corso regionale di aggiornamento degli … · 2016-10-17 · su alcune questioni che sono...
TRANSCRIPT
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
1
CHE SENSO HA OGGI PARLARE DI UMANESIMO?
tre metafore narrative e una cyberquestione
Prof. Michele Montella
Giovedì 13 ottobre 2016
CAPITOLO I
I CONFINI DELLA QUESTIONE
1.1.Le prospettive e le scelte. L’immaginario umano conserva e arricchisce lungo i
secoli una serie di modelli interiori, relativi all’identificazione delle qualità che
attribuiamo alla parola “uomo”; grazie a questi modelli che mutano e s’incrociano di
continuo noi condividiamo una certa idea di umanità, fatta da miti e archetipi, richiami
letterari, icone artistiche, senso di percezione sociale, consuetudine comunitaria,
dispositivi legislativi. La costruzione collettiva di modelli di riferimento ci conduce a
considerare vari aspetti delle mutevoli facce del nostro essere umani e se vogliamo
conquistare una meta verso cui andare, che ci induce ad immergerci nel mare della
identità in perenne divenire, lo facciamo appellandoci ad essi e trovando in essi la
bussola per orientarci nell’interpretare la realtà e nel costruire il mondo che riteniamo
giusto.
I modelli che rappresentano l’esigenza di rendersi consapevoli delle condizioni in cui
attualmente viviamo aiutano forse a prendere contatto con le forme più profonde di
elaborazione del nostro sistema di valori e di conoscenze e ci danno ragione delle
questioni intorno alla nostra esistenza e alla sua evoluzione nel tempo.
L’infinità dei modelli ci condurrebbe ad un’interessante carrellata di risposte tentate
durante il tempo che ci precede: dal modello idealistico a quello realistico, da quello
sensistico a quello spirituale, da quello collettivistico a quello personalistico e, infine,
da quello sociolinguistico a quello informatico. Tuttavia se ci poniamo la domanda
essenziale circa il senso che tali modelli hanno oggi per noi, la riflessione impatterebbe
su alcune questioni che sono radicalmente nuove rispetto a quelle consuete, di cui pure
non possiamo fare a meno se ci poniamo nell’ambito della tematica sul fondamento
dell’umano. Infatti l’estrema e universale domanda del ruolo che l’uomo riveste nel
mondo tecnologizzato e nei confini del cyberspazio, nella permanente conflittualità
interetnica e interreligiosa e nel persistente bisogno di trovare un modus vivendi
equilibrato con la natura, con gli altri esseri viventi e con ciò che chiamiamo mondo
interroga in maniera diretta il senso stesso del mondo contemporaneo, il quale può trarre
solo parzialmente dal patrimonio di idee e di sperimentazioni del passato percorsi e
strade che lo aiutino ad uscire dall’incertezza e a definire strumenti di indagine in grado
di aiutarlo ad entrare nelle problematiche sociali.
Certo l’uomo, pur non essendo sempre lo stesso e pur nella mutevolezza delle
espressioni che lo contraddistinguono, conferma perennemente le sue condizioni di
drammatica precarietà che lo inducono a porsi domande e ad attraversare i territori aspri
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
2
della ricerca di senso e ciò può essere fatto solo se collega gli aspetti della sua vita
attuale con il flusso del pensiero di ogni tempo e con il perenne dialogo tra le
generazioni.
A partire da questa felice e rassicurante consapevolezza, egli deve però chiarire le nuove
condizioni in cui si trova rispetto anche solo a cinquanta anni fa ed esplorando i
significati del suo essere uomo oggi, aprire piste per interpretare ed agire civilmente
nella comunità di appartenenza.
La ratio del nostro pensare è tutta qui: aprire spiragli sui panorami magnifici che l’uomo
sta disegnando oggi e mantenere lucido il cammino, senza lasciarsi prendere dalla
vertigine che può dare lo sguardo sulle frontiere delineate o al contrario cedere alla
tentazione della insignificanza e della triste indifferenza.
Ciascuno di noi non è solo sulla terra se si interroga sulle prospettive che si aprono
intorno al cammino che ci conduce alla sera della vita. Ogni tramonto potrebbe non
essere una fine solitaria, ma solo una conclusione che raccoglie in unità e dà senso a ciò
che è venuto prima. Tutto dipende dal coraggio che abbiamo nel chiederci come stanno
veramente le cose e dalla competenza nel porci le domande.
Nell’intraprendere l’esplorazione non ci interessa fare l’elenco delle cose esaltanti di cui
siamo stati protagonisti in questi ultimi decenni, tanto da realizzare cambiamenti
radicali nel modo di concepirci, né d’altro canto inutilmente descrivere gli
imbarbarimenti e la sconcertante inanità verso le questioni vitali dell’umanità e del
singolo uomo, che spesso ci inducono a dubitare della stessa sua capacità di
comprendere chi sia. Forse interessa di più riportare gli infiniti frammenti di vita sociale
ad una lineare e sintetica riflessione che ne legga alcuni aspetti significativi: i confini
sociali ed ecologici in cui iscriviamo la relazione umana, i nuovi codici comunicativi e
gli spazi in cui essi si dispiegano. Tali questioni costringono a rivedere l’impalcatura dei
linguaggi con cui le analizziamo, manifestano le difficoltà strumentali e categoriali con
cui le affrontiamo e determinano il bisogno di riconsiderare le caratteristiche umane con
le quali ci accostiamo ad esse.
In ogni epoca storica il limite tra umano e non umano è stato ballerino e ambiguo, ma
poche volte come nella nostra si è assistito ad una radicale inconsapevolezza del senso
della memoria e del tempo, fino al rischio di perdere la vocazione propria dell’uomo di
sviluppare nessi e logiche, di condividere significati e infine di leggere la realtà, avendo
viva la necessità di farlo e riconoscendo la forte esigenza di strutturare un condiviso
orizzonte valoriale.
Il senso ultimo consiste prima di tutto nell’aver imparato a porsi giustamente le
domande e non soltanto ad individuare le domande giuste, anche perché la qualità della
giustezza di queste ultime potrebbe variare di tempo in tempo e di luogo in luogo.
Si può dire qualcosa di più se poi consideriamo il rapporto tra l’uomo in sé e i passaggi
che lo hanno costituito tale. Diventa persino banale sottolineare che l’identità è sempre
il frutto di una pluralità in movimento e che ciascuno di noi non è altro che la
stratificazione delle esperienze e degli incontri con tutti coloro che abitano la nostra
vita, compresi ovviamente gli spazi informatici, abitati da una moltitudine di soggetti
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
3
non sempre chiaramente distinti, ma sempre dotati di una capacità mediatica di riscontro
e di specchio della nostra realtà.
Diciamo quindi che l’uomo è il suo cammino e che se vogliamo renderci conto dei
perenni sommovimenti interiori che ci fanno ancora sobbalzare di fronte alla
meravigliosa armonia che, inattesa, attraversa la nostra umanità, ma anche delle
persistenti e crudeli violazioni dell’identità umana e delle immani offese all’innocenza
dobbiamo necessariamente rimuovere dagli scaffali della nostra esistenza la polvere
che, depositandosi, ci impedisce di cogliere una sintesi di ciò che siamo diventati.
L’aver maturato una consapevolezza e l’aver conquistato un equilibrio interiore non ha
sempre un legame con una dimensione diacronica, come si dirà più avanti, ma è quasi
sempre legato ad un divenire esistenziale composto da coscienza, da interpretazione e
dalla lettura sia di ciò che non muta mai e rimane fratello del passato sia di ciò che
continua a mutare ed è figlio di un dono o semplicemente di una novità, di un’esigenza,
di un anelito, di una ricerca mentale o di uno sguardo nell’altrove dei nostri desideri.
In conclusione porci la questione umana vuol dire argomentare sul cammino umano o
almeno sulla parte umana dei cammini dell’uomo attuale o almeno dell’immagine che ci
siamo fatta di lui.
1.2. I criteri dell’osservazione. Se volessimo sintetizzare le caratteristiche del
cammino dell’uomo sulla terra negli ultimi vent’anni ci troveremmo, però, in alcune
serie difficoltà metodologiche, come quella di stabilire come selezionare i contesti di
analisi, se per esempio preferire il contesto geografico o quello storico, iniziare da una
prospettiva antropologica o da una biologica.
Allo stesso modo avremmo filo da torcere nel tentativo di studiare le connessioni tra
una dimensione sociale e una dimensione individuale e bioetica. E poi cosa considerare
come cammino: il progresso tecnologico, il miglioramento delle condizioni di vita o la
persistenza della violenza e della sopraffazione, gli squilibri economici, finanziari e
antropologici del pianeta oppure la lenta coscienza civile e la rivendicazione del diritto
al protagonismo?
In prima istanza ci sembrerà che un criterio di osservazione possa essere l’idea che ci
sia un’inesorabile e rassicurante evoluzione, una professione di fede storicistica di cui ci
pare trovare molte testimonianze nella attenzione alle istanze sociali, nello sviluppo
inarrestabile delle condizioni di vita, nel consolidamento dei diritti e nell’intelligenza
che abbiamo dei rapporti con l’ambiente e la natura o, se vogliamo usare un linguaggio
da credenti, con il creato.
Tuttavia, ben presto, questo approccio verrebbe svilito e superato se da un criterio
evoluzionista passassimo ad un criterio personalista, cioè usassimo un metro in grado di
misurare l’interiorità, la consapevolezza di una vita serena e socialmente rispettosa del
divenire umano, il livello di elaborazione della conflittualità intrapersonale, ma anche
interpersonale, internazionale, di gruppo e di famiglia.
