dallapiccola e volo di notte

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  • 8/7/2019 Dallapiccola e Volo di notte

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    Carlo Serra

    Fra stelle e caduta. La metamorfosi come forma narrativa nel Volo di Notte di LuigiDallapiccola

    La prima serie di Volo di notte

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    1 La serie come forma metamorfica della narrazione

    Vi uno strano intreccio di temi musicali in Volo di Notte di Luigi Dallapiccola, lopera che ilcompositore italiano trasse nel 1937 38, dallo splendido Vol De Nuit di Antoine de Saint Exupry: esso promette una calibratura drammatica, meglio ancora il peso specifico, delle funzioni

    narrative, e dunque dei contenuti, che sostengono la riscrittura del romanzo da parte del musicistaistriano.A dirlo, lintreccio semplice: il tema iniziale, la prima serie che si disegna nel registro delle viole,quasi parlando, tratta dalla prima delle componenti il trittico della composizione gemella diquellanno, Tre Laudi, Altissima luce: essa serve, come ha colto bene Dietrich Kmper1 nel suostudio su Dallapiccola, da cornice formale a tutta la composizione, tendendo un arco che partendodal preludio orchestrale, giunge allepisodio conclusivo dellopera.Lo stesso tema accompagna la caduta dellaereo di Fabien e la sua morte, instaurando, scriveancora lo studioso tedesco, una correlazione simbolica tra la Stella Marina della Preghiera allaVergine e lesclamazione di Fabien, scorgo le stelle. Nellopera, del resto, caratteri simili hannole occorrenze dei precipitati semantici delle altre Laudi, creando un gioco metamorfico fra

    significati e strutturazione sonora, designando un piano di musica allusa, in grado di sostenere inuclei profondi, nascosti, dellopera.

    Dallapiccola deve aver molto amato la prima, esplicita, correlazione fra musica e stelle, che cadenellopera in uno dei continui monologhi interiori del direttore della navigazione aerea, Rivire.Essa si sviluppa come gradiente drammatico, che diventa via via pi intenso, senza riuscire arisolversi:

    Alz gli occhi verso le stelle, che splendevan sulla via angusta, quasi annullate dalla pubblicitluminosa, e pens: Questa sera, con i miei corrieri in volo, io sono responsabile dun cielointero. Quella stella un segnale che mi cerca tra questa folla, e mi trova: per questo io mi sento

    un po estraneo, un po solitario.

    Una frase musicale gli torn alla memoria: qualche nota di una sonata che il giorno prima aveva

    ascoltato in compagnia di amici. I suoi amici non lo avevano capito: Questarte ci annoia, eannoia anche lei; tutta la differenza nel fatto che lei non lo dice

    Forse aveva risposto.

    E come questa sera, egli sera sentito solitario, ma subito aveva scoperto la ricchezza duna similesimilitudine. Il messaggio di quella musica veniva a lui, e solo a lui trai mediocri, con la dolcezza

    di un segreto. Cos, quel segno di stelle. Qualcuno gli parlava, al di sopra di tante spalle, unlinguaggio che egli solo intendeva.2

    Sulla metafora musicale si scarica un reticolo di significati piuttosto complesso. La dimensionedellascolto individualizza, accentra un movimento della soggettivit verso un significatomeramente affettivo, che gli altri non colgono. Laffettivo , tuttavia, la maschera delletico: il cielonotturno va continuamente sfidato, la stella invita ad andare verso di lei, ad usarla come un punto diriferimento, per unespansione nellignoto, ma le stelle da sempre parlano solo a chi le sa intendere.La consapevolezza della propria solitudine, e della propria missione, accosta suono e luce, e losplendore delle stelle porta un messaggio, nascosto come quello della musica: esso attrae, comeaccade per gli accordi del pianoforte, che, dopo lenunciazione della serie brillano allontanandosi

    (dal pp delle viole al ppp del pianoforte), unintermittenza luminosa che subito si spegne, un1 Dietrich Kmper, Luigi Dallapiccola. La vita e lopera, Sansoni , Firenze, 1984, pp. 56 57.2 Antoine Saint-Exupry, Volo di notte, trad. it. di Cesare Giardini, Mondadori, Milano, 1991, pp. 39 40.

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    piccolo enigma, che entra in rapporto con lattacco straordinario di oboi, trombe e clarinetti,rinforzato dallaccendersi degli armonici di violoncelli e contrabbassi. Si soli di fronte al cielostellato, consapevoli del dovere del volo e della propria mediocrit, mentre la capacit di cogliereun messaggio, stellato o musicale, ci separa da tutti gli altri, ci impone un ascolto. Lascoltatore edil personaggio sono posti sullo stesso piano, hanno lo stesso compito.

    La prima occorrenza della serie entra in una polifonia profonda con questa pagina, e da qui siirradia su tutta una partitura, dove la solitudine dei personaggi si specifica nelle forme dialogicheche li oppongono: il pilota nella tempesta, la sua vedova, gli impiegati, i controllori dei piloti, tuttiruotano attorno ad una dialogica continua che lascia il personaggio Rivire sempre pi solo, e che liisola tutti luno dallaltro.

    La connessione sono gli intercalari dialogici di direttore di navigazione, la sua apparente oggettivitrispetto alla sfida del cielo, il ferreo lavoro di organizzazione che si fa forma di autoeducazione aldovere, e allisolamento: Rivire unisce e separa, il centro da cui diramano i raggi delle vicendeumane, che lo mettono in gioco in modo sempre pi profondo. Il tema della stella, che si identifica

    con il tema del personaggio, sono cos il simbolo di unaccettazione sempre pi profonda dellapropria funzione, ma la stella e la caduta sono anche la via daccesso allo squarcio interiore che ilvero evento dellopera legato alla solitudine essenziale, per usare unespressione del Varse diDeserts, che caratterizza la dimensione interiore di tutti i personaggi, e perch il gioco deiriferimenti possa aver luogo, dobbiamo ascoltare le continue piccole metamorfosi della serie che,raffinatissime, si inseguono per tutta lopera.

