i premi vengono rivalutati di anno in anno sulla base dei rendimenti

finanziari realizzati da gestioni speciali (e cioè le gestioni alle quali confluiscono tutte le riserve matematiche poste

a copertura di questa specifica categoria di polizze).

Il Regolamento ISVAP n. 38/2011 ha introdotto delle novità per elevare il livello di tutela degli assicurati. Al fine di

garantire l‘uniformità degli approcci da parte di tutti gli operatori, l’IVASS ha stabilito gli elementi e le informazioni

minime essenziali che devono essere contenute nel regolamento delle gestioni separate. Ha poi introdotto il divieto

di addebitare alla gestione separata oneri diversi da quelli legati al costo delle verifiche contabili richieste dalla

normativa e da quelli derivanti dai costi di acquisizione e di vendita degli attivi della gestione. È stato introdotto

inoltre l’obbligo per le gestioni separate di investire il proprio patrimonio esclusivamente nelle categorie di attivi

ammissibili alla copertura delle riserve tecniche (sono permessi soltanto alcuni attivi caratterizzati da minore

liquidità o redditività come: i crediti infruttiferi - con esclusione di quelli verso assicurati ed intermediari per premi

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da incassare nella misura in cui siano effettivamente esigibili da meno di tre mesi - gli immobili destinati all’esercizio

dell’impresa, i crediti verso riassicuratori, le immobilizzazioni materiali e delle spese di acquisizione da

ammortizzare).

Per assicurare la parità di trattamento di tutti gli assicurati (investitori istituzionali, altri clienti corporate e la

collettività degli assicurati), è stato previsto che l’organo amministrativo della Compagnia, nella delibera che

approva il regolamento della gestione, indichi i limiti quantitativi che consentono ad un unico cliente ovvero a più

contraenti, collegati ad un medesimo soggetto anche attraverso rapporti partecipativi, di movimentare ingenti

somme in entrata e in uscita. In caso di superamento di tali limiti, l’organo amministrativo è inoltre tenuto ad

indicare i presidi gestionali e contrattuali finalizzati a garantire nel tempo una equa partecipazione a tutti gli

assicurati dei risultati finanziari della gestione separata nonché i periodi di permanenza minima nella gestione

separata e le condizioni per l’uscita.

Le nuove disposizioni si inseriscono peraltro in un ambito più ampio di interventi già posti a tutela degli assicurati,

non solo nella fase di offerta, ma anche nell’esecuzione dei contratti di assicurazione. Occorre, infatti, considerare

i presidi già introdotti dal Regolamento ISVAP n. 35/2010 confermati dal nuovo Regolamento IVASS n. 41/2018

in materia di conflitti di interessi che impongono alle imprese, tra l’altro, di effettuare operazioni nell’interesse dei

contraenti alle migliori condizioni possibili, di contenere i costi, di astenersi dall’effettuare operazioni con frequenza

non necessaria per la realizzazione degli obiettivi assicurativi e di astenersi da ogni comportamento che possa

avvantaggiare una gestione separata a danno di un'altra.

Con il Provvedimento n. 68/2018 l’IVASS ha mantenuto inalterato il disegno regolamentare sulle gestioni separate

e le caratteristiche delle «polizze vita rivalutabili», ma ha introdotto la possibilità per le imprese di utilizzare nuove

modalità di calcolo del rendimento della Gestione separata

La regola di determinazione del tasso medio di rendimento delle gestioni separate che prevede l’attribuzione, alla

chiusura del periodo di osservazione, delle plusvalenze realizzate e delle minusvalenze sofferte, non consente

all’impresa di accantonare gli utili ottenuti in periodi economici favorevoli per attribuirli agli assicurati in periodi

meno favorevoli. L’attribuzione di tutte le plusvalenze al rendimento della gestione separata nell’anno stesso di

realizzo può determinare, inoltre, per gli assicurati facenti parte della gestione separata in quell’anno, il

riconoscimento di un rendimento di entità sproporzionata rispetto a quello riconosciuto, in futuro, ai contratti

esistenti o a quelli stipulati successivamente. In sintesi, la previgente disciplina per il calcolo del tasso medio di

rendimento, che riconosceva unicamente tale modalità di calcolo, non consentiva – in alcuni contesti di mercato

– il pieno rispetto del principio che richiede alle imprese di garantire nel tempo un’equa partecipazione degli

assicurati ai risultati finanziari della gestione separata (Regolamento 38/2011, articolo 4)

G) Le polizze Unit Linked

Queste polizze rientrano nella categoria dei prodotti finanziari-assicurativi vita e come tali sono soggette alla

relativa disciplina prevista dal TUF, dal CAP e dai regolamenti di attuazione (Regolamento IVASS n. 41/2018).

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Questo tipo di polizze nascono intorno alla metà degli anni ’90, periodo in cui il mercato dei risparmiatori si è

avvicinato sempre di più al mondo degli strumenti finanziari e del risparmio gestito. Le Compagnie per competere

con gli altri operatori autorizzati a distribuire prodotti finanziari hanno creato un prodotto che ha la veste di polizza

assicurativa e le caratteristiche in termini di rischio e rendimento di prodotto finanziario.

Le Unit Linked sono infatti polizze vita ad elevata componente finanziaria, nelle quali i premi corrisposti

dall'assicurato non confluiscono in un fondo di gestione separato che investe prevalentemente in titoli di Stato, ma

sono investiti in quote di fondi interni o esterni (fondi comuni di investimento) della Compagnia.

Il funzionamento è del tutto assimilabile a un fondo comune di investimento in quanto, con ogni premio versato il

contraente acquista un certo numero di quote del fondo. La componente assicurativa è costituita da una garanzia

in caso di morte che di solito consiste in una percentuale aggiuntiva rispetto alla valorizzazione delle quote del

fondo al momento del decesso. La percentuale che si somma al maturato può essere fissa o legata all'età

dell'assicurato al momento del decesso; in questo caso la copertura assicurativa solitamente decresce con il

progressivo aumentare dell’età.

Nelle polizze Unit Linked vengono meno le componenti tipiche di una polizza vita rivalutabile come il rendimento

minimo garantito ed il consolidamento delle prestazioni.

Il rendimento dipenderà dalla performance dei fondi, che come detto prima possono essere interni e cioè

direttamente istituiti dalla Compagnia (attualmente i fondi interni di supporto alle polizze Unit Linked superano i

1.300) o esterni (fondi comuni di investimento o SICAV). L’assicurato si accolla, generalmente, tutto o gran parte

del rischio finanziario anche se, da qualche tempo, sono state immesse sul mercato polizze che prevedono una

certa protezione del capitale.

I premi pagati nella polizza Unit Linked possono essere investiti anche in un paniere di fondi (azionari,

obbligazionari e monetari) la cui composizione definisce l'entità del rischio che caratterizza la polizza. Queste

polizze si presentano come una sorta di “fondo di fondi” e offrono una soluzione maggiormente diversificata di

investimento e disinvestimento.

I fondi sono classificati in funzione della componente di rischio finanziario e dei vincoli di investimento degli attivi.

Ogni gruppo si differenzia dagli altri per la percentuale minima e massima di investimento in azioni:

- azionari: almeno il 70% in azioni;

- bilanciati: dal 30% al 70% in azioni;

- obbligazionari: 0%, salvo gli azionari misti per i quali il massimo è il 30%;

- liquidità: non possono investire in azioni;

- flessibili: non hanno vincoli di allocazione degli investimenti in azioni, per cui possono detenere nel portafoglio

del fondo una componente azionaria variabile da 0% al 100%.

Tale classificazione ideata dall’ANIA permette agli intermediari e ai risparmiatori di capire quale è il fondo più

adatto in base alla propensione al rischio. L’assicurato potrà quindi scegliere tra diverse linee di investimento al

contrario delle polizze rivalutabili dove la gestione separata è sottoposta a vincoli e limiti molto prudenziali di

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investimento. È spesso prevista per l'assicurato la possibilità di cambiare, nel corso del contratto, la composizione

del portafoglio, trasferendosi da un fondo ad un altro (c.d. switch). Poiché la riserva matematica di queste polizze

viene investita in partecipazioni di fondi comuni, l'assicurato – investitore può infatti, scegliere di rientrare in

possesso di quanto investito a costi contenuti (alle condizioni indicate in polizza), mentre nelle polizze vita

tradizionali il riscatto dal contratto è sì consentito, ma a condizioni molto onerose. Il riscatto anticipato è previsto

a condizioni solitamente vantaggiose per l'assicurato, solitamente è consentito trascorso un periodo di tempo

piuttosto breve rispetto alla data di inizio del contratto e con penalità, se non nulle, molto ridotte (0,5% - 1% del

capitale maturato).

L'assicurato può verificare in qualsiasi momento il valore del proprio capitale, deducendolo dalle quotazioni dei

fondi, pubblicate sui quotidiani, e può eventualmente decidere di interrompere l'investimento, rescindendo il

contratto, o successivamente modificare (con operazioni di switch) la propria esposizione al rischio, in relazione

al tipo di titoli detenuti dai fondi (fondi monetari, obbligazionari, bilanciati, oppure azionari).

Obiettivo delle polizze Unit Linked è pertanto di consentire a chi sottoscrive una polizza vita di unire alle

caratteristiche di un prodotto assicurativo o previdenziale, le opportunità dei mercati finanziari dinamici (azionari,

bilanciati o obbligazionari). Queste polizze sono infatti molto indicate per assicurati giovani con una propensione

al rischio medio alta (visto che nella maggior parte dei casi questi prodotti non garantiscono un rendimento

minimo), che vogliono ottenere dei rendimenti più elevati e che hanno un'ottica di investimento di medio-lungo

periodo (superiore ai 5 anni). La gestione finanziaria di queste forme è simile a quella realizzata dai fondi comuni

d'investimento, con la possibilità di scegliere tra diversi tipi di "portafogli titoli": moderati, bilanciati o spinti, in

funzione del livello di rischio a cui il cliente vuole esporsi. Il rischio aumenta a fronte di maggiori quote di

investimento in titoli azionari.

La componente assicurativa di tali prodotti è ridotta ad una minima integrazione in caso di premorienza e ad alcune

opzioni: garanzie complementari di premorienza, infortunio, invalidità, malattie gravi, conversione in rendita

vitalizia. Un altro vantaggio rispetto ai fondi comuni d’investimento consiste nel fatto che, essendo delle polizze

assicurative, il capitale investito è impignorabile, insequestrabile e non rientra nell’asse ereditario. Da un punto di

vista fiscale le prestazioni assicurate sono esenti dall’imposta di successione. Inoltre il comma 658 dell’art. 1 della

Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (cd. Legge di Stabilità 2015) ha modificato il quinto comma dell’art. 34 del D.P.R.

601 del 1973, disponendo che, a partire dal 1 gennaio 2015, i proventi percepiti in dipendenza di contratti di

assicurazione sulla vita e in caso di decesso dell’assicurato sono esenti da IRPEF, e quindi da imposta sostitutiva,

unicamente per la componente di capitale erogata a fronte della copertura del rischio demografico (i.e.

copertura del rischio morte dell’assicurato).

A partire dal 1 gennaio 2015 i capitali erogati dalle Compagnie Vita in caso di decesso dell’assicurato sono

suddivisi nelle seguenti componenti economiche, sottoposte a un diverso trattamento fiscale:

- la componente finanziaria del contratto è assoggettata a tassazione mediante applicazione di una imposta

sostitutiva determinata con aliquota del 26%, ridotta in proporzione alla parte di rendimento eventualmente

riferibile a investimenti in titoli di Stato o equiparati, che restano assoggettati a tassazione con aliquota del 12,50%;

- l’eventuale componente erogata a fronte della copertura del rischio morte dell’assicurato è esente da IRPEF.

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Occorre infine precisare che la fuga dei risparmiatori dalle polizze Unit Linked e dai fondi comuni di investimento

dovuta ad andamenti instabili e spesso negativi delle Borse mondiali ha portato le imprese di assicurazione ad

innovare le Unit Linked con l’introduzione di garanzie di restituzione del capitale iniziale e spesso anche di un

rendimento minimo.

Si sono diffusi prodotti a “capitale protetto” o “garantito”. Nel primo caso non c’è in realtà alcuna garanzia di

restituzione del capitale ma solo l’attuazione da parte del gestore di tecniche volte a limitare il rischio.

Sostanzialmente vengono privilegiati investimento di carattere obbligazionario e liquidità a scapito dell’azionario,

il che, se da un lato riduce il rischio, dall’altro si traduce in performance minori, facilmente erodibili dalle

commissioni e difficilmente in grado di tenere il passo dell’inflazione. Nel secondo caso viene promessa alla

scadenza la restituzione del capitale investito o di una sua frazione solitamente non inferiore al 70-75%. Si tratta,

notazione che vale per qualsiasi prodotto a capitale garantito, del capitale nominale. In altre parole, se si compra

un’ipotetica quota del valore unitario di 100 euro, a scadenza verrà restituito, in caso di copertura totale e

andamento negativo dei mercati, lo stesso valore. Se si considera l’orizzonte temporale pluriennale, le

commissioni di sottoscrizione, di gestione e il tasso di inflazione, il risultato finale sarà una svalutazione in termini

reali del capitale iniziale. Per offrire la protezione del capitale è infatti necessario trovare una copertura i cui costi

saranno scaricati sul risparmiatore: una parte dal capitale investito sarà dedicata a tale scopo, a danno della quota

di investimento destinata a generare rendimento e ciò frenerà le performance del fondo nel momento in cui i

mercati guadagnano valore, effetto particolarmente evidente nel corso della vita del fondo. La protezione del

capitale solitamente è operativa solo alla scadenza. Durante la sua vita è possibile disinvestire a prezzi di mercato

e il rischio di incorrere in una perdita di capitale è sempre presente.

H) Le polizze Index Linked

Si tratta di prodotti di investimento assicurativo (IBIPs) emessi da imprese di assicurazione il cui rendimento

dipenderà dall’andamento di un indice di borsa o di un paniere di indici o titoli mobiliari o materie prime.

In attuazione dei principi di semplicità delle modalità di indicizzazione delle prestazioni assicurate e di sicurezza e

protezione è stato emanato il Regolamento ISVAP n. 32/2009 che stabilisce che gli indici di riferimento possono

essere sia interni che esterni, ma dovranno essere limitati ai settori azionari, obbligazionari prevedendo, tra l’altro,

che le azioni o le obbligazioni di riferimento siano negoziate esclusivamente su mercati regolamentati attivi e

liquidi.

Il premio pagato dall'assicurato non è investito in fondi a gestione separata, né in quote di fondi comuni di

investimento o fondi interni assicurativi, ma è impiegato per acquistare solitamente un'obbligazione zero coupon

e un'opzione (tipicamente una “call” su indici di borsa o su un paniere di indici o titoli mobiliari o materie prime).

Un’obbligazione zero coupon è un’obbligazione senza cedola (es. i BOT) il cui rendimento è calcolato come

differenza tra la somma che il sottoscrittore riceve alla scadenza e la somma che versa al momento della

sottoscrizione. Il meccanismo di emissione prevede quindi che a fronte di un valore nominale pari a 100, il

sottoscrittore dell'obbligazione versi all'emittente una somma inferiore a 100 (supponiamo ad esempio 97)

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incassando, alla scadenza, 100. In questo esempio il rendimento è quindi pari a 3/97 (3,09%) poiché il

sottoscrittore ha effettivamente versato solo 97, pur trovandosi in mano un titolo dal valore di 100.

Un'opzione call è uno strumento derivato in base al quale l'acquirente dell’opzione acquista il diritto di acquistare

un titolo (detto sottostante) a un dato prezzo d’esercizio. Al fine di acquisire tale diritto, l'acquirente paga un premio.

Un'opzione call ha valore monetario positivo se alla scadenza il prezzo del sottostante è maggiore del prezzo

d'esercizio.

Nelle Index Linked la Compagnia incassa il valore nominale dell’obbligazione zero coupon e con differenza tra il

valore nominale e il prezzo di acquisto compra un’opzione per beneficiare delle performance degli indici es. la

Compagnia incassa il valore nominale di un’obbligazione zero coupon pari a 100, ma il suo prezzo di acquisto è

97, con la differenza di 3 acquista un’opzione.

I prodotti Index Linked si suddividono in:

- Index Linked pure;

- Index Linked garantite.

Nelle Index Linked garantite la Compagnia di assicurazione stabilisce dei minimi rendimenti dell'investimento.

Normalmente le offerte prevedono la restituzione del capitale netto iniziale o, in altri casi, un minimo rendimento.

La recente crisi dei mercati finanziari, i cui effetti si sono manifestati anche nel settore assicurativo con la crisi di

emittenti bancari, ha spinto l’IVASS ad intervenire per una maggiore trasparenza e tutela degli assicurati che

acquistano Index Linked che sono agganciate a panieri di indici azionari o ad altri valori di riferimento. L’Istituto di

vigilanza ha emanato di recente il regolamento n. 32/2009 con cui la Compagnia di Assicurazioni si assume il

rischio di insolvenza del soggetto emittente; le azioni e le obbligazioni su cui sono costruiti gli indici di riferimento

devono essere negoziate su mercati regolamentati attivi e liquidi; le imprese non possono investire in attivi dello

stesso emittente o gruppo più del 10% del totale delle riserve tecniche relative ai contratti Index Linked; la

copertura assicurativa in caso di decesso deve essere almeno pari ai premi versati fino a quel momento. Il

Regolamento ISVAP n. 32/2009 prevede che “le modalità di indicizzazione agli indici azionari e agli altri valori di

riferimento di cui agli articoli 4 e 5 devono essere semplici e soddisfare il requisito di agevole comprensibilità da

parte del contraente”.

L’intento dell’Autorità di vigilanza è stato quello di recuperare i meccanismi di tutela e garanzia tipici del contratto

di assicurazione sulla vita spesso affievoliti in prestazioni a bassissimo valore aggiunto, ma che vengono sempre

ricercate dai risparmiatori quando sottoscrivono prodotti di tipo assicurativo-finanziario.

I) Il contratto di capitalizzazione

La capitalizzazione è definita dall’art.179 del CAP come “quel contratto che si fonda su di un'operazione puramente

finanziaria, mediante il quale l'impresa di assicurazione si impegna a pagare una somma determinata ad una certa

data quale corrispettivo di premi, unici o periodici, corrisposti in denaro o mediante altre attività, senza che vi sia

alcuna convenzione relativa alla durata della vita umana. La durata minima del contratto è di 5 anni, fatta salva la

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facoltà di esercizio del riscatto trascorsi 2 anni ed a condizione che il contraente abbia corrisposto il premio per

un'intera annualità”.

Il rischio del contratto non è collegato, come suggerisce chiaramente la definizione, al verificarsi di eventi attinenti

alla vita umana, ma ad un mero rischio connesso a scelte di investimento. Per tali prodotti, quindi, il rischio

demografico, cioè quello connesso ad un evento attinente alla vita umana, è assente ed il rischio finanziario

connesso alla gestione del premio versato è totalmente a carico del sottoscrittore. Si tratta quindi di operazioni

meramente finanziarie.