Inoltre una visione globale del cammino dell’uomo può rivolgersi a cogliere la
particolarità dei linguaggi umani nell’esprimere se stessi. Si vuol dire che durante i
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
4
millenni l’esercizio di descrivere cos’è un cammino, cosa vuol dire definire un percorso
che chiamiamo umano, costituisce esso stesso un discrimine, perché la traduzione delle
esperienze, il loro racconto e la loro attribuzione a questo o a quel contesto, a questa o a
quella prospettiva cambia il significato stesso dell’analisi e dei suoi punti di riferimento.
Il senso di disorientamento è così profondo che potremmo anche chiudere il discorso
affermando che non è così importante stabilire una sintesi, sforzarci di vederci chiaro
nelle questioni dell’umano, perché tanto la vita stessa ci pone quotidianamente in
situazioni legate ad una immediata scelta di campo, ad un’incoercibile partigianeria tra
opposte e contrastanti opzioni, i cui esiti rappresentano un pezzetto di quel cammino.
Eppure in qualche modo noi siamo il risultato di questo cammino, i nostri modi di vita,
le idee, i costumi, le rappresentazioni fanno parte di un grande mosaico che non può
essere rimosso, se vogliamo capire qual è il ruolo dell’uomo nel tempo e se è così
importante saperlo.
Il cammino storico che ci ha portato fin qua, in un’epoca di così profonde
trasformazioni è la configurazione di un drammatico dialogo tra luce ed ombra che si
svolge da quando è nato nell’uomo il primo timido tentativo di un perché e il fatto che
noi oggi siamo i protagonisti di tale dramma ci invita a prenderne atto e a collegarlo con
la nostra quotidianità. Questo forse è l’impegno che più di tutto qualifica la nostra
presenza terrena e se fosse così avremmo in buona parte risolto i problemi.
CAPITOLO II
TRE METAFORE NARRATIVE
2.1. I temi ricorrenti nella descrizione dell’Umanesimo. Il mondo, inteso come il
luogo in cui le relazioni umane costruiscono la storia, si definisce tramite una congerie
di esigenze e di bisogni, di mete e di poteri che potrebbero dare le vertigini alla
coscienza, che si interroga sul rispetto della dignità umana sia nella complessa attualità
in cui siamo immersi sia gettando lo sguardo ai millenni che ci precedono.
C’è assoluta necessita quindi di fare ordine nel caos che genera uno sguardo irriflesso e
inconsapevole e sforzarsi, per quanto la cultura e le sapienze generazionali lo
consentono, di individuare contatti, di esplorare possibili armonie, di connettere
significati e storie, di scoprire percorsi coerenti che pur sono presenti, anche se nascosti
od occultati e provare a narrarli, perché la narrazione fornisce il senso generale,
promuove chiarezza, espone ricerche, forse qualche verità e, quasi sempre, rimuove
interpretazioni moralistiche e fuorvianti.
Se prendiamo come punto di partenza un’analisi storica delle caratteristiche secondo cui
il pensiero ha individuato la correlazione tra comunità umana e caratteristiche
dell’uomo ed ha cercato di comprendere quali fossero i nessi tra la compiuta
manifestazione dell’umano e le conseguenze che tale conquista avesse sulle azioni
sociali e sull’evoluzione civile delle comunità, potremmo individuare tre metafore della
narrazione o tre immagini che rappresentano meglio di altre tale percorso e possono
rendere ragione di questo collegamento. Bisogna dire che le tre metafore che andremo a
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
5
descrivere possono essere viste anche in una prospettiva sincronica, come aspetti
sempre presenti nello sforzo di armonizzare il pensiero sull’uomo con le pratiche sociali
che da esso conseguono.
Le tre metafore si riferiscono quindi a tre grandi temi che s’incrociano perennemente
nella vita ordinaria e quotidiana dell’uomo, ma che pure hanno avuto spessore e
visibilità in momenti diversi della storia, sebbene non siano mai scomparsi e sempre
emergano nella coscienza sociale dei singoli.
Potremmo descrivere così i tre temi: la definizione dell’umano come ciò che fugge dal
mondo proprio, si sporge su un Altrove di cui non c’è certezza, ma che pure ci sollecita
ad affacciarci sul crinale di un infinito immaginare, crea una rottura con il conosciuto
ma può dipendere assolutamente dal volere di Dio o può porsi come segnale di umanità
nel rapporto col trascendente; la individuazione della cifra umana nella difficoltà
drammatica di usare con responsabilità la libertà, di scegliere tra opposte opzioni, di
porsi il problema della relazione come fonte di benessere e infine la specificità
dell’umano nel rappresentare se stesso attraverso i linguaggi e di condurre perciò la
riflessione nei territori della ricerca di ciò che è vero.
Questi ambiti di elaborazione dell’umanesimo trovano chiarezza in tre metafore
letterarie che aiutano il pensiero a comprendere, con la suggestione della poesia e la
sollecitazione dei panorami immaginativi, l’indagine dell’uomo su se stesso e la sua
natura specificamente relazionale e, meglio, comunitaria.
La prima metafora riguarda il navigante mosso dal Fato a rompere con il suo mondo e a
sottomettersi ad una ragione più grande di lui, alla quale si sente vincolato da una
dipendenza: lo straniero Enea che incontra il suo destino nella fondazione di un nuovo
popolo sottoposto alla dura costruzione degli dei.
La seconda metafora è quella del filo di Arianna che imprime alla lotta del suo amato
nel labirinto dell’incertezza l’unica scelta possibile: affidarsi all’esilità dell’amore.
Questa seconda metafora di salvezza, si lega strettamente alla prima, perché il viaggio
può non solo essere determinato dagli dei, senza alcuna possibilità per l’uomo di
ribellarsi, ma può essere anche quello del navigante che sceglie fra opposte rotte o
quella dell’uomo posto nel labirinto, che si ritrova nel dramma di individuare la via
d’uscita o ancora quello dell’acrobata sulla fune, necessitato a trovare un equilibrio
costante in grado di permetterne l’avanzata, insomma tutte quelle icone che ci riportano
all’incertezza.
La terza metafora riguarda invece il linguaggio che utilizziamo quando vogliamo
parlare di umanesimo e, in questa prospettiva, ci riferiremo al paradosso zenoniano di
Achille e la tartaruga, che collegheremo al cyberspace e ai linguaggi di internet.
L’Achille piede veloce, è soddisfatto dalla sua velocità e con essa si convince di poter
riempire le distanze, di congiungere i poli, di realizzare il sogno temerario dell’illimite;
la tartaruga lo riconvoca al limite e alla necessità del frammento.
Prima di addentrarci però nella elaborazione delle tre metafore e di vederne i molteplici
agganci con altre narrazioni ed altre elaborazioni classiche e contemporanee, è
opportuno sviluppare un breve accenno sulla natura dell’Umanesimo, affinché sia
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
6
chiaro il contesto in cui ci muoviamo e possiamo meglio finalizzare il nostro
argomentare.
2.2. Umanesimo, umanesimi. La riflessione su ciò che contraddistingue la qualità
umana della nostra presenza nella storia non è ancora l’elaborazione di un umanesimo.
Perché si possa parlare di sguardo umanistico e di sistema relativo al pensiero
sull’uomo, ciò che chiamiamo Umanesimo, occorre che la nostra attenzione speculativa
sia organizzata e si ponga nell’ambito di un percorso coerente che si sviluppi secondo
dimensioni antropologiche, filosofiche, sociali, biologiche e risolva una serie di
problemi circa il posto che compete all’uomo nella natura, sul ruolo che l’uomo ha nella
costruzione della propria storia, sul rapporto con gli altri esseri viventi e, infine, sulla
possibilità di una sua caratteristica trascendente e aperta al mistero dell’Altro.
L’umanesimo ha una lunga storia alle spalle che attraversa i millenni e che interroga,
con il suo nome e i significati stratificatisi lungo il tempo, la società di oggi, le comunità
umane, i gruppi sociali, le istituzioni politiche e civili e tutto ciò a cui l’uomo dà
significato in prospettiva della sua stessa evoluzione. Gli interrogativi di cui è portatore
riguardano la ricerca della verità su ciò che è umano oggi, le prospettive che tale ricerca
apre sugli scenari delle trasformazioni tecnologiche attuali e, come già accennato, i
linguaggi mediante i quali traduciamo i bisogni e le potenzialità della comune
condizione umana.
L’Umanesimo, così come lo conosciamo tradizionalmente, ci riporta al vasto
movimento filologico, filosofico e letterario che, dalla fine del XIV secolo si espande
per tutta l’epoca moderna e la irrora e vivifica di un nuovo modo di intendere l’azione
umana e il ruolo storico dell’uomo nel mondo.
Tuttavia tale movimento non spunta all’improvviso, nonostante la forza innovativa
travolgente delle sue prospettive, ma recupera e rielabora cognizioni e visioni del
mondo, che affondano la loro origine nell’epoca greca e nelle grandi civiltà pre -
medievali, a tal punto che queste ultime non forniscono solo materia e strumenti di
ricerca, per una rinnovata riflessione sulle humanae litterae, ma diventavano percorso
promotore esso stesso di umanità nuova e di spinta inarrestabile verso il protagonismo
moderno1
. Allo stesso modo il periodo storico detto umanistico, come inteso e
codificato nel XVIII secolo e ancor di più nei primi anni del XIX, ritrova molte sue
ispirazioni nei secoli successivi, a partire dall’allargamento dei confini geografici e
culturali del 1500, alle prospettive religiose riformistiche, alle indagini e ipotesi
scientifiche e al risveglio giuridico intorno ai diritti umani, per giungere vivo e
propositivo nella riflessione sui nuovi contesti antropologici e sociali della
globalizzazione e della ipertecnologizzazione del XXI secolo.