    Una serie si modifica, lasciandosi riconoscere, si deforma, struggendosi nella nostalgia di unoriginale: sul piano teorico questo significa che tutte le trasformazioni hanno natura dialettica.Incontriamo subito un principio fondamentale per ogni forma di serialit, che aspiri ad unatrasparenza di tipo narrativo, che si pensi ancora, pi o meno consapevolmente, in termini di bloccotematico, ma abitata da un paradosso sottile, perch loriginale andr rintracciato nellunit dellatrasformazioni, come un puzzle che prende forma nel differimento continuo da una formaoriginaria. Queste somiglianze di famiglia vengono utilizzate da Dallapiccola per raccontare tuttala tensione allinesprimibile che caratterizza il destino di un pilota che continua a salire, verso lestelle, consapevole che tutto, sotto di lui, , per sempre perduto, in un volo che , di fatto caduta efuga dallopacit.

    Fabien, quella notte, erra sullo splendore di un mare di nuvole, ma pi in gi c leternit. Egli perso tra le costellazioni ov solo. [] Stringe nel suo volante il peso della ricchezza umana, eporta, disperato, da una stella allaltra, linutile tesoro che sar costretto a restituire.

    Rivire pensa che un posto radiotelegrafico lo ascolta ancora. Non c che unonda musicale cheleghi ancora Fabien al mondo, una modulazione in minore. Non un lamento. Non un grido. Ma ilsuono pi puro che la disperazione abbia mai modulato.

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    Nello scrittore francese, la stella una ricchezza inutile, perch porta la morte, ma anche lunicosenso di una vita che va spegnendosi, alla ricerca del proprio senso. Il Radiotelegrafo di Rivirecerca lultimo contatto con il fuggitivo, ma il suono che ascolta il silenzio, o il rumore, la musica tra parentesi, non una nota dal cielo stellato.

    La musica se ne andata, ma rimasto un significato: ecco che la comunicazione dei personaggi hapreso ormai forma nellattesa di un suono. Questidea affascina Dallapiccola che, operando

    allinterno di una grammatica musicale che genera figurazioni deformate, pu permettersi dirovesciare il criterio costruttivo che stringe le figure nel romanzo: solo il suono estenuato della3 Antoine Saint-Exupry, Op. cit., p. 94.

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    serie dodecafonica pu evocare il silenzio di quella lontananza, perch, nella vita e nella morte,Rivire ed il suo pilota che sta sparendo sopra le stelle sono limmagine della stessa solitudine,dello stesso amore per il mondo, del senso della sua perdita.

    Il lavoro sulla serie ci dice che uno lo specchio dellaltro, e non un caso che questo gemellaggio

    veda le forme metaforiche della donna, che si insegue in caratterizzazioni dal registro primaastratto, come voce orchestrale e voce del desiderio, fino alla condensazione concreta nellacompagna di Fabien, come mediazione tra loro di una vita possibile, di una dimensione degli affettiche allontani dal volo, e come reciproca perdita. Ogni figura si tende verso laltra, ma soprattuttoogni figura immagine di un teatro non psicologico, di una funzione, che attraverso la metamorfosidella serie, le mette tutte in relazione rispetto al valore oggettivo di una scelta etica, volare peraprire una nuova frontiera commerciale.

    Vorremmo osservare che, in una simile prospettiva, la Stella del Mare e lo scorgere le stelle sonocertamente metafore del viaggio, ma prima ancora limmagine delloccupazione di un luogosimbolico, che il movimento verso la tacita assunzione di un modo di essere che , per sua natura,

    ineludibilmente solitario, prigioniero di se stesso. Possiamo cos trarre immediatamente unaconclusione, e vedere la continuit tra le figurazioni musicali, come la metamorfosi dello stessoconcetto, che per Dallapiccola limmagine stessa del musicale.

    Ma se le cose stessero davvero cos, il teatro si chiuderebbe su se stesso, acquistando un che dididascalico, capace di soffocare la narrativit di Dallapiccola nelle spire di dimensione simbolicaangusta, proiettata verso una metaforicit che tende caratteristicamente verso un teatro di figura e dicarattere. Accentuando il carattere dazione dellopera musicale, come se ci trovassimo di fronte aduna trascrizione del letterario, ci consegneremmo ad una prospettiva melodrammatica, chesacrificherebbe troppo le ambiguit su cui si appoggia il gioco di intrecci, che porta dalla stelle edalla caduta alle stelle, saldando la via verso il basso con la via verso lalto, ma rifiutando che sitratta dellunica via. Dallapiccola tende a muoversi in direzione opposta, questa duplicit sembraaver orrore dellidea dellindividuazione di un carattere netto del personaggio, muovendosi versouno sciogliersi del personaggio nellatmosfera che lo evoca.

    Dallapiccola costruisce cos un teatro psicologico assai eversivo, che ci impone di non aderire alpiano della caratterizzazione, perch cos perderemmo uno snodo essenziale, che si esplicita solonel concetto di metamorfosi, nella tensione che si muove dietro a due figure, al muoversi in modoincompleto, fatalmente fissati nellincompletezza della transizione: il significato della metamorfosiesplode nella sua apertura, nel tenere il personaggio sospeso tra una figurazione e laltra,nellalitare della vita, prima che si blocchi nel sigillo formale che racchiude la figura. Si arriva cos

    ad un paradosso, che ha natura estetica: un puro gioco metaforico troppo trasparente, il valoremusicale della metamorfosi deve collocarsi su un piano pi profondo di quello della semplicetrasposizione, come accde per i caratteri di un tema in una struttura musicale di tipo tradizionale,mentre la coesistenza delle figure sonore permette di costruire deformazioni molto pi controllabili,nei loro passaggi intermedi.