Caratteristica fondamentale di questo tipo di contratto è la connessione tra il rendimento relativo all'investimento

dei premi raccolti da parte della Compagnia di Assicurazione e quello da corrispondere contrattualmente al

beneficiario. Il rendimento del contratto e la misura di rivalutazione delle prestazioni sarà secondo il regime

finanziario dell’interesse composto – gli interessi si aggiungono al capitale e fruttano interessi.

J) I PRIIPS

Il Regolamento UE n. 1286/2014 relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti

d’investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati (packaged retail and insurance-based investment products

– PRIIPs) è parte di un gruppo di misure legislative di emanazione europea (es. MIFID II, IDD) finalizzate a

ristabilire la fiducia dei risparmiatori nei mercati finanziari, introducendo norme volte ad assicurare una maggiore

e soprattutto “migliore” trasparenza informativa a protezione degli investitori.

Nella definizione di PRIIP rientrano prodotti come obbligazioni, derivati, prodotti strutturati, ma anche i prodotti

assicurativi che presentano una scadenza o un valore di riscatto e in cui tale scadenza o valore di riscatto è

esposto in tutto o in parte, in modo diretto o indiretto, alle fluttuazioni del mercato (come ad esempio le polizze

unit linked e multi-ramo). Sono compresi i PRIIPS sia di emittenti UE sia extra UE offerti a clienti retail nell’Unione

Europea (“criterio della territorialità”).

Sono esclusi i prodotti esplicitamente indicati dal Regolamento (prodotti assicurativi danni, prodotti assicurativi

vita, qualora le prestazioni previste dal contratto siano dovute soltanto in caso di decesso o per incapacità dovuta

a lesione, malattia o infermità come TCM, LTC, prodotti di previdenza complementare) e i prodotti vita non più in

offerta al 1 gennaio 2018 anche nei casi in cui il cliente abbia la possibilità di effettuare operazioni sui contratti in

essere (versamenti aggiuntivi e operazioni di switch). In caso di modifiche significative sul prodotto (offerta ad

esempio attraverso l’introduzione di un nuovo fondo) occorre considerare le norme civilistiche del Paese di

riferimento, al fine di verificare se tale modifica al prodotto costituisca una modifica del contratto originariamente

stipulato dal cliente o meno. La produzione del KID sarebbe necessaria solo in quest’ultimo caso. Tale aspetto

rileva anche per i prodotti assicurativi in offerta al 1 gennaio 2018.

Il Regolamento UE n. 1286/2014 (recepito dall’ordinamento nazionale all’art 1, comma 1 lett. w-bis.4 del TUF)

definisce «ideatore di prodotti d'investimento al dettaglio preassemblati e assicurativi» o «ideatore di

PRIIP» un soggetto che confeziona un PRIIP o un soggetto che apporta modifiche a un PRIIP esistente anche,

ma non soltanto, modificandone il profilo di rischio e di rendimento o i costi associati ad un investimento nel PRIIP

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K) I Piani Individuali di Risparmio (PIR)

La legge di Bilancio 2017 (Legge 11 dicembre 2016, n. 232) ha introdotto un nuovo strumento finanziario nel

panorama del risparmio gestito: i Piani Individuali di Risparmio, detti PIR.

Lo scopo del Piano di Risparmio a lungo termine è quello far convivere tre necessità di base:

1. far comprendere il potenziale di un investimento di lungo termine rispetto alle masse attualmente

immobilizzate in prodotti di liquidità o di brevissimo termine;

2. contribuire ad incanalare gli investimenti privati al fine di sostenere le piccole e medie imprese italiane con

il fine di stimolare l’economia del paese;

3. poter beneficiare dell’esenzione fiscale dai redditi di capitale e redditi diversi dal sottoscrittore se sono

rispettate alcune regole di permanenza nel Piano.

Le regole introdotte dalla Legge di Bilancio sono:

▪ sono piani individuali e quindi non possono essere cointestati;

▪ valgono solo per le persone fisiche residenti in Italia (e quindi non nell’ambito di attività di impresa);

▪ ogni persona fisica può essere titolare di un solo piano di risparmio;

▪ hanno benefici fiscali se vengono detenute per almeno 5 anni;

▪ sono esenti da imposta di successione;

▪ si possono investire al massimo 30 mila euro all’anno per un massimo di 150.000 euro nel piano;

▪ devono investire in strumenti che rispondano a particolari caratteristiche definite dalla normativa.

Il comma 101 della Legge 232/2016 prevede che il Piano di Risparmio a lungo termine si attua inserendo strumenti

qualificati “attraverso l‘apertura di un rapporto di custodia o amministrazione o di gestione di portafogli o altro

stabile rapporto con esercizio dell’opzione per l’applicazione del regime del risparmio amministrato, o di

un contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione, avvalendosi di intermediari abilitati o imprese di

assicurazione residenti, ovvero non residenti operanti nel territorio dello Stato tramite stabile organizzazione o in

regime di libera prestazione di servizi con nomina di un rappresentante fiscale in Italia scelto tra i predetti soggetti”.

Il comma 104, aggiunge tra i PIR anche i Fondi e Sicav. Per essere considerato tale e quindi mantenere le

caratteristiche necessarie per poter usufruire delle agevolazioni fiscali, il PIR deve investire “il 70 per cento del

valore complessivo in strumenti finanziari, anche non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali

di negoziazione, emessi o stipulati con imprese che svolgono attività diverse da quella immobiliare, residenti nel

territorio dello Stato “ ..” o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio

economico europeo con stabili organizzazioni nel territorio medesimo”. Di questo 70%, almeno il 30% deve essere

investito in strumenti finanziari non quotati nell’indice FTSE MIB della Borsa Italiana o in altri indici equivalenti di

altri mercati. Viene posto il limite del 10% per ogni partecipazione in ogni singolo emittente e per la parte posta in

depositi e conti correnti. Non possono altresì essere utilizzati strumenti finanziari emessi o stipulati con soggetti

residenti in Stati o territori diversi da quelli che consentono un adeguato scambio di informazioni. Nel caso gli

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strumenti utilizzati non rispettino le regole indicate in precedenza relativi alla composizione richiesta dal piano in

termini di percentuale di strumenti finanziari, vengono a decadere i benefici fiscali. In questo caso, saranno

addebitate le imposte dovute più interessi. Non sono previste sanzioni. All’interno del PIR sono consentite vendite

degli strumenti purché le somme disinvestite vengano reinvestite entro 30 giorni dal rimborso. Le minusvalenze

generate all’interno del PIR per vendite in perdita, sono deducibili dalle plusvalenze realizzate nelle successive

operazioni all’interno del piano e sottoposti a tassazione fino al quarto periodo di imposta successivo. Alla chiusura

del piano le minusvalenze possono essere portate in deduzione fino al quarto periodo d’imposta successivo dalle

plusvalenze realizzate dall’intestatario. In caso di trasferimento prima dei 5 anni, l’operazione non influisce nel

conteggio degli anni (comma 111). In caso di morte dell’intestatario del PIR, il trasferimento a causa di morte degli

strumenti finanziari detenuti nel piano non è soggetto all’imposta sulle successioni (comma 114).

L) Le assicurazioni collettive

Per assicurazione collettiva si intende l’assicurazione di gruppi di persone appartenenti alla stessa azienda od

organizzazione, ad uguali condizioni ed alla medesima tariffa, quando quest’ultima assume la contraenza dei

contratti stipulati.

Tale forma di assicurazione, quando venga applicata ad ampi gruppi di persone aventi caratteristiche di

omogeneità, consente all’impresa assicuratrice la rinuncia ad alcune misure cautelative proprie delle forme di

assicurazione individuale. Le collettive sono di norma regolate, oltre che dalle condizioni delle polizze emesse

sulla testa di ciascun assicurato, anche da convenzioni disciplinanti i rapporti tra ditta contraente ed impresa

assicuratrice. Le assicurazioni collettive trovano il più vasto campo di applicazione nel settore dell’impiego privato,

poiché consentono al datore di lavoro di assolvere in forma assicurativa gli oneri che gli fanno carico, per legge o

per contratto di lavoro, nei confronti dei dipendenti sia in caso di loro morte o di invalidità sia al raggiungimento

dei limiti di età.

Le assicurazioni collettive normalmente si classificano in tre categorie:

− previdenziali: vengono contratte di norma nella forma di rendita differita o di assicurazione mista al fine di

garantire integrazioni di trattamenti pensionistici o di trattamento di fine rapporto (oggi meno diffuse perché

non godono di benefici fiscali dei FIP o dei fondi pensione);

− di gruppo: sono prevalentemente assicurazioni monoannuali rinnovabili, per il caso di morte e invalidità

permanente; interessano in genere i datori di lavoro per i propri dipendenti e dirigenti nonché le associazioni

professionali o di categoria per i propri appartenenti. Ad esempio il CCNL dei dirigenti industriali prevede

l’obbligo per i datori di lavoro di assicurarli contro il rischio morte e invalidità permanente totale da malattia

fino a euro 150.000 (euro 220.000 se il dirigente ha una famiglia);

− di legge: meglio conosciute come “tariffa di capitalizzazione rivalutabile T.F.R.” (trattamento di fine rapporto),

stipulate dai datori di lavoro per garantirsi il capitale necessario per liquidare il TFR al momento del pensionamento o

in caso di anticipata risoluzione del rapporto di lavoro.

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La legge n. 297 del maggio 1982 fissa che in caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore

di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto e che tale trattamento si calcola sommando, per ciascun anno

di servizio, una quota pari a retribuzione annua divisa per 13,5. Il montante maturato viene rivalutato annualmente

del 75% indice Istat sui prezzi al consumo più l’1,5%.

A fronte del versamento annuo da parte del datore di lavoro della quota TFR maturata in corso dell’esercizio, la

Compagnia si impegna ad investire il premio ed a liquidare alle scadenze previste il capitale sufficiente per coprire

l’impegno nei confronti del dipendente.

La Compagnia pertanto tiene una contabilizzazione dei versamenti e dei capitali maturati da ogni singolo

dipendente.

Il diffuso utilizzo del TFR come fonte di finanziamento da parte delle aziende italiane e il recente obbligo di versarlo

all’INPS per le aziende con oltre 15 dipendenti, l’assenza di idonei benefici fiscali, l'elevato tasso legale di

rivalutazione e la riduzione dei tassi di rendimento rendono queste polizze meno interessanti per i datori di lavoro

e molto impegnative da mantenere per le Compagnie.

Un altro tipo particolare di polizze sono le assicurazioni per il trattamento di fine mandato. Per i soggetti che

partecipano all'attività dell'azienda con un rapporto di collaborazione (es. amministratori unici, consiglieri di

amministrazione, sindaci di società, ecc.) che non usufruiscono di alcuna forma di previdenza obbligatoria (come

il TFR) è prevista un’indennità aggiuntiva che viene accantonata annualmente e richiesta in occasione della

cessazione del rapporto di collaborazione. Questo accantonamento non deve essere superiore al 15-20% del

compenso annuo, vi deve essere inoltre un atto che attesti la legittimità del versamento che sia antecedente

all’accantonamento e all’inizio del rapporto.

Il vantaggio per l’azienda consiste nel risparmio fiscale dovuto al fatto che l’accantonamento decurta gli utili, per il

percettore il vantaggio si ha al momento del riscatto perché il totale dei premi pagati sarà sottoposto a tassazione

separata (si applicherà l’aliquota media corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente

nel biennio anteriore all’anno in cui è sorto il diritto alla percezione) o a quella ordinaria, nel caso in cui quest’ultima

tassazione sia minore; inoltre sui rendimenti finanziari maturati sulla polizza la tassazione sarà compresa tra il

12,5% e il 26% in funzione della componente di rendimento derivante da Titoli di Stato o altri titoli.

M) Le assicurazioni complementari

Le prestazioni offerte dall’assicurazione vita possono essere integrate, pagando il relativo premio di un ulteriore

capitale in caso di morte o invalidità da infortunio.

Queste coperture dovranno essere prestate nell’ambito dello stesso contratto che copre la garanzia principale del

ramo vita e dovranno riferirsi alla medesima persona assicurata.

Distinguiamo le seguenti garanzie complementari:

− assicurazione di invalidità: che può consistere nella corresponsione di una rendita o di un capitale (tale

garanzia può essere prevista per le polizze caso morte temporanea e le polizze miste immediate) o

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nell’esonero dal pagamento dei premi residui (tale garanzia può essere prevista per le polizze caso morte e

miste a premi temporanei, escludendo quelle a premi vitalizi).

− assicurazione morte per infortunio che prevede il pagamento di un capitale aggiuntivo o doppio rispetto a

quello assicurato quando il decesso avvenga per infortunio.

− assicurazione beneficio orfani che prevede, dopo il pagamento del capitale assicurato in caso di decesso del

coniuge assicurato, il pagamento ai figli di un secondo capitale assicurato alla morte del coniuge superstite

(questo tipo di garanzia è concessa soltanto nelle polizze miste ed è soggetta a determinati limiti circa l’età

dei coniugi).

Per tali garanzie, il premio accessorio che il contraente dovrà corrispondere è in funzione del capitale assicurato

a fronte della garanzia base e della garanzia accessoria richiesta.

A differenza di quanto avviene nelle polizze Temporanee Caso Morte, per le quali il premio della garanzia

aggiuntiva complementare infortuni viene aggiunto al premio della garanzia base, in quelle Miste, la parte di premio

per la componente morte e la complementare infortuni viene detratta dall’importo complessivo del premio che il

contraente versa abbattendo così l’importo da destinare all’investimento finanziario.

5. I rami assicurativi vita previsti dal Codice delle Assicurazioni

Nei Rami Vita la classificazione per ramo è la seguente:

I. le assicurazioni sulla durata della vita umana. Questo ramo comprende tutte le forme tradizionali di

assicurazioni sulla vita;

II. le assicurazioni di nuzialità e di natalità;

III. le assicurazioni, di cui ai rami I e II, le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di

quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o ad altri valori

di riferimento. Questo ramo comprende le cosiddette polizze Unit Linked e quelle Index Linked;

IV. l'assicurazione malattia e l'assicurazione contro il rischio di non autosufficienza che siano garantite

mediante contratti di lunga durata, non rescindibili, per il rischio di invalidità grave dovuta a malattia o a

infortunio o a longevità;

V. le operazioni di capitalizzazione;

VI. le operazioni di gestione di fondi collettivi costituiti per l'erogazione di prestazioni in caso di morte, in caso

di vita o in caso di cessazione o riduzione dell'attività lavorativa.

L'impresa autorizzata all'esercizio delle assicurazioni di cui ai rami I, II, III o del ramo V (se è stata autorizzata ad

esercitare anche un altro ramo vita con assunzione di un rischio demografico), può garantire in via complementare

con i relativi contratti i rischi di danni alla persona, comprese l'incapacità al lavoro professionale, la morte in seguito

ad infortunio, l'invalidità a seguito di infortunio o di malattia.

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L'impresa autorizzata all'esercizio delle operazioni di cui al ramo VI, in via complementare ai relativi contratti, può

garantire prestazioni di invalidità e di premorienza, secondo quanto previsto nella normativa sulle forme

pensionistiche complementari.

Va infine citato il Regolamento n. 29 del 16 marzo 2009 concernente le istruzioni applicative sulla classificazione

dei rischi all’interno dei rami relativamente ai rischi che, in funzione della struttura del contratto e dell’oggetto della

copertura, possono presentare difficoltà di inquadramento.

Relativamente ai rischi dei rami vita tale regolamento definisce i seguenti criteri di classificazione dei rischi:

- Assicurazione sulla vita con prestazioni collegate a fondi di investimento o indici azionari. Sono ricompresi nel

ramo vita III, se direttamente collegati a fondi di investimento ovvero ad indici azionari o altri valori di

riferimento, solo i contratti di assicurazione sulla durata della vita umana di cui al ramo I, caratterizzati dalla

presenza di un effettivo impegno da parte dell’impresa a liquidare, per il caso di sopravvivenza, per il caso di

morte o per entrambi, prestazioni assicurate il cui valore, o quello dei corrispondenti premi, sia dipendente

dalla valutazione del rischio demografico. Non possono essere considerati contratti di assicurazione sulla vita

umana e, pertanto, non possono essere incluse nel ramo III quelle polizze le cui condizioni contrattuali siano

articolate in modo tale da rendere, di fatto, l’entità e l’effettiva erogazione delle singole prestazioni siano

indipendenti dalla durata della vita della testa assicurata.

- Assicurazione contro le malattie gravi. È classificata nel ramo vita IV l’assicurazione contro le malattie gravi,

qualora sia un contratto di lunga durata non rescindibile da parte dell’impresa e preveda la corresponsione di

un capitale o di una rendita di importo prefissato al verificarsi di una delle malattie gravi previste in polizza,

indipendentemente dalla sussistenza di uno stato di invalidità. È classificata nel ramo vita I se il contratto

prevede che la prestazione per il caso di morte venga anticipata in tutto o in parte nel caso del verificarsi della

malattia grave. Quando la copertura offerta prevede il rimborso delle spese sostenute o da sostenere per

ricoveri, interventi chirurgici, visite specialistiche ed esami diagnostici, l’assicurazione è classificata nel ramo

danni 2. Malattia. Il rimborso può essere corrisposto anche nelle forme di diaria o di capitale.

- Assicurazione contro il rischio di non autosufficienza. È classificata nel ramo vita IV l’assicurazione, non

rescindibile da parte dell’impresa, che copre il rischio di non autosufficienza per invalidità grave dovuta a

malattia, infortunio o longevità, quando la prestazione consiste nell’erogazione di una rendita. È classificata

nel ramo danni 2. Malattia quando la prestazione consiste nel risarcimento, totale o parziale, del costo per

l’assistenza ovvero in una prestazione in natura, nei limiti del massimale assicurato.

- Operazioni di capitalizzazione. Sono classificate nel ramo vita V le assicurazioni che prevedono prestazioni

collegate al valore delle quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio, al valore di attivi

contenuti in un fondo interno, ad un indice azionario o ad altro valore di riferimento, quando le condizioni

contrattuali sono tali da rendere indipendente l’erogazione delle singole prestazioni da eventi attinenti la vita

umana ed è prevista una garanzia di rendimento minimo sulle somme versate.

- Assicurazione per il caso di decesso connessa a finanziamenti con cessione del quinto dello stipendio.

L’assicurazione sulla vita dell’assicurato/debitore prestata in funzione dell’erogazione di prestiti o mutui

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rimborsabili mediante cessione di quote dello stipendio o della pensione, quando abbinata alle garanzie danni

che allo stesso fine coprono il rischio di impiego è classificata nel ramo vita I.

Le imprese autorizzate all’esercizio dei rami vita I, II e III o anche al ramo vita V, in tal caso solo se autorizzate ad

esercitare anche un altro ramo vita con assunzione di un rischio demografico, possono assumere in via

complementare i rischi dei rami danni 1. Infortuni e 2. Malattia, a condizione che le coperture relative ai suddetti

rischi vengano prestate nell’ambito dello stesso contratto che copre la garanzia principale del ramo vita e si

riferiscano alla medesima persona assicurata. Queste condizioni si applicano anche alle imprese autorizzate

all’esercizio delle operazioni di cui al ramo vita VI che intendono garantire, in via complementare ai relativi contratti,

le prestazioni di invalidità e premorienza secondo quanto previsto dalla normativa sulle forme pensionistiche

complementari.