1 “Sotto la scorza del letterato si annidava l’uomo nuovo, e il viaggio di riconquista
dell’antichità era in fondo il viaggio di conquista che l’anima moderna faceva di se stessa.» Sapegno N., Compendio di storia della letteratura italiana, Firenze, 1976 vol. 1, p. 248
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
7
E’ come se la nuova coscienza delle proprie radici umane nel creato e nella storia, che
prende le mosse dalla riscoperta dei codices saeculares, fosse diventata il centro
nevralgico dell’immenso dibattito sulla ricerca dell’umanità nell’uomo e della lotta per
imporre alle disumanità, che comunque nascono dall’azione dell’uomo, il
riconoscimento della improduttività dei loro risultati.
Per questi motivi si crede sia opportuno parlare di umanesimi e non di umanesimo, in
quanto il centro propulsore dell’idea, che è umanistico tutto ciò che porta a compimento
le dimensioni razionali, etiche, estetiche dell’uomo, è stato declinato in diversi e
multiformi modi, tutti depositari di verità, in quanto tutti nascenti dal desiderio perenne
dell’uomo di trovare ragione di sé e della sua esistenza in se stesso e nel mondo che ha
contribuito a modellare e in cui si trova creaturalmente a vivere insieme con gli altri.
Il dibattito intorno agli umanesimi e la ininterrotta rielaborazione di pensiero a cui esso
ha dato seguito ci hanno permesso di superare tragedie immani in cui l’ombra della
disumanità e del rinnegamento dell’uomo hanno spesso coperto le speranze nel
principio di educabilità e di miglioramento delle condizioni di vita.
I pensatori che, risultano esemplari in questo contesto, formano solo le punte di un
discorso di sintesi, ma essi stessi hanno ritradotto e personalizzato le problematiche
intorno al tema di chi veniva prima di loro, consegnando al futuro prospettive
intellettuali feconde di ulteriori contributi; così infatti dalle loro proposte sono nati
numerosi e, talvolta, personalissimi contributi critici in grado di proporre altre strade di
pensiero e di innovare fortemente sistemi e concetti. Basti pensare al concetto di
umanità come Idea platonica o alla drammatica visione agostiniana dell’uomo, che
ritrova l’autentico se stesso nel Tu con cui chiama il suo Dio e gli chiede di illuminare
le tenebre, in cui si percepisce abissalmente immerso, o ancora a quella armonica di
Tommaso, che ritrova nel sano uso delle risorse, di cui è dotato l’uomo, il punto di
equilibrio dell’impegno umano nel mondo. Allo stesso modo, se si volge lo sguardo
della ricerca all’impulso che il Seicento, con la rivoluzione scientifica, e il Settecento,
con la riflessione politica sulla democrazia, ha impresso agli studi sull’umanesimo e alla
sua funzione educatrice si comprendono i nodi relativi alle innaturali separazioni tra
umanesimo e tecnica, tra scienze dello spirito e scienze della natura e le conquiste
sociali relative alla definizione della centralità del lavoro umano. Infine discendono
dalle visioni umanistiche del secondo dopoguerra, le soluzioni affascinanti che su
questo tema sono nate dagli esistenzialisti cristiani o dal pensiero di Lévinas circa
l’Altro e la responsabilità dell’io.
2.3. La prima metafora: il navigante. L’Enea virgiliano, smarrito dal caos
dell’incendio di Troia, tra i massacri di una città ormai sepolta, sogna Ettore piangente e
angosciato, che gli grida di fuggire dalle fiamme: “Le cose sacre, i Penati, a te Troia
confida: prendili compagni del fato, cerca per loro le mura che un giorno alzerai
grandi, dopo aver corso, il mare2”. L’eroe comprende che è giunto il momento di
2 Virgilio, Eneide Libro II vv.292 – 295 trad. it R. Calzecchi Onesti 1989 Einaudi Torino p. 57
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
8
obbedire ad una voce che percepisce come autorevole e trascendente; egli capirà
gradualmente fino all’incontro con Anchise nei Campi Elisi ciò a cui il suo destino
conduce. E’ uno straniero eppure dovrà fondare un popolo; con la moglie e il padre ha
perso il senso stesso della sua identità, eppure proprio la sua diversità sarà il
presupposto di una nuova identità sociale, che riconoscerà la novità di un’ennesima
rifondazione. La vicenda emblematica di Enea arriva fino ai giorni nostri, per un verso
illustrandoci i paradossi degli stranieri che non vengono riconosciuti come forieri di
nuove fondazioni, ma anzi sono percepiti come minaccia e sconfinamento
dell’appartenenza, dall’altro verso ci richiama ad una sorta di dipendenza dalla volontà
di altri. Per lungo tempo la dimensione più consona all’umanità è stata ridotta
all’obbedienza ad un Dio, al Fato, agli eventi che nostro malgrado non hanno una
figliolanza autonoma, ma sono sempre necessitati. Può sembrare che una tale visione
dell’uomo sia lontana dai nostri tempi e dalle nostre storie di uomini e donne affrancati
dalle superstizioni e dai pregiudizi, eppure nella vicenda di Enea si celano molti aspetti
ancora vivi oggi nel nostro modo di pensare all’uomo. I fondamentalismi sono per
milioni di persone l’atto più umano che si possa immaginare in quanto individuano nel
volere di una potenza religiosa irrazionale la fonte della vita e della morte. La libertà è
spesso sentita, anche in ambiti e contesti più vicino a noi, come esposta al contrasto con
la necessità. Essa è quasi obnubilata e vinta dalla potenza dei meccanismi economici e
finanziari che agitano il mondo e costringono, una gran parte di esso, a soggiacere ai
meccanismi infernali dell’impoverimento di interi popoli. Il tema stesso del lavoro
umano ha perso gran parte della sua carica spirituale e del suo significato di
corresponsabile dell’armonia tra uomo e natura per assumere sempre più chiaramente e
sempre più prepotentemente il significato di un duro servaggio alle logiche economiche
e di consumo.
Nel mito di Enea possiamo anzi ancora scorgere il pensiero che il volere di una forza,
che comprime la libertà umana, disponga in ogni caso la storia di ciascun uomo lungo
una traiettoria di promozione identitaria e che al sacrificio della propria libertà
corrisponda comunque un beneficio sociale. Oggi invece da molte parti notiamo che la
sottomissione ai miti mercantili e commerciali sia il risultato di una passività che non
lascia alcuno spazio al miglioramento civile, ma solo frantumi e rovine3.
L’idea che il rapporto con Dio manifesti l’uomo all’uomo è l’altro aspetto di questa
metafora, quasi il suo rovescio. Infatti si può immaginare, come fa il Cristianesimo, che
la tensione al trascendente ispiri l’azione dell’uomo e possa confluire in una nuova
conoscenza di se stessi.
Questo contesto umanistico è in qualche modo già presente nell’affresco platonico
disegnato dalle idee. Esso si sofferma in particolare sulle contraddizioni laceranti
dell’uomo tra ricerca della chiarezza e occultamento della ragione. L’insistenza
sull’unità della vita umana, nei Dialoghi, di contro alla molteplicità frammentata
3 Cfr Augè M., Rovine e macerie. Il senso del tempo, 2004 Torino, Bollati Boringhieri, 2004
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
9
dell’esperienza, la compattezza della progettualità caratteristica della nostra specie,
rispetto alla brutalità della insignificanza, rappresentava il segno massimo e la cifra
simbolica dell’umanesimo4. Nel libro VII della Repubblica
5, che viene in genere
analizzato in un’ottica gnoseologica, Platone sintetizza l’apporto della cultura greca alle
domande circa l’essenza dell’uomo nel mondo e delinea un potente mito per spiegare il
desiderio di alterità e la spinta alla luce della verità e del bene, come risultato del retto
esercizio della mente. Tutta la grecità classica ritrova nel concetto di logos, che è la
narrazione della intima razionalità dell’uomo e la sua consonanza con la natura e con lo
stesso Dio, il centro intimo del dispiegarsi umano nella società e nella storia. Il
cosiddetto mito della caverna, infatti, non ci parla solo della impossibilità dell’uomo di
conoscere le cose, se rimane ancorato all’ombra delle sue false opinioni, ma anche del
rapporto tra schiavitù e libertà, tra l’attitudine all’indagine e alla ricerca e l’amorfa
pigrizia del bruto. L’umanesimo platonico, e di buona parte della speculazione greca,
consiste in questa fondazione ontologica del desiderio di studiare la sete di perfezione
umana e la sua incoercibile tensione all’ascesa e al superamento di se stessi. Da questo
concetto che mossero tutti gli umanisti tra il XV e il XVI secolo per argomentare sui
principi della verità e della moralità ed armonizzarli in una suprema sintesi artistica ed
estetica. In questo senso la dimensione contemplativa della vita, che per Platone
rappresentava il vertice dell’esistenza, apre all’uomo un orizzonte ampio ed infinito per
collocare la sua ascesa spirituale e la coltivazione della sua interiorità6.
