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1 CORTE DEI CONTI SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA CAMPANIA INDAGINE SUPPLETIVA SULLA GESTIONE DEL PATRIMONIO IMMOBILIARE DEL COMUNE DI NAPOLI Relazione (ai sensi dell’articolo 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20)

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CORTE DEI CONTI

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA CAMPANIA

INDAGINE SUPPLETIVA

SULLA GESTIONE DEL PATRIMONIO

IMMOBILIARE DEL COMUNE DI NAPOLI

Relazione (ai sensi dell’articolo 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20)

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INDICE SOMMARIO

Oggetto e finalità dell’indagine 3

CAPITOLO I

GESTIONE DELLE MOROSITA’ E DELLE OCCUPAZIONI ABUSIVE

Premessa 6 1.1. Il contenzioso giudiziale 7 1.2. L’esecuzione forzata 11 1.3. Le irregolarità nei pagamenti 14 1.4. Tipologia degli utenti morosi 16 1.5. Gli utenti abusivi e la loro regolarizzazione 21

CAPITOLO II

GESTIONE DELL’ ABUSIVISMO EDILIZIO

Premessa 28 2.1. La demolizione delle opere abusive 29 2.2. Gli immobili confiscati 30

CAPITOLO III

GESTIONE DEGLI INTERVENTI DI MANUTENZIONE

Premessa 35 3.1. I programmi di finanziamento degli interventi di manutenzione

straordinaria 36 3.2. Le dimensioni del fabbisogno manutentivo degli immobili a reddito 38 3.3. La gestione tecnica degli interventi di manutenzione 40 3.4. Caratteristiche ed obiettivi dell’analisi 41 3.5. I programmi di manutenzione straordinaria degli immobili a reddito 43 3.6. I programmi di manutenzione straordinaria degli immobili

destinati ad usi istituzionali e ad altri usi 46 3.7. Gli interventi di manutenzione ordinaria 48

CAPITOLO IV

GESTIONE COMPLESSIVA DEL PATRIMONIO IMMOBILIARE

Premessa 52 4.1. La gestione corrente degli immobili a reddito 54 4.2. La gestione corrente degli immobili ad usi istituzionali 58 4.3. Gli altri profili gestionali a confronto 60

Considerazioni conclusive 67

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Oggetto e finalità dell’indagine

Con deliberazione n. 5/2004 in data 20 maggio 2004, questa Sezione approvava il

referto sulla gestione del patrimonio immobiliare del Comune di Napoli, indagine

finalizzata alla verifica del livello di efficienza della gestione immobiliare nonché della sua

eventuale redditività.

La relazione rappresentava il completamento di una più ampia attività istruttoria,

condotta con metodologia comune ma separata trattazione, diretta a monitorare la reale

consistenza del patrimonio amministrato dai cinque comuni capoluoghi di provincia della

Regione Campania.

Nel referto si dava atto, tra l’altro, delle difficoltà incontrate nel ricevere

(nonostante i ripetuti solleciti) elementi pienamente rispondenti alle richieste istruttorie

formulate; difficoltà dovute, fondamentalmente, alla frammentazione delle competenze

tra i vari servizi interni all’Amministrazione comunale (da un lato, la concessionaria

Romeo Gestioni s.p.a., che ha avuto in affidamento la gestione degli inventari, la

gestione tecnico-amministrativa dei beni patrimoniali e l’attività di supporto alle iniziative

comunali di valorizzazione dei beni stessi, dall’altro, i quattro uffici comunali: Servizio

tecnico patrimonio immobiliare, Servizio patrimonio e demanio, Servizio casa e Servizio

per gli interventi di dismissione del patrimonio immobiliare a reddito).1

All’esito dell’istruttoria, il magistrato relatore trasmetteva all’Amministrazione

comunale, per il consueto contraddittorio, la bozza di referto. Sul punto, non risultano

pervenute note scritte di controdeduzioni in esito al termine concesso per il

contraddittorio né, in sede di adunanza pubblica della Sezione, il responsabile comunale

del Settore patrimonio e demanio ha avanzato osservazioni critiche sul detto documento.

Al termine dell’udienza pubblica, il Collegio, riunito in Camera di consiglio, ha

approvato il referto in parola con talune integrazioni e correzioni, dando altresì mandato

al relatore di accertare, presso l’Amministrazione comunale, la effettiva proprietà degli

immobili detenuti come abusivi nonché la correttezza del prospetto di riepilogo delle

spese di gestione (tabella 21 della citata relazione).

In esito a tali accertamenti, il Comune di Napoli, con fax del 21 maggio,

confermava l’esattezza dei dati riportati nella tabella 21, precisando, altresì, che gli

immobili sottoposti a sequestro erano stati regolarmente acquisiti al patrimonio

immobiliare del Comune di Napoli, previa trascrizione delle Ordinanze sindacali di

requisizione immobiliare conseguenti alla mancata demolizione delle opere abusive.

1 Della “copiosa” documentazione trasmessa (tra cui inventari, tabulati, prospetti parziali etc.), meritano particolare attenzione:

- una relazione sugli “Elementi e valutazioni del patrimonio immobiliare” del Comune di Napoli (voluminoso resoconto di 48 pagine contenente elementi informativi sulla consistenza dei beni amministrati e sulla relativa gestione tecnico-contabile);

- un questionario, debitamente compilato, contenente i dati relativi alla consistenza, al valore, ai proventi ed ai costi di manutenzione dei beni demaniali e patrimoniali distinti per tipologia e destinazione d’uso.

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Successivamente alla pubblicazione del referto, con nota n. 4584 in data 13

ottobre 2004, l’Assessore al patrimonio del Comune di Napoli, nel formulare una serie di

osservazioni e deduzioni in ordine alle valutazioni svolte dalla Sezione nella citata

relazione e in particolare nelle conclusioni, esprimeva l’auspicio che la Sezione, sulla base

di nuove e ulteriori valutazioni, potesse “ripensare il proprio giudizio… riformulando le

considerazioni espresse” in sede di referto.

La Sezione, con deliberazione n. 10/2004 in data 2 dicembre 2004, ha ritenuto di

poter accedere alla richiesta dell’Assessore al patrimonio del Comune di Napoli in

considerazione della natura collaborativa, neutrale ed esterna del controllo esercitato

dalla Corte dei conti, alla cui funzione è connaturato l’accertamento dei fatti gestori nella

loro obiettività.

Peraltro, il riesame di questioni che hanno formato oggetto di deliberazione della

Sezione è da ritenersi implicito nell’obbligo stesso, che fa capo alle amministrazioni

pubbliche controllate, di comunicare alla Corte (nonché agli organi elettivi), ai sensi dell’

art. 3, comma 6, legge n. 20/1994, le misure conseguenzialmente adottate in merito alle

osservazioni da questa formulate.

La Sezione ha ritenuto, tuttavia, doversi procedere ad approfondimenti istruttori

con riferimento a quanto rappresentato dal Comune con la nota surrichiamata, anche al

fine di accertare se gli elementi da questa forniti trovassero riscontro nei dati di bilancio

dell’Ente.

L’indagine è stata avviata procedendo all’acquisizione della documentazione

indicata nella citata deliberazione n. 10/2004, integrando le informazioni raccolte con una

richiesta di chiarimenti inerenti l’organizzazione del servizio e la gestione del patrimonio

immobiliare.

L’Amministrazione comunale ha, quindi, riscontrato le richieste istruttorie di cui

alla nota n. 5340 del 14 dicembre 2004 con la nota del dirigente del Servizio patrimonio

e demanio prot. 1946 del 25 maggio 2005, cui ha fatto seguito la richiesta di chiarimenti

da parte del magistrato istruttore (nota n.4291 del 14 settembre 2005) a sua volta

riscontrata con note n.4553 del 5 dicembre 2005 e n.1697 del 7 aprile 2006.

Con tale ultima nota, l’Amministrazione comunale, comunque, ha fatto riserva di

trasmettere ulteriori informazioni inerenti la materia del condono edilizio, cui però, ad

oggi, non è stato dato seguito.

Gli approfondimenti istruttori hanno riguardato, in particolare, le tematiche

relative alle morosità maturate dagli assegnatari/conduttori dei cespiti di proprietà

comunale ed al relativo contenzioso, alla gestione dell’abusivismo edilizio e degli

interventi di manutenzione degli immobili demaniali e patrimoniali nonché alla gestione

immobiliare nel suo complesso.

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Anche ai fini di una più complessa ed esaustiva indagine, si è cercato di condurre

l’analisi su tutto il complesso immobiliare di proprietà del Comune di Napoli e, quindi, sia

sui beni patrimoniali, disponibili ed indisponibili, sia sui beni demaniali.

Tuttavia, la notevole consistenza immobiliare ha suggerito di limitare l’analisi ai

soli beni immobili patrimoniali e a quella parte dei beni demaniali che non attenessero ai

settori della viabilità e trasporti, illuminazione pubblica e impianti idrici (acquedotti,

fognature etc.); ciò anche in considerazione del fatto che le rilevanti dimensioni

finanziarie degli investimenti in materia di viabilità e trasporti avrebbero rischiato, in

qualche modo, di alterare ovvero appannare i risultati di un’analisi che intendeva

soffermarsi, principalmente, sugli interventi gestionali riguardanti gli edifici e relative

aree e pertinenze facenti parte del patrimonio immobiliare del Comune di Napoli.

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CAPITOLO I

GESTIONE DELLE MOROSITA’ E DELLE OCCUPAZIONI ABUSIVE

Premessa

In esito alla richiamata indagine sulla gestione del patrimonio immobiliare del

Comune di Napoli, la Sezione esprimeva giudizi critici in ordine sia al crescente

ammontare delle esposizioni debitorie (morosità) maturate dagli assegnatari/conduttori

nel godimento dei cespiti di proprietà comunale sia al ridotto importo dei recuperi

effettuati dall’Amministrazione per crediti insoluti.

Per il Comune, viceversa, l’elevato numero di azioni giudiziarie intraprese

nell’interesse dell’Amministrazione (si citano, ad es., oltre 2.300 azioni di sfratto per

morosità) costituirebbe indice, del tutto positivo, di una più incisiva azione di recupero

coattivo posta in essere dall’Ente proprietario (avendo questi incrementato l’importo dei

crediti azionati in giudizio) e di un costante impegno nel dare il massimo impulso

possibile alla repressione delle situazioni di morosità e, più in generale, di illegalità.

Dagli approfondimenti istruttori eseguiti sull’argomento, emerge come le

dimensioni del fenomeno delle morosità nel pagamento dei canoni locativi e del più

generale problema costituito dal recupero dei crediti maturati abbiano assunto per

l’Amministrazione comunale caratteri di tale, evidente criticità, da rendere

improcrastinabile l’avvio di soluzioni correttive di carattere politico e/o gestionale volte ad

un rapido mutamento dell’attuale quadro evolutivo.

Le considerazioni che seguono consentono di inquadrare le caratteristiche e le

dimensioni dello spinoso problema, che si inserisce, tra l’altro, nella più ampia

problematica delle occupazioni abusive degli alloggi di proprietà del Comune di Napoli, in

ordine alla quale la Sezione ha, altresì, espresso riserve per l’entità del fenomeno e le

conseguenti perdite derivanti dal mancato utilizzo degli immobili.

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§ 1.1 – Il contenzioso giudiziale

Come noto, la fase contenziosa costituisce il momento “patologico” delle vicende

riguardanti i rapporti di utenza. L’azione giudiziaria rappresenta, infatti, lo strumento

“estremo” per garantire la piena realizzazione delle finalità perseguite dall’ente

proprietario di fronte agli abusi o agli inadempimenti dei soggetti titolari del rapporto

stesso.

Giova precisare, al riguardo, che la parte maggiore dei contenziosi attivati

dall’Amministrazione comunale è costituita dalle azioni di recupero dei fitti a seguito delle

morosità maturate dai conduttori degli immobili comunali assegnati o comunque

occupati. In tale contesto, i giudizi di sfratto per morosità sono preceduti da attività

stragiudiziali (consistenti nell’invio di solleciti di pagamento, lettere di diffida e messa in

mora, proposte di dilazione di pagamento delle morosità pregresse mediante rateizzi e

piani di ammortamento, transazioni) finalizzate ad una soluzione bonaria del conflitto,

che eviti, per quanto possibile, l’insorgere di controversie giudiziali ritenute, da un lato,

foriere di onerose anticipazioni da parte del Comune, dall’altro, pregiudizievoli per la

continuità locativa e reddituale del cespite.

Ad ogni modo, l’intimazione di sfratto per morosità rappresenta, senza dubbio, lo

strumento più rapido ed efficace per garantire il recupero dei crediti maturati (canoni di

locazione e oneri accessori) ovvero la disponibilità dell’immobile mediante rilascio

forzoso.

Tale strumento giudiziario, tuttavia, non risulta utilizzabile nel caso di immobili

detenuti abusivamente in forza di una occupazione di fatto (per i quali occorre

intraprendere, salvi i casi di eventuali procedimenti di sanatoria in corso, specifica azione

di rilascio per detenzione sine titulo dell’immobile e separata azione per il recupero di

quanto dovuto a titolo di indennità di occupazione e risarcimento dell’eventuale maggior

danno prodotto).

E’ da considerare, inoltre, che l’azione di sfratto per morosità, seppure intrapresa,

viene generalmente archiviata laddove l’assegnatario/conduttore dell’immobile acceda

alla facoltà, concessa dall’Amministrazione comunale, di sottoscrivere un accordo

transattivo avente ad oggetto la dilazione del debito maturato a tutto il 31 dicembre

2002 secondo un piano di ammortamento variabile da un minimo di 36 rate ad un

massimo di 120 rate mensili. Di fatto, in esito anche alle autorizzazioni concesse

dall’Assessore al Patrimonio con le note n.1640 del 30 novembre 2000 e n.159 del 7

febbraio 2001 (aventi ad oggetto l’estensione del beneficio della dilazione del debito oltre

i termini previsti dalla Legge regionale n. 19/1997), gli utenti morosi hanno potuto

rateizzare, sostanzialmente, l’intera esposizione debitoria dedotta in giudizio previo

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versamento di una somma, a titolo di acconto ed in unica soluzione, all’atto del

riconoscimento del debito.

Per un esame approfondito del contenzioso giudiziale intrapreso dall’Ente gestore

nell’interesse dell’Amministrazione comunale, occorre muovere dalla situazione

complessiva dei giudizi in corso ovvero archiviati negli ultimi anni. A tal fine, dall’esame

dei dati contenuti nelle “relazioni annuali sullo stato del contenzioso” redatte dalla Romeo

s.p.a. nell’ambito della più generale informativa sullo stato di avanzamento dei servizi

affidatigli, è possibile ricostruire un quadro di sintesi della gestione del contenzioso per gli

anni 2000/2003 distinto in base alla tipologia delle azioni giudiziali attivate ed al loro

esito (Tab.1)2.

2 In ordine ai dati riportati in tabella (con riferimento, soprattutto, al numero delle azioni giudiziali in corso al termine del 2002), merita precisare che gli stessi presentano talune discordanze rispetto ai medesimi dati (a vario titolo) trasmessi dalla Romeo spa. in occasione di analoghe indagini concernenti profili diversi della gestione del patrimonio immobiliare del Comune di Napoli. Come ha spiegato l’Ente gestore con la nota n.TCN06/6112 del 9 maggio 2006, la eventuale divergenza tra i dati è dovuta (ove non si tratti di meri errori materiali ovvero del computo di azioni giudiziali intraprese in ordine a differenti cespiti immobiliari) al possibile utilizzo di diversi criteri selettivi in base ai quali considerare il momento dell’attivazione delle liti: il compimento dell’istruttoria, l’affidamento formale del mandato a rappresentare l’Amministrazione in giudizio ovvero l’avvenuta iscrizione a ruolo della causa. Nei richiamati limiti di attendibilità dei dati esposti in tabella, si rappresenta, altresì, che una recente analisi della banca dati del gestore ha evidenziato che dal 1° gennaio 1991 al 31 dicembre 2003 sarebbero stati attivati, complessivamente, n.7.643 giudizi, a fronte dei 7.398 riportati in tabella quale sviluppo dei dati forniti dalle citate“relazioni annuali sullo stato del contenzioso” redatte dalla Romeo s.p.a. per lo stesso arco temporale di riferimento.

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TAB.1

GESTIONE DEL CONTENZIOSO

(Procedimenti giudiziali al 31 dicembre)

2000 2001 2002 2003

AZIONI IN CORSO Nuove Totali Nuove Totali Nuove Totali Nuove Totali

Sfratti per morosità 997 2.062 547 1.884 521 2.020 664 2.382

Sfratti per finita locazione - 54 - 52 34 80 20 82

Procedure fallimentari - 8 1 9 1 10 - 10

Decreti ingiuntivi - 4 - 4 - 4 - 4

Azioni di rilascio - 70 4 46 2 38 23 60

TOTALE 997 2.198 552 1.995 558 2.152 707 2.538

AZIONI ESTINTE Nell'anno In totale Nell'anno In totale Nell'anno In totale Nell'anno In totale

Sfratti per morosità 331 3.316 725 4.041 385 4.426 302 4.728

di cui: con accordo transattivo e rateizzo 263 678 307 231

Sfratti per finita locazione - 42 2 44 6 50 18 68

Procedure fallimentari - 1 - 1 - 1 - 1

Decreti ingiuntivi - 4 - 4 - 4 - 4

Azioni di rilascio - 20 28 48 10 58 1 59

TOTALE 331 3.383 755 4.138 401 4.539 321 4.860

TOTALE AZIONI INTRAPRESE DAL 1991 5.581 6.133 6.691 7.398

Fonte: elaborazione della Corte dei conti su dati trasmessi dal Servizio Patrimonio e Demanio del Comune di Napoli

Il prospetto offre lo spunto ad una prima serie di considerazioni.

In primo luogo, appare evidente come il considerevole numero di giudizi totali

incardinati (dal 1991 al 2003) a tutela degli interessi economici dell’Amministrazione

comunale (circa 7.400 giudizi) sia riconducibile, essenzialmente, ad azioni di sfratto per

morosità (il cui numero è pari al 96% circa del totale complessivo delle azioni ed al 94%

di quelle in corso).

A fronte di detti procedimenti per convalida di sfratto è stato attivato un numero

estremamente esiguo di azioni (circa 120) per il rilascio coattivo dell’immobile detenuto

sine titulo (azioni che rappresentano solo il 2% circa dei giudizi complessivi), il che, in

astratto, lascerebbe presumere l’esistenza di un numero relativamente contenuto di

occupazioni abusive (ma l’ipotesi, come si vedrà, è ampiamente smentita dalla realtà).

Al riguardo, l’Amministrazione comunale ha precisato che:”il numero di rapporti di

utenza relativamente ai quali sia stato conseguito un provvedimento esecutivo di rilascio

(ordinanza di rilascio, ordinanza di convalida di sfratto per morosità/finita locazione,

sentenza ecc.) ammontano complessivamente, a tutto il 31/12/2003, a 3.121, di cui n.

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1.042 sono giudizi pendenti (e quindi in corso di esecuzione) e n. 2.079 sono relativi a

giudizi estinti”.

Tale dato è indice di come neppure la metà delle azioni di sfratto per morosità

complessivamente intraprese consegue un titolo esecutivo. Ne deriva, pertanto, che

anche la percentuale dei crediti recuperati coattivamente mediante azione legale non

supera, mediamente, la metà del totale degli importi intimati.

Dai dati comunicati dall’Amministrazione comunale relativamente all’ammontare

complessivo dei crediti insoluti per fitti di beni locati a terzi (pari a ben 80,9 milioni

di euro, di cui 8,3 Meuro rateizzati e 23,4 in contenzioso), si evince che il totale dei

crediti dedotti in giudizio a tutto il 31 dicembre 2003 ammonta a 35.453.305,17 euro, a

fronte dei quali l’importo dei crediti recuperati, con giudizi pervenuti comunque a

definizione alla stessa data, è di euro 13.423.816,88 (pari al 37,9%). Sul punto è da

considerare, però, che oltre il 90% delle archiviazioni dei giudizi di sfratto per morosità

avviene per intervenuto accordo transattivo con conseguente rateizzo del debito

pregresso. Infatti, solo 335 giudizi su 4.213 estinti in senso positivo per

l’Amministrazione (di cui, come si è detto, 2.079 estinti successivamente al

conseguimento di un titolo esecutivo) si sono conclusi con il pagamento risolutivo delle

morosità accertate.

Il modesto livello di recupero delle morosità è indice, dunque, non solo

dell’esistenza di un notevole ammontare di crediti di difficile esazione ma anche delle

difficoltà di passare alla successiva fase dell’esecuzione in forma specifica dei titoli

esecutivi giudiziari conseguiti. Tant’è che la stessa Amministrazione comunale

laconicamente conferma che “i rilasci effettuati, all’esito di attività giudiziale, a tutto il

31/12/2003, sono pari a 22”.

D’altronde, l’Amministrazione sostiene, con riguardo agli immobili di “edilizia

residenziale pubblica”, di non poter “ignorare che il rilascio forzato di un immobile ai

danni di una famiglia disagiata, di cui magari fanno parte persone anziane, malate o

minorenni, costituisca poi di fatto una problematica di ordine sociale che ritorna, in

quanto tale, ad essere di competenza dell’Amministrazione medesima, la quale,

nell’ambito delle funzioni assistenziali che le appartengono, è tenuta in ogni caso ad

assicurare una sistemazione alloggiativa a chi non è in grado di reperire (proprio in

ragione delle caratteristiche che lo hanno reso assegnatario di un alloggio ERP) un’altra

abitazione, ricorrendo ad esempio al mercato delle locazioni private”.3

3 In particolare, nella citata memoria trasmessa dall’Amministrazione comunale con nota n. 2948 del 14 dicembre 2006 e contenente le controdeduzioni al presente schema di relazione, si sottolinea come le funzioni amministrative concernenti l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica siano, essenzialmente, rivolte, in modo diretto o indiretto, a fornire un alloggio alle classi sociali meno abbienti. A tal fine, la disciplina della materia, contenuta nel DPR n.1035 del 30 dicembre 1972, stabilisce specifici requisiti per l’assegnazione di un alloggio di ERP e tra questi: l’impossidenza (vale a dire, assenza della titolarità di un diritto reale ad un alloggio adeguato alle esigenze del proprio nucleo familiare); il limite di reddito (godimento di un reddito annuo complessivo, per il nucleo familiare, inferiore ad un certo importo); la composizione del nucleo familiare (numero dei componenti, presenza di persone anziane o affette da handicap, nucleo di recente formazione

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Può, quindi, ritenersi che l’Amministrazione comunale, di norma, nell’intento di

conformarsi alla volontà del legislatore regionale volta a favorire “la più ampia possibilità

di rientro delle morosità maturate” (art.6, comma 6, L.R. n.19/97), rinunci alla

risoluzione del rapporto locativo (ed alla conseguente riacquisizione del possesso del

cespite) in cambio dell’impegno da parte dell’utenza di un integrale assolvimento del

debito rateizzato4.

§ 1.2 – L’esecuzione forzata

Uno dei principali aspetti di criticità nella gestione del contenzioso giudiziale è

costituito dal comportamento dell’Amministrazione comunale in sede di esecuzione

forzata e di presa in consegna dei cespiti. La società affidataria della gestione del

contenzioso giudiziale (la Romeo Gestioni s.p.a.) ha più volte denunciato, nelle sue

relazioni annuali, la scarsa attenzione dimostrata dall’Amministrazione (Servizio Casa del

Comune di Napoli) nel sovrintendere alle operazioni di sgombero coattivo e presa in

consegna delle unità abitative di edilizia residenziale pubblica. Quest’ultima, infatti, non

avrebbe in più occasioni “assicurato la presenza di propri funzionari delegati alla presa in

consegna del cespite e di uomini e mezzi (fabbro, furgone) necessari per l’apertura

forzata e lo sgombero del mobilio eventualmente rinvenuto all’interno dell’immobile”. Di

fatto, ciò avrebbe determinato “una situazione di stallo” nelle numerose procedure

esecutive incardinate, con la necessità di reiterati rinvii delle procedure di accesso

forzoso sui luoghi dell’esecuzione alla presenza dell’Ufficiale Giudiziario, del legale

incaricato e della Forza Pubblica (in alcuni casi si contano oltre quaranta rinvii !).5

Tale grave disservizio costituisce vieppiù preciso inadempimento contrattuale,

laddove l’Amministrazione comunale, ai sensi dell’art. 11 del contratto di affidamento dei

servizi di inventariazione e gestione del patrimonio immobiliare, “è tenuta a svolgere ogni

attività e a prestare ogni collaborazione al fine di rendere possibile, agevolare e non

aggravare l’adempimento delle prestazioni da parte dell’Affidatario; in particolare è

tenuta ad assicurare, laddove necessaria, la disponibilità degli organi di vigilanza, nonché

etc.); una situazione alloggiativa di particolare disagio (alloggio in coabitazione, improprio, antigienico etc.); un provvedimento amministrativo o giudiziario di sfratto. 4 In via generale, la legge regionale n.19/1997 prevede, invece, la risoluzione del rapporto di locazione per le morosità relative ad almeno tre mensilità del canone. 5 Sul punto, la Romeo s.p.a. così dichiara:”Allorquando il fiduciario incaricato del giudizio informa la scrivente sulla data stabilita per l’accesso, la stessa viene tempestivamente comunicata agli uffici competenti dell’Amministrazione, affinché vengano predisposti i mezzi (camion per il trasporto delle masserizie rinvenute all’interno dei cespiti, fabbro, ambulanza, medico) e l’organizzazione necessaria per le operazioni di rilascio forzato. Di fatto, dette missive restano il più delle volte senza alcun seguito, sicché l’Ufficiale procedente, in assenza degli strumenti necessari, è costretto a rinviare ad altra data l’esecuzione, generandosi, di fatto, un mero susseguirsi burocratico di accessi”.