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6. La previdenza sociale e complementare in Italia

6.1 Previdenza pubblica

La struttura del sistema pensionistico italiano è costituita da tre livelli detti anche pilastri.

Per Primo Pilastro si intende la previdenza sociale obbligatoria che garantisce ai contribuenti la pensione

pubblica di base. La previdenza obbligatoria è gestita da enti pubblici come INPS e poi dalle Casse autonome dei

liberi Professionisti che, attraverso la contribuzione obbligatoria, garantiscono il trattamento pensionistico di base.

In Italia il sistema previdenziale obbligatorio di base è basato sul sistema a ripartizione: i contributi versati dai

lavoratori attivi vengono utilizzati, contestualmente, per erogare le prestazioni pensionistiche ai lavoratori non più

attivi. Il sistema trova il suo equilibrio quando i contributi dei lavoratori attivi sono superiori alle prestazioni

pensionistiche erogate.

A) Cenni storici

Il sistema attuale prevede a partire dal 1 gennaio 1995, per tutti i lavoratori di prima occupazione, un calcolo delle

prestazioni non più applicando il sistema retributivo ma contributivo.

Nel sistema retributivo il calcolo delle prestazioni è basato sulla media delle retribuzioni o dei redditi percepiti

immediatamente prima del pensionamento, moltiplicata per gli anni di contribuzione e per una determinata aliquota

di rendimento, nel sistema contributivo invece è basato sul totale contributi versati durante l’intera vita lavorativa,

moltiplicato per un determinato coefficiente di trasformazione più favorevole all’aumentare dell’età pensionabile.

Negli ultimi anni l’allungamento della vita media della popolazione (aumento dell’aspettativa di vita), la diminuzione

del tasso di natalità, la crescita più lenta con il conseguente calo del tasso di occupazione, la necessità di maggiori

cautele nella gestione della finanza pubblica imposte dall’Unione Europea e l’affidamento all’INPS di compiti

assistenziali come la cassa integrazione, l’assegno di maternità, i prepensionamenti di aziende in crisi, le pensioni

sociali hanno fortemente minato l’equilibrio del sistema che ha inciso con il suo deficit all’aumento del debito

pubblico. Tutto ciò ha determinato dagli anni ’90 in poi una continua attività riformatrice volta a riportare in equilibrio

il sistema attraverso l’aumento dell’età pensionabile, degli anni di contribuzione minima richiesta e la riduzione

delle prestazioni.

Pertanto per porre rimedio alla squilibrata situazione finanziaria degli enti previdenziali nel 1995 è entrata in vigore

la Legge 335/1995 (Legge Dini) che ha modificato radicalmente il sistema di calcolo della pensione pubblica,

passando dal sistema di calcolo retributivo (con il quale l’importo della pensione era calcolato come percentuale

sulla media degli ultimi redditi da lavoro a prescindere dagli effettivi contributi versati) al sistema contributivo (in

cui l’importo della pensione dipende dal montante contributivo accumulato durante tutti gli anni di versamento).

Essa ha avuto come conseguenza l’aumento del cosiddetto gap previdenziale, cioè la differenza tra l’ultimo reddito

percepito durante l’attività lavorativa e il primo reddito da pensione. Con il sistema retributivo la copertura

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previdenziale è mediamente pari al 65% mentre con il sistema contributivo può essere anche solo del 30% (per i

lavoratori autonomi)

In stretta continuità con l’impostazione di fondo della legge Dini si pone la legge 243/2005 (la cosiddetta riforma

Maroni) che rimodella ulteriormente il sistema pensionistico e introduce alcuni principi:

- innalzamento dell’età media del pensionamento. È stato infatti definito un nuovo quadro di requisiti e

decorrenze per il pensionamento di anzianità (meglio noti con il termine “finestre”), prevedendo per i lavoratori

dipendenti pubblici e privati una quota (somma di età anagrafica e anzianità contributiva) di 96 fino al 2012

(minimo 60 anni d’età e 35 anni di contributi) e dal 2013 una quota di 97. Per i lavoratori autonomi iscritti

all’INPS i requisiti erano tutti aumentati di un anno o in alternativa per tutti i lavoratori con un minimo

contributivo di 40 anni indipendentemente dall’età (disciplina sostituita dalla riforma Fornero);

- incrementare i flussi di finanziamento della previdenza complementare attraverso il conferimento del TFR

introducendo regole importanti che vedremo più avanti come il silenzio assenso nella destinazione del TFR

alle forme di previdenza complementare, la libertà di scelta da parte dei lavoratori della forma di previdenza

complementare e l’equiparazione tra fondi pensione chiusi e fondi pensione aperti.

B) La riforma Fornero e le successive evoluzioni dei requisiti pensionistici

La Legge n. 214 del 22/12/2011 (Riforma Fornero) introduce notevoli novità, cancella le pensioni di anzianità

calcolata con il meccanismo delle quote (somma di età e anzianità contributiva) e le finestre mobili che separano

la data di maturazione dei requisiti dalla concessione dell’assegno. Rimangono due opzioni per il pensionamento:

quello ordinario (pensione di vecchiaia) – a 66 anni per gli uomini dipendenti privati e pubblici nonché per le

donne dipendenti del pubblico impiego; lo stesso requisito sarà raggiunto dalle lavoratrici autonome o dipendenti

private dal 2018 e quello anticipato, con 42 anni e 1 mese di anzianità (un anno in meno per le donne) per il 2012.

Di seguito sono descritte sinteticamente le principali novità:

1. Aumento delle aliquote relative ai contributi obbligatori per i lavoratori autonomi.

É previsto un incremento dell'aliquota di contribuzione per i lavoratori autonomi (artigiani, commercianti,

coltivatori) che dal 20% del 2011 sale a regime al 24% dal 2018.

2. Totalizzazione dei periodi contributivi

Con effetto dal 2012 gli assicurati con diversi periodi di anzianità contributiva maturati in fondi previdenziali

diversi potranno totalizzarli ai fini di percepire un’unica pensione, a prescindere dall’anzianità contributiva

minima maturata in ciascuno di essi. Viene cioè eliminato il requisito di almeno 3 anni di anzianità contributiva

in ciascun fondo.

3. Abolizione delle finestre di uscita

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Sono state abolite le finestre di uscita in pensione che posticipavano di 12 mesi per i dipendenti e di 18 mesi

per gli autonomi l'effettivo pensionamento dalla data di maturazione dei requisiti minimi. Dal 2012 la

decorrenza della pensione scatta dal primo del mese successivo alla data di maturazione dei requisiti.

4. Abolizione della pensione di anzianità e introduzione della pensione anticipata

Con la riforma Fornero, salvo alcune eccezioni, viene abolita la pensione di anzianità e viene introdotta la

cosiddetta pensione anticipata.

Per conseguire la pensione Anticipata, che matura a prescindere dall'età anagrafica, bisogna possedere dal

2012:

➢ 41 anni e 1 mese se donne

➢ 42 anni e 1 mese se uomini

a. l'incremento di questo requisito è graduale nei successivi anni: per il 2015 un uomo dipendente privato

o lavoratore autonomo dovrà aver accumulato 42 anni e 6 mesi di anzianità contributiva, per le donne

dipendenti private o autonome il requisito di anzianità contributiva si riduce di un anno e cioè sono

necessari 41 anni e 6 mesi di contributi accumulati.

b. Anche il requisito di anzianità lavorativa della pensione anticipata viene agganciato all’incremento della

speranza di vita, si stima che nel 2049, i 42 anni potranno divenire ben 46.

c. Sono garantiti comunque i diritti di accesso ai trattamenti pensionistici per tutti coloro che hanno già

maturato i requisiti della normativa precedente, entro il 2011. Inoltre sono previste clausole di salvaguardia

per alcune categorie di lavoratori particolari: coloro che si trovano in mobilità, che hanno avuto accesso

alla contribuzione volontaria, ed altre casistiche similari.

5. Nuovi requisiti di accesso per la pensione di vecchiaia

Il requisito minimo per ottenere la pensione di vecchiaia è portato a 66 anni di età e 20 anni di contribuzione

accreditata. Vige dal 2012 per tutti gli uomini e per le donne del pubblico impiego. Entra invece a regime nel

2018 per le donne del settore privato.

L'accesso alla pensione di vecchiaia si può procrastinare fino al 70° anno di età e ciò consente

conseguentemente di fruire di un miglior coefficiente di calcolo delle quote di pensione contributiva (il

coefficiente commisurato alla speranza di vita del pensionando).

Per coloro che hanno iniziato a versare contributi obbligatori dopo il 31/12/95 (sistema contributivo puro)

possono conseguire il diritto alla pensione di vecchiaia:

a) in presenza del requisito contributivo di 20 anni e del requisito anagrafico riportato nella seguente tabella

(TAB.7), se l’importo della pensione risulta non inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale (c.d.

importo soglia);

b) al compimento dei 70 anni di età e con 5 anni di contribuzione “effettiva” (obbligatoria, volontaria, da

riscatto) - con esclusione della contribuzione accreditata figurativamente a qualsiasi titolo - a prescindere

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dall’importo della pensione. Decade il vincolo sull'importo rispetto all'assegno sociale. Per effetto

dell’adeguamento alla speranza di vita il requisito anagrafico dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2018 è

di 70 anni e 7 mesi. Dal 2019 lo stesso requisito potrà subire ulteriori incrementi per effetto

dell’adeguamento alla speranza di vita.

TAB. 7 REQUISITO ANAGRAFICO PER L’ACCESSO AL PENSIONAMENTO DI VECCHIAIA (REQUISITO CONTRIBUTIVO MINIMO 20 ANNI – fonte INPS) (dal 2016 requisiti anagrafici stimati sulla base dello scenario demografico Istat‐centrale base 2007)

Anno Lavoratori dipendenti settore privato

Lavoratrici dipendenti settore privato

Lavoratori autonomi

Lavoratrici autonome

età (*) età (*) età (*) età (*)

2017 66 e 7 mesi 65 e 7 mesi 66 e 7 mesi 66 e 1 mese

2018 66 e 7 mesi 66 e 7 mesi 66 e 7 mesi 66 e 7 mesi

(*) Dal 1° gennaio 2012, i soggetti per i quali il primo accredito contributivo decorre dal 1° gennaio 1996, possono conseguire il diritto alla pensione di vecchiaia, in presenza del requisito contributivo di 20 anni e del requisito anagrafico, al ricorrere di una delle seguenti condizioni: a) se l’importo della pensione risulta non inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale (c.d. importo soglia), la pensione di vecchiaia spetta secondo gli stessi requisiti previsti per i lavoratori in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995; b) al compimento dei 70 anni di età e con 5 anni di contribuzione “effettiva” - con esclusione della contribuzione accreditata figurativamente a qualsiasi titolo - a prescindere dall’importo della pensione. Dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015, il requisito anagrafico di 70 anni è incrementato di 3 mesi per effetto dell’adeguamento alla speranza di vita e potrà subire ulteriori incrementi di adeguamento.

6. Revisione automatica dei requisiti di pensionamento in proporzione all'allungamento della speranza di vita

I requisiti di età e quelli di anzianità relativi alla pensione Anticipata, come anche i coefficienti di conversione

del montante individuale, incorrono nel meccanismo automatico di revisione e incremento in proporzione

all'allungamento riscontrato della speranza di vita, appositamente rilevato dall’ISTAT. Le cadenze di revisione

sono nel 2013, 2016, 2019 e successivamente a frequenza biennale. Il primo incremento non può eccedere i

tre mesi e quelli successivi saranno tali da maturare approssimativamente 3 anni 9 mesi di incremento alla

soglia del 2050.

7. Il contributivo pro rata

A partire dal 01/01/2012 tutte le annualità contributive saranno calcolate con il sistema di calcolo

contributivo (che correla l’importo della pensione ai contributi versati) per tutti, anche per i lavoratori che,

avendo iniziato i versamenti prima del 1977 (con più di 18 anni di contributi al 31/12/1995) erano stati esclusi

dalla riforma Dini e hanno continuato fino al 2011 a essere trattati con il vecchio sistema retributivo (che lega

l’assegno al livello delle retribuzioni degli ultimi anni). In qualche caso, la novità potrebbe trasformarsi in un

vantaggio perché nel retributivo non venivano conteggiati i contributi versati dopo il 40esimo anno di anzianità,

mentre ora nessuna clausola lo esclude.

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Negli anni successivi all’entrata in vigore della Riforma Fornero i vari governi nazionali hanno provato a rivedere

i requisiti pensionistici introdotti dalla citata riforma al fine di rendere più agevole e flessibile l’accesso alle

prestazioni pensionistiche anche introducendo nuove tipologie di prestazione come l’Anticipo Pensionistico (APE

volontaria, sociale).

Anticipo pensionistico (APE VOLONTARIA)

La legge di Bilancio 2017 (art, 1 comma 166 e ss.) ha introdotto in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31

dicembre 2018 (poi prorogata di un anno dalla Legge d Bilancio 2018 al 31 dicembre 2019) l’anticipo finanziario a

garanzia pensionistica (APE VOLONTARIA). Un prestito erogato da una banca in quote mensili per 12 mensilità

garantito dalla pensione di vecchiaia che il beneficiario otterrà alla maturazione del diritto.

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Destinatari

● lavoratori dipendenti pubblici e privati,

● lavoratori autonomi e iscritti alla gestione separata.

● sono esclusi i liberi professionisti iscritti alle Casse professionali

Requisiti

necessari al

momento della

richiesta

- almeno 63 anni di età

- almeno 20 anni di anzianità contributiva.

- maturare il diritto alla pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi

- importo della futura pensione mensile, al netto della rata di ammortamento per il rimborso del

prestito richiesto, pari o superiore a 1,4 volte il trattamento minimo dell’assicurazione generale

obbligatoria

- non essere titolari di alcuna pensione diretta.

- NON è richiesta la cessazione dell’attività lavorativa.

Prestito

Il prestito è erogato da soggetti finanziatori e imprese assicurative scelti tra quelli che aderiscono agli

accordi-quadro stipulati tra il Ministro dell’Economia e delle Finanze e il Ministro del lavoro e delle

politiche sociali e, ABI e ANIA e altre imprese assicurative primarie. Il prestito ottenuto è restituito in 260

rate in un periodo di 20 anni mediante una trattenuta che viene effettuata dall’INPS all’atto del

pagamento di ciascun rateo pensionistico, inclusa la tredicesima. Completata la restituzione la pensione

sarà corrisposta per intero, senza ulteriori riduzioni per l’APE. Il prestito è coperto da una polizza

assicurativa obbligatoria per il rischio di premorienza; in caso di decesso dell’interessato prima

dell’intera restituzione del debito l’assicurazione versa alla banca il debito residuo. L’eventuale pensione

ai superstiti viene corrisposta senza decurtazioni.

Durata Il prestito è erogato per un periodo minimo di sei mesi e fino alla maturazione del diritto alla pensione

di vecchiaia. Il prestito decorre entro 30 giorni lavorativi dal perfezionamento del contratto.

Importo Il prestito è commisurato alla pensione di vecchiaia attesa al raggiungimento degli ordinari requisiti

anagrafici ed è erogato in quote mensili per 12 mensilità nell’anno. L’importo massimo e minimo

richiedibile sarà stabilito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

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Incompatibilità Per ottenere l’APE il richiedente presenta all’Inps in modalità telematica, direttamente o tramite

intermediari autorizzati, domanda di certificazione del diritto all’APE. L’Inps verifica il possesso dei

requisiti di legge, certifica il diritto all’APE e comunica al richiedente l’importo minimo e massimo del

prestito ottenibile. Il soggetto in possesso della certificazione, direttamente o tramite intermediari

autorizzati, presenta all’Inps domanda di APE e domanda di pensione di vecchiaia da liquidare al

raggiungimento dei requisiti di legge. La domanda di APE e quella di pensione non sono revocabili,

salvo il diritto di recesso da esercitarsi nei termini previsti dalla legge in materia creditizia e bancaria e

dal codice del consumo. Nella domanda il richiedente indica sia il finanziatore cui richiedere il prestito

sia l’impresa assicurativa alla quale richiedere la copertura del rischio di premorienza. L’Istituto

finanziatore trasmette all’Inps il contratto di prestito ovvero l’eventuale comunicazione di rifiuto dello

stesso. In quest’ultimo caso la domanda di pensione decade ed è priva di effetti. In caso di concessione

del prestito, dal momento in cui il contratto è reso disponibile al richiedente in modalità telematica

decorrono i termini di 14 giorni per esercitare il diritto di recesso. In caso di recesso la domanda di

pensione decade ed è priva di effetti. La norma prevede una possibilità di intervento del datore di lavoro

del settore privato, degli enti bilaterali o dei fondi di solidarietà, con il consenso del lavoratore, per ridurre

la percentuale di incidenza della rata di ammortamento sulla futura pensione. Il datore di lavoro, l’ente

bilaterale o il fondo di solidarietà possono, infatti, versare in un’unica soluzione all’Inps un contributo

correlato alla retribuzione percepita prima della cessazione dal servizio del lavoratore in modo da

produrre un aumento della pensione tale da compensare in tutto o in parte gli oneri relativi alla

concessione dell’APE. Il contributo deve essere versato alla scadenza prevista per il pagamento dei

contributi del mese di erogazione della prima mensilità dell’APE. L’ammontare minimo del contributo

del datore di lavoro è pari all’ammontare dei contributi volontari per ciascun anno o frazione di anno di

anticipo rispetto alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia. Al contributo si applicano le

norme in materia di riscossione e di sanzioni previste per i contributi previdenziali obbligatori

Benefici fiscali Le somme erogate a titolo di prestito non concorrono a formare reddito ai fini IRPEF. Alle somme

erogate a titolo di APE si applica il tasso di interesse e il premio assicurativo relativo all’assicurazione

di copertura del rischio di premorienza previsti dagli appositi accordi quadro. A fronte degli interessi sul

finanziamento e dei premi assicurativi per la copertura del rischio di premorienza è riconosciuto un

credito di imposta annua nella misura massima del 50% dell’importo pari a 1/20 degli interessi e dei

premi assicurativi complessivamente pattuiti nei relativi contratti. Tale credito d'imposta non concorre

alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi ed è riconosciuto dall'INPS per l'intero importo

rapportato a mese a partire dal primo pagamento del trattamento di pensione.

Anticipo pensionistico sociale (APE SOCIALE)

L’articolo 1 comma 179 e seguenti della legge di Bilancio 2017 ha introdotto l’anticipo pensionistico sociale (APE

SOCIALE), una misura sperimentale in vigore dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018 (poi prorogata di un anno

dalla Legge d Bilancio 2018 al 31 dicembre 2019) intesa ad agevolare la transizione verso il pensionamento per

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soggetti svantaggiati o in condizioni di disagio ed è soggetta a limiti di spesa. L’APE SOCIALE è un’indennità di

natura assistenziale a carico dello Stato erogata dall’Inps a soggetti in stato di bisogno che abbiano compiuto

almeno 63 anni di età e che non siano già titolari di pensione diretta.