    Dobbiamo cos aggirare la questione e forse potremmo iniziare partendo, prendendo sotto presa lanozione di metamorfosi, racchiudendola ad una sorta di principio esplicativo; del resto, lavventuracreativa di Luigi Dallapiccola intrecciata da un rapporto particolarmente stretto con la nozione dimetamorfosi, lungo la trama di un retaggio che trova la propria radice nel profondo amore per gli

    studi classici, ereditato dal padre, e nel formidabile polilinguismo, che caratterizza un compositoreche amava ricordare che

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    Non ci si dovrebbe dimenticare che la piccola penisola istriana in cui sono nato giacevaallincrocio di tre confini. Quando il treno si fermava nella stazione del mio paese il conduttoreannunciava Mittersburg, Pisino, Pazin

    4.

    La frase di Dallapiccola porta alla luce un aspetto ovvio, che copre un complesso modo di essere, e

    di sentire: lo stesso luogo ha tre nomi, e questa variazione indica diversi modi di intenderelappartenenza del luogo ad una comunit culturale: il luogo si d solo nellintreccio delle identit,che brilla nelle differenze. La contestualizzazione modale viene rivendicata comep forma originariadi unappartenenza. Potremmo costruire un ponte con la nozione di metamorfosi partendo da qui?Solo a condizione di rispondere ad una domanda: cosa muove la struttura drammaturgica dellideadi metamorfosi in musica, rispetto ad un retaggio rivendicato con tanto orgoglio?

    Potrebbe sembrare scoraggiante anche solo tentare di avviare una prima linea di riflessione attornoad un tema tanto ampio, ma, per i nostri scopi, potremmo puntare immediatamente a due aspettifondamentali, che lintersecarsi della nozione di forma con quella di trasformazione, mettonoimmediatamente in gioco: il conservarsi di una serie di caratteristiche, che debbono essere visibili,

    indicabili a colpo sicuro, come un carattere, delle note, in grado di tradurre una serie di proprietche rimangono riconoscibili nella trasformazione, che va intesa come un movimento polare traconfigurazioni aperte.

    Il concetto di metamorfosi tipico del mondo antico, che prende terreno nelle speculazioni eraclitee,dove vi un ordine di conversione, che sostiene larticolazione interna dei passaggi, che in epocamoderna apror al problema delle note leibniziane5, di come cio un oggetto rimanga riconoscibile,dotato di unessenza identificata, nel gioco dei mondi possibili, fino alla rappresentazione ovidianadel repertorio di trasformazioni incomplete, che fissano in un carattere espressivo, la conservazionedel nucleo di significato dellidentit del personaggio (il continuum in Marsia, da ancia a liquido, latraccia vocale in Siringa, da urlo a lamento, il lamento in Io, da lamento a muggito per una voce chenon riconosce se stessa) in una forma di strazio, che ricorda quanto vi era prima, e che non riesceancora ad entrare a ci che accade adesso (basti, per questo, il gesto ritmico di Apollo, che cerca ditrattenere sulla superficie del proprio palmo, il battito del cuore di Dafne avvolto nella mineralitdella corteccia).

    2 Polarit ed assonanza

    Sono proprio questi due lati, che trovano una straordinaria caratterizzazione nellidea ditrasformazione continua che lultimo Beethoven rintraccia nel cultore della morfologia vegetali,cos innamorato di Palermo (alludo naturalmente a Goethe) che Dallapiccola, assieme ad un

    nutritito gruppo di compositori che ne condividono il senso della ricerca formale (Mahler, Bartk(lorchestrazione di Volo di notte, nella sua articolazione per gruppi strumentali contrappostiattorno ai soli degli strumenti ha impressionanti analogie con la scrittura drammaturgicabartokiana) Berg, il Webern pi schopenhauerianamente innamorato dellidea di una natura chemoltiplica le proprie forme attraverso una modificazione articolatoria delle relazioni intervallari,che Dallapiccola interpreta come formanti temporali di quella particolare forma di deformazionemetamorfica che il concetto di assonanza, in una pagina incomparabilmente nitida, legata allalettura in parallelo del peso degli effetti fonici in una traduzione di Joyce, usando come lingua di4 Dallapiccola, Selected writings, Toccata Press, 1987, Gloucester, p. 385 Questaspetto interno, legato alla raffinatezza della trasformazione ritmica, e timbrica, nella strutturazione dellaforma musicale viene colto magistralmente nel capitolo che chiude il bellissimo testo di Pierre Michel, LuigiDallapiccola, ditions Contrechampes, Genve, 1996. pp. 114 115, dal suggestivo titolo Mondes Infinis. Ladimensione del carettere della fugirazione musicalmente viene suggestivamente dilatata da Michel fino ad un tentativoanalogico con la poetica dellindividuazione timbrica di Varse, tenendo naturalmente una netta distinzione rispetto allaricerca materica del suono del compositore franco americano.

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    rispecchiamento il francese e l'inglese6 nel suo bellissimo saggio sul senso della scelta della propriaavventura dodecafonica.

    Articolare la serie, significa modificarla dallinterno, lasciandone emergere alcuni caratteri secondospecifiche relazioni intervallari: da qui, laltro passaggio, la modificazione ritmica, la caduta

    architettonica del suono su un punto forte o su un punto debole, la contrazione dello scorrimento, ola sua dilatazione, rispetto ad una relazione intervallare che venga immediatamente riconosciutadallascoltatore, con due conseguenze, che pesano non poco sul silenzio che caduto attorno aquesto straordinario compositore.In primo luogo, dovremo parlare di una rivalutazione dellaspetto intervallare, rispetto allidea diserie, allidea, per usare unespressione che lo stesso Dallapiccola usa nel suo saggio, di unapolarit della struttura melodica dentro alla configurazione complessiva della serie (un passaggioche sembra collocarsi in dialogo profondo con larticolazione per graffe tipica della serieschoenberghiana, genialmente tesa a porre delle relazioni interne in tutta la serie senza mettere inevidenza un intervallo rispetto ad un altro, ma delle vere e proprie penisole in cui entrare in formacombinatoria), in secondo luogo di una trasparenza modalizzante, in cui la nozione di memoria, di

    origine profondamente melodrammatica, si costringe in una serie di gesti sonori che, come accadeancora in Berg e Bartk, fungono da indicatori per un percorso di trasformazione che aspira alla suaincompletezza, alla ricerca di una proliferazione per nessi interni di gesti sonori, di una vera epropria disseminazione quasi citazionale di tracce, che si inseguono nellesplicitazione di figure chesi determinino come costante espressiva, che si insegue soprattutto nellambientazione sonora delcanto, in una configurazione in cui le componenti timbriche non possono pi serializzarsi, perchcompletamente giocate dalla funzione di riconoscimento della figura stessa.