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la collaborazione degli Uffici comunali ai fini dell’esatto adempimento delle obbligazioni

ovvero per il più spedito ed efficace espletamento dei servizi gestionali”.

Alle esposte disfunzioni l’Amministrazione ha replicato, in sede di contraddittorio,

osservando che: “la mancata esecuzione degli accessi degli ufficiali giudiziari non è

ascrivibile solo all’assenza dei funzionari delegati dal Comune, essendo diversi i fattori e

le concause che il più delle volte impediscono agli Ufficiali procedenti di dar corso alle

esecuzioni.

Si pensi al sovente intervento, durante gli accessi, di Sindacati, di organi di

assistenza sociale, di comitati di quartiere che, per … ragioni riconducibili sostanzialmente

al disagio sociale ed economico degli esecutati, ostacolano nei fatti lo svolgimento delle

operazioni di sgombero, costringendo così l’ufficiale a un mero rinvio delle operazioni.

Molte volte è lo stesso ufficiale procedente che non riesce ad ottenere dai

competenti uffici l’assistenza della Forza Pubblica, indispensabile per portare ad

esecuzione gli accessi; altre volte è proprio la Forza Pubblica che, quand’anche

intervenuta, valuta autonomamente l’inopportunità di sgomberare un alloggio al cui

interno si trovano persone anziane, malate o minorenni.

Altre volte ancora, il personale medico intervenuto all’accesso non acconsente allo

sgombero forzoso di persone non ritenute in grado, per le particolari condizioni fisiche in

cui versano (malati, handicappati, anziani, donne incinte, bambini in tenera età), di

sopportare lo stress dell’esecuzione stessa”.

E’ chiaro che, anche di fronte a fenomeni di radicata morosità, l’Amministrazione

non può non tener conto delle esigenze di natura politico-sociale e degli scopi istituzionali

connessi all’assegnazione di alloggi di “edilizia residenziale pubblica”. Tuttavia, appare

altrettanto evidente come l’affermarsi di una tale prassi, legata sia a problemi di

carattere organizzativo sia a indirizzi di carattere politico-sociale, rischia di generare

effetti a catena che vanno ben al di là dei singoli casi concreti e che si riflettono

negativamente sulle già allarmanti dimensioni dei crediti insoluti. Si pensi, ad es., che

l’indefinito protrarsi di azioni esecutive prive di effettivi risultati concreti, induce gli utenti

morosi a persistere nel loro inadempimento ovvero ad incorrere in nuovi e reiterati

inadempimenti (anche successivi all’ottenuto beneficio della rateizzazione del debito)

senza timore di poter perdere in concreto la disponibilità dell’immobile.

In realtà, se si confronta l’attuale esposizione debitoria degli utenti morosi (circa

81 milioni di euro, pari al 37,4% del totale dovuto per fitti) con quella in essere al 31

dicembre 1999 (pari solo a Lire 8.586.000.000, corrispondenti a circa 4,4 milioni di

euro), si comprende come l’entità del contenzioso sia, in questi ultimi anni, in

considerevole espansione.

Inoltre, alla perdita dell’efficacia deterrente delle procedure giudiziarie intraprese

nell’interesse dell’Amministrazione, si aggiunge l’aggravante dell’ulteriore onere

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economico conseguente alle anticipazioni delle spese di notifica, di deposito, di diritti ed

onorari maturati, senza contare l’ulteriore differimento nel recupero dei crediti insoluti.

Il persistere di tale situazione è molto grave, giacché il fenomeno dell’abusivismo

e della morosità degli utenti assegnatari rischia di assumere proporzioni incontrollate

laddove l’Amministrazione indulga in soluzioni di facile compromesso ovvero persegua

rimedi alternativi di natura amministrativa (quali la decadenza o la sospensione del

procedimento monitorio) che svuotano di significato i rimedi giudiziali e vanificano il

perseguimento di soluzioni che valorizzino il patrimonio comunale (inteso come risorsa

strategica per il superamento o il ridimensionamento delle tensioni sociali correlate al

fabbisogno abitativo) e creino normali condizioni di vivibilità per gli utenti.

In linea di massima, una alternativa al rilascio forzoso degli alloggi di ERP ai danni

di famiglie disagiate, che protraggono una occupazione non accompagnata dal regolare

versamento delle mensilità dovute, è costituita dall’accesso al Fondo di solidarietà

istituito dall’art. 5 della legge regionale n. 19 del 14 agosto 1997, recante “Nuova

disciplina per la fissazione dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale

pubblica”. Detto Fondo, “costituito dallo 0,50 del canone”, può essere utilizzato dagli Enti

gestori per risanare le morosità di inquilini indigenti o gravemente disagiati “previa

documentazione certa rilasciata dal Comune e dall'Azienda Sanitaria Locale”.

In proposito, tuttavia, l’Amministrazione lamenta di non poter tenere in

considerazione, allo stato attuale, tale alternativa, in quanto, seppur prevista dal dettato

normativo, “non è in concreto configurabile” per “… il mancato finanziamento

dell’apposito capitolo”.

In disparte i motivi che sono alla base della mancata attuazione del citato disposto

normativo, è comunque importante sottolineare quanto dichiarato dall’Amministrazione in

merito all’impegno a fornire “tutto il suo supporto e la sua assistenza” alle operazioni di

sgombero allorquando non vi siano esigenze di natura sociale da tutelare.

Ne sarebbero dimostrazione, tra l’altro, le attività di sgombero coatto degli

occupanti abusivi di alloggi pubblici realizzate dal Servizio Assegnazione Immobili, che dal

settembre 1998 ad oggi ha proceduto a liberare, in media, circa 50 alloggi l’anno.

L’esecuzione di tali operazioni di sgombero risulta ulteriormente intensificata negli ultimi

anni, nei quali, anche grazie ad una potenziata attività di censimento e di accertamento,

il livello delle operazioni di sgombero calendarizzate è asceso a circa 120 alloggi l’anno.6

6 In particolare, alla luce della documentazione depositata agli atti della Sezione nel corso dell’adunanza pubblica di discussione del presente referto, le attività di sgombero realizzate nell’anno 2003 risultano essere, complessivamente, n.67 (di cui n.42 per nuove assegnazioni di alloggi e n.14 confische per fini istituzionali), n.119 nell’anno 2004 (di cui n.32 per nuove assegnazioni di alloggi, n.5 confische per fini istituzionali e n.40 per la messa in sicurezza delle relative unità abitative), n.131 nell’anno 2005 (di cui n.24 per nuove assegnazioni di alloggi, n.11 confische per fini istituzionali e n.78 per la messa in sicurezza delle relative unità abitative). A fronte di tali operazioni di sgombero di alloggi occupati abusivamente, risultano, allo stato, ancora da calendarizzare n.109 pratiche in attesa di esecuzione e n.110 fascicoli per i quali occorre emettere ordinanza sindacale di sgombero.

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Al riguardo, la via intrapresa dall’Amministrazione è certamente apprezzabile,

anche se la misura degli sgomberi effettuati appare ancora troppo modesta rispetto alle

dimensioni del fenomeno.

§ 1.3 – Le irregolarità nei pagamenti

Se è vero che l’esigenza di recuperare i crediti derivanti dalla mancata

corresponsione dei canoni locativi rappresenta una finalità essenzialmente distinta da

quella di rientrare nella disponibilità del bene abusivamente occupato, è anche vero che

entrambe conducono all’unitaria finalità di assicurare la continuità locativa e reddituale

del cespite, il che dovrebbe spingere l’Amministrazione comunale a ricercare (per

entrambe) soluzioni economicamente vantaggiose e coerenti sotto il profilo gestionale.

Peraltro, la gestione degli immobili a reddito deve necessariamente dimensionarsi

alla situazione di degrado in cui versa il patrimonio comunale, sicché l’uso della risorsa

non può andare disgiunto dal correlato impiego dei mezzi finanziari necessari per gli

interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria. Un ulteriore allentamento nel rigore

con il quale pretendere dall’utenza il pagamento del canone di locazione si traduce

nell’impossibilità di assicurare una tempestiva esecuzione delle opere manutentive

necessarie, da cui consegue una serie di responsabilità non solo economiche, per la

perdita di valore del patrimonio comunale, ma anche di tipo sociale, data l’attesa

dell’utenza nell’adozione degli indilazionabili interventi di manutenzione.

E’ da evidenziare, in proposito, che nell’attività di recupero dei crediti maturati,

l’Amministrazione incontra specifiche difficoltà conseguenti alla particolare natura dei

soggetti debitori.

A tale riguardo, si ritiene utile inquadrare il fenomeno nell’ambito del più generale

problema delle morosità, riassunto in un quadro di sintesi che vede i rapporti di utenza

che presentano situazioni di morosità (cd. “irregolari”) distinti per tipologia di cespiti

patrimoniali (ERP e non ERP) e per grado di morosità (inferiore/superiore a 1.000 €).

L’analisi, esposta nel prospetto che segue, aggiornato all’anno 2003 (Tab.2), evidenzia,

altresì, le percentuali di incidenza delle diverse classi di utenti (regolari e irregolari)

rispetto al totale dei rapporti di utenza.

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TAB.2

INCIDENZA DELLE MOROSITA' (Per tipologia di Patrimonio e per classi di utenza)

ERP NON ERP TOTALE CLASSI DI UTENZA

N. Utenti % N. Utenti % N. Utenti %

Regolari Utenti in regola con i pagamenti 11.011 43,1% 1.487 25,9% 12.498 39,9%

Utenti morosi fino a 1.000 € 8.394 32,8% 2.063 36,0% 10.457 33,4%

Utenti morosi oltre i 1.000 € 6.165 24,1% 2.184 38,1% 8.349 26,7% Irregolari

Totale morosi 14.559 56,9% 4.247 74,1% 18.806 60,1%

TOTALE UTENTI 25.570 100,0% 5.734 100,0% 31.304 100,0%

Fonte: elaborazione della Corte dei conti su dati trasmessi dal Servizio Patrimonio e Demanio del Comune di Napoli

Il dato più preoccupante che si evince dal prospetto sopra riportato è che oltre il

60% degli utenti non è in regola con i pagamenti. Va notato, inoltre, che gli utenti

ERP risultano, in percentuale, assai meno inadempienti degli utenti di altre tipologie di

patrimonio date in locazione. Questi ultimi, infatti, evidenziano una marcata propensione

alla irregolarità (ben il 74,1% degli utenti è in mora con i pagamenti) e la maggioranza di

essi risulta in mora per importi superiori a 1.000 euro (soglia oltre la quale il gestore

ritiene utile, oltre che economicamente conveniente, esercitare l’azione giudiziale).7

Altri aspetti rilevanti emergono dall’analisi dei rapporti di utenza irregolari: in

particolare, circa l’ 80% delle azioni di sfratto per morosità riguardano importi superiori ai

1.000 euro. Tuttavia, come si desume dalle tabelle seguenti (tab.3 e 4) che pongono a

raffronto i rapporti di utenza irregolari (distinti per tipologia di patrimonio e per fascia di

importo) con contenzioso in corso rispetto a quelli per i quali il contenzioso non è stato

ancora attivato, dei circa 8.350 utenti con importi di mora superiori a 1.000 euro, solo

nei confronti del 20% di essi viene esercitata l’azione di sfratto per morosità (percentuale

che sale solo al 26% nei confronti di utenti con oltre 5.000 euro di pagamenti arretrati).

Di particolare rilievo è anche il fatto che le morosità si concentrano soprattutto

agli estremi delle fasce di importo (da 0 a 100 euro ed oltre i 5.000 euro).

Mentre, però, nel primo caso (da 0 a 100 euro) il fenomeno appare assolutamente

normale, il secondo (ipotesi di crediti insoluti per oltre 5.000 euro) è sintomatico di un

comportamento anomalo, presumibilmente indotto dal comportamento

dell’Amministrazione, eccessivamente indulgente e poco incisivo con le azioni

stragiudiziali, da un lato, poco propenso ad attivare sistematiche azioni di sfratto per

morosità, dall’altro.

7 Sul punto si precisa che, per gli immobili di ERP, i canoni sono determinati secondo i criteri stabiliti dalle leggi regionali 18 e 19 del 1997. Per gli immobili del patrimonio disponibile destinati ad uso abitativo, i canoni sono determinati secondo i criteri stabiliti dalla legge n. 392/1978 (cd. “equo canone”). Gli stessi vengono aggiornati, alla scadenza dei contratti, con gli ulteriori criteri stabiliti dalla legge n.431/1998. I canoni per i fondi rustici sono determinati, invece, in applicazione della legge n.231/1995, mentre quelli per suoli ed aree non destinati ad attività agricole sono determinati in base al valore di mercato.

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TAB.3

UTENTI MOROSI CON CONTENZIOSO IN CORSO (Per tipologia di Patrimonio e per fascia di importo)

ERP NON ERP TOTALE FASCIA DI IMPORTO

N. Utenti % N. Utenti % N. Utenti %

Da 0 a 100 € 45 2,7% 28 5,7% 73 3,4%

Da 101 a 200 € 37 2,2% 7 1,4% 44 2,0%

Da 201 a 300 € 38 2,3% 4 0,8% 42 1,9%

Da 301 a 400 € 37 2,2% 3 0,6% 40 1,9%

Da 401 a 500 € 44 2,6% 4 0,8% 48 2,2%

Da 501 a 1000 € 175 10,5% 22 4,5% 197 9,1%

Da 1001 a 2000 € 218 13,1% 33 6,7% 251 11,6%

Da 2001 a 3000 € 162 9,7% 29 5,9% 191 8,9%

Da 3001 a 5000 € 206 12,4% 43 8,8% 249 11,5%

Da 5001 in poi 705 42,3% 317 64,7% 1.022 47,4%

Totale utenti morosi 1.667 100,0% 490 100,0% 2.157 100,0%

Fonte: elaborazione della Corte dei conti su dati trasmessi dal Servizio Patrimonio e Demanio

TAB.4

UTENTI MOROSI NON IN CONTENZIOSO (Per tipologia di Patrimonio e per fascia di importo)

ERP NON ERP TOTALE FASCIA DI IMPORTO

N. Utenti % N. Utenti % N. Utenti %

Da 0 a 100 € 3.665 28,4% 1.010 26,9% 4.675 28,1%

Da 101 a 200 € 1.314 10,2% 286 7,6% 1.600 9,6%

Da 201 a 300 € 717 5,6% 179 4,8% 896 5,4%

Da 301 a 400 € 507 3,9% 127 3,4% 634 3,8%

Da 401 a 500 € 391 3,0% 78 2,1% 469 2,8%

Da 501 a 1000 € 1.421 11,0% 315 8,4% 1.736 10,4%

Da 1001 a 2000 € 1.419 11,0% 309 8,2% 1.728 10,4%

Da 2001 a 3000 € 758 5,9% 187 5,0% 945 5,7%

Da 3001 a 5000 € 849 6,6% 264 7,0% 1.113 6,7%

Da 5001 in poi 1.851 14,4% 1.002 26,7% 2.853 17,1%

Totale utenti morosi 12.892 100,0% 3.757 100,0% 16.649 100,0%

Fonte: elaborazione della Corte dei conti su dati trasmessi dal Servizio Patrimonio e Demanio

§ 1.4 – Tipologia degli utenti morosi

Con riguardo alla particolare natura dei soggetti debitori, il Comune osserva come

una percentuale non proprio trascurabile dei propri crediti (circa 6,1 milioni di euro)

dipenda da rapporti di utenza instaurati con Enti istituzionali, quali il Ministero degli

Interni (per immobili comunali adibiti a caserme, commissariati di polizia, sedi di

Prefetture ecc.), ASL, scuole e comuni. Al riguardo, nonostante i ripetuti tentativi di

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raggiungere con questi enti una composizione stragiudiziale delle problematiche attinenti

l’occupazione dei cespiti comunali (dai quali l’Amministrazione proprietaria non

percepisce alcun corrispettivo), non risultano essere mai stati formalizzati regolari

contratti di locazione.

Tale situazione appare, oltreché anomala, non sorretta da alcuna giustificazione di

natura socio-economica, tanto più che l’ordinato svolgersi delle relazioni istituzionali

costituisce premessa indispensabile e garanzia per una sana gestione del patrimonio

comunale. E’ auspicabile, peraltro, che una maggiore intesa tra enti istituzionali eviti

l’ulteriore aggravamento della già difficile situazione finanziaria in cui versa il Comune di

Napoli.

Relativamente al patrimonio ERP, si registra, invece, una fascia di utenti morosi in

condizioni reddituali tali da risultare difficilmente in grado di sostenere un canone di

locazione che si dimostra eccessivamente sovradimensionato rispetto alle loro concrete

possibilità economiche.

L’analisi dei dati trasmessi con la nota n.1946 del 25 maggio 2005 (cfr. Tab.5)

evidenzia, infatti, come circa il 66% dei crediti totali imputabili agli occupanti di alloggi

ERP sia riconducibile a due fasce estreme di canone (determinate in base al reddito

documentato dagli utenti), vale a dire alla fascia A (per il 17% del totale) ed alla fascia

C4 (per il 49% del totale)8. In particolare, la fascia A raggruppa gli utenti (concentrati

soprattutto nel quartiere di Ponticelli) che documentano un reddito imponibile del nucleo

familiare non superiore al doppio dell’importo della pensione minima INPS.9 Viceversa, la

fascia C4 (che trova particolare concentrazione nel quartiere di Scampia, specie nelle ex

unità immobiliari definite “Vele”, oggi in corso di abbattimento), oltre ad includere gli

utenti con redditi più elevati (il cui reddito complessivo annuo del nucleo familiare risulti

superiore, di almeno il 31%, all’importo stabilito dalla Regione quale limite di reddito per

la decadenza), comprende anche coloro (in pratica, la quasi totalità) che rimangono

inadempienti all’obbligo di presentazione, entro il termine prescritto dalla legge regionale

n. 19/1997 (30 giugno di ogni biennio successivo alla sua entrata in vigore), della

documentazione anagrafico-reddituale indispensabile per il corretto calcolo del canone

dovuto.

8 Alla luce dei dati riportati nella nota n. TCN 05/5133 del 11 maggio 2005 della Romeo Gestioni spa., trasmessa in ordine alla parallela indagine condotta dalla Sezione in materia di Edilizia Residenziale, emergono taluni scostamenti rispetto ai dati esposti in tabella con riguardo alla percentuale di morosità per fascia rispetto al dovuto (per fascia) e al totale delle morosità. Nel complesso, i dati confermano sostanzialmente le percentuali sopra riportate, sia pure con lo scarto di uno o due punti percentuali in più rispetto ai dati in tabella. In particolare, per la fascia A la percentuale sul dovuto per fascia sarebbe 38,7% (anziché 37%) e quella sul totale dei crediti ERP 19,6% (anziché 17%), mentre per la fascia C4 lo scostamento risulterebbe ancora maggiore: la percentuale sul dovuto per fascia salirebbe all’ 86,2% (anziché 83%) e quella sul totale dei crediti ERP scenderebbe al 44,9% (anziché 49%). 9 Trattasi di redditi derivanti esclusivamente da lavoro dipendente, pensione ovvero percepito a titolo di trattamento di cassa integrazione, indennità di mobilità, indennità di disoccupazione, sussidio assistenziale, assegno al coniuge separato o divorziato. La categoria include, altresì, i disoccupati con reddito pari a zero.

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TAB.5

EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA

(n. Rapporti di Utenza e % crediti insoluti per fascia di canone)

Fascia n. R.U. (al 31.12.2002)

% R.U. sul totale

% sul totale crediti ERP

% crediti su dovuto x fascia

A 5.866 25,3% 17% 37%

A1 4.849 21,0% 10% 20%

A2 792 3,4% 2% 30%

A3 133 0,6% 1% 48%

A4 718 3,1% 0% 10%

B1A 1.969 8,5% 5% 20%

B1B 2.874 12,4% 7% 17%

B1C 1.881 8,1% 5% 13%

B1D 797 3,4% 2% 12%

B1E 416 1,8% 1% 10%

B2 250 1,1% 1% 10%

B3 79 0,3% 0% 11%

C1 75 0,3% 0% 5%

C2 36 0,2% 0% 3%

C3 27 0,1% 0% 3%

C4 2.379 10,3% 49% 83%

TOTALE 23.141 100,0% 100% 32%

Fonte: elaborazione della Corte dei conti su dati trasmessi dal Servizio Patrimonio e Demanio

La società concessionaria Romeo Gestioni spa. ha più volte sottolineato come una

analisi attenta e ragionata delle esposizioni debitorie dell’utenza fruitrice del patrimonio

comunale non possa non tenere ben distinte le cause generatrici del fenomeno delle

morosità. Di qui l’esigenza di depurare il dato complessivo dei crediti insoluti della parte

relativa alle utenze collocate all’interno delle fasce di canone cd. estreme (fasce A e C4),

in quanto le stesse rischierebbero di restituire una immagine alterata e distorta del

fenomeno complessivo, che in realtà rientrerebbe all’interno di livelli del tutto “fisiologici”,

tenuto conto della natura e della vastità del patrimonio di proprietà comunale.10

A ben vedere, la lettura suggerita dalla società concessionaria avrebbe riflessi

significativi essenzialmente per l’utenza del patrimonio ERP, nei cui alloggi si concentra la

maggior parte degli utenti collocati all’interno delle fasce di canone A e C4.

10 Con riferimento a quanto dichiarato dalla Romeo Gestioni s.p.a., secondo la quale (all’esito della depurazione di vari fattori che compongono l’importo complessivo dei crediti per fitti verso terzi) una percentuale del 22,2% di morosità rispetto al totale dovuto per fitti (percentuale che, come detto, si attesta al 37,4% al lordo delle predette depurazioni) rappresenterebbe “un livello fisiologico e ordinario relativamente alla gestione di patrimoni pubblici di grandi dimensioni”, il gestore non ha, tuttavia, precisato, alle puntuali richieste istruttorie della Corte, quali fossero gli esatti termini di comparazione utilizzati né ha chiarito le ragioni specifiche e di contesto di siffatte affermazioni, limitandosi a ribadire che le stesse sono frutto dell’esperienza gestionale maturata dalla stessa nell’ambito della gestione di patrimoni immobiliari pubblici.

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Comunque, dall’analisi delle morosità distribuite per fascia di importo e per le

quali il gestore non ha intrapreso azioni giudiziarie per il recupero coattivo del credito

(cfr. TAB.6), emerge come gli utenti delle fasce estreme incorrano nell’inadempimento

contrattuale in percentuali del tutto simili a quelle degli utenti morosi delle restanti fasce

di reddito. Invero, a fronte di 25.570 utenze ERP, circa 9.000 utenti rientrano nelle fasce

di canone A e C4 e di questi quasi la metà è oggetto di iniziative stragiudiziali da parte

del gestore per il recupero dei crediti insoluti. Analogamente, seppur più numerosi, anche

la metà degli utenti delle restanti fasce di reddito (circa 8.000 utenti) incorre in

irregolarità di pagamento, per le quali il gestore non attiva iniziative giudiziali di sfratto

per morosità.

Ciò che differenzia le due classi di utenti non è, dunque, la diversa attitudine al

rispetto del canone di locazione quanto, piuttosto, la diversa misura degli importi di

canone insoluto, vale a dire, il diverso grado di insolvenza. Si pensi, ad es., che su 1.851

utenti morosi con debiti per fitti superiori ai 5.000 euro (nei cui confronti non è stata

esercitata azione di sfratto per morosità) ben 1.218 (pari al 65,8%) rientrano nelle fasce

di canone A e C4 (oltreché eventuali enti istituzionali), a dimostrazione della maggior

propensione ad insolvenze reiterate e continuative.