Destinatari Lavoratori, dipendenti pubblici e privati, autonomi e i lavoratori iscritti alla gestione separata che si

trovino in una delle seguenti condizioni:

a) disoccupati che abbiano finito integralmente di percepire, da almeno tre mesi, la prestazione

per la disoccupazione loro spettante.

b) assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo

grado convivente (genitore, figlio) con handicap grave

c) sono invalidi civili con un grado di invalidità pari o superiore al 74%

d) i lavoratori dipendenti che svolgono da almeno sei anni in via continuativa un lavoro

particolarmente difficoltoso o rischioso (Operai dell'industria estrattiva, dell'edilizia,

ferrovieri, camionisti, medici, infermieri, insegnanti scuola dell’infanzia e asili nido, ecc.).

L’indennità è corrisposta, a domanda, fino al raggiungimento dell’età prevista per la

pensione di vecchiaia o dei requisiti per la pensione anticipata.

Requisiti

necessari al

momento della

richiesta

- almeno 63 anni di età

- almeno 30 anni di anzianità contributiva.

- maturare il diritto alla pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi

- non essere titolari di alcuna pensione diretta.

L’accesso al beneficio è inoltre subordinato alla cessazione di qualunque attività lavorativa anche

autonoma.

La legge di bilancio 2018 ha previsto una riduzione dell’anzianità contributiva per le donne, di 12

mesi per ogni figlio, nel limite massimo di 2 anni (cd. APE sociale donna).

Durata L’indennità è corrisposta ogni mese per 12 mensilità nell’anno, fino all’età prevista per il

conseguimento della pensione di vecchiaia o comunque fino al raggiungimento dei requisiti per la

pensione anticipata

Importo L’indennità è pari all’importo della rata mensile di pensione calcolata al momento dell’accesso alla

prestazione (se inferiore a 1500 €) o pari a 1500 € (se la pensione è pari o maggiore di detto importo).

L’importo dell’indennità non è rivalutato.

Incompatibilità L’indennità non spetta ai titolari di pensione diretta. Non è compatibile con i trattamenti di sostegno

al reddito connessi allo stato di disoccupazione involontaria, con l’assegno di disoccupazione

(ASDI), nonché con l’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale. È compatibile con lo

svolgimento di attività lavorativa dipendente o parasubordinata se i redditi non superino gli 8.000 €

annui e con lo svolgimento di attività di lavoro autonomo nel limite di reddito di 4.800 € annui.

I requisiti per accedere alla pensione nel 2019

A partire dal 2019 il requisito di età anagrafica per accedere alla pensione di vecchiaia è incrementato di 5 mesi

rispetto al 2018 (tabella 1) cioè il nuovo requisito è 67 anni per tutti i lavoratori, uomini e donne (fermo restando il

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requisito di una contribuzione minima di 20 anni). Il nuovo requisito anagrafico di 67 anni è applicato anche per

poter accedere all’assegno sociale.

Rimangono in vigore i due stabilizzatori automatici posti a garanzia della sostenibilità del sistema pensionistico

cioè il meccanismo di aggancio dell’età di pensionamento all’aspettativa di vita e la revisione triennale dei

coefficienti di trasformazione (biennale dal 2019) posti a presidio degli effetti dell’invecchiamento demografico. Nel

corso del 2019 cambieranno i coefficienti di trasformazione per il calcolo della pensione che, a propria volta legati

all’aspettativa di vita, determineranno, a parità di età anagrafica, una riduzione di circa l’1% dell'importo del

trattamento pensionistico rispetto al triennio precedente.

Tabella 1 – evoluzione età pensionabile

Anno di pensionamento Requisiti anagrafici

Dipendenti privati Dipendenti pubblici

Autonomi

2016-2017 Uomini – 66 anni e 7 mesi Donne - 65 anni e 7 mesi

Uomini e donne - 66 anni e 7 mesi

Uomini – 66 anni e 7 mesi Donne – 66 anni e 1 mese

2018 66 anni e 7 mesi 66 anni e 7 mesi 66 anni e 7 mesi

2019 67 anni 67 anni 67 anni

Il secondo canale di accesso alla pensione è la “pensione anticipata” che si otterrà, se non dovessero intervenire

modifiche alla riforma Fornero, con 43 anni e 3 mesi di contributi per gli uomini e 42 anni e 3 mesi per le donne

(tabella 2), a prescindere dall’età anagrafica. Quindi, 5 mesi in più sia per i maschi sia per le femmine.

Tabella 2 - Requisiti richiesti per la pensione anticipata

Anno di pensionamento Requisiti minimi

tutti Assicurati post 31/12/1995 Età anagrafica minima

2016-2018 Uomini – 42 anni e 10 mesi Donne – 41 anni e 10 mesi

63 anni e 7 mesi

2019 Uomini – 43 anni e 3 mesi Donne – 42 anni e 3 mesi

64 anni

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7.2 Previdenza complementare

Per Secondo Pilastro si intende la previdenza complementare su base collettiva finalizzata a cumulare ed

erogare risorse integrative alla pensione di base ed alimentata dai contributi a carico dell’azienda, a carico del

lavoratore e dal trattamento di fine rapporto.

Le forme pensionistiche complementari su base collettiva sono i fondi pensione chiusi (o negoziali), i

fondi pensione preesistenti o i fondi pensione aperti ad adesione collettiva. I fondi pensione chiusi e

preesistenti sono forme pensionistiche complementari istituite dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro

nell’ambito della contrattazione nazionale, di settore, aziendale o territoriale e sono riservate a specifiche categorie

di destinatari; i fondi pensione aperti ad adesione collettiva sono fondi pensione appunto aperti a diverse tipologie

di soggetti o di aziende di settori merceologici ma facenti parti di gruppi omogenei di lavoratori.

Per Terzo Pilastro si intende la previdenza complementare su base individuale che comprende le forme

pensionistiche complementari di tipo individuale attuate ad esempio mediante l'adesione a fondi pensione aperti

ad adesione individuale o ai cosiddetti PIP (Piani Individuali Pensionistici) di tipo assicurativo alimentate dai

contributi individuali dell’aderente e, per i lavoratori dipendenti privati anche attraverso il versamento del

trattamento di fine rapporto e, se disponibile il datore di lavoro, il contributo aziendale.

Questi ultimi due pilastri hanno l’obiettivo di integrare il trattamento pensionistico offerto dalla previdenza

obbligatoria in modo da assicurare, a coloro che maturano i diritti di pensionamento e cessano l’attività lavorativa,

il mantenimento di un adeguato tenore di vita.

In base all’art. 1 del Decreto Legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 l'adesione alle forme pensionistiche

complementari è sempre libera e volontaria.

Ancora poco diffuse nel nostro Paese, le forme di previdenza complementare ricopriranno un ruolo sempre

maggiore al fine di integrare economicamente le future rendite pensionistiche provenienti dal settore pubblico e

compensare la riduzione delle prestazioni erogate dal primo pilastro, potendo beneficiare di vantaggi fiscali e tutele

normative particolarmente significative. Per tutti coloro che lavorano è certo infatti che l'età di pensionamento si

allontana e il livello della futura pensione, in rapporto all'ultimo reddito, è molto basso, in alcuni casi come abbiamo

visto può essere anche inferiore al 50%. L'importo della pensione inoltre non è agganciato alla dinamica reale del

costo della vita: questo fa sì che il potere d'acquisto del pensionato tende a ridursi col passare degli anni. Ciò

spingerà i lavoratori a sfruttare tutte le opportunità offerte dai diversi sistemi previdenziali.

7. I fondi pensione e i PIP

I fondi pensione sono degli organismi costituiti come soggetti giuridici di natura associativa che hanno come

finalità quella di garantire, agli aderenti, trattamenti previdenziali integrativi rispetto a quelli obbligatori per legge.

Essi adempiono a questa funzione attraverso la gestione finanziaria dei contributi versati dagli aderenti.

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I fondi pensione sono stati costituiti in seguito alla riforma del sistema previdenziale pubblico con il Decreto

Legislativo n. 124 del 1993 e con la riforma del 2005 (D. Lgs. n. 252) ha avuto un forte incentivo allo sviluppo e

un notevole incremento dei flussi contributivi.

L’adesione ai fondi pensione è sempre e solo facoltativa, i soggetti che possono aderire sono i lavoratori dipendenti

privati e pubblici, lavoratori autonomi, liberi professionisti, soci lavoratori di cooperative e per le forme

pensionistiche individuali anche i non titolari di reddito.

Distinguiamo i fondi a prestazione definita da quelli a contribuzione definita.

Nel primo caso la prestazione finale è predefinita. Il fondo si impegnerà a corrispondere una prestazione

predeterminata es. un’integrazione percentuale della pensione di legge e per garantire questo obiettivo potrà

chiedere all’aderente anche di aumentare i propri contributi.

Nel secondo caso i contributi sono predefiniti, ma non la prestazione finale che dipenderà dalla contribuzione

effettuata e dal rendimento ottenuto dalla gestione finanziaria dei contributi stessi.

Si noti che mentre i lavoratori autonomi e i liberi professionisti possono scegliere tra fondi a prestazione definita e

a contribuzione definita, i lavoratori dipendenti possono aderire soltanto ai fondi a contribuzione definita.

Sia i fondi a prestazione definita che quelli a contribuzione definita sono gestiti in regime di capitalizzazione. I

sistemi finanziari di gestione a capitalizzazione correlano la contribuzione versata da un individuo o da una

generazione di individui alle prestazioni ad essi spettanti. Al termine dell’attività lavorativa il lavoratore riceve un

flusso pensionistico commisurato al capitale accumulato nel corso degli anni e ai frutti derivanti dall’investimento

del capitale stesso. I sistemi a capitalizzazione vanno distinti dai sistemi a ripartizione che correlano la

contribuzione versata da una generazione di individui alle prestazioni erogate alle generazioni precedenti.

Distinguiamo poi i fondi pensione chiusi dai fondi pensione aperti.

I fondi pensione chiusi sono chiamati così perché riservati ai lavoratori che abbiano caratteristiche omogenee,

(aziendali, professionali, territoriali). Possono aderirvi infatti:

- appartenenti ad una determinata categoria o comparto o delimitazione territoriale;

- dipendenti di una stessa impresa o di un gruppo di imprese (in questo caso l’adesione viene raccolta

dall’azienda);

- raggruppamenti di lavoratori autonomi o liberi professionisti organizzati per aree professionali o territoriali (in

questo caso l’adesione viene raccolta dall’associazione professionale di categoria);

- raggruppamenti di soci e lavoratori di cooperative di produzione e lavoro.

Questi fondi hanno quindi una platea predefinita di potenziali aderenti e possono essere istituiti su base

categoriale, aziendale, di gruppo, territoriale, di associazione, di professione. L’adesione dipenderà quindi

dall’appartenenza alla categoria dei soggetti che l’ha istituito.

I fondi pensione chiusi vengono definiti anche negoziali, perché nascono dalla contrattazione. La costituzione dei

fondi pensione chiusi può essere prevista:

- da contratti e accordi collettivi, anche aziendali, ovvero, in mancanza, da accordi fra lavoratori dipendenti,

promossi da sindacati firmatari di contratti collettivi nazionali di lavoro;

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- da regolamenti di enti o aziende, i cui rapporti di lavoro non siano disciplinati da contratti o accordi collettivi

anche aziendali;

- da accordi fra lavoratori autonomi o fra liberi professionisti, promossi dai loro sindacati o associazioni di rilievo

almeno regionale;

- dalle Regioni;

- da accordi fra soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro, promossi dalle loro associazioni nazionali

di rappresentanza legalmente riconosciute;

- da accordi tra soggetti destinatari del D.Lgs. 16-9-1996, n. 565 recante disposizioni della gestione «Mutualità

pensioni»;

- dagli enti di diritto privato gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza ai sensi dei D.Lgs. 30-6-

1994, n. 509, e 10-2-1996, n. 103, con l'obbligo della gestione separata.

I fondi pensione aperti sono quelli non ad ambito definito e quindi non sono rivolti ad una platea di soggetti

definiti. Possono aderire ad un fondo pensione aperto anche tutti coloro che non possiedono i requisiti necessari

per accedere ad un fondo pensione chiuso e tutti coloro per i quali sono venuti meno i requisiti necessari per la

partecipazione ad un fondo chiuso. L'adesione ai fondi pensione aperti, può avvenire, oltre che su base individuale,

anche su base collettiva.

I fondi pensione aperti si distinguono da quelli chiusi anche perché sono istituiti direttamente da un soggetto vigilato

(banche, SIM, SGR, imprese di assicurazione). Il patrimonio del fondo è autonomo e separato dal soggetto gestore

e non distraibile dal fine previdenziale a cui è destinato. Non potranno pertanto essere ammesse azioni esecutive

da parte di creditori del soggetto gestore.

La gestione delle risorse nei fondi pensione aperti può essere affidata agli stessi soggetti che hanno promosso il

fondo (identità fra soggetto istitutore e soggetto gestore) oppure ad altri soggetti vigilati, mentre nei fondi pensione

chiusi non si ravvisa tale identità, poiché essi sono promossi dalle parti sociali (imprese, sindacati e associazioni

di categoria) e la loro gestione è affidata obbligatoriamente a soggetti vigilati esterni.

Il fondo pensione aperto può essere soltanto in regime di contribuzione definita, l'entità delle prestazioni

pensionistiche del fondo è quindi determinata in funzione della contribuzione effettuata e in base al principio della

capitalizzazione. La misura della contribuzione è determinata liberamente.

Il fondo può essere articolato in un certo numero di comparti che prevedono differenti linee di investimento con

profili di rischio-rendimento differenziati (azionaria, bilanciata, obbligazionaria, monetaria). Ciò consente

all'aderente, all'atto dell'adesione, di scegliere uno o più comparti in cui far confluire i versamenti contributivi, con

la facoltà di modificare nel tempo tale destinazione nel rispetto del periodo minimo di un anno dall’iscrizione ovvero

dall’ultima riallocazione.

Riepilogando quindi i fondi pensione chiusi sono rivolti, come ricordato, ai lavoratori dipendenti pubblici e privati,

ai professionisti, ai soci di cooperative. Il fatto di appartenere ad una determinata categoria di lavoratori o di

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lavorare presso l'impresa che ha istituito il fondo pensione chiuso, costituisce condizione essenziale per poter

partecipare al fondo medesimo.

I fondi pensione aperti invece non traggono origine da una forma istitutiva o dall'esistenza di un accordo integrativo

aziendale, ma sono istituiti su iniziativa di un soggetto vigilato (banche, SIM, SGR, imprese di assicurazione) e

sono rivolti a coloro che non possono partecipare ai fondi chiusi, o perché hanno perso il diritto di partecipare al

fondo o perché non posseggono i requisiti richiesti.

I Fondi Pensioni devono rendere disponibili ai potenziali aderenti specifici documenti informativi precontrattuali a

consegna obbligatoria e alcuni facoltativi. La COVIP (Commissione di Vigilanza sui fondi pensione) con la

deliberazione del 25 maggio 2016 ha approvato il nuovo Regolamento sulle modalità di adesione alle forme

pensionistiche complementari, che sostituisce il precedente Regolamento, di cui alla Deliberazione del 29 maggio

2008. La novità più importante introdotta dal nuovo Regolamento, in vigore dal 1° giugno 2017, è la concentrazione

di tutte le informazioni essenziali per l’adesione nella I Sezione della Nota Informativa denominata “Informazioni

chiave per l’aderente”, che diventa l’unico documento da consegnare obbligatoriamente all’atto

dell’adesione, insieme al documento “La mia pensione complementare” e al modulo di adesione comprensivo

del questionario di autovalutazione. La Nota informativa integrale, lo statuto (per i fondi pensione negoziali), il

regolamento (per i fondi pensione aperti e PIP) e le condizioni generali di contratto (per i PIP) dovranno essere

consegnati solo all’aderente che ne faccia espressa richiesta, fermo l’obbligo di renderli comunque disponibili sul

sito web della forma pensionistica.

Oltre ai citati documenti informativi, le forme pensionistiche devono pubblicare il Documento sul regime fiscale, il

Documento sulle anticipazioni.

In fase di adesione, nell’ambito delle proposte di investimento, una delle principali novità è rappresentata

dall’indicazione che la scelta tra le opzioni di investimento deve essere preceduta da una valutazione, da parte

dell’aderente, della propria situazione personale e delle proprie aspettative di prestazione (questionario di

autovalutazione COVIP allegato al modulo di adesione). Al fine di rendere l’adesione sempre più consapevole e

informata, è stata inserita una nuova previsione relativa alle adesioni dei soggetti che risultino, sulla base di quanto

dichiarato nel Modulo di adesione, già iscritti ad altra forma pensionistica complementare (art. 7, comma 6). Con

riferimento a tali individui, gli incaricati della raccolta delle adesioni sono tenuti a sottoporre all’interessato anche

la “Scheda dei costi” contenuta nelle “Informazioni chiave per l’aderente” della forma pensionistica di

appartenenza, al fine di consentire un raffronto con quella della forma pensionistica proposta.

Tale scheda, debitamente sottoscritta dall’interessato, dovrà essere acquisita agli atti dagli incaricati/intermediari

coinvolti nella raccolta delle adesioni.

Al fine di facilitare la reperibilità della Scheda dei costi di ciascuna forma pensionistica complementare, sul sito

COVIP è pubblicato l’elenco di tutti i link delle schede dei costi delle forme tenute alla redazione. L’elenco è

alimentato e aggiornato dalle forme pensionistiche complementari, alle quali è richiesto di comunicare alla COVIP

il link della Scheda dei costi immediatamente dopo la pubblicazione della medesima nel proprio sito web e di

aggiornarlo a seguito di ogni cambiamento.

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Un’ulteriore novità di rilievo riguarda l’art. 9, comma 1, nel quale è stata eliminata la previsione che, per il

collocamento dei fondi aperti e dei PIP, richiedeva il rispetto, in aggiunta alle disposizioni specificamente dettate

dalla COVIP, delle regole previste per il collocamento di prodotti finanziari e assicurativi. Nella nuova formulazione,

ci si limita a richiamare le altre regole che eventualmente trovino applicazione nei riguardi dell’intermediario in

forza della normativa del proprio settore di appartenenza. Anche tale intervento va nella direzione di semplificare

gli adempimenti a carico dei fondi pensione e degli incaricati della raccolta delle adesioni e di meglio chiarire quali

sono gli adempimenti essenziali, prescritti dalla COVIP, da porre in essere in tale fase. Tale modifica tiene anche

conto dell’avvenuto inserimento nell’ambito del Modulo di adesione di uno specifico questionario di

autovalutazione da parte dell’aderente, relativamente alla propria situazione personale e alle proprie aspettative

di prestazione pensionistica, finalizzato a favorire la scelta di un’opzione di investimento per quanto possibi le

coerente con le caratteristiche proprie dell’aderente. Anche le regole di comportamento da tenersi nella raccolta

delle adesioni, contenute nell’art. 11, sono state riviste, chiarendo che le stesse si applicano ai fondi pensione e

ai soggetti istitutori dei fondi aperti e dei PIP, sia per la raccolta delle adesioni effettuata direttamente sia per il

tramite di soggetti incaricati. È stata inoltre prevista la necessità di impartire agli incaricati della raccolta delle

adesioni apposite istruzioni al fine di assicurare il rispetto delle regole di comportamento enucleate in detto articolo.

Le regole di condotta sono state riviste in un’ottica di maggiore chiarezza e semplificazione.