    E linteresse di questa polarit sta principalmente nel fatto che essa cambia o pu cambiare daunopera ad unaltra. Una serie potr presentarci la polarit fra il primo ed il dodicesimo suono;unaltra fra il secondo e il nonoe cos via. E non parlo delle possibilit insite nei singoli tronconi

    della serie. E qui che il fattore tempo, cui ho fatto cenno or ora, si presenter in tutta la sua

    imponente importanza. E cos che nella serie potr essere stabilito quellintervallo coscaratteristico, da potersi imprimere nella memoria pi profondamente che gli altri; cos che

    avremo una possibilit maggiore far comprendere il nostro discorso.7.

    La seconda conseguenza porta alla luce la tensione semantico narrativa, che sta dietro allamarcatura sulle note caratteristiche: in effetti, dobbiamo riconoscere che in Dallapiccola unafortissima tensione narratologica porta al paradosso raffinatissimo di un autore che si forma sulleopere di Schoenberg, ma che si reinventa uno stile, una forma che lontana dallidea di serie comegancio, come forma rigida, discretizzata, che caratterizza la geniale speculazione del padre della

    dodecafonia in Comporre con dodici suoni. La serie si dilata e si contrae, con la plasticit di unaevocazione del suono come collante per la memoria, di una forma che sa vivere solo nel suotradimento locale.

    Possiamo muovere alcune osservazione: la prima tocca il concetto di forma, che non sta nella seriein quanto tale, ma nella serie come rappresentazione metamorfica di una struttura melodica. Laserie tutta caratterizzata da un colore, da un gesto melodico, e la funzione del gesto imprimersinella memoria, per poter fungere quasi da filo conduttore nella forme di permutazione. Se le cosestanno cos, vi una serie originale, che tende a deformarsi per piccoli passi, per piccoli intervalli,mantenendo la presa su una concezione dello spazio di tipo cromatico, saturando lampiezza del

    6 Luigi Dallapiccola Sulla strada della dodecafonia (1950), in Luigi Dallapiccola, Parole e Musica, a cura diFiamma Nicolodi, IL SAGGIATORE, Milano, 1980, pp. 454 455. Originariamente il saggio tradotto poi in inglese daD. Cooke, apparve su Aut Aut, Milano, I, n. 1, 1951.7Ibidem, p. 456.

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    grande intervallo, del grande salto, che va riassorbito lentamente nel colore, con un atteggiamentocompositivo lontano dalla posizione schoenberghiana, che tende, al contrario, ad una morfologiamelodica di tipo pi discretistico.

    La tendenza cromatica che caratterizza la produzione del primo Schoenberg, e che perde pregnanzanellelaborazione dodecafonica pi matura del grande viennese, viene conservata in Dallapiccola, ecrea tante piccole penisole modalizzanti in cui germina una cantabilit cangiante, plastica, prontaad esplodere in piccole inflessioni locali che ne mutino loggettualit espressiva, un carattere cheinvece deve diventare trasparenza compositiva nellelaborazione schenberghiana. Ad un similelavoro di cesello sul piccolo intervallo, oltre che sul grande, potrebbe non essere indifferentelinteresse che Dallapiccola, aldil delle polemiche locali, mantiene per la tradizione operisticadella cantabilit: daltra parte, questi aspetti di lontananza, non dovrebbero far velo alla ostinataricerca formale sulle forme musicali pretonali, contrappuntistiche, che permettono di modificare laserie dallinterno, legata un elemento che lega indissolubilmente la ricerca Dallapiccola a quellaschoenberghiana.

    Lidea di metamorfosi, che porta spesso Dallapiccola ad una tacita polemica con le idee diLeibowitz, giace tutta nellidea di riarticolare la serie come un intero percettivo, determinabileattraverso una modificazione dei gesti, che diventano la struttura narrativa. Dallintervallo al suono,Dallapiccola pone il problema timbrico allinterno di una riflessione sul caratteristico, che ha benpi di un punto di contatto con la lettura del corpo sonoro che Schaeffner, negli stessi anni vaelaborando rispetto al tema della musica, ma che ci porta dentro allidea di una permutazionetimbrica della serie come motore espressivo della musica.

    Stiamo certamente rivalutando un aspetto poco valorizzato, anche negli studi recenti attorno allafigura del compositore, ma tali forme procedurali hanno peso rilevante in unopera come Volo diNotte, come lo hanno nel Prigioniero: il suono, i puri rapporti fonici, timbrici, sono gli indici a cuisi deve aggrappare il portato semantico del testo, ma questo significa che il testo, il suono internoche ne determina laspetto fonetico, non basta pi a se stesso, perch lo stesso piano testualeassume ora un piano metanarrativo. Se in Schoenberg il valore della serie sta tutta nelloggettualitdella serie, nella trasparenza espressiva dellenunciato, in Dallapiccola la serie continuacorruzione, dissoluzione che ce la ripresenta in tensione fra polarit nette, come accade nel modo incui essa viene trattata nel primo monologo interiore di Rivire.

    E proprio alla luce di questi aspetti che vorremmo prendere in considerazione laspettometamorfico pi celebrato della partitura, la scelta narrativa che spinge Dallapiccola a far s che il

    radiotelegrafista si trasformi progressivamente in Fabien, porti lentamente Fabien in scena, assiemealla tempesta, e ci narri la sua morte.