TAB.6

UTENTI MOROSI NON IN CONTENZIOSO

ESCLUSI: FASCIA A, FASCIA C4 ED ENTI ISTITUZIONALI (Per tipologia di Patrimonio e per fascia di importo)

ERP NON ERP TOTALE FASCIA DI IMPORTO

N. Utenti % N. Utenti % N. Utenti %

Da 0 a 100 € 2.824 34,9% 1.006 27,5% 3.830 32,6%

Da 101 a 200 € 959 11,8% 283 7,7% 1.242 10,6%

Da 201 a 300 € 454 5,6% 178 4,9% 632 5,4%

Da 301 a 400 € 297 3,7% 125 3,4% 422 3,6%

Da 401 a 500 € 236 2,9% 78 2,1% 314 2,7%

Da 501 a 1000 € 919 11,3% 304 8,3% 1.223 10,4%

Da 1001 a 2000 € 921 11,4% 297 8,1% 1.218 10,4%

Da 2001 a 3000 € 422 5,2% 181 5,0% 603 5,1%

Da 3001 a 5000 € 435 5,4% 239 6,5% 674 5,7%

Da 5001 in poi 633 7,8% 961 26,3% 1.594 13,6%

Totale utenti morosi 8.100 100,0% 3.652 100,0% 11.752 100,0%

Fonte: elaborazione della Corte dei conti su dati trasmessi dal Servizio Patrimonio e Demanio

Non sembra, comunque, alla Sezione che il regime “sanzionatorio” previsto per gli

utenti di fascia C4 (corrispondente alla misura dell’equo canone, determinato ai sensi

della legge n. 392/1978, maggiorato del 50%) possa essere equiparato, agli effetti delle

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misure coercitive conseguenti al mancato pagamento del canone dovuto, alle morosità

degli utenti collocati in fascia A. Ciò per un duplice ordine di considerazioni: la mancata

presentazione della documentazione anagrafico-reddituale non autorizza la ricerca di

componimenti bonari fondati sulla presunta condizione di disagio socio-economico

dell’assegnatario, specie se questi si è reso responsabile di un preciso inadempimento

normativo. Peraltro, la percentuale dell’esposizione debitoria complessiva degli utenti

collocati in fascia C4 (prossima al 50% del totale dei crediti insoluti per alloggi ERP)

risulta notevolmente superiore rispetto alla percentuale di incidenza della stessa utenza

di fascia C4 sul totale delle utenze ERP (pari solo al 10,3%), con ciò dimostrando una

elevata propensione all’inosservanza dei termini di pagamento del canone locativo (oltre

l’ 80% dei corrispettivi dovuti per gli utenti di fascia C4 risultano insoluti).

Ben diversa appare, invece, la situazione degli utenti inseriti nella fascia di canone

A (il cui canone medio mensile corrisponde ad euro 17,67).

A prescindere dalla considerazione che tale categoria di utenza rappresenta,

indubbiamente, la più numerosa tra quelle che utilizzano gli alloggi ERP (la sua

consistenza è pari al 25% del totale degli utenti), la percentuale delle insolvenze si

attesta intorno al 37% del totale dovuto per fascia (il livello di adesione spontanea alle

condizioni contrattuali è, quindi, assai più elevato), mentre l’ammontare dei crediti

maturati raggiunge appena il 17% del totale (il che fa registrare, comunque, livelli di

attenzione meno pressanti).

Sotto il profilo dell’esposizione debitoria, infatti, i crediti insoluti riconducibili alla

fascia A ammontano a circa 2,4 milioni di euro, contro i 7,1 milioni di euro di quelli

relativi alla fascia C4.

Alla luce delle suesposte considerazioni, appare evidente che le due fasce di

canone hanno profili, moventi, riflessi e soluzioni del tutto diverse tra loro e che le

rispettive problematiche vadano affrontate disgiuntamente. Ma non si può negare che

esse rappresentano il “cuore” del problema delle morosità e del relativo contenzioso (e

non, semplicemente, una “appendice” dello stesso, sia pure patologica).

Poiché l’ammontare dei crediti imputabili ad entrambe le fasce di canone (pari a

9,5 milioni di euro) costituisce, sotto il profilo contabile, un residuo attivo di dubbia e

difficile esazione, occorre intervenire urgentemente al fine di evitare che il loro importo

lieviti nel giro di poco tempo, con il contestuale effetto di accrescere ulteriormente la

quota parte di crediti rateizzati (che nel 2003 risulta pari a circa 8,3 milioni di euro),

espandere le dimensioni dei giudizi intrapresi (già ascesi ad oltre 35 milioni di euro),

ridurre, proporzionalmente, le risorse necessarie alle relative manutenzioni degli alloggi e

pregiudicare, così, l’economicità della gestione.

In primo luogo, appare necessario arginare le morosità di maggiore consistenza e

di più vecchia data. Sotto tale profilo, i dati di monitoraggio del patrimonio ERP circa gli

utenti morosi per fascia di importo (non oggetto di iniziative giudiziali) evidenziano che la

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parte preponderante delle morosità riconducibili alla fascia C4 riguardano importi (per

utente moroso) superiori ai 5.000 euro, mentre quelle relative alla fascia A si

distribuiscono su importi sensibilmente inferiori (concentrandosi, in particolare, nella

fascia d’importo da 0 a 100 euro). Ed, in effetti, sulle morosità di più consistenti

dimensioni si concentrano le azioni giudiziali in corso (circa il 47% delle azioni intraprese

riguardano utenti in mora per importi superiori ai 5.000 euro).

Sembra, dunque, che la società affidataria della gestione del contenzioso, pur con

qualche incertezza, abbia correttamente impostato le misure deterrenti per cercare di

ricondurre il fenomeno delle morosità degli utenti di fascia C4 nei limiti fisiologici. Tale

azione intrapresa dalla Romeo Gestioni s.p.a. deve essere sostenuta e rafforzata dal

convinto supporto dell’Amministrazione comunale, alla cui competenza è rimessa non

solo l’organizzazione dei mezzi necessari per condurre a buon fine le azioni esecutive di

rilascio degli immobili ERP, ma anche l’individuazione dei nuovi assegnatari e la

regolarizzazione degli utenti abusivi.

§ 1.5 – Gli utenti abusivi e la loro regolarizzazione

Il profilo da ultimo accennato introduce un ulteriore fenomeno di criticità

strettamente connesso con quello già esaminato delle morosità e con la gestione del

contenzioso in generale.

E’ noto che, ove l’Amministrazione comunale venga a conoscenza di un alloggio

occupato senza valido titolo di godimento, questa provvede, tramite il gestore, a

richiedere all’utente sine titulo, previa diffida al rilascio dell’immobile occupato (notificata

a mezzo raccomandata A.R.), il pagamento di una “indennità di occupazione”

determinata secondo parametri di legge.

In particolare, in caso di occupazione di un immobile ERP senza valido titolo di

godimento, l’art. 30, comma 4, della legge regionale n. 18/1997 stabilisce l’obbligo, in

capo all’occupante, di corrispondere il “pagamento del canone di locazione, relativo al

periodo dell’occupazione, corrispondente alla sua condizione reddituale annua …” e che,

nelle ipotesi di regolarizzazione del rapporto (art. 33, comma 3), “i canoni arretrati da

corrispondere agli enti gestori sono quelli previsti dalla normativa di edilizia residenziale

pubblica applicabili in ragione delle condizioni reddituali annue dell’aspirante

assegnatario”.

Viceversa, allorché l’immobile occupato abusivamente non rientri tra quelli di

Edilizia Residenziale Pubblica, l’indennità di occupazione viene determinata, per gli usi

diversi dall’abitazione, in base agli accordi territoriali definiti per la città di Napoli (art. 2,

comma 3, legge n. 431/1998) sulla scorta dei valori correnti di mercato.

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Poiché, come si è visto, l’art. 3, comma 2, della legge regionale n. 19/1997

prevede che l’assegnatario di un alloggio ERP, qualora non produca la documentazione

reddituale richiesta, è tenuto (a prescindere dal titolo di occupazione dell’immobile) al

pagamento del canone nella misura prevista “dall’art. 2, condizione C, canone C, a

decorrere dal mese successivo e sino al mese seguente all’eventuale tardiva produzione

della documentazione” (vale a dire alla misura stabilita per gli utenti di fascia C4,

corrispondente all’equo canone calcolato ai sensi della legge n. 392/1978 e maggiorato

del 50%), vi è motivo di ritenere (stante la mancanza di precisi riscontri da parte

dell’Amministrazione comunale) che buona parte dei crediti insoluti degli utenti ERP di

fascia C4 sia imputabile a soggetti privi di regolare titolo di legittimazione al godimento

degli alloggi occupati. Per essi, dunque, il credito risulta intrinsecamente certo, liquido ed

esigibile, poiché esattamente predeterminato in via imperativa dalla legge (senza

ulteriore onere, a carico del Comune, della prova del danno subito) e, tuttavia, di non

facile ed immediata recuperabilità.

L’Amministrazione comunale sembrerebbe, invece, offrire una diversa chiave di

lettura del fenomeno in esame, in quanto ritiene “che sulla entità delle esposizioni

debitorie ha un’incidenza non trascurabile il dettato normativo regionale vigente, in tema

di accertamento reddituale e conseguente collocazione in fascia degli utenti”.11

Al riguardo, l’Amministrazione osserva che “se, ad esempio, un utente non ha

presentato la documentazione dovuta entro il 30/6/2005, ma vi abbia provveduto solo

nel mese di agosto 2006, questi resterà collocato nella fascia massima per i mesi da

luglio 2005 ad agosto 2006, e riceverà un corrispettivo adeguato alla sua reale

condizione reddituale solo a partire dal mese di settembre 2006.

Il dettato normativo così rigido fa sì che il periodo contabile di collocazione nella

fascia di canone massimo non sia passibile di revisioni e rideterminazioni (con efficacia

retroattiva) e che pertanto, in quell’arco temporale, all’utente viene, di fatto, richiesto un

corrispettivo non adeguato alle reali condizioni economico-reddituali del suo nucleo

familiare, con il conseguente inevitabile ingenerarsi di esposizioni debitorie di difficile

recuperabilità”.12

11 Il riferimento è alla citata nota n.2948 del 14 dicembre 2006. 12 La nota dell’Amministrazione comunale così prosegue: “La rigidità della norma citata si palesa ancora più evidente laddove la si confronti con quella di pari oggetto, contenuta nella Legge della Regione Lazio n. 33/1987, il cui art. 41 al comma 1 testualmente recita “la situazione reddituale degli assegnatari … è aggiornata ogni due anni dagli enti gestori …”; al successivo secondo comma precisa che “l’eventuale variazione della collocazione degli assegnatari nelle fasce di reddito e del canone di locazione ha effetto dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello per il quale l’ente gestore ha accertato la modificazione della situazione reddituale …”; al quarto comma statuisce infine che “qualora l’assegnatario non produca la documentazione richiesta o dichiari un reddito ritenuto inattendibile si applica il canone di cui al comma 1, lettera g) dell’art. 39 (ndr canone massimo)”. Il tenore della norma ed in particolare l’assoluta mancanza di termini “sanzionatori” legati all’inadempimento dell’obbligo di legge della presentazione dei redditi, non fanno escludere la possibilità che anche a distanza di anni un utente possa produrre l’idonea documentazione e possa beneficiare di una ricollocazione nella esatta ed effettiva fascia di appartenenza. Tale operazione di “ricollocazione in fascia” consente in pratica di rettificare importi di corrispettivo non adeguati alle reali condizioni economiche dell’assegnatario, evitando così la stratificazione di morosità che:

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In buona sostanza, secondo l’Amministrazione, la fascia C4 sarebbe soprattutto

alimentata, piuttosto che da occupanti abusivi, da utenti i quali, pur in possesso dei

requisiti oggettivi e soggettivi richiesti dalla normativa, avrebbero semplicemente omesso

di presentare la dovuta dichiarazione reddituale e, in conseguenza del maggior canone

dovuto a titolo sanzionatorio, si troverebbero nell’impossibilità di regolarizzare la propria

posizione debitoria perché eccessivamente onerosa.

Tale chiave interpretativa del fenomeno non appare del tutto convincente.

In primo luogo, è da considerare che nell’ambito delle occupazioni abusive

figurano sia soggetti che si appropriano in forma violenta e/o clandestina del cespite, sia

soggetti che, a seguito dell’intervenuta scadenza di regolare contratto, non hanno inteso

sottoscriverne uno nuovo a condizioni diverse, sia soggetti che non posseggono più i

requisiti soggettivi (previsti dall’art. 2 della legge n. 18/1997) necessari per aver titolo

all’assegnazione ovvero si trovano nell’impossibilità di subentro o voltura contrattuale. In

ordine alle dette caratteristiche dell’utenza “irregolare”, l’Amministrazione comunale (che

pur sostiene di aver assunto “piena conoscenza” delle problematiche fin qui esposte,

delle cause che le determinano e, ancor più, degli effetti negativi che ne conseguono)

non ha fornito, come accennato, precisi riscontri (se si eccettuano i profili delle

morosità), con ciò dimostrando di possedere un livello di conoscenza alquanto

approssimativo del fenomeno.

In secondo luogo, è importante osservare che nei confronti dei menzionati utenti

abusivi o “irregolari” sia l’art. 33 della legge regionale n. 18/1997, sia l’art. 1, comma 2,

della legge regionale n. 13/2000, sia la legge regionale n. 10/2001 consentono di

regolarizzare il relativo rapporto locativo qualora gli stessi dimostrino il possesso dei

requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica.13

Ebbene, da un esame delle pratiche in giacenza alla data del 7 ottobre 2005, si

evince che i rapporti di utenza in corso di sanatoria presso gli uffici del Servizio

Assegnazione Immobili del Comune di Napoli risultano essere, complessivamente, 6.836.

Un così rilevante numero di istanze di regolarizzazione sottende, naturalmente, un

altrettanto elevato numero di occupazioni abusive (pari, nel 2002, a complessive 9.116,

- da una parte, l’utente non è oggettivamente in grado di pagare (e che si matura a suo carico quale

conseguenza della inosservanza dell’obbligo di presentazione della documentazione, inosservanza il più delle volte giustificabile – o comunque comprensibile -, in ragione delle solite condizioni di degrado, ignoranza, difficoltà, in cui la tipologia di utenza de qua versa),

- e, dall’altra parte, come già più sopra detto, è di difficile se non impossibile, ricuperabilità. Trattandosi di soggetti privi, nella realtà, di un reddito, non sfugge che anche una procedura esecutiva di pagamento non può che rischiare di rimanere infruttuosa”. 13 In particolare, la legge regionale n. 18/1997 prevede la possibilità di regolarizzazione in via amministrativa per tutti gli alloggi che, alla data del 31 dicembre 1994, risultino occupati senza valido titolo di legittimazione, previa verifica della sussistenza dei requisiti per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica. Detta facoltà, è stata poi estesa, con delibera di Giunta Comunale n.4953 del 29 ottobre 1997, anche agli alloggi di proprietà comunale “storica”. Del pari, la legge regionale n. 13/2000 consente di riconoscere la regolarizzazione della posizione contrattuale agli occupanti abusivi degli immobili alla data del 31 dicembre 1998, ponendo tra le condizioni previste quella del riconoscimento della morosità accertata per i periodi pregressi e la restituzione delle somme dovute con l’impegno ad un pagamento dilazionato.

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vale a dire un terzo dei rapporti di utenza totali), cui corrisponde, a sua volta, un

proporzionale volume di canoni da indennità di occupazione, gran parte dei quali rimane

insoluto (come si è visto, l’esposizione debitoria complessiva dei soli utenti collocati in

fascia C4 – pari a circa 7 milioni di euro, esclusi debiti rateizzati e in contenzioso - è

prossima alla metà dei corrispondenti crediti insoluti per l’intero complesso degli alloggi

ERP)14.

Sembrerebbe, dunque, trovare conferma l’ipotesi che ad incidere in modo

consistente sul volume dei crediti insoluti degli utenti ERP di fascia C4 siano,

principalmente, i soggetti privi di regolare titolo di legittimazione al godimento degli

alloggi occupati, piuttosto che utenti assegnatari i quali abbiano semplicemente

trascurato di produrre una documentata situazione reddituale.

D’altronde, come dichiarato dalla stessa Amministrazione comunale, “la

maggioranza assoluta degli utenti collocati in fascia C4 è rappresentata da coloro che non

hanno adempiuto all’obbligo di produzione dei documenti reddituali, e soltanto una

minima percentuale è costituita da quanti vi sono inseriti in base alla effettiva e

documentata condizione reddituale”. Va da sé che, ammontando gli utenti di fascia C4 a

non più di 2.500 unità (pari a circa il 28% dei rapporti di utenza ERP senza valido titolo di

legittimazione), detta categoria di utenza non può che assorbire, in buona misura, specie

quelle forme residuali di occupazione abusiva dei cespiti da parte di chi non abbia

intrattenuto in passato un formale rapporto di utenza con l’Amministrazione comunale.

Vi è motivo di ritenere, inoltre, che non poche istanze di regolarizzazione siano

strumentali al perseguimento di finalità elusive del dettato normativo. Se è vero, infatti,

che l’eventuale accoglimento di un’istanza di sanatoria ed il conseguente provvedimento

amministrativo di regolarizzazione consente la formazione di un valido titolo di locazione

con efficacia ex tunc 15, allora è sufficiente la presentazione di una semplice istanza di

sanatoria per impedire l’avvio, da parte dell’ente gestore, dell’azione di rilascio coattivo

dell’immobile.

In altri termini, è ragionevole ipotizzare che prima che l’Amministrazione

comunale proceda alla riassegnazione del cespite (abusivamente occupato) agli aventi

titolo in graduatoria (ipotesi che nell’ultimo quinquennio si è tradotta in realtà in un

numero limitatissimo di casi), occorre attendere tempi non brevi perché la pratica di

sanatoria sia istruita e decisa, prima, e perché si provveda, dopo, ad emettere, in sede di

autotutela, il provvedimento di sgombero in via amministrativa ai sensi del citato art. 30

14 Gli utenti restanti, verosimilmente concentrati nella fascia di canone A (la più numerosa), incidono in modo meno significativo sul volume dei crediti insoluti derivanti da immobili occupati abusivamente, la cui entità complessiva, comunque, risulta stimabile, approssimativamente, intorno ai 3/5 milioni di euro l’anno. 15 Si pensi, ad es., al caso in cui l’utente riuscisse a comprovare le ragioni che gli hanno impedito di produrre la documentazione anagrafico-reddituale nei termini previsti; in tale ipotesi, l’Amministrazione comunale non potrebbe non autorizzare il gestore del servizio alla ricollocazione dell’utente nella rispettiva fascia di reddito, con conseguenti rettifiche contabili in ordine al canone dovuto.

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della legge n. 18/1997 e a seguire, scaduti i termini della diffida, la relativa procedura di

esecuzione forzata.

Osservando più in dettaglio l’evoluzione delle pratiche in corso di sanatoria, si

evince che le istanze di regolarizzazione pervenute ai sensi della legge regionale n.

18/1997 assommano a 1.301 e quelle pervenute ai sensi della legge regionale n.

13/2000 sono 6.610. Le istanze già definite con provvedimenti di regolarizzazione sono,

rispettivamente, 950 e 125 (pari al 73% e al 2% delle istanze di regolarizzazione

presentate).16

Le pratiche ancora da istruire sono solo il 28% del totale, mentre quelle in corso di

perfezionamento sono, a vario titolo, il 7%. Per queste, perché l’istruttoria sia

completata, occorre il parere preventivo della I^ Commissione Assegnazione Alloggi,

davanti alla quale pendono 93 istanze. La stessa si è espressa, con parere favorevole,

per la regolarizzazione di 340 rapporti locativi (che, evidentemente, attendono il

completamento dell’iter burocratico).

Tali dati, in linea con quanto indicato nel Piano esecutivo di gestione per l’anno

2002 (secondo il quale le pratiche in giacenza ammontavano a circa 6.000), dimostrano

quanto siano insufficienti le azioni intraprese dal Servizio Assegnazione Immobili per

contrastare il fenomeno dell’occupazione abusiva degli alloggi comunali.17

In sostanza, mentre le pratiche di regolarizzazione ai sensi della legge regionale n.

18/1997 risultano quasi tutte istruite, con oltre due terzi di rapporti di utenza

regolarizzati e le rimanenti in attesa di ulteriore esame (per eventuali subentri, sanatorie

ai sensi della legge n. 13/2000, accertamenti di carattere amministrativo e penale), le

regolarizzazioni ai sensi della richiamata legge n. 13/2000 soffrono ritardi assai più

consistenti. Invero, a fronte di oltre 6.600 istanze, i provvedimenti di sanatoria emessi,

come detto, sono solo 125 e le pratiche in via di perfezionamento, con esito positivo,

sono circa 330. Le rimanenti istanze risultano così ripartite:

- 1.936 ancora da istruire;

- 1.900 sospese perché improcedibili fino ad avvenuto collaudo statico dell’alloggio;

- 1.538 trasmesse allo I.A.C.P. di competenza;

- 550 in attesa di determinazione in quanto locali commerciali;

- 140 pervenute fuori termine;

16 Circa l’attendibilità dei dati trasmessi dal Comune di Napoli in merito alle istanze di regolarizzazione ancora pendenti si esprimono perplessità, stante il caso, di cui è giunta formale comunicazione a questa Sezione, di una istanza di regolarizzazione del rapporto locativo presentata nel lontano 1982 e che, a distanza di ben 23 anni, è rimasta ancora senza riscontro. 17 Secondo quanto emerge dalla recente indagine comparativa condotta dalla Corte dei conti in materia di E.R.P., la Romeo Gestioni s.p.a. ha riferito che i rapporti di utenza ERP per i quali, alla data del 24 maggio 2005, sarebbe ancora in corso un procedimento amministrativo di regolarizzazione risulterebbero complessivamente 7.357, di cui 3.203 in corso di voltura e 3.805 in corso di sanatoria ex legge n.18/1997 e legge n.13/2000. La sostanziale difformità dei dati in possesso della società che gestisce il patrimonio ERP rispetto a quelli monitorati dagli uffici del Servizio Assegnazione Immobili del Comune di Napoli (sia pure relativamente a tutto il patrimonio comunale) è indice, quanto meno, di insufficiente raccordo tra i due uffici e di difficoltà nell’aggiornamento dei dati di monitoraggio.

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- 93 in attesa del parere della Commissione Assegnazione Alloggi.

In disparte il disservizio organizzativo che determina la sospensione sine die di

ben 1.900 pratiche in sanatoria per mancanza del prescritto collaudo statico dell’edificio,

appare di particolare criticità la circostanza che i provvedimenti di sgombero coattivo

adottati ad oggi siano solo 4 su oltre 7.900 istanze di regolarizzazione pervenute, il che

dimostra (alla luce del limitato numero di regolarizzazioni effettuate) come

l’Amministrazione comunale ritardi oltremodo l’esito negativo dei procedimenti avviati

nonché lo smaltimento dell’arretrato, con grave danno per i legittimi aspiranti

all’assegnazione degli alloggi e conseguente aggravarsi del fenomeno delle morosità.

Non è da trascurare, inoltre, che lo stato di diffusa incertezza in ordine all’esito

dell’istanza di regolarizzazione (condizionato, tra l’altro, dall’inesistenza di meccanismi

automatici di silenzio-rigetto che tengano luogo della mancata adozione di un

provvedimento espresso di diniego), risulta spesso determinato dall’esigenza di una

previa verifica della situazione anagrafico-reddituale dell’utenza ai fini dell’esatta

collocazione nella fascia di canone corrispondente. Tale accertamento, specie dopo

l’introduzione dell’autocertificazione ai sensi delle leggi n. 127/1997, n. 191/1997 e del

D.P.R. n. 403/1998 sulla semplificazione amministrativa, si è reso ancor più necessario

allorché alla puntuale documentazione anagrafico-reddituale (che gli utenti degli alloggi

ERP erano tenuti a produrre nei termini previsti dalla previgente normativa) sono state

adottate le dichiarazioni sostitutive, rilasciate direttamente dall’utenza, risultate spesso

approssimative, incomplete o inattendibili sia nell’indicazione dell’importo dei redditi

percepiti sia con riferimento ai dati anagrafici dei componenti il nucleo familiare.

In ordine a dette certificazioni, sono emerse in sede istruttoria talune

incongruenze in ordine all’organo competente alla verifica dei suddetti requisiti, poiché,

da un lato, il Servizio Assegnazione Immobili afferma la propria competenza, ai sensi

dell’art. 2, lettera g), della legge regionale n. 18/1997, limitatamente ai provvedimenti di

assegnazione, subentro e regolarizzazione (in concomitanza, cioè, delle relative

procedure, stimabili nell’ordine di 300/400 ogni anno), con esclusione, tra l’altro, dei

compiti specifici in materia di calcolo del canone di locazione (affidati, viceversa, alla

Romeo Gestioni s.p.a.), dall’altro, l’ente gestore (che, peraltro, ha denunciato come, con

l’utilizzo dell’autocertificazione, siano cresciuti considerevolmente i casi di nuclei familiari

risultanti non percettori di alcun reddito) si limita a predisporre e a trasmettere

periodicamente all’Amministrazione comunale, ai sensi dell’art. 3, comma 7, della legge

regionale n. 19/1997, apposito “tabulato” riportante i casi di dichiarazioni palesemente

inattendibili perché fortemente discordanti con quanto dichiarato in precedenza ovvero

prive di adeguato raffronto.

Sembrerebbe, dunque, che nessuno dei due organismi deputati all’accertamento

dei requisiti che danno titolo al rapporto di locazione provveda ai necessari riscontri

anagrafico-reddituali delle dichiarazioni dell’utenza palesemente inattendibili,

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contribuendo così, da un lato, ad attenuare le misure di vigilanza dirette a contrastare il

fenomeno delle dichiarazioni false o incomplete, dall’altro, ad impedire il corretto e

tempestivo aggiornamento dei canoni di locazione dovuti.

Quanto ai ritardi relativi alla conclusione del procedimento amministrativo

connesso alle richieste di regolarizzazione del rapporto locativo, il Servizio Assegnazione

Immobili si giustifica adducendo “la scarsità di idonei mezzi strumentali, nonché la

mancanza di un collegamento in visualizzazione con l’anagrafe comunale e la mancanza

di collegamento in visualizzazione con la B.D. della società Romeo”.