Su questo versante alla fine dell’Impero romano e in piena decadenza dei costumi di
un’epoca allo stremo, le parole di Agostino risuonano narrandoci del risveglio della
mente ad un rapporto tra Dio ed Uomo che valorizzi, in entrambi, l’autonomia in un
contesto di reciprocità. Agostino ha svolto un ruolo fondamentale nel rendere chiari i
panorami che si aprono all’uomo quando pone domande intorno a se stesso, alla sua
natura e alla sua destinazione. Egli a partire dal neoplatonismo, rivede l’esperienza
umana come una costante indagine circa la partecipazione dell’uomo al moto perenne
della verità.
Sono molte le pagine in cui si possono analizzare i requisiti della sua visione
dell’umanesimo, quelle delle Confessioni innanzitutto, ma anche molte della Città di
4 Grecchi L., L’umanesimo di Platone, 2007 Pistoia, p.45
5 Platone, Repubblica 514 b – 520 a
6 “All’estremo confine del conoscibile v’è l’idea del buono e la si vede a stento, ma una volta
vistala occorre concludere che essa è davvero sempre la causa di tutto ciò che vi è di retto e di
bello, avendo generato nel luogo del visibile la luce e il suo signore, in quello del noetico
essendo essa stessa signora e dispensatrice di verità e di pensiero; e che deve averla vista chi
intenda agire saggiamente sia nella vita privata sia in quella pubblica. (…) “Su, allora” dissi
io: «convieni anche su questo fatto, che non c’è da sorprendersi se chi è giunto fino a tal punto
non voglia poi occuparsi delle faccende degli uomini, e la sua anima aspiri sempre a restare
lassù” Platone, Repubblica, a cura di M. Vegetti, Milano, 2006, libro VII, 517c - d, pp. 841-851
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
10
Dio o del De Magistro che approfondiscono questa particolare versione
dell’Umanesimo e il pensiero che la suprema apertura alla verità sia di per se stessa
accoglienza del divino nell’umano.
Per Agostino, come già abbiamo visto per Platone, la salvezza dalle insidie della
inconsapevolezza, risiede nella ricerca della sapienza e la sapienza non è che l’uscita
dallo smarrimento, dal disorientamento. E’ umano ciò che ci fa rientrare in noi stessi e
ci permette di ritrovarci. Il ritrovamento non è altro, a sua volta, che riscoprire lo
sguardo di Dio su noi e amarne gli esiti e la dolcezza di una reciprocità. Ora questo
ritrovamento è un processo che si definisce nel tempo e si conclude fuori del tempo,
quando la memoria di ciò che siamo diventa presenza perfetta e beata. Ciò che la fede
chiede può essere ascoltato solo dall’intelletto ed è per questo che nella ricerca della
verità fede e ragione si coniugano indissolubilmente. L’umanesimo di Agostino si
dichiara così come il campo fertile in cui tutte le attività umane vengono esaltate e
trovano collocazione: è la verità la prospettiva da cui operare e in cui fondare il
cammino di umanizzazione della città degli uomini.
La verità, inoltre, si fa strada nella memoria e attraversa i cammini interiori della
finitezza umana, senza ostacolarla, anzi accettandola come elemento umano per
antonomasia e come punto di partenza per la realizzazione piena di sé. E’ nell’interiorità
infatti che si dispiega la tensione verso l’unità di tutto ciò che, essendo umanamente
autentico, deve essere valorizzato e trasceso in una superiore dimensione di equilibrio e
di concentrazione della volontà. Ed è qui che l’uomo incontra Dio; lo incontra nel
processo di umanizzazione personale e storico che ha iniziato e lo incontra perché
ritrova il suo centro e il suo trascendente fondamento.
2.4. La seconda metafora: il filo nel labirinto. “L’universo (che altri chiama la
Biblioteca) si compone d’un numero indefinito e forse infinito, di gallerie esagonali,
con vasti pozzi di ventilazione nel mezzo, bordati di basse ringhiere.(…) Come tutti gli
uomini della Biblioteca, in gioventù io ho viaggiato: ho peregrinato in cerca di un
libro, forse del catalogo dei cataloghi”7. Nella poetica di Borges l’immagine del
labirinto assume una potenza letteraria immensa, pari alle opere classiche di cui si nutre
ancor oggi l’Occidente.
Nel labirinto che forma una biblioteca, simbolo della perplessità e della complessità del
mondo, gli uomini si stupiscono e si angosciano perché sono affascinati dai suoi
incroci, dagli svincoli e dalla sua interminabilità, ma sono anche angosciati dal fatto che
la biblioteca esiste ab eterno e questo spiegherebbe l’eternità futura del mondo.
Riprendendo questo magnifico racconto, e gli innumerevoli altri richiami della
produzione borgesiana su questo tema, possiamo affermare che un’altra forma di
umanesimo è la riproposizione di un’umanità che è tale quando è posta di fronte ad una
scelta e quando la drammaticità delle opzioni manifesta all’uomo stesso quanto egli sia
7 Borges J. L., La biblioteca di Babele, in Finzioni , in Tutte le opere vol. 1°. Milano Mondadori
2001 p. 680
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
11
libero, non necessitato se non per le sue caratteristiche biologiche e per così dire della
sua sensibilità. La figura della verità umana, quale libertà, si sprigiona magnificamente
dal labirinto e trova in esso una delle ragioni più convincenti del suo dinamismo terreno
e storico. Alla libertà è sempre abbinata l’incertezza, quella che Salvatore Veca chiama
incertezza del ciò che vale, relativa alla comunicazione intorno alla giustizia 8. Siamo
cioè di fronte alla percezione di un dramma terribile, che viene vissuto tra la
consapevolezza di essere i protagonisti di una superba condizione esistenziale e il
timore di sbagliare e di non essere più in grado di governare la propria storia,
costantemente a rischio di perdersi tra i riferimenti etici e la cupa attrazione del male e
dell’istinto. Al labirinto attiene la tipica propensione umana al fare ordine, a leggere
nella complessità del reale un’armonia di coerenze e una logica interpretativa, ciò che
viene mirabilmente rappresentata dal mito di Arianna e di Teseo. Alla brutalità di un
mondo che accosta l’uomo alla bestialità animale si contrappone la chiarezza di una
relazione affettiva e di sintonia razionale, rappresentata così amabilmente dalla gentile
disposizione femminile a consentire il passaggio dalla prima alla seconda attraverso un
filo, un’esile comunicazione tra esseri umani che permette lo slancio coraggioso e la
presa in carico della lotta.
Se con la prima metafora abbiamo assistito alla definizione di una umanità che si riflette
nell’obbedienza ad un ordine superiore o, nella richiesta di un possibile raccordo alla
divinità in un contesto di autonomia personale, con la seconda scopriamo l’inquietudine
di una possibile disobbedienza, lo sconcerto della possibilità di una scelta, ma anche alla
gioia dell’autonomia e alla consapevolezza che il legame con una visione trascendente
della propria umanità viene rafforzato proprio dall’emancipazione dalla dipendenza e
dalla rivendicazione di un diritto primigenio.
Ritroviamo questa dialettica in una delle pagine più note dell’Umanesimo, anzi in quel
testo che da sempre è considerato come la più chiara e la più nota descrizione
dell’umanesimo quattrocentesco: la Oratio de hominis dignitate di Pico della Miranda.
Nel documento l’autore ci indica il cuore da cui il movimento umanistico prende avvio,
sviluppando il tema della libertà e della incondizionata natura umana a costruirsi il
proprio destino.9 Il documento ci aiuta a comprendere la rete di richiami, che, prima
dell’Umanesimo in senso stretto e dopo di esso, il pensiero sull’uomo e sulla sua
presenza nella societas ha generato. Siamo ancora in un ambito neoplatonico giacché
l’esortazione rivendica la forza e nel contempo la debolezza umana nell’esercizio della
libertà, visto come strumento di dignità e di inserimento armonico nel creato. La
8 Se non rispondiamo con successo alla sfida di un’incertezza probabile, sappiamo di avere la
probabilità del destino della torre di Babele; non più realtà condivisa con altri, di fatti e di
valori, ma un mondo straniero per nomadi; e, quanto a noi, noi divenuti stranieri a noi stessi”
in Veca S., Dell’incertezza, tre meditazioni filosofiche, Feltrinelli, Milano 1997 pp. 19 - 20 9Garin E., L’umanesimo italiano, Bari, 1975 p.123 e segg.
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
12
prospettiva consiste soprattutto nella visione processuale10
che si ha dell’uomo, visione
modernissima e legata ai contesti civili e di attenzione alla costruzione di una società in
grado di rispettare l’intima e innata natura delle cose e delle creature. Pico sposava
l’idea di un incontro, anche questo ineffabilmente umanistico, tra la cultura cristiana e
quella classica, considerando da un lato la sostanziale creaturalità dell’uomo e dall’altro
la sua libera azione nel cosmo. Da questo punto di vista l’assunto di Pico trova feconde
aperture nei temi contemporanei dell’autonomia umana, che non è dominio, ma capacità
di trovare equilibri tra una morale laica e un insegnamento religioso.
A Pico fa eco Jacques Maritain che svolge un geniale lavoro di sintesi tra la cultura
classica e il contesto sapienziale cristiano, esercitando una profonda influenza, nei nostri
tempi, nel modo di concepire l’essere umano che si vuol dire cristiano.
Nella Chiesa conciliare e nel mondo, che usciva dalla tragedia disumanizzante della
guerra mondiale, le opere di Maritain hanno rappresentato un vero e proprio risveglio
alla speranza di una nuova visione del futuro. Egli nell’opera “Umanesimo integrale”
(1936) rifonda lo stesso concetto di uomo, partendo dall’idea che il cristianesimo gli
abbia restituito la consapevolezza storica del suo originario statuto di persona11
.