    Tutta la quinta scena dominata da questidea, che, a dire il vero, sembra molto pi problematica diquanto lo stesso Dallapiccola non voglia mostrare: in sintesi, attraverso la metamorfosi delradiotelegrafista in Fabien, otterremmo lunit artistotelica di tempo ed azione, chiudendo tutto ilsuo Volo di notte nella spazialit un poco claustrofobica delle due stanze, portando la tracciaacustica della testimonianza dellevento allo statuto di protagonista. E la materia della voce anarrare, la sua stessa foneticit a diventare storia, a disincarnarsi dallindividuazione delpersonaggio, per farsi teatro. Si tratta di unidea romantica, che gioca ancora con le pulsioni interneal desiderio di morte nel Re degli Elfi goethiano, e che in Dallapiccola si fa invece testimonianza di

    una profonda scelta di vita, di un modo di essere.

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    La voce media una spazialit, la rende concreta: rileviao cos che lidea di contrazione dello spazio,la scelta di uno spazio chiuso che continui a dialogare con laperto, sia un tema che unisce in modostrettissimo la scrittura di Volo di Notte con quella de Il Prigioniero, in cui passaggio dal chiusoallaperto attraverso un lungo corridoio trova un corrispettivo nella voce interiore del prigionieroche crede di dialogare con un mondo che egli solo ascolta, e che cos fa trapassare la sostanza

    drammaturgica del proprio miraggio nellintendere concreto dellascoltatore, che partecipa con luidella liberazione immaginaria delle Fiandre. In Volo di Notte tutto accade nel segno di unmonologo che diventa lentamente interiore, in un modo molto differente da quello che occupa lamente sconvolta de Il Prigioniero, durante la traversata del corridoio che lo separa dalla sua fittizialiberazione. La caduta reale, e solo la realt della caduta, con la perdita di sostanza di Fabien,permette la sua identificazione con Rivire.

    Ma vi qualcosa di pi profondo, in questidea che entusiasm lo stesso Saint- Exupry, e chetrova analogia nella Persephone stravinskyana. Cio che muta, propriamente, la stessa funzione delmondo: nella scena V, nella sezione Corale Variazioni- Finale, esplode infatti il registro affettivodella pietas di Dallapiccola. Se ne Il Prigioniero il mondo un fantasma di suono, che abita la testa

    del protagonista, che non arretra neppure di fronte allevocazione del rumore o del rafforzamentomicrofonico, per lasciar emergere quella soggettivit torturata che immagina una rivolta, parlandodi un mondo che non esiste, in volo di notte il mondo c, fino alla fine, fino al punto di portare allacaduta, o alla frase non abbiamo pi essenza, dove il volo si fatto gesto, che cerca un significatoche trascenda la stessa funzione commerciale del volo notturno, per ritrovare la vicinanza allastella. Il narratore qui non partecipa della vicenda, come accade nellopera del grande compositorerusso, la vicenda stessa. Ma la vicenda una voce, un mezzo in cui ci si identifica.

    Ci viene cos incontro una questione non di poco conto, perch il passaggio si collega allidea diuna fusione tra piani narrativi, che allontana pesantemente lidea di Dallapiccola dal modello diStravinsky, gi teso verso quella retorica del Sublime che brilla nelluso del Latino, comemediazione marmorea, e remota che colora in modo opaco le forme dellidentificazione immediatacon il tragico, trascinandoci verso una rappresentazione sacra.

    NellOedipus Rex non vi sar possibilit di sublimazione perch non vi possibilit di un registropi alto, perch la metamorfosi scompagina i piani che noi vorremmo distanti, schiaccianellimmanenza dellazione il valore simbolico della rappresentazione. La poesia di Stravinskymira alla rappresentazione sacra, alla commozione di un registro Sublime che trascende la stessanarrativit, per fissarsi in figura, in un teatro del concetto, lasciando cadere la mediazione dellanatura.

    Non un caso che la narrativit dellOedipus giochi consapevolmente con il bloccarsiclaustrofobico della polifonia attorno ad Edipo, al suo stringerlo in modo sempre pi implacabile,come nella ritualit di Sacre, e forse questi aspetti dovrebbero gettare unombra espressiva moltopi inquietante sulla categoria di neoclassicismo, che forse meriterebbe desser ripensata attraversoquesto riferimento alla categoria dialettica della perdita del valore, pi che quella di canonicitdella forma, che in questo contesto prende un colore tragico molto pi forte, ed espressivo, diquanto non si sia soliti riconoscere, e che muterebbe anche il senso della valenza ironica dellaricostruzione canonica della figure musicali, che racconterebbe non pi una semplice forma dicorrosivit (quante volte abbiamo sentito evocare questo fenomeno rispetto allo stesso Stravisky?),ma la consapevolezza di un calco perduto e ricostruito nella consapevolezza della sua preziosaprecariet, che rimanda ad un orizzonte di valori perduto ed incombente, una sorta di

    sacralizzazione di un evento rievocato attraverso una riplasmazione affettiva di un oggetto.

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    E alla luce di questo motivo, che cambia la musica, luso della serie che sostiene Altissima Lucemuta completamente il registro dellevento. Le seconde e le terze maggiori, e luso di un tritono,come asse di simmetria, altro aspetto vicinissimo ai tentativi di serialit che si inseguono in Bartk,oltre che luso insistito del cromatismo discendente, permettono al compositore di mantenere unadistanza dallideintificazione simbolica, di trasformare in una concettualit astratta levento

    concreto in scena, conquistando la dimensione del Sublime, attraverso il registro del rimando allasacralit del cielo stellato, unico spettatore, assieme a Rivire, del dramma. Hanno certamenteragione Giancarlo Brioschi e Alessandra Pezzotti quando parlano del

    crescendo emozionale ottenuto tramite linfoltimento delle sezioni orchestrali, cui fa da corollarioil carattere sempre meno cantato delle parole di Rivire

    8.