Tale giustificazione lascia seriamente perplessi sia perché il medesimo

collegamento è attivo presso il Servizio Patrimonio e Demanio (e non vi è ragione perché

non lo sia anche presso il Servizio Assegnazione Immobili) sia perché esistono precisi

obblighi contrattuali a carico sia della Romeo s.p.a. sia del Comune che prevedono, per la

prima, l’obbligo di rendere disponibili tutte le informazioni “attraverso collegamenti diretti

ad accesso permanente – di sola visualizzazione – con il sistema informativo

dell’Affidatario” che, conseguentemente, “si impegna, a proprie spese, alla istallazione

fino a 21 (ventuno) terminali”; analogamente, il Comune, “per un miglior controllo delle

attività ed una migliore conoscenza dei dati, fa obbligo all’Affidatario medesimo di

utilizzare procedure informatiche aperte, e in stretta interazione con gli uffici comunali” e

nel contempo, si obbliga “all’istallazione presso gli uffici dell’Affidatario, entro 30 (trenta)

giorni dalla sottoscrizione del presente contratto, di terminali abilitati al collegamento con

l’anagrafe comunale e con il Catasto (N.C.T. o N.C.E.U.) con il Sistema Informativo

Comunale”.

Alla luce delle suesposte considerazioni, è da ritenere che, in assenza di una presa

d’atto della gravità del problema e di una decisa inversione di tendenza, l’importo dei

crediti insoluti, che ha già raggiunto l’allarmante cifra di 80,9 milioni di euro, è destinata

a crescere in misura esponenziale per effetto dei reiterati “rateizzi”, del crescente

contenzioso, della mancata definizione di pratiche di regolarizzazione e di intese con gli

Enti istituzionali che utilizzano i cespiti comunali nonché delle persistenti inadempienze

degli utenti di cui alle fasce A e C4.

Non possono, poi, non esprimersi dubbi e perplessità circa la reale possibilità di

recupero, anche in sede giudiziale, delle morosità per fitti attivi dovuti dagli occupanti

abusivi, in merito alle quali, pur essendo il pagamento dell’indennità risarcitoria previsto

per legge, sarebbe opportuno prevedere in bilancio apposita voce di accantonamento al

fondo svalutazione crediti. Tale posta dovrebbe, altresì, essere estesa all’intero

ammontare dei residui attivi per “fitti attivi da fabbricati” (il cui ammontare, al 31

dicembre 2001, raggiungeva l’importo di 97,09 milioni di euro e solo nel 2003 ben

122,64 milioni di euro).

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CAPITOLO II

GESTIONE DELL’ ABUSIVISMO EDILIZIO

Premessa

La Sezione aveva individuato ulteriori profili di criticità nella gestione degli

immobili acquisiti al patrimonio per effetto di provvedimenti di confisca di opere eseguite

in assenza di concessione edilizia ovvero in totale difformità da essa.

In particolare, venivano evidenziati, da un lato, la mancata adozione delle

necessarie misure volte ad utilizzare gli immobili suddetti per fini istituzionali, dall’altro,

la mancata predisposizione di un piano per determinarne la destinazione d’uso, con ciò

privando l’Ente di una ulteriore potenzialità economica consistente nella possibilità di

concedere i beni stessi in locazione oppure adibirli ad uso ufficio per il Comune di Napoli,

con conseguente riduzione degli oneri derivanti da locazioni passive.

Si affermava, inoltre, l’assenza di una attività sistematica e continuativa di

demolizioni degli abusi edilizi, di cui, è noto, la Campania registra un alto tasso di

incidenza.

Alle censure di “scarsa attenzione della risorsa patrimonio”, il Comune di Napoli ha

eccepito l’esistenza di complessi risvolti normativi e finanziari e di incombenti che

condizionano negativamente l’utilizzo dei cespiti in argomento.

Nel merito, occorre preliminarmente ribadire, secondo quanto emerge anche dal

Piano esecutivo di gestione per l’anno 2002, che il Comune utilizza un gran numero di

strutture prese in affitto da terzi e nel contempo risulta proprietario di molti immobili

inutilizzati che potrebbero, con spese relativamente ridotte, essere valorizzati come sedi

per gli uffici comunali o per le scuole.

Nell’ambito di detta consistenza patrimoniale ancora priva di precisa destinazione

d’uso (oltre un terzo del totale degli immobili comunali), figurano: suoli destinati

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all’edificazione di opere pubbliche, campi di accoglienza, edifici in corso di recupero, beni

non locati a terzi in quanto privi dei requisiti di abitabilità e, per l’appunto, le acquisizioni

ex lege (ai sensi delle leggi n. 10/1977 e n. 47/1985).

In particolare, quanto agli immobili acquisiti di diritto al patrimonio comunale in

seguito alla confisca dei beni perché costituenti abusi edilizi, occorre distinguere tra

immobili che vanno demoliti e quelli che devono essere acquisiti gratuitamente al

patrimonio comunale indisponibile ex art. 15, comma 3, della legge n. 10/1977.

§ 2.1 – La demolizione delle opere abusive

In ordine alla prima categoria di manufatti abusivi, è ulteriormente da chiarire che

la loro demolizione dipende dal fatto che gli stessi risultino privi di ogni utilità concreta

per l’interesse pubblico (casi di confisca in corso d’opera) ovvero realizzati in totale

difformità con le esigenze di tutela dell’ambiente, della salute, della sicurezza nonché

della salvaguardia del patrimonio storico e naturalistico della città di Napoli o, ancora,

impeditivi della realizzazione di progetti di opere pubbliche.

Per essi, quindi, non resta che procedere ad onerosi interventi di demolizione,

salvo attivare tutte le procedure finalizzate al recupero delle spese, a tal fine sostenute,

nei confronti dei responsabili degli abusi edilizi.

Per tali ragioni, l’Amministrazione comunale ritiene che, al di fuori dei casi (da

ritenersi del tutto eccezionali) in cui l’Amministrazione, a seguito dell’approvazione di

specifiche deliberazioni consiliari, dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici alla

conservazione del cespite confiscato e, al contempo, stabilisca un programma di

interventi di risanamento conservativo e/o ristrutturazione edilizia, l’abusivismo edilizio

viene, generalmente, represso mediante un piano organico e coordinato di demolizioni

delle opere eseguite secondo un ordine di priorità che privilegia la gravità degli interventi

abusivi.18

Detto piano di demolizioni, per il quale il Comune ha stanziato una prima somma

complessiva di 3 miliardi di lire (1,55 milioni di euro), non sembra, tuttavia, procedere

18 Sul punto, le deliberazioni della Giunta della Regione Campania nn. 2001/2000, 3437/2001 e 2987/2003 definiscono i criteri di priorità da seguire nell’esecuzione delle demolizioni seguendo il seguente ordine decrescente di gravità degli interventi abusivi realizzati: 1) interventi iniziati senza titolo su aree assoggettate a vincolo di inedificabilità e/o destinate a opere e spazi pubblici; 2) interventi eseguiti su suolo demaniale o patrimoniale dello Stato o di Enti pubblici; 3) opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformità dalla stessa o con variazioni essenziali; 4) opere realizzate nell’ambito di piani di lottizzazione abusiva; 5) opere prive di titolo concessorio perché annullato ovvero eseguite in parziale difformità dalla concessione rilasciata; 6) opere di ristrutturazione edilizia. In deroga al predetto ordine di priorità (all’interno del quale prevale il criterio cronologico, con riferimento alla data di emanazione del provvedimento in contestazione, salva l’esistenza di opere sotto sequestro, ovvero incidenti su immobili vincolati ai sensi della legge n. 1089/1939 ovvero per le quali risulti o proseguita l’attività abusiva oppure ordinata la demolizione per effetto di sentenza penale di condanna), avrà precedenza assoluta l’esecuzione dei lavori di demolizione relativi ad abusi che appaiano fortemente lesivi delle esigenze di tutela dell’ambiente, della salute e/o della sicurezza nonché della salvaguardia del patrimonio storico e naturalistico della città ovvero impeditivi della realizzazione di progetti di opere pubbliche.

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con sufficiente speditezza, considerato che, a distanza di oltre due anni dalla sua

adozione, ha raggiunto solo il 23% del livello complessivo di attuazione programmato

(corrispondente alla demolizione di circa sessanta manufatti abusivi)19.

A contrastare l’efficacia e la speditezza dell’azione repressiva dell’Amministrazione

comunale sarebbero, principalmente, le reiterate istanze di accertamento di conformità

urbanistica ed edilizia, prodotte ai sensi degli art. 36 e 37 del T.U. dell’Edilizia approvato

con DPR n.380/2001 e successive modifiche e integrazioni, volte (più che ad ottenere il

relativo permesso in sanatoria) a paralizzare l’esecuzione d’ufficio dei lavori di

demolizione (relativi ad ordinanze di abbattimento già emesse) e ad instaurare, con

evidenti intenti dilatori, il connesso contenzioso giudiziario.

§ 2.2 – Gli immobili confiscati

Nel caso, invece, di immobili costruiti abusivamente ed acquisiti gratuitamente al

patrimonio comunale indisponibile ex art. 15, comma 3, della legge n. 10/1977 (vale a

dire, nei casi in cui l'opera eseguita non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o

ambientali e sia suscettibile, comunque, di essere utilizzata per fini pubblici), i beni stessi

non possono essere presi in consegna dal Servizio Patrimonio per essere destinati ad uso

residenziale ovvero ad altra pubblica finalità ove non risultino in regola con la

certificazione di agibilità-abitabilità da rilasciarsi dal competente Dipartimento Assetto del

Territorio.

Affinché detto Dipartimento adotti il suddetto certificato occorre, però, una

completa documentazione tecnica (certificati di collaudo statico, di conformità degli

impianti e delle opere realizzate alla normativa vigente, ovvero opere di consolidamento

statico etc.) che, nella maggior parte dei casi, manca. Solo in due casi il Comune è

riuscito a completare la documentazione necessaria (uno dei quali, grazie all’attuazione di

lavori di ristrutturazione effettuati nel 1982 a carico del Comune); negli altri casi, detta

documentazione non è mai stata prodotta “a causa della onerosità e complessità degli

interventi a farsi”.

Sul punto, è da evidenziare, però, che, da una verifica condotta dagli uffici della

Ragioneria generale del Comune di Napoli in ordine agli stanziamenti effettuati nel Piano

esecutivo di gestione per gli anni 2003-2005, non si rilevano capitoli specifici di spesa

destinati ad interventi diretti alla integrazione della documentazione di cui è cenno, né

risultano essere state emanate precise determinazioni dirigenziali in proposito.

19 Da quanto emerge dalla Relazione previsionale e programmatica per gli anni 2003/2005, il Piano per le demolizioni delle opere abusive è stato rifinanziato nel 2002 per ulteriori 1,5 Meuro. Alla data del marzo 2003 risultavano, comunque, liquidati importi corrispondenti alla metà delle somme sino ad allora impegnate con le risorse risultanti dal primo finanziamento.

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Quanto agli interventi manutentivi delle opere edilizie abusive, è da precisare che,

mentre gli interventi edilizi di manutenzione ordinaria non richiedono alcuna forma di

autorizzazione, nel caso di interventi di manutenzione straordinaria, restauro e

risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia di immobili abusivi è prevista, ai sensi

dell’art. 21 del Regolamento Edilizio, specifica delibera consiliare di autorizzazione

relativamente all’esistenza di prevalenti interessi pubblici alla conservazione del cespite e

agli interventi edilizi ritenuti, di volta in volta, necessari allo scopo.

Non risultano, tuttavia, disposti dal Comune, al di fuori del caso prima accennato,

specifici interventi di ristrutturazione edilizia su alcuno dei numerosi immobili acquisiti

definitivamente al patrimonio comunale ai sensi dell’art. 15 della legge n. 10/1977.

A tal fine, si rappresenta, nelle sottoindicate tabelle, l’attuale composizione degli

immobili abusivi acquisiti e inventariati al patrimonio indisponibile del Comune

partenopeo a seguito di confisca, distinti secondo la relativa disciplina di acquisizione e

per tipologia di beni (Tabb.7 e 8).

TAB.7

BENI CONFISCATI (a seguito di abuso edilizio)

TIPOLOGIA Ex art. 15 L. 10/1977

Ex L. 47/1985 TOTALE

Alloggi 3.680 61 3.741 Attrezzature complesse 7 - 7 Locali 1.711 31 1.742 Scuole 2 - 2

TOTALE 5.400 92 5.492 Fonte: dati del Servizio Patrimonio e Demanio del Comune di Napoli

TAB.8

TIPOLOGIA DI CESPITE TOTALE

Abitazione 3.727 Box ad uso esclusivo 680 Cantina ad uso esclusivo 114 Casotto 2 Chiesa-convento-ufficio religioso 1 Circolo associativo-centro culturale 3 Deposito-magazzino 423 Esercizio commerciale-centro ricreativo 331 Impianto sportivo 3 Locale 165 Pensione 1 Scuola 2 Terranno 13 Ufficio-studio privato 26 Ufficio pubblico 1

Totale generale 5.492 Fonte: dati del Servizio Patrimonio e Demanio del Comune di Napoli

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In ordine ai 5.400 immobili abusivi ex art. 15, legge n. 10/1977, è bene

sottolineare che il Servizio Antiabusivismo Edilizio ne ha escluso, con nota n.735 del 16

marzo 2006, la possibilità di demolizione “poiché oggetto di provvedimenti che hanno già

sancito l’utilizzabilità dei medesimi per fini pubblici e la relativa compatibilità con gli

interessi urbanistici ed ambientali delle aree su cui insistono”.

Ciò significa, a conferma di quanto supposto dalla Sezione, che circa il 30%

dell’intero patrimonio comunale privo ancora di specifica destinazione rimane

praticamente inutilizzato né è previsto un piano per il suo utilizzo, nonostante sia stato

accertato che esistono tutti i presupposti essenziali, individuati dalla legge n. 10/1977

per l’applicazione della sanzione dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale, perché

gli immobili vengano adibiti a finalità pubbliche.

In particolare, tali presupposti, individuati all’art. 31 dell’attuale T.U. in materia

edilizia D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, sono i seguenti:

- l’inottemperanza all’ordine di demolizione impartito al proprietario nel termine di

novanta giorni dalla notifica dell’ingiunzione;

- l’assenza di contrasto dell’opera abusiva con rilevanti interessi urbanistici o

ambientali;

- l’esistenza di prevalenti interessi pubblici all’utilizzo del manufatto.

Ma vi è un ulteriore aspetto che merita di essere approfondito.

E’ noto, infatti, che il mancato accertamento dell’esistenza dei predetti presupposti

condiziona non solo l’acquisizione definitiva dell’opera abusiva al patrimonio indisponibile

del Comune (salvo, beninteso, il caso di terreni soggetti a vincolo di inedificabilità, nella

cui ipotesi l’opera deve essere, comunque, abbattuta) ma anche la sua eventuale

demolizione prevista nel Piano di abbattimento dei manufatti abusivi realizzati su aree

vincolate o su suolo pubblico.

Sul punto, il Servizio Antiabusivismo Edilizio conferma di aver effettuato

demolizioni di opere abusive realizzate in aree vincolate e su suolo pubblico, “ma non

ancora quelle riguardanti gli abusi sanzionati ai sensi dell’art. 31 del T.U. dell’Edilizia, le

cui procedure, in ogni caso, non risultano completate con l’approvazione delle relative

delibere consiliari (da predisporsi a cura del Servizio Patrimonio) in ordine all’esistenza o

meno di interessi pubblici alla conservazione di ciascun bene”.

I procedimenti cui allude il Servizio comunale richiamato sono, evidentemente,

quelli relativi alle 92 confische eseguite nel corso degli anni 1987/1991 ai sensi della

legge n. 47/1985, i cui immobili sono stati acquisiti al termine di 27 procedimenti. Di

questi, 19 procedimenti risultano attualmente sospesi ai sensi dell’art. 38 della citata

legge n. 47/1985, generalmente, a seguito di istanza di sanatoria ai sensi della legge n.

724/1994; nei rimanenti casi risultano essere state rilasciate due concessioni edilizie in

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sanatoria ed una cancellazione della formalità di acquisizione al patrimonio indisponibile

comunale, oltre all’attuazione di un intervento di demolizione. 20

Più in generale, l’Amministrazione rileva come molteplici provvedimenti di

acquisizione di immobili abusivi risultino sospesi o revocati a seguito della presentazione

di istanze di condono edilizio ai sensi dell’art. 39, comma 19, legge n. 724/1994 e, più di

recente, della legge n. 326/2003 sulla regolarizzazione degli illeciti edilizi, in virtù delle

quali il proprietario che ha adempiuto agli oneri previsti per la sanatoria ha il diritto di

ottenere l’annullamento dell’ordinanza di acquisizione del cespite al patrimonio comunale

disposta in attuazione dell'articolo 7, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47

(come sostituito dall’art. 31 del citato T.U. n. 380/2001).

Al riguardo, il Consiglio comunale, prendendo atto della formale eccezione

espressa dall’organo di revisione in sede di esame dello schema di bilancio per l’esercizio

2000, riscontrava la pendenza di circa 70.000 pratiche di condono edilizio, a fronte della

capacità dell’Ufficio tecnico preposto alla relativa istruttoria di definire, mensilmente, non

più di 1.000 procedimenti.21

E’ evidente che un arretrato di tali proporzioni oltre a determinare la sospensione

di un corrispondente numero di ordinanze di acquisizione al patrimonio immobiliare o di

demolizione, condiziona negativamente sia il riassetto urbanistico del territorio sia il

gettito derivante da oneri concessori-sanatori destinato a finanziare numerosi interventi

di manutenzione straordinaria.

Ed invero, a fronte di previsioni ottimistiche di bilancio per entrate da concessioni

in sanatoria (dell’ordine di circa 7,7 milioni di euro annui per gli esercizi 2001/2002),22

l’importo effettivamente accertato corrisponde, mediamente, solo ad un terzo circa degli

stanziamenti in entrata, ciò a seguito delle difficoltà nella formazione di (circa 40) gruppi

di lavoro qualificati in grado di istruire, con piena assunzione di responsabilità, le pratiche

affidate e di condurle alla naturale conclusione del procedimento (concessione o diniego).

Non è stato possibile approfondire ulteriori profili relativi all’abusivismo edilizio né

ricercare le cause delle inefficienze riscontrate ovvero i motivi che hanno prodotto

l’attuale situazione gestionale, in quanto l’Amministrazione comunale non ha fornito le

informazioni richieste.

Invero, con le note istruttorie del 14 dicembre 2004 e del 14 settembre 2005, si

era chiesto all’Amministrazione di fornire elementi in ordine alla documentazione tecnica

20 Qualora, successivamente alla demolizione del manufatto abusivo, l’opera sia divenuta sanabile ai sensi dell’art. 39, comma 19, legge n. 724/1994, si fa luogo alla cancellazione delle trascrizioni effettuate nei registri immobiliari piuttosto che alla retrocessione delle aree di sedime acquisite al patrimonio comunale. 21 Ai fini dello smaltimento delle pratiche di condono edilizio arretrate, il Comune di Napoli ha successivamente adottato, in data 10 luglio 2002, apposita delibera (n.237) concernente “Semplificazione delle procedure e autocertificazione della documentazione relativa alle istanze di condono edilizio”, cui è stata data attuazione con Disposizione del Direttore Generale n.38/2002. 22 Per il 2003, le previsioni di entrata per concessioni in sanatoria sono ascese ad euro 13.582.284,00, in vista della possibilità, per i soggetti interessati, di chiudere il procedimento con l’autocertificazione.

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mancante per procedere alle immissioni nel possesso degli immobili confiscati, alle

autorizzazioni comunali rilasciate per le necessarie manutenzioni straordinarie delle opere

abusive, ai motivi del ritardo nel provvedere agli adempimenti necessari, ai tempi tecnici

occorrenti, mediamente, per ottenere le diverse documentazioni tecniche mancanti, ai

mezzi di supporto ed alle soluzioni adottate.

Si era chiesto, altresì, di precisare il numero delle pratiche di condono edilizio

giacenti e quello relativo alle concessioni in sanatoria rilasciate, nonché la relativa

capacità di smaltimento come pure il gettito annuo da esse derivante.

Su tutti questi aspetti gestionali l’Amministrazione (ad oltre 18 mesi dall’invio

della prima richiesta istruttoria) non ha fornito riscontro, adducendo la complessità della

materia (insita nell’elevato numero degli immobili interessati) e facendo riserva di

comunicare tempestivamente le informazioni relative alle questioni rimaste prive di

adeguata risposta.

Anche tale aspetto costituisce sintomo delle evidenti lacune gestionali emerse nel

corso dell’istruttoria e del grado di inefficienza che caratterizza la gestione comunale

degli immobili abusivi. Lacune riconducibili, da un lato, al sottodimensionamento degli

Uffici tecnici comunali (del Dipartimento Assetto del Territorio e del Progetto Condono

Edilizio), non adeguatamente supportati da interventi organici di implementazione del

servizio, dall’altro, alla mancanza di un piano di manutenzione straordinaria delle opere

edilizie abusive da utilizzare per finalità pubbliche.

Ciò si traduce, evidentemente, in un ridotto grado di smaltimento delle pratiche

arretrate di condono edilizio, nella conseguente improcedibilità dei lavori di demolizione

delle opere abusive, nella impossibilità di definire progetti di ristrutturazione degli

immobili confiscati e, più in generale, nella complessiva antieconomicità della gestione

dei servizi comunali e dei rapporti locativi in genere.

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CAPITOLO III

GESTIONE DEGLI INTERVENTI DI MANUTENZIONE

Premessa

Le considerazioni espresse dalla Corte in ordine all’attività di manutenzione

straordinaria del patrimonio immobiliare disponibile e indisponibile sono state giudicate

“contraddittorie” dall’Amministrazione comunale, la quale ha, invece, sottolineato il

merito di aver operato uno sforzo di razionalizzazione del servizio di manutenzione a

fronte di una consistente insufficienza di mezzi finanziari a disposizione.

In effetti, la Corte aveva individuato nell’ “esorbitante ammontare delle spese di

manutenzione straordinaria” un ulteriore punto di criticità della gestione del patrimonio

immobiliare, “…sintomo e conseguenza delle carenze sia degli uffici del settore

patrimonio sia della società Romeo nel provvedere in modo tempestivo e periodico alla

manutenzione degli immobili”. Tale aspetto, se trascurato, avrebbe rischiato di

comportare ulteriori aggravi al bilancio comunale e di ridimensionare una risorsa

strategica per il processo di risanamento dell’economia del Comune di Napoli.

L’Amministrazione comunale ha sostenuto, viceversa, come le spese effettuate nel

biennio 2001/2002 per interventi di manutenzione straordinaria siano state così ridotte

da non raggiungere neppure lo 0,1% del valore dei beni patrimoniali. Un così modesto

livello di spese di manutenzione, dettato, come detto, dall’indisponibilità di fondi

sufficienti, risulterebbe, altresì, in contrasto con gli stessi interessi imprenditoriali della

Romeo Gestioni s.p.a., decisamente orientati a promuovere, nella misura massima

consentita, gli interventi dettati dal fabbisogno manutentivo del patrimonio gestito, in

quanto il corrispettivo di gestione è rapportato in misura percentuale al valore di ciascun

intervento (se ed in quanto realizzato).

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Al fine di accertare quali siano le effettive esigenze manutentive degli immobili

(già di per sé vecchi e fatiscenti) e di far luce, da un lato, sulle problematiche di fondo

che condizionano l’economicità della gestione, dall’altro, sulle possibili soluzioni da

adottare per contenere il fenomeno del degrado di una consistente parte del patrimonio

immobiliare, sono stati esaminati e messi a raffronto gli atti di programmazione

economico-finanziaria adottati negli ultimi anni (in particolare, la Relazione generale sullo

stato manutentivo degli immobili a reddito di proprietà del Comune di Napoli ed i Piani

annuali di manutenzione straordinaria, elaborati dalla Romeo s.p.a. e sottoposti

all’attenzione dell’Amministrazione comunale) nonché le misure degli investimenti, dei

mutui e degli ammortamenti effettuati.

§ 3.1 – I programmi di finanziamento degli interventi di manutenzione

straordinaria

Nel complesso delle attività gestionali di un patrimonio immobiliare, l’attività

manutentiva rappresenta un aspetto non secondario, poiché dalla stessa dipende sia la

redditività degli immobili sia il soddisfacimento dell’utilità di chi ne gode in ragione di un

normale rapporto locativo ovvero di un comune rapporto di cittadinanza.