Nell’opera viene illustrata la distinzione tra umanesimo antropocentrico, fondato sulla
estromissione dal panorama umano di tutto ciò che è divino e un umanesimo cristiano o
teocentrico che, come aveva già delineato Agostino e come poi sistematizzerà
Tommaso, riceve e valorizza tutto ciò che è autenticamente umano, proiettandolo su uno
sfondo religioso. A differenza della posizione di chi, come Platone o Agostino, cerca
l’umanità nel rapporto interiore con Dio e lo attende nei territori della verità, aspetto a
cui abbiamo dedicato attenzione nel paragrafo precedente, Maritain sostiene che nel
Cristianesimo e dunque nel volgersi incantato dell’uomo verso Dio trova compiutezza
l’esigenza dell’uomo di appagare la sua ricerca della verità, la sua tensione alla
beatitudine e infine la sua radicale vocazione alla costruzione della comunità civile,
sulla base di una nuova relazione interpersonale.
L’umanesimo è integrale perché la realizzazione di ciò che è umano su questa terra non
riguarda il regno di Dio nella sua realizzazione compiuta, ma nella profonda e integrale
realizzazione di una vita pienamente umana. Esso non rinnega debolezze e fragilità, ma
le assume, trasformandole in strumenti di lotta a favore della giustizia e della dignità
umana. La società stessa in questo modo creerà strutture umane giuste e declinerà in
questa maniera il concetto di grazia, come trasformazione e rinnovamento dei
comportamenti umani. Ecco perché la lettura umanistica di Maritain trova un suo
spontaneo completamento nella visione educativa. L’uomo diventa persona attraverso
10
Non ti ho fatto né celeste, né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi
libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi conforme a quel modello che ti sembrerà
migliore. Pico della Mirandola, Oratio de hominis dignitate, Traduzione di E. Garin 1994 ed.
Studio Tesi Pordenone p.8. 11
Maritain J., Umanesimo integrale, Roma 2009.
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
13
l’educazione, sviluppando la conoscenza, il giudizio e le virtù morali, aspetti sostanziali
della costruzione di un nuovo Umanesimo.
In questo vasto orizzonte che vede l’uomo come un essere sostanzialmente in relazione
la visione di Paolo di Tarso ci richiama ad una ulteriore specificazione umanistica legata
alla delineazione di un’umanità che è tale quando esercita la carità, la relazione cioè
connotata dalla assoluta reciprocità.
A distanza di oltre quattro secoli dal dialogo della Repubblica di Platone e con una
sostanziale diversità di accenti e di contesti culturali12
, Paolo getta una luce chiara sul
cammino dell’uomo verso l’autoconsapevolezza del suo destino e gli indica il compito
di umanizzare se stesso e il mondo attraverso l’inveramento delle varie dimensioni
espressive dell’uomo nell’apertura all’altro.
A Paolo, infine, con un salto, che attraverso il secolo di Tommaso d’Aquino arriva fino
a Maritain, si deve la rappresentazione drammatica della dialettica tra natura e grazia,
tra storia spirituale e storia politica, tra ricerca intellettuale e spirito di sapienza, tra
gratuità del dono e intima inquietudine dell’accoglienza dei ministeri13
. Nella specifica
insistenza sul rapporto tra legge e spirito Paolo invita ciascuna persona a riconsiderare
la libertà dalla imposizione ritualistica come una delle rappresentazioni più precise della
definizione di umano. Nella prima lettera ai Corinzi poi ritroviamo, riportati alla sua
fonte primigenia gli elementi di un umanesimo, che guarda all’essenzialità dell’essere
umani e trasfigura in una ricomposizione delle misure e delle consuetudini con cui il
mondo considera i negozi umani, la necessità di una presenza alternativa e propositiva
nei contesti sociali e comunitari. Il capitolo tredicesimo infatti ci racconta di una
comunità greca vivace ma disorientata, alle prese con un cambiamento di mentalità e
incerta e titubante nello sforzo di comprendere le nuove categorie culturali e religiose
che Paolo le proponeva; è come se la razionalità dei codici interpretativi greci avesse
dovuto trovare compimento nella loro espressione umana.
Paolo, nonostante l’umiliazione subita ad Atene, non contesta gli aspetti riguardanti le
espressività, la scienza, la morale e la religione; sa bene che essi sono costituenti
incancellabili dell’humanitas, ma ne connota il loro autentico significato attraverso la
dimensione caritativa, che vuol dire in sostanza relazione umana e cura di essa. L’uomo
è uomo quando colloca le sue potenzialità e le tracce storiche che lascia nel mondo in un
12
I rapporti tra la filosofia di Platone, e in genere dell’antichità greca, con gli orizzonti culturali
di Paolo sono complessi. Se da un lato lo stesso Paolo veniva visto come il nuovo filosofo e
certe volte addirittura ritratto come un novello Platone è indubitabile che la sua visione della
vita presenta delle chiare dissonanze con quelle di Platone, basti pensare all’idea della
resurrezione e alla centralità data alla relazione umana come agape. Tuttavia altri aspetti invece
sembrano incrociarsi come il tema dell’anima e del corpo sensibile. Su questi temi un testo
interessante è l’opera di Zambrano M., Filosofia e poesia, Bologna 2010, che anche se non tratta
specificamente il tema, aiuta il lettore a comprendere bene la presenza della visione di Platone
nella costruzione dell’immaginario poetico occidentale. 13
Cfr Viotto P., L’apostolo dell’umanesimo, in Jesus 4.04.2009 2009
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
14
quadro di reciprocità umana e di solidarietà comunitaria. Tra la sensualità vitale di
Afrodite e la centralità del linguaggio del corpo, Paolo introduce la mitezza e la
generosità del rapporto agapico. Nella urgenza dei commerci e dei negozi di una città al
centro della ricca Acaia egli sostiene la necessità di essere disinteressati e la severità di
un comportamento sobrio. Fra l’estrema indifferenza dei Cinici e il deliberato
relativismo religioso l’apostolo rivendica la necessità del prendersi cura e il desiderio di
riconoscere nel proprio intimo la tensione verso la conoscenza perfetta, che si realizza
nel faccia a faccia con l’Eterno.
Ai temi trattati finora e alle loro specificazioni, ma su un versante opposto a quello di
Maritain, si rifà, poco più di un decennio dopo l’uscita di “Umanesimo integrale”, Jean
Paul Sartre con il saggio “L’esistenzialismo è un umanismo”. L’opera scritta subito
dopo la fine della guerra mondiale, afferma che dirsi esistenzialisti vuol dire accettare la
responsabilità come figlia della libertà. L’uomo è libero, perché non determinato se non
dalla sua esistenza, cioè dal trovarsi nel mondo, e ciò lo rende assoluto padrone della
sua storia. La profonda solitudine che lo contraddistingue è il peso che deve sostenere la
sua libertà14
: l’uomo deve inventare l’uomo. Da questo scaturisce la necessità di
impegnarsi nel mondo, affinché la vita abbia un senso e si possa costruire una comunità
umana.
In questo ambito fortemente segnato dalle catastrofiche conseguenze della guerra, anche
Martin Heidegger, ripensa ne “La lettera sull’umanismo” 15
, pure del ’46, la crisi di
senso dell’Europa e dei suoi miti, avanzando l’ipotesi che la tecnologia stesse
conducendo l’uomo a dimenticare se stesso. Infatti, secondo il filosofo, la tecnologia
spinge ad intendere lo scopo dell’agire come utilità, mentre, nella profonda realtà
dell’esperienza umana, l’agire è un portare a compimento. La personale visione del
mondo, maturata durante l’ultima parte della sua vita, lo conduce ad affermare, rispetto
ai concetti esposti, una sua strada personale, che rifacendosi allo stesso termine di
umanismo, ne rifiuta il concetto della centralità del soggetto sartriana.
Il filosofo tedesco parte dalla distinzione di alcune tipologie di umanesimo: l’umanismo
marxiano, secondo cui l’uomo ha come natura la sua socialità, l’umanismo cristiano,
secondo cui l’humanitas si definisce attraverso il rapporto con la deità, e l’umanismo
romano, secondo cui l’umanità si iscrive nell’educazione (paidea) alla virtù. Nel
contesto di queste distinzioni egli sostiene che tali umanismi sono condizionati dal
trovare il loro significato in un ambito metafisico. Invece l’essenza autentica
dell’umanità è nel suo essere legata all’essere e quindi alla rimozione della soggettività,
che viene risucchiata nell’essere come evento originario.
La parola umanismo al posto di umanesimo, valorizza quindi la razionalità umana e la
spoglia da ogni dimensione trascendente; sta a significare che l’uomo è l’unico
14
“L’uomo è condannato a essere libero. Condannato perché non si è creato da solo, e ciò
nondimeno libero perché, una volta gettato nel mondo, è responsabile di tutto quanto fa” Sartre
J. P., L’esistenzialismo e un umanismo, Milano 1990 p. 41.
15
Heidegger M., Lettera sull’”umanismo”, in Segnavia, trad. it. F. Volpi,Torino 1987 p. 267
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
15
legislatore di se stesso e che quindi sviluppa intorno a sé l’umanità dei suoi gesti, si
offre ad una progettualità in relazione con l’altro uomo e per questo dà significato alle
cose. Mentre l’umanesimo di Maritain sposa la bellezza, armonia delle virtù, con il
desiderio di Dio, che realizza l’uomo nella sua qualità morale, l’umanismo afferma
eroicamente che la libertà è il risultato della solitudine in cui l’uomo è gettato e perciò
stesso la sua esistenza è condizionata dalla responsabilità che avverte quando pensa alla
sua radicale solitudine.