Un’ulteriore novità è la disciplina della raccolta delle adesioni mediante sito web che è stata introdotta al fine di

meglio regolare i presidi di correttezza che devono essere salvaguardati nell’utilizzo di siffatto strumento. In tale

ambito sono previste alcune specifiche tutele per l’interessato tra cui la necessità di un consenso espresso

all’utilizzo dello strumento e la previsione del diritto di recesso da esercitarsi entro trenta giorni dall’adesione,

senza costi e senza necessità di indicare motivi. È poi precisato che, nel procedimento di collocamento tramite

sito web sia le forme pensionistiche complementari, sia i soggetti incaricati della raccolta delle adesioni, sono

tenuti ad osservare le regole di comportamento dettate nel Titolo II.

La COVIP ha introdotto l’obbligo per fondi pensione chiusi, fondi pensione aperti e PIP di calcolare, per ogni

comparto di investimento, l’Indicatore Sintetico di Costo o I.S.C. e da riportare nelle rispettive Note Informative

L’I.S.C. è una stima dei costi complessivi annui per la partecipazione ad una forma pensionistica complementare,

espressa in percentuale della posizione individuale maturata e calcolata facendo riferimento a un aderente-tipo

che effettua un versamento contributivo annuo di 2.500 euro e ipotizzando un tasso di rendimento annuo del 4%

e permanenze nel programma previdenziale pari a 2, 5, 10, 35 anni.

Il dato, in pratica, indica di quanto si riduce il rendimento rispetto a quello che si otterrebbe con un ipotetico prodotto

senza costi (Esempio: I.S.C. a 5 anni = 2% significa che il rendimento del Comparto si riduce di un 2% annuo, nei

5 anni, per effetto dei costi).

La mia pensione complementare versione standardizzata è invece uno strumento che fornisce indicazioni sulla

possibile evoluzione della posizione individuale nel tempo e sull'importo delle prestazioni che si potranno ottenere

al momento del pensionamento. Si tratta di una mera proiezione, basata su ipotesi e dati stimati; pertanto gli

importi effettivamente spettanti potranno essere diversi da quelli indicati. Il documento informativo è però utile per

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avere un'idea immediata del piano pensionistico che si sta costruendo e di come gli importi delle prestazioni

possano variare al variare, ad esempio, della contribuzione, delle scelte di investimento, dei costi e così via.

Gli stessi documenti sono disponibili sul sito internet del soggetto istitutore (banca/compagnia/SGR/SIM), in

un’apposita sezione dedicata alle forme pensionistiche complementari. Su richiesta, il materiale viene inviato agli

interessati. In conformità alle disposizioni della COVIP, viene inviata annualmente all’aderente una comunicazione

contenente informazioni sulla sua posizione individuale, sui costi sostenuti e sui risultati di gestione conseguiti.

La vigilanza sui fondi, sull'attività da essi svolta e dal 2007 anche sui piani individuali pensionistici attuati mediante

contratti assicurativi è esercitata dalla COVIP, che ha ampi poteri di vigilanza regolamentare, ispettiva e

informativa elencati nel decreto legislativo n. 252 del 2005 (richiesta di dati e documenti, possibilità di convocare

gli organi di amministrazione e controllo, chiedere l'esibizione di atti o documenti, accedere direttamente ai fondi,

ecc.).

L'esercizio dell'attività dei fondi pensione è, infatti, subordinato alla preventiva autorizzazione da parte della

COVIP. Dal 2007 anche tutte le forme pensionistiche complementari devono essere autorizzate dalla COVIP che

ne verifica il rispetto delle condizioni previste dalla legge e delle istruzioni fornite dalla stessa. Le forme

pensionistiche autorizzate sono poi iscritte in un apposito “albo delle forme pensionistiche complementari”.

Il legislatore ha previsto per tutte le forme pensionistiche complementari (i fondi pensioni aperti, chiusi e i PIP)

organi sociali propri (art. 5 del D.Lgs. 252/2005):

- il c.d. Responsabile del Fondo, che ha il compito di assicurare terzietà, trasparenza e garanzia nei confronti

degli iscritti al fondo, verifica che la gestione della stessa sia svolta nell'esclusivo interesse degli aderenti,

nonché nel rispetto della normativa vigente e delle previsioni stabilite nei regolamenti e nei contratti; sulla base

delle direttive emanate da COVIP provvede all'invio di dati e notizie sull'attività complessiva del fondo richieste

dalla stessa COVIP. Le medesime informazioni vengono inviate contemporaneamente anche all'organismo di

sorveglianza interno. In particolare vigila sul rispetto dei limiti di investimento, complessivamente e per

ciascuna linea in cui si articola il fondo, sulle operazioni in conflitto di interesse e sulle buone pratiche ai fini di

garantire la maggiore tutela degli iscritti;

- un organismo di sorveglianza (costituito da almeno 2 membri), che rappresenta gli interessi degli aderenti e

verifica che l'amministrazione e la gestione complessiva del fondo avvenga nell'esclusivo interesse degli

stessi, anche sulla base delle informazioni ricevute dal responsabile della forma pensionistica. L'organismo

riferisce agli organi di amministrazione del fondo e alla COVIP delle eventuali irregolarità riscontrate.

Molto importante è anche il ruolo della banca depositaria che ha in custodia le risorse dei fondi. La banca deve

essere un soggetto distinto dal gestore finanziario del fondo.

La banca depositaria esegue le istruzioni impartite dal soggetto gestore del patrimonio del fondo, se non siano

contrarie alla legge, allo statuto del fondo stesso e ai criteri stabiliti nel decreto del Ministro dell'economia e delle

finanze.

Gli amministratori e i sindaci della banca depositaria riferiscono senza ritardo alla COVIP sulle irregolarità

riscontrate nella gestione dei fondi pensione.

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Le forme di previdenza complementare ad adesione individuale individuate dal D. Lgs. 252/2005 sono i fondi

pensione aperti ad adesione individuale e i Piani Individuali Pensionistici (PIP) sono forme pensionistiche

individuali realizzate attraverso la sottoscrizione di contratti di assicurazione sulla vita con finalità previdenziale.

Prima del 1 gennaio 2007 data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 252/2005, la previgente normativa (D.

Lgs. n. 124/93 e D. Lgs. n. 47/2000) aveva introdotto e disciplinato e polizze FIP (forme individuali pensionistiche).

Queste particolari polizze vita di tipo rivalutabile / unit linked / multiramo con finalità previdenziali, collocate tra il

2001 e il 2006, prevedono prestazioni pensionistiche erogabili in rendita ed, in parte, anche in capitale e hanno lo

scopo di costituire un’integrazione pensionistica su base volontaria e individuale.

I FIP sono forme pensionistiche complementari che possono essere istituite esclusivamente da imprese di

assicurazione e che non si sono adeguate alle disposizioni previste dal D. Lgs. n. 252/2005 (quindi non rientrano

nell’ambito di vigilanza della COVIP, ma sono rimaste sotto la vigilanza prima dell’ISVAP ora dell’IVASS).

Dal 1 gennaio 2007 i FIP non sono più in commercializzazione e sono stati sostituiti dai PIP. Questa nuova

tipologia di forma pensionistica può essere istituita esclusivamente da imprese di assicurazione sulla vita ed è

stata equiparata sotto tutti gli aspetti alle altre forme pensionistiche complementari (Fondi pensione chiusi e aperti)

vigilate dalla COVIP, unica Authority di Controllo per tutte le forme pensionistiche complementari adeguate alle

norme del D. Lgs. n. 252/2005.

I PIP non possono essere destinatari di conferimento con modalità tacite del TFR ma solo con una scelta esplicita

del lavoratore dipendente.

I PIP, come gli altri fondi pensione, si sviluppano su due fasi: un primo periodo definito fase di accumulo ed uno

successivo definito fase di erogazione.

Per fase di accumulo si intende il periodo compreso tra la data di effetto del contratto e la data di accesso alle

prestazioni pensionistiche. In tale periodo il contraente versa i contributi che concorrono alla determinazione del

capitale che sarà utilizzato per l’erogazione della prestazione pensionistica.

Per fase di erogazione si intende il periodo, successivo alla fase di accumulo, durante il quale l’impresa di

assicurazione eroga le prestazioni pensionistiche.

Esistono tre forme di gestione finanziaria dei PIP:

- i contratti di tipo rivalutabile, la cui prestazione è legata all'andamento di un fondo a gestione separata. Essi

offrono la garanzia di rimborso del capitale, molto spesso accompagnata dalla garanzia di un rendimento

minimo annuo. Un'altra caratteristica di queste polizze è il consolidamento dei rendimenti conseguiti di anno

in anno, che sono acquisiti definitivamente e non risentono, quindi, degli andamenti successivi. Le gestioni

separate di queste polizze vita sono investite prevalentemente in obbligazioni: i loro rendimenti sono

essenzialmente costanti nel tempo, ma non raggiungono valori particolarmente elevati;

- i contratti di tipo Unit Linked, in cui i premi versati sono investiti in uno o più fondi assicurativi interni della

Compagnia o in un fondo comune d'investimento. In questo caso non c'è più la garanzia di un rendimento

annuo minimo ed il risultato finale è legato all'andamento dei fondi. La scelta è tra più linee di gestione, dalle

più prudenti fino a quelle a maggior contenuto azionario;

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- i contratti multiramo (I e III) con gestione life cycle cioè con un meccanismo automatico di investimento che

collega le diverse linee di investimento alle diverse età anagrafiche/ fasi della vita lavorativa. Si prevede in

misura preponderante l’investimento di tipo azionario ad inizio carriera per poi progredire gradualmente verso

linee obbligazionarie, monetarie e con minimo garantito in età prossima al pensionamento.

Nel caso di PIP attuati mediante contratti di tipo rivalutabile la posizione individuale consiste nel capitale

accumulato di pertinenza di ciascun aderente; è alimentata dai contributi netti versati, dagli eventuali importi

derivanti da trasferimenti da altre forme pensionistiche complementari e dai versamenti effettuati per il reintegro

delle anticipazioni percepite, ed è ridotta da eventuali riscatti parziali e anticipazioni. Per i lavoratori dipendenti

privati la posizione individuale può essere alimentata oltre che dai versamenti dell’iscritto anche dal TFR

maturando e da eventuale contributo volontario del datore di lavoro. Per contributi netti si intendono i versamenti

al netto dei costi e dei contributi destinati a copertura delle prestazioni accessorie espressamente esplicitate. La

posizione individuale viene rivalutata in base al rendimento della gestione interna separata riconosciuto

all’aderente (o in base al rendimento dei fondi interni/OICR in caso di PIP attuati mediante contratti di tipo Unit

Linked).

L’adesione ai PIP è volontaria e libera, non essendo necessariamente legata ad una determinata occupazione o

all’esercizio di una libera professione o di un lavoro autonomo. I soggetti che possono aderire ai PIP sono gli stessi

interessati ai fondi pensione aperti, anche le prestazioni e il trattamento fiscale sono simili.

Il fondo pensione aperto permette però anche adesioni di tipo collettivo, mentre invece i PIP solo adesioni

individuali. Altro elemento di distinzione è rappresentato dal fatto che i PIP, soprattutto quelli in forma di polizza

rivalutabile, hanno sembianze più assicurative e permettono un rendimento minimo garantito, oltre che la garanzia

di consolidamento dei risultati.

Va precisato che gli attivi posti a copertura degli impegni di natura previdenziale dei PIP istituiti dalla Compagnia

costituiscono patrimonio separato ed autonomo rispetto agli altri attivi della Compagnia. Il patrimonio del PIP è

destinato all’erogazione agli aderenti delle prestazioni pensionistiche e non può essere distratto da tale fine. Su di

esso non sono ammesse azioni esecutive da parte dei creditori della Compagnia o di rappresentanti dei creditori

stessi, né da parte dei creditori degli aderenti o di rappresentanti dei creditori stessi. Il patrimonio del PIP non può

infine essere coinvolto nelle procedure concorsuali che riguardino la Compagnia.

8. La destinazione del TFR alle forme pensionistiche complementari

L'intervento di riforma, culminato con l'emanazione del D.Lgs. 5-12-2005, n. 252, si è posto come obiettivo lo

sviluppo della previdenza complementare riguardante sia i lavoratori dipendenti privati, pubblici e i lavoratori

autonomi.

Una delle novità più importanti della riforma sulla previdenza complementare riguarda il Trattamento di Fine

Rapporto (TFR) dei lavoratori dipendenti privati che può essere utilizzato come fonte di finanziamento delle forme

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pensionistiche complementari. Il TFR è, come abbiamo già visto, una forma di retribuzione che viene corrisposta

dal datore di lavoro al lavoratore al termine del rapporto di lavoro dipendente.

Essa matura in proporzione alla durata del rapporto e si determina accantonando, per ciascun anno di lavoro, una

quota pari all'importo delle retribuzioni annue (salari e stipendi lordi più tutti gli elementi integrativi della

retribuzione) diviso per 13,5. Gli importi accantonati sono rivalutati, al 31 dicembre di ogni anno, con l'applicazione

di un tasso costituito dall'1,5% in misura fissa cui si aggiunge uno spread pari al 75% dell'aumento dell'indice dei

prezzi al consumo ISTAT (art. 2120 del Codice Civile).

Secondo quanto previsto dalla riforma previdenziale, così come modificata dalla legge finanziaria del 2007, dal 1°

gennaio 2007 al 30 giugno 2007 ciascun lavoratore dipendente (già assunto alla data del 31 dicembre 2006), ad

eccezione dei lavoratori domestici e dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e che non versava ancora il

TFR ad una forma pensionistica complementare ha potuto effettuare la scelta di (modalità esplicita):

− destinare il TFR futuro alla forma pensionistica complementare prescelta. In tal caso, dal 1° luglio 2007

il datore di lavoro è tenuto a versare la quota di TFR nella forma pensionistica prescelta maturata a partire

dalla data di adesione;

− mantenere il TFR futuro presso il datore di lavoro. Per i lavoratori di aziende con almeno 50 addetti, l'intero

TFR è stato trasferito dal datore di lavoro al Fondo per l'erogazione del TFR ai dipendenti del settore privato

– Fondo Tesoreria, gestito, per conto dello Stato, dall'INPS, che assicura le stesse prestazioni previste per il

TFR dall'art. 2120 del Codice Civile e pertanto, in tal caso, per il lavoratore non si è verificato alcun

cambiamento. Per i lavoratori di aziende con meno di 50 dipendenti il TFR rimane in azienda e nulla cambia

rispetto al precedente regime.

Il lavoratore che già aderiva a un fondo pensione destinando il TFR a tale fondo non ha dovuto effettuare alcuna

scelta ulteriore, in quanto il TFR ha mantenuto la destinazione già opzionata.

Per i lavoratori di prima occupazione antecedente il 28 aprile del 1993 in caso di versamento del TFR a forme di

previdenza complementare collettive o individuali viene data la possibilità di versare una percentuale del TFR

maturando. Per i lavoratori di prima occupazione successive al 28 aprile del 1993 il versamento del TFR

maturando a forme di previdenza complementare deve essere integrale (100% del TFR maturando). La legge

annuale per il mercato e la concorrenza n. 124 del 2017 ha apportato delle modifiche sostanziali all’impianto

normativo del d.lgs. 252/2005. Il nuovo art.8, comma 2 del citato Decreto, in vigore dal 29 agosto 2017, prevede

che gli accordi collettivi (compresi gli accordi plurimi e regolamenti aziendali) possano prevedere il versamento

al fondo pensione di una percentuale minima di TFR senza l’obbligo della integrale destinazione delle quote

maturande dello stesso; tale opzione è stata fino al 28 agosto 2017 riservata ai lavoratori di prima occupazione

antecedente il 28 aprile del 1993. E’ quindi demandata agli accordi collettivi la possibilità di introdurre tale facoltà

che potrà riguardare, in assenza di previsioni specifiche, tutti i lavoratori con TFR, senza distinzione tra soggetti

già iscritti (ante e post ’93) e nuovi aderenti, potendosi prevedere anche la scelta tra diverse quote percentuali a

partire dallo 0%. In assenza di tale indicazione il conferimento del TFR maturando è totale.

Per gli aderenti in via individuale la possibilità di devoluzione parziale è esclusa potendo gli stessi aderire

senza TFR o con versamento integrale delle quote maturande.

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Altra novità importante del D. Lgs. n. 252/2005, in vigore dal 1 gennaio 2007, è l'introduzione del principio del

silenzio-assenso per il trasferimento degli accantonamenti futuri del TFR alle diverse forme di previdenza

individuate nel provvedimento stesso.

Se entro il 30 giugno 2007 il lavoratore non ha espresso alcuna indicazione relativa alla destinazione del TFR

(modalità tacita), da quella data è scattato il meccanismo del silenzio-assenso e la mancata indicazione della

scelta del lavoratore è stata intesa come manifestazione tacita della volontà di aderire alla previdenza

complementare.

In tal caso, il datore di lavoro ha trasferito, a partire dal 1° luglio 2007, il TFR futuro alla forma pensionistica

collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, o ad altra forma collettiva individuata

con un diverso accordo aziendale, se previsto.

Se esistono più forme pensionistiche collettive (es. fondo pensione nazionale di categoria e fondo pensione

aziendale) cui il lavoratore ha facoltà di aderire, il datore di lavoro trasferisce il TFR futuro:

− alla forma individuata con accordo aziendale;

− in assenza di specifico accordo, alla forma alla quale abbia aderito il maggior numero di lavoratori dell'azienda.

In assenza di una forma pensionistica collettiva individuabile, il datore di lavoro trasferisce il TFR futuro ad

un'apposita forma pensionistica complementare istituita presso l'INPS, denominata FONDINPS, alla quale si

applicano le stesse regole di funzionamento delle altre forme pensionistiche complementari. Occorre sottolineare

che FONDINPS e il Fondo Tesoreria sono due entità differenti da non confondere: il primo è una vera e propria

forma pensionistica complementare che raccoglie e gestisce, in via residuale, il TFR di quei lavoratori che non

hanno manifestato la loro scelta di destinazione; il secondo non è una forma pensionistica complementare, ma

semplicemente un fondo che raccoglie il TFR dei lavoratori dipendenti di aziende con almeno 50 dipendenti (che

hanno deciso di mantenere il TFR in azienda).

Il conferimento al fondo pensione può essere costituito oltre che dal TFR anche dai contributi del lavoratore (che

sono sempre volontari) e del datore di lavoro (che possono essere volontari o obbligatori, nel caso dei fondi di

categoria).

.

È istituito presso l’INPS un Fondo di garanzia per l’accesso ai finanziamenti per le imprese con meno di 50 addetti

che non intendono corrispondere immediatamente con risorse proprie la quota che i lavoratori intendono percepire

in busta paga. Per accedere ai finanziamenti, l’INPS rilascia ai datori di lavoro una certificazione del TFR maturato

da ciascun lavoratore, sulla cui base i datori di lavoro richiedono il finanziamento a una delle banche o intermediari

finanziari aderenti all’apposito accordo-quadro. Ai relativi finanziamenti non possono essere applicati tassi,

comprensivi di ogni eventuale onere, superiori al tasso di rivalutazione della quota di TFR. Per tali imprese che

optino per lo schema di accesso al credito, si prevede l’obbligo di versare al Fondo di garanzia presso l’INPS un

contributo pari allo 0,2% della retribuzione, in proporzione alle quote di TFR destinate a parte integrativa della

retribuzione.