In proposito, la società affidataria della gestione degli interventi di manutenzione,

nel sottolineare le condizioni di “grave degrado” in cui versa gran parte del complesso

immobiliare in esame, lamenta il persistere di una “logica di gestione” secondo la quale il

Comune, negli anni passati, avrebbe adottato “criteri selettivi di individuazione degli

interventi ai fini della concreta definizione di programmi di intervento straordinari … nella

consapevolezza che le risorse economiche a disposizione risultavano insufficienti rispetto

ai reali fabbisogni manutentivi …” e con la conseguente “eccessiva frammentarietà degli

interventi con evidenti ripercussioni sull’efficacia ed efficienza complessiva dell’azione

posta in essere”.23

La logica del “finanziamento tampone” rappresenta, dunque, per la Romeo s.p.a.

la principale causa impeditiva di una risoluzione definitiva delle problematiche gestionali,

che impediscono la normale fruibilità dei beni da parte degli utenti, incidono in modo

23 Osserva, altresì, la Romeo spa.: “Allo stato, l’intero patrimonio immobiliare risente dell’assenza di adeguati interventi manutentivi determinata dall’evidente insufficienza delle somme stanziate dall’Amministrazione Comunale per la realizzazione degli stessi. Lo stato di conservazione degli immobili, in virtù di ciò, risulta significativamente compromesso lasciando prevedere un sempre più rapido processo di degrado ed un costante decremento dei livelli prestazionali offerti; le anomalie riscontrate con l’azione di campo posta in essere, hanno determinato, in più, un rilevante incremento, nel tempo, delle somme necessarie al ripristino delle condizioni di normale fruibilità. …Il principio, ormai consolidato, di una politica manutentiva ispirata esclusivamente al criterio dell’intervento al manifestarsi di avarie funzionali più o meno estese, si ritiene debba essere sostituito da politiche organiche di manutenzione predittiva, programmata e migliorativa, che consentano di massimizzare gli incassi, minimizzare i costi di gestione e mantenere un adeguato livello di servizio agli utenti restituendo, in tal modo, efficacia ed efficienza al processo gestionale, primario obiettivo degli Enti proprietari di ingenti patrimoni immobiliari”.

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fortemente negativo sul valore patrimoniale degli immobili (ampliando progressivamente

le situazioni di degrado), generano situazioni di pericolo per la pubblica e privata

incolumità.

In effetti, rispetto alle previsioni del fabbisogno manutentivo del patrimonio

immobiliare del Comune di Napoli, quantificate nei primi anni ’90 in 173 miliardi di lire

circa (pari a 89,3 milioni di euro), gli importi stanziati dall’Amministrazione per il

patrimonio immobiliare “a reddito” non sembrano sufficientemente congrui.24

La concessionaria riferisce, infatti, che per il triennio 1996/1998 gli importi

stanziati per interventi di manutenzione straordinaria interessanti il patrimonio

immobiliare a reddito, in ordine ai quali la stessa veniva coinvolta per le sole attività di

coordinamento e direzione lavori, corrispondono, complessivamente, a 47,9 miliardi di

lire (pari a 24,7 milioni di euro).25

In sostanza, si tratta del finanziamento di quattro progetti-programma:

- il primo (approvato con DGC. n.1188/96) interessava circa il 10% del totale

degli edifici da manutenere, per uno stanziamento complessivo di 10,1 miliardi di lire (il

75% degli interventi riguardavano l’impermeabilizzazione dei solai di copertura, il 22%

l’eliminazione di situazioni di pericolo e il 3% il rifacimento di condotti fognari a servizio

degli edifici);

- il secondo (di cui alla DGC. n.1653/97) per un importo previsto di 3,6

miliardi di lire;

- il terzo (di cui alla DGC. n.3855/97) prevedeva un programma di interventi

manutentivi su 180 edifici (per un importo di circa 10 miliardi di lire) ed un programma di

trasformazione degli impianti di riscaldamento esistenti da centralizzati ad autonomi (per

un importo di circa 14 miliardi di lire);

- e, infine, un quarto progetto (approvato con DGC. n.4545/97), riferito a

quattro lotti territoriali, per un importo di 13,5 miliardi di lire.

E’ da considerare, però, che in aggiunta ai programmi testé richiamati, la

concessionaria veniva interessata anche alle attività di coordinamento e direzione lavori

realizzati su 25 immobili (per un importo di 57,9 miliardi di lire), nell’ambito dell’Accordo

di programma, stipulato in data 3 agosto 1994 tra il Ministero dei LL.PP., la Regione

Campania e il Comune di Napoli, per la realizzazione di interventi di manutenzione sugli

immobili di ERP a Napoli (per un impegno finanziario complessivo di 350 miliardi di lire –

pari a 180.759.914,68 euro – e la durata di 5 anni, a decorrere dal 4 agosto 1999, con

proroga di tre anni).

24 E’ quanto emerge dalla Relazione generale sullo “Stato manutentivo degli immobili a reddito di proprietà del Comune di Napoli” redatta nel 2001 dalla Romeo spa. e trasmessa all’Amministrazione comunale con nota n. GCN-01/695 del 16 febbraio 2001. 25 In base alla prima convenzione tra il Comune di Napoli e la Romeo spa. (già E.&R. spa.), sottoscritta nel maggio 1990, l’ambito di attività della concessionaria, infatti, non comprendeva ancora le attività di natura tecnico-professionale ed esecutive legate al patrimonio affidato in gestione.

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Ulteriori risorse venivano stanziate in bilancio (con DGC. n.2253/95) per la

realizzazione del programma di recupero degli immobili ERP finanziato con i fondi

della legge n. 457/1978 e n. 67/1988 (per un importo di 14 miliardi di lire), in aggiunta

al programma di recupero edile degli alloggi “a riscatto”, come previsto dal DPR

n.2/1959, per un importo di ben 410,7 miliardi di lire.

Per il biennio 1999/2000, la Romeo s.p.a. ha seguito e realizzato, in forza del

nuovo contratto di affidamento sottoscritto in data 16 dicembre 1998, ben 1.135

interventi manutentivi, per un importo di 32,4 miliardi di lire (a fronte di finanziamenti

complessivi previsti per circa 42,5 miliardi), che hanno interessato, principalmente, i

quartieri residenziali di Ponticelli, Secondigliano, S. Giovanni a Teduccio e S. Pietro a

Patierno, con opere, soprattutto, di impermeabilizzazione delle coperture, rifacimento

degli impianti idrici e ripristino di tratti fognari, intonaci esterni, porzioni di solai.

Quanto al biennio 2001/2002, le risorse utilizzate dalla società di gestione per

la manutenzione straordinaria degli immobili a reddito si sono notevolmente

ridimensionate, avendo la stessa potuto fare affidamento soltanto sulle somme derivanti

da residui passivi per l’anno 2000 (corrispondenti a 2,6 milioni di euro per il 2001 e 1,7

milioni di euro per il 2002). Ciò a seguito del mancato stanziamento di somme sul

corrispondente capitolo del bilancio di previsione 2001 e della tardiva approvazione (DGC

n.3083 del 1° agosto 2002) del “Piano di manutenzione straordinaria per l’anno

2002”, finanziato con mutuo della Cassa DD.PP. per un importo complessivo di

15.751.940 euro, di cui solo 11,2 milioni di euro per lavori da progetto (Piano avviato

solo nel marzo 2003).

Detto programma, redatto dalla Romeo s.p.a., prevede n. 174 interventi di

manutenzione straordinaria sugli immobili del patrimonio comunale a reddito (di cui il

30% per trasformazione di impianti di riscaldamento, il 20,8% per impermeabilizzazione

delle coperture, il 16,9% per bonifica delle coperture di amianto e l’ 11% per interventi di

consolidamento statico), il 41,1% dei quali localizzati nei soli quartieri di Ponticelli e

Pianura.

Analogamente, per il Piano di manutenzione straordinaria per l’anno 2003,

la concessionaria ha trasmesso al Servizio Tecnico Patrimonio i progetti relativi a n. 190

interventi, finanziati con mutuo della Cassa DD.PP. per un importo complessivo di

15.493.500 euro, di cui 12,6 milioni di euro per lavori da progetto (DGC n.3461 del 3

ottobre 2003).

§ 3.2 – Le dimensioni del fabbisogno manutentivo degli immobili a reddito

La Romeo s.p.a. ha elaborato, nel corso del 2001, un programma generale di

manutenzione straordinaria degli immobili a reddito fondato sulla stima economica del

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fabbisogno manutentivo futuro di ogni singolo edificio e degli investimenti necessari. Tale

fabbisogno è stato quantificato in 434 miliardi di lavori (pari a 224,1 milioni di euro), al

netto di IVA e attività professionali.

Certo, sorprende come il fabbisogno manutentivo risulti aumentato, nell’arco di

poco meno di dieci anni, del 250% circa (passando da una stima quantificata in 173

miliardi di lire ad una più aggiornata di 434 miliardi di lire).

La stima è stata effettuata sui soli immobili ad uso abitativo (dunque, con

esclusione di quelli destinati in maniera esclusiva ad usi diversi e/o strumentali ed

istituzionali). Tra questi sono stati a loro volta esclusi:

1) gli immobili di provenienza ex EE.OO., in quanto da retrocedere, ai sensi

della legge regionale n. 32/1994, al patrimonio delle ASL e delle Aziende ospedaliere;

2) gli immobili oggetto di condominio con terzi proprietari, in quanto

l’attività di programmazione degli interventi di manutenzione straordinaria sulle parti

comuni è demandata ai relativi amministratori;

3) gli immobili ubicati nel centro storico di Napoli, in ragione della loro

particolare tipologia costruttiva che richiede approfondimenti specifici sulla natura degli

interventi da realizzare.

Pertanto, il complesso degli immobili esaminato dalla Romeo s.p.a. corrisponde a

n. 961 edifici di tipo residenziale, per un totale di n. 21.158 unità abitative (a fronte della

precedente stima sul fabbisogno manutentivo calcolata, rispettivamente, su 620 edifici di

tipo residenziale, per un totale di n. 18.569 unità abitative). Esso si riferisce a circa i due

terzi degli edifici in gestione alla Romeo s.p.a. e all’ 84% delle relative unità abitative

complessivamente gestite dalla stessa nell’anno 2000.

In realtà, la stima della Romeo s.p.a. si fonda su verifiche puntuali (sopralluoghi e

valutazione degli interventi manutentivi precedenti) che hanno interessato solo il 47%

degli edifici (vale a dire solo 452 edifici e 13.607 unità abitative).I restanti 509 immobili

sono stati oggetto di valutazione estimativa e tecniche di campionamento (ai sensi della

norma UNI 10604) fondate su criteri di analogia, con proiezioni per provenienza

(immobili ex L.219/1981, ex IPAB, ex IACP ed altri) e per tecnica costruttiva degli

immobili.

L’esigenza manutentiva effettivamente riscontrata con indagini puntuali

corrisponde, quindi, al 68% (pari a 153,4 milioni di euro) del fabbisogno complessivo e

attiene, per il 23%, ad interventi collegati alla risoluzione di fenomeni di condensa, per

un ulteriore 23%, ad interventi su impianti idrico-sanitari, per il 19%, ad interventi di

adeguamento e messa a norma di impianti tecnologici (L.46/1990), per il 7%, ad

interventi per opere in copertura e per la parte restante (28%) ad interventi manutentivi

vari.

Ad incidere in modo significativo sul fabbisogno complessivo (esattamente per il

61%) sono gli immobili realizzati con i fondi della legge n. 219/1981 e trasferiti in

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proprietà al Comune di Napoli ai sensi della legge n. 341/1995, il cui degrado generale è

dovuto, oltre al particolare sistema costruttivo (che ha previsto l’impiego di componenti

tipizzati dell’edilizia civile “prefabbricata”), “alla totale mancanza di manutenzione

programmata”.

In particolare, lo stato di fatiscenza e pericolosità in cui versano gli impianti tecnici

nel loro complesso (impianti elettrici, di riscaldamento, antincendio, ascensori) espone

l’Amministrazione comunale a responsabilità sia civili che penali, in considerazione del

mancato rispetto delle prescrizioni normative, ovvero alla totale e definitiva messa fuori

servizio degli stessi.

§ 3.3 – La gestione tecnica degli interventi di manutenzione

Per una maggiore comprensione delle modalità gestionali, occorre chiarire che,

con cadenza annuale, la Romeo s.p.a. elabora i Piani di manutenzione straordinaria che

vengono sottoposti all’attenzione dell’Amministrazione comunale, la quale li approva in

ragione della capacità di assicurarne la relativa copertura finanziaria. Pertanto, il gestore

commisura la programmazione tecnica sulla base delle esigenze di intervento segnalate

dall’utenza, dei criteri di priorità ed urgenza e, comunque, in base alle istruzioni fornite

dal Committente, atteso che “la dimensione (in termini di spesa) del servizio

annualmente erogato, è puntualmente calibrata (per ragioni contabili) sull’entità degli

stanziamenti approvati dal Comune nel bilancio di previsione (la cui valenza di

autorizzazione impone un considerevole ed imprescindibile argine a qualsivoglia

discrezionalità della società di gestione nella definizione dell’ampiezza del servizio

erogato)”.

Le clausole del contratto di affidamento del servizio di inventariazione e gestione

prevedono, infatti, un compenso per la gestione tecnica degli interventi di manutenzione

dei soli “beni patrimoniali immobiliari da reddito” (con esclusione, dunque, dei beni

demaniali e patrimoniali non rientranti in detta categoria, salva specifica richiesta)

commisurato al 4,23% dell’importo dei lavori realizzati dalla Romeo s.p.a. (direttamente

o avvalendosi di ditte anche selezionate dall’Amministrazione comunale) e computati

sulla base di prezzari indicati dal Comune, oltre al rimborso dei costi degli interventi

medesimi.26

In particolare, a garanzia della remuneratività dell’attività della società affidataria,

il contratto prevede che il valore degli interventi di manutenzione, da realizzare

annualmente sugli immobili di edilizia residenziale pubblica, non possa essere inferiore a

14 miliardi di lire annui (pari a 7,2 milioni di euro). Analogamente, per il patrimonio

26 Relativamente alla direzione lavori e progettazione effettuati dalla Romeo spa. sugli interventi manutentivi è stabilita, a titolo di corrispettivo, una percentuale forfetaria del 10% sugli importi liquidati.

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gestito in regime di diritto privato il valore minimo degli interventi di manutenzione da

realizzare annualmente è determinato ai sensi dell’art.19 del DPR n.1035/1972 e dell’art.

25 della legge n. 513/1977.

Per i piccoli interventi riparativi (manutenzione ordinaria) è, altresì, stabilita una

quota annua almeno pari al 10% degli importi delle entrate per canoni e/o indennità

sostitutive, comunque non inferiore a 4 miliardi di lire (pari a 2,1 milioni di euro).27

Appare evidente, dunque, che, in considerazione della variabilità del corrispettivo

per la gestione, sia interesse della concessionaria aumentare la consistenza delle spese di

manutenzione fatturate e, comunque, che tali spese non esauriscono l’ammontare

complessivo degli oneri di manutenzione sostenuti dal Comune a beneficio del patrimonio

immobiliare all’esame.

E’ prevista, peraltro, anche una specifica clausola di “incentivo per buona

gestione” (pari al 4,23%) calcolato sulla differenza tra entrate e spese di gestione

corrente, intese, le prime, quali corrispettivi ricorrenti erogati all’affidatario, le seconde,

quali spese ordinarie (al netto, cioè, di quelle per manutenzioni straordinarie) concernenti

gli immobili a reddito.

§ 3.4 – Caratteristiche ed obiettivi dell’analisi

Il quadro ricostruttivo degli interventi di manutenzione straordinaria testé esposto

riguarda solo una parte (per quanto consistente) del patrimonio immobiliare comunale, e

precisamente quella relativa ai soli beni patrimoniali immobiliari “da reddito”, vale a dire i

cespiti potenzialmente produttori di reddito.

Tali immobili, affidati alla gestione della Romeo s.p.a., rapresentano una quota

significativa del patrimonio immobiliare, pari a circa un terzo dei cespiti iscritti

nell’inventario dei beni immobili comunali.

La restante consistenza immobiliare si divide, invece, in due altre categorie

sostanzialmente equivalenti: l’una relativa ai beni utilizzati per fini istituzionali dell’Ente

(scuole, uffici pubblici, ospedali, impianti sportivi etc.), l’altra rientrante in una non

meglio specificata categoria “altri usi”, la quale annovera, come già detto, beni da

27 In ordine alle modalità di pagamento dei corrispettivi maturati dall’affidataria, le disposizioni contrattuali prevedono, in generale, una liquidazione mensile, in via posticipata, previa fatturazione dei compensi spettanti e dei rimborsi dovuti. Quanto alla gestione delle entrate e delle spese, la società provvede direttamente alla riscossione di canoni, oneri accessori ed altre somme connesse alla gestione attraverso un conto corrente postale intestato alla stessa, la cui giacenza viene trasferita, con cadenza almeno quindicinale, su altro conto corrente bancario (i cui oneri di tenuta del conto sono imputati al Comune). Il relativo saldo attivo viene, poi, mensilmente versato al Tesoriere del Comune, per essere poi rendicontato (in entrata e in uscita) per risorsa ed intervento. La società provvede, inoltre, al pagamento di tutte le spese connesse alla gestione, ivi comprese quelle relative agli interventi manutentivi, trattenendo, sulle disponibilità del conto corrente bancario, un fondo spese di lire 100.000.000, reintegrabile automaticamente allorché ne sia utilizzato almeno il 60%. Sono, comunque, a carico dell’Amministrazione tutte le spese di spedizione e di natura tributaria, le spese vive e le spese generali di giudizio, di natura tecnica e giuridica (sia pure nei limiti delle tariffe professionali), nonché il pagamento (previo visto di congruità emesso dall’affidataria) delle fatture relative a contratti di fornitura o somministrazione intestati al Comune (energia elettrica, acqua, gas etc.).

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recuperare, beni non locati, beni requisiti, suoli destinati all’edificazione di opere

pubbliche, campi di accoglienza etc.

Per ciascuna di queste tre grandi categorie di beni immobili, l’Amministrazione ha

l’onere di reperire risorse sufficienti a salvaguardarne l’utilità funzionale nonché il valore

economico. Accanto agli edifici destinati ad abitazione, vi sono, dunque, locali,

attrezzature complesse, scuole, monumenti ed altri manufatti che richiedono periodici

interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria che ne conservino inalterata la

funzionalità ovvero che ne assicurino una adeguata destinazione.

Conseguentemente, il fabbisogno manutentivo del patrimonio immobiliare

comunale non può ridursi, ovviamente, alla sola stima elaborata dalla Romeo s.p.a. per

gli immobili a reddito destinati ad uso abitativo (quantificata in 224 milioni di euro), né

può prescindere dai programmi strategici di riqualificazione e sviluppo dell’intero

territorio urbano, i quali, come noto, vanno oltre il recupero funzionale e il restauro degli

immobili, per estendersi alla riqualificazione urbana ed ambientale.

Tale complesso di interventi di recupero e sviluppo urbano trova, oggi, nel

Programma Integrato Territoriale (PIT) “Città di Napoli” (per un valore complessivo di

295 milioni di euro) e negli atti di Programmazione negoziata (Accordi di programma,

Programmi di recupero urbano, Protocolli d’intesa, Contratti di quartiere etc.) i principali

strumenti attuativi, capaci di convogliare le risorse provenienti da molteplici fonti di

finanziamento verso specifici progetti di intervento necessariamente integrati tra loro.

Se, dunque, gli interventi di manutenzione straordinaria del patrimonio edilizio

comunale si inquadrano nell’ambito di questa serie di attività programmatiche di valenza

strategica, è evidente che una loro valutazione complessiva in termini di adeguatezza del

finanziamento e di sana e corretta gestione manutentiva non può non trovare

fondamento in un’analisi di più ampio respiro, che sappia evidenziare, all’un tempo,

problematiche di contesto unitamente a specifiche esigenze realizzative.

In tale ottica, la presente indagine si propone essenzialmente l’obiettivo di

misurare lo stato di avanzamento finanziario dei programmi annuali di recupero edilizio di

più significativa consistenza economica, con conseguente esame della capacità

realizzativa della Amministrazione e dei pertinenti uffici intestatari della gestione.

Data la mole degli investimenti effettuati, si è ritenuto di acquisire un campione il

più completo possibile e, comunque, significativo degli interventi programmati, capace di

restituire una immagine sufficientemente rappresentativa dei più rilevanti fenomeni

gestionali che attengono, essenzialmente, all’arco temporale 1999-2003.

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§ 3.5 – I programmi di manutenzione straordinaria degli immobili a

reddito

Come si è visto, a partire dall’anno 2002 il Comune di Napoli ha affidato con

regolarità alla Romeo s.p.a. numerosi interventi di manutenzione straordinaria sugli

immobili del patrimonio comunale a reddito finanziandoli con mutui della Cassa DD.PP.

Nell’arco del triennio 2002/2004 ha acceso, infatti, tre nuovi mutui (di durata ventennale

e ad un tasso variabile tra il 4,2% e il 5,3%) per un importo complessivo di 46.245.440

euro.28

A tale consistente impegno finanziario non ha corrisposto, però, l’elaborazione di

nuovi ed ulteriori programmi di recupero e riqualificazione urbana delle aree residenziali

pubbliche, ad eccezione del programma di ricostruzione edilizia post-terremoto

1980, diretto alla riqualificazione degli agglomerati urbani realizzati con i fondi di cui alle

leggi n. 25/1980 e n. 219/1981 mediante la tecnica della “prefabbricazione pesante”.

Il programma, da concludersi entro il 2005, è da considerarsi aggiuntivo ai

predetti finanziamenti con mutui della Cassa DD.PP., in quanto volto, anziché alla

manutenzione straordinaria, alla demolizione dei preesistenti edifici (ampiamente

degradati per la mancanza di qualsiasi forma di manutenzione) ed alla realizzazione di

nuovi alloggi ed infrastrutture. Esso è articolato in due progetti esecutivi, il primo dei

quali prevede un finanziamento regionale di 32 milioni di euro (interamente impegnati

già dal 2001), mentre il secondo ha ottenuto risorse per ulteriori 46,5 milioni di euro

(anch’essi impegnati dal 2002).

Un più recente intervento di riqualificazione urbana nel quartiere di S. Giovanni a

Teduccio è quello, anch’esso finanziato nel 2003 con mutuo della Cassa DD.PP. per un

importo di 8.687.620 euro, riguardante il complesso edilizio di via Taverna del

Ferro. Tali opere, tuttavia, subiscono rallentamenti per impedimenti determinati dalla cd.

“mobilità abitativa”.

Per il resto, l’Amministrazione è impegnata ad attuare numerosi programmi di

recupero e valorizzazione del patrimonio immobiliare destinato ad alloggi di edilizia

residenziale pubblica avviati negli anni precedenti e non ancora terminati.

Tra questi, il più significativo è quello riguardante i complessi immobiliari rientranti

nel richiamato Accordo di Programma di E.R.P. sottoscritto il 3 agosto 1994 tra il

Ministero dei Lavori Pubblici, la Regione Campania e il Comune di Napoli (con successivo

Atto aggiuntivo di approvazione definitiva stipulato in data 4 agosto 1999).Il programma,

per la cui realizzazione sono stati impegnati fino al 2003 complessivi 180,76 milioni di

euro (a valere per 129 Meuro sui fondi statali di cui alle leggi n. 457/78, n. 179/92 e n.

28 In particolare, per il Piano di manutenzione straordinaria per l’anno 2002 è stato contratto un mutuo, in data 1° ottobre 2002, per l’importo di 15.751.940,00 euro; analogamente, per il Piano di manutenzione straordinaria per l’anno 2003 il mutuo, stipulato in data 25 novembre 2003, ammonta a 15.493.500,00 euro; infine, è stato acceso un ulteriore mutuo in data 9 dicembre 2004 per l’importo di 15 milioni di euro, anch’esso destinato per le medesime finalità.

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493/93 e per la restante parte sui fondi ordinari regionali), prevede interventi di recupero

edilizio (modulo A), recupero urbano (modulo B), nuove costruzioni (modulo C),

interventi straordinari (modulo D) e sperimentali (modulo E). Dei cinque moduli solo il

primo è in avanzata fase di realizzazione (nonostante taluni rallentamenti anch’essi legati

alla risoluzione di problemi connessi alla mobilità degli occupanti gli stabili ubicati

all’interno del centro storico), mentre gli altri moduli sono ancora fermi alla fase

dell’approvazione della progettazione esecutiva. L’importo dei lavori già liquidati è di circa

46,2 milioni di euro al termine del 2003, ma è evidente che il programma, con tutta

probabilità, non potrà essere completato nei tempi previsti (agosto 2007).

Ulteriore protocollo d’intesa sottoscritto con il Ministero dei Lavori Pubblici in data

28 novembre 1999 riguarda il Contratto di quartiere Ponticelli 167 (lotto 10), per il quale

il Comune ha ottenuto l’assegnazione di un finanziamento statale ex legge n. 662/96 per

10,2 milioni di euro in aggiunta a fondi comunali per 2,6 milioni di euro (per recupero

edifici A e B). Per il programma, da concludersi entro il 2004, risultano effettuati

pagamenti, al termine del 2003, per soli 2,3 milioni di euro.

Ancora più problematici risultano gli interventi di costruzione di alloggi nell’ambito

dei programmi di recupero urbano sempre nel quartiere Ponticelli (campi 4 e 6), per le

cui opere risultano impegni di spesa dal 1994 pari a 67 milioni di euro (finanziamento

statale ex legge n. 25/80 e n. 94/82). Il programma, praticamente fermo, non ha

prodotto spesa fino a tutto il 2003.