    E proprio in questo arretrarsi dellintonazione dal canto al parlato che la strategia drammaturgica diDallapiccola permette che esploda, finalmente, il processo identificatorio fra ascoltatore epersonaggio, che si muove parallelamente alla modificazione empatica che va prendendo forma in

    Rivire. Laprirsi del sipario orchestrale che parla da fuori di quello che accade dentro, lostrumento con cui Dallapiccola, nella logica dellassonanza, ci porta dentro ad una soggettiva, che quella di una contemplazione acustica della tragedia.

    Su questo terreno entra in fibrillazione lidea di una compartecipazione emotiva, perch, ascoltandoattraverso il filtro di Rivire, non possiamo valerci di una identificazione lirica, e la metamorfosi citiene sospesi, fuori e dentro il dramma, secondo una geniale rivisitazione dellidea di coro tragico:allo scopo di costruire questo spazio intermedio, per creare una piccola barriera che offra unappiglio metamusicale, il compositore ricorre ad una sorta di montaggio, che impone ai frammentidella serie di emergere nella linea del clarinetto, immersi nella tempesta che accompagna tuttaquesta sezione della quinta scena.

    Lidea di unidentificazione totale fra Fabien e Rivire ora pu prendere corpo: Rivire parlercome Fabien, perch entrambe non sono che unimmagine dellirraggiungibilit delle stelle, dellacapacit di un pensiero che sa attestarsi non sconfitto, dentro ad un limite. La seconda minore e laterza maggiore sono stati, in fondo, gli attori di questo teatro del frammento melodico, i nessiinterni che sostengono il senso della trasformazione.

    Quanto questo gioco, che crea distanza e partecipazione, prefiguri gi la pietas che abita la

    preghiera del Prigioniero in Signore, aiutami a camminare, risulta evidente. Volo di notte unlaboratorio in cui la plasticit romanzesca di Saint Exupry offre a Dallapiccola la possibilit diconquistarsi una via alla caratterizzazione musicale del personaggio, in cui lidea di una formarealistica si stempera immediatamente sul piano delletica, un piano che non ha paura neppure dirivalutare unidea di brutto, di deforme, di caratteristico, per depurarla dagli aspetti caricaturali chela via teatrale dellespressionismo musicale tende spesso a mettere in primo piano, per proporci unacontemplazione attonita della debolezza umana, della straordinaria fragilit, che sostiene la forzadei personaggi.

    Tali aspetti condurranno Riccardo Malipiero9, in una splendida conferenza del 1962 alla PiccolaScala su Il Prigionieroa trattenersi, incantato, sul carattere madrigalistico della cellula melodica

    8 Gaincarlo Brioschi Alessandra Pezzotti, Una scena da Volo di Notte, in AA. VV, Studi su Luigi Dallapiccola, acura di Arrigo Quattrocchi, Libreria Musicale Italiana, 1993, Lucca, pp. 63 78.

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    in Dallapiccola, a descrivere la piccola cellula melodica su cui Dallapiccola costruisce la parolafratello, con i suoi espliciti richiami alle intonazioni sacre, con espressioni come contiene tutta ladolcezza della di questo vocabolo e nello stesso tempo tutta la vischiosit, falsa e insidiosa di chi lapronuncia e a scoprire che quella cellula gi appare, in modo nitido, nellincubo della madre cheapre lopera, e a leggere lo sviluppo della sezione come una polarit fra le metamorfosi espressive

    che proliferano attorno a quella cellula.

    Il rapporto di seconda minore ascendente (Sol diesis La Si Bem) o la seconda con la terza minorediscendente (Fa Mi Do diesis) verr poi impiegato per una caratterizzazione piscologica dellafunzione drammatica del personaggio del Carceriere e del Torturatore, che sono, in fondo , dueaccentuazioni psicologiche della medesima funzione scenica e che vivono nel contrasto fra questidue piani narrativi, come ha mostrato bene Massimo Venuti10. La forma contiene, ma essa vieneindicizzata dallintervallo: dove cade lintervallo, la serie verr riconosciuta come formadespressione complessiva.

    In una struttura di questo tipo, il cromatismo, il tema che la serialit schoenberghiana cancella inmodo radicale, prende invece il colore di una variante locale, che anima i passaggi drammatici daunoccorrenza allaltra. La parte orchestrale che animano gli uragani di Volo di notte vive fino infondo lirreversibilit di questa scelta, con i rispecchiamenti fra temi, che si muovono comedeformazioni cromatiche di piccole strutture intervallari, proiettando sulla natura che circonda lenarrazioni rivissute da Riviere in una proiezione espressionista del vissuto soggettivo sul mondoche circonda i personaggi: in questo senso converremmo con Luigi Rognoni, quando propone unalettura espressionista della teatralit di questopera.

    La rivendicazione del musicologo italiano davvero ben fondata, e tale filtro potrebbe esplodereper i modi della procedura di condensazione di significato che vive nellopera: che dire, adesempio, del tambureggiare spietato del telegrafo nella scena ritmica berghiana, che vive dentroalle coscienze dei personaggi, proposto e metaforizzato il pi possibile, persino nel lirismostraordinario che in Dallapiccola lega Rivire ad un crescere pubblico del monologo interiore, neldialogo con la moglie di Fabien, con un ribattuto che si trasforma in danza, liquide ripercussioniquasi rumoristiche, fino allo sciogliersi degli ostinato che accompagnano i silenzi fra i duepersonaggi, che hanno pi di un colore bartokiano, nella distribuzione dissociata dei timbriorchestrali e nella scelta di contrapporre salti vocali a intervalli ridotissimi, sempre pi sfrangiati,che si richiamo polifonicamente nellorchestra, ormai specchio interiorizzato che commenta il nondetto dei personaggi. Lo stesso accade per il gioco stellare che accompagna il gioco leggero ditimbri di fronte allidea del pilota scomparso, nella parole dei personaggi che ne seguono da terra la