La tipologia di umanesimo che abbiamo considerato finora, come si vede, intreccia
indissolubilmente la necessità di darsi ragione del desiderio di trascendenza con
l’analogo e fondamentale bisogno di ritrovarsi uomo nella relazione con i propri simili e
con il creato.
Ci appressiamo adesso ad una nuova tipologia umanistica che assume in sè la grande ed
epocale novità dei linguaggi digitali.
2.5. La terza metafora e una cyberquestione educativa. Se le prime due metafore
insistono sulle caratteristiche che riguardano il ruolo dell’uomo nel mondo, la terza
riguarda la sua capacità di esprimere questo stato, di comunicarlo a se stesso e agli altri
e di ridefinire le caratteristiche della socialità che lo contraddistingue. Il tema della
comunicazione è centrale nella riflessione sull’umano in quanto tratto essenziale della
capacità di costruire una relazione significativa con i luoghi della sua vita, con gli esseri
viventi che insieme a lui condividono quegli spazi e la storia che in essi costruisce. Si
potrebbe dire che la comunicazione è la principale forma di relazione a cui l’essenza
stessa dell’uomo si riconduce. Ed è proprio alla relazione come presupposto del
cambiamento sociale che l’ultima metafora si rivolge, andando a ricercarne i punti di
riferimento in uno dei famosi paradossi di Zenone. Sappiamo che un paradosso è un
ragionamento che ci conduce, se lo seguiamo coerentemente, ad esiti considerati
assurdi; esso è un espediente che ci permette di verificare la debolezza estrema dei
nostri convincimenti e di spuntare tutte le arme degli estetismi discorsivi.
Il geniale e spiazzante racconto, mediato da mille versioni letterarie, genera da solo
interrogativi e suscita perplessità che possono essere facilmente tradotte in problemi.
Pensiamo ad una specie di spazio che può essere rappresentato dalle nostre moderne
agorà nel quale i due personaggi della storiella riguardante Achille e la Tartaruga (in
altre versioni anche la lepre e la tartaruga) si ritrovano per bere e chiacchierare del tema
della velocità nel nostro mondo, nella nostra storia e nel nostro quotidiano. I due
personaggi hanno caratteristiche che sono presenti in ciascuno di noi e convivono senza
che ce ne accorgiamo: il desiderio di vincere a tutti i costi, la ricerca della fama, le
opzioni contrastanti per raggiungere un traguardo, la velocità sinonimo di competizione,
la lentezza sinonimo di saggezza, la gara, l’astuzia e l’intelligenza, i piedi degli umani e
le zampe degli animali e via discorrendo. Una di queste moderne agorà è senz’altro
Internet, un’ipotetica piazza nella quale tutti questi temi trovano spazio e visibilità, anzi
si arricchiscono di significati assai speciali e nuovi per le giovani generazioni. La
metafora dell’immaginario che abbiamo scelto, dunque, ci aiuta ad entrare in un nuovo
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
16
contesto riflessivo in quanto ci offre la possibilità di analizzare i nuovi linguaggi
elettronici e la loro capacità di cambiare la relazione umana e di influenzare il modo di
pensare al sociale.
Se Achille immagina il suo mondo come una solitaria e inarrestabile corsa al successo e
alla vittoria, la tartaruga ne immagina uno diverso legato alla lentezza della riflessione,
alla capacità di sostare nel tempo delle decisioni e di riguardare quindi alla stessa corsa,
aprendosi alla scommessa dell’incontro e della condivisione. Certo il paradosso descrive
una situazione dialettica impostata su due personaggi, ma non è raro che questi due
aspetti siano entrambi presenti nella persona umana e ad essi facciano riferimenti varie
situazioni, stati d’animo, argomentazioni che una sola persona può trovarsi a
sperimentare in momenti diversi della sua vita.
E’ in questo snodo che si pone un’evidente e cogente questione: in che modo possiamo
parlare di umanesimo in riferimento a questo nuovi panorami?
La questione che si pone a tappeto è per così dire una cyberquestione, nel senso che
riguarda la vita umana nel tempo di internet e in special modo la posizione delle agenzie
educative, in primis la scuola, sul modo di accogliere prima e di governare poi le nuove
rappresentazioni del mondo consequenziali all’uso del web e alla presenza nella rete.
Nei confronti della realtà di internet reagiamo o approvandola incondizionatamente,
tanto da farne strumento approssimativo di condivisione oppure rifiutandola con
imbarazzo e condannandoci in questo modo all’isolamento.
E’ difficile pensare di fare a meno di internet e allo stesso tempo di non affermarne la
bontà, visto che moltiplica le possibilità comunicative e sviluppa processi di conoscenza
impensabili pochi decenni fa. Tuttavia proprio questi aspetti introducono nuovi spazi di
disumanizzazione se ne consideriamo alcuni esiti in relazione alle tipologie
comunicative e alla pervasività nella realtà quotidiana. Per esempio l’uso ormai
consolidato dei social rappresenta effettivamente un vantaggio nella condivisione di
idee, nel confronto di mondi o è soltanto il modo di esibire quel poco di se stessi che
crediamo sia interessante per gli altri? La comunicazione è desiderio di conoscere e di
accompagnarsi all’altro o soltanto una richiesta spasmodica di piacere a tutti i costi? Si
introducono così nella relazione umana elementi che ne sono estranei e che spesso
rischiano di inquinarla: diventa così importante la marginalità della propria vita, una
penosa fotografia, la ripetizione ossessiva di un messaggio, quasi a descrivere desideri
inconsci di autostima e richiesta ossessiva di apprezzamento. Un mondo ridotto alle
mode compulsive ci parla di bisogni profondi inespressi, ci mette a contatto con
l’esigenza spirituale di trovare accoglienza nell’altro, ci narra di una sete di autenticità
che bisogna intercettare se si vuole invertire una tendenza alla solitudine che inaridisce
ogni speranza e ogni desiderio di conforto.
Il richiamo ad una vita più autentica nascosto dietro il pantano della retorica e
dell’ipocrisia non può non essere ascoltato se vogliamo dare realmente un senso umano
alla frontiera digitale. Si è con grande intelligenza parlato di un parallelismo tra anima e
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
17
iPad16
in quanto quest’ultimo sembra assumere per noi le stesse funzioni dell’anima,
intesa come la rivelazione della profondità della memoria, delle immagini e dei pensieri
della nostra vita.
Se pensiamo che solo da qualche decennio la realtà digitale rientra in una riflessione
sociale condivisa come spazio di confronto e nuova frontiera di pensiero,
comprendiamo quanto sia difficile riuscire ad analizzare il fenomeno e a interpretarlo
prima che una visione della realtà che si sta configurando diventi per noi ininfluente e
assuma i contorni dell’indifferenza. Eppure non possiamo sottrarci alla responsabilità di
esercitare una narrazione della quotidianità di questo fenomeno, che a torto viene
definito con le categorie della virtualità, mentre si caratterizza essenzialmente come la
nuova realtà sensibile, sebbene immateriale, che pervade le nostre ore e il nostro tempo.
E’ decisamente il tempo di immergersi in questi linguaggi che descrivono mondi e
rappresentazioni nuove, sostando su di essi con spirito critico, leggendone la
propensione alla semplificazione linguistica, all’impoverimento del pensiero, allo
sciocchezzaio compiaciuto di un individualismo esasperato, ma anche al bisogno sotteso
di essere riconosciuti soggetti attivi e di ricevere gratificazioni e affetto da un contesto
socio culturale non più in grado di creare le condizioni per una effettiva condivisione
civile, che se è sempre stata insufficiente nel nostro Sud e lo diventa ancora di più nei
non luoghi di internet. A questo compito poi ne fa seguito un altro ad esso strettamente
legato, che riguarda il dovere che la scuola ha di creare luoghi educativi intorno a sé.
Bisogna impegnarsi, allora, affinché non si corra il rischio sempre possibile di
impostare percorsi formativi che diventano di fatto non luoghi educativi, perché avulsi
dalla concreta e quotidiana esistenza delle persone.
Legato a questa dimensione della realtà digitale si presenta un altro aspetto non meno
complesso e anch’esso poco esplorato, quello che fissa l’attenzione sui linguaggi della
rappresentazione digitale del mondo e della consequenziale formazione di un
immaginario collettivo, che si pone come un nuovo e inatteso paesaggio umano nel
quale convivere con gli altri. La tendenza alla semplificazione linguistica, l’abitudine a
doversi confrontare con una realtà di cui non sempre afferriamo i messaggi, pur essendo
condizionati ininterrottamente da essi, provoca la perdita dell’esigenza di ricordare le
cose, le realtà, i racconti, l’esempio delle persone. E noi sappiamo quanto la memoria
sia l’aspetto fondamentale della nostra crescita umana e quanto il rapporto tra la
memoria e la parola sia consustanziale all’espressione della nostra esistenza come
esistenza di persone.
Dalle informazioni, che ad ogni piè sospinto troviamo su internet, ridotte a prontuario
indifferenziato, invece che nella coscienza di una vivente narrazione, alla superflua
ricerca del senso, di cui non avvertiamo più il bisogno, perché ne siamo stati esautorati,
la vita umana rischia di essere ridotta ad un presentismo che spontaneamente si
16
Quell’archivio di scritture e immagini che ci sta davanti sotto le sembianze dell’iPad è (…)
uno specchio dell’anima in senso più pregnante di quanto lo fosse a prima vista. Ferraris M.,
Anima e iPad. E se l’automa fosse lo specchio dell’anima? Ed. Guanda Parma 2011, p.37
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
18
trasforma in presenzialismo, non potendo più essere profonda e motivata partecipazione
al flusso storico.
