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Firenze e la cultura: un matrimonio da rinverdire Gli esempi positivi non mancano, come il lavoro della Fondazione Strozzi. Ma manca un progetto per favorire un turismo più attento. di Daniele Olschki Se si vuole depotenziare l’impao di una parola, il modo più sicuro è quello di usarla spesso, con contenu omnicomprensivi, di volta in volta adaa a contes diversi. E’ il caso del termine “cultura”, che ha ormai assunto una valenza talmente posiva e generica da diluirsi nei significa più dispara. L’accezione “far cultura” assume un significato più determinato e ci avvici- na alla bella definizione che, della parola, ci offre il Devoto – Oli: “Quanto concorre alla formazione dell’individuo sul piano intelleuale e morale e all’acquisizione della consapevolezza del ruolo che gli compete nella socie- tà”. Seguendo questa definizione assumono immediata rilevanza la scuola, l’università e la ricerca; realtà troppo spesso penalizzate da una polica che si fregia del termine, ma appena può le penalizza ritenendole un costo e non un invesmento, che certo è tale nel lungo termine e quindi non nell’orizzon- te di chi si muove nell’oca del proprio mandato. Per naturale vocazione Firenze si sposa con la parola “cultura”, sempre pre- sente in ogni passaggio progeuale, collegata però quasi sempre all’incredi- bile, immenso, patrimonio che Anna Maria Luisa de’ Medici ha voluto restas- se ai fiorenni. Anche in questo caso sarà forse bene fare una disnzione tra 11

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Firenze e la cultura: un matrimonio da rinverdireGli esempi positivi non mancano,come il lavoro della Fondazione Strozzi. Ma manca un progetto per favorire un turismo più attento.

di Daniele Olschki

Se si vuole depotenziare l’impatto di una parola, il modo più sicuro è quello di usarla spesso, con contenuti omnicomprensivi, di volta in volta adattati a contesti diversi. E’ il caso del termine “cultura”, che ha ormai assunto una valenza talmente positiva e generica da diluirsi nei significati più disparati.

L’accezione “far cultura” assume un significato più determinato e ci avvici-na alla bella definizione che, della parola, ci offre il Devoto – Oli: “Quanto concorre alla formazione dell’individuo sul piano intellettuale e morale e all’acquisizione della consapevolezza del ruolo che gli compete nella socie-tà”. Seguendo questa definizione assumono immediata rilevanza la scuola, l’università e la ricerca; realtà troppo spesso penalizzate da una politica che si fregia del termine, ma appena può le penalizza ritenendole un costo e non un investimento, che certo è tale nel lungo termine e quindi non nell’orizzon-te di chi si muove nell’ottica del proprio mandato.

Per naturale vocazione Firenze si sposa con la parola “cultura”, sempre pre-sente in ogni passaggio progettuale, collegata però quasi sempre all’incredi-bile, immenso, patrimonio che Anna Maria Luisa de’ Medici ha voluto restas-se ai fiorentini. Anche in questo caso sarà forse bene fare una distinzione tra

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un’attenta gestione del nostro patrimonio culturale e la necessità di far sì che la città si affermi come centro di produzione culturale, utilizzando il lascito dell’Elettrice Palatina non solo come il vessillo di una irripetibile stagione sto-rica, ma come solido basamento del “far cultura” odierno. In tale direzione si è mossa la Fondazione Palazzo Strozzi, non limitandosi a dar vita a importanti mostre, ma in modo particolare a curarne l’approfondimento attraverso una serie di incontri ed eventi che ne creassero nel loro insieme un vero evento culturale. Un progetto teso a ravvivare un turismo più attento, motivato e che soprattutto possa programmare un ritorno in quella Firenze già conosciu-ta nelle realtà degli Uffizi e dell’Accademia.

Firenze ha bisogno di ritrovare la sua vocazione naturale di far cultura, dando vita a una nuova progettualità, coordinata non solo con le molteplici realtà espositive, ma anche con il ricchissimo tessuto di archivi e biblioteche, cu-stodi di un patrimonio di documenti, manoscritti e volumi che gli studiosi di tutto il mondo venivano un tempo a consultare.

Infine credo che Firenze abbia bisogno dei fiorentini, ne abbia bisogno nel solco della definizione del Devoto: nell’ ”acquisizione della consapevolezza del ruolo che loro compete...” all’interno della propria città. Ciò significa aver coscienza della nostra storia, di chi ha creato, conservato e trasmesso le ric-chezze che oggi offriamo ai turisti di tutto il mondo. Perché una città priva di tale consapevolezza rischia di restare un meraviglioso scrigno senz’anima.