    fatale salita alle stelle.Si tratta cos di un espressionismo certamente sui generis, che avverte un profondo disagio verso lecomponenti pi tardo-romantiche di quella corrente, ma che non sa ancora affidarsi al relativismolinguistico strutturale, che caratterizzer la generazione che lo segue. Questa modalit sospesamostra ulteriormente la peculiarit del rapporto suono narrazione in Dallapiccola, e che potremmo ,forse, riassumere cos: tutto si anticipa o si ritarda, il terrore creare una forma didascalica diretta:il materiale simbolico viene affidato allascoltatore, le forme musicali canoniche abitate da figureche, nella loro indeterminatezza, ne cancellano, per molti tratti, le relazioni funzionali. Il metodo cos sistematico che vien da chiedersi in fondo, cosa abbiano mai inventato le strutturenarratologiche di Luciano Berio, e Calvino, che possa andare oltre questo metodo di dissociazione

    9 Riccardo Malipiero, Il Prigioniero, in Luigi Dallapiccola. Saggi, testimonianze, carteggio, biografia e bibliografia,a cura di Fiamma Nicolodi, Edizioni Suvini Zerboni, Milano, 1975, pp. 7 21.10 Massimo Venuti, Il teatro di Dallapiccola, Suvini Zerboni, Milano, pp. 33 37.

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    narrativa, che ha anche il grande merito di evitare il continuo riferimento allidea di disgregazione epolisemia, parole che hanno spesso infarcito limpotenza analitica di tanta prosa contemporaneasulla musica.

    4 Conclusione: narrare fra Proust e Saint Exupry

    Di fronte a questa strategia compositiva, lidea di metamorfosi, come carattere di fusione tra ipersonaggi, si preannuncia in vari modi. Ci piace ripercorrere da questo punto di vista il saggiosulla dodecafonia che abbiamo gi citato, dove Dallapiccola si trattiene un poco sul problema delrapporto personaggio struttura narrativa, facendo cadere il suo interesse sullevocazione diAlbertine nella Recherche proustiana.

    Condensando molto le ricche argomentazioni del compositore11, egli osserva che dalla primaoccorrenza del nome del personaggio, che viene espressivamente accostato al termine inglese fast

    dallo stesso Proust, quasi in una sorta di piccola canzone in cui Albertine corre ora di qua ora di l.Essa si fissa nella memoria, crea una figura che gi corre verso la propria delimitazione, ma rimaneancora liminare ad una caratterizzazione.

    Lannuncio, che gioca il gusto sapido di una variazione di registro, cade a prima, molto prima, cheil personaggio appaia nella sua interezza: il lettore deve trattenere questeco, questa prefigurazione,e nelle lunghe pagine del romanzo, vivr di figurazioni che si infittiscono, fino alla sua evocazionepiena del personaggio di Albertine, piena di caratteri che non possono trovare fortissima risonanzain un musicista che pensa ossessivamente ad accoppiare il tema del viaggio allillusione di libert, eche mira alla definizione ritmica e melodica della serie. Vediamo da vicino cosa trova Dallapiccolanel terzo volume di A lombre des jeunes filles en fleur:

    Tout coup apparut, le suivant pas rapides, la jeune cycliste de la petite bande avec sur sescheveux noir son polo abaiss vers ses grosses joues, ses yeux gais et un peu insistants; et dans ce

    sentier fortun miraculeusement rempli des douces promesses, je la vis sous les arbres adresser Elstir un salut souriant damie, arc en ciel qui unit pour moi notre monde terraqu des rgionsque javais juges jusque l inacessibles.

    Ecco che, soltanto lottava volta che incontriamo Albertine, possiamo dire di cominciare aconoscerla12.

    Cosa stato evocato? La figura stata definita? Non credo sia questo il problema: a Dallapiccolapiace il fatto che il personaggio sia descritto in una serie di connotazioni gestuali, dove anche ilparticolare delle guance grassocce diventa un elemento affettivo e si trasfigura negli atteggiamentidi Albertine, nel volgersi del suo sguardo insistente, puntato ora verso il lettore: la figura che elusivit pure, che si d accommiatandosi, consegnandosi subito al proprio cielo simbolico.Lottava volta che la incontriamo, non la conosciamo, ma entriamo dentro di lei, facciamo proprioil suo orizzonte, irrimediabilmente perduto come un arcobaleno.

    11 Luigi Dallapiccola, Sulla strada cit. , p. 456 458.12Tutta un tratto apparve, a passi rapidi, la giovane ciclista della piccola banda, sui capelli neri il polo abbassatoverso le guance grassocce, gli occhi allegri e un po insistenti; e in quel fortunato sentiero miracolosamente pieno didolci promesse, la vidi sotto gli alberi rivolgere ad Elstir un saluto sorridente damica, arcobaleno che un per me ilnostro mondo terracqueo a regioni che avevo giudicato fino a quel momento inaccessibili.

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    Il personaggio vive celandosi e, osserva Dallapiccola, la musica seriale funziona come leevocazioni di Proust, procede dialetticamente, facendoci lungamente aspettare, prima che ilpersonaggio sia delineato, e quando il personaggio si delinea nella sua interezza, la musica gialle sue spalle, modificandone irreversibilmente i caratteri narrativi, staccandolo quasi dalla suapsicologia, dalla sua fisiognomica, per instradarlo verso un percorso simbolico di tipo universale,

    giocando, in fondo, con una partecipe forma di straniamento, per quanto ossimorico questaspettoci possa apparire. Alla limpidezza del testo si oppone lopacit simbolica del musicale, siamocostretti a ruotare attorno al personaggio, veniamo messi in movimento verso un orizzonte in cuilindividualit del carattere si fa riflesso di unidea, come le stelle di Sanit-Exupry alludonoallintermittenza di unidea.