Non avendo più necessità di memoria non abbiamo più bisogno di storia e quindi non
siamo più nelle condizioni di apprezzare l’esigenza dell’educazione che in quanto tale è
sempre progettualità, come appunto dovrebbe essere la vita di ogni uomo.
Il tema della vita umana nell’epoca di internet s’incrocia fatalmente con quello della
dimensione tecnologica in cui ciascuno di noi è profondamente immerso e che è, in
qualche modo madre degli altri aspetti, perché ne permette la configurazione e lo
snodarsi nelle vite di ciascuno di noi. La dimensione tecnologica degli spazi di vita
oggi è, come ognuno sa, indispensabile allo stesso loro proseguimento. La disponibilità
di tempo, la reciprocità degli scambi, la visione della stessa configurazione
dell’immaginario nostro e soprattutto delle nuove generazioni è reso possibile, e non
solo promosso, dall’uso tecnologico.
Rispetto a tale acquisizione il problema che si pone non è tanto quello del valore di
bontà che si attribuisce a tale dimensione, che in ogni caso è essenzialmente positivo,
quanto se, in proporzione dell’altissimo livello di esecuzione qualitativa, conservi un
analogo livello di coscienza nel cuore degli uomini e delle donne di oggi. Infatti non è
l’oggettività intrinseca della dimensione tecnologica a preoccupare, considerando che
essa pervade la nostra quotidiana esistenza, quanto la capacità della società civile di
farsene carico e di collegarla ad una dimensione spirituale che promuova l’umanità e
crei condizioni umane più degne di essere vissute e, in definitiva, se essa possa definirsi
come elemento necessario per la costruzione di nuovo umanesimo.
CAPITOLO III
PENSARE UNA SCUOLA UMANA
Premessa: progettare umanità. Uno spazio dove si potrebbe praticare l’umanesimo è
la scuola, che, insieme alla famiglia, prevede le strade sulle quali camminerà l’uomo.
Esso si apre all’incontro delle differenze, ma può diventare anche una perfida trappola
disumanizzante. In se stesso non è ancora niente, ma solo indifferenziato sfondo su cui
si agita il desiderio di benessere e di felicità. Perché diventi luogo bisogna che le sue
attese siano impastate con l’impegno ad offrire il senso della felicità a quanti più uomini
è possibile. Progettare un luogo vuol dire creare comunità e ripristinare l’equilibrio tra
la dolcezza di una solitudine pensante e la tensione appassionata alla cooperazione.
Per questo motivo è necessario, concludere questo intervento, trattando del principio
educativo che si realizza anche nella scuola e immaginare la scuola come un cantiere o
un’officina, che perviene cioè alla sua identità, divenendo luogo e progettando umanità.
Per questo motivo la scuola prima che sviluppare percorsi, organizzare saperi, far
maturare relazioni è un soggetto da pensare, in quanto solo il pensare la scuola può
aiutare ad avere un pensiero sulla scuola.
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
19
3.1.Le dimensioni del cantiere scuola
La scuola si presenta oggi segnata da una profonda crisi di motivazioni e di ideali;
frantumata dalle contraddizioni e da tante esigenze organizzative non soddisfatte, si
trova a dover sostenere l’impatto di una società che le richiede di essere punto di
riferimento, ma non le offre strumenti per diventarlo ed è soggetto di una profonda
trasformazione sociale nei confronti della quale ha pensato di doversi attrezzare dal
punto di vista tecnologico, senza avviare un orientamento costante a tali innovazioni e
senza svolgere un serio esame di come deve essere pensata oggi una scuola aperta alle
nuove tecnologie. Ecco perché quando parliamo di scuola come cantiere dell’umano ci
riferiamo ad una serie di dimensioni, che non sempre trovano ascolto nel farsi
quotidiano dei rapporti all’interno delle sue aule: un pensiero di sistema,
l’organizzazione didattica, la relazione.
Queste tre dimensioni tracciano un percorso ideale che tende ad una nuova
umanizzazione, non più coincidente con l’indottrinamento, ma con l’orientamento ad
apprendere, non più caratterizzata dal buonismo giustificante la superficialità
dell’insegnamento, ma tesa ad offrire strumenti critici, originanti dalla ricerca personale
e dall’approfondimento disciplinare.
La scuola, come risulta addirittura ovvio, è uno dei luoghi istituzionalmente deputati a
rendere umano l’uomo, non fosse altro perché la sua destinazione è sviluppare e portare
ad autonomia le più profonde esigenze spirituali dei suoi alunni e promuoverne in tutti i
modi le potenzialità. Serve quindi chiedersi se nella specifica opera di umanizzazione
gli aspetti pedagogici e le pratiche didattiche, che oggi sono più diffusi, servono
effettivamente a questo scopo oppure se gli sforzi educativo e di professionalizzazione
sono costantemente intercettati dalle mode, dall’idolatria del consenso e del successo e
dalla scarsa attenzione ai fondamenti specifici del fare scuola, che possono condensarsi
nell’apprendere significativamente ad interpretare la complessità del mondo. Sono molti
i segni positivi che s’intavedono in questo processo che è iniziato e bisogna attrezzarsi
per essere in grado di accompagnarlo con una nuova cultura scolastica, centrata sulla
lettura di tutti i segni positivi che, malgrado tutto, si rendono evidenti nel dibattito
costante e attualissimo sulle finalità della scuola e le caratteristiche delle sue
performances.
3.2. Come pensare la scuola
La scuola è nello stesso tempo specchio e profezia della società; il pensiero su di essa
deve alimentarsi dall’analisi di questi due aspetti, che convivono e spesso confliggono
in essa. La scuola è specchio sociale perché ne riproduce gli aspetti negativi e quelli
positivi, ma è anche profezia, perché deve imparare a ridurre o a risolvere gli aspetti
negativi, affrontandoli con i suoi specifici strumenti, che riguardano in modo particolare
l’apprendimento e l’insegnamento, e ha il dovere di disegnare un futuro verso cui
tendere, fornendosi di una progettualità viva e calibrata su tempi lunghi, tale da essere
visibile e potabile, cioè comprensibile e traducibile nei nuovi linguaggi.
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
20
Ciò vuol dire che le problematiche attinenti alla globalizzazione dei modi di vita,
all’impoverimento delle relazioni umane, al disorientamento dei genitori, ai nuovi
alfabeti informatici e alla configurazione di una rappresentazione della realtà, che
mescola insieme dimensione digitale e dimensione mutuata dal mondo fisico e
sensibile, entrambe assunte come reali, devono essere accettate, prima di essere
analizzate, osservate con spirito critico prima di essere valutate in maniera positiva o
negativa e infine devono essere considerate attraverso nuove categorie scolastiche.
Pensare la scuola vuol dire dunque riconsiderare ciò che è diventato l’uomo oggi, quali
sono i nuovi parametri per collegarlo alla tradizionale consapevolezza dell’umano, che
trova nella prima parte di questo saggio una rapida sintesi.
Se la globalizzazione assume una pervasività inarrestabile e trova terreno fertile
nell’abitudine delle nuove generazioni di assoggettarsi alle mode e di trovare in esse
sicurezza e valore, allora la scuola deve entrare nella globalizzazione, visitarla senza
paure e attraverso di essa, dei suoi riti, delle sue narrazioni, delle sue convinzioni,
svolgere percorsi di apprendimento in grado di scardinare, senza demonizzazioni, gli
aspetti negativi: omogeneizzazione degli stili di vita, disuguaglianze dovute
all’acquisizione di modelli unici, e, d’altro canto, valorizzandone i positivi: cultura
dell’incontro, solidarietà con le categorie sociali più svantaggiate, senso di
appartenenza.
Se i nuovi linguaggi informatici rappresentano la modalità comunicativa più diffusa e
tendono a imbarbarire l’espressione verbale e a ridurre il confronto a slogan brevi e
ripetitivi, se il linguaggio iconico è preponderante su quello verbale e i social sono fonte
di disagio e di asservimento psicologico, allora la scuola ha il dovere di attraversare il
fenomeno e garantire alle nuove generazioni un accompagnamento professionalmente
valido e umanamente motivante, condotto non con un rifiuto preconcetto e
colpevolizzante, ma con strumenti e attività critiche che diano spazio alla riflessione
interiore, che si aprano all’approfondimento e alla commistione degli stili linguistici.
3.3.Le relazioni
Come sono le relazioni nella scuola? Quale tipo di rapporto educativo oggi è più
frequente? La relazione educativa ha connotati chiari ed espliciti? E la relazione
educativa è supportata da una buona relazione didattica? Sono tutti temi sensibilissimi
dal cui approfondimento dipende molto la costruzione di un umanesimo scolastico
nuovo e produttivo.
Quando si parla di educazione alla relazione bisogna avere il coraggio di accettare che
una relazione scadente non è sempre frutto di una conflittualità, ma spesso rappresenta
proprio la fuga dalla gestione seria del conflitto. Il conflitto infatti è spesso una risorsa e
non un danno, cioè da esso nascono nuove consapevolezze circa i modi di affrontare un
rapporto scolastico (alunno – docente, alunno – alunno, docente – docente).
L’approccio ad una teoria del conflitto dipende infatti dalla visione delle origini e dello
sviluppo dei comportamenti significativi per la costruzione di relazioni umane.