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Firenze e il turismo, se 12 milioni vi sembrano pochi...Il numero è quello dei pernottamenti totalizzati nel 2012: a tanto ammonta il flusso di turisti che in un anno si riversa su Firenze. Troppi? Ne parliamo con Cristina Pagani, vicepresidente di Confesercenti.

a cura diMarco Bazzichi

Quali proposte ritiene più urgenti, tra quelle avanzate dalla sua categoria, che rimangono nei cassetti di Palazzo Vecchio?“La proposta più importante per il nostro comparto avanzata a Palazzo Vec-chio è la rimodulazione dell’imposta di soggiorno.”Deve essere abolita?“Non chiediamo che venga abolita perché siamo consapevoli del fatto che è utilizzata oramai nelle più importanti città turistiche del mondo, anche se con formule diverse (city tax, imposta, ecc) e siamo anche coscienti del fat-to che una città come Firenze viene “usata” da otto, dieci milioni di turisti l’anno.” Quindi deve essere modificata?“Sappiamo che il carico economico non può essere sostenuto solo dal Co-mune e dai cittadini residenti. Ma chiediamo con forza che sia collegial-mente discusso l’utilizzo di una percentuale della tassa di soggiorno, pari

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al 5%, dell’ingente somma ( 21milioni e 400mila euro nel 2012) che i turisti pagano per pernottare a Firenze.”Perché voi invece siete fuori da questo tipo di discussione?“Le associazioni di categoria vengono annualmente solo “informate” dal Comune su come verranno impiegate tali risorse. Sarebbe estremamente importante che si potesse discutere insieme su cosa occorre a Firenze per migliorare l’accessibilità e la fruizione del territorio e ritengo che le competenze degli imprenditori del settore siano una risorsa importante per prendere decisioni utili a tutti.”A proposito di dialogo tra vari soggetti, come giudica l’esperienza di “In Your Tuscany”? Ci vuole spiegare qual è il suo scopo?“InYourTuscany è una associazione non a fini di lucro che ha costruito nei tre anni dalla sua nascita un’importante“rete” di 120 strutture ricettive di qualità della Toscana con forte prevalenza su Firenze. Il lavoro che ci siamo impegnati a fare è complesso: spazia dall’informazione sugli eventi, i mu-sei, le normative, le fiere, alla formazione (social media marketing, revenue management, ecc.) indispensabile oggi per competere e stare sul mercato.Una segreteria aperta otto ore al giorno che si occupa di booking per conve-gni, fiere, eventi e turisti singoli. Un portale tecnologicamente avanzato da noi sviluppato con una redazione che racconta il territorio e fa promozione per le strutture.”E il rapporto di questa realtà con le istituzioni? “Per loro siamo diamo divenuti una realtà importante. Ci siamo presenta-ti più volte alle istituzioni, abbiamo in pratica fatto quello che loro stesse chiedono da anni: fare rete, fare sistema, qualificare, diventare un punto di riferimento per le imprese e per gli enti. La Toscana e Firenze in particolare sono “fragili” nei loro equilibri e a mio avviso occorre ripensare il modello e il sistema di promo-commercializzazione del territorio. Occorre farlo in-sieme alle imprese.”Altrimenti? “Altrimenti si disperdono risorse sia economiche che progettuali importanti.”Veniamo al Firenze Convention Bureau.“E’ una struttura importante per Firenze. Unico dei sette convention bureau della Toscana a lavorare con una “vision”. Anche questo soggetto, al quale il Comune doveva aderire è rimasto inascoltato. Sicuramente, una parte

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delle risorse che derivano dall’imposta di soggiorno andrebbe spesa per il sostegno e il rilancio di questo strumento.”Lei immagina un cambio di mentalità per la nostra città?“Firenze ha un industria che si chiama Turismo e abbiamo necessità che si cominci a ragionare in termini di investimento, che si costruiscano delle parnership pubblico-private dove la governance sia nelle mani di persone con grandi competenze. Anche in questo il Comune ha un ruolo importante, sempre che lo voglia.”Cos’altro rimprovera agli enti pubblici?“C’è un tema a mio avviso di grande urgenza, che è la commercializzazione del prodotto turistico. Anche qui una totale mancanza di visione degli enti pubblici ha prodotto una situazione incredibile. Il nostro “prodotto” viene venduto quasi esclu-sivamente da Tour operator e soggetti stranieri, che non conoscono i nostri territori e le nostre eccellenze, che decidono per noi i prezzi, le commissioni e che non investono in Italia, tanto meno pagano le tasse in Italia. Dobbiamo quindi riprendere il controllo del nostro lavoro ma possiamo far-lo solo se le istituzioni ci staranno accanto ci sosterranno e faranno come in tutti gli altri stati europei; ascoltando le imprese che operano nel settore con professionalità e che investono per rendere il nostro territorio compe-titivo nella sfida mondiale, scegliendo con strategie mirate che tipo di turi-smo vogliamo per la nostra città. In caso contrario tra pochi anni ci rimarrà una “disneyland” triste e sfruttata.”

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