Proseguono, invece, con regolarità altri importanti interventi di riqualificazione

edilizia come il Programma Straordinario Edilizia Residenziale (P.S.E.R.) ex Titolo VIII

legge n. 219/81, per il quale, a fronte di residui passivi per 220 milioni di euro al

1.1.1999, l’Amministrazione ha realizzato opere, entro il 2003, per 190 milioni di euro.

Sul programma risultano effettuati nuovi impegni di spesa pari a 56 milioni di euro.

Altrettanto regolarmente proseguono i lavori di ristrutturazione relativi ai

programmi “Ricostruzione città di Napoli” e “acquisto e recupero edilizio” di cui alle leggi,

rispettivamente, n. 219/81 e n. 457/78, per i quali figurano pagamenti complessivi nel

quinquennio 1999/2003 per 31 milioni di euro (a fronte di residui passivi per 77 Meuro).

Prosegue, inoltre, l’articolato programma di riqualificazione urbana “Vele di

Scampia” realizzato con finanziamenti statali e regionali per oltre 88 milioni di euro e

pagamenti, nel quinquennio all’esame, pari a 36,6 milioni di euro.

Deludente, invece, la performance di tutti i progetti di manutenzione per la

salvaguardia di immobili a reddito finanziati con esclusive entrate comunali quali: condoni

edilizi, avanzi vincolati, ricavi da assegnazione di alloggi a riscatto. Per questi,

nonostante gli impegni siano di ridotta portata (circa 8,4 milioni di euro complessivi), non

si registrano avanzamenti nella spesa.

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Nel complesso, risulta evidente come per la categoria degli immobili residenziali a

reddito il volume finanziario degli investimenti realizzati nel settore sia di rilevanti

proporzioni.

Le cospicue dimensioni dei programmi testé passati in rassegna dimostrano come

la concessionaria Romeo s.p.a. sia stata interessata soltanto in minima parte per le

attività di intervento straordinario effettuate nel tempo dall’Amministrazione. Ed invero,

degli oltre 818 milioni di euro impegnati nel periodo 1996/2003 per interventi straordinari

sul patrimonio immobiliare a reddito, la società concessionaria ha partecipato, a vario

titolo, a lavori per soli 104 milioni di euro circa.

Dunque, il fatto che la stessa società abbia denunciato la mancanza di congrui

finanziamenti negli anni 2001/2002 per interventi di manutenzione straordinaria non può

essere considerato indicativo di una supposta negligenza degli amministratori comunali

nei confronti del fabbisogno manutentivo degli immobili residenziali a reddito di proprietà

del Comune. Ciò è dimostrato, peraltro, dal fatto che l’entità complessiva degli

stanziamenti in bilancio per i suddetti investimenti nelle singole annualità all’esame è

andata sostanzialmente crescendo (sia pur con la sola eccezione dell’esercizio 2002, nel

quale le risorse stanziate sono diminuite del 4,8% rispetto alla media degli esercizi

precedenti).

Piuttosto, la preoccupante crescita del fabbisogno manutentivo, passato, in poco

meno di un decennio, da una stima quantificata in 89 milioni di euro ad una di 224

milioni di euro, denota l’inefficacia degli interventi posti in essere dall’Amministrazione

per assicurare il ripristino delle condizioni di normale fruibilità degli immobili residenziali.

L’analisi finanziaria degli investimenti programmati evidenzia, infatti, un carico di

residui passivi eccessivamente elevato rispetto alla corrispondente componente dei

pagamenti. Il modesto margine di realizzazione delle spese di investimento emerge dai

valori raggiunti da alcuni indicatori finanziari di spesa utili a dare una misura, in valori

percentuali, dei fenomeni gestionali e per operare raffronti, sia pure a livello di

macroaggregati, fra gestioni diverse.

Dal confronto tra la capacità d’impegno (rapporto tra impegni di spesa e

stanziamenti di bilancio) e la velocità di cassa (rapporto tra pagamenti totali ed impegni

comprensivi dei residui passivi iniziali) relativamente agli esercizi 1999/2003, si osserva

una elevata capacità di impegno (sintomo, generalmente, di una cospicua attitudine nel

tradurre in programmi di spesa le scelte politiche di allocazione delle risorse)

contraddetta, però, da una particolarmente modesta capacità di spesa e di smaltimento

dei residui derivanti dagli esercizi precedenti.

Ad eccezione del Programma Straordinario Edilizia Residenziale (le cui

performances risultano ampiamente soddisfacenti) e dei programmi “Vele di Scampia” e

“Ricostruzione città di Napoli” (le cui velocità di cassa raggiungono livelli prossimi al

41/44 % della massa spendibile), tutti gli altri interventi di spesa segnano valori

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ampiamente inferiori ai livelli medi del settore, il che è sintomatico di un modesto grado

complessivo di funzionalità gestoria.

Dallo slittamento nei tempi di realizzazione dei programmi di spesa ne derivano

inevitabili disfunzioni in termini di efficacia e di economicità, oltre che un grave

scollamento tra individuazione del fabbisogno tecnico e compiuto riscontro dei risultati,

con possibile sovrapporsi di progetti non sempre tra loro perfettamente compatibili.

Né sembra favorire la snellezza dei tempi la marcata frammentazione nelle

competenze operative e dei centri di costo, per cui non tutti i Servizi appaiono in grado di

controllare adeguatamente la utilizzazione delle spesso copiose risorse ad essi trasferite.

L’assenza, poi, di un adeguato controllo di gestione pregiudica irrimediabilmente le

potenzialità autocorrettive della Amministrazione. Ad es., il valore segnaletico dei pochi

indicatori di risultato introdotti nel P.E.G. non è stato sufficientemente valorizzato dai

dirigenti, a fine anno, per la mancata fissazione di valori standard di riferimento e date

da rispettare; così come la distribuzione delle risorse (siano esse finanziarie, umane o

strumentali) non ha seguito logiche legate al raggiungimento degli obiettivi individuati

(spesso con grave ritardo) ed al loro grado di priorità, ma è apparsa il frutto di situazioni

preesistenti e consolidate.

In questo ambito, la riforma della macrostruttura organizzativa, attuata con la

deliberazione di Giunta Comunale n.426 del 22 febbraio 2003, ha costituito, certamente,

un elemento di impulso per un più efficace funzionamento del ciclo di programmazione e

controllo dell’Ente (sino ad allora apparso eccessivamente centralizzato). Manca, tuttavia,

ancora un sistema di contabilità analitica capace di effettuare analisi significative

sull’allocazione e sull’utilizzo delle risorse da parte dei singoli Servizi, senza le quali non è

possibile ottimizzare le risorse disponibili.

Al riguardo, la fase istruttoria di questo supplemento di indagine sul patrimonio

immobiliare del Comune di Napoli ha confermato quanto già ampiamente emerso nel

corso del precedente controllo in ordine alla farraginosità e inadeguatezza del sistema di

comunicazione tra i Servizi del Comune (basato essenzialmente su documentazione

cartacea). Tale deficit comunicativo è alla base, peraltro, dei significativi ritardi nel

riscontrare le richieste istruttorie di questa Corte, rallentandone oltremodo l’indagine e

vanificandone, tra l’altro, qualsiasi tentativo di più efficace e compiuto monitoraggio delle

attività programmate.

§ 3.6 – I programmi di manutenzione straordinaria degli immobili

destinati ad usi istituzionali e ad altri usi

Durante il quinquennio all’esame, il Comune di Napoli ha destinato un volume di

investimenti per immobili a reddito sostanzialmente equivalente al volume degli

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stanziamenti in conto capitale per la manutenzione straordinaria degli immobili non a

reddito, immobili destinati cioè ad usi istituzionali ovvero strumentali o ad altri usi.

L’ammontare complessivo di questi ultimi (escludendo dal computo degli

stanziamenti le previsioni di investimento per il trasporto e la viabilità nonché gli impianti

per la pubblica illuminazione e le opere idriche), corrisponde a circa 460 milioni di euro,

finanziati in misura via via crescente con mutui a carico del Comune, il cui ammontare ha

raggiunto, nel 2003, circa l’ 86% degli impegni di spesa.

Gli interventi di manutenzione straordinaria hanno riguardato, nei primi anni,

essenzialmente programmi di recupero vario, soprattutto nei quartieri della zona

orientale e nel centro storico della città. Nell’ultimo periodo, invece, circa la metà delle

spese è andata a finanziare interventi per scuole elementari, parchi e impianti sportivi.

Gli investimenti specifici dedicati ad immobili adibiti ad uffici comunali hanno

rappresentato, comunque, una quota assai ridotta.

Nell’ambito delle varie attività di restauro del patrimonio storico-artistico,

funzionali al potenziamento dell’offerta turistica, l’intervento di consolidamento del Real

albergo dei poveri ha costituito il progetto di maggior impegno finanziario (con risorse

comunali impegnate per circa 11 milioni di euro).

Per incrementare e valorizzare il patrimonio immobiliare ad uso non abitativo,

razionalizzandone la gestione, l’Assessore al Patrimonio, con l’ausilio di uno studio

elaborato dalla Romeo Gestioni s.p.a., ha definito le linee strategiche da seguire secondo

previsioni così sintetizzabili:

- in primo luogo, la dismissione di circa 2.000 unità immobiliari (talune in

condominio, altre di provenienza ex IPAB, altre a destinazione terziaria) per un valore

complessivo stimato di circa 32 milioni di euro (ad esse va aggiunta la retrocessione, ai

sensi della legge regionale n. 32/1994, degli immobili di provenienza ex Enti Ospedalieri

al patrimonio delle A.S.L. e delle Aziende Ospedaliere);

- quindi, l’acquisizione di nuove sedi per uffici, dove allocare in modo adeguato

le risorse umane e strumentali dei Servizi comunali, e di una nuova sede per il Consiglio

Comunale (ad esse è da aggiungere, altresì, l’acquisto e la permuta di taluni immobili da

destinare soprattutto a sedi scolastiche);

- infine, il completamento dei programmi di manutenzione straordinaria in

corso ed il recupero degli immobili “vandalizzati” o inutilizzati.

A tal fine, l’Amministrazione comunale ha anche approvato il Piano di interventi di

manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili non a reddito e dei relativi impianti

tecnologici.

Con riguardo al programma di dismissioni di cui alla legge n. 560/1993 è da dire

che i primi risultati sono apparsi deludenti, dal momento che dei 17,5 milioni di euro

attesi nel primo anno di attuazione dello stesso non è stato accertato né riscosso

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alcunché.29 D’altronde, lo stesso Collegio dei Revisori dei Conti aveva eccepito la evidente

inattendibilità della posta di entrata, stante l’assenza di un preciso ed organico piano di

dismissione dei singoli beni nonché l’individuazione dei potenziali acquirenti, delle

procedure da adottare e dei tempi previsti per l’attuazione.

Altri progetti di alienazione di aree ed altri cespiti “a riscatto”, avviati negli anni

precedenti, hanno anch’essi sortito modesti risultati, con riscossioni per complessivi 5,5

milioni di euro nel quinquennio.

Quanto alle acquisizioni di immobili da destinare a sedi dell’Amministrazione,

quest’ultima aveva appena sostenuto consistenti spese per due importanti progetti

ancora da completare: l’acquisto della nuova sede del Consiglio Comunale (per un

impegno di spesa pari all’intero finanziamento da mutuo di 45 milioni di euro) e

l’acquisizione di suoli in Bagnoli (da realizzare grazie ad un finanziamento a breve

termine per 51,6 milioni di euro, impegnati nel 2001).

In ordine, invece, al completamento dei programmi di manutenzione straordinaria

in corso, non possono non esprimersi perplessità, stante il consistente volume di residui

passivi (oltre 218 milioni di euro nel 2003) il cui smaltimento procede a ritmi troppo

blandi, anche per effetto degli ulteriori impegni di spesa determinati da nuove esigenze

manutentive.

Nell’arco del quinquennio all’esame, la massa dei residui (il cui ammontare

ascendeva, nel 1999, a complessivi 284 milioni di euro circa) si è praticamente

raddoppiata per effetto dei nuovi investimenti, mentre i pagamenti totali non hanno

superato i 280 milioni di euro. Dal che si desume che la flessione dei residui passivi finali

(-20% circa) è imputabile (piuttosto che ad una più sollecita conclusione degli interventi)

essenzialmente a mere operazioni contabili di riaccertamento.

Né può essere trascurata la circostanza che per finanziare i nuovi interventi

manutentivi, l’Amministrazione ricorre il più delle volte alla contrazione di nuovi mutui,

determinando così la crescita dei relativi oneri di ammortamento.30

§ 3.7 – Gli interventi di manutenzione ordinaria

Come accennato in precedenza, tra i compiti affidati alla concessionaria Romeo

Gestioni s.p.a. è previsto anche quello di realizzare gli interventi di manutenzione

ordinaria sugli immobili a reddito (alloggi, parti comuni e relative aree di pertinenza), ivi

compresi i piccoli interventi riparativi, comunque, previsti per legge a carico del

29 Lo scenario ipotizzato, secondo lo studio della Romeo Gestioni spa., prevedeva la vendita, entro il 2003, del 25% degli immobili in condominio, del 7% degli immobili di provenienza ex IPAB, e del 10% dei fondi rustici. 30 Ed invero, al termine dell’esercizio 1999 il costo per l’ammortamento di mutui e prestiti obbligazionari aveva superato i 107 milioni di euro l’anno. Tuttavia, dall’esercizio successivo in poi tale quota si è assestata su livelli sensibilmente più contenuti (circa 73 milioni di euro).

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proprietario. Il valore minimo degli interventi di manutenzione (ordinaria e straordinaria)

da realizzare annualmente sugli immobili di edilizia residenziale pubblica è determinato in

misura pari a 7.230.400 euro annui, mentre per i piccoli interventi riparativi è stabilita

una quota annua almeno pari al 10% degli importi delle entrate per canoni e/o indennità

sostitutive, comunque non inferiore a 2.065.830 euro annui, salvo interventi riparativi

scaturenti da specifiche esigenze.

Con riguardo ai piccoli interventi riparativi “su guasto”, la concessionaria ha

dichiarato di aver realizzato, negli anni 2001 e 2002, lavori per un costo,

rispettivamente, di 2,36 milioni di euro e 2,77 milioni di euro.

Tale affermazione trova un non perfetto riscontro nelle risultanze di bilancio,

poiché al capitolo 5830 della spesa (F.O. 1010503) risultano impegni di spesa,

rispettivamente, per 2,36 Meuro e 2,37 Meuro e, comunque, nessun pagamento

effettivo. Anzi, sul capitolo non figura alcun pagamento per tutto il periodo 2000/2003,

sicché la massa dei residui passivi risulta cresciuta considerevolmente, passando, in soli

quattro anni, dagli iniziali 3,5 Meuro ai 13,4 Meuro a fine esercizio 2003. Il dato

sembrerebbe sintomatico, più che di un mancato compimento dei programmi di spesa, di

anomalie nella rendicontazione della spesa e di un tardivo rimborso alla società

affidataria delle spese da questa sostenute.31 La presenza di dette anomalie è oggetto di

rilievo anche da parte del Collegio dei revisori del Comune di Napoli, il quale, nella

relazione sulla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto della gestione per

l’esercizio finanziario 2005, sottolinea la necessità di “regolarizzare le riscossioni ed i

pagamenti effettuati dal Concessionario cui è affidata la gestione del Patrimonio,

intimandolo a predisporre e presentare tempestivamente il conto della gestione”.

Ad ogni modo, gli impegni di spesa per interventi riparativi corrispondono,

sostanzialmente, all’intero ammontare delle somme stanziate in bilancio, che nel

quinquennio all’esame è pari, mediamente, a 2,5 milioni di euro l’anno.

L’esame del rendiconto comunale ha consentito di individuare numerosi altri

capitoli destinati ad interventi di manutenzione ordinaria sul patrimonio immobiliare, i

principali dei quali attengono, oltre agli interventi riparativi “su guasto” degli immobili di

edilizia abitativa dati in locazione, agli edifici scolastici (con stanziamenti complessivi

annui mediamente pari a 2,7 Meuro), ai lavori di somma urgenza (pari, mediamente, a

0,5 Meuro di impegni annui) ed alla manutenzione di edifici non residenziali destinati ad

usi istituzionali (per complessivi 0,9 Meuro di stanziamenti annui)32.

31 Tale ipotesi sembrerebbe confermata dalla circostanza che nell’esercizio 1999 risultano pagamenti in conto residui per ben 9.323.706,10 euro, corrispondenti, sostanzialmente, alla spesa complessiva sostenuta dal gestore nei precedenti quattro esercizi finanziari. 32 In particolare, al termine del 2002 risultavano attivi due soli appalti di manutenzione ordinaria: l’uno relativo alle sedi e dipendenze delle Circoscrizioni, l’altro ai campi nomadi.

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50

Nel complesso, la spesa impegnata per la manutenzione ordinaria degli immobili

comunali è dell’ordine di circa 8,9 milioni di euro l’anno nel quinquennio, di cui solo il

27% è utilizzato per la manutenzione degli alloggi dati in locazione.

Considerando che il Comune destina, mediamente, alle spese per la manutenzione

straordinaria degli immobili a reddito circa il 46% delle risorse impegnate per gli

interventi di ristrutturazione dell’intero patrimonio immobiliare, sembra logico dedurne

che, in proporzione, il volume di risorse destinato alla manutenzione ordinaria degli edifici

residenziali a reddito risulti ampiamente sottodimensionato rispetto al suo effettivo

fabbisogno.

Facendo il confronto con le risorse impegnate per gli interventi manutentivi

ordinari degli edifici scolastici comunali (scuole materne, elementari e medie) si nota

come per essi l’Amministrazione impieghi ugualmente circa il 24% dei mezzi finanziari

complessivamente impegnati per la manutenzione ordinaria, a fronte dei quali, però, gli

impegni di spesa per la relativa manutenzione straordinaria risultano pari solo all’ 11,5%

circa dell’intera spesa impegnata nel quinquennio per l’insieme degli immobili di proprietà

comunale (esclusa, si ripete, la spesa relativa ai settori viabilità, trasporti, pubblica

illuminazione ed opere idriche, le cui dimensioni rischierebbero di alterare i risultati di

un’analisi che intende soffermarsi principalmente sugli interventi manutentivi degli edifici

e relative aree e pertinenze facenti parte del patrimonio immobiliare del Comune di

Napoli).

Ulteriore conferma di come l’Amministrazione comunale trascuri di effettuare una

tempestiva e periodica manutenzione ordinaria del proprio patrimonio immobiliare a

reddito, è data dal fatto che la Romeo s.p.a. riceve, quotidianamente, innumerevoli

segnalazioni di guasti e solleciti di interventi manutentivi cui la stessa non è in grado di

far fronte con le insufficienti risorse messe a sua disposizione.

A dare una idea di quanto pressanti siano le richieste provenienti dall’utenza basti

pensare che nel solo anno 2002, oltre alle 8.190 segnalazioni di nuovi guasti agli impianti

idrici ed elettrici ovvero di infiltrazioni di acqua dai solai di copertura, sono pervenute alla

concessionaria ben 13.543 solleciti per interventi manutentivi rimasti ancora da

effettuare, e che la stessa società di gestione ha potuto fronteggiare nell’anno, a causa

dell’esaurimento delle risorse disponibili, solo il 14% delle richieste di intervento più

urgenti (circa 3.000 interventi).

Poiché le risorse assegnate alla Romeo s.p.a. nel quinquennio sono risultate

sostanzialmente stabili, è da ritenere che almeno la metà degli interventi manutentivi più

urgenti sia rimasta, ogni anno, inevasa, con conseguente aggravamento del tipo di

intervento da operare e proporzionale espansione del fabbisogno manutentivo.

Appare evidente, dunque, l’esigenza di incrementare le risorse da destinare alla

manutenzione ordinaria degli immobili a reddito (le cui risorse andrebbero almeno

raddoppiate) e di come il loro persistente sottodimensionamento abbia prodotto il

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degrado degli impianti e delle strutture e la necessità di intervenire in maniera drastica e

massiccia con onerosi programmi di ristrutturazione se non, addirittura, di integrale

demolizione e sostituzione degli edifici più fatiscenti.

La preoccupante crescita del fabbisogno manutentivo, contestualmente all’ingente

complesso di interventi di ristrutturazione messi in campo dall’Amministrazione

comunale, dimostrano, altresì, quanto sia indispensabile intervenire con una tempestiva

e regolare opera di manutenzione ordinaria degli immobili che arresti il rapido

deterioramento degli edifici ristrutturati e limiti, così, l’esigenza di nuovi interventi

radicali ed dispendiosi.

Per fronteggiare, almeno in parte, i maggiori oneri finanziari per le spese di

manutenzione ordinaria dell’edilizia abitativa è auspicabile, oltre ad una più rigorosa

azione di recupero dei canoni di locazione dovuti, una maggior attenzione all’entità dei

rimborsi che l’Amministrazione può vantare nei confronti dell’utenza in base alla Carta dei

diritti e dei doveri degli assegnatari del patrimonio (delibera G.M. n.2739 del 25 giugno

1997), secondo la quale gli oneri sostenuti per interventi su “piccoli guasti” devono

essere ripartiti tra proprietario e assegnatario.

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52

CAPITOLO IV

GESTIONE COMPLESSIVA DEL PATRIMONIO IMMOBILIARE

Premessa

Tra i motivi di rilievo formulati nella relazione della Corte dei conti si accennava

anche, nell’ambito di talune considerazioni sulla redditività del patrimonio immobiliare, ad

un “saldo negativo della gestione molto elevato”.

Dal che la Corte aveva tratto l’esigenza di “una rapida e radicale inversione di

tendenza della gestione patrimoniale per evitare ulteriore aggravio per il bilancio

comunale ed un conseguente ed inevitabile ricorso ad ulteriori forme di tassazione a

carico della collettività per ripianare le perdite derivanti da tale settore”.

L’Amministrazione comunale ha eccepito come tali osservazioni fossero fondate su

una discutibile ed erronea ricostruzione dei costi di gestione, foriera di un grave

travisamento dei fatti e di conclusioni completamente fuorvianti in merito all’effettivo

saldo della gestione.

In sostanza, il Comune ha obiettato che il raffronto tra le entrate correnti per fitti,

canoni enfiteutici, sublocazioni, interessi moratori e recupero spese anticipate, da un lato,

e le spese correnti per la gestione degli immobili, costi di manutenzione ordinaria e

straordinaria, spese per mutui e locazioni passive, dall’altro, sarebbe falsato da dati tra

loro non omogenei: da un lato, le sole entrate correnti della gestione, dall’altro, non solo

le spese correnti per la ordinaria gestione patrimoniale di immobili a reddito, ma anche i

costi in conto capitale per manutenzioni straordinarie – e relativo mutuo - nonché i costi

sostenuti per locazioni passive di beni di terzi utilizzati per fini strumentali. Le stesse

spese per manutenzioni ordinarie sarebbero state, praticamente, considerate tre volte

(riportando sia le spese di manutenzione ordinaria allocate in bilancio al capitolo 5830

“Riparazioni su guasto”, finalizzate alla risoluzione tempestiva di piccole esigenze

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manutentive, sia i costi complessivi di manutenzione ordinaria, sia i costi di

manutenzione ordinaria e straordinaria dei soli beni “locati” a terzi).

Sul punto, la Sezione osserva preliminarmente come, a fronte di obiettive e

indiscutibili incongruenze frutto di una erronea aggregazione dei dati emersi

dall’istruttoria, l’Amministrazione comunale abbia in più di una occasione sostanzialmente

assentito in ordine alla correttezza del prospetto di riepilogo delle spese di gestione in

parola (sia in sede di controdeduzioni allo schema di referto, sia nel corso dell’udienza

pubblica al termine della quale il referto è stato approvato dalla Sezione, sia

successivamente a seguito di formale e specifica richiesta di chiarimenti).

Ad ogni modo, occorre considerare lo spirito con il quale il prospetto è stato

elaborato ed il risultato gestionale che mirava ad evidenziare.

In primo luogo, ciò che la Corte intendeva mettere a confronto non erano i

risultati della sola gestione corrente degli immobili (chiaramente in attivo, se riferita alla

gestione di competenza degli immobili a reddito) bensì dell’intera gestione patrimoniale

(corrente e in conto capitale). Trova così spiegazione l’inserimento nel prospetto sia dei

costi di manutenzione straordinaria sia delle somme assunte a mutuo per fronteggiare gli

interventi previsti dal Piano di manutenzione straordinaria per il 2002 (tant’è che nella

bozza presentata in contraddittorio figurava anche una distinta tabella concernente le

sole spese correnti). Inoltre, l’inclusione delle spese per locazioni passive mirava a

considerare anche quegli oneri impropri e riflessi (cioè non direttamente riconducibili al

patrimonio immobiliare in gestione alla Romeo s.p.a.) conseguenti ad una possibile

gestione inefficiente del patrimonio immobiliare di proprietà dell’ente territoriale.

Evidentemente, alla luce di un esame più approfondito, i dati disponibili si sono

rivelati inadeguati per una analisi di questo tipo, che richiede la conoscenza (oltreché dei

dati relativi ai costi ed ai ricavi risultanti dalla gestione degli immobili a reddito) dei costi

generali di funzionamento per gli immobili destinati ad usi istituzionali nonché dei relativi

oneri di manutenzione (ordinaria e straordinaria) e di ammortamento mutui.