    Lo stesso accade mentre identifichiamo sempre meglio Rivire, o il senso del dolore della madredel Prigioniero, che incontriamo allinizio dellopera, ma che realizziamo in pieno, solo di frontealla domanda inquietante sulla libert, che il Prigioniero pone al pubblico.

    La musica rende irraggiungibile la compresenza di significato e figura, li piega ad una delicatissimo

    correlazione. Non un caso se nel libretto le vicende accadono spesso in parallelo: il racconto dellabufera, o della tempesta di neve vivono in contemporanea ai loro commenti postumi, come se ilcircolo degli eventi potesse essere evocato solo dilatando la vicenda verso il passato e verso ilfuturo, come accade per la linearit dellimmaginazione mitica: il senso degli eventi vive solo nellastratificazione temporale di una drammaturgia che sovrappone musicalmente i blocchi narrativi,svuotando quasi il senso dellazione allinterno delle relazioni solitarie dei personaggi chedialogano tra loro. Questa lunica forma didascalica dellopera, una deformazione del fattoretemporale permesso dalla plasticit duso della serie.

    La serie la materia narrativa di un testo che fugge, dove la musica esplode, il sipario gi calato.Scrive ancora Dallapiccola, che prima ancora di arrivare a una definizione ritmica e melodica dellaserie, potremo trovarla condensata in aggregati sonori, differentissimi fra di loro per densit e pertimbro .

    La serie suono materico, qualcosa che si comprime e si dilata, creando il proprio spazio letterario,e va esattamente dalla suono alla struttura, in una direzione ben diversa dallidea di coerenzaschoenberghiana: a quel modello geniale, Dallapiccola contrappone le sfrangiature di unadrammaturgia elusiva, dove loggettualit e la trasparenza della forma vivono in una penombrasemantica, che vede il madrigalismo come forma impressionistica del perduto. Il suono ancorapi importante della serie, la cui coerenza sar il punto di arrivo, dopo tante metamorfosi,annodamenti, che vedono nellepifania del suono, nelle sue opacit, il motore nascosto della

    narrativit.In questo modo, Dallapiccola costretto ad anteporre lindividualit della nota, dellintervallo,della nota caratteristica in senso leibniziano, alla totalit coerente della serie stessa, cercando divalorizzare laspetto della modificazione locale, su quello della struttura: un atteggiamento moltomoderno, che un compositore come Malipero individuava immediatamente, come abbiamo visto,nella ricchezza del suo spessore: cercando nella mutazione fonetica della piccola cellula, il motoredrammaturgico della scrittura, Dallapiccola iniziava a porre in questione la nozione stessa di serie,dissolvendola in direzione dellidea di spazialit, di attrazione, di una fenomenologia minuta in cuispazio e serie non coincidono pi, altro tratto che lo distingue nettamente dagli esiti teoricischoenberghiani.

    Lidea di deformazione arriva cos ad una consapevolezza teorica, che non poteva che immergere lalinearit narrativa di Saint Exupry nella luce smerigliata in cui vanno decomponendosi, vivendo,

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    i personaggi proustiani. In questa capacit di porsi delle regole coerenti, di disciplinare la scritturamusicale alle esigenze interne di una grammatica compositiva, che renda trasparente la forza dellanarrazione, le orbite creative di Schoenberg e le intermittenze di Dallapiccola si intrecciano dinuovo, muovendo, come speriamo di aver mostrato, da direzioni ben differenziate, e verso esitinarrativamente incommensurabili: se la serie il risultato di una pratica compositiva, essa pu

    essere abitata diversamente, rispetto al modo in cui vuoi narrare.

    La musica esiste solo nella polarit fra questi poli, la serialit metamusica, nel senso in cui Bartokparlava della musica popolare e dellattivit del compositore che la ricostruisce, nella lontananzainevitabile dal mito, e in tutta la sua tenerezza: in Bartk il mondo contadino perso, aldil deltempo, ed il compositore che ne ha bevuto gli ultimi istanti, lo narra, felicemente infedele,attraverso la pratica musicale, ce lo racconta, trasformandolo in metafora, in Dallapiccola le formeaggregative della serie ci raccontano qualcosa che, come tale non avremo mai, ma che dobbiamocercare dialetticamente nella trasformazione, guidati da una polarit circolare che spesso ci fatrovare alla fine le stesse figure dellinizio.

    Le frasi finali del suo Volo di notte, le parole che la vedova del pilota gli rivolge, che Saint Exupry rivolge al personaggio, ora sono rivolte da Rivire a se stesso: Rivire il grande, il Rivireil vittorioso, che reca la sua pesante vittoria e vengono pronunciate con rassegnazione, unarassegnazione da Sisifo, mentre torna al lavoro e si chiude la scena. Ma ora la natura titanica infranta dalla responsabilit che mette in moto il senso della piet umana, che incrina la voce di chicirconda il protagonista, stemperando localmente il colore espressionista dellopera. Oralascoltatore ritrova linizio dellopera, sembra che lora dellazione drammatica sia tuttacondensata nella solitudine essenziale del personaggio. Il ciclo si chiude nellidentit trovata frafigurazione e significato, mentre la stella, per lultima volta, ha brillato e si subito spenta: lametafora della libert, e della solitudine, si sono fatte scepsi, una scepsi che per non sa pacificarsi.

    Forse dovremmo riguardare a queste pagine del novecento italiano con molta pi attenzione, ecercarvi dentro, in un modo diverso, le tracce di una vicenda multiculturale, che sembra cos insintonia con gli orizzonti che oggi si aprono alle pratiche compositive che vediamo proliferare,senza troppe rigidezze, accettando quellorlo di oscurit che Dallapiccola ci ha insegnato ad amare,proponendoci unoscurit che non sia solo sconfitta, ma un modo di respirare della forma stessa, unsuo flettersi verso laccoglimento dei movimenti pi sottili del chiaroscuro narrativo in cui vivonoanche i personaggi pi abbietti elaborati nei registri inquietanti del compositore fiorentino.