Disegnare il mondo interpersonale con le caratteristiche legate all’aggressività, alla
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
21
competizione, alla prevaricazione conduce ad una visione in cui la relazione distruttiva
viene rappresentata come ineluttabile e affrontata come un combattimento, che ne
accetta gli aspetti negativi per prepararsi a cambiarli. Disegnare il mondo interpersonale
con le caratteristiche legate invece alla mansuetudine, alla cooperazione, alla
collaborazione conduce ad una visione in cui la relazione costruttiva viene rappresentata
come percorribile, fattibile, potabile e, pertanto, affrontata come un dialogo, un
reciproco confronto.
La scelta di sviluppare una relazione educativa basata sulla necessità di affrontare
l’aggressività o basata sulla possibilità di costruzione dialogica cambia radicalmente il
clima apprenditivo e influenza profondamente i risultati in termini di produttività
formativa e stratificazione educativa. Se si tende a comprimere l’aggressività,
ritenendola inidonea alla interazione, si impedisce al soggetto di elaborarla, rendendolo
insicuro e quindi desideroso di difendersi e perciò ancora più aggressivo. Tentare un
accompagnamento educativo, che promuova la ricerca della propria identità e permetta
di leggere i propri dinamismi interni fornisce invece, all’interlocutore intento a stabilire
una relazione, la sicurezza e la fiducia in se stessi, rendendolo pacificato, aperto all’altro
e non intento a difendersi.
Il processo di deumanizzazione avviene quando il modello di interazione che abbiamo
introiettato falsifica la naturale empatia verso l’altro e genera il disconoscimento
dell’identità comune, la sua negazione. Il processo naturale di identificazione viene
occultato e nasce forte il senso del nemico, il desiderio di rendere periferico l’altro, di
espellerlo dai propri confini affettivi o culturali; è in questa maniera che si fornisce la
motivazione ad aggredire, combattere, portare fuori, escludere. Il meccanismo descritto
non ha sede solo in un rapporto tra cosiddetti “nemici”, ma spesso è presente ed
operante nella relazione educativa e ne condiziona gli esiti. Essere abitato da tali
sentimenti e trovarvi conferma in un modello rappresentativo della interazione sociale,
talvolta, provoca negli ambienti di formazione dei contraccolpi dovuti a sensi di colpa o
a profonde inibizioni, per cui il rapporto diventa ancor più confuso, potenzialmente
violento e disorientante. E’ questo il motivo per cui bisogna rivedere i presupposti
fondanti la relazione educativa e sviluppare un nuovo patto formativo che metta al
centro l’idea che il conflitto si apprende e che gli essere umani possono intessere
rapporti costruttivi e sereni a partire dal principio che si impara a dialogare, che
all’educazione appartiene una processualità i cui percorsi sono apprendibili attraverso
l’interiorizzazione mirata delle dimensioni cooperative e dialogiche.
3.4. L’approccio cooperativo e metacognitivo
Come ottenere questi risultati, come concretamente avviare questi percorsi di un nuovo
modo di pensare la scuola? Come resistere alle opposte tentazioni di assumere tutto
pedissequamente e acriticamente, convinti che in questo modo si stia al passo con i
tempi, oppure di rifiutare tutto convinti che le trasformazioni sociali in corso siano figli
di errori e di visioni destinate a far registrare solo catastrofiche crisi di identità?
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
22
Una prima risposta consiste nel dare corpo al pensare la scuola come organismo che può
vivere solo di una visione cooperativa, nella quale come per ogni organismo vivente
ciascuna parte concorre alla stessa finalità, senza protagonismi o fughe in avanti.
Realizzare una visione cooperativa della scuola non è impossibile, se viene fatta salva la
buona volontà dei gruppi che la compongono. Cooperare è più di collaborare perché
indica nella uguaglianza del valore degli apporti dei singoli uno dei principi
irrinunciabili per la sua realizzazione; inoltre è evidente che deve essere pazientemente
e costantemente condivisa uno stesso orizzonte culturale e valoriale.
L’organizzazione didattica che prende corpo da questa impostazione ne seguirà
l’andamento sia per la qualità dei rapporti sia per la specifica gestione delle lezioni.
Aspetto determinante a monte dell’organizzazione è la prevalenza di un approccio
metacognitivo, che coniuga bene l’aspetto cooperativo con quello dell’orientamento
all’apprendere. Infatti la metacognizione si avvale di un impianto didattico che
garantisce ampio spazio agli stili cognitivi di ciascun alunno e quindi alle strategie di
approccio allo studio. Essa riguarda la riflessione sui processi di apprendimento di
ciascuno e dei gruppi e aiuta i soggetti a comprendere quali sono i meccanismi di
apprendimento, i ritmi dell’applicazione, i meccanismi grazie ai quali si possono
ampliare le conoscenze e supportare la ricerca. Insomma un approccio metacognitivo,
anche se non spinto, può aiutare a comprendere lo specifico di ciascuno al piano
cooperativo generale: quali sono le proprie attitudini, i propri interessi, le proprie
competenze più esplicite e quali quelle ancora in ombra e, a lungo andare, realizza un
costante controllo su tutte le acquisizioni e le proprie conquiste. La metacognizione
infine permette di operare una didattica quotidiana meno centrata alle informazioni e i
dati disciplinari e più attenta al modo con cui esse si ottengono. Si immagini, da questo
punto di vista, l’importanza di un tale lavoro sui versanti dell’utilizzo di internet e
sull’uso dei libri di testo, soprattutto quando essi sono autoprodotti dalle classi stesse.
Altro aspetto consequenziale ad un pensiero della scuola cooperativo riguarda la rigidità
degli orari e la distribuzione dei tempi scolastici. Una scuola che non riesce a venire
incontro ad un pensiero sincronico dell’apprendimento ed è legato ancora ad una sua
modalità diacronica rischia di non intercettare i meccanismi di pensiero degli alunni che
sono oggi per maggiore di tipo ipertestuale. Non che questi due aspetti, sincronico e
diacronico, non debbano compenetrarsi, ma è indubbio che la sopravvalutazione del
secondo sul primo genera un rifiuto negli alunni di vivere l’apprendimento in coerenza
con gli altri momenti informali o non formali di formazione extra scolastici,
caratterizzati dalla ipertestualità e dalla immediatezza dell’informazione. Un orario
classe rigido inoltre impedisce di creare una sequenzialità nel lavoro di ricerca, mentre è
creato apposta per la lezione frontale che programma l’interruzione dopo un certo tempo
di spiegazione. La considerazione dei tempi ha bisogno di trovare accoglienza nella
progettazione generale, in maniera da escludere una facile e improbabile
approssimazione nell’organizzare lo studio, ma in grado di assumere, come momento
centrale dell’intero percorso, la compattezza del lavoro. L’unità orario può diventare,
per esempio, unità di lezione, attraverso la delineazione, in sede di progettazione, di un
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI
Quale umanesimo per una società liquida?
Che senso ha oggi parlare di umanesimo? – prof. Michele Montella
23
impegno orario stabilito sulla necessità di portare avanti un argomento e legato al modo
con cui lo si dovrà affrontare e gestire. Le difficoltà inerenti questo modo di utilizzo del
tempo non sono insormontabili se a monte c’è una capacità di progettare insieme e con
tempi distesi il lavoro da svolgere. Certo occorrerebbe un diverso modo di affidare gli
insegnamenti e le classi ai docenti, soprattutto nella scuola primaria, facendo in modo
che non si registrino scompensi o cambi costanti, che renderebbe l’organizzazione
caotica. In ogni caso anche se non si vuole ricorrere a queste innovazioni repentine, che
pure trovano già in tante scuole apprezzamento e seguito, si possono sempre tentare
forme intermedie di approccio, come progettare lavori a classi aperte od omogenee o
anche in continuità per un certo periodo dell’anno, dalle due alle quattro volte l’anno.
Conclusione
Siamo partiti dall’individuazione di alcune tipologie di umanesimo, strettamente
intrecciate fra loro e ricorrenti in ogni secolo e in ogni tempo e abbiamo cercato di
sviluppare un itinerario che mettesse in luce gli aspetti più tipicamente umani dei
percorsi storici lungo i quali l’uomo si è interrogato e ha cercato di calmare la febbre
dell’indagine, che è sempre un tentativo di capire se stessi. Abbiamo così scoperto che il
rapporto con l’attesa di una trascendenza, in grado di spiegare le principali
caratteristiche della nostra precarietà, la progettualità di un bene comune come la
relazione interpersonale, alla base della delineazione di un’architettura sociale fraterna e
solidale e, infine, la traduzione della tensione al dialogo attraverso i linguaggi e la loro
significazione nella storia contemporanea sono i tre aspetti che più di altri spiegano
l’uomo e il suo ruolo nel tempo attuale.
La lettura del mondo della scuola come uno dei principali luoghi attorno a cui si
costituisce il divenire umano, figlio di una paziente strada educativa, ci ha svelato poi in
quale misura i tre aspetti delineati possano incrociarsi e spiegarsi l’uno con l’altro.
Alla fine del percorso svolto possiamo dire che la ricerca di Dio, l’impostazione di una
relazione serena e la traduzione del senso umano nei nuovi linguaggi trovano approdo
nella capacità di pensare al mondo e al proprio ruolo nel mondo con spirito aperto alla
ricerca e alla contemplazione della grazia, che ogni uomo dissemina intorno a sé quando
ritorna in se stesso e si riscopre portatore della dignità civile che lo fa uomo nella verità.
Somma Vesuviana, 7.10.2016
Michele Montella