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9. I requisiti per la prestazione nelle forme pensionistiche complementari

Prestazioni finali al pensionamento (rendita o capitale)

Le forme pensionistiche complementari sono forme di previdenza finalizzate ad erogare una pensione aggiuntiva

a quella corrisposta dagli Istituti di previdenza obbligatoria.

Il diritto alla prestazione pensionistica si acquisisce al momento della maturazione dei requisiti di accesso alle

prestazioni stabiliti nel regime obbligatorio di appartenenza, con almeno 5 anni di partecipazione alle forme

pensionistiche complementari.

La prestazione può essere erogata interamente sotto forma di rendita (rendita vitalizia, reversibile o altro), parte

in capitale (fino ad un massimo del 50% della posizione maturata) e in parte in rendita, interamente sotto forma di

capitale se l’importo della rendita derivante dalla conversione di almeno il 70% del montante finale sia inferiore al

50% dell'assegno sociale oppure se si tratta di un vecchio iscritto (coloro che si sono iscritti alla previdenza

complementare entro il 27 aprile 1993) a un fondo preesistente (istituiti ante 15/11/92).

Nel computo dell'importo complessivo erogabile in capitale sono detratte le somme erogate a titolo di anticipazione

per le quali non si sia provveduto al reintegro.

Il Decreto Legislativo n. 88/2018 in vigore dal 14 luglio 2018 ha modificato il comma 2 dell’art. 11 del D. Lgs. n.

252/2006 prevedendo la riduzione del periodo di partecipazione minimo al sistema di previdenza complementare

necessario per aver accesso alla prestazione pensionistica dal fondo. Tale periodo è quindi ridotto da 5 a 3 anni

a condizione che si tratti di aderenti che cessino il lavoro corso per motivi indipendenti dal fatto che lo stesso

acquisisca il diritto a una pensione complementare e che si stabiliscano la propria residenza in altro Stato membro.

Prestazioni antecedenti il pensionamento (RITA, anticipazioni, riscatti)

Dopo un periodo transitorio, dal 1º maggio 2017 al 31 dicembre 2017, la Legge di Bilancio 2018 (art. 1, comma

168, lettera a) della legge n.205/2017) ha integrato l’art.11 del Testo Unico della Previdenza Complementare (D.

Lgs. n. 252/2005) introducendo la disciplina della Rendita Integrativa Temporanea Anticipata (RITA) che unifica e

stabilizza le versioni di rendita anticipata precedentemente previste dalla legge di bilancio per il 2017 e dalla legge

per il mercato e la concorrenza n. 124 del 2017.

Si tratta di una prestazione innovativa che, da un lato, funge da “ponte previdenziale” consentendo di accedere al

capitale accumulato con anticipo rispetto all’età necessaria per la pensione vecchiaia e, dall’altro, rappresenta la

prima prestazione di previdenza complementare che applica una tassazione più vantaggiosa a prescindere dal

relativo periodo di maturazione.

La legge di bilancio per il 2018 ha modificato i requisiti per accedere alla RITA, sono legittimati:

1) i lavoratori cessati dal servizio cui manchino non più di 5 anni all’età prevista per la pensione di vecchiaia purchè

siano in possesso di un requisito contributivo di almeno20 anni nei regimi obbligatori di appartenenza;

2) i lavoratori disoccupati da più di ventiquattro mesi cui manchino non più di 10 anni all’età prevista per la pensione

di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza.

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Tale nuova prestazione anticipata in forma di RITA è accessibile a tutti i lavoratori, sia dipendenti privati che

pubblici, iscritti alle rispettive forme di previdenza complementare disciplinate dai decreti legislativi 252/2005 e

124/93; restano esclusi gli iscritti ai fondi in regime di prestazione definita. La RITA è percepita dal momento

dell’accettazione della richiesta fino al conseguimento dell’età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia e

consiste nell’erogazione frazionata, in tutto o in parte a scelta dell’iscritto, del capitale previdenziale accumulato

delle prestazioni delle forme pensionistiche complementari (fondi pensione preesistenti, chiusi, aperti, PIP), con

esclusione di quelle in regime di prestazione definita (per il periodo considerato che sarà di massimo 5 o 10 anni

in base ai requisiti sopra esposti). L’intero montante destinato all’erogazione in forma di RITA è soggetto a

tassazione sostitutiva con aliquota decrescente dal 15% al minimo del 9%, a prescindere dal relativo periodo di

maturazione.

L'anticipazione della posizione individuale maturata è consentita nelle seguenti ipotesi previste dalla legge:

− in qualsiasi momento, per un importo non superiore al 75%, per spese sanitarie per terapie e interventi

straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche relative all'aderente al coniuge o ai figli;

− decorsi 8 anni di iscrizione, per un importo non superiore al 75%, per l'acquisto della prima casa per l'aderente

o per i figli;

− decorsi 8 anni di iscrizione, per un importo non superiore al 30%, per ulteriori esigenze degli aderenti.

Le somme percepite a titolo di anticipazione non possono mai eccedere, complessivamente, il 75% del totale dei

versamenti, comprese le quote del TFR, maggiorati delle plusvalenze tempo per tempo realizzate, effettuati alle

forme pensionistiche complementari a decorrere dal primo momento di iscrizione alle predette forme.

Ai fini della determinazione dell'anzianità necessaria per la richiesta delle anticipazioni sono considerati utili tutti i

periodi di partecipazione alle forme pensionistiche complementari maturati dall'aderente per i quali lo stesso non

abbia esercitato il riscatto totale della posizione individuale.

L'aderente può trasferire per scelta volontaria il capitale maturato presso una forma individuale di previdenza ad

un'altra forma di previdenza complementare, purché siano passati almeno 2 anni dalla conclusione del contratto

(principio di portabilità ad altra forma pensionistica).

Durante la fase di contribuzione oltre a prelevare una somma a titolo di anticipazione è possibile chiedere il riscatto

(parziale o totale) della posizione individuale maturata.

Il riscatto è consentito nella misura del 50% della posizione individuale maturata, in caso di cessazione dell'attività

lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo non inferiore a 12 mesi e non superiore a 48 mesi,

ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni,

ordinaria o straordinaria.

L’aderente può riscattare l'intera posizione individuale maturata in caso di:

a) invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo

b) cessazione dell'attività lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48

mesi.

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c) Decesso dell’iscritto

d) cessazione dei requisiti di partecipazione per cause diverse dalle precedenti

La legge di bilancio per il 2018 ha eliminato l’ultimo periodo dell’art.14, comma 2, lett. c) riguardante la preclusione

del riscatto totale fiscalmente agevolato in caso di inoccupazione superiore a 48 mesi o invalidità che comporti

riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo qualora tali eventi si verifichino nei 5 anni antecedenti la

maturazione dei requisiti pensionistici del regime obbligatorio di appartenenza. Essendo venuta meno questa

preclusione la fattispecie di riscatto totale sopra menzionata resta un diritto esercitabile come fattispecie a se

stante, eventualmente richiedibile, al ricorrere dei rispettivi presupposti, in alternativa alla RITA.

Nel caso di decesso, prima che si raggiunga il diritto alla prestazione pensionistica, l’intera posizione è riscattata

dagli eredi o dai diversi beneficiari (persone fisiche e giuridiche) indicati dall’iscritto. Al di fuori dei suddetti casi

previsti dalla legge o dagli statuti o dai regolamenti delle forme pensionistiche, la posizione, limitatamente alle

forme pensionistiche individuali (fondi pensione aperti e PIP), viene devoluta a finalità sociali. Nelle forme

pensionistiche complementari collettive (fondi pensione chiusi/preesistenti e fondi pensione aperti), la suddetta

posizione resta acquisita al fondo pensione.

L’aderente che perde i requisiti di partecipazione, in alternativa al trasferimento della posizione anche prima del

periodo minimo di permanenza, può chiedere, in alcuni casi previsti dalla legge, dagli statuti o dai regolamenti

delle forme pensionistiche collettive, la restituzione della posizione maturata. La posizione può anche essere

mantenuta nel fondo senza il versamento di ulteriori contribuzioni. La legge 124/2017 ha esteso questo diritto alla

richiesta di riscatto totale anche agli aderenti ai PIP e ai fondi pensione aperti ad adesione individuale.

L’articolo 14, comma 5 del D. Lgs. n. 252/2005, nella versione riformata, prevede che per cause di perdita dei

requisiti diverse da quelle di cui ai commi 2 e 3 (inoccupazione perdurante che giustifica riscatti parziali e totali,

invalidità, mobilità, cassa integrazione e premorienza) la facoltà di riscatto sia consentita sia agli aderenti in via

collettiva che a quelli in via individuale. Come precisato da COVIP nella circolare n. 5027/2017, la perdita dei

requisiti nelle forme individuali si sostanzia nella cessazione dell’attività lavorativa dichiarata in sede di adesione

o in un momento successivo (tramite modulo allegato alla comunicazione periodica o scaricabile dal sito). Tale

facoltà è riconosciuta a prescindere dalla tipologia di lavoro svolto (dipendente privato, lavoratore autonomo, libero

professionista, ecc.). Secondo i chiarimenti Covip forniti nella richiamata circolare il riscatto potrà essere esercitato

finché perdura la condizione di inoccupazione e l’attestazione della chiusura del rapporto dovrà avvenire con

documentazione idonea (es. certificazione centro per l’impiego o dichiarazione sostitutiva di atto notorio che attesti

che il soggetto non sta svolgendo alcuna attività).

Il soggetto istitutore della forma pensionistica, accertata la sussistenza dei requisiti, provvede al trasferimento o

al riscatto della posizione con tempestività e comunque entro il termine massimo di 6 mesi dalla ricezione della

richiesta. Il trasferimento della posizione individuale e il riscatto totale comportano la cessazione della

partecipazione al fondo o al PIP.

Il diritto al trasferimento è sempre ammesso trascorsi 2 anni dalla data di adesione alla forma pensionistica, è

ammesso un termine inferiore nei casi di trasferimento richiesto per cessazione dei requisiti di partecipazione.

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10. Il regime fiscale delle polizze vita e delle forme di previdenza

complementare

Prima di parlare del regime fiscale delle polizze vita è necessario approfondire il concetto di deducibilità dal

concetto di detraibilità. Le deduzioni consentono a un contribuente di ridurre il proprio reddito complessivo sul

quale viene calcolata l’imposta lorda ai fini IRPEF. Le detrazioni consentono di ridurre l’imposta lorda IRPEF di un

determinato importo per arrivare alla determinazione dell’imposta netta.

Il regime fiscale, a cui devono sottostare i contratti di assicurazione sulla vita, ha subito nel tempo varie modifiche

attraverso l’emissione di norme legislative. Sicuramente è da citare la riforma prevista dal D.Lgs. 47/2000 entrato

in vigore il 1° gennaio 2001 e le recenti novità introdotte dal D.Lgs. 13 agosto 2011. n.138 in vigore dal 1° gennaio

2012, dal D.L. n. 102/13 – (Decreto IMU) convertito nella legge 28 ottobre 2013 n. 124, dal Decreto Legge 24

aprile 2014, n. 66 convertito nella legge 23 giugno 2014 n. 89 e dalla Legge 23 dicembre 2014 n° 190 (Legge di

Stabilità 2015).

Il regime fiscale delle polizze vita emesse entro il 31 dicembre 2000

Per tutte le polizze vita emesse e in vigore prima del 31 dicembre 2000, era riconosciuta la detraibilità dalle imposte

sul reddito del 19% del premio versato per assicurazioni sulla vita e contro infortuni con il massimo di 1.291,14

euro. Le assicurazioni sulla vita in particolare non dovevano avere durata inferiore a 5 anni e non dovevano

prevedere la possibilità di concessione di prestiti entro i primi 5 anni.

Era prevista inoltre l’applicazione di un’imposta del 2,50% sui premi versati dal contraente all’impresa di

assicurazione (dal 1° gennaio 2001, questa imposta non è più applicata alle nuove assunzioni).

Sulle prestazioni erogate era prevista la seguente tassazione:

1. Corresponsione del capitale a scadenza o in caso di riscatto, quando il soggetto assicurato è ancora in vita

a. ritenuta del 12,5% sulla differenza tra l’ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi;

b. la suddetta differenza deve essere ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo dalla

conclusione del contratto;

c. in caso di riscatto dell’assicurazione entro i primi cinque anni, l’ammontare dei premi per i quali si è

usufruito della detrazione d’imposta costituisce reddito soggetto a tassazione separata.

2. Corresponsione del capitale per morte dell’assicurato

a. non è applicata alcuna ritenuta d’imposta,

3. Corresponsione di una rendita vitalizia

a. le rendite vitalizie, costituite a titolo oneroso costituiscono reddito soggetto a tassazione IRPEF per il

60% dell’ammontare lordo percepito nel periodo d’imposta;

b. ritenuta, al momento della liquidazione, a titolo d’acconto sulla rata di rendita erogata con l’aliquota

prevista per il primo scaglione di reddito.

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Il regime fiscale delle polizze vita emesse dal 1° gennaio 2001

Il D.Lgs. 47/2000 ha profondamente modificato la disciplina fiscale della previdenza complementare e dei prodotti

assicurativi vita. Queste nuove disposizioni si applicano soltanto ai contratti stipulati dopo il 1° gennaio 2001.

Il trattamento fiscale varia a seconda della categoria contrattuale di appartenenza della polizza vita e al tipo di

prestazione assicurativa offerta. Le modifiche apportate dal D.Lgs. 47/2000 hanno operato la distinzione

fondamentale tra contratti di assicurazione aventi ad oggetto il rischio morte, l’invalidità permanente e la non

autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana e i contratti di assicurazione sulla vita con

capitalizzazione dei premi versati, che hanno natura prevalentemente finanziaria.

A seconda della tipologia di polizza, che può avere finalità assicurativa, finanziaria o previdenziale, vige un diverso

criterio di detraibilità.

Ai fini del trattamento fiscale ha rilevanza anche la distinzione tra la fase di accumulo (che si riferisce al periodo

che intercorre tra la data di decorrenza del contratto e la data di accesso alle prestazioni pensionistiche) e la fase

di erogazione (che è invece il periodo in cui la Compagnia di Assicurazioni eroga la prestazione pensionistica

assicurata in forma di rendita).

Le novità fiscali introdotte negli ultimi anni (2011-2018)

Nel 2013 il regime fiscale applicato ai premi versati ha subito importanti cambiamenti, infatti, il decreto-legge del

31 agosto 2013 n. 102 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124) ha introdotto significative

modifiche al regime di detraibilità ai fini Irpef dei premi versati per le coperture assicurative contemplate nell'articolo

15, comma 1, lettera f), del TUIR. L’art. 12 del citato decreto (c.d. Decreto IMU) ha disposto che già per l’anno di

imposta 2013, venga dimezzata la detraibilità dei premi versati per assicurazioni aventi ad oggetto il rischio di

morte o invalidità permanente”.

Infatti a partire dal 1° gennaio 2013 la detraibilità fiscale del 19% sui premi assicurativi vita passa dal limite

massimo di 245,31 € (19% di 1291,14 euro) a 119,70 € (19% di 630 €). In pratica già per i versamenti effettuati

nel 2013 che beneficiano di tale detrazione il vantaggio fiscale si riduce di 125.61 € (da 245,31 € a 119,70 €). Dal

2014 il tetto dei premi detraibili scende a 530 euro (detrazione massima pari a 101 euro).

Ma i cambiamenti più significativi riguardano l’inasprimento della tassazione dei rendimenti finanziari maturati dai

prodotti assicurativi vita e previdenziali. Si inizia con il D.Lgs. 13 agosto 2011. n.138 che ha introdotto una nuova

aliquota pari al 20% per la tassazione dei redditi maturati dal 1 gennaio 2012 a valere su tutte le polizze vita a

contenuto finanziario di ramo I rivalutabili (vita intera, capitale/rendita differita, mista), di ramo III (unit e index

linked) e di ramo V (operazioni di capitalizzazione). Le nuove disposizioni non si applicano alle forme

pensionistiche complementari (PIP di ramo I e/o III ed FPA di ramo VI) che mantengono, in fase di accumulazione

una tassazione agevolata (fino al 2013 con aliquota dell'11% sul maturato) e le polizze di puro rischio (TCM, LTC,

ecc.) le cui prestazioni finali non sono tassate.

La nuova normativa ha anche previsto un meccanismo per abbattere l’imponibile da assoggettare a tassazione

del 20% per la quota riconducibile ai Titoli di Stato ed equiparati (la cui tassazione resta pari al 12,5%).

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Dall’1/1/2012 si considera la media semplice delle percentuali di Titoli di Stato annualmente rilevate all’interno del

patrimonio del fondo. Per i contratti di Ramo I la percentuale presa a riferimento è quella indicata nel rendiconto

annuale della Gestione Separata.

L’articolo 3 del Decreto Legge 24 aprile 2014, n. 66 convertito nella legge 23 giugno 2014 n. 89 ha disposto a

partire dal 1° luglio 2014 l’aumento dal 20% al 26% delle ritenute e imposte sostitutive sui redditi di capitale e sui

redditi diversi di natura finanziaria ad esclusione dei proventi derivanti dagli investimenti in titoli del debito pubblico

italiano e organismi equiparati, così come per quelli derivanti da titoli del debito pubblico di taluni Stati esteri.

Come detto la nuova aliquota entra in vigore il 1°luglio 2014, per evitare possibili distorsioni sui mercati finanziari,

la normativa indica i criteri per il passaggio al nuovo regime. Come nella disciplina del 2011, viene confermata la

regola generale per cui l’aliquota del 26% si applica ai redditi di capitale divenuti esigibili e ai redditi diversi

realizzati a decorrere dal 1° luglio 2014 e cioè ai rendimenti delle polizze assicurative maturati dal 1° luglio in

poi.

Infine la legge 23 dicembre 2014 n. 190 (legge di stabilità 2015) prevede, a partire dal periodo d’imposta 2015 dei

cambiamenti sul trattamento fiscale applicato alle polizze vita e alle forme pensionistiche complementari, in

particolare la Legge prevede:

➢ l’abrogazione dell’esonero da tassazione, ai fini IRPEF, della componente finanziaria dei capitali caso

morte corrisposti ai beneficiari di contratti di assicurazione sulla vita non esclusivamente stipulati a

copertura del rischio di premorienza

➢ l’innalzamento dell’aliquota di tassazione sui rendimenti netti delle gestioni annuali delle forme di

previdenza complementare.

In sostanza viene confermata l’esenzione IRPEF per i capitali corrisposti in caso di decesso dell’assicurato di

polizze temporanee caso morte (che coprono esclusivamente il rischio di premorienza); nel caso di polizze di ramo

I, III e V caratterizzate anche da componente di rischio finanziario, in caso di premorienza dell’assicurato

l’esenzione IRPEF permane limitatamente alla quota di capitale liquidato corrispondente alla copertura del rischio

demografico. La quota di capitale espressione della componente finanziaria della polizza sarà, invece, tassata al

26% (la base imponibile corrispondente alla differenza tra la suddetta quota di capitale “finanziario” e la somma

dei premi versati).Tale norma va in controtendenza rispetto all’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate

nella circolare 29/e del 20/03/2001, secondo la quale le somme corrisposte a seguito di morte, invalidità

permanente o perdita di autosufficienza hanno natura risarcitoria a fronte di eventi che inavvertitamente colpiscono

la vita dell’assicurato, risultando incerto se o, nel caso del decesso, quando essi verranno a verificarsi. Le somme

finalizzate a proteggere dalle situazioni conseguenti a tali eventi i beneficiari designati – tipicamente persone la

cui sussistenza o il cui tenore di vita sono strettamente legati alla altrui capacità di guadagno – non dovrebbero

costituire reddito né, di conseguenza, essere soggette a tassazione. Ma ovviamente nella gerarchia delle fonti

prevale la norma di legge alla circolare amministrativa dell’Agenzia delle Entrate.