Ciò detto, è il caso di riesaminare la gestione patrimoniale sotto un profilo

complessivo, che dia modo di ricostruire una serie storica dei flussi finanziari

sufficientemente ampia da evidenziare, tra l’altro, le dinamiche della gestione

straordinaria e le sue ricadute su quella ordinaria.

In secondo luogo, non può non prendersi atto che per giungere a corrette

valutazioni conclusive in termini di efficacia, efficienza ed economicità della gestione

patrimoniale, l’indagine deve sostanziarsi in un’analisi del tipo costi/benefici. Ciò

implica, fra l’altro, l’esigenza di impostare l’analisi sulla gestione avendo presente tanto

gli elementi di valutazione relativi ai costi di acquisizione delle risorse pubbliche, quanto i

benefici che ne derivano in termini di soddisfacimento di bisogni della collettività.

Più precisamente, se il controllo sulla gestione delle entrate deve muovere dalla

ricognizione dei proventi senza prescindere da un tentativo di quantificarne la

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corrispondente spesa, così il controllo sulla gestione della spesa deve partire dalla

ricognizione delle quantità di risorse impiegate e delle relative modalità di utilizzo, ma

non può prescindere, poi, dal tentativo di quantificare i benefici correlati alla spesa

stessa, anche quando questi siano rappresentati da proventi.

Si procederà, pertanto, secondo un criterio metodologico di analisi che mira a

rappresentare la gestione, prima, in una prospettiva articolata per aggregati omogenei,

poi, in una visione di insieme, riassuntiva dei risultati raggiunti nel quinquennio

1999/2003 e delle linee di tendenza che da questi emergono.

§ 4.1 – La gestione corrente degli immobili a reddito

Il contratto di affidamento alla Romeo s.p.a. dei servizi di inventariazione e

gestione del patrimonio immobiliare comunale prevede, ad integrazione del corrispettivo

dovuto alla società, un incentivo per buona gestione (pari al 4,23%) calcolato, come si è

detto, sulla differenza tra entrate ricorrenti erogate all’Affidatario e spese ordinarie

sostenute da questi per beni e servizi, oneri condominiali e spese legali concernenti gli

immobili a reddito affidati in gestione.

In base alle risultanze dei rendiconti degli esercizi 1999/2003, il saldo della

gestione corrente degli immobili a reddito amministrati dalla Romeo s.p.a. si dimostra

chiaramente in attivo se riferita al raffronto tra accertamenti ed impegni della

competenza, ma risulta in forte passivo se il saldo è calcolato avendo a riferimento la

gestione di cassa, vale a dire le riscossioni ed i pagamenti totali.

Infatti, come si evince dal raffronto tra le successive tabelle riepilogative della

richiamata gestione corrente (Tabb. 9 e 10), gli accertamenti di competenza del

quinquennio all’esame sopravanzano gli impegni di spesa per oltre 60 milioni di euro;

viceversa, il saldo di cassa tra riscossioni e pagamenti risulta negativo per oltre 45 milioni

di euro.

Ad incidere sul disavanzo di cassa è soprattutto la mancata riscossione dei fitti

reali di fabbricati residenziali, vale a dire l’ingente ammontare delle esposizioni debitorie

(morosità) maturate dagli assegnatari/conduttori degli alloggi. In particolare, negli

esercizi 2000 e 2001 il livello delle riscossioni per fitti di fabbricati si è praticamente

azzerato, con un minor flusso di cassa di oltre 21 milioni di euro l’anno. A questi si

aggiunge anche la mancata riscossione dei rimborsi, da parte dei locatari, degli oneri

sostenuti dall’Amministrazione per la fornitura dei servizi, con ulteriore perdita di liquidità

per almeno 2,7 milioni di euro l’anno.

Ma quel che più preoccupa nella gestione dei fabbricati a reddito è la continua

flessione degli accertamenti per canoni e indennità, ridottisi progressivamente nel

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quinquennio del 16%, a conferma del lento declino della redditività degli immobili

comunali.

Quanto alle spese, in disparte l’eccezionale livello dei pagamenti in conto residui

raggiunto nel 1999, si osserva, per gli anni successivi, un deciso rallentamento nei

pagamenti con conseguente riaccumulo dei residui passivi (attestatisi a 38,6 milioni di

euro all’inizio del 2003). L’aumento dei residui, che ha riguardato soprattutto le spese per

la fornitura di servizi e la manutenzione ordinaria, sembrerebbe correlato al modesto

livello delle entrate di cassa.

Ad influire sullo squilibrio di cassa sono molteplici fattori, non tutti imputabili ad

una cattiva amministrazione del gestore. Come si è visto, l’Amministrazione ha rilevanti

responsabilità soprattutto laddove non è in grado di sostenere efficacemente l’attività di

persuasione e di ripristino della legalità svolta dalla concessionaria nei confronti

dell’utenza nonché nei casi in cui non riesce a destinare sufficienti mezzi finanziari per

garantire il mantenimento delle condizioni di normale fruibilità degli immobili da affidare

in locazione.

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TAB.9

IMMOBILI A REDDITO

GESTIONE CORRENTE - ENTRATE EXTRATRIBUTARIE (Accertamenti e riscossioni totali) (in Euro)

1999 2000 2001 2002 2003 Risorsa

Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa

FITTI FONDI RUSTICI E SUOLI 400.336,46 62.021,44 557.794,43 0,00 563.054,51 186,08 518.494,63 19.374,42 535.655,52 64.727,80

700 2630 FITTI REALI DI FONDI RUSTICI 30.766,86 17.781,12 40.098,10 0,00 36.267,80 186,08 28.389,96 369,85 28.002,24 8.934,66

700 2640 FITTI REALI DI SUOLI DIVERSI 369.569,60 44.240,32 517.696,33 0,00 526.786,71 0,00 490.104,67 19.004,57 507.653,28 55.793,14

FITTI REALI DI FABBRICATI 23.026.313,14 18.955.370,34 21.482.180,98 929,62 21.030.580,50 464,81 21.566.271,44 1.890.542,66 19.337.986,61 4.238.751,15

710 2650 FITTI REALI DI FABBRICATI 6.048.690,37 3.326.333,69 6.102.776,55 929,62 6.900.922,69 464,81 6.675.504,18 590.299,97 5.763.740,61 1.235.889,15

710 2660 FITTI REALI DI FABBRICATI CIPE 11.803.202,72 11.588.778,10 10.080.182,09 0,00 8.853.285,93 0,00 9.421.604,24 690.012,89 8.217.413,26 1.359.798,85

710 2670 FITTI REALI DI FABBRICATI IACP 2.410.565,03 2.184.059,81 2.301.131,39 0,00 2.112.780,73 0,00 2.087.901,88 208.487,64 1.988.183,93 612.475,04

710 2680 FITTI REALI DELLE PROPRIETA' EX IPAB 2.667.940,47 1.855.040,95 2.943.845,86 0,00 3.081.900,14 0,00 3.333.885,46 389.815,78 3.243.180,03 980.738,72

710 2690 CANONI DI FITTI ANTICIPATI 95.914,55 1.157,79 54.245,09 0,00 81.691,01 0,00 47.375,68 11.926,38 125.468,78 49.849,39

ALTRI PROVENTI DI BENI IMMOBILI 86.587,47 27.664,97 338.140,92 0,00 246.984,34 1,35 295.287,84 247.925,56 298.185,68 337.252,43

720 2705 FITTI REALI DELL'IPPODROMO DI AGNANO 85.554,56 27.663,62 337.334,37 0,00 185.924,48 0,00 191.990,36 84.374,77 194.890,68 233.957,43

720 2710 FITTI REALI DI FABBRICATI 1.032,91 1,35 806,55 0,00 806,55 1,35 2,48 2,48 0,00 0,00

720 2715 FITTO ALBERGO VIA FORIA - - - - 60.253,31 0,00 103.295,00 163.548,31 103.295,00 103.295,00

PROVENTI DI BENI EX ENTI OSPEDALIERI 803.325,27 527.164,45 832.171,88 0,00 829.105,46 0,00 867.939,35 145.431,58 947.943,71 323.548,30

740 2730 PROVENTI DAL PATRIM. IMMOBIL. EX EE.OO. 803.325,27 527.164,45 832.171,88 0,00 829.105,46 0,00 867.939,35 145.431,58 947.943,71 323.548,30

INTERESSI MORATORI 251.999,05 150.876,84 216.279,71 76.721,75 207.197,38 53.012,36 616.806,61 69.066,18 243.334,77 135.489,29

800 2740

INTERESSI DI MORA RITARDATE RISCOSSIONI FITTI 251.999,05 150.876,84 216.279,71 76.721,75 207.197,38 53.012,36 616.806,61 69.066,18 243.334,77 135.489,29

RECUPERI DIVERSI 198.851,04 58.123,69 1.226.191,37 9.306,55 1.263.690,71 25.129,37 1.140.319,62 131.683,52 16.602.295,94 380.073,36

912 3000

RECUPERO SPESE PER REGISTRAZIONE ATTI NON A CARICO DEL COMUNE 12.970,05 12.970,05 1.056.549,84 9.306,55 1.054.353,10 25.129,37 1.002.068,54 111.422,06 976.447,79 336.622,13

912 3010

RECUPERO CANONI PER LOCALI ALIENI IN SUBLOCAZIONE A TERZI 185.880,99 45.153,64 169.641,53 0,00 209.337,61 0,00 138.251,08 20.261,46 131.848,15 43.451,23

912 3044 RECUPERO MAGGIORI ONERI INTERVENTI ERP - - - - - - 0,00 0,00 15.494.000,00 0,00

RECUPERO SPESE PATRIMONIO IMMOBILIARE 2.907.269,08 1.293.854,66 2.816.289,32 0,00 3.104.731,35 0,00 4.513.028,42 775.865,21 4.764.010,30 1.244.304,27

916 3110

RIMBORSO ONERI VARI DA INQUILINI

DI IMMOBILI DELL'ENTE 2.614.644,91 1.287.830,39 2.686.030,49 0,00 2.709.215,00 0,00 4.306.421,95 772.759,39 4.591.516,91 1.235.307,00

916 3120

RECUPERO SPESE ACCESSORIE PATR. IMMOB. E SPESE DI REGISTRAZIONE 292.624,17 6.024,27 130.258,83 0,00 395.516,35 0,00 206.606,47 3.105,82 172.493,39 8.997,27

TOTALE GENERALE ENTRATE 27.674.681,51 21.075.076,39 27.469.048,61 86.957,92 27.245.344,25 78.793,97 29.518.147,91 3.279.889,13 42.729.412,53 6.724.146,60

Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati di rendiconto

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57

TAB.10

IMMOBILI A REDDITO

GESTIONE CORRENTE - SPESE ORDINARIE

(Impegni e pagamenti totali) (in Euro)

1999 2000 2001 2002 2003 Intervento

Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa

1010503 5800

SPESA PER AFFIDAMENTO IN CONCESSIONE ALLA ROMEO 8.624.830,21 13.092.216,71 6.197.482,79 7.176.032,11 5.551.495,10 4.615.422,20 5.910.504,28 5.599.873,60 6.000.000,00 4.702.211,93

1010503 5830

MANUTENZIONE ORDINARIA EDILIZIA ABITATIVA: RIPARAZIONE SU GUASTI 2.282.739,49 10.241.157,29 2.324.005,15 0,00 2.365.942,38 0,00 2.371.000,00 0,00 2.826.400,00 0,00

1010503 6310 SPESE ACCESSORIE E LEGALI 1.637.684,83 4.528.805,64 160.101,64 774,69 665.452,30 12.642,86 833.000,00 14.850,71 833.000,00 37.929,14

1010503 6610 SPESE PER FORNITURE DI SERVIZI 5.611.304,21 5.909.514,08 8.131.613,88 4.412.588,89 5.795.741,06 3.473.279,02 6.413.400,00 3.390.826,51 7.000.000,00 3.327.337,06

1010503 6800

SPESE VARIE PER PROPRIETA' IN CONDOMINIO 970.686,58 2.803.943,05 1.032.913,80 13.597,61 1.386.486,88 0,00 1.249.371,00 0,00 1.694.600,00 0,00

1010507 3000/1

REGISTRAZ.CONTRATTI DI FITTO IMM.DI PROP. COM. IN CONCESSIONE 0,00 47.706,67 1.394.433,63 0,00 1.408.787,51 0,00 1.291.142,25 1.291.142,25 2.000.000,00 2.000.000,00

TOTALE GENERALE SPESE 19.127.245,32 36.623.343,44 19.240.550,89 11.602.993,30 17.173.905,23 8.101.344,08 18.068.417,53 10.296.693,07 20.354.000,00 10.067.478,13

Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati di rendiconto

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58

§ 4.2 – La gestione corrente degli immobili ad usi istituzionali

Una sana gestione del patrimonio immobiliare si riflette positivamente anche sugli

oneri che l’Amministrazione deve sostenere per far fronte ai propri compiti istituzionali.

Tra questi, gli oneri per locazioni passive di immobili di proprietà di terzi da

utilizzare come sedi per gli uffici comunali o per le scuole rappresentano un primo indice

sintomatico di come l’Amministrazione comunale riesca a gestire con economicità ed

efficienza il proprio patrimonio, specie quando si trovi nella disponibilità di immobili da

adibire ad usi istituzionali ma la cui valorizzazione richieda specifici interventi di recupero

e ristrutturazione da adottare opportunamente secondo le specifiche esigenze evidenziate

dai vari Servizi comunali.

A tale riguardo, una analisi specifica condotta sulle poste di bilancio destinate a

finanziare gli oneri sostenuti sia per fitti passivi di locali da adibire a sedi dei propri

Servizi comunali sia per le relative tasse di registrazione, ha evidenziato un trend

indubbiamente positivo, con significativi risparmi di spesa nel quinquennio.

Come risulta dalla successiva tabella riepilogativa (TAB.11), che pone a raffronto

i costi sopportati dall’Amministrazione comunale negli esercizi 1999 e 2003, gli impegni

di spesa si sono ridotti in misura complessivamente pari al 6% (nonostante la crescita

degli oneri fiscali del 73,5%), mentre i pagamenti totali hanno segnato una flessione del

17%.

TAB.11

IMMOBILI AD USI ISTITUZIONALI

GESTIONE CORRENTE - SPESE PER LOCAZIONI PASSIVE

(impegni e pagamenti totali) (in euro)

1999 2003 Variaz. %

Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa

SPESE PER FITTO LOCALI ADIBITI A SERVIZI DELL' AMMINISTRAZIONE COMUNALE

9.176.707,04 8.181.178,22 8.529.778,63 6.734.436,99 -7,05% -17,68%

TASSE DI REGISTRAZIONE CONTRATTI PASSIVI DI LOCAZIONE

125.653,98 7.855,29 218.010,00 37.850,64 73,50% 381,85%

TOTALE 9.302.361,02 8.189.033,51 8.747.788,63 6.772.287,63 -5,96% -17,30%

Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati di rendiconto

Ad incidere in maniera significativa sui costi di gestione per fitti passivi (attestatisi

intorno agli 8,7 milioni di euro l’anno) è soprattutto il settore dell’edilizia scolastica, i cui

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fitti di locali adibiti a scuole elementari e medie sono diminuiti, rispettivamente, del 7,9%

e del 25,1%, anche grazie alle azioni intraprese dall’Amministrazione consistenti, oltre

che in interventi di ristrutturazione finanziati da mutui, nell’acquisto di alcuni immobili

destinati ad ospitare scuole.

Considerando, tuttavia, che il costo complessivo per fitti passivi rappresenta

ancora un onere ragguardevole, pari a quasi un quarto del totale delle spese correnti di

gestione degli immobili non a reddito, è importante che l’Amministrazione intensifichi gli

sforzi per riuscire a valorizzare l’ingente numero di immobili in disuso da utilizzare in

alternativa a quelli presi in fitto. A tal fine, si auspica un efficace utilizzo della

“mappatura” degli immobili di proprietà comunale commissionata nel 2002 alla Romeo

s.p.a. per avere un quadro preciso delle strutture comunali esistenti in ogni

circoscrizione, il tipo di utilizzo e le attività in corso (o da realizzare) finalizzate al

recupero delle strutture.

In ordine alle restanti spese correnti per la gestione degli immobili non a reddito,

il raffronto tra gli esercizi 1999 e 2003 evidenzia una sensibile crescita dei costi (+34%).

Per una chiara rappresentazione dei risultati tratti dal rendiconto finanziario, il

confronto tra i due esercizi, riassunto nella successiva tabella (Tab.12), è stato

effettuato depurando la spesa corrente degli oneri sostenuti dall’Amministrazione per il

sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, di cui alla legge 9 dicembre 1998, n.

431. Il consistente ammontare di tale spesa, finanziata con risorse statali e regionali per

oltre 22 milioni di euro nel quinquennio, avrebbe, infatti, alterato il raffronto tra i dati dei

due esercizi, in quanto il fondo nazionale di cui all’art.11, L. n. 431/98 non aveva ancora

ricevuto, nel corso del 1999, completa attuazione.

TAB.12

IMMOBILI AD USI ISTITUZIONALI

GESTIONE CORRENTE - ALTRE SPESE GENERALI DI FUNZIONAMENTO

(impegni e pagamenti totali) (in euro)

1999 2003 Variaz. % Interventi

Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa

Oneri di personale 4.992.392,59 5.005.132,70 8.373.572,18 7.981.885,42 67,73% 59,47%

Acquisto di beni di consumo 21.119,60 5.871,32 31.524,94 20.486,75 49,27% 248,93%

Prestazioni di servizi 8.711.380,47 7.117.793,50 8.079.188,22 6.134.557,15 -7,26% -13,81%

Interessi passivi e oneri finanz.diversi 0,00 0,00 3.459.219,12 3.459.219,12 - -

Imposte e tasse 1.383.964,75 1.399.033,82 1.261.390,03 1.213.319,25 -8,86% -13,27%

Oneri straordinari della gestione corrente 146.128,36 264.106,77 0,00 119.543,22 -100,00% -54,74%

Oneri assistenziali e di utilizzo di beni di terzi 811.811,45 382.137,34 354.386,74 386.867,95 -56,35% 1,24%

TOTALE 16.066.797,22 14.174.075,45 21.559.281,23 19.315.878,86 34,19% 36,28%

Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati di rendiconto

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60

L’analisi evidenzia come ad incidere sulla crescita dei costi di gestione siano,

essenzialmente, le spese per il personale impiegato nelle quattro strutture deputate alla

gestione dei beni demaniali e patrimoniali (Funzione 1, Servizio 5, Centro di costo 10).

Tali spese hanno subito un incremento di oltre il 67% nel quinquennio, con maggiori

pagamenti per circa 3 milioni di euro l’anno.

I maggiori costi di personale hanno, di fatto, assorbito il decremento di quasi tutte

le altre voci di spesa, come quella per prestazioni di servizi (-7%), imposte e tasse (-9%)

ed altri oneri straordinari ed assistenziali (-63%).

Anche la voce “Interessi passivi e oneri finanziari diversi” ha inciso pesantemente

sulla crescita dei costi gestionali. Negli ultimi anni gli oneri finanziari conseguenti

all’assunzione di mutui hanno subito una crescita esponenziale e il loro peso complessivo

ha raggiunto, nel 2003, i 3,5 milioni di euro l’anno (al netto degli oneri per la restituzione

delle quote capitali).

Tra le poste di maggior rilievo, è da segnalare: la crescita degli oneri I.C.I. sugli

immobili di proprietà dell’Ente siti in altri comuni (+32%); la flessione degli oneri

assicurativi per incendi e responsabilità civile (-17%) e degli altri oneri di consumo

(elettricità, gas,acqua, riscaldamento etc.); cresce, invece, la spesa per le attività di

supporto per la razionalizzazione e la valorizzazione del patrimonio immobiliare (con

impegni di spesa per oltre 3 milioni di euro nel biennio 2002/2003).

§ 4.3 – Gli altri profili gestionali a confronto

Nei limiti delle considerazioni sinora espresse, si possono riassumere i risultati

della gestione corrente e in conto capitale, relativamente agli esercizi 1999/2003, ai fini

sia della verifica degli equilibri finanziari sia di un opportuno raffronto tra i rispettivi saldi

gestionali.

In particolare, il prospetto seguente sintetizza i risultati della competenza

(accertamenti ed impegni) e della cassa (riscossioni e pagamenti totali), ponendo a

confronto i saldi delle principali componenti di spesa per la gestione del patrimonio

immobiliare (esclusi, come ripetuto più volte, i beni relativi ai settori della viabilità,

trasporto, illuminazione pubblica e impianti idrici) con il totale delle spese correnti ed in

conto capitale (Tab.13).

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61

TAB.13

SCHEMA RIASSUNTIVO GENERALE

DELLA GESTIONE CORRENTE E IN C/CAPITALE

(Raffronto tra gli esercizi 1999/2003) (in euro)

1999 2000 2001 2002 2003 Interventi

Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa

A Entrate correnti extratributarie immobili a reddito 27.674.681,51 21.075.076,39 27.469.048,61 86.957,92 27.245.344,25 78.793,97 29.518.147,91 3.279.889,13 42.729.412,53 6.724.146,60

B Spese correnti immobili a reddito 19.127.245,32 36.623.343,44 19.240.550,89 11.602.993,30 17.173.905,23 8.101.344,08 18.068.417,53 10.296.693,07 20.354.000,00 10.067.478,13

SALDO GESTIONE CORRENTE IMMOBILI A REDDITO ( A - B ) 8.547.436,19 -15.548.267,05 8.228.497,72 -11.516.035,38 10.071.439,02 -8.022.550,11 11.449.730,38 -7.016.803,94 22.375.412,53 -3.343.331,53

C Spese per locazioni passive immobili ad usi istituzionali 9.302.361,02 8.189.033,51 8.615.414,07 7.555.275,74 8.850.628,30 7.996.162,80 8.593.758,64 6.789.123,62 8.747.788,63 6.772.287,63

D Altre spese correnti immobili ad usi istituzionali 16.066.797,22 14.176.090,02 19.862.001,04 14.945.759,42 25.808.409,44 21.187.837,86 26.876.663,93 17.264.675,77 23.673.838,99 34.487.233,37

TOTALE SPESE CORRENTI DI FUNZIONAMENTO IMMOBILI AD USI ISTITUZIONALI ( C + D ) 25.369.158,24 22.365.123,53 28.477.415,11 22.501.035,16 34.659.037,74 29.184.000,66 35.470.422,57 24.053.799,39 32.421.627,62 41.259.521,00

Spese di manutenzione ordinaria immobili ad usi istituzionali 9.645.524,16 15.446.692,58 8.206.650,31 5.567.455,45 8.806.809,68 5.201.805,98 8.557.397,15 5.448.800,90 9.198.028,28 5.697.637,85

E Spese di manutenzione straordinaria immobili a reddito 15.328.529,50 90.685.347,63 33.366.425,36 57.766.358,32 71.774.466,04 80.836.119,91 62.906.502,11 47.755.443,74 54.245.850,79 61.006.153,13

F Spese di manutenzione straordinaria immobili ad usi istituzionali 43.743.496,84 54.096.068,48 118.965.021,25 65.584.799,50 27.538.297,94 64.945.565,77 18.270.071,53 41.003.022,99 74.932.037,84 53.514.166,85

TOTALE SPESE DI MANUTENZIONE STRAORDINARIA ( E + F ) 59.072.026,34 144.781.416,11 152.331.446,61 123.351.157,82 99.312.763,98 145.781.685,68 81.176.573,64 88.758.466,73 129.177.888,63 114.520.319,98

Oneri totali di ammortamento mutui 91.906.403,00 91.906.403,00 57.321.385,00 57.321.385,00 58.898.044,00 58.898.044,00 57.943.624,00 57.943.624,00 62.666.638,00 62.666.638,00

TOTALE SPESE CORRENTI PER IMMOBILI 54.141.927,72 74.435.159,55 55.924.616,31 39.671.483,91 60.639.752,65 42.487.150,72 62.096.237,25 39.799.293,36 61.973.655,90 57.024.636,98

TOTALE GENERALE SPESE PATRIMONIO IMMOBILIARE 205.120.357,06 311.122.978,66 265.577.447,92 220.344.026,73 218.850.560,63 247.166.880,40 201.216.434,89 186.501.384,09 253.818.182,53 234.211.594,96

TOTALE SPESE CORRENTI 1.020.139.579,71 975.599.927,28 1.036.192.258,83 1.065.219.350,77 1.167.274.919,30 1.114.874.870,70 1.149.820.222,19 990.729.670,12 1.112.632.000,00 974.242.270,84

TOTALE SPESE C/CAPITALE 419.090.075,10 351.458.894,32 513.334.787,74 503.680.424,67 235.691.032,76 323.822.659,98 359.670.253,25 191.156.945,82 514.814.000,00 436.280.655,84

Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati di rendiconto

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62

Dal raffronto delle spese relative alla gestione corrente emerge come le risorse

impiegate per la manutenzione ordinaria degli immobili a reddito risultino

eccessivamente ridotte (mediamente 2,4 milioni di euro l’anno, a fronte degli 8,9 milioni

di euro impegnati in media nel quinquennio per gli immobili ad usi istituzionali e

strumentali); ciò anche in considerazione del fatto che il valore degli immobili a reddito

rappresenta quasi un terzo del complessivo valore del patrimonio immobiliare.