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Per quanto riguarda invece le forme pensionistiche complementari (fondi pensione e PIP), i commi 621 e 622

dell’art. 1 della Legge 190/2014 (Legge di Stabilità 2015) dispongono, già a partire dal periodo di imposta 2014,

un incremento dell’aliquota dell’imposta sostitutiva prevista dall’art. 17, comma 1, del Decreto Legislativo 5

dicembre 2005, n. 252, che si applica sul risultato netto maturato dal fondo pensione in ciascun anno, che passa

dall’11,5% (aliquota introdotta dal cd. Decreto Renzi, ovvero dal Decreto Legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito

con modificazioni nella Legge 23 giugno 2104, n. 89) all’attuale aliquota del 20%. Se il patrimonio della forma

pensionistica complementare viene investito in titoli del debito pubblico italiani od esteri ed equiparati, la base

imponibile da assoggettare a tassazione viene proporzionalmente ridotta in modo da garantire che la quota parte

del rendimento ascrivibile ai predetti titoli sia tassata al 12,50% che è l’aliquota applicata in caso di detenzione

diretta degli stessi.

Sempre la legge 190/2014 (legge di stabilità 2015) prevede – a partire dal 1° gennaio 2015 – l’aumento dall’11%

al 17% dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione annuale del TFR lasciato in azienda cioè non destinato a forme

di previdenza complementare o versato mensilmente in busta paga.

La legge 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) ha introdotto importanti novità normative e fiscali sui Piani

Individuali di Risparmio di tipo assicurativo (PIR assicurativi) e sulle forme pensionistiche complementari.

Per i PIR sono previste alcune agevolazioni fiscali come l’esenzione da tassazione dei redditi di capitale o redditi

diversi di natura finanziaria derivanti dagli investimenti effettuati nel piano.

Il trasferimento, a causa della morte del contraente, degli strumenti finanziari detenuti nel piano non è soggetto

all'imposta sulle successioni e donazioni.

Altre novità fiscali introdotte dalla legge di bilancio per il 2017 interessano i fondi pensione e i PIP adeguati al

D.Lgs. 252/2005 In particolare in fase di contribuzione è prevista la possibilità per un lavoratore dipendente di

destinare il premio di produttività come contributo alla previdenza complementare in esenzione da Irpef anche

qualora l’importo complessivo di tali versamenti (sia da parte del datore di lavoro, sia del dipendente) dovesse

superare la soglia dei 5.164 euro. A tale importante agevolazione se ne aggiunge un’altra, consistente nel non far

concorrere tali contributi a formare la parte imponibile delle prestazioni pensionistiche che saranno erogate. I premi

di produttività convertiti in contributi ai fondi pensione, anche eccedenti gli ordinari limiti di deducibilità, saranno

deducibili in fase di contribuzione e non saranno tassati al momento del pagamento della prestazione.

Per consentire ai fondi pensione di tassare le prestazioni nel rispetto delle disposizioni, dovranno essere

comunicati i contributi oggetto di sostituzione con le erogazioni premiali.

In fase di gestione finanziaria del montante accumulato è prevista la possibilità da parte del fondo pensione/PIP

di investire, per un periodo minimo di 5 anni, in quote o azioni di imprese (o in OICR che investono su tali titoli)

con residenza fiscale in Italia o in altri Stati membri dell’UE o SEE con stabile organizzazione nel territorio

medesimo.

I redditi derivanti dagli investimenti agevolati sono esenti ai fini dell’imposta sul reddito e pertanto non concorrono

alla formazione della base imponibile dell’imposta del 20% sul risultato di gestione. L’esenzione non si applica

per i redditi relativi a partecipazioni qualificate (azioni con diritto di voto in assemblea ordinaria superiore al 2% o

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al 20% ovvero una partecipazione a capitale o patrimonio superiore al 5% o al 25% secondo che si tratti di titoli

negoziati o altre partecipazioni). I redditi esenti sono da escludere ai fini della determinazione della base imponibile

della prestazione di previdenza complementare. Le forme di previdenza complementare possono destinare agli

investimenti qualificati somme fino al 5% dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio

precedente. I Fondi pensione multicomparto si devono considerare i singoli comparti separatamente e

l’agevolazione va calcolata sulla base degli importi dei titoli confluiti in ogni linea di investimento.

Altra novità introdotta dalla legge 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) è la rendita integrativa temporanea

anticipata – RITA. La parte imponibile della rendita, determinata secondo le disposizioni vigenti nei periodi di

maturazione della prestazione pensionistica complementare, è assoggettata alla ritenuta a titolo d'imposta con

l'aliquota del 15% ridotta di una quota pari a 0,30% per ogni anno eccedente il 15° anno di partecipazione a forme

pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali. A tal fine, se la data di

iscrizione alla forma di previdenza complementare è anteriore al 1º gennaio 2007, gli anni di iscrizione prima del

2007 sono computati fino a un massimo di 15. Le somme erogate a titolo di RITA sono imputate, ai fini della

determinazione del relativo imponibile, prioritariamente agli importi della prestazione medesima maturati fino al 31

dicembre 2000 e, per la parte eccedente, prima a quelli maturati dal 1º gennaio 2001 al 31 dicembre 2006 e

successivamente a quelli maturati dal 1º gennaio 2007.

A) Polizze Vita aventi finalità assicurative

Sono quelle polizze che garantiscono l’assicurato contro gli eventi principalmente di tipo assicurativo (polizze di

rischio), quali:

- polizze vita Temporanee Caso Morte;

- polizze Miste (per le quali ai fini fiscali viene presa in considerazione quella parte del contratto che prevede la

copertura del puro rischio di morte);

- polizze Long Term Care (che garantiscono una rendita vitalizia all’assicurato solo quando si verifica una

situazione di non autosufficienza dello stesso nello svolgimento delle principali attività vitali);

- polizze Dread Disease (che garantiscono un capitale in caso di malattie gravi a prescindere dal fatto che le

conseguenze delle stesse siano morte o invalidità permanente);

- polizze per l'Invalidità Permanente superiore al 5%.

Le ultime tre polizze devono anche prevedere la rinuncia della Compagnia al diritto di recesso in caso di sinistro.

Per questa tipologia di contratti è previsto il regime fiscale illustrato di seguito.

Trattamento fiscale in fase di accumulo:

Nessuna imposta viene applicata ai premi versati.

È possibile detrarre dalle imposte sul reddito un importo pari al 19% con un massimo di 1.291,14 euro della parte

di premio destinata al costo della copertura di rischio versato entro il 31 dicembre 2012. Per il 2013 il limite di

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detraibilità fiscale si riduce a 630 euro. A decorrere dal 2014, la situazione diventa più complessa. In sostanza la

norma incrementa il limite agevolabile da 630 fino a 1.291,14 euro in presenza di premi LTC, disponendo un ordine

di utilizzo di tale plafond: fino a 530 euro per i premi rischio morte o invalidità permanente e da 530 euro (o dal

minor importo utilizzato per i premi rischio morte o invalidità permanente) fino a 1.291,14 euro per i premi LTC. Si

precisa che nei limiti di 630 euro e 530 euro, rispettivamente, per il periodo d'imposta 2013 e a decorrere dal 2014,

sono compresi i premi versati per i contratti di assicurazione sulla vita e contro gli infortuni stipulati o rinnovati

entro il periodo d'imposta 2000.

I seguenti esempi chiariscono le modalità di calcolo del beneficio fiscale sui premi versati a partire dal 2014:

Esempio n. 1

Se un contraente ha due coperture assicurative (una per il caso morte, per cui viene versato un premio di 900

euro e un'altra per LTC, il cui premio è pari a 700 euro), l'importo "base" detraibile riferibile al premio caso morte

resta 530 euro. A tale importo va aggiunto l'ulteriore beneficio riservato ai premi LTC, in misura non superiore alla

differenza tra 1.291,14 euro e 530 euro (soglia "base" per la detraibilità della polizza caso morte) = 761,14 euro

(cioè 700 euro, tale essendo l'importo del premio pagato per la LTC). In totale il premio detraibile sarà pari a 530

euro più 700 euro, cioè 1.230 euro.

Esempio n. 2

Se un contraente ha due coperture assicurative (una per il caso morte, per cui viene versato un premio di 400

euro e un'altra per LTC, il cui premio è pari a 300 euro), l'importo "base" detraibile riferibile al premio caso morte

è 400 euro. A tale importo va aggiunto l'ulteriore beneficio riservato ai premi LTC, in misura non superiore alla

differenza tra 1.291,14 euro e 400 euro (premio per la detraibilità della polizza caso morte) = 891,14 euro (importo

superiore ai 300 euro del premio pagato per la LTC). In totale il premio detraibile sarà pari a 400 euro più 300

euro, cioè 700 euro.

Trattamento fiscale in fase di erogazione delle prestazioni:

- liquidazione del capitale a scadenza o in caso di riscatto (per le polizze miste): la plusvalenza maturata è

tassata al 12,50% (per i redditi maturati al 31 dicembre 2011), al 20% come capital gain ad eccezione della

quota riconducibile a titoli pubblici o equivalenti tassata al 12,50% (per i redditi maturati dal 2012 al 30 giugno

2014) e al 26% come capital gain ad eccezione della quota riconducibile a titoli pubblici o equivalenti tassata

al 12,50% (per i redditi maturati dal 1 luglio 2014 in poi). Il capitale liquidato è esente dalla dichiarazione IRPEF

e dall’imposta di bollo;

- liquidazione del capitale per decesso dell’assicurato: per le polizze di puro rischio il capitale liquidato non è

tassato ed è esente dalla dichiarazione IRPEF, dall’imposta di bollo e dall’imposta sulle successioni; invece

per le polizze miste il capitale corrispondente alla differenza tra il capitale “finanziario” da liquidare e la somma

dei premi versati è tassato al 26%.liquidazione di una rendita (caso vita, caso morte): la rendita erogata è

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esente dalla dichiarazione IRPEF (il capitale trasformato in rendita è assoggettato alla tassazione

sull'eventuale plusvalenza). La rivalutazione annua della rendita è tassata a titolo di imposta al 12,50% (fino

al 31 dicembre 2011) e al 20% come capital gain ad eccezione della quota riconducibile a titoli pubblici o

equivalenti tassata al 12,50% (per le rivalutazioni annue maturate dal 2012 al 30 giugno 2014) e al 26% come

capital gain ad eccezione della quota riconducibile a titoli pubblici o equivalenti tassata al 12,50% (per i redditi

maturati dal 1 luglio 2014 in poi).

B) Polizze Vita aventi finalità finanziaria

Rientrano sotto questa definizione:

- polizze di capitalizzazione;

- polizze Unit Linked;

- polizze Index Linked;

- polizze rivalutabili a versamento unico a capitale differito;

- polizze rivalutabili a versamento unico a vita intera;

- polizze rivalutabili miste, per le quali si considera finalità finanziaria quella parte del contratto che contribuisce

alla costituzione a scadenza di un capitale o di una rendita;

- piani di accumulo per la costituzione a scadenza di un capitale o una rendita.

Per questa tipologia di contratti è previsto il regime fiscale illustrato di seguito.

Trattamento fiscale in fase di accumulo:

- nessuna tassazione viene applicata ai premi versati su polizze vita sottoscritte a partire dal 1 gennaio 2001;

- non è consentito detrarre il premio versato ai fini IRPEF tranne per le polizze miste che prevedono un

pagamento specifico per le coperture caso morte, invalidità permanente e LTC a cui si applicano le

disposizioni descritte in precedenza.

- Imposta di bollo: per le polizze sottoscritte entro il 31 dicembre 2000 assoggettate all’imposta sulle

assicurazioni non sono soggette all’applicazione dell’imposta di bollo. Le polizze sottoscritte o rinnovate dal

2001 in poi non sono assoggettate all’imposta sulle assicurazioni e quindi assoggettate all’imposta di bollo

che per l'anno 2012 prende in considerazione il controvalore della polizza al 31 dicembre 2011 e applica

un’aliquota dello 0,1%. L'imposta di bollo dell'anno 2012 è pari all'importo ottenuto in precedenza con due

ulteriori specifiche: non può essere inferiore a 34,20 euro né superiore a 1.200 euro. Se il contratto viene

liquidato totalmente in corso d'anno, l'imposta sarà dovuta in "quota parte" solo per la parte di anno in cui il

contratto è rimasto in vigore. Per l'anno 2013 si adotta lo stesso metodo ma con aliquota dello 0,15%. Nel

caso il contratto non venga liquidato entro il 2013, l'imposta di bollo viene calcolata alla fine di ogni anno solare

e verrà pagata solo nel momento della liquidazione totale del contratto, in qualsiasi anno essa avvenga. Il

pagamento viene effettuato direttamente dalla Compagnia di Assicurazioni, la quale agisce da sostituto di

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imposta. Si ricorda che a partire dal 2014 l’imposta di bollo sale dallo 0,15% allo 0,2% eliminando l’importo

minimo di 34,20 €.

Sono assoggettate all’applicazione dell’imposta di bollo i prodotti assicurativi finanziari (unit linked, index

linked e operazioni di capitalizzazione) e non le polizze vita rivalutabili di ramo I.

Trattamento fiscale in fase di erogazione delle prestazioni:

- liquidazione del capitale a scadenza o in caso di riscatto: la plusvalenza maturata è tassata al 12,50% e il

capitale liquidato è esente dalla dichiarazione IRPEF. Dal 1° Gennaio 2012 le plusvalenze sulle polizze unit

linked e sulle polizze vita collegate a gestioni separate sono tassate al 20%, al netto della quota dei proventi

/ plusvalenze realizzati dai fondi e dalle gestioni separate riferibili agli investimenti in titoli di Stato italiani ed

equiparati e titoli di Stato esteri (inclusi nella white list del TUIR), che saranno tassati separatamente con

l'aliquota del 12,5%. Pertanto l’aliquota effettiva di tassazione dipenderà dal mix degli investimenti (titoli

pubblici e altro), se gli attivi a copertura delle polizze sono soltanto titoli di Stato si pagherà il 12,5%, viceversa

se sono totalmente assenti si pagherà il 20%. Come detto in precedenza l’articolo 3 del Decreto Legge 24

aprile 2014, n. 66 ha disposto a partire dal 1° luglio 2014 l’aumento dal 20% al 26% dell'aliquota applicata ai

redditi di capitale e ai redditi diversi di natura finanziaria diversi dai proventi derivanti dagli investimenti in titoli

del debito pubblico italiano o estero (Paesi white list) e organismi equiparati.

Per quanto riguarda le polizze già stipulate alla data del 31 dicembre 2011, si applicherà la vecchia aliquota

del 12,5% alla parte dei redditi riferita al periodo intercorrente tra la data di sottoscrizione o acquisto della

polizza e il 31 dicembre 2011;

- liquidazione del capitale per decesso dell’assicurato: il capitale liquidato non è soggetto all’imposta sulle

successioni, ma è soggetto, a partire dal 1 gennaio 2015, a tassazione con aliquota del 26% il capitale

corrispondente alla differenza tra il capitale “finanziario” da liquidare e la somma dei premi versati. Inoltre i

prodotti assicurativi finanziari di ramo III (unit e index linked) e di ramo V (operazioni di capitalizzazione) sono

sottoposti a imposta di bollo;

- liquidazione di una rendita (caso vita, caso morte). La rendita erogata è esente dalla dichiarazione IRPEF (il

capitale trasformato in rendita è assoggettato alla tassazione sull'eventuale plusvalenza). La rivalutazione

annua della rendita è tassata a titolo di imposta al 12,50% (fino al 31 dicembre 2011) come capital gain, al

20% come capital gain ad eccezione della quota riconducibile a titoli pubblici o equivalenti tassata al 12,50%

(per le rivalutazioni annue maturate dal 2012 al 30 giugno 2014) e al 26% come capital gain ad eccezione

della quota riconducibile a titoli pubblici o equivalenti tassata al 12,50% (per i redditi maturati dal 1 luglio 2014

in poi).

C) Forme di previdenza complementare

Di seguito viene descritta la disciplina fiscale applicata alle forme di previdenza complementare ad adesione

collettiva (fondi pensione preesistenti, chiusi e aperti) e individuale (PIP e fondi pensione aperti)

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Di seguito illustriamo il regime fiscale previsto in questo caso.

Trattamento fiscale in fase di accumulo (e cioè dei contributi nel periodo che intercorre tra la data di decorrenza

del contratto e quella di accesso alle prestazioni pensionistiche):

- I contributi versati dall’aderente alle forme pensionistiche complementari, a decorrere dal 1° gennaio 2007,

sono deducibili dal reddito complessivo per un importo non superiore ad euro 5.164,57.Se l’aderente è un

lavoratore dipendente, ai fini del raggiungimento del predetto limite, si tiene conto anche dei contributi a carico

del datore di lavoro. Il limite assoluto di deducibilità di € 5.164,57 tiene conto quindi di tutti i versamenti che

affluiscono alle forme pensionistiche, collettive e individuali, (compresi gli eventuali contributi del datore di

lavoro) con la sola esclusione della quota di TFR.

La Legge di Stabilità 2016 e la Legge di Bilancio 2017 sono intervenute sul regime fiscale agevolato per i

premi di produttività, infatti il Legislatore ha volute introdurre delle forme di incentivazione della forza lavoro

agevolate fiscalmente, In particolare in fase di contribuzione è prevista la possibilità per un lavoratore

dipendente del settore private di destinare il premio di produttività come contributo alla previdenza

complementare in esenzione da Irpef anche qualora l’importo complessivo di tali versamenti (sia da parte del

datore di lavoro, sia del dipendente) dovesse superare la soglia dei 5.164,57 euro. A tale importante

agevolazione se ne aggiunge un’altra, consistente nell’esclusione di tali premi di produttività dalla parte

imponibile delle prestazioni pensionistiche che saranno erogate. I premi di produttività fino al limite massimo di

4.000 euro (per lavoratori dipendenti con reddito massimo pari a 80.000 euro) convertiti in contributi ai fondi

pensione/PIP, anche eccedenti gli ordinari limiti di deducibilità, saranno deducibili in fase di contribuzione e

non saranno tassati al momento del pagamento della prestazione.

Per la parte dei contributi versati che non hanno fruito della deduzione, compresi quelli eccedenti i suddetti

ammontari 5.164,57 euro a cui si possono aggiungere fino a un massimo di 4.000 euro di premio di produttività

se rispettate tutte le condizioni previste dalla normativa di settore (c.d. contributi non dedotti), il contribuente

comunica alla forma pensionistica complementare, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui è

stato effettuato il versamento, ovvero, se antecedente, alla data in cui sorge il diritto alla prestazione, l’importo

non dedotto o che non sarà dedotto nella dichiarazione dei redditi. Come vedremo, tale comunicazione

permetterà una diminuzione delle imposte da pagare in fase di erogazione delle prestazioni.

Analizzando nel dettaglio le citate disposizioni possiamo notare:

- i contributi versati alle forme pensionistiche complementari sono deducibili non soltanto dal reddito da lavoro

ma in generale dal reddito complessivo. Tra le varie componenti del reddito complessivo possono figurare:

appunto redditi da lavoro dipendente e/o da lavoro autonomo, redditi di capitale, da fabbricati, d'impresa,

diversi. Poiché inoltre gli importi deducibili sono in percentuale al reddito complessivo, il risparmio fiscale è

crescente all’aumentare del reddito stesso e dell’aliquota IRPEF di riferimento. Qualora poi siano previste

garanzie assicurative complementari come il rischio di morte o il rischio infortuni/invalidità permanente, i premi

corrispondenti a tali garanzie sono anche queste deducibili dal reddito complessivo;

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- nel plafond deducibile rientrano anche i contributi versati alle forme pensionistiche complementari nell’interesse

delle persone fiscalmente a carico (e cioè i familiari del dichiarante o persone legate da vincolo di parentela

tale da comportare l’obbligo di alimenti, in possesso di redditi propri non superiori a un determinato ammontare

che è fissato in euro 4.000 al lordo degli oneri deducibili) per l’ammontare non dedotto dalle persone stesse.

Per la parte eccedente (che può risultare anche l’intero contributo) la deduzione spetta al contribuente al quale

l’aderente stesso risulta fiscalmente a carico. Pertanto i contributi del soggetto a carico concorrono con gli

eventuali contributi propri del soggetto che opera la deduzione. La parte dei contributi versati (anche per le

persone a carico) al fondo di previdenza complementare, per i quali il contribuente non ha potuto fruire della

deduzione, non sono tassati al momento della liquidazione della prestazione. Il contribuente ha però l'obbligo

di comunicare alla forma pensionistica complementare l'importo che non dedotto nella dichiarazione dei redditi.

Questa comunicazione va fatta entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui è stato effettuato il

versamento, ovvero, se il diritto alla prestazione matura prima di tale data, entro il giorno di maturazione. Per

quanto riguarda la comunicazione alla forma pensionistica complementare dei contributi non dedotti, deve

essere resa al fondo con riferimento al titolare della posizione previdenziale, precisando che l'ammontare

complessivo delle somme non dedotte dall'iscritto non è stato dedotto neanche dal soggetto di cui questi è a

carico;

- dal 2007 la deducibilità è stata estesa anche ai contributi versati a forme pensionistiche complementari istituite

presso gli stati membri dell'Unione Europea e presso gli stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico

europeo che consentono un effettivo scambio di informazione. Nella prospettiva di una liberalizzazione dell'età

pensionabile va poi rammentato come si continua a beneficiare ugualmente del vantaggio della deducibilità

fiscale, anche nei casi di prosecuzione volontaria, oltre il raggiungimento dell'età pensionabile, dei versamenti

dei contributi alle forme pensionistiche complementari (si ricorda che tale scelta di contribuzione libera è

ammessa a condizione che l'aderente possa far valere, alla data del pensionamento, almeno un anno di

contribuzione a favore delle forme di previdenza complementare);

- vanno inoltre notate le agevolazioni previste per i lavoratori di prima occupazione successiva al 1° gennaio

2007 (e cioè quei lavoratori che a tale data non erano titolari di una posizione contributiva aperta presso un

qualsiasi ente di previdenza obbligatoria), al fine di incentivare l'adesione dei giovani alla previdenza

complementare. Si prescrive che, limitatamente ai primi 5 anni di partecipazione alle forme pensionistiche

complementari, è consentito, nei 20 anni successivi al 5° anno di partecipazione a tali forme, di dedurre dal

reddito complessivo dichiarato ai fini IRPEF contributi eccedenti il limite di 5.164,57 euro, fino a un ammontare

pari alla differenza positiva tra l'importo di 25.822,85 euro e i contributi effettivamente versati nei primi cinque

anni di partecipazione alle forme pensionistiche, e comunque per un importo non superiore a 2.582,29 euro

l'anno. In sostanza l'importo massimo annuale complessivamente deducibile (a partire dal 6° anno successivo

a quello di iscrizione) sale per questi lavoratori a 7.746,86 euro;

- per quanto riguarda infine la quota del trattamento di fine rapporto TFR che confluisce in una forma di

previdenza complementare, questa non è soggetta a tassazione per il lavoratore dipendente al momento del

trasferimento;

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- Alle forme di previdenza complementare (fondi pensione e PIP) non si applica l’imposta di bollo.

Possono essere utili per la comprensione i seguenti esempi:

Esempio 1: Due lavoratori dipendenti (il signor Rossi e il Signor Bianchi) di una stessa azienda ciascuno con reddito annuo lordo pari a 30.000 euro si trovano a scegliere se aderire o meno a una forma pensionistica.

Signor Rossi (non aderisce a una forma pensionistica)

Reddito complessivo 30.000

Irpef dovuta 7.720

Signor Bianchi (aderisce a una forma pensionistica)

Reddito complessivo 30.000

Contributo annuo versato alla forma pensionistica prescelta (4% del reddito)

1.200

Reddito imponibile 28.800

Irpef dovuta 7.264

Risparmio fiscale 456

Esempio 2: Consideriamo la possibile adesione di un lavoratore autonomo il cui reddito complessivo risulta il seguente:

Reddito complessivo 40.000 Coniuge a carico con redditi pari a 2.500 Il lavoratore autonomo aderisce alla forma di previdenza complementare e versa un contributo pari al 6% di 40.000 Contributo versato sulla sua posizione 2.400 Versa inoltre un contributo alla forma di previdenza complementare di ulteriori 4.000 nell’interesse del coniuge a carico Contributo sulla posizione del coniuge 4.000 Totale contributi versati sulle due posizioni 6.400 Poiché il coniuge ha un reddito dichiarato di 2.500, il lavoratore autonomo potrà portarsi in deduzione dal suo reddito i contributi versati sulla sua posizione (2.400) più i contributi non dedotti dal coniuge (1.500 in quanto i primi 2.500 azzereranno l'imponibile fiscale del coniuge).

Deduzione totale del Lavoratore autonomo Sotto il massimo deducibile di 5.164,57

3.900 (2.400+1.500)

Trattamento fiscale in fase di accumulazione (e cioè dei rendimenti nel periodo che intercorre tra la data di

decorrenza del contratto e quella di accesso alle prestazioni pensionistiche):

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- i rendimenti / plusvalenze che derivano dall’investimento dei contributi in strumenti finanziari diversi dai titoli

di stato emessi da Paesi UE sono soggetti annualmente ad un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi.

dell’11% (percentuale inferiore all’aliquota massima del 26% attualmente applicata, in fase di liquidazione, alle

rendite finanziarie). L’aliquota fiscale applicata fino al 2013 è stata pari al’11%, la Legge di Stabilità 2015

dispone, già a partire dal periodo di imposta 2014, un incremento dell’aliquota dell’imposta sostitutiva che

passa dall’11,5% (aliquota introdotta dal Decreto Legge 24 aprile 2014, n. 66 - cd. Decreto Renzi - convertito

con modificazioni nella Legge 23 giugno 2104, n. 89) all’attuale aliquota del 20% sul risultato maturato. La

tassazione effettiva dei redditi riferibili ai titoli pubblici italiani ed esteri equiparati resterà al 12,5%. È previsto

inoltre un credito d’imposta pari al 9% del risultato maturato, al netto dell’imposta sostitutiva dovuta, da attività

di carattere finanziario a medio o lungo termine (credito d’imposta istituito dall’articolo 1, comma da 91 a 94,

della legge n. 190/2014.). Il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 19 giugno 2015

(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30 luglio 2015, n. 175) individua le attività di carattere finanziario a

medio-lungo termine in cui le forme di previdenza complementare sono chiamate ad investire per usufruire

del credito di imposta. Il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 28 settembre 2015

chiarisce che le richieste potranno essere presentare a partire dal 2016 dal 1° marzo al 30 aprile di ciascun

anno. L'eventuale risultato negativo maturato nel periodo d'imposta è computato in diminuzione del risultato

della gestione dei periodi d'imposta successivi o utilizzato;

- nessuna applicazione della disciplina sull’imposta di bollo.

Trattamento fiscale in fase di erogazione delle prestazioni (e cioè nel periodo in cui la Compagnia di

assicurazione eroga la prestazione pensionistica assicurata):

- la prestazione pensionistica erogata, sia essa in forma di capitale o di rendita, è assoggettata ad una ritenuta

a titolo definitivo del 15%. La base imponibile è determinata al netto della parte corrispondente ai redditi già

assoggettati all’imposta sostitutiva annuale e agli importi non dedotti. L’aliquota del 15% è ridotta di 0,30 punti

percentuali per ogni anno successivo al 15° anno di partecipazione alla forma pensionistica complementare,

fino a raggiungere un limite massimo di riduzione pari a 6 punti percentuali. Con questo meccanismo, dunque,

dopo 35 anni di partecipazione a forme pensionistiche complementari, l’aliquota potrà ridursi fino al 9%;

Le prestazioni pensionistiche possono essere erogate in capitale fino ad un massimo del 50% del montante

finale accumulato;

- i rendimenti maturati nella fase di erogazione della rendita sono infine assoggettati ad una imposta sostitutiva

del 12,50% (fino al 31 dicembre 2011) come capital gain e al 20% come capital gain ad eccezione della quota

riconducibile a titoli pubblici o equivalenti tassata al 12,50% (per le rivalutazioni annue maturate dal 2012 al

30 giugno 2014) e al 26% come capital gain ad eccezione della quota riconducibile a titoli pubblici o equivalenti

tassata al 12,50% (per i redditi maturati dal 1 luglio 2014 in poi).

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La prestazione maturata viene quindi tassata al massimo al 15% e con un minimo del 9% (con 35 anni di

partecipazione) meno quindi rispetto all’aliquota minima IRPEF del 23%. Questa tassazione è più favorevole di

quella prevista per il TFR (tassazione separata).

Nel caso di anticipazioni e riscatti di PIP o fondi pensione si applicano le regole illustrate di seguito.

Le anticipazioni delle posizioni individuali maturate (che come ricordiamo non possono superare mai il 75% del

totale dei versamenti) sono assoggettate ad un regime di tassazione diverso in funzione della finalità per la quale

queste vengono erogate.

In particolare, è applicata una ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del:

− 15% ridotta di una quota pari a 0,30% per ogni anno eccedente il 15° anno di partecipazione a forme

pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6% nel caso di richiesta di anticipazione

per spese sanitarie a seguito di gravissime situazioni relative a sé, al coniuge e ai figli per terapie e interventi

straordinari riconosciuti dalle competenti autorità pubbliche.

− 23% nel caso di richiesta di anticipazione per:

- acquisto e ristrutturazione della prima casa di abitazione per sé o per i figli;

- ulteriori esigenze dell’aderente (in questo caso l’anticipazione può arrivare al 30%).

L’aliquota è in ogni caso applicata sull’importo erogato, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta.

Sulle somme erogate a titolo di riscatto della posizione individuale, al netto della componente finanziaria che ha

già scontato l’imposta sostitutiva in capo alla forma pensionistica complementare nonché al netto dei contributi

che non sono stati dedotti, viene operata una ritenuta a titolo di imposta con l'aliquota del 15% ridotta di una quota

pari a 0,30% per ogni anno eccedente il quindicesimo di partecipazione a forme pensionistiche complementari

con un limite massimo di riduzione al 6% per:

− cessazione dell'attività lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo non inferiore a 12 mesi

e non superiore a 48 mesi, ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità,

cassa integrazione guadagni o straordinaria (in questo caso il riscatto può arrivare al 50% della posizione

individuale maturata);

− invalidità permanente (che si traduca in una riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo), morte

dell’aderente prima della maturazione del diritto alla prestazione pensionistica, cessazione dell'attività

lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo superiore a 48 mesi (in questo caso il riscatto può

arrivare al 100% della posizione individuale maturata).

Sulle somme erogate a titolo di riscatto per cause diverse da quelle sopra indicate si applica una ritenuta a titolo

di imposta del 23% sull'imponibile calcolato con le stesse modalità sopra indicate.

Per riassumere possiamo quindi dire che l’attuale disciplina fiscale della previdenza complementare segue uno

schema ETT: esenzione dei contributi entro determinati limiti di deducibilità, tassazione quasi piena dei rendimenti

prodotti in fase di accumulo e una tassazione molto ridotta delle prestazioni erogate.

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Da una lettura testuale del comma 168 della legge di bilancio per il 2018 (nuovi commi 4-ter e 4-quater dell’art. 11

del D.Lgs. 252/05) si evince che la base imponibile della RITA, determinata secondo le disposizioni fiscali vigenti

per i periodi di maturazione della prestazione, è soggetta alla ritenuta a titolo di imposta del 15%-9%. Visto che il

principio fiscale del pro rata temporis è richiamato unicamente per la determinazione delle basi imponibili dei

diversi montanti (M1, M2 ed M3) sembra opportuno ritenere che, una volta determinata la base imponibile, su tutto

il capitale erogato a titolo di RITA trovi applicazione la tassazione agevolata che normalmente riguarda soltanto il

montante post 1° gennaio 2007. La norma specifica inoltre la possibilità per il soggetto interessato di rinunciare

all’applicazione dell’imposta sostitutiva facendolo constare espressamente nella dichiarazione dei redditi; in tal

caso la rendita anticipata è assoggettata a tassazione ordinaria.

Il regime tributario applicato riguarda in ogni caso sia i dipendenti privati che i dipendenti pubblici.

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NORMATIVA DI RIFERIMENTO

Codice Civile - Libro Quarto “Delle obbligazioni” - Titolo II “Dei contratti in generale” - Capo XX “Dell’assicurazione”

Sezione III “Dell’assicurazione sulla vita”

Art. 1919. Assicurazione sulla vita propria o di un terzo.

L'assicurazione può essere stipulata sulla vita propria o su quella di un terzo.

L'assicurazione contratta per il caso di morte di un terzo non è valida se questi o il suo legale rappresentante non dà il consenso alla conclusione del contratto. Il consenso deve essere provato per iscritto (2725).

Art. 1920. Assicurazione a favore di un terzo.

È valida l'assicurazione sulla vita a favore di un terzo (1411 e seguenti).

La designazione del beneficiario può essere fatta nel contratto di assicurazione, o con successiva dichiarazione scritta comunicata all'assicuratore, o per testamento (587 e seguente, 649); essa e efficace anche se il beneficiario è determinato solo genericamente. Equivale a designazione l'attribuzione della somma assicurata fatta nel testamento a favore di una determinata persona.

Per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell'assicurazione (1411, 1923).

Art. 1921. Revoca del beneficio

La designazione del beneficiario è revocabile con le forme con le quali può essere fatta a norma dell'articolo precedente. La revoca non può tuttavia farsi dagli eredi dopo la morte del contraente, né dopo che, verificatosi l'evento, il beneficiario ha dichiarato di voler profittare del beneficio (1411).

Se il contraente ha rinunziato per iscritto al potere di revoca, questa non ha effetto dopo che il beneficiario ha dichiarato al contraente di voler profittare del beneficio. La rinuncia del contraente e la dichiarazione del beneficiario devono essere comunicate per iscritto all'assicuratore (att. 188).

Art. 1922. Decadenza dal beneficio.

La designazione del beneficiario, anche se irrevocabile, non ha effetto qualora il beneficiario attenti alla vita dell'assicurato (801).

Se la designazione e irrevocabile ed è stata fatta a titolo di liberalità, essa può essere revocata nei casi previsti dall'art. 800 (att. 188).

Art. 1923. Diritti dei creditori e degli eredi.

Le somme dovute dall'assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare (Cod. Proc. Civ. 491 e seguenti, 670 e seguenti).

Sono salve, rispetto ai premi pagati, le disposizioni relative alla revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori (2901 e seguenti) e quelle relative alla collazione (737 e seguenti), all'imputazione (747) e alla riduzione (555 e seguenti) delle donazioni.

Art. 1924. Mancato pagamento dei premi.

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Se il contraente non paga il premio relativo al primo anno, l'assicuratore può agire per l'esecuzione del contratto nel termine di sei mesi dal giorno in cui il premio è scaduto. La disposizione si applica anche se il premio è ripartito in più rate, fermo restando il disposto dei primi due commi dell'art. 1901; in tal caso il termine decorre dalla scadenza delle singole rate.

Se il contraente non paga i premi successivi nel termine di tolleranza previsto dalla polizza o, in mancanza, nel termine di venti giorni dalla scadenza, il contratto è risoluto di diritto (1453 e seguenti), e i premi pagati restano acquisiti all'assicuratore, salvo che sussistano le condizioni per il riscatto dell'assicurazione o per la riduzione della somma assicurata.

Art. 1925. Riscatto e riduzione della polizza.

Le polizze di assicurazione devono regolare i diritti di riscatto e di riduzione della somma assicurata, in modo tale che l'assicurato sia in grado, in ogni momento, di conoscere quale sarebbe il valore di riscatto o di riduzione dell'assicurazione.

Art. 1926. Cambiamento di professione dell'assicurato.

I cambiamenti di professione o di attività dell'assicurato non fanno cessare gli effetti dell'assicurazione, qualora non aggravino il rischio in modo tale che, se il nuovo stato di cose fosse esistito al tempo del contratto, l'assicuratore non avrebbe consentito l'assicurazione (1898).

Qualora i cambiamenti siano di tale natura che, se il nuovo stato di cose fosse esistito al tempo del contratto, l'assicuratore avrebbe consentito l'assicurazione per un premio più elevato, il pagamento della somma assicurata è ridotto in proporzione del minor premio convenuto in confronto di quello che sarebbe stato stabilito.

Se l'assicurato dà notizia dei suddetti cambiamenti all'assicuratore, questi, entro quindici giorni, deve dichiarare se intende far cessare gli effetti del contratto ovvero ridurre la somma assicurata o elevare il premio.

Se l'assicuratore dichiara di voler modificare il contratto in uno dei due sensi su indicati, l'assicurato, entro quindici giorni successivi, deve dichiarare se intende accettare la proposta.

Se l'assicurato dichiara di non accettare, il contratto e risoluto, salvo il diritto dell'assicuratore al premio relativo al periodo di assicurazione in corso e salvo il diritto dell'assicurato al riscatto. Il silenzio dell'assicurato vale come adesione alla proposta dell'assicuratore.

Le comunicazioni e dichiarazioni previste dai commi precedenti possono farsi anche mediante raccomandata (att. 187).

Art. 1927. Suicidio dell'assicurato.

In caso di suicidio dell'assicurato, avvenuto prima che siano decorsi due anni dalla stipulazione del contratto, l'assicuratore non è tenuto al pagamento delle somme assicurate, salvo patto contrario.

L'assicuratore non è nemmeno obbligato se, essendovi stata sospensione del contratto per mancato pagamento dei premi (1901), non sono decorsi due anni dal giorno in cui la sospensione e cessata.