Viceversa, le altre spese per la gestione corrente degli immobili a reddito

risultano eccessivamente sovradimensionate rispetto al corrispondente ammontare delle

spese mediamente impegnate per gli immobili ad usi istituzionali (esclusi, come detto, i

costi per la manutenzione ordinaria). Le prime, infatti, rappresentano circa il 38,5%

dell’ammontare della spesa corrente effettuata in media nel quinquennio per il

funzionamento delle strutture di gestione dell’intero patrimonio comunale.

Poiché, nel complesso, la spesa per la gestione corrente degli immobili a

reddito (compresi, cioè, anche i costi per la manutenzione ordinaria) rappresenta circa il

35% della spesa corrente destinata alla salvaguardia del patrimonio immobiliare,

sembrerebbe trovare conferma l’ipotesi che il Comune di Napoli impieghi una quantità

non proporzionale di risorse per remunerare la Romeo Gestioni s.p.a., con conseguente

sacrificio delle esigenze manutentive degli immobili gestiti dalla stessa società affidataria.

Sul punto, andrebbe valutata la possibilità di attuare soluzioni gestionali alternative e più

economiche, quale ad es. quella (adottata dal Comune di Milano) di mettere in

concorrenza tra loro più gestori, affidando a ciascuno di essi una parte soltanto degli

immobili da amministrare.

L’eccessivo peso raggiunto dagli oneri remunerativi del servizio svolto dalla Romeo

s.p.a. non sembra, peraltro, giustificabile neppure sotto il profilo dei proventi della

gestione, se è vero che questi coprono solo il 41% del totale dei pagamenti correnti

effettuati nel quinquennio all’esame per i soli immobili a reddito.

Peraltro, anche la gestione di competenza degli immobili a reddito (intesa come

complesso degli oneri gestionali ordinari e straordinari) chiude con un saldo negativo di

cospicue dimensioni; invero, i proventi accertati nel quinquennio (pari a 154,6 Meuro)

offrono copertura solo al 47% delle spese complessivamente impegnate per la gestione

corrente e per la manutenzione straordinaria degli immobili a reddito (pari a 331,6

Meuro), ciò a conferma della insufficiente redditività degli stessi per assicurare

l’economicità della gestione. La scarsa redditività lorda del patrimonio comunale,

soprattutto se rapportata ai costi sostenuti per la gestione e la manutenzione, è stata più

volte evidenziata dallo stesso Collegio dei revisori dei conti dell’Ente.

La redditività del patrimonio immobiliare a reddito, rapportata (anziché ai costi

di gestione) al valore di inventario degli stessi, è, invece, quasi raddoppiata al termine

del quinquennio, ciò soprattutto a seguito della rettifica in diminuzione (operata dai

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63

competenti Servizi comunali al termine dell’esercizio 2002) del valore complessivo degli

immobili.

Come si evince dal successivo prospetto (Tab.14), il conto del patrimonio

registra, infatti, una riduzione della consistenza delle immobilizzazioni materiali per

terreni e fabbricati pari al 37% (passando da 4.007 milioni di euro nel 1999 a circa 2.500

milioni di euro nel 2003), a fronte di una crescita delle entrate extratributarie accertate

per fitti e proventi vari di suoli e fabbricati in locazione pari al 54% (passando da 27,7

milioni di euro nel 1999 a 42,7 milioni di euro nel 2003). Tale fenomeno appare

sintomatico della presenza di talune anomalie, non proprio giustificabili, che determinano

un incremento del corrispettivo dovuto per fitti a prescindere dall’effettivo

soddisfacimento dell’utilità di chi gode dei beni dati in locazione e dei relativi livelli

prestazionali offerti; né va, d’altro canto, trascurata la circostanza che parte

dell’incremento delle entrate di canoni per fitti è dovuto alla recente ultimazione delle

attività di censimento del patrimonio (iniziate dal 1991), per cui, a seguito della lunga

attività di aggiornamento dell’inventariazione dei beni di proprietà del Comune di Napoli,

la gestione degli incassi per fitti attivi e la conseguente messa a reddito dei beni ha

risentito, in modo sensibile, del relativo ritardo.

TAB.14

VALORE DELLE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI

E CREDITI VERSO UTENTI DI BENI PATRIMONIALI

(risultanze da Stato Patrimoniale esercizi 1999/2003)

(in euro)

1999 2000 2001 2002 2003

Terreni e beni demaniali 494.876.381,18 235.631.325,63 235.588.959,10 242.126.898,00 241.230.875,00

Fabbricati 3.512.817.981,38 3.368.147.513,81 3.402.694.875,38 1.927.130.996,00 2.258.477.517,00

Immobilizzazioni in corso - 288.088.894,01 605.100.102,96 789.128.061,00 1.131.852.792,00

TOTALE VALORE IMMOBILIARE 4.007.694.362,56 3.891.867.733,46 4.243.383.937,44 2.958.385.955,00 3.631.561.184,00

Crediti verso utenti di beni patrimoniali 86.380.694,51 98.383.473,23 121.575.487,96 117.114.292,00 122.360.248,00

Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati di rendiconto

I dati esposti in tabella mostrano, altresì, una crescita dei crediti verso utenti

di beni patrimoniali (passati da 86,4 milioni di euro nel 1999 a 122,4 milioni di euro nel

2003), il che si traduce in un corrispondente aumentare del livello dei crediti considerati

di dubbia esigibilità (pari a circa un quinto dei crediti complessivi).

Altro aspetto che emerge dal raffronto dei dati economico-finanziari riguarda il

rinnovato proliferare dei mutui in ammortamento. Per compensare la perdita di gettito

derivante dalla mancata riscossione di gran parte dei fitti attivi di fabbricati e recuperi

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vari (circa 25 milioni di euro l’anno in media nel quinquennio), l’Amministrazione

comunale deve ricorrere all’assunzione di un numero sempre più consistente di mutui. In

soli cinque anni, come mostra la seguente tabella (TAB.15), sono stati contratti mutui

per esigenze manutentive degli immobili pari a circa 309 milioni di euro, con conseguente

crescita dell’indebitamento complessivo per mutui e prestiti vari del 20% nel periodo

1999/2003. Nello stesso arco temporale si assiste, inoltre, alla diminuzione degli oneri di

ammortamento per mutui connessi al patrimonio immobiliare oggetto di osservazione (-

39%) ed alla contemporanea crescita delle spese per interessi passivi su mutui (che

hanno raggiunto , nel 2003, i 3,5 milioni di euro l’anno), il che dimostra il progressivo

esaurirsi dell’indebitamento pregresso e l’espandersi di quello più recente.

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TAB.15

IMMOBILI A REDDITO E AD USI ISTITUZIONALI

MUTUI PER ACQUISIZIONI E RISTRUTTURAZIONI

(Accertamenti e riscossioni totali) (in euro)

1999 2000 2001 2002 2003 Risorsa

Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa Competenza Cassa

3050 MUTUI RISTRUTTURAZIONE/ADEGUAMENTI L.626/94 0,00 0,00 13.970.158,22 0,00 0,00 202.196,69 163.465,83 5.374.042,33 1.127.775,57 4.919.875,84

3055 MUTUI ACQUISTO IMMOBILI, RISTRUTTURAZIONE, ADEGUAMENTI L.46/90 20.374.519,05 0,00 30.161.082,91 20.374.519,05 7.746.853,49 0,00 15.751.940,00 0,00 4.163.673,00 4.383.313,70

3057 MUTUI PER RECUPERO E RESTAURO IMMOBILI COMUNALI 0,00 0,00 11.103.823,35 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 18.244.857,11 0,00

3058 MUTUI RECUPERO IMMOBILI SERVIZI CULTURALI 0,00 90.623,00 12.911.422,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 152.650,00 0,00

3060 MUTUI RECUPERO l.626/94 IMMOBILI (ad usi assistenziali) 0,00 90.623,00 1.549.370,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 1.146.376,00 0,00

3080 MUTUI EDILIZIA SCOLASTICA 0,00 90.623,00 0,00 0,00 13.122.395,05 0,00 3.808.126,95 856.541,00 17.687.997,72 7.331.683,32

3090 MUTUI INTERVENTI SUL TERRITORIO 0,00 0,00 46.078.782,26 0,00 144.109,00 0,00 0,00 4.036.339,74 10.976.346,14 3.702.501,71

3100 MUTUI RISTRUTTURAZIONE CIRCOSCRIZIONI E SEDI ATTIVITA' RICREATIVE E CULTURALI 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 440.097,00 0,00 0,00 0,00

3110 MUTUI COSTRUZIONE E ACQUISTO NUOVI ALLOGGI 0,00 130.924,00 0,00 1.395.743,00 0,00 9.450,00 0,00 156.902,00 0,00 0,00

3130 MUTUI IMPIANTI SPORTIVI 0,00 130.924,00 8.676.475,00 0,00 0,00 0,00 1.328.091,00 155.000,00 13.611.201,00 1.723.907,00

3150 ALTRI MUTUI 1.549.370,70 0,00 17.869.407,38 0,00 5.019.959,00 2.039.064,70 7.283.239,60 2.542.101,82 22.940.443,43 5.479.428,94

TOTALE MUTUI 21.923.889,75 533.717,00 142.320.521,12 21.770.262,05 26.033.316,54 2.250.711,39 28.774.960,38 13.120.926,89 90.051.319,97 27.540.710,51

Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati di rendiconto

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La crescita dell’incidenza dei mutui per gli immobili del patrimonio comunale si

accompagna all’incremento dell’incidenza delle relative spese di manutenzione

straordinaria sia in rapporto al valore patrimoniale degli stessi (dall’ 1,5% nel 1999 al

3,6% nel 2003) sia in relazione al totale delle spese in conto capitale (dal 14,1% nel

1999 al 25,1% nel 2003). Tale andamento (per la verità piuttosto discontinuo nel

quinquennio) evidenzia, comunque, una accresciuta attenzione da parte

dell’Amministrazione per le esigenze manutentive degli immobili, ma anche un più

urgente bisogno di intervento, che trova riscontro, principalmente, per gli immobili a

reddito in quanto maggiormente trascurati nel tempo. Gli interventi di ristrutturazione e

restauro si concentrano, infatti, proprio su quest’ultima tipologia di beni, assorbendo

quasi la metà delle risorse disponibili.

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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

L’indagine sulla “Gestione del patrimonio immobiliare del Comune di Napoli”,

deliberata dalla Sezione nell’ambito del programma di attività di controllo per gli anni

2002/2003 e approvata con deliberazione n. 5/2004 in data 20 maggio 2004, aveva

messo in luce molteplici aspetti attinenti alla gestione ed alla redditività degli immobili

comunali, evidenziando, tra gli altri, giudizi critici in ordine ai seguenti profili:

a) progressiva crescita delle morosità per fitti e ridotto recupero delle somme

dovute, nonostante l’elevato numero di azioni giudiziarie di sfratto per morosità

attivate;

b) rilevante numero di occupazioni abusive degli immobili del patrimonio disponibile

ed indisponibile a causa dell’inadeguato esercizio del potere di prevenzione e

vigilanza da parte dell’Amministrazione e del ridotto numero di azioni giudiziarie

di rilascio;

c) mancato utilizzo degli immobili occupati abusivamente, con conseguenti perdite

nella percezione del canone di locazione a fronte di interventi di manutenzione,

comunque, necessari;

d) mancato utilizzo, per fini istituzionali, degli immobili (oggetto di abuso edilizio)

confiscati al patrimonio indisponibile comunale ed assenza di una attività

sistematica e continuativa di demolizioni degli abusi edilizi;

e) esorbitante ammontare delle spese di manutenzione straordinaria, sintomo e

conseguenza di carenze nel provvedere in modo tempestivo e periodico alla

manutenzione degli immobili;

f) saldo negativo della gestione molto elevato.

In merito ai sopracitati rilievi, il Comune di Napoli, successivamente alla

pubblicazione del referto, ha formulato, con nota dell’Assessore al Patrimonio n. 4524 del

13 ottobre 2004, una serie di osservazioni e perplessità in ordine alla fondatezza dei

giudizi formulati dalla Corte sui risultati della gestione del patrimonio immobiliare,

auspicandone un ripensamento.

La Sezione, in considerazione della neutralità e terzietà della funzione di controllo

da essa svolta nonché della natura collaborativa del controllo esercitato nei confronti

delle autonomie locali (art. 3, co. 4, legge n. 20/1994 e art. 7, co. 7, legge n. 131/2003),

ha ritenuto doveroso procedere ad un riesame delle questioni che hanno formato oggetto

di controdeduzioni da parte dell’Amministrazione comunale, contestualmente allo

svolgimento, in ordine ai punti controversi, di opportuni approfondimenti, al fine di

verificare la fondatezza dei dubbi sollevati dall’Amministrazione comunale circa i profili

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critici rilevati in ordine alla suddetta gestione, e fugare così le perplessità avanzate

dall’Ente.33

Il supplemento di indagine, svolto con la piena collaborazione della competente

struttura dell’Amministrazione comunale, ha confermato un quadro particolarmente

allarmante anche in considerazione dell’entità dei fenomeni che non mostrano la

tendenza ad un miglioramento.

In particolare, gli esiti dell’indagine hanno evidenziato quanto segue:

1) Con riguardo ai soprarichiamati punti a), b), c) - gestione delle morosità,

fenomeno delle occupazioni abusive e conseguenti perdite da mancato utilizzo

degli immobili (questioni che, a ben vedere, costituiscono tre aspetti di un’unica

problematica suscettibile di valutazione unitaria) - gli esiti dell’istruttoria consentono di

confermare la fondatezza dei rilievi mossi dalla Corte nella precedente indagine. Infatti,

l’allarmante consistenza dei crediti insoluti maturati nel periodo 1991-2003, pari a ben

80,9 milioni di euro, è frutto di incongrue scelte gestionali e di molteplici disservizi, come

emerge dall’analisi effettuata, che vedono nella rinunzia (da parte del Comune) alla

risoluzione del rapporto locativo (ed alla conseguente riacquisizione del possesso del

cespite) la principale causa determinante della crescita delle morosità (che ormai

coinvolgono il 60% degli utenti) e delle occupazioni abusive (oltre un terzo degli utenti

occupa regolarmente gli immobili comunali pur in mancanza di un valido titolo di

legittimazione).

In particolare, i ritardi e le inefficienze riscontrate nell’attività di taluni Servizi

dell’Amministrazione comunale (Servizio Casa, Servizio Assegnazione immobili,

Dipartimento Assetto del Territorio etc.) spesso finiscono con lo svuotare di significato i

rimedi giudiziali intrapresi oltreché vanificare il perseguimento di soluzioni alternative

dirette a valorizzare il patrimonio comunale.

Tra gli aspetti più problematici si richiamano: la definizione dei rapporti di utenza

con altri enti istituzionali (utenze sinora condotte economicamente in perdita, pur in

assenza di alcuna connotazione socio-economica che ne possa giustificare il perdurare); il

ridimensionamento delle due fasce estreme di canone (fascia A e C4), che dimostrano

una particolare propensione ad insolvenze reiterate e continuative; l’urgenza di attivare

iniziative rapide ed efficaci per arginare le morosità di maggiore consistenza e di più

vecchia data, supportando il gestore sia nelle operazioni di sgombero coattivo in sede di

esecuzione forzata sia nella sollecita definizione di tutte le istanze di regolarizzazione

pendenti (quasi 7.000), che impediscono (nei confronti degli utenti abusivi) l’avvio o la

prosecuzione dell’azione di rilascio coattivo.

Su tali questioni l’Amministrazione comunale, in sede di contraddittorio, ha

osservato come il fenomeno delle morosità “sia un fattore endemico all’interno dei

33 Per una più agevole comprensione dei punti controversi si rinvia alle premesse dei singoli capitoli della presente relazione.

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patrimoni di edilizia residenziale pubblica”, in ragione proprio di quelle situazioni di

disagio socio-economico che ne caratterizzano l’utenza, e di come le procedure di rilascio

coattivo dei cespiti incontrino, sovente, problemi di ordine politico-sociale che

suggeriscono un rinvio delle operazioni di sgombero. “L’innegabile esistenza di una scala

di priorità e di esigenze che per loro stessa natura non possono essere ignorate”

imporrebbero all’Amministrazione, soprattutto in una città come Napoli che deve

affrontare quotidianamente gli effetti di inevitabili tensioni sociali, la ricerca di soluzioni e

risposte adeguate alle molteplici problematiche di ordine sociale, in un’ottica di massima

tutela dell’interesse pubblico e di pieno assolvimento della propria funzione istituzionale.

Al riguardo, la Sezione, pur non ignorando il peso di tali problematiche, non può

non rilevare che la condotta del Comune non è stata improntata alla ricerca,

individuazione e correzione delle proprie inefficienze nonché a scoraggiare e sanzionare

con efficacia e tempestività gli abusi effettivi nella conduzione del proprio patrimonio

immobiliare.

A tal fine, appare, invece, essenziale procedere, a margine di più decisivi

provvedimenti da adottare in tema di occupazioni abusive, a tempestive verifiche delle

dichiarazioni reddituali palesemente inattendibili, attivando, altresì, i necessari

collegamenti in visualizzazione presso il Servizio Assegnazione Immobili e rilasciando i

prescritti certificati di collaudo statico degli alloggi laddove rimasti per lungo tempo

inevasi.

Inoltre, a correggere la descritta situazione, ritiene la Sezione che possa recare un

valido contributo il finanziamento del fondo di solidarietà previsto dalla normativa

regionale (art. 5 della legge regionale n. 19 del 14 agosto 1997) per cui l’Ente gestore

potrebbe concretamente intervenire – attingendo a tale fondo – per sanare i casi di

morosità di inquilini gravemente disagiati. Ne deriverebbero vari risvolti positivi: da una

parte, tale possibilità di intervento rappresenterebbe un elemento utile a ripristinare una

situazione di legalità, in quanto le persone non in condizione di pagare quanto dovuto per

l’utenza potrebbero continuare ad occupare gli immobili in maniera pienamente legale. In

tal modo, l’ente assolverebbe in maniera proficua a compiti istituzionali irrinunciabili

collegati al disagio abitativo. Ed ancora, le somme introitate con il pagamento per detti

casi di morosità consentirebbero di recuperare un nuovo flusso di risorse indispensabile

per gli interventi necessari per la tutela del patrimonio immobiliare del settore.

2) In ordine al punto evidenziato con la lettera d) – gestione dell’abusivismo

edilizio, confische e demolizioni - trova conferma, dai pur non esaustivi riscontri

istruttori, il mancato utilizzo a fini pubblici di 5.400 immobili acquisiti gratuitamente al

patrimonio comunale ex art. 15, comma 3, della legge n. 10/1977, mentre per le 92

confische eseguite ai sensi della legge n. 47/1985 risultano ancora pendenti numerose

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istanze di condono edilizio, sicché la specifica destinazione d’uso dei relativi immobili

rimane, nella maggior parte dei casi, ancora sospesa.

L’elevato numero di pratiche di condono edilizio pendenti (circa 70.000

nell’esercizio 2000) condiziona, altresì, lo spedito procedere del piano comunale di

demolizioni, in forza del quale risultano effettuati soltanto sessanta abbattimenti di opere

edilizie abusive.

3) Con riguardo al punto e) – gestione degli interventi di manutenzione - gli

approfondimenti istruttori condotti sulle attività di manutenzione ordinaria e straordinaria

degli immobili, a reddito e non, hanno confermato la fondatezza dei rilievi mossi dalla

Corte in ordine alla mancanza di una adeguata attività di manutenzione ordinaria da

parte dell’Amministrazione comunale (soltanto 11 milioni di euro l’anno, pari a circa lo

0,3% dell’intero valore immobiliare).

L’allarmante crescita del fabbisogno manutentivo degli immobili a reddito (+250%

in dieci anni) denota sia l’insufficienza delle risorse destinate agli interventi riparativi di

ordinaria amministrazione sia l’inefficacia delle pur consistenti opere di ristrutturazione

realizzate nel quinquennio 1999/2003.

Sull’entità delle spese per la manutenzione ordinaria incide, senza dubbio,

l’indisponibilità di una parte rilevante delle entrate per fitti che dovrebbero finanziarne gli

interventi. Una mole così elevata di crediti insoluti (circa 80 milioni di euro in dodici anni)

sottrae una quota consistente di risorse (senz’altro superiore al volume di risorse

annualmente destinate alla manutenzione corrente) e rende impraticabile qualsiasi

adeguato programma di manutenzione preventiva.

All’inadeguatezza degli interventi posti in essere dall’Amministrazione per

assicurare il ripristino delle condizioni di normale fruibilità degli immobili residenziali, ha

corrisposto una troppo poco dinamica attuazione degli interventi di ristrutturazione e

consolidamento programmati.

Il modesto margine di realizzazione delle spese di investimento e il conseguente

slittamento dei tempi di attuazione dei programmi di manutenzione straordinaria, hanno

prodotto inevitabili disfunzioni in termini di efficacia e di economicità per il sovrapporsi di

progetti non sempre tra loro perfettamente coerenti e compatibili.

Peraltro, il notevole carico di residui passivi complessivamente accumulato a tutto

il 2003 (pari a circa 650 milioni di euro) risulta di difficile smaltimento, anche per effetto

degli ulteriori impegni di spesa determinati dalle nuove esigenze manutentive. Un trend

di crescita difficile da invertire senza un forte impulso organizzativo ed un recupero in

termini di efficienza gestionale.

4) Riguardo, infine, al punto f) - saldo negativo della gestione molto elevato

– trattasi, in fondo, del giudizio complessivo sull’intera gestione patrimoniale (ordinaria e

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straordinaria). A tale riguardo, la Sezione, nel prendere atto che il giudizio espresso nel

precedente referto si fondava, essenzialmente, su dati non congruenti (in quanto frutto di

erronea aggregazione degli stessi) e, comunque, inadeguati ad evidenziare

correttamente, insieme ai risultati della gestione corrente degli immobili, anche le

dinamiche della gestione straordinaria e le sue ricadute su quella ordinaria, osserva come

il quadro finanziario che emerge dall’analisi degli ulteriori dati gestionali raccolti sia

tutt’altro che positivo. Infatti, alla luce di un più approfondito esame, condotto secondo

criteri metodologici volti ad offrire (piuttosto che una rappresentazione gestionale per

saldi finanziari) una visione d’insieme dei risultati gestionali e delle linee di tendenza

articolati per aggregati omogenei, i risultati dell’intera gestione patrimoniale evidenziano

una crisi di liquidità di difficile soluzione, momentaneamente affrontata facendo maggior

ricorso all’indebitamento.

In particolare, se è vero che il saldo della gestione corrente degli immobili a

reddito amministrati dalla Romeo s.p.a. (quale emerge dalle risultanze dei rendiconti

degli esercizi 1999/2003) si dimostra ancora chiaramente in attivo se riferita al raffronto

tra accertamenti ed impegni della competenza, è anche vero che il corrispondente saldo

della gestione di cassa risulta in forte passivo, a causa soprattutto dell’ingente

ammontare delle morosità degli utenti. Peraltro, anche la gestione di competenza degli

immobili a reddito (intesa come complesso dei proventi e degli oneri gestionali ordinari e

straordinari di manutenzione) chiude con un saldo negativo di cospicue dimensioni, ciò a

conferma della insufficiente redditività degli stessi al fine di assicurare l’economicità della

gestione.

Sembra evidente che se non vengono risolte all’origine le cause che determinano il

basso livello delle riscossioni per fitti attivi di fabbricati e rimborsi (la cui perdita annua è

stimabile intorno ai 24 milioni di euro), l’intero settore finirà per soffrirne sempre più in

termini sia di redditività che di maggiori oneri gestionali. Inoltre, la carenza di fondi, ove

non risolta facendo ricorso alla fiscalità, finirebbe inevitabilmente col tradursi (come in

parte è già avvenuto in passato, specie per gli immobili a reddito) in minori interventi di

manutenzione ordinaria ed in un conseguente ulteriore aggravio del bilancio comunale

per i maggiori oneri di ammortamento mutui dovuti alle crescenti esigenze sia

manutentive di recupero funzionale e consolidamento degli immobili sia di riqualificazione

urbana ed ambientale.

Al fine di evitare di compromettere ulteriormente lo stato di conservazione del

patrimonio immobiliare occorre, altresì, interrompere il processo di degrado in atto su

gran parte del complesso immobiliare e, quindi, prevenire il manifestarsi di nuove avarie

funzionali degli impianti negli edifici ovvero degli elementi strutturali con l’adozione di

una politica organica di interventi manutentivi programmati. Questi ultimi, infatti, per

essere efficaci, non devono essere eseguiti isolatamente dalle altre attività istituzionali

della civica amministrazione, ma devono essere oggetto di costante e coordinata

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pianificazione, così da contrastare efficacemente il naturale processo di degrado degli

immobili e da consentire, al tempo stesso, l’elaborazione di strategie di sviluppo del

territorio urbano, in un’ottica di miglioramento della qualità della vita.

Solo il superamento della logica del “finanziamento tampone”, basata su criteri di

intervento selettivo e di somma urgenza, può restituire – come osservato anche dalla

società concessionaria Romeo Gestioni s.p.a. - efficienza al processo gestionale e

ripristinare quelle condizioni di normale fruibilità degli immobili, che costituiscono

premessa essenziale per un corretto rapporto locativo ed un’equa remuneratività degli

